tag:blogger.com,1999:blog-57426765752380486792024-03-16T19:49:35.810+01:00Cenni di Storia della Resistenza nell'Imperiese (I^ Zona Liguria)Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comBlogger264125tag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-79370605348718703792024-03-13T18:47:00.003+01:002024-03-13T18:47:58.514+01:00L'indimenticabile medico dei partigiani, uomo di Isolabona<p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhfFLhzG1hyp8NSXhy6jU79SiOJxOmRVw5rx7pvMhxbnPp-nJlSdTGJ3gUoN0TaOCx9HezR7wTKdl7a5aAvkJEYyfnLhHcCokTznsgj70CQ89ScTGVpiED1eIo2-UaSG5P_rMwrbRLDLNrVh5_KEwY62Bo9jexwKoCToaNqzxhHVHYhkRHLlGSxCWduotM/s760/mp2.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="760" data-original-width="674" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhfFLhzG1hyp8NSXhy6jU79SiOJxOmRVw5rx7pvMhxbnPp-nJlSdTGJ3gUoN0TaOCx9HezR7wTKdl7a5aAvkJEYyfnLhHcCokTznsgj70CQ89ScTGVpiED1eIo2-UaSG5P_rMwrbRLDLNrVh5_KEwY62Bo9jexwKoCToaNqzxhHVHYhkRHLlGSxCWduotM/w568-h640/mp2.jpg" width="568" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: trucioli.it<br /></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;">Mi accingo, con commozione, a parlare di un argomento che mi sta tanto a cuore e penso commuoverà anche voi. Parlare di sanitari, ospedaletto da campo è come dire "Pavia".<br />Il 24 agosto 1944 nell'ospedaletto da campo veniva effettuato il cambio di guardia. Il dott. Pigatti, che aveva come collaboratore un suo figliolo, studente universitario in medicina, lasciava la direzione dell'ospedaletto della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione” e gli succedeva “Pavia”. <br />Pavia era il nome di battaglia del nuovo medico, Leo Anfosso, nato e residente a Isolabona. Studiava nell'università di Pavia, dove avrebbe dovuto essere alunno del quinto ed ultimo anno di medicina. <br />Giovane entusiasta e socievole, gioviale e scherzoso, portava serenità ed entusiasmo in ogni ambiente che frequentava. <br />Il suo non era un agire da daddolo, ma si dava da fare veramente. Capiva che doveva diventare un distributore di dande, cinghie che sorreggono i bambini quando imparano a camminare e guidarli nelle evitabili sorti delle battaglie. Oserei perfino dagli del dandismo per la sua elegante e raffinata capacità di aiutare senza mai umiliare. Ai per forza debosciati feriti, decrepiti per momenti di scoraggiamento darà il sorriso, la fiducia, la gioia di riprendere nella vita. Nel deflagare della guerra, nel colpo debilitante di una pallottola il combattente potrà cadere in deliquio, subire uno svenimento, ma sarà lui, Pavia, a ridargli quella energia che lo riporrà sul fronte, in prima linea. Tra i partigiani la ferita non significava imboscamento, ma solo pausa in attesa di una pronta ripresa del combattimento, fino alla dedizione assoluta. Il riparatore delle ferite era Pavia, il giudice inappellabile della ripresa. <br />L'estate del 1944 fu un periodo di continui rastrellamenti. Per ragioni di protezione e di sicurezza l'ospedaletto fu trasferito in Piemonte a Valcona. Luogo un po' scomodo. Non appena fu possibile, nell'autunno, fu riordinato nei luoghi vicini ai reparti combattenti. Si stabilì a Drondo una frazione del Comune di Triora e successivamente a Bregalla, altra frazione dello stesso comune. <br />Un "casone" a due piani era l'ospedaletto. Preparato con mezzi raccimolati un po' ovunque e reso funzionale e sicuro da Pavia con rinforzi cautelativi. Forse mancava di quella igiene e pulizia di un moderno ospedale. Ma si sa che gli angeli Custodi dei militari allontanano una infinità di pericoli e soprattutto le infezioni. <br />Il C.L.N. di Sanremo provvedeva le medicine. Assiduo e generoso fornitore era il farmacista Marco Donzella. E vi è anche una curiosità da non lasciare in oblio. Per mirabili o misteriose vie i medicinali e materiale sanitario provenivano dalle caserme dei militari e anche dei repubblichini. Più tardi, quando gli americani inizieranno i loro lanci, i medicinali saranno abbondanti. <br />Trattamento degli ammalati<br />I malati ricoverati venivano divisi in tre reparti. Nel primo vi erano gli immobilizzati, nel secondo i feriti che potevano camminare, nel terzo gli ammalati che dovevano tenere il letto. <br />Tale divisione di ammalati si rese necessaria per un più veloce smistamento dei degenti nelle grotte delle montagne, qualora si presentasse il pericolo di un rastrellamento da parte dei nazi-fascisti. Farsi scoprire da loro significava essere uccisi. <br />Per i feriti gravi, quando occorreva un consulto, la visita di uno specialista, si