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sabato 14 ottobre 2023

Contabilità partigiana nei giorni dei primi aviolanci alleati

Nasino (SV). Fonte: mapio.net

Il 14 [marzo 1945] passa nell'ansia di una possibile reazione nemica. Il materiale [n.d.r.: derivante da un aviolancio degli Alleati] viene inventariato: sono una ventina di Sten, fucili 91 modello Africa orientale con canne arabescate senza cinghia che vengono dati alla banda locale di Alto, una delle poche sopravvissute. Ci sono munizioni calibro 9 lungo, buone per mitra, pistole, Sten, ci sono anche liquori e cioccolata che non superano la notte del lancio. C'è anche qualche coperta, accolta piuttosto male ora che l'inverno sta per finire.
Ci sono poi sigarette, le Woodbine, tabacco Virginia, in lattine da cinquanta. I partigiani, che da mesi fumavano le più strane misture non le gradirono. Giorgio [Giorgio Olivero, comandante della Divisione Garibaldi "Silvio Bonfante"] deciderà di darle al S.I.M. [Servizio Informazione Militare dei patrioti] perché le diffondesse tra i civili della costa per dimostrare l'abbondanza che regnava sui monti dopo i lanci alleati.
La distribuzione del materiale è provvisoria perché si attendono le bande della I^ Brigata [n.d.r.: Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante"] che verranno a ritirare la loro parte, poi lo schieramento di sicurezza verrà sciolto. Ad Alto resteranno pochi incaricati, perché, se la zona resterà tranquilla, richiederemo un altro lancio.
La sera del 14 i partigiani ascoltano la radio: è la trasmissione delle 20,30: è in corso la prima fase della battaglia del Reno: sulla testa di ponte di Remagen si combatte la battaglia decisiva. Citrato [n.d.r.: Angelo Ghiron, vice responsabile S.I.M. della "Silvio Bonfante"] ed un altro del Comando hanno un gesto di disappunto: di nuovo il messaggio speciale: gli alleati ripetono il lancio questa notte, malgrado gli accordi presi. Vengono raggruppati i pochi partigiani che sono in paese e, via di corsa. Niente schieramento di sicurezza, sarà molto se arriveremo in tempo ad accendere i fuochi perché ci vogliono due ore buone per le mulattiere buie per arrivare al campo di lancio, e lassù, non c'è niente di pronto. Questa volta il lancio fallisce: i partigiani sentono il ronzìo dell'aereo vibrare nel buio mentre arrancano sudati. Quando arrivano al campo è ormai troppo tardi.
La sera del 15 giunsi anch'io in Val Pennavaira, la valle del lancio, ma per altro motivo. Ero passato per Menezo, una frazione tra Onzo [piccolo comune in provincia di Savona] e Costa Bacelega [Frazione del comune di Ranzo in provincia di Imperia]. Vi cercavo il commissario Gigi [n.d.r.: Giuseppe Alberti, commissario della II^ Brigata "Nino Berio" della "Silvio Bonfante"] perché vi era una differenza tra la contabilità sua e quella di una banda dipendente da lui. Trovai con lui Osvaldo [n.d.r.: Osvaldo Contestabile, in quel momento ancora convalescente, di lì a breve di nuovo commissario di una formazione partigiana, più precisamente della IV^ Brigata della "Silvio Bonfante"]: "Vai nella zona degli Sten nuovi", mi disse. Appresi così che il lancio era riuscito. Osvaldo si teneva informato della situazione, vedevo che soffriva di non poter riprendere la vita di prima, di star con Gigi e Natascia. Pareva a vederlo che stesse bene, ma aveva ogni tanto ancora qualche disturbo. Pranzai con loro, esaminai con Gigi i conti della II^ Brigata: perché Gigi aveva segnate come consegnate ad una banda 15.000 lire che la banda non segnava di entrata? Gigi ci restò male, pensò, guardò, poi concluse che la Brigata aveva chiuso la contabilità a fine mese mentre la banda l'aveva chiusa il 27. Esaminando i conti di mano avrei trovato la somma perché la consegna era avvenuta a fine febbraio. Così fu.
Lasciato Menezo andai verso la cresta che separava la Val d'Arroscia dalla Val Pennavaira. Si camminava bene in Liguria nel mese di marzo. Niente neve ormai, qualche albero in fiore e nell'aria un tepore primaverile: la campagna invernale era finita, il lancio sarebbe stato per noi il segnale della ripresa.
Trovai un contadino che esaminava due ciliegi. Gli chiesi la strada: "Vada su per i prati e poi, quando è in cresta, vada a sinistra per il sentiero fino alla cappellina... Vede quei maledetti... durante il rastrellamento mi hanno crivellato di colpi questi alberi. Che gusto ci avranno trovato?!". "Meglio gli alberi che i cristiani", gli risposi. "Già, questo lavoro lo hanno fatto gli alpini perché i tedeschi ad Onzo hanno ucciso una famiglia intera. Perché? Nessuno lo sa. Hanno ammazzato tutti, compresi due estranei che per combinazione erano in casa. Sembra che prima abbiano voluto che quei poveretti preparassero loro il pranzo: hanno mangiato e poi li hanno uccisi. Prima di andar via hanno dato fuoco a tutto. Dicono che avessero trovato in casa una macchina fotografica, ma di preciso nessuno sa niente perché di quella famiglia l'unica salva è una donna che quel giorno era andata in un altro paese".
"Tedeschi... Noi li conosciamo da mesi. Fortuna che non durerà più molto".
Non durerà più molto. Infatti non ci sarà più un altro inverno di guerra, forse nemmeno un'altra estate; questa volta la Germania è presa alla gola ed in Italia il primo balzo porterà gli alleati sul Po. Contento? Sì... eppure... ho una punta di nostalgia: è tutto un ambiente, tutto un mondo che finisce. Fosse finito allora, in ottobre quando eravamo stremati. Ma allora no, allora avanti, nella neve, nel fango, sempre più pochi. Titolo di onore sarà per noi la campagna invernale e che poco più di trecento sono i partigiani della Bonfante che hanno resistito. Ora che l'inverno sanguinoso è passato, che più forti e più armati potremmo affrontare il nemico da pari a pari, la grande avventura avrà termine. Mai più tornerà l'ambiente di luglio, i tempi della Volante, delle folli audace, le corse sui camion rombanti, i bivacchi sulle cime, le marce sotto la luna cantando. Ricordo i pascoli verdi di Pian del Latte, le malghe di Tanarello, l'odore del formaggio, del fieno, delle stalle; i campanacci delle mucche nella nebbia, il belato dei greggi, le lunghe ore passate sui prati ad osservare il tramonto... Tutta una vita!
Dalla strada in cresta si stacca un sentiero che scende in Val Pennavaira. Non sono ancora alla cappellina, ma a me preme scendere a fondo valle prima di notte. Devo trovare Gapon [Felice Scotto], ora commissario della III^ [Brigata "Ettore Bacigalupo" della Divisione "Silvio Bonfante"], la cui contabilità è piuttosto saltuaria.
Il sentiero con una ripida discesa di un'oretta tra sterpi e castani mi conduce tra Alto e Nasino. Sullo stradone un carro sale lentamente: sopra cinque o sei partigiani con le gambe penzoloni mi guardano indifferenti in silenzio.
"Sapete dove è Gapon?" chiedo loro. "A Nasino, se non è andato via". Avrei preferito ad Alto per aver notizie del lancio, ma in compenso a Nasino non c'era da salire. Dopo accurate ricerche, trovo Gapon all'osteria: avrei dovuto ricordare che quella era la sua base preferita. 
"Stasera ti offro uno spettacolo interessante", mi dice quando mi vede. "Vedrai perché noi della III possiamo fare anche a meno dei soldi della Divisione". Ero incuriosito. Infatti, quando la contabilità non era regolare, sospendevo l'invio dei fondi.
Con la III^ però il provvedimento non era stato efficace e venivo proprio a cercarne il motivo. Appena cenato lo spettacolo comincia. In un'altra stanza della stessa trattoria ci aspettano due contadini. Dietro ad un tavolo sediamo Gapon ed io; in piedi, con un fascio di carte in mano, Megu [Ugo Rosso], uno studente di medicina con barba e baffi vigorosi. Sono così riuniti commissario e capo di Stato Maggiore della III Brigata, nonché l'amministratore [n.d.r.: l'autore di questo memoriale, Gino Glorio] della Bonfante. Come cariche non c'è male. Megu inizia: "Da informazioni prese ci risulta che il signore..." e legge il nome dando una rapida occhiata alle carte. "Siete voi? Benissimo... Ha partecipato nel '36 come volontario alla guerra d'Africa. E il signore... ", anche qui un rapido sguardo alle carte, "alla guerra di Spagna contro il governo repubblicano. E' vero?". I due assentono assieme aggiungendo vivacemente qualche frase a discolpa. "Benissimo", continua Megu, "voi eravate disoccupato e voi avevate litigato con vostro padre. A parte il fatto che rimane da dimostrare che nel '36 non si trovasse altra occupazione più onesta ed onorevole che andare ad ammazzare negri che difendevano la loro terra o che l'aver litigato col padre possa autorizzare uno ad andar a cambiar governo in un altro paese, ho qui un documento che vi smentisce ampiamente e che è il principale capo di accusa... Dov'è?... Ah, ecco!". Ed estrae dal fascio un gruppo di fogli. "Salto le parole che non interessano... Ecco: è il verbale di un tribunale speciale, che voi ben conoscete, costituito nelle persone dei camerati...". E qui legge parecchi nomi. "Tutta brava gente" - mi dice sotto voce Gapon - " che a tempo debito sborserà fior di quattrini di multa se non avrà di peggio". "Constata su parere del medico legale camerata... la piena idoneità del signore... a sopportare il confino di polizia...". "Ti guardano in faccia ed anche se sei tubercolotico agli estremi ti trovano sempre in buona salute", commenta Gapon a bassa voce.
"Risultando provato che il signor... in un pubblico locale il giorno... affermava che i camerati... e..., e siete voi due... avrebbero partecipato rispettivamente alla guerra d'Africa e di Spagna non già, per compiere il loro dovere di italiani e di fascisti, ma per motivi privati. Su istanza dei suddetti camerati, che dalle affermazioni dell'imputato sentono gravemente offesa la loro fede fascista e menomata la loro fedeltà incondizionata al regime, condanniamo il signor... a due anni di confino di polizia. Contenti? E noi adesso multiamo voi di lire centomila e voi di quarantamila".
Segue un breve silenzio, poi i due contadini cominciano a scusarsi, a smentire, a dichiararsi impossibilitati a pagare.
"Niente paura, siamo informati anche a questo riguardo", replica Megu tirando fuori altre carte. "E' uno specialista", commenta Gapon compiaciuto. "E' andato apposta a Castelbianco per avere un estratto catastale con le terre ed i beni di questi due".
"Ci risulta che voi avete terreni che attualmente valgono un milione, se volete posso elencarli... Cosa avete detto? Non sono vostri, ma della buon'anima di vostro padre? Come scusa non vale perché non avete fratelli e siete l'unico erede. Quanto a voi abbiamo fatto un po' meno perché terre ne avete poche... Non avete quarantamila lire liquide! Non importa, avete una sorella, fatevele anticipare, ipotecate le terre, fate un debito, ma vi conviene pagare". Megu posa le carte. Poi prosegue. "Sentite, non sono scherzi, abbiamo bisogno di soldi per condurre la lotta. I partigiani non vivono d'aria ed han bisogno di vestirsi. L'ordine di arrestarvi non è partito di qui; è venuto dall'alto, ma per un insieme di circostanze gli alti comandi hanno altro da pensare e forse si sono scordati di voi. Per il vostro bene, se fermate la cosa qui, siete liberi, altrimenti domani vi mandiamo al tribunale divisionale ed allora non posso garantire per la vostra vita. Non dimenticate, non sono più i tempi in cui Cascione curava i fascisti feriti e prigionieri. Son passati due inverni e troppe ne abbiamo passate per avere il cuore tenero con i servi fedeli del regime".
I due parevano annientati.
"Avete una notte per pensarci. Domani mattina ci darete una risposta".
"Ti è piaciuto?" dice Gapon uscendo. "Li mandiamo a dormire in una cappellina con una squadra partigiana. Dormire per modo di dire, che non chiuderanno occhio senza coperte e con i pensieri che hanno. Domattina saranno maturi. Se pagheranno? Oh, altroché! Hanno sempre pagato tutti finora! Anche il macellaio di Caprauna multato per aver venduto in paese la carne troppo cara. Appena possibile mandiamo a mungere un seniore della milizia che vive tranquillo a Marmoreo ed un altro che ha fatto la guerra di Spagna. Il terreno è fertile se si sa farlo rendere".
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 202-206

