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Sanremo (IM): Corso Imperatrice
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Con l'occupazione germanica della Liguria Occidentale i fascisti che, il
25 luglio 1943, arrestato Mussolini ed abolito d'autorità il P.N.F.
(Partito Nazionale Fascista), erano scomparsi, rialzano la testa e
ricompaiono nella società protetti dalle truppe d'occupazione. I primi
loro atti sono le vendette personali e quindi iniziano la
riorganizzazione delle loro forze politiche e militari.
Al vertice del potere amministrativo in provincia
di Imperia, come capo della provincia, viene insediato il console
generale della milizia ecc. dott. Francesco Bellini (12), nato a Cecina
nel 1899, già segretario federale a Bolzano, a Pola e a Gondar (Etiopa);
console generale della M.V.S.N. (13), prefetto di Belluno e Gorizia nel
1939, fascista ligio alle proprie idee, che governerà fino alla metà
del 1944 (14) emanando bandi e prendendo iniziative assai impopolari da
causare non pochi drammi tra gli antifascisti ed i civili.
Alla
nomina del nuovo prefetto seguono quelle dei segretari politici del
nuovo Partito fascista repubblicano. Ad Imperia il cittadino Archi
succede al dott. Domenico Filippi, segretario della Federazione locale; a
San Remo la sede del Partito fascista repubblicano, con commissario
politico Nino Nuvoloni, viene costituita in via Manzoni n. 2, ove si
apre la sottoscrizione «pro mitra», e a Diano Marina, sulla piazza del
Municipio, il cui nuovo segretario politico è Enrico Papone.
Il
Prefetto, su indicazione dei fascisti locali, insedia i commissari nei
Comuni: nel capoluogo all'avv. Ambrogio Viale subentra, il 23 di
settembre, il prof. Nardo Languasco; a San Remo il vice-prefetto dott.
Alfonso Chiodo sostituisce l'avv. Mario Caraccioni; a Bordighera assume
la carica il commendatore Emilio Pognesi [n.d.r.: in effetti, il cognome era Pognisi, un generale a riposo con contatti con antifascisti della zona, come Giuseppe Porcheddu,
Pognisi, morto di lì a breve e che, comunque, fu podestà di Bordighera
solo nel periodo "badogliano"] ed il 17 a Diano Marina il col.
Alessandro Angioino sostituisce il dimissionario Mario Oreggia. In
Questura il dott. Benedetti lascia la carica al nuovo capo di polizia
Ermanno Durante, un personaggio che, alla liberazione, fuggito a Milano e
il 26 aprile catturato in un nascondiglio e incarcerato da una squadra
del distaccamento «Carlo Rosselli», in seguito verrà rimesso in libertà
in circostanze poco chiare. (G. Pesce, Quando cessarono gli spari,
Ed. Feltrinelli, Milano, 1977, pag. 143). Si organizzano le prime
formazioni armate della Repubblica Sociale Italiana. All'inizio la
maggior parte dei fascisti, già appartenenti al 33° battaglione C.C.N.N.
reduce dai Balcani e sfasciatosi l'8-9-1943, che rivestono la divisa,
vengono inquadrati nella 33a legione M.V.S.N. «Generale Gandolfo» del
626° Comando Provinciale G.N.R. d'Imperia (15), comandata dal colonnello
Gianni De Bernardi e dal vice, primo seniore colonnello Pier Cristoforo
Bussi, capo dell'U.P.I.
La 33a legione suddivisa su tre compagnie
O.P. (Ordine Pubblico) dislocate a Ventimiglia, a San Remo e a Imperia,
con distaccamenti nei pressi di Bevera, Mortola inferiore, Bordighera,
Dolceacqua, San Michele, Ceriana, Isolalunga, Taggia, Badalucco, Triora,
Santo Stefano al Mare, Dolcedo, Diano Marina, Cervo, Pieve di Teco,
Pornassio, Nava (16), è completata a novembre con l'incorporazione di
circa 200 giovani reclutati dal federale Cesalo in Francia, dei quali:
33 a Nizza, 31 a Mentone, altri a Roquebrune, Antibes, Cagnes, St.
Laurent du Var, Carnoles, Cap Martin, ecc., già quasi tutti appartenenti
all'organizzazione fascista «Azione Nizzarda» (17).