ricorreva, quando lo si trovava, perchè anche lui era braccato dai nazi-fascisti, al prof. Moro di Castelvittorio, o al dott. Rinaldo Ferrero di Pigna e medico condotto a Triora, o al dott. Natta di Imperia. Qualche rara volta ci si rivolgeva al Dott. Martini che era medico capo della Divisione I^ “Felice Cascione”. <br />Ma il nostro Pavia faceva veramente miracoli. Certo che le distanze imponevano sacrifici e tempo. Talora era dispensabile una medicazione pronta, fatta dal vicino che più aveva coraggio di farla. <br />Io per esempio, ricordo di essere intervenuto a Langan per medicare un ragazzo dilaniato da una bomba a mano scoppiategli tra i piedi, per uso imprudente. <br />Ed Erven, che assistette, medicai ed anche intervenni quasi chirurgicamente, nei casoni sopra Cetta. <br />E Toscano, a cui incisi una caviglia sul piazzale di Cetta per tumefazione pericolosa e gli estrassi schegge dalla ferita. Fu drammatico il sistema di addormentarlo per non farlo urlare. E vedremo altri casi nel corso di questa narrazione. <br />Pronti per il nascondiglio<br />Nell'ospedaletto da campo tutto era predisposto per lo spostamento veloce. I rastrellamenti erano frequenti e massicci. Le scorte avanzate davano in tempo l'avviso dell'arrivo delle truppe nazi-fasciste. Nei luoghi più impensati, lontani dalle strade e dai sentieri di collegamento, vi erano grotte e buche ben nascoste. I feriti e gli ammalati venivano trasportati in gran fretta fino ad un certo punto. Poi erano lasciati alla cura esclusiva di Pavia. Egli non voleva assolutamente che nessuno sapesse dove nascondeva i suoi feriti e gli ammalati. Lui stesso se li caricava sulle spalle e li portava alla destinazione da lui voluta. Non voleva che succedessero inconvenienti ed evitare cattive sorprese. Eravamo in guerra ed ogni ombra, ogni indizio potevano essere e rappresentare un pericolo. <br />Pavia faceva il giro dei suoi pazienti, portando loro viveri necessari e le prestazioni mediche indispensabili. Naturalmente ci furono casi di feriti e di ammalati gravi. Nessuno però morì. Furono gli interventi del medico? Fu l'aiuto del Buon Dio? Fu la tenace speranza degli ammalati, il loro desiderio intenso di vita? Tra i feriti voglio ricordare in modo particolare Erven, il Vice Comandante onorario della Brigata. Dopo tante battaglie, in un <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/05/i-partigiani-alla-battaglia-di-sella.html" target="_blank">attacco</a> contro i tedeschi, verso Baiardo, veniva ferito gravemente alla coscia destra. Gli si era tagliato il nervo sciatico. Quanta cura ebbero i suoi compagni! Quante ne ebbe da tutti! Prima però che potesse essere portato in un luogo sicuro per vere medicazioni, passarono giorni e settimane. Eravamo nel giugno del 1944. Portato in un "casone" sopra Cetta, gli prestai, come dissi, io le prime cure. Finalmente il Prof. Moro di Castelvittorio, potè essere pronto nell'ospedale di Triora per l'intervento. Ma un'ora prima venivano a far visita alla nostra zona per un rastrellamento, i tedeschi, in gran numero. <br />Era il 3 luglio 1944 quando <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2022/03/il-3-luglio-1944-si-sparse-in-triora-la.html" target="_blank">Triora</a> fu data alle fiamme. Mi sovviene la figura di Nerone, ma un bel tacere è cosa pia. Il povero Erven veniva trasportato, di corsa sul monte Truno, sopra Triora e lasciato sotto le stelle. C'era un rudere di un "casone" ma era senza tetto. Unico sostentamento fu un po' di latte e acqua. La rifornitrice coraggiosa fu la signorina Antonietta Bracco abitante nella frazione di Triora, Bregalla. Volontaria infermiera dell'ospedaletto, a rischio continuo della sua vita, saliva sul monte due volte al giorno per dire una parola buona al ferito, solo con Dio e braccato dagli uomini. <br />Terminato il rastrellamento lo recuperò Pavia nel suo ospedaletto, spesso volante. <br />Mentre descrivo sento un brivido passarmi per la schiena ed una commozione che mi fa lacrimare, pensando agli uomini e agli avvenimenti. La vita del medico Pavia era travagliatissima, il lavoro snervante e nelle condizioni le più assurde. <br />Enormi distanze da percorrere tra un distaccamento ed un altro. Non c'era la possibilità di riposare. La popolazione dei paesi che si trovavano nella zona di operazione avevano in Pavia l'unico medico, ed era l'unica speranza per gli ammalati. Nelle sue continue peregrinazioni da un luogo all'altro, entrava nelle case dei borghesi a visitare ammalati, a distribuire medicine, a dare una buona parola, un sorriso ed