giovedì 13 luglio 2023

Spostamenti del Comando Partigiano Imperiese

La prima pagina di un documento firmato da Simon (cit. infra) in data 3 agosto 1944. Fonte: Fondazione Gramsci

Per presentare un quadro complessivo delle ubicazioni e degli spostamenti del Comando della Resistenza imperiese, che si identificano in tanti momenti della lotta, che viene sviluppata a sua volta nei quattro volumi dell'opera, abbiamo ritenuto interessante tracciarne a grandi linee la cronologia fino alla Liberazione, iniziando, però, dalla metà dell'anno 1944, dato che il periodo precedente è stato approfondito con somma perizia nel primo volume dall'autore G. Strato.
Del suddetto periodo precedente vogliamo ricordare soltanto due episodi, rimasti inediti, che dimostrano con quanta serietà il comandante Nino Siccardi (Curto) desiderava organizzare la Resistenza imperiese, dal punto di vista della competenza, dell'efficienza e, al tempo stesso, come era precaria e difficile l'esistenza dei primi embrioni dell'organizzazione.
Primo episodio: nei primi giorni di dicembre del 1943, «Curto» aveva pensato di incorporare nella Resistenza imperiese degli ufficiali superiori dell'ex esercito, pratici del mestiere dal punto di vista tecnico, tattico e strategico. Per questo motivo, dopo vari suggerimenti avuti da alcuni compagni, aveva pensato di interpellare un bravo ufficiale e, in modo particolare antifascista, cosa abbastanza rara negli ambienti dell'ufficialità. Partito in bicicletta da Imperia, si recava presso Castel Gavone nel Finalese, dove incontrava il capitano Wuillermin Renato di 47 anni, vecchio e bravo combattente della prima guerra mondiale. Ma le trattative non erano ancora terminate quando il capitano, incappato in un rastrellamento, venne fucilato a Savona insieme ad altri per rappresaglia il 27 dicembre 1943.
Secondo episodio: nella prima decade di maggio del 1944, «Curto» e Libero Briganti (Giulio), rispettivamente comandante e commissario di tutte le bande partigiane imperiesi, da Arzéne si erano postati nel bosco di Rezzo, ospitati nella casa di Giobatta Bonello (Bacì Fundeghé). Si dovevano ulteriormente organizzare dei gruppi armati nella valle dell'Impero e per questo motivo venivano consegnate lire diecimila a un compagno di Ville San Pietro per l'acquisto di alimentari e il recupero di armi. Purtroppo il compagno organizzatore, ritornato presso il Comando per comunicare il risultato del suo operato, camminando guardingo e con la rivoltella in mano, era scambiato per un fascista e prima che si  potesse chiarire l'equivoco, dopo una breve sparatoria cadeva ucciso (1).
Con l'unificazione di tutte le bande della provincia nella IX brigata Garibaldi in giugno, il Comando, con a capo «Curto», si sposta ancora nel bosco di Rezzo e ivi rimane fino al 24 giugno 1944 (uccisione di L. Nuvoloni), quindi raggiunge la zona di Tavole. Nei primi giorni di luglio, con l'elevazione della IX brigata a II divisione d'assalto Garibaldi «F. Cascione», ritorna nel bosco e s'insedia nuovamente nella casa di «Bacì Fundeghé».
Alla metà del mese, per necessità militari si trasferisce a Garessio in val Tanaro e, dopo la battaglia di Pievetta (25 luglio 1944), si porta sotto il passo della Follia (Case Almirante), a monte di Pietrabruna, ove rimane fino al giorno della fucilazione degli ostaggi sul monte Faudo (vedi II volume). Seguono brevi spostamenti a San Bernardo di Mendatica, a Pieve di Teco, a Villa Talla ma, in definitiva, rimane nel bosco di Rezzo fino al 19 di settembre, quando l'ispettore «Simon» parte per il Piemonte scortato dal distaccamento di Muccia Pasquale (Turbine) per incontrare una Missione alleata (2). Ritenuto ormai troppo infido, dopo il 19 di settembre il Comando lascia il bosco per rifugiarsi a Piaggia da dove dirige la lotta fino al 13 di ottobre quando, iniziato il grande rastrellamento con l'occupazione tedesca di Pigna in Val Nervia e a causa dell'offensiva nemica in direzione di Triora-Piaggia, viene sospinto verso nord raggiungendo Upega [Frazione di Briga Alta (CN)] il 16; valicato il Mongioie con le brigate I e V, si porta a Fontane (provincia di Cuneo) dove, impegnato nella riorganizzazione delle formazioni, rimane fino ai primi giorni di novembre.
Rientrato in Liguria prima delle formazioni garibaldine, il comandante «Curto» va ad ispezionare la IV brigata (nelle zone di Villa Talla-Pietrabruna) e quindi prende nuovamente contatto con l'ispettore «Simon» [Carlo Farini] a Prelà, giuntovi in  precedenza ammalato (vedi capitoli XXV e XXVI).
Il Comando Operativo della I Zona Liguria, costituitosi il 19 dicembre 1944 e composto da «Simon», da «Curto» e «Sumi» [Lorenzo Musso, commissario politico] s'insedia in casa di Mario De Carolis in Prelà, dove rimane fino all'uccisione di quest'ultimo durante il rastrellamento del 28 dicembre. Allora i componenti e gli addetti sono obbligati a spostarsi a Pianavia presso la tipografia del C.L.N. provinciale che, da Villa Talla ivi trasferita, era stata montata qualche giorno prima dal tipografo Giovanni Acquarone (Barba), in un sottofondo della casa di Giovanni Calzamiglia (Bacì).
Ennesimo rastrellamento il 4 gennaio 1945 e la casa del Calzamiglia viene data alle fiamme. Nuovo rapido spostamento del Comando, fortunatamente sfuggito alla cattura, verso Badalucco in una casa diroccata, dove ha sede anche il centro staffette dirette da Federico Panizzi (Fedé) (ex miliziano del P.O.U.M. in Spagna nel 1937), e da qui a Vignai.
Invece «Simon», annaspando nella neve verso monte Acquarone, con don Nino Martini riesce a raggiungere Lucinasco in valle Impero nella notte.
Il 6 gennaio 1945 sbarca a Vallecrosia la Missione alleata composta dal capitano inglese Robert Bentley e dal radiotelegrafista John Mac Dougall (Mac), che si aggrega al Comando I Zona Liguria dopo due giorni a Vignai. Completato il Comando, il gruppo si porta a San Salvatore, sotto il passo della Follia da dove dirige la lotta.
A metà mese un pesante rastrellamento sul luogo, causato dalla trasmittente individuata dai goniometristi tedeschi, obbliga il gruppo a spostarsi a «Ciazza Becco», tra Badalucco e Pietrabruna, dove sosta una dozzina di giorni.
Durante questo periodo «Curto» si reca ad ispezionare la divisione «S. Bonfante» ad est della strada statale n. 28. Il 25 di gennaio è quasi spettatore della cattura del 10° distaccamento «W. Berio» (IV brigata) da parte del nemico. Triste episodio accaduto nel vallone tra Villa Talla e Pantasina. Ritornato a «Ciazza Becco», il 27 la località è investita da un rastrellamento ancora causato dalla radio trasmittente; ma accade un episodio singolare: alcuni garibaldini del comandante Ermanno Martini (Veloce) incrociano una squadra di soldati tedeschi; i due gruppi nemici si scorgono ma non si accende lo scontro, ognuno prosegue per la propria strada.
Nella notte successiva il Comando si sposta a Beusi, nel bosco del Pistorino, dove i figli del contadino Lanteri Francesco (Chiccò) avevano costruito un'apposita baracca. Dopo qualche gioroo giungono nel detto luogo anche «Simon» e la sua segretaria Bianca Novaro (Rossana).
Intanto avviene l'episodio relativo al sommergibile alleato * che doveva sbarcare rifornimenti sulla spiaggia presso il giro del «Don» (Arma di Taggia) e che, invece, non giunse, mentre i garibaldini caddero in una imboscata (vedi il precedente capitolo LIV).
Il 2 di febbraio il Comando I Zona Liguria è nuovamente riunito. Al Pistorino si discutono i piani per rifornire di armi i garibaldini tramite gli alleati con aviolanci. Il 9 avviene il convegno di Beusi per definire questi piani anche con i rappresentanti di alcuni C.L.N. delle città costiere (vedi il IV volume).
I rastrellamenti si susseguono incessanti [...]
[NOTE]
1 Da una testimonianza orale di «Curto»
2 Gli avvenimenti collegati al Comando della Resistenza imperiese sono descritti in modo particolareggiato nei volumi e nei capitoli precedenti.
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. La Resistenza nella provincia di Imperia da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza di Imperia, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977, pp. 524,527