Inizialmente
comanda la compagnia O.P. d'Imperia il capitano Ferrari di cui avremo da
parlare (18). L'Albenganese rimane sotto la giurisdizione militare del
627° Comando Provinciale G.N.R. di Savona, già 34a legione «Premuda»
(Posta da campo n. 831) comandata dal maggiore F.M. originario di Porto
Maurizio, da l'U.P.I., dal maggiore Previtera, con compagnie O.P.
dislocate a Varazze, Cairo Montenotte, Albenga e, per guanto ci
riguarda, con distaccamenti ad Alassio, Andora (con posto di blocco
sulla via Aurelia), Casanova Lerrone e Ortovero (19).
Il 20 novembre
1943 il col. Giuseppe Bosio, comandante del distretto d'Imperia, fa
affiggere i manifesti per la chiamata alle armi delle classi 1923-24-25,
che prevedono la pena di morte per renitenti e disertori. Ma i detti
manifesti lasciano il tempo che trovano.
Altri giovani Italiani,
figli di famiglie emigrate nella vicina Francia, allettati da mille
promesse, per forza o con consenso, già organizzati nelle squadre
fasciste degli Italiani all'estero, dette (oltre alla già citata «Azione
Nizzarda») «Fronte Popolare Francese», «Milizia Francese» ecc.,
inquadrati nel battaglione «Nizza», vengono trasferiti nell'Imperiese.
Al
termine del 1943 molti di questi fascisti importati o locali, tendono a
costituirsi in reparti autonomi, come Compagnie di Ventura, in cui sono
incorporati anche condannati comuni, tratti fuori dalla galera ed
arruolati con la promessa della estinzione della pena, a guerra finita.
Vi affluiscono pure fascisti fanatici. Fra i militi sono anche gli
uomini che il fascismo aveva ingannati ed illusi; gli arrivisti astuti
ed ambiziosi ma accorti, che non si macchieranno di delitti; dei
borsari neri che si serviranno della divisa per condurre a buon termine
dei traffici illeciti; dei disoccupati; dei prototipi che vivevano ai
margini della società, innocui o irresponsabili.
Comanda la Piazza
d'Imperia il colonnello tedesco Major che sovrintende e sorveglia,
diffidente, l'attività di queste formazioni fasciste (20). Il dott.
Gercano diventa commissario capo delle guardie repubblicane.
Il
grosso dell'esercito della R.S.I. viene addestrato in Germania dai
Feldwebel tedeschi. È composto da coloro che, tra i deportati, avevano
aderito alla R.S.I., uniti alle reclute che in Italia, ubbidendo ai
bandi nazifascisti, si erano presentati ai distretti militari.
La
divisione di marina «San Marco» è addestrata nel campo di Grafenwohr, la
divisione alpina «Monte Rosa» a Munzingen, la «Italia» (bersaglieri)
a Hemberg, e la «Littorio» (fanteria motorizzata) nel Sennelager. Sono
circa 16.000 uomini in forza organica per ogni divisione, ad eccezione
della «Monterosa», con 20.000.
Diversamente, la divisione camicie
nere «Tagliamento», i «Cacciatori degli Appennini», reparti
paracadutisti «Nembo» e «Folgore», i battaglioni autonomi di difesa
costiera, le divisioni rabberciate in forma precaria «Etna» (I
divisione antiparacadutisti e antiaerea «Etna», il cui 8° battaglione
si troverà nel Savonese e nell'Imperiese nei primi mesi del 1945) e
«Vesuvio», la X MAS del principe Valerio Borghese, le brigate nere, i
reparti P.S., le compagnie di ventura «Koc», «Carità» ecc. sono
organizzate in Italia.
Nell'Imperiese i fascisti, acquisita una
minima organizzazione, dànno il via alle rappresaglie dirette contro le
famiglie dei renitenti alla leva: a San Remo vengono tolte le licenze di
commercio a varie famiglie e si ordinano i raduni di bestiame bovino
per la requisizione (21).
Nella seconda decade del gennaio 1944 i
G.A.P. sanremesi compiono le prime azioni di sabotaggio tagliando i fili
telefonici del Comando tedesco. Con un discorso di padre Eusebio (ex
cappellano della divisione «Julia») nel teatro «Verdi» a San Remo, è
istituita una squadra fascista intitolata a Ettore Muti: è il primo
embrione di organizzazione militare che darà vita alla «Brigata Nera»
della provincia.