una barzelletta che sapeva raccontare egregiamente. Poi subito via per un'altra chiamata. Il rischio che egli correva era molto maggiore di quello degli stessi partigiani e dei loro comandanti. In caso di rastrellamento tutti cercavano un luogo al riparo, mentre lui non poteva lasciare i suoi pazienti. Nell'ottobre del 1944 i tedeschi erano venuti a piantare le loro tende a circa 10 metri dove lui aveva nascosto i suoi. Nessuno ha mai parlato diffusamente del suo eroismo. Fu lui che mi raccontò che, terminato il pericolo, ricomponeva il suo ospedaletto e sereno e sorridente continuava la sua missione. Così, semplicemente così. Voi che mi leggete e che eravate alle cure di Pavia potete e dovete riconoscere il suo senso del dovere fino al sacrificio. <br />Quando morì, io ero al suo letto, ne composi la salma. Moltissimi di voi eravate presenti al suo funerale. Fu un trionfo, non un corteo funebre. Quando terminai di celebrare la messa nella Chiesa del cimitero, e ne era passato del tempo dall'inizio del corteo, continuavano ad arrivare le automobili del seguito. Sua moglie mi chiese come mai io non piangessi. Il dolore profondo è muto. <br />Mi sia consentita qui una parentesi sincera. Per una ragione, forse anche spiegabile, tra i partigiani si era formata una forte reazione contro gli ufficiali aggregati e loro stessi partigiani. Il bisogno di un nuovo mondo vedeva nei graduati dell'esercito, una forma di conservatorismo, di tradizione. Una larvata minaccia di anarchia soffiava nel fuoco del malcontento e cercava vittime. I concetti e gli avvertimenti di Vitò cacciarono la terribile dea infernale Aletto nella sua sede. Gli ufficiali si dimostrarono poi degni di essere chiamati a posti di comando. Furono i primi a prestarsi come barellieri ed infermieri alle dipendenze di Pavia.<br /><b>don Ermando Micheletto</b>, <i>La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni”</i> (Dal Diario di <i>Domino nero </i>Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975</div><p></p><p style="text-align: justify;">Oltre 70 persone ieri hanno preso parte alla inaugurazione dell'Ostello Leo Anfosso di Carpasio. Un luogo che ha una storia particolare e rinasce grazie a Katiuscia Vivaldi e Jacopo Siffredi (che abbiamo intervistato), con una forma ritrovata dopo un lungo periodo di chiusura e con l'intento di ricordare una persona importante per la valle Argentina.<br />Parliamo di Leo Anfosso, meglio conosciuto come 'U megu Leu'. Medico condotto e anche partigiano (nome di battaglia, Pavia, dal luogo di studi). Un uomo buono, innamorato di questa terre e della sua gente, territori per i quali lottò e persone che aiutò (anche economicamente) in un periodo difficile, in cui molte famiglie si trovavano nell'indigenza. Gli episodi che videro protagonista Anfosso ne hanno fatto un protagonista della storia di questo entroterra una persona il cui ricordo è ancora oggi, caro a molti. <br />[...] Tra i partecipanti all'inaugurazione c'era Gipo Anfosso, il figlio del Medico Leo, che alcuni anni fa per ricordare la storia del padre scrisse "Io ricordo tutto", libro che ha fatto capolino all'Ostello portato dallo stesso autore che ha condiviso con noi alcune emozioni per questa inaugurazione. "C'era proprio una bella atmosfera. Ho visto tante persone venute per l'evento e venute anche per ricordare mio padre che è morto 57 anni fa. Mi ha fatto piacere vedere come il ricordo di lui sia ancora molto vivo" racconta con una certa emozione Gipo Anfosso.<br />[...] "Domenica con questa celebrazione abbiamo commemorato il passato con qualcosa di concreto che servirà per il futuro, l'Ostello. Sono molto felice e soddisfatto per l'impronta data da Katiuscia. È un posto che ricorda i valori cari a queste terre dell'antifascismo e si apre all'ospitalità e alla cultura con l'intenzione di organizzare eventi culturali e non solo. Anche nelle scelte stilistiche emerge l'amore per la natura, altra grande passione di mio padre". [...]