* Michael Ross, uno degli ufficiali alleati che sarebbero dovuti rientrare nelle linee con il citato sommergibile, lasciò scritto nel suo "From Liguria with love. Capture, imprisonment and escape in wartime Italy" (Minerva Press, London, 1997) che nel richiamato torno di tempo furono tre i tentativi compiuti da un mezzo navale amico. I primi due vennero frustrati perchè scattarono trappole, da cui i partigiani si salvarono a stento, predisposte dai tedeschi, informati da una donna infiltrata nelle fila della Resistenza locale. La terza volta gli uomini del sommergibile, arrivando, non trovarono nessuno, perché, nel frattempo, i garibaldini avevano individuato la spia, che venne addirittura eliminata con l'uso di una pistola in dotazione ad un altro degli ufficiali alleati: e le comunicazioni radio in quel frangente non poterono funzionare, il che spiegava quel viaggio a vuoto.
Adriano Maini

Il 20 ottobre 1944 “Curto”, Nino Siccardi, con la scorta di 5 partigiani tornò momentaneamente ad Upega per procedere alla messa in salvo anche dei patrioti feriti che là erano rimasti.
La missione ebbe esito positivo.
[…] Le forze sbandate della I^ e della V^ Brigata, circa 150 uomini, furono incorporate nell’VIII° Distaccamento di Domenico Simi (Gori), che si costituì in Battaglione.
Venne tentato a più riprese un contatto con il comando divisionale, conseguito, infine, il 22 ottobre.
Nei primi giorni di permanenza a Fontane avvenne l’incontro tra il comandante [della II^ Divisione Garibaldi “Felice Cascione” della I^ Zona Operativa Liguria] Nino Siccardi (Curto) ed il maggiore inglese Temple (Wareski): “Curto” chiese un consistente aiuto militare per le sue formazioni: la riunione si concluse, tuttavia, con un nulla di fatto.
Più concreto fu il contributo in denaro giunto da più parti e con il quale “Curto” rimborsò la popolazione di Fontane per i viveri ed il vestiario forniti ai suoi uomini.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio-30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

venerdì 24 marzo 2023

Sull'atlantino dei partigiani la mia matita annerisce giorno per giorno le regioni della Germania che sfuggono al Terzo Reich

Andora (SV): dintorni. Foto: Eleonora Maini

Il problema degli effettivi venne risolto in pratica da ogni capobanda a suo piacimento. Le disposizioni del Comando lasciarono largo margine d'interpretazione e furono solo abbastanza precise nello sconsigliare l'arruolamento di repubblicani. Quasi tutti i comandanti ingrossarono la propria banda, poiché comandare molti uomini era ambizione diffusa.
Solo pochi come Stalin [Franco Bianchi, comandante di un Distaccamento] e qualche altro preferirono un pugno d'uomini decisi anteponendo la qualità alla quantità. Quando i distaccamenti si ingrossarono eccessivamente intervennero i comandi brigata e li scissero in due.
In Val Tanaro Fra' Diavolo operava del tutto autonomo inviando notizie saltuarie della sua attività. L'attrazione del suo nome era tale che la IV Brigata «D. Arnera», che dipendeva da lui, e che era agli inizi composta del solo distaccamento «M. Longhi», ai primi di aprile 1945 conterà ben cinque bande.
La I Brigata portò anch'essa il numero dei propri distaccamenti da tre a cinque assumendo uno schieramento a parziale difesa della valle d'Andora.
A nord la II e la III  Brigata si riprendevano più lentamente, date la crisi dei comandi e la mancanza di servizi efficienti.
Il 24 marzo 1945 l'attenzione si porta nuovamente su Alto perché pare imminente un lancio di maggiore importanza. Lo schieramento di difesa è meno imponente. Pensiamo che ciò sia dovuto alla rapidità con cui si è svolta la raccolta del primo lancio e alla lentezza della reazione nemica. Un rapido abbassarsi della temperatura e una ripresa delle piogge sui monti impone un nuovo duro sacrificio alle bande di presidio sulle cime. Il morale degli uomini, già duramente colpito dalla morte di Rostida [Costante Rustida Brando], subisce una nuova prova: l'aspetto della valle è tornato ad essere invernale, l'incubo del rastrellamento si alterna alla speranza del lancio imminente.
Torno ad Alto dal 24 al 28. Vi trovo Libero [Paolo Aicardi] con i resti del «G. Maccanò» salvatisi un mese prima dal rastrellamento di Aurigo. Gli uomini sono profondamente demoralizzati, il commissario li ha piantati. «Mi ha mandato lo Sten ed i soldi e non si è fatto più vedere», diceva Libero ai compagni. «E' stato galantuomo che ti ha mandato i soldi», lo consolava Turbine. C'era poi la faccenda del manifesto di mobilitazione di Aurigo. «Mi hanno dato gli arresti per la quarta volta», diceva Turbine. «Adesso però sono innocente. Non mi sono mai mosso da Alto da un mese ed un tipo strano che passa per Aurigo fa un manifesto e lo firma Turbine. Il Comando mi manda una lettera: Turbine agli arresti. Per fortuna che sono parole» Il tipo strano che aveva avuta la geniale idea del manifesto era Libero.
Il G. Maccanò venne sciolto, gli uomini aggregati alla brigata di Fra' Diavolo ed una nuova banda G. Maccanò, formata da nuove reclute, farà parte della IV Brigata.
La banda di Trucco o distaccamento M. Agnese che, dai tempi di Upega, ridotto a dodici uomini, vivacchiava nella Val di Mendatica, invitato più volte ad unirsi al grosso della Divisione, passò la «28» il giorno 25 fermandosi presso Moano [Frazione di Pieve di Teco (IM)].
I giorni passavano lenti tra la pioggia ed il fango nell'inutile attesa. Spesso il cavo a bassa tensione che collegava Alto con la dinamo in fondo al torrente aveva dispersioni e le trasmissioni radio subivano forti abbassamenti di volume. Cambiando rapidamente la spina del trasformatore riuscivamo a riprendere l'ascolto, ma ogni volta sfuggivano intere frasi ed ogni parola poteva essere quella del lancio da noi atteso. Al pomeriggio, alle 20.30, dopo cena ad ogni trasmissione gli incaricati dal comando, circondati dai compagni ascoltano parole e parole. Coi messaggi speciali giungono le notizie delle armate del Reno: l'offensiva finale è in corso, città e città, chilometri e chilometri di Germania vengono occupati dagli alleati: sull'atlantino dei partigiani la mia matita annerisce giorno per giorno le regioni della Germania che sfuggono al Terzo Reich. La fine del nazismo non è ormai più lontana, è però sempre più per noi un'incognita l'atteggiamento che terrà l'esercito tedesco in Italia. La disfatta in Germania rende sempre meno sicura la ritirata dall'Italia. Se gli alleati non sfonderanno sull'Appennino non diverrà l'Italia del nord una grande sacca come Creta, il fronte di Curlandia, i porti francesi sull'Atlantico? Assieme alla Norvegia ed alla Boemia non sarà la nostra terra l'ultimo rifugio del nazismo morente? Comunque il momento decisivo è vicino e noi siamo ancora terribilmente impreparati.
Ricordavo lo scorso autunno... I piani per l'occupazione di Imperia... Quanto siamo mutati da allora. Il passato tornava sempre alla nostra mente, parlando con i compagni si ricordavano episodi noti, si apprendevano particolari sconosciuti.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980


22 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 234, al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" [comandante "Mancen" Massimo Gismondi] - Disponeva il passaggio di 10 Kg. di plastico con miccia e detonatore da "Ciccio" a "Marco" e di altri 10 Kg. da consegnare a "Mario".

23 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 238, al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" [comandante "Mancen" Massimo Gismondi] - Chiedeva di completare i preparativi per andare a ritirare il materiale in arrivo con un aviolancio alleato; di sospendere il colpo progettato contro il posto di blocco di Cervo ed ogni altra azione; di sottrarsi al nemico in caso di attacco, ma, se obbligati, di reagire.

24 marzo 1945 - Dal comando della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava l'assegnazione degli encomi solenni alla memoria a "Rustida" ed a "Remo", sottolineando che "Rustida", Costante Brando, era nato a Milano il 25 ottobre 1925, mentre di "Remo" non si conoscevano i dati biografici.

25 marzo 1945 - Da "Pantera" [Luigi Massabò, vice comandante della Divisione "Silvio Bonfante"] al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che il 20 marzo 1945 alle ore 7 forze nemiche, provenienti da Pornassio, San Bernardo di Garessio, Cerisola, Acquetico e Castel Bianco, avevano effettuato un rastrellamento in Val Pennavaira; che i garibaldini di Caprauna, avvisati da una sentinella appostata sul Passo dei Pali, si erano spostati sulle rocche sovrastanti Alto; che il Distaccamento "Gian Francesco De Marchi" era stato sorpreso e nella fuga aveva lasciato nel casone il mitragliatore Breda 1930 e diverso materiale di casermaggio; che i garibaldini "Rustida" [Costante Brando] e "Remo" [Francesco Pescatore] avevano aperto il fuoco, ma erano stati feriti da un colpo di mortaio; che "Rustida" dopo qualche minuto decedeva e "Remo" si suicidava per non cadere vivo in mano ai tedeschi; che i nemici avevano abbandonato la Val Pennavaira alle ore 22; che il servizio di sentinella di Alto-Caprauna aveva funzionato bene mentre quello di Nasino "pur avendo funzionato non ha preso sul serio l'allarme facendo giungere i nemici vicino ai casoni"; che stava per dare disposizione al comandante ["Gino", Giovanni Fossati] della II^ Brigata "Nino Berio" "di infliggere 12 ore di palo ai responsabili del cattivo funzionamento del servizio di guardia". Comunicava, poi, le situazioni di alcune formazioni: il Distaccamento "Giuseppe Maccanò" era privo di comandante perché "Riva" [Stefano Polini] si era rifugiato nelle Langhe ed aveva bisogno anche di un commissario; la stessa situazione si presentava al Distaccamento "Gian Francesco De Marchi" che aveva perso un mitragliatore; il comandante "Basco" [Giacomo Ardissone] aveva formato un altro Distaccamento che avrebbe preso probabilmente il nome di "Rustida" [Costante Brando]; una squadra del Distaccamento "Igino Rainis" aveva recuperato in Piemonte 1 mitragliatore pesante americano, 1 fucile inglese ed 1 Sten; il 22 marzo 1945 "Fra Diavolo" aveva compiuto un attentato sulla strada statale 28 in cui avevano trovato la morte la morte un maggiore tedesco ed altri soldati. Informava che era stato il comandante "Libero" [Paolo Aicardi] a firmare in modo arbitario a nome di "Turbine" [Alfredo Coppola] il manifesto del reclutamento non volontario di Aurigo e che i garibaldini della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni", condannati a morte dai tedeschi a Pieve di Teco, erano riusciti a fuggire e, avendolo richiesto, erano stati inquadrati nel Distaccamento "Igino Rainis" della II^ Brigata "Nino Berio".