A Porto Maurizio nasce il circolo rionale fascista
«Silvio Borra». Ad Albenga il Podestà comunica alle autorità
nazifasciste i nominativi di n. 87 renitenti alla leva delle classi
1924-25-26. Il 10 febbraio a San Remo è istituito il Tribunale Federale
di cui entrano a far parte, oltre al segretario del Fascio repubblicano,
Ugo Ughetto ispettore federale per la zona di Mentone, ed Elio Piccioni
segretario federale di Ventimiglia. Nasce pure un centro arruolamento
volontari comandato da Francesco Lanteri (22), simile a quello già in
funzione presso la federazione dei Fasci repubblicani.
A Realdo, in
valle Argentina, si hanno le prime vittime dello spionaggio: il maggiore
della milizia fascista F.A., notata in paese la presenza di vari
prigionieri inglesi, fuggiti l'8-9-1943 dai campi di prigionia del
Piemonte, dal concittadino A.L. li fa consegnare ai carabinieri di
Triora che, a loro volta, li dànno in mano ai Tedeschi; i due saranno
fucilati dai partigiani come spie perché, senza dubbio, uguale sorte
avrebbero questi ultimi subìto se fossero stati catturati per delazione
(23).
In marzo i prefetti d'Imperia e di Savona ordinano il
ripristino dei motti del Duce, scritti sui muri, già cancellati dopo il
25-7-1943 (24).
Nella primavera del 1944 l'ufficio U.P.I. d'Imperia
acquista una consistente organizzazione: dipende dalla G.N.R., ha per
capo il colonnello Bussi, è composto da militi come il maresciallo
Mangiapan, il brigadiere Maffei, l'agente Gallerini, il centurione
Montefinale, il capo ufficio magg. Gastaldi, ecc. (25).
La compagnia
O.P. della 33a legione ed altre formazioni, hanno il compito di
mantenere l'ordine pubblico e di dare la caccia ai fuorilegge
(partigiani), al tempo stesso si lamentano presso il Duce, informandolo
che i figli della borghesia locale, invece di arruolarsi nelle forze
della Repubblica Sociale, si sono imboscati nella Todt; gente che non ha
mai lavorato e che per opportunità ha imbracciato il badile e la pala
in luogo del fucile (26); segnalano che la maggior parte dei richiamati,
specie quelli dei paesi montani, hanno già fatto causa coi «banditi»
(20-6-1944) e che in provincia quasi ogni giorno si verificano assenze
arbitrarie dai presidi costieri (23-6-1944).
La compagnia O.P.
d'Imperia, composta di circa 150 uomini, è comandata, come abbiamo già
detto, dal capitano Giovanni Ferrari, (ex ufficiale del 41° reggimento
fanteria), molto quotato dai Tedeschi e decorato della croce di ferro di
2^ classe, che diventerà non poco famoso (27).
Dai reparti della
G.N.R. nascono, in seguito, quelli antipartigiani (R.A.P.), composti da
giovani di 18-25 anni, che dànno il via ai rastrellamenti sulle montagne
della provincia. Giunti in un paese allacciato alla carrozzabile, a
bordo di camions, ed attraversata qualche valle a piedi, sono raccolti
altrove con gli stessi mezzi. Veramente non sono rastrellamenti eseguiti
in ordine sparso, ma in colonna, pertanto poco efficaci. Anche la
polizia del questore in carica rastrella e, purtroppo, in maggio
infligge duri colpi alle organizzazioni antifasciste ed ai C.L.N. nelle
zone di Ventimiglia, Bordighera, San Remo e Diano Marina (28).
In
luglio il questore in carica è sostituito dal dott. Sergiacomi, altro
capo cui seguirà nell'Imperiese un periodo di vita difficile. Viene
istituito un robusto plotone arditi antipartigiani comandato
dall'ufficiale superiore Delcaro, con cani lupo e ben fornito di mitra,
pistole e bombe a mano. Gruppo di militi repubblichini ben noti a coloro
che hanno subito le loro «sedute» d'interrogatorio (29).