<br /><b>Stefano Michero</b>, <i>Carpasio: inaugurato l'Ostello Leo Anfosso. Il figlio Gipo: "Sarebbe piaciuto molto a mio padre"</i>, <a href="https://www.lavocediimperia.it/" target="_blank">la voce</a> di Imperia.it, 29 agosto 2023 <br /></p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-24729083965712727802024-03-07T11:57:00.002+01:002024-03-07T11:57:44.155+01:00Dopo circa 5 ore di attesa venne avvistato un camion pieno di soldati tedeschi e fascisti<div><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghF2w_6D3e-RK-t4X3i1r50o3E8vEnGsF6Dxtc4KEbDdmwSfLRrQZ0yWhTmgtJN56T6L5mBid_INA88DBVwdTW8_CFOHx2YJ92t_5Z0vLAThRN9WjWsHeDupVCsgV9DVUoJ1iWeV4PFzvwK0ppWodRo92iJiKxNBEaYkXLwKGJebI-OHuUkYCMcM6dZLc/s2976/18_giu01%20(168).JPG" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1984" data-original-width="2976" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghF2w_6D3e-RK-t4X3i1r50o3E8vEnGsF6Dxtc4KEbDdmwSfLRrQZ0yWhTmgtJN56T6L5mBid_INA88DBVwdTW8_CFOHx2YJ92t_5Z0vLAThRN9WjWsHeDupVCsgV9DVUoJ1iWeV4PFzvwK0ppWodRo92iJiKxNBEaYkXLwKGJebI-OHuUkYCMcM6dZLc/w640-h426/18_giu01%20(168).JPG" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Uno scorcio di Castelvecchio di Imperia<br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">[Durante la battaglia di <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2021/03/la-granata-ha-colpito-il-capannone.html" target="_blank">Carpenosa</a> del 30 giugno 1944] iniziò una serie di attacchi [nemici] più volte respinti e rinnovati che portarono gli uomini [32 garibaldini del 4° distaccamento] di Gino [Napolitano] ad esaurire in breve tempo le munizioni.<br />Per loro fortuna le sorti del combattimento furono modificate proprio quando sembravano decise a favore del nemico - dalle mitragliatrici pesanti e dal mortaio da 81 tempestivamente impiegati dagli uomini del 5° distaccamento guidato da Ivano [Giuseppe Vittorio <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2019/12/vito-perallo-19-marzo-1944.html" target="_blank">Guglielmo</a>] e da Erven [Bruno <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/11/altri-antifascisti-erano-stati.html" target="_blank">Luppi</a>] che - avvertiti da una staffetta inviata a Cima Marta all'inizio degli scontri - giunsero alle 18 sorprendendo i tedeschi e costringendoli a ritirarsi.<br />Inseguiti dal reparto di Nettu [Ernesto <a href="https://grupposbarchi.wordpress.com/2022/04/22/dalla-mia-posizione-sento-raffiche-di-mitra-nella-zona-di-albarea/" target="_blank">Corradi</a>] - unitosi nel frattempo alla lotta - i tedeschi riuscirono a risalire sugli automezzi dopo aver fatto saltare un tratto di strada alle loro spalle: entrati in Carpenosa verso le 21 i partigiani calcolarono le perdite nemiche in circa 80 tra morti e feriti, su 600 attaccanti.<br />I positivi risultati ottenuti anche in questi scontri frontali non modificarono tuttavia la linea generale dell'offensiva partigiana che giustamente continuò a considerare come elemento principale della propria condotta di guerra l'azione di sorpresa, effettuata da piccoli nuclei ben armati in grado di spingersi all'interno dello schieramento nemico e di disimpegnarsi rapidamente dopo aver colpito gli obbiettivi.<br />Un esempio classico di questa tattica (comune a tutte le formazioni liguri) ci viene offerto dalla imboscata tesa il 28 giugno sulla statale 28 - a 3 Km. dal mare - da una squadra di 5 uomini del 10° distaccamento, comandati da Folgore [Umberto Cremonini] e da Nando [Fernando Bergonzo].<br />L'obbiettivo era stato segnalato da informatori di fondovalle i quali avevano recato a1 distaccamento la notizia che ogni giorno il generale tedesco comandante delle forze di presidio nella zona percorreva in auto la 28 per ispezionare i reparti dislocati nella vallata.<br />L'appostamento venne fissato in prossimità di Sgureo [Sgorreto], tra Castelvecchio e Pontedassio, su una ripida parete a strapiombo sulla strada; la marcia di avvicinamento - effettuata con molta circospezione - consentì di eludere i presidi ed i blocchi nemici che si frapponevano all'obbiettivo. Sul posto, gli uomini vennero disposti in punti ben occultati da cui fosse facile attendere senza scoprirsi e dominare un lungo tratto della carrozzabile.<br />Dopo circa 5 ore di attesa venne avvistato un camion pieno di soldati tedeschi e fascisti, che non ubbidendo all'intimazione dei partigiani tentò di accelerare l'andatura per portarsi fuori tiro: un nutrito lancio di bombe a mano lo centrò in pieno provocandone l'arresto e colpendo numerosi soldati nemici.<br />Gli uomini di Nando e Folgore ebbero appena il tempo di scendere la ripida scarpata per impadronirsi delle armi automatiche nemiche e sparare su alcuni fuggiaschi, quando sopravvenne l'automezzo del generale costringendoli a risalire rapidamente il pendio.<br />Per vendicare la morte di 7 soldati germanici caduti in quella azione l'alto ufficiale dispose subiro la mobilitazione di una colonna con autoblinde e mortai che invano aprì il fuoco contro la squadra partigiana in ritirata.