25 marzo 1945 - Da "Boris" [Gustavo Berio, vice commissario della Divisione "Silvio Bonfante"] a "Mario" [Carlo De Lucis, commissario della Divisione "Silvio Bonfante"] ed a "Giorgio" [Giorgio Olivero, comandante della Divisione "Silvio Bonfante"] - Comunicava che rispetto a quando "Giorgio" era stato in visita in Val Pennavaira il morale della popolazione era mutato perché il rastrellamento del 3 marzo, nonostante la buona notizia del riuscito primo aviolancio alleato, l'aveva gettata nello sconforto; che dal citato lancio i partigiani si aspettavano almeno uno Sten; che il recente rastrellamento del 20 marzo avevano addirittura terrorizzato la popolazione per la minaccia tedesca di bruciare tutte le case. Segnalava "la non esemplare combattività" dei Distaccamenti "Igino Rainis" della II^ Brigata "Nino Berio" e "Giuseppe Maccanò" e l'efficienza delle altre formazioni della II^ Brigata "Nino Berio"; la formazione del Distaccamento "Costante Brando", dedicato alla memoria di "Rustida", per il quale proponeva "Meazza" [Pietro Maggio] come comandante; che "Fra Diavolo" nonostante le difficoltà che incontrava in Val Tanaro teneva "alto l'onore dei garibaldini".

26 marzo 1945 -Dal Comando Operativo [comandante "Curto", Nino Siccardi] della I^ Zona Liguria al comando [comandante "Giorgio", Giorgio Olivero] della Divisione "Silvio  Bonfante" - Comunicava che per ordine del Comando Militare Unificato Regionale [CMURL] la Divisione veniva rinominata "VI^ Divisione d'assalto Garibaldi Silvio Bonfante" e chiedeva notizie sull'imminente riunione tra CLN e garibaldini.

27 marzo 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" all'Intendenza della I^ Brigata - Comunicava la forza effettiva dei Distaccamenti della Brigata "per regolare la distribuzione dei viveri": Distaccamento "Francesco Agnese" 36 uomini, Distaccamento "Marco Agnese" 21 uomini, Distaccamento "Giovanni Garbagnati" 37 uomini, Distaccamento "Franco Piacentini" 15 uomini, Distaccamento "Angiolino Viani" 29 uomini, Comando Brigata 8 uomini.

28 marzo 1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - In considerazione del fatto che il campo di lancio scelto offriva maggiori possibilità di ricezione per un grande lancio diurno, si reputava positivamente il fatto di traferire per il momento parte della VI^ Divisione nella zona di lancio di Pian Rosso [Località di Viozene, Frazione di Ormea (CN)], mentre l'altra componente avrebbe dovuto attendere il lancio notturno già programmato [a Pian dell'Armetta nella zona di Caprauna (CN)]. Direttiva di effettuare sollecitamente il richiamato trasferimento, attesa l'imminenza del lancio.
28 marzo 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 254, al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" [comandante "Mancen", Massimo Gismondi] - Comunicava che il Distaccamento "Giovanni Garbagnati" [comandato da "Stalin", Franco Bianchi] doveva trasferirsi a Testico con le sue 3 squadre; che "Zuvenotto" [Giovanni Tabbò] aveva riconsegnato lo Sten; che a partire da quel giorno le posizioni assegnate ai Distaccamenti dovevano avere postazioni coperte con feritoie per le armi ed essere anche adibite a dormitori.

28 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al capo di Stato Maggiore della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" ed ai comandi della I^ Brigata "Silvano Belgrano", della II^ Brigata "Nino Berio", della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo", tutte della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che i comandanti delle formazioni in indirizzo dovevano far sapere alla popolazione "tramite la voce dei parroci" che chiunque avesse fatto trapelare informazioni sui garibaldini sarebbe stato processato, correndo anche il rischio di essere fucilato; che chi si fosse autoproclamato capo o rappresentante di una formazione garibaldina sarebbe stato punito con un numero di ore di palo, ancora da determinare e da scontare presso un Distaccamento; che quelle dispizioni entravano in vigore il 1° aprile 1945.

28 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al vice comandante ed al vice commissario della VI^ Divisione - Comunicava che il comandante della VI^ Divisione "Giorgio" [Giorgio Olivero] aveva trovato con la sua visita molto efficiente la I^ Brigata "Silvano Belgrano" [comandante "Mancen", Massimo Gismondi]. Sottolineava che occorreva riunire al più presto "il Tribunale Militare per analizzare e sanzionare i fatti di Nasino". Chiedeva di sollecitare il rientro di "Trucco" [vice commissario della II^ Brigata "Nino Berio"]. Informava che "Fra Diavolo" [in Val Tanaro] chiedeva rinforzi. Proponeva di formare un nuovo Distaccamento intitolato al caduto partigiano "Rustida" [Costante Brando] con "Libero" quale comandante. Segnalava che la III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" "non funziona come dovrebbe".

28 marzo 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava che... il 22 marzo il Distaccamento divisionale "Mario Longhi", comandato da "Fra Diavolo" aveva ucciso sulla strada statale 28 in Val Tanaro un maggiore tedesco e 3 soldati.

28 marzo 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Relazione relativa alla proposta di assegnazione della medaglia d'oro al valor militare al caduto Roberto di Ferro.

da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

venerdì 6 gennaio 2023

Disertori della Wehrmacht tra i partigiani dell'Imperiese

Dolceacqua (IM)

Almeno 170 garibaldini internazionali entrarono a far parte delle due divisioni Garibaldi «F. Cascione» e «S. Bonfante»; parecchi persero la vita sulla nostra terra, per la liberazione dell'Italia, e per contribuire alla liberazione della loro Patria vicina o lontana. Fra questi, più della metà furono sovietici, che raggiunsero le formazioni partigiane imperiesi con vero slancio, con la piena consapevolezza di un dovere da compiere verso la propria Patria, indimenticabile ed indimenticata, per condurre a migliaia di chilometri di distanza una titanica lotta contro il nemico comune.
Quelli con cui si riuscì, con grandi difficoltà, a stabilire il contatto, appena poterono fuggirono senza esitare un solo istante, con decisione e fermezza, mettendo a rischio la vita pur di raggiungere le formazioni. Già nel maggio del 1944 si era sentito parlare di prigionieri sovietici e polacchi nella I Zona Liguria che, inquadrati nella Wehrmacht, erano adibiti alla costruzione di fortificazioni lungo la costa. Mal nutriti, malmessi e bastonati o puniti con la morte, erano inavvicinabili da coloro che, con simpatia, avrebbero voluto dar loro un pezzo di pane.
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977
 
Il contributo dei disertori della Wehrmacht alla Resistenza, segnatamente a quella della I^ Zona Liguria, è argomento degno di nota. Si trattava di uomini di nazionalità russa, polacca, serba ed austriaca, anche se non mancarono tedeschi che spesso si autodefinirono austriaci. I soldati di origine slava erano presenti in quasi tutti i presidi montani dell'esercito tedesco, soprattutto in Val Roia ed in Val Nervia. Furono numerosi, infatti, a Briga Marittima, San Dalmazzo di Tenda, Pigna, Isolabona, Dolceacqua, Carmo Langan, Perinaldo. I soldati non tedeschi dovevano in genere adempiere a compiti meno bellici, quali accudire i cavalli, numerosi soprattutto nei presidi germanici in Val Nervia, occuparsi della ricostruzione dei ponti distrutti affiancando i civili, condurre, spesso privi di scorta, carriaggi carichi di materiale.
Russi, serbi, polacchi, arruolati nella Wehrmacht, venivano sovente inviati in prima linea e, se accennavano a ritirarsi, divenivano oggetto di colpi di armi da fuoco degli altri soldati tedeschi.
Furono spesso, poi, questi soldati allogeni gli ultimi a lasciare l'imperiese, come nel caso di Apricale, dove di 18 soldati rimasti a presidiare il paese il solo di nazionalità tedesca era il maresciallo che li comandava.
Le diserzioni di soldati dell'Europa orientale, inquadrati nell'esercito tedesco, che si erano verificate già nel 1944, si intensificarono a gennaio e febbraio 1945, allorché diversi contingenti contattarono i garibaldini per trattare il loro passaggio nelle file della Resistenza, ma fu durante gli ultimi giorni di marzo  ed i primi giorni di aprile che si registrò un netto aumento di arrivi tra i partigiani di disertori dell'esercito tedesco.
Fatta eccezione per rari casi, come quello dei due soldati olandesi che indicarono ai tedeschi un nascondiglio di armi dei partigiani o quello dell'infermiere "Antonio", che guidò i suoi (ex) commilitoni nella strage della zona di Testico del 15 aprile 1945, i soldati di nazionalità non tedesca che entrarono nelle formazioni della I^ zona Liguria parteciparono con onore alle azioni di guerriglia. Molti di loro perirono in combattimento e spesso, per le difficoltà di comprensione della lingua, di loro rimase solo una scarsa traccia anagrafica, come per il russo "Gospar" fucilato con altri 3 garibaldini italiani il 19 gennaio 1945 in una frazione di Albenga o dell'altro russo "Androschi", il quale, catturato, fu capace di non rivelare nulla ai tedeschi.
Questi disertori della Wehrmacht erano in maggioranza di nazionalità russa o polacca. I comandi partigiani, per metterli maggiormente a loro agio, li inserirono in genere in formazioni in cui si trovavano già loro connazionali: poteva così accadere, come nel caso del V° Distaccamento "Felice Paglieri" del II° Battaglione "G.B. Rodi" della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione", che su 38 garibaldini 6 fossero dei russi.
Si verificarono anche episodi poco bellici, come nel caso del maturo russo "Miscia", il quale chiese al comando della I^ Brigata di essere trasferito in altro Distaccamento perché mal sopportava gli scherzi dei suoi compagni più giovani.
Al termine della guerra, giunto il momento di rientrare nei rispettivi paesi di origine, molti garibaldini dell'Europa orientale chiesero ai comandi partigiani il rilascio di certificati che attestassero la loro partecipazione alla lotta partigiana in Italia.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