Il primo
luglio 1944 Mussolini detta la deliberazione per istituire le squadre
d'azione camicie nere, il 26 luglio viene impartita a tutte le
formazioni fasciste già esistenti la seguente ordinanza: «Gli
appartenenti al partito, dai 16 ai 60 anni, devono far parte di queste
squadre che assumono il compito di assicurare l'ordine e distruggere i
partigiani ed i comunisti ovunque si trovino. Chi non aderirà, può
andarsene. I capi devono essere uomini politici locali... » (30).
Nascono così le brigate nere con capi fondatori. In esse si raccolgono i
«scelti» delle già menzionate formazioni fasciste. Il raggruppamento di
tali bande costituisce la «Brigata Nera».
Nel luglio 1944 nasce ad
Imperia la 32a brigata nera «Antonio Padoan» ed a Savona la 34a brigata
nera «Giovanni Briatore», ambedue dipendenti dall'Ispettorato B.B.N.N.
della Liguria, con sede in Genova, di cui è capo il dott. Asti prima e
Luigi Sangermano dopo.
La 32a brigata nera d'Imperia prende il nome dal prete Antonio Padoan. Eccone il motivo:
Durante
gli anni del fascismo il Padoan era parroco di Creppo, in valle
Argentina. Si dimostrava di idee liberali benché fosse figlio di un
colonnello fascista. Poi venne trasferito nella parrocchia di
Castelvittorio e durante la Repubblica di Salò le sue idee si adeguarono
al momento per cui, divenuto uomo fidato della G.N.R. e dei Tedeschi
occupanti, incominciò a fare propaganda in chiesa per i nazifascisti. A
Pigna, come capitano della milizia, non disdegnò di sostituire don Bono
protestatario, per far partecipe di funzioni religiose i partigiani
Repetto e Faraldi morituri, fucilati poi dai fascisti.
Forse affrontato da partigiani della V brigata [n.d.r.:
invero a quella data non ancora costituita] la sera del 7 maggio 1944
per indurlo a desistere dai suoi propositi e abbandonare Castelvittorio e
forse, nata una colluttazione reciproca con spari da ambo le parti
(pare che il partigiano detto «Albenga» abbia avuto la cassa del fucile
fracassata da una pallottola, così che l'arma gli salvò la vita), il
Padoan rimase ucciso (31).
I fascisti fecero del morto un martire ed
una bandiera intitolando con il suo nome la brigata nera imperiese e
resero gli onori militari alla salma durante i funerali che si svolsero a
Ventimiglia.
La 32a brigata nera «A. Padoan» partecipa alla lotta
antipartigiana fino alla liberazione. Dopo il 25 aprile 1945, in fuga,
raggiunge Alessandria ove viene catturata.
Dislocata ad Imperia con
posta da campo n. 779, durante tutto il periodo della lotta è comandata,
tra gli altri, da Mario Massina e dal tenente colonnello Edoardo
Baralis.
Comprende la Compagnia comando, il 1° battaglione su tre
compagnie e il 2° battaglione con la 4^ compagnia «Alassio» comandata
dal tenente Ferdinando Rey, la 5^ compagnia «San Remo» comandata dal tenente Renato Moretti, la 6^ compagnia «Ventimiglia» comandata dal tenente Elio Piccioni. (32) [n.d.r.:
si intendeva con ogni evidenza citare Renato Morotti, in ogni caso non tenente e neppure
comandante, fucilato il 26 aprile 1945
presso il cimitero della Foce a Sanremo: in ogni caso, sia in Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia, StreetLib, Milano, 2019 che nel Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata
Nera Padoan (Documento in Archivio di Stato di Genova,
ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo), comandante di tale compagnia
risulterebbe essere stato Mangano, così come sembrerebbero confermate,
direttamente o in absentia, le scarne notizie di cui sopra, afferenti Renato Morotti].
La
brigata nera viene munita di un proprio ufficio U.P.I. diretto da un
certo P.G. I capi delle squadre d'azione diverranno tristemente famosi;
sono gli ufficiali: R. M., E. M., A. D. R., P. G., L. B., V., A.
impiccatore (33), i capitani I. D. (condannato a morte alla Liberazione
ma poi assolto), F. M. giustiziato, G. F., E. P. (giustiziato a Diano
Marina il 4-10-1944), A. V. (già capitano della milizia) e A. C.