<br />La rappresaglia infierì allora contro il paese di cui vennero incendiate le case e prelevati 20 ostaggi tra la popolazione. <21<br />A fine giugno - malgrado l'intensificarsi delle puntate offensive germaniche e fasciste - la pressione partigiana era diventata notevole: la <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/01/la-ix-brigata-dassalto-garibaldi-felice.html" target="_blank">IX Brigata</a> occupava Triora, Molini di Triora e Badalucco liberando una vasta zona della Valle Argentina da cui i nemici si erano ritirati dopo aver fatto saltare due ponti presso Taggia e distrutto la Chiesa degli Angeli in Badalucco già adibita a deposito di armi e munizioni.<br /><span style="font-size: x-small;">21 Unico aspetto negativo di questa operazione: la scelta della località per l'imboscata; i partigiani ignorarono - o non ne tennero conto - le precise direttive del Comando Generale: «si devono evitare i combattimenti e le imboscate nei villaggi per evitare nei limiti del possibile le rappresalie» (testuale, orig. dep.).</span><br /><b>Giorgio Gimelli</b>, <i>Cronache militari della Resistenza in Liguria - Volume II</i>, <a href="https://www.ilsrec.it/" target="_blank">Istituto</a> Storico della Resistenza in Liguria, 1969, pp. 255,256</div><p></p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-10540905240034586332024-02-23T12:25:00.005+01:002024-02-23T12:26:50.531+01:00Il risultato fu che chi si presentò nelle 48 ore prestabilite venne inviato in Germania<p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbipRhJGHHdDVi0wMlgkVrp1BRbCe840fgDMSp-jUgJl3aA7AOw6ytFfmw3EBpBesWCHXNfnoDEkw5spIlUKQPyA7vMwVCTh6L8V-MrncuZKBFpv2Jez9glcaF02Sq9iCkEhxe6dgSWaLIdJFyW8HZIEKo8YAqHsxaDPbwTqBPPdsdOOUwBE6-V5bS1Ns/s3008/15_sett05%20(698).JPG" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="3008" data-original-width="2000" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbipRhJGHHdDVi0wMlgkVrp1BRbCe840fgDMSp-jUgJl3aA7AOw6ytFfmw3EBpBesWCHXNfnoDEkw5spIlUKQPyA7vMwVCTh6L8V-MrncuZKBFpv2Jez9glcaF02Sq9iCkEhxe6dgSWaLIdJFyW8HZIEKo8YAqHsxaDPbwTqBPPdsdOOUwBE6-V5bS1Ns/w426-h640/15_sett05%20(698).JPG" width="426" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Lingueglietta, Frazione di Cipressa (IM)<br /></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;">In un mattino nebbioso del 17 gennaio 1945 un numeroso gruppo di
fascisti perlustrava le campagne di Prelà. Secondo alcune fonti si
sarebbe trattato di Cacciatori degli Appennini, secondo altre della
compagnia operativa della G.N.R. del tenente Ferraris. Probabilmente
l’azione fu condotta da entrambi i reparti. In due casoni posti ad una
certa distanza avevano trovato ristoro per la notte alcuni uomini della
IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice
Cascione". In un casone sopra Canneto, di fronte a Tavole, si stavano
riposando Carlo <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/02/si-cerchera-di-fare-eliminare-boll.html" target="_blank">Montagna</a><i> Milan</i>,
comandante della Brigata [nato a Voghera il 16 agosto 1911,
protagonista di numerose azioni, fra le quali spicca quella del 19
luglio 1944, la <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/02/la-liberazione-dei-detenuti.html" target="_blank">liberazione</a> dei detenuti politici dal carcere di Imperia Oneglia], Gaetano Sibilla <i>Ivan</i>, Angelo Perrone <i>Bancarà</i> o Vinicio, vicecomandante della brigata, Sebastiano Acquarone <i>Alpino</i> e Ferrero Staffetta <i>Gambadilegno</i>. In un altro casone più in basso sostavano Mario Bruna <i>Falco</i>, commissario della Brigata, Luigi Peruzzi <i>Luigi</i>
ed altri uomini. I fascisti intravvidero nella nebbiolina un uomo
armato, che sembrava stesse facendo la sentinella. Spararono senza
avvertimento e colpirono, uccidendolo, Angelo Perrone. Gli altri
partigiani, intese le raffiche, fuggirono in direzione della cresta
della montagna, che però era già stata occupata dai nemici. Ritornarono
allora sui propri passi infilando il Vallone di Villatalla dove
trovarono altri repubblichini in agguato che al loro avvicinarsi