La vallata di Apricale

Nel novembre 1943 una dozzina di ex-prigionieri jugoslavi, capitanati dall’ufficiale Ilija Radović, si aggregò alla Brigata Valcasotto: lavoravano con le squadre di guastatori e logistici e nell’ambiente partigiano vennero presto denominati “legione straniera”. “Sono gentiluomini e godono, come i partigiani, della simpatia della popolazione”, scrisse nelle sue memorie don Emidio Ferraris, parroco di Pamparato. Della “legione straniera” si perdono poi le tracce nella documentazione, probabilmente a seguito dello sbandamento della brigata dopo la tragica battaglia della Valcasotto del marzo 1944. Il gruppo riappare però in scena nove mesi dopo, nel corso di un rastrellamento dei nazisti nella vicina Val Corsaglia.
Ma nelle valli di basso Piemonte e ponente ligure, i nomi di partigiani provenienti da oltre Adriatico e passati per Garessio affiorano un po’ ovunque, spesso a fianco di altri nomi francesi, polacchi, tedeschi, sovietici.
Alfredo Sasso, Lo stesso destino: resistenza internazionale, civile e partigiana tra Val Tanaro e Jugoslavia, OBCT, 24 aprile 2020  

Uno scorcio di Alpi Marittime

Un episodio significativo era stata la ricerca di tre ufficiali jugoslavi prigionieri, evasi dal campo di concentramento di Garessio e rifugiatisi sul Monte Galero, saltuariamente soccorsi da Rina Bianchi di Nasino [in provincia di Savona, Val Pennavaira]. Pippo Arimondo con alcuni albenganesi... coronavano la ricerca, aggregando i tre slavi Milan R. Milutinovic (Mille), Obren L. Savic (Vincenzo) e Mihajlo Kavagenic (Michele o Dabo) al distaccamento ribelle. I tre jugoslavi combatteranno con i partigiani fino alla fine del conflitto. Arimondo (Pippo) nel gennaio 1944 scendeva ad Alassio per organizzare, come detto, il trasporto di armi e di munizioni. Nella sosta di alcuni giorni in Riviera incontrava in una casa privata di via Diaz, assieme a Virgilio Stalla, Angelo Martino e Giovanni Sibelli, il dirigente comunista Giancarlo Pajetta (Nullo o Mare), ispettore militare in viaggio lungo la costa ligure per coordinare le prime squadre partigiane comuniste, le Stelle Rosse. Avuto l'assenso per la disponibilità degli armamenti, Pippo ritornava ad Alto per riferire l'esito della missione. A quel punto Viveri (Umberto) e il comando partigiano rimandavano Pippo ad Alassio... Nel frattempo da Alto arrivava la tragica notizia della morte di Felice Cascione e la conseguente dispersione dei garibaldini verso il Piemonte.
Francesco Biga e Ferruccio Iebole (a cura di Vittorio Detassis), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. V, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016

L'avvicinamento a Vessalico è compiuto all'indomani [8 ottobre 1944] alle 6 antimeridiane [...] Attuato da Cion (Silvio Bonfante) un lancio di manifestini invitanti alla resa gli Slavi e gli Austriaci presenti nel presidio - desiderosi di disertare - e inviata la ragazza Domenica Delfino per persuaderli a farlo veramente, viene sferrato un attacco violentissimo.
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977

Fontane, Frazione di Frabosa Soprana (CN)

Il distaccamento Garbagnati con alla testa Massimo Gismondi (Mancen), comandante della I^ Brigata "Silvano Belgrano", lasciò Fontane di Frabosa Soprana (CN) il 13 novembre 1944 per ritornare in Liguria. Giunti a Pornassio, il trasferimento venne funestato dallo scoppio accidentale di una bomba a mano greca custodita nello zaino del vice responsabile del S.I.M. Rinaldo Delbecchi, che uccise Franz Mottl (Carlo), un disertore austriaco che aveva abbandonato nel mese di luglio il suo reparto per raggiungere il distaccamento di Silvio Bonfante (Cion), servendo fedelmente nei mesi che seguirono i suoi nuovi compagni.
[...] Il 24 novembre 1944 tre di questi vennero fucilati in località San Giacomo a Sanremo e gli altri al Poggio di Sanremo. Tra i caduti del Poggio ci fu anche una vittima rimasta ignota: potrebbe trattarsi di Jean Bertrand, disertore alsaziano giunto a Pigna nel settembre 1944 durante l’esperienza della repubblica partigiana insieme alla missione alleata composta, tra gli altri, dai capitani Long e Morton, questi un giornalista canadese, Bertrand abbandonato al proprio destino dagli altri che, attraverso strade diverse, raggiunsero la Francia ormai liberata.
[...] Domenico Arnera (Aldo), a fine ottobre è capo di Stato Maggiore della Brigata “Belgrano” della Divisione Garibaldi “Felice Cascione”, rifugiata a Fontane dopo il grande rastrellamento di ottobre. E' arrestato a Corsaglia il 18 dicembre 1944, a seguito di una involontaria delazione di un abitante del luogo che, vedendolo passare scortato da un tedesco armato, pare abbia commentato: “Hanno preso Aldo,il capo della Stella Rossa”. In realtà Arnera, in compagnia di Fred Sutterline (disertore tedesco ancora in divisa, appena arruolatosi con i partigiani) era in viaggio verso l'ospedale di Mondovì per ricevere cure appropriate e debellare un'infezione. Condotto a Corsaglia, quindi a Mondovì Piazza venne rinchiuso nelle carceri della caserma Galliano e fucilato il 27 dicembre 1944.
[...] Su indicazione di una spia il mattino del 31 dicembre un centinaio di tedeschi proveniente da Pieve di Teco investirono la zona. Alcuni garibaldini sfuggirono al rastrellamento, altri (tra cui tre austiaci disertori) caddero prigionieri. Menini riuscì a far fuggire due suoi uomini, esponendosi all'arresto. Portati al comando di Pieve di Teco vennero riconosciuti come partigiani. Dopo tre giorni di percosse e un processo farsa in cui confessò di essere un partigiano, venne emessa per lui e per altri tre partigiani della II^ Brigata d'Assalto Sambolino della Divisione Garibaldi “Gin Bevilacqua” operante nella II^ Zona Liguria, G.B. Valdora, Ezio Badano e Lorenzo Cracco, la sentenza di morte.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, ed. in pr., 2020

[ n.d.r.: tra le pubblicazioni di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone, La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944-8 ottobre 1944), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016  ]
 
Domenico Arnera, nato a Savona il 25 aprile 1917, aiuto disegnatore, già sottoufficiale di marina. Come molti savonesi di Villapiana, quartiere dove abita, aderisce al movimento della Resistenza. Agli inizi di luglio 1944 è tra gli organizzatori delle formazioni garibaldine liguri in Val Tanaro, comandante del Distaccamento "Bellina", dislocato a Fontane di Frabosa Soprana: è attivissimo nella raccolta di derrate alimentari, coperte ed abiti per i distaccamenti. A fine ottobre è Capo di Stato Maggiore della Brigata "Belgrano" della Divisione Garibaldi "Felice Cascione". È arrestato in Val Corsaglia il 18 dicembre 1944, a seguito di una involontaria delazione di un abitante del luogo che, vedendolo passare scortato da un tedesco armato, pare abbia commentato: "Hanno preso Aldo, il capo della Stella Rossa". In realtà Arnera, in compagnia di Fred Sutterline (disertore tedesco ancora in divisa, appena arruolatosi con i partigiani) è in viaggio verso l'ospedale di Mondovì per ricevere cure appropriate e debellare un'infezione. È condotto a Corsaglia, quindi a Mondovì Piazza e rinchiuso nelle carceri della Caserma Galliano. I tentativi dei comandi partigiani per uno scambio di prigionieri non danno l'esito sperato; Aldo viene fucilato il 27 dicembre 1944.
Decorato alla memoria di medaglia di bronzo al valor militare: "Durante un forte rastrellamento da parte del nemico, incurante del pericolo, sotto l'imperversare di un'intensa azione di fuoco, provvedeva ad occultare un ingente quantitativo di viveri evitando che cadesse in mani nemiche. Sebbene ferito, rimaneva ancora per cinque giorni al suo posto di lotta, finché sfinito di forze, veniva fatto prigioniero; sottoposto a torture e sevizie le sopportava fieramente destando l'ammirazione dello stesso avversario. Affrontava serenamente la morte senza svelare alcuna notizia". Val Corsaglia-Mondovì, 10-27 dicembre '44
Redazione, Arrivano i Partigiani, inserto "2. Le formazioni di montagna della I^ e della VI^ Zona Operativa Ligure che operavano nella provincia di Savona", I RESISTENTI, ANPI Savona, 2011 


Arnera, capo di Stato Maggiore della I^ Brigata "Silvano Belgrano", a quel tempo ancora incorporata nella II^ Divisione, venne arrestato in Val Tanaro il 18 dicembre 1944 a seguito di un'involontaria delazione e fu fucilato a Mondovì (CN) il 27 dicembre 1944. A lui venne intitolata la IV^ Brigata della nuova Divisione "Silvio Bonfante".
Si presero contatti anche con le formazioni autonome di "Mauri".
Rocco Fava, Op. cit.