(capitan Paella) giustiziati nei giorni della liberazione, ed altri
(34). In concorso con le SS tedesche saranno responsabili di quanto è
successo di grave a uomini, donne e bambini (35).
L'ordinanza del
Duce sull'inquadramento delle brigate nere in funzione militare fa
nascere non poche perplessità nei capi, tanto che ad Imperia il
comandante della «A. Padoan» Mario Massina scrive in un suo rapporto del
16 luglio 1944:
«Il provvedimento della militarizzazione del
partito ha provocato svariati commenti. È impressione generale che le
squadre d'azione non saranno in grado di funzionare, sia per la
deficienza di armi, sia per la mancanza di capi, sia, infine, perché il
partito in provincia di Imperia non ha largo seguito. Ha destato ilarità
il fatto che il Commissario federale prenderà il nome di Comandante di
Brigata quando ai suoi ordini, in provincia d'Imperia, avrà sì e no una
cinquantina di elementi».
In un altro rapporto del Massina del
28-7-1944: «Con l'ordine di costituzione delle brigate nere il fascismo
d'Imperia ha chiaramente dimostrato la sua poca buona volontà di
combattere. A tutt'oggi nessuna squadra d'azione è stata costituita,
anzi, qualche fascista ha presentato le dimissioni e molti altri, pare,
intendono fare lo stesso, non escluso qualche dirigente». (36)
L'11
luglio 1944 è costituita ad Alassio la 34a brigata nera «Giovanni
Briatore» (Posta da campo n. 831), comandata da Francesco Girlaro,
vicecomandante è Luca Dimora. Altri capi della brigata nera saranno:
Mario D'Agostino fino al 22-10-1944, Paolo Pano fino al febbraio 1945, e
quindi Quinto Aleardi. È composta da una compagnia comando e da tre
battaglioni divisi in nove compagnie, a loro volta suddivise in squadre
d'azione per un totale di circa 600 uomini. Le compagnie presidiano
Alassio, Albenga, Varazze e Vado Ligure.
[NOTE]
(12)
Il nuovo prefetto dott. Vincenzo Bellini sostituì l'8-10-1943 il
collega dott. Froggio che, a sua volta, l'8-9-1943 aveva sostituito il
prefetto dott. Tallarico.
(13) Dopo l'8-9-1943, la sigla M.V.S.N. non venne più usata dalle ricostituite forze armate fasciste.
(14) Vedi articolo nella cronaca d'Imperia del Corriere Mercantile dell'8-10-1943.
(15)
Il 626° Comando Provinciale d'Imperia (Posta da campo n. 779), col 627°
di Savona, 628° di La Spezia ed il 625° di Genova, dipendevano
dall'Ispettorato Regionale Ligure della G.N.R.
(16)
Da documento del Comando 33a legione «Generale Gandolfo», emesso ad
Imperia il 20-ll-1943, prot. n. 29 segreto, relativo alla ricerca dei
membri del Gran Consiglio del Fascismo che nel luglio votarono contro
Mussolini.
(17)
Tra gli altri, 14 militi della 33a legione caddero ad Imperia, 7 a San
Remo, 5 a Bordighera, alcuni a Triora, a San Lorenzo al Mare, a Taggia e
a Diano Marina.
(18)
Una pattuglia della compagnia O.P. di Imperia il 20-11-1943 uccise nei
pressi di Sant'Agata il partigiano Walter Berio, primo caduto della
Resistenza Imperiese (vedi primo volume dell'opera di G. Strato).
(19)
Vedi: «Storia delle forze armate della Repubblica Sociale» di G.
Pisanò, fascicolo n. 81. Edit. F.P.E., Milano 1968. Tra gli altri, 7
militi del 627° Comando Provinciale caddero nella zona di Alassio; una
dozzina in quella di Albenga, alcuni in val Merula, località «Cian du
Belottu», nel giugno 1944. (vedi volume II dell'opera di C. Rubaudo).
(20)
Con la dicitura: «la presente tessera vale come porto d'arme e come
autorizzazione di libera circolazione in caso d'emergenza politica o
militare per raggiungere le sedi del P.F.R.», riportata sulla tessera
degli aderenti al Partito e da lui firmata, il colonnello tedesco Maior
permette a questi ultimi di portare le armi.