spararono. Montagna e Acquarone vennero colpiti a morte. <b>Giorgio <a href="https://www.linkedin.com/in/giorgio-caudano-588b681b7/" target="_blank">Caudano</a>, </b><span class="st"><span class="st"><span class="st"><i>Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria</i>, ed, in pr.</span></span></span><span class="st"><span class="st"><span class="st">, 2020</span></span></span></div><p></p><p style="text-align: justify;">Faceva parte del distaccamento nemico, <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/05/venne-bruciato-il-fienile-del-patriota.html" target="_blank">responsabile</a> dell'informazione, il sergente Zeffiro Zara, che era anche membro della Guardia Nazionale Repubblicana di Sanremo. Le cause non si conoscono ma dopo alcuni giorni, lo stesso veniva arrestato, tradotto nel carcere di Imperia, quindi processato come traditore della Repubblica Sociale. Verrà fucilato nella Caserma "Asclepia Gandolfo" il 27 gennaio 1945 perché, "pur continuando a militare nella GNR era capo di una formazione di ribelli". Anche il garibaldino Guglielmo Bosco, catturato verrà fucilato, come vedremo, su Capo Berta il 31 gennaio 1945. Sulla morte dei garibaldini sopra menzionati veniva aperta una inchiesta per constatare se l'ex brigadiere Gastone Lunardi, comandante del Distaccamento "Folgore" della IV Brigata, avesse preso qualche iniziativa sbagliata nel campo della sicurezza. A livello politico, del triste episodio si interessava anche l'ispettore della I Zona Operativa Liguria, Carlo Farini (Simon) <6.<br />Quello che è <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/05/luccisione-di-rino-stenca-e-di-altri.html" target="_blank">accaduto</a> nella Caserma Ettore Muti a Porto Maurizio (Piazza del Duomo), dove era di stanza una parte della Brigata Nera "Antonio Padoan", tra il 15 ed il 31 gennaio, ce lo racconta uno degli arrestati, Giovanni Piana, di Oneglia, il quale ci spiega che in quel tempo la costruzione adibita a caserma aveva tutte le caratteristiche deteriori di una spelonca: <br />"... Tutto vi era in disordine e brutti ceffi presidiavano e volgari sghignazzate e canzonette da lupanare giungevano alle due fetide celle del pianterreno dove rimanevano sprangati i vigilati. Il grosso dei nostri arresti avvenne tra il 15 ed il 31 gennaio del 1945. Le azioni di rastrellamento erano state compiute quasi tutte alla periferia della città, dove ci aveva sospinto lo sfollamento, con improvviso e numeroso impiego di brigatisti neri che penetravano nelle nostre case lasciandovi i segni di una educazione che le nostre famiglie, più di noi stessi, tuttora ricordano. Poi ci intruppavano, preferibilmente di notte, e ci conducevano alla caserma cantando con la sguaiatezza degli avvinazzati i "gloriosi inni del regime", e ci buttavano nelle celle come sacchi di palate. Non dico come ci dovessimo aggiustare in ognuna di esse dove lo spazio bastava appena a contenerci e la umidità che da quelle sporche mura trasudava e l'umiliazione a cui eravamo costretti per i nostri bisogni corporali, e la bestialità del trattamento di cui erano capaci gli aguzzini nelle loro truculenti visite e come la scabbia diventò un tormento della nostra cute cui finimmo per abituarci. Ricordo ancora molti dei compagni di clausura: Armando Filié che un "eroico" tenente non cessava di definire provocatore; Pietro Gazzano, il capitano, che avevo conosciuto tanti anni prima nell'organizzazione dei giovani socialisti e che si spense qualche anno dopo nella natia Coldirodi. Raffaelluccio Languasco di frequente in fase di malinconia pensando alla moglie ed al piccolo Giustino. Rinaldo Torelli arrestato in cambio del fratello Gigetto, riuscito ad allontanarsi per tempo. Ernesto Carli contro il quale si era dato peso allla sciocca accusa di un ragazzo deficiente che egli aveva sempre beneficato. Carlo Dellepiane prelevato una brutta mattina di buonora e condotto alla fucilazione sulla strada a mare verso Diano. Piero Panico sempre irrequieto e pensoso. E poi ancora Giuseppe Maccanò sospettato di tenere nascoste armi partigiane nel recinto del cimitero. Carlo Marvaldi, il più giovane di noi, dal morale alto e fermo. Dominici, il vecchio carrettiere che non sapeva nulla di nulla e temeva che gli capitasse qualche brutto imprevisto. E poi Francesco Sasso di Porto, e Novello, piombatoci addosso a suon di nerbate repubblichine poiché si trincerava in ostinati dinieghi sotto l'incalzare delle domande rivoltegli. Fernandez e Roncetti, due graduati della amministrazione carceraria, denunciati dalla famosa "Donna Velata" (Maria <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/01/la-donna-velata-spietata-spia-fascista.html" target="_blank">Zucco</a>). In un'altra cella c'erano Faustino Zanchi, Salvatore Costa, Vincenzino Di Leo, Tomaso Dominici ed altri. Fino alla Liberazione altri entreranno ancora in queste carceri, altri ne usciranno per essere fucilati. La terribile atmosfera svanirà soltanto il giorno della Liberazione" <7. <br /><span style="font-size: x-small;">[NOTE]<br />6 Isrecim, Archivi, Sezione II, cartelle, serie T; Sezione I, cartella 36. Vedasi pure Sezione III, cartella 20.<br />7 Dal giornale "Il Lavoro" del 12 febbraio 1955.