Sascia (Ada Pilastri) racconta:
«Ultimi di novembre [1944]. La I Brigata è tornata da poco da Fontane [Frazione di Frabosa Soprana in provincia di Cuneo], dove si era spostata durante il rastrellamento di Upega. Il problema dei rifornimenti diventa sempre più difficile: saremo costretti a mandare una parte degli uomini a casa. Tentiamo un ultimo espediente: una spedizione con i muli nella zona di Fontane per poter raccogliere dei viveri [...] C'è già parecchia neve. I muli si ricongiungono con noi a Falcone ove momentaneamente si trova il comando. Prima di entrare nell'abitato incontriamo un distaccamento di russi da Menini, un nostro eroico compagno ucciso in seguito dai nazisti. Tre russi armati vennero con noi. Andiamo avanti di pattuglia avanzata [...]»
Mario Mascia, L'Epopea dell'Esercito Scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia  

Un scorcio di Val Roia

31 gennaio 1945 - Dalla Sezione SIM Fondo Valle della II^ Divisione "Felice Cascione" all'Ufficio informazioni e spionaggio della I^ Zona Operativa Liguria - Segnalava che "[...] il morale delle truppe tedesche è bassissimo: moltissimi quelli che si spacciano per austriaci. Molti i polacchi che piangono, pensando che avendo servito il nemico non potranno più ritornare in patria".
31 gennaio 1945 - Da "Laios" al comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione Garibaldi "Felice Cascione" - Informava che a Briga [n.d.r.: La Brigue, Alpes-Maritimes, Vallée de la Roya. In tutta la zona di confine, in particolare attraverso la Val Roia, proprio in quel periodo si intensificarono gli sforzi per fare penetrare agenti francesi] si trovavano 30-40 tedeschi, 50 russi ed alcuni militari della RSI e che "Natalin della Gamba" aveva riferito che i russi di Briga gli avevano chiesto l'ubicazione delle forze partigiane, "pregandolo di aiutarli a scappare per raggiungere la zona partigiana".
16 febbraio 1945 - Dal comando del I° Battaglione "Mario Bini" della V^ Brigata, prot. n° 45, al comando della V^ Brigata  e al comando della II^ Divisione - Comunicava...  che a Briga Marittima erano stanziati circa 100 uomini tra tedeschi e russi, oltre a 40 genieri della RSI; che sempre da Briga erano fuggiti una ventina di soldati, in prevalenza russi, ricercati dai tedeschi; che Tenda era stata bombardata da aerei alleati, che avevano causato la morte anche di 2 ufficiali; che Fontan, Saorge, Forte Tirion e San Michele  [Frazione di Olivetta San Michele (IM)] erano occupati da tedeschi, che Breil, Libri, Piena e Olivetta [il borgo principale di Olivetta San Michele] erano terra di nessuno.
17 febbraio 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata, prot. n° 289, al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Comunicava che "... a Pigna il presidio è composto da 200 uomini, in prevalenza russi, polacchi e sloveni..."
20 febbraio 1945 - Dalla Sezione SIM del II° Battaglione "Marco Dino Rossi", prot. n° 4, al comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione Garibaldi "Felice Cascione" - Comunicava che "a Briga si trovano 40 tedeschi, 40 soldati repubblichini, 100 militari russi e slavi, i quali ultimi sono disarmati e adibiti alla cura dei cavalli. Da Briga partono alcune pattuglie dirette a Sanson, da dove controllano la linea telefonica Pigna-Briga ora interrotta [...]"
26 febbraio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 138, al comando della I^ Zona Operativa Liguria - [...] segnalava che si avevano speranze di fare passare nelle fila partigiane un contingente di polacchi sin lì al servizio dei nazisti
23 marzo 1945 - Dal comando della II^ Brigata "Nino Berio" [comandante "Gino" Giovanni Fossati] della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che alcuni soldati serbi avrebbero forse abbandonato il servizio prestato ai tedeschi e cercato di salire in montagna per unirsi ai garibaldini. Riferiva che anche soldati repubblichini di stanza nella caserma Crespi di Imperia avrebbero presto potuto raggiungere i partigiani.
24 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 109, al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Riferiva che ad Ortovero (SV) si trovavano un ufficiale, 5 sottufficiali e 54 militari nemici, oltre a 40 cavalli e 15 carri e che da Nava giungevano una volta a settimana a Pontedassio (IM) circa 10 carri che, dopo un pernottamento, ripartivano per il Piemonte con viveri procurati sulla costa, formando una colonna priva di scorta, mentre gli uomini addetti a quel trasporto erano quasi tutti polacchi, serbi, sloveni, russi.
2 aprile 1945 - Da "K. 20" alla Sezione SIM della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che [...] nella casa di capitan "Paella" [il fascista Attilio Calvo] vi erano alcuni soldati slavi con 2 cavalli e 5 muli addetti al trasporto di mortai e munizioni
6 aprile 1945 - Dalla Sezione [responsabile "Brunero" Francesco Bianchi] S.I.M. della V^ Brigata, prot. n° 373, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Segnalava che [...] stavano continuando da parte di una ventina di tedeschi e di una decina di polacchi i lavori di ricostruzione dei ponti della Valle Argentina
15 aprile 1945 - Da "Biscio" alla Sezione SIM della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che il traffico sulla strada n° 28 era limitato; che a Pieve di Teco il presidio tedesco era ridotto a 100 giovani soldati dell'aviazione e a circa 80 uomini, in gran parte russi, addetti ai carriaggi [...]
17 aprile 1945 - Dal Distaccamento di "Franco" al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che negli ultimi 2 giorni erano arrivati al Distaccamento come volontari 4 russi e 3 slavi... che sembrava certo che il fronte si fosse spostato verso Fontan, Breil-sur-Roya e zone limitrofe...
18 aprile 1945 - Dall'informatore "Max" [Massimo Porre] al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che da Briga [La Brigue, Val Roia] erano arrivati dai garibaldini 7 prigionieri russi, di cui 4 armati di ta-pum, i quali, con l'aiuto come interprete di "Andrey" avevano riferito che non c'erano più SS nella zona Briga-San Dalmazzo-Tenda e che i tedeschi avevano terrore dei partigiani al punto che avrebbero voluto compiere una resa alle truppe inglesi. Segnalava, poi, [...] che alcuni tedeschi erano saliti a Cima Marta a cercare 8 soldati russi evasi il 17 aprile da Briga [La Brigue, Val Roia]... che alcuni prigionieri serbi sostenevano che sul fronte italiano i tedeschi stavano mandando in prima linea i loro prigionieri russi e slavi facendo fuoco su di loro se recalcitranti o in procinto di darsi prigionieri agli alleati; che 5 militari slavi erano appena giunti tra i partigiani.
24 aprile 1945 - Dal comando [comandante "Fragola Doria" Armando Izzo] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 225, al comando [comandante "Vittò/Ivano" Giuseppe Vittorio Guglielmo] della II^ Divisione - Comunicava che [...] ad Apricale la Wermacht aveva ancora 18 uomini, tutti polacchi e russi, tranne il maresciallo, tedesco
28 aprile 1945 - Dal comando [comandante "Gino", Giovanni Fossati - commissario "Athos", Pellegrino Caregnato - vice commissario "Tino", Agostino Salvo - capo di Stato Maggiore "Sirio", Antonio Di Stefano] della II^ Brigata "Nino Berio" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della VI^ Divisione - Comunicava che tre partigiani di origine slava, Obren L. Savic (Vincenzo), Milan R. Milutinovic (Mille), Mihail V. Kovacevic (Daba), avevano chiesto il riconoscimento di avere militato, dopo avere disertato dalle file tedesche, nelle formazioni garibaldine, precisando che "possiamo attestare che corrisponde a verità quanto risulta nella copia della dichiarazione".da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II

Agostini Annibale: nato a Genova il 13 maggio 1911, agente in servizio presso la Squadra Antiribelli della Questura di Imperia
Interrogatorio del 10.10.1945: [...] Ammetto di aver preso parte al rastrellamento avvenuto a gennaio u.s. in Villatalla ove furono catturati 9 partigiani e due capi banda si suicidarono per non cadere nelle nostre mani. Tale rastrellamento venne effettuato su indicazioni fornite da un partigiano a nome Ferrero il quale ci accompagnò sul posto. I 9 partigiani catturati nella predetta azione erano 7 italiani e due russi. Gli italiani furono consegnati alla Questura e nei verbali vennero indicati come prigionieri dei partigiani da noi liberati, in quanto appartenenti all’esercito repubblicano. Seppi in seguito che cinque dei fermati vennero uccisi dai tedeschi per rappresaglia come da manifesti affissi sui muri della città. Non sapevo che anche i due russi vennero fucilati dai tedeschi. Dall’esame degli atti della questura sarà possibile accertare che cercai di salvare i predetti facendoli figurare come elementi prelevati e tenuti prigionieri dai partigiani.
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia,  StreetLib, Milano, 2019 

Il 31 gennaio 1945 due colonne militari congiunte di tedeschi e italiani (approssimativamente 200 militari) risalirono all'alba le colline, scontrandosi con un gruppo di partigiani posizionato in località “Nicuni”, presso Tavole (frazione di Prelà). Nello scontro morirono sei partigiani: Tommaso Ricci, Manfredo Raviola, Bartolomeo Dulbecco e Ernesto Ascheri (tutti originari di Imperia), Matteo Zanoni (di Brescia), e Ivan Polesciuk (quest'ultimo russo).
Rocco Fava, Op. cit. Tomo I

Era il 5 febbraio 1945. Al sorgere dell'alba ci incamminammo verso Diano San Pietro [...] Invece l'altro rifugio che si trovava nei pressi non venne individuato e gli occupanti (tra cui Peccenen e tre soldati russi), salvatisi, ci raccontarono che i nostri compagni erano stati quasi massacrati di botte [...] che Raspen si era rifiutato di arrendersi sparando dal rifugio un colpo di rivoltella contro il brigatista nero della compagnia Ferraris (tra le bande fasciste, la più sanguinaria), probabilmente ferendolo ad una mano.
Sandro Badellino, Mia memoria partigiana. Esperienze di vita e vicende di lotta per la libertà di un garibaldino imperiese (1944-1945), edizioni Amadeo, Imperia, 1998

4 marzo 1945 - I due olandesi sono stati trasportati ad Ormea, dove è il comando tedesco presidiato da un generale. La truppa tedesca presente in Pieve si può oggi calcolare sui 200 uomini, cioè: 60 giovani ultimi arrivati e gli altri tutti conducenti. Tranne però i graduati, che sono effettivamente tedeschi, la ciurma è tutta composta da prigionieri russi e croati. Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 1994 