(21)
Raduni per la requisizione di bovini si tennero a Ventimiglia il
5.1-1945, a San Remo il 13-1-1945, a Borgomaro il 16-1.1945, a Pieve di
Teco il 27-1-1945, a Diano Marina il 12-1-1945.
(22) Notizia tratta dal giornale «Eco della Riviera» del 10-2-1944.
(23) Da una testimonianza del comandante Nino Siccardi (Curto).
(24) Da circolare prefettizia del 25-3-1944, prot. n. 769/14/7 Gab. Savona.
(25) Da documento redatto dall'ex brigatista nero E.F.
(26) Vedi volume: Riservato a Mussolini, nota del 4-5-1944/P2/0. Edit. Feltrinelli, Milano 1974.
(27) Da testimonianza del brigadiere T. F. della G.N.R., fatta il 10-5-1945.
(28)
Una squadra antipartigiana della P.S. era composta dagli agenti: Gi.,
Di C., An., La., Sa., Fa., Ai., Cu., Pu., An., Fa., Ba., Ge., Ca., quasi
tutti meridionali, rimasti tagliati fuori dalla loro terra dopo lo
sbarco alleato in Sicilia. Vedi documento nel capitolo "Azioni nemiche
controbanda", settembre 1944.
(29)
Guardie di P.S. che fecero parte del plotone antipartigiani: Gu.,
Ag., Me., Ne., Re., Te., Pu., ecc., anche questi, meridionali, rimasti
in Ligurìa a causa degli eventi come a nota (28). Vedi lettera del
S.I.M. di zona al servizio S.I.M. del Comando II^ divisione "F.
Cascione" del 3-4-1945.
(30) Dal volume «Italia Partigiana» di G. Bocca, Edit. Laterza, Bari, 1967
(31)
Da memorie orali di Bruno Luppi (Erven) e del comandante «Vittò». Per
maggiori dettagli vedi l'opuscolo "Sangue a Castelvittorio" di Nino
Allaria Olivieri, Edit. Sordomuti, Milano, 1997.
(32) Vedi: "Storia delle forze armate della R.S.I. di G. Pisanò", fascicolo n. 98. Edit. F.P.E., Milano, 1969.
(33)
Il milite fascista A., in relazione alle dichiarazioni fatte dai suoi
commilitoni, aveva impiccato nove partigiani in una volta. Vedi giornale
«L'Unità» del 23-7-1946.
(34) Da relazione del responsabile S.I.M. divisionale al Comando operativo di Zona, del 4.4.1945 prot. n. 21/73
(35)
S.S. = Schutzstaffel, che significa: Servizi Speciali. La formazione
nacque nell'aprile 1925. Il nome fu dato ad una squadra di 8 uomini
scelti, tra i più fanatici, destinata alla protezione personale di
Hitler.
(36) Vedi a pag. 188 del volume "L'esercito di Salò" di G. Pansa. Edit. Oscar Mondadori, Milano, 1970.
Francesco Biga, Storia
della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. La Resistenza
nella provincia di Imperia da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza di Imperia, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977
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Pigna (IM): Corso De Sonnaz
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Nella tarda estate del '44 tornarono in Italia i primi reparti addestrati nel Reich, la divisione di fanteria San Marco e la divisione alpina Monterosa. Entrambe, assieme a tre divisioni tedesche, finirono per formare l'armata Liguria, la quale, raggruppata tra Imperia e La Spezia, aveva il compito di impedire uno sbarco alleato sulla costa nord-occidentale del Paese <1192: in realtà la sua funzione si orientò principalmente alla lotta partigiana, dato che i tedeschi non avevano alcuna intenzione di adoperare truppe italiane al fronte.