</span><br /><span style="font-size: small;"><span><span><span><span class="st"><span><span><span><b>Francesco Biga</b>, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), <i>Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione, 2005</i>, </span></span></span></span></span><span><span class="st"><span><span><span><span class="st"><a href="http://www.isrecim.it/">Istituto</a></span> Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2005</span></span></span></span></span></span></span>,</span> pp. 86,87</p><p style="text-align: justify;">Durante un rastrellamento nelle campagne di Prelà del 17 gennaio effettuato dalla compagnia operativa della GNR di Imperia comandata dal tenente Ferraris, che costò la vita a Carlo Montagna e Sebastiano Acquarone, venne catturato il partigiano Ferrero (Tom o Staffetta Gambadilegno), il quale sottoposto a torture fu costretto a confessare dove si trovava acquartierato il X distaccamento Walter Berio della IV brigata "Elsio Guarrini". Gli uomini di questa formazione, già pesantemente provata dalle perdite subite nelle settimane precedenti, si erano rintanati in un rifugio ritenuto sicuro. Si trattava di un piccolo gruppo, undici uomini in tutto, con a capo “Dimitri”, Vittorio Aliprandi, e “Merlo”, Nello Bruno, si era portato in una località tra Pantasina e Villatalla, in un fondovalle presso un ruscello incassato tra pendii scoscesi, rivestiti di boschi, dove era stata adattata una caverna a rifugio. Il luogo sembrava sicuro: un muro a secco era stato eretto all'entrata della tana. I rastrellatori di Ferraris si avvicinarono al rifugio, sicuri che i partigiani fossero in quel punto. Dopo aver ispezionato palmo a palmo il terreno circostante iniziarono a togliere alcune pietre che celavano il rifugio e buttarono dentro alcune bombe a mano. Ormai i partigiani erano in trappola: Vittorio Aliprandi e Nello Bruno si tolsero la vita per non cadere nelle mani del nemico, gli altri nove uscirono dal rifugio con le mani alzate e vennero fucilati in momenti diversi: tra questi Luigi Guareschi (Camillo) il 9 febbraio 1945, Vincenzo Faralli (Camogli) il 9 febbraio 1945, Carletti Doriano (Misar) il 15 febbraio 1945, Giuseppe De Lauro (Venezia) il 15 febbraio 1945. <b><span class="st"><span class="st"><b>Giorgio <a href="https://www.facebook.com/giorgio.caudano" target="_blank">Caudano</a></b></span>, </span></b><span class="st"><span class="st"><span class="st"><i>Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria</i>, ed, in pr.</span></span></span><span class="st"><span class="st"><span class="st">, 2020</span></span></span></p><p style="text-align: justify;"></p><p style="text-align: justify;">Dopo la prima quindicina del mese di gennaio 1945 gradatamente formazioni della Divisione nemica "Cacciatori degli Appennini" si trasferiscono verso l'estremo ponente ligure. Abbiamo già visto come durante un rastrellamento colpissero gravemente il Comando della IV Brigata "E. Guarini" nel vallone di Villa Talla. Nell'occasione del trasferimento affiggono un avviso che abbiamo ritenuto riportare integralmente poiché ci dà un quadro abbastanza preciso della situazione nella quale vennero a trovarsi i giovani che avevano disertato le chiamate nemiche, abitanti dei nostri paesi del retroterra. <br />Ecco il testo dell'avviso: "Gruppo Cacciatori degli Appennini. Si avverte la popolazione che il III Battaglione Cacciatori degli Appennini, desideroso di portare la tranquillità e la normalità nella zona, è disposto a venire incontro a tutti coloro che, avendo obblighi militari, hanno seguito consigli di elementi prezzolati del nemico e si sono dati alla macchia. A coloro che si costituiranno entro 48 ore dalla data del'affissione del presente avviso, si garantisce l'incolumità della vita. Contro quelli, invece, che, non avendo accolto questo appello, venissero catturati nel corso di operazioni militari, verrà applicata la legge di guerra. Z.O. 24 gennaio 1945, ore 8 del mattino. Il comandante del Battaglione maggiore Mario Rosa <1.<br />Il risultato fu che chi si presentò nelle 48 ore prestabilite venne inviato in Germania. Chi fu catturato dopo il termine dell'ultimatum venne passato per le armi.