Alle formazioni partigiane si unirono anche disertori delle forze armate tedesche, come emergerà più dettagliatamente nel quinto capitolo.
[...] Benjamin Ziemann <51 in particolare ha offerto una sintesi puntuale circa gli aspetti di maggiore importanza relativi al tema della diserzione nella seconda guerra mondiale. L'autore, oltre ad affermare che totalmente sconosciuta, ma probabilmente notevole, è la cifra di quanti, in Francia e in Italia, passarono nelle fila degli alleati, così come le motivazioni per cui venne compiuta questa scelta, rileva la mancanza di un'analisi che prenda in considerazione e offra un'interpretazione complessiva dei diversi aspetti del fenomeno: il contributo dato dalla popolazione civile, le motivazioni politiche e personali dei disertori, i loro aspetti biografici quali l'età e la professione. Sulla scorta degli studi particolari, Ziemann afferma inoltre che le convinzioni politiche, l'opposizione cioè alla politica nazista, rappresentarono solamente nella minoranza dei casi il motivo che spinse i soldati a disertare. Più frequentemente giocavano invece in tal senso un ruolo importante motivazioni legate alla nostalgia per la famiglia, alla passione per una donna, alla “stanchezza nei confronti della guerra” (Kriegsmüdigkeit) e alle preoccupazioni circa il suo sviluppo (soprattutto a partire dall'estate 1943), al timore di essere impiegati sul fronte orientale, alla discriminazione subita da quanti, di origine non germanica, servivano nella Wehrmacht.
A loro si affiancava un'altra categoria di persone, quantificabile nel 15-20 % del totale, che era rappresentata da soldati nei confronti dei quali erano stati presi provvedimenti disciplinari per reati minori, come allontanamento non autorizzato, infrazioni al turno di guardia, ritardo nel rientro dalla licenza; per sfuggire alla giustizia militare sceglievano la via della diserzione. Allo stesso modo anche Dieter Knippschild individuava alcuni gruppi di persone maggiormente rappresentate all'interno di quanti disertarono e invitava anche a valutare quanti si sottrassero al servizio militare tramite il suicidio <52.
Ziemann concludeva anche considerando come, tutte le ipotesi di quantificazione e gli studi condotti, portassero a ritenere che il fenomeno della diserzione, i casi di quanti si rifiutarono di eseguire gli ordini e di quanti si rifiutarono di prestare il proprio servizio militare, fu decisamente minoritario se rapportato ai 20 milioni di uomini circa che prestarono servizio nella Wehrmacht.
[...] La consistenza dell'esercito tedesco andò aumentando nel corso dei mesi: se nell'estate del 1943 i soldati della Wehrmacht in Italia erano 195000, divennero 412000 nel maggio del 1944; nell'autunno del '44 fu raggiunto il massimo della presenza militare della Wehrmacht, con tre armate, otto corpi d'armata e 32 divisioni. Ad inizio aprile del 1945 nelle tre armate tedesche (10ª Armata, 14ª Armata, Gruppo d'armate Liguria) militavano complessivamente 439334 soldati della Wehrmacht e 160180 soldati italiani delle formazioni della Rsi <88. A tale crescita quantitativa non era però corrisposto un aumento delle capacità belliche. I reparti erano infatti stati indeboliti negli armamenti e negli equipaggiamenti e si era anche abbassata la qualità della truppa: molti militari erano di età avanzata e numerose unità erano di etnia straniera, composte da soldati Volksdeutsche o della Deutsche Volksliste III arruolati spesso forzatamente <89; complessivamente, alla data dell'1 settembre 1943 gli appartenenti alla Deutsche Volksliste III inseriti nell'esercito tedesco, erano circa 56.000 <90. Nel corso del 1944 i soldati che, reclutati nei territori occupati dall'esercito, prestavano servizio nella Wehrmacht erano in tutto 763000 (circa l'8 % della forza complessiva) <91. Se si aggiungono a questa cifra i 370.000 “Hiwi” (ausiliari volontari) italiani e russi e 122.000 militari appartenenti a formazioni straniere, a metà 1944 la percentuale dei soldati non tedeschi nella Wehrmacht saliva almeno al 12 % <92.
[...] Karlo Hlana, caporalmaggiore, motivò invece diversamente la sua decisione di disertare. Arruolato il 28 ottobre del 1942, aveva combattuto due anni in Francia e si trovava da circa cinque mesi in Italia. Era stato prima a Ventimiglia e poi sul fronte della Garfagnana. Fuggito da Barga (Lucca), portando con se anche il fucile Mauser e 30 colpi, era stato trovato dalle formazioni S.A.P di Sillano
[...] Anche nelle formazioni della provincia di Imperia, alle dipendenze del comando operativo I zona-Liguria, è segnalata la presenza di partigiani stranieri, tra cui anche disertori tedeschi e austriaci, nella brigate sottoposte alla 2ª divisione garibaldina “Felice Cascione” e alla 6ª, “Silvio Bonfante” <468.
[...] A margine del documento stilato in occasione del suo interrogatorio i partigiani scrivevano: “risultano le seguenti informazioni di carattere generale sull'esercito tedesco: la 34ª divisione […] é un organismo militare dislocato nella Liguria e di esse fanno parte delle più svariate nazionalità in proporzione del 20/100 di Tedeschi e tutto il resto ossia l'80/100 di polacchi, russi, francesi, cecoslovacchi ecc. Riguardo al resto nessuna informazione si è potuta sapere data la loro condizione speciale che li faceva considerare da parte dei tedeschi quasi come prigionieri di guerra senza possibilità di venire a contatto con la popolazione civile e di essere al corrente della situazione politica e militare dell'Europa” <488.
[NOTE]
51 Benjamin Ziemann, Fluchten aus dem Konsens, cit. Dello stesso autore anche Gewalt im Ersten Weltkrieg. TötenÜberleben-Verweigern, Klartext, Essen, 2013 all'interno del quale un paragrafo è dedicato alla diserzione dei soldati dell'esercito tedesco durante la prima guerra mondiale (Fahnenflucht im deutschen Heer 1914-1918, pp. 91-119.)
52 Dieter Knippschild, »Für mich ist der Krieg aus«. Deserteure in der Deutschen Wehrmacht, in Norbert Haase - Gerhard Paul (Hrsg.), Die anderen Soldaten, cit., pp. 123-138.
88 Wolfgang Schumann e Olaf Groehler, Deutschland im zweiten Weltkrig.-Band VI-Die Zerschlagung des Hitlerfaschismus und die Befreiung des deutschen Volkes (Juni 1944 bis zum 8.Mai 1945), Akademie Verlag, Berlin, 1988, p. 152.
89 Andreas S. Kunz, Wehrmacht und Niederlage. Die bewaffnete Macht in der Endphase der nationalsozialistischen Herrschaft 1944 bis 1945, Herausgegeben vom Militärgeschichtlichen Forschungsamt, R. Oldenbourg Verlag, München, 2005, pp. 151-239.
90 Bernhard R. Kroener, Menschenbewirtschaftung, Bevölkerungverteilung und personelle Rüstung in der zweiten Kriegshälfte (1942-1944), in Das Deutsche Reich und der Zweite Weltkrieg, Herausgegeben vom Militärgeschichtlichen Forschungsamt, Deutsche Verlags-Anstalt, Stuggart, 1999, Band 5/2, pp. 982-983.
91 Andreas Kunz, Wehrmacht und Niederlage, cit., p. 267. Riguardo la presenza di combattenti stranieri arruolatisi volontariamente nell'esercito tedesco si veda anche Rolf-Dieter Müller, An der Seite der Wehrmacht. Hitlers auslandisches Helfer beim kreuzzug gegen den Bolschewismus« 1941-1945, Ch.Links Verlag, Berlin, 2007, o ancora per un esempio di formazione Waffen-SS formata da soldati provenienti dall'Albania: Franziska A. Zaugg, Albanische Muslime in der Waffen-SS.Von Großalbanien zur Division Skanderbeg, Ferdinand Schöning, Paderborn, 2016. Inoltre sulla composizione delle formazioni anche Carlo Gentile, I crimini di guerra, cit., pp. 282-307 per quanto riguarda le Waffen-SS e pp. 390-413 per quanto riguarda invece le formazioni dell'esercito regolare. Le differenze tra soldati tedeschi e austriaci in termini di mentalità e convinzione nella guerra sono trattate anche in Hans Burtscher, Die politisch Unzuverlässigen. Dokumentarische Tagebuchaufzeichnungen 1933-1946, Voralberger Verlagsanstalt, Bludenz, 1985.
92 Bernhard R. Kroener, 'Menschenbewirtschaftung', cit., pp. 983-984.
468 Francesco Biga, Storia della Resistenza imperiese (I zona Liguria), edizioni Isrecim, Farigliano, 1978, vol. III, pp. 495-507. A pp. 506-507 l'autore scrive anche che a seguito dell'eccidio di Testico causato sembra dalla delazione di un disertore tedesco che si era aggregato al distaccamento partigiano G. Garbagnati, il comando Iª zona Liguria aveva dato ordine a tutte le brigate di fucilare i soldati tedeschi presenti nelle formazioni che fossero in qualche modo sospetti.
488 Verbale dell'interrogatorio fatto il sabato 28 ottobre 1944 a due prigionieri catturati a Beinette, ivi.

Francesco Corniani, "Sarete accolti con il massimo rispetto": disertori dell'esercito tedesco in Italia (1943-1945), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2016-2017

sabato 16 aprile 2022

Morti da partigiani nella zona di Vasia alla fine di luglio '44 un ragazzo della Carnia, due giovani calabresi, un ferroviere di Rivarolo...

Vasia (IM) - Fonte: Mapio.net

Alla fine di giugno un rapporto redatto dall’U.P.I (Ufficio Politico Investigativo) segnalava la presenza di 50 ribelli armati che trovavano rifugio nei casolari sparsi nei pressi di Pianavia. Poco prima della fine di luglio la Compagnia O.P. di Imperia programmava un rastrellamento nel comune di Vasia e a Montegrazie, Frazione di Imperia. Prima di giungere a Vasia il Capitano Ferraris divideva la compagnia in varie squadre. Durante il rastrellamento venivano catturati due partigiani da una delle squadre: erano in seguito fucilati per ordine del Ferraris (da dichiarazione resa in data 7 maggio 1946 da Carlo Valfrè, componente della Compagnia OP che partecipò al rastrellamento). Non è dato sapere chi dei cinque appartenenti al distaccamento "Antonio Terragno" della I° Brigata erano i due fucilati e chi era caduto in battaglia. Testimoni dei fatti riferirono che Igino Rainis era rimasto ferito ad un ginocchio e che, per non cadere prigioniero del nemico, si era tolto la vita.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I Caduti della Lotta di Liberazione nella I^ Zona Operativa Liguria, Edito dall'Autore, 2020
[ Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; a cura di Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone, La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, Edito dall'Autore, 2016 ]

Valfrè Carlo: nato a Ventimiglia il 7 luglio 1921, milite della Compagnia OP di Imperia.
Interrogatorio di Valfrè Carlo del 7.5.1946: Dopo l’8 settembre rimasi per un po’ di tempo sbandato ma in seguito tornai a casa mia. Il 2 novembre 1943 entrai a far parte della GNR e assegnato alla Compagnia OP, comandata dal Tenente Ferraris [...] Negli ultimi giorni di giugno o nei primi di luglio 1944, unitamente alla compagnia, partimmo per un'azione di rastrellamento nei comuni di Vasia e Montegrazie. Prima di giungere a Vasia il Capitano Ferraris divise la compagnia in varie squadre. Durante il rastrellamento vennero catturati due partigiani da una delle squadre che vennero in seguito fucilati per ordine del Ferraris ma non posso precisare da chi in quanto la mia squadra si trovava più avanti [...]
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia, StreetLib, Milano, 2019