[...] Sempre alla prima sezione della Corte di Assise romana toccò giudicare un altro capo provincia della Rsi, dapprima stanziato a Rieti e successivamente, dal giugno del '44, ad Imperia, Ermanno Di Marsciano. Oltre alle accuse di collaborazionismo pesava sull'imputato il coinvolgimento nei rastrellamenti di Monte San Giovanni in Sabina del 7 aprile 1944 e di Leonessa (RI) del 10 marzo 1944. Con la sentenza 121/50 del 21 giugno 1950 il tribunale romano lo condanna all'ergastolo, all'interdizione dai pubblici uffici e al pagamento delle spese legali. La Cassazione, tuttavia, accolse la richiesta di conversione della pena avanzata dall'imputato, affidando l'onere del giudizio alla Corte d'Appello di Roma, la quale, il 12 maggio 1952, convertì l'ergastolo - già precedentemente condonato in 19 anni di reclusione - in 9 anni di reclusione. Di Marsciano, nel giugno del '44, aveva sostituito ad Imperia Francesco Bellini, il quale era stato trasferito a Treviso. Nominato prefetto durante la guerra per meriti politici, Bellini era come tanti suoi colleghi prefetti uno squadrista della prima che prese parte alla marcia su Roma. Fu console generale della Milizia e durante gli anni Trenta ricoprì la carica di segretario federale a Bolzano, Pola e a Gondar, in Etiopia. Fu nominato prefetto nel 1939 e destinato dapprima a Belluno e poi a Gorizia dove, nell'agosto '43, venne collocato a riposo da Badoglio <1374. Per il suo operato durante la Repubblica di Salò venne riconosciuto colpevole per i reati di collaborazionismo e omicidio dalla Corte d'Assise Straordinaria di Treviso e condannato a morte con sentenza emessa il 16 giugno 1945. La Corte di Cassazione di Milano, tuttavia, accolse il ricorso dell'imputato contro la sentenza, annullandone l'esito e rinviandola alla Corte d'Assise Straordinaria di Venezia. Non si conosce l'esito del processo.
[NOTE]
1192 F.W. Deakin, Storia della Repubblica di Salò, pp. 707-708
1374 M. Stefanori, Gli ebrei e la Repubblica sociale italiana, p. 131
Jacopo Bernardini, "Un confuso fermento di idee": politica, amministrazione e costituzione nell'ultimo fascismo (1943-1946), Tesi di laurea magistrale, Università degli Studi di Torino, Anno accademico 2019-2020
Dopo l'8 settembre Marcianò ricostituì il suo battaglione a Vercelli, da cui il 30 marzo 1944 raggiunse Grafenwöhr per aggregarsi alla divisione San Marco. Al momento di partire per la Germania inviò un vibrante messaggio a Mussolini a cui esprimeva «la volontà di combattere e di morire per le rinnovate glorie della Patria», chiedendo che il suo gruppo venisse «lanciato contro il nemico, come i vecchi reparti d'assalto della Grande Guerra». <194 Una volta rientrato in Italia, il reparto di Marcianò, insieme ad un gruppo del 3° reggimento di artiglieria, fu posto sotto il comando della 34ª Infanterie Division, diretta dal generale Theo von Lieb. Il III gruppo esplorante, che poteva disporre di circa 700 uomini, <195 venne inviato nell'area di Imperia, con il compito di ripulire la zona dalle bande partigiane che minacciavano la sicurezza delle retrovie tedesche. Pur non essendo stricto sensu una vera e propria formazione di controbanda, tuttavia gli uomini di Marcianò applicarono brillantemente i principi della controguerriglia. Attacchi notturni con squadre non troppo numerose (venti o trenta uomini al massimo). Spostamenti continui. Incursioni a sorpresa nei paesi frequentati dai partigiani. Anche se non fu risparmiato dalle diserzioni - 79 alla data del 5 settembre 1944 <196 - il III gruppo esplorante dimostrò comunque una coesione disciplinare e uno slancio combattivo nettamente superiori al resto della divisione. A partire dal settembre 1944 gli uomini di Marcianò si installarono nel territorio al confine tra le province di Asti, Cuneo, Savona ed Alessandria [...]
[NOTE]
94 P. Baldrati, San Marco, San Marco..... cit. vol. II, documento 35, p. 744.
195 Ivi, documento 104, allegati 2, 3 e 4, pp. 856-858. Alla data del 5 settembre, il reparto di Marcianò poteva contare su 732 uomini, così ripartiti: 32 ufficiali, 50 sottufficiali e 650 soldati di truppa.
196 Ivi, documento 104, allegato 6, p. 860. Dei 79 militari che risultavano disertori alla data del 5 settembre, quattro erano sottufficiali e 75 soldati di truppa.
Stefano Gallerini, "Una lotta peggiore di una guerra". Storia dell'esercito della Repubblica Sociale Italiana, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Firenze, 2021