Igino Rainis "Lupo". Nato a Treppo Carnico (UD) il 19 giugno 1926, operaio; appartenente al Distaccamento “Antonio Terragno” della I^ Brigata [n.d.r.: Brigata "Silvano Belgrano" a quella data appena costituita ed ancora incorporata nella II^ Divisione "Felice Cascione"]. Il 25 luglio 1944 i garibaldini Stefano Danini [n.d.r.: nato a Genova Rivarolo, già ferroviere] ed Igino Rainis con i compagni Salvatore Filippone, Vincenzo Raho e Carmine Saffiotti sono diretti ad Imperia con il difficile compito di penetrare nei locali della Questura per impossessarsi di armi automatiche. Incappano in un rastrellamento nella zona di Vasia; “Lupo” è ferito ad un ginocchio e, per non cadere prigioniero del nemico, preferisce darsi la morte. Ad Igino Rainis è intitolato un Distaccamento della Brigata “Nino Berio” - Divisione d’assalto Garibaldi “Silvio Bonfante”.
Redazione, Arrivano i Partigiani, inserto "2. Le formazioni di montagna della I^ e della VI^ Zona Operativa Ligure che operavano nella provincia di Savona", I RESISTENTI, ANPI Savona, 2011   


La zona di Imperia assume nella primavera/estate del '44 un particolare rilievo strategico. Qui si sono concentrati numerosi gruppi partigiani, decisi a ostacolare le forze naziste in prevedibile ritirata attraverso i valichi alpini. Nonostante la complicità di due soldati austriaci nella notte fra il 23 e il 24 luglio '44 a Imperia in regione Garbella fallisce il tentativo di un gruppo di partigiani della II Divisione Garibaldi "F. Cascione" di far saltare un tratto di strada precedentemente minato dai tedeschi. I sette soldati di gaurdia vengono comunque disarmati e quattro di loro passano con i partigiani.
La reazione tedesca non si fa attendere. Il 25 i nazisti risalgono la Valle del Prino e raggiungono Vasia, un piccolo centro dell'entroterra.
"Alle 17 stavo tormando a casa da Porto Maurizio. Prima di entrare in paese mi sono accorto che erano arrivati i tedeschi e mi sono nascosto dietro una siepe, dove ho trascorso la notte e da dove ho potuto distintamente udire le invocazioni e i lamenti delle donne. Circa trecento tedeschi, con l'ausilio dei fascisti, avevano occupato Vasia, che sapevano nascondiglio di partigiani, salendo dalla carrozzabile di Porto Maurizio e dalla mulattiera che viene da Molini Prelà. L'avevano chiusa in una morsa ed avevano ucciso alcuni uomini dietro la chiesa all'ingresso del paese. Gli altri erano riusciti a fuggire e i nazisti avevano occupato le loro case usando i loro letti e le loro donne. Al mattino vennero anche da Pontedassio e colsero di sorpresa alcuni partigiani che si erano appostati sul Monte Treppia. Morirono in tre, uno venne finito dopo essere stato colpito a una gamba. Quando andarono via raccogliemmo le salme e le tumulammo in una fossa comune sulla montagna. Nei giorni successivi i partigiani vennero per recuperare quei corpi". <1
Così nella drammatica testimonianza di un ragazzo dell'epoca la rievocazione dei fatti che hanno portato alla morte di due civili e di cinque partigiani impegnati, pare, a mettere a segno l'assalto alla Questura di Imperia per impossessarsi di armi automatiche.
I partigiani caduti sono Salvatore Filippone, nome di battaglia "Mariella", nato a Palmi (RC) il 24 giugno 1920, Carmine Saffioti, nome di battaglia "Carmé", nato a Palmi il primo aprile 1925, Stefano Danini di Rivarolo (GE), Igino Rainis di Treppo Carnico (UD) e Vincenzo Raho di Ruffano (LE).
Le fonti sono pressoché concordi nel collocare "Mariella", colpito alla testa e al braccio, nel gruppo dei tre che ha trovato iniziale rifugio sul Monte Treppia, mentre vi è incertezza per quanto riguarda "Carmé", che potrebbe essere tra i caduti della sera prima.
"Mariella" è un contadino con la quinta elementare, divenuto soldato dell'82° Reggimento fanteria "Torino", all'8 settembre di stanza a Gorizia. Si è sposato qualche anno prima, il 5 luglio '41, con Teresa Barbera dalla quale ha avuto un figlio, Vincenzo, nato a Palmi il 5 aprile '42. Sembra aver avuto un peso nella scelta di restare in armi al Nord la notizia, giunta dalla Calabria, che la moglie lo ha abbandonato per un altro uomo. <2
"Carmè", orfano di padre è emigrato a Imperia nel '43 insieme alla madre, Maria Squadriti, che è passata in seconde nozze con Rosario Barbera, forse fratello di Teresa. Ha la terza elemenatare e contribuisce alla magra economia familiare come giornaliero in campagna. In casa ci sono altri due figli dal secondo matrimonio di Maria, Angela di dodici anni e Maurizio di tre, e il quindicenne Pietro Oliva. "Carmé" era partigiano da pochi giorni; forse ha seguito in montagna il cognato del patrigno, che è cinque anni più vecchio di lui e milita nella 4a Brigata "E. Guarrini".
Filippone e Saffioti sono ricordati nel sacrario partigiano del cimitero di Oneglia, realizzato in occasione del venticinquesimo anniversario della Liberazione. Niente, invece, li ricorda nella nativa Palmi.
[NOTE]
1 Emilio Giuseppe Badano, classe 1928, all'autore, Vasia 5 aprile 2018.
2 Vincenzo Filippone, classe 1928, nipote di Salvatore (figlio del fratello Giuseppe) all'autore, Palmi 26 aprile 2018
Pino Ippolito Armino, Storia della Calabria Partigiana, Pellegrini, 2020


[...] Ed ora la seconda parte del libro il cui titolo è: Igino Rainis "Lupo" (1926-1944).
Di queste 30 pagine, le prime 20 sono dedicate alla famiglia Rainis ed in particolare al padre Gilberto la cui vita di emigrante (Africa orientale, Francia, Germania) ricalca esattamente quella di altre centinaia di emigranti carnici, divenendone quasi un perfetto paradigma, tratteggiato dall'autore con inimitabile sintesi. Gilberto morirà a Udine nel 1940 a seguito di malattia (non specificata) contratta in Africa, lasciando moglie e 4 figli. Le successive 4 pagine sono dedicate alla madre Teresa Morocutti che l'autore delinea esattamente come perfetto paradigma della donna carnica, anche se egli si lascia coinvolgere e indulge in nominalismi radicaleggianti ("...una storia di genere": pag 152). Entrambe queste figure rientrano perfettamente nell'economia del libro in quanto bene rappresentano e caratterizzano l'uomo e la donna carnici nel Ventennio fascista, con le loro angosce e la loro faticosa quotidianità.
Ed eccoci finalmente all'ultimo capitoletto ("In Liguria, la breve storia di un piccolo maestro") che presenta la figura sfumata di Igino Rainis in maniera (a mio sommesso avviso) un po' romanzata per quei troppi: ...è plausibile... non si conoscono i tempi precisi... non avendo trovato traccia... non poteva non... La storia appare davvero brevissima: Igino Rainis ha 14 anni quando muore il padre; diventa capofamiglia, come usava allora; nel 1942 la sorella Maria si sposa e va ad abitare in Liguria ad Aurigo; lì la raggiunge il fratello Igino sedicenne che trova lavoro come meccanico a Pontedassio. In questi mesi, diciassettenne, viene a contatto con i partigiani liguri che sono assai politicizzati ed attivi in zona e impegnano spesso i nazifascisti in scontri di guerriglia; si aggrega a loro presumibilmente "nel maggio 1944 entrando a far parte del distaccamento garibaldino 'Antonio Terragno'" (pag. 16); il 26 luglio 1944, assieme ad altri 4 compagni, si dirige verso Imperia per "tentare di penetrare nei locali della Questura per impossessarsi di armi automatiche" (pag. 164); il gruppo viene però intercettato dai nazifascisti a Treppia di Vasia e nello scontro muoiono subito i 4 compagni mentre Igino, "ferito al ginocchio e alla testa, non accettò di essere catturato e, presa la pistola, si tolse la vita" (pag 165). Fu sepolto nel cimitero di Oneglia nè fu mai poi traslato a Treppo Carnico dove tuttavia, di recente, gli è stata dedicata una piazzetta con targa celebrativa a Tausia.
Ancora alcune considerazioni:
- Igino Rainis non fu mai maestro non solo perchè non frequentò l'Istituto Magistrale di Tolmezzo, ma non concluse neppure (verosimilmente a causa della improvvisa morte del padre) la Scuola di Avviamento Professionale di Paluzza, tant'è che trovò occupazione come meccanico. Con questa dicitura, verosimilmente ci si vuole riferire, per assonanza letteraria [ha fatto la stessa cosa Igino Piutti con "Il partigiano Gianni"], al romanzo autobiografico di Luigi Meneghello, pubblicato nel 1964, "I piccoli maestri", che è un racconto diretto ed in prima persona dell'esperienza partigiana dell'autore, che ricorda con lucidità e semplicità gli avvenimenti senza volontà celebrative o retoriche. Ma questa singolare interpretazione non è di certo percepibile presso la stragrande maggioranza dei lettori più semplici.
[...] pertanto la vicenda del diciottenne Rainis non può assolutamente essere elevata a paradigma della lotta partigiana a Treppo (che non subì mai alcuna rappresaglia nazifascista), ma deve essere ricondotta più semplicemente a quella che è stata una storia personale di entusiasmo e impegno giovanile, certamente eroico, condizionata da tutta una serie di circostanze, spesso fortuite, peraltro ben evidenziate nelle pagine finali del libro. [...]
Redazione, Storia di un paese e di un piccolo maestro, I libri di Cjargne Online

Storia di un paese e di un «piccolo maestro». Treppo Carnico tra le due guerre attraverso la vicenda del partigiano Igino Rainis «Lupo»: Il periodo tra le due guerre mondiali e le vicende della Resistenza sono raccontati in questo volume attraverso la storia di un giovane partigiano, Igino Rainis, la cui esperienza di vita s'intreccia con quella del suo paese di origine, Treppo Carnico, e della sua gente, lasciando emergere un quadro dettagliato sulla società, l'economia e la politica di un piccolo paese che diventa emblema di un'intera epoca storica. Il saggio offre la chiave per comprendere le vicende della Carnia, e con essa di tutta l'Italia, nella transizione dal mondo liberale al totalitarismo fascista, fino agli anni della seconda guerra mondiale. In questo lungo periodo si dipanano i fili della storia del 'piccolo maestro' Igino Rainis e della sua famiglia, vero e proprio exemplum delle vite di uomini e donne della montagna friulana del ventennio.
Redazione, Storia di un paese e di un «piccolo maestro». Treppo Carnico tra le due guerre attraverso la vicenda del partigiano Igino Rainis «Lupo» di Denis Baron, edito da Forum Edizioni, 2012, unilibro