<br />Consultando ancora il memoriale del Polacchini, di cui abbiamo già parlato, risulta in modo evidente in che situazione si venissero a trovare i partigiani della IV Brigata. I giorni drammatici che ttrascorrono per il I Battaglione sono uguali a quelli del II e del III. <br />Scrive Polacchini nel suo memoriale: "... Alle prime luci dell'alba del 24 gennaio 1945 saliamo in vetta alla collina, al passo di Lingueglietta. La stagione è primaverile. Ci laviamo con l'acqua di un serbatoio usato per l'irrigazione. Tocca a me e a Renato Faggian (Gaston) andare in cerca di viveri. Decidiamo per Cipressa, ma partiamo imprudentemente in pieno giorno. Nei pressi di un caposaldo due Tedeschi stanno facendo legna in un boschetto. Hanno le armi a portata di mano. Quando ci vedono smettono di lavorare, ci osservano, parlano tra di loro, ma non ci fermano. Non abbiamo armi in vista, ma sotto la giacca le nostre pistole e, in un zainetto, quattro bombe a mano. Noi facciamo finta di niente e non succede nulla. Facciamo ritorno nel pomeriggio con pane, farina bianca, un fiasco d'olio d'oliva ed una vecchia pentola di alluminio. Tutta roba fornita da un tale del CLN. Dopo l'unico pasto quotidiano andiamo a dormire due a due in piccole costruzioni tra i rovi. Siamo visti da gente di Cipressa venuta a raccogliere le olive per cui decidiamo di cambiare ancora luogo di sosta. Ci portiamo sopra Torre Paponi, paese quasi completamente distrutto dai fascisti nel dicembre 1944. Passiamo la notte in una piccola costruzione tra gli ulivi. Al mattino presto io e Giuseppe Conio (Zabù) andiamo a Pietrabruna anche per avere qualche notizia fresca. Apprendiamo dell'avanzata sovietica in territorio tedesco (Prussia e Slesia), così ci rianimiamo un poco al pensiero che la guerra va verso la fine. Torniamo con pane, formaggio e sapone. Facciamo conoscenza con il nostro padrone di 'casa', è un agricoltore di Lingueglietta il quale ci offre del vino...".<br />Il 25 gennaio, il partigiano Ferrero (Tom o Staffetta Gamba di legno), del X Distaccamento "Walter Berio", catturato dal nemico il giorno 17 (come abbiamo già ricordato) e rimasto ferito, viene medicato, sottoposto a duri interrogatori, tradisce i compagni poiché conduce i fascisti nella tana che nascondeva il Distaccamento e che lui stesso aveva aiutato a costruire. Così cadono in mano al nemico ben undici garibaldini, tra cui il comandante Vittorio Aliprandi (Dimitri) e il commissario Nello Bruno (Merlo), i quali preferiscono togliersi la vita piuttosto di arrendersi <2. Sette di loro saranno fucilati ad Oneglia e due a Torretta di Vasia.<br /><span style="font-size: x-small;">[NOTE]<br />1 Isrecim, Archivio, Sezione I, cartella 96.<br />2 Dal giornale "La Verità" del 2 gennaio 1946.</span><br /><b>Francesco Biga</b>, <i>Op. cit.</i>, pp. 88,89 <br /></p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-52871250258583718822024-02-16T12:12:00.003+01:002024-02-16T12:12:58.838+01:00La Resistenza narrata dall'imperiese Osvaldo Contestabile<div><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisFTgMcLa7mOnL0llNAqwJbDNcFQrAyGady-znQcc_AWqf85Mr7aVyjrywGgNpA26R6OF353Kyy8Fu6Zqw1WDdC263DOc5gRds_WLv7ejBHTZifWSOEN-b4bo_sTa2cK5zpAPCnXsCWpgQIVaLcfzNbmf-tTX88zBO_cZRfqdn3dgQ-iOi9RSicj8zSqI/s891/ocim5.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="891" data-original-width="634" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisFTgMcLa7mOnL0llNAqwJbDNcFQrAyGady-znQcc_AWqf85Mr7aVyjrywGgNpA26R6OF353Kyy8Fu6Zqw1WDdC263DOc5gRds_WLv7ejBHTZifWSOEN-b4bo_sTa2cK5zpAPCnXsCWpgQIVaLcfzNbmf-tTX88zBO_cZRfqdn3dgQ-iOi9RSicj8zSqI/w456-h640/ocim5.jpg" width="456" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Illustrazione di Marisa Contestabile. Fonte: Osvaldo Contestabile, Scarpe Rotte Libertà, op. cit. infra<br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">Altro più interessante esempio dei nuovi modi per narrare la Resistenza è lo scritto di Osvaldo Contestabile. Questa volta, si resta nell’ambito della memorialistica. Contestabile ha partecipato alla guerra di Liberazione sulle montagne liguri piemontesi: è stato commissario politico della IV Brigata Garibaldi “D. Arnera”. Laureato in lettere, dopo la Liberazione è stato professore di istituto tecnico, preside di un liceo linguistico, segretario dell’<a href="http://www.isrecim.it/" target="_blank">Istituto</a> storico della Resistenza di Imperia e assessore al comune; ha poi collaborato con numerosi quotidiani locali. La realizzazione narrativa della Resistenza fatta da Contestabile diventa interessante se messa in relazione con il suo status di laureato, professore di italiano e giornalista. Tutte queste qualifiche indicano nell’autore una cultura medio-alta, e quindi la padronanza dell’italiano e della scrittura narrativa. Il testo, al contrario, cozza con questa preparazione letteraria di partenza, sin dalle prime pagine. <br />Si veda come Contestabile descrive il 25 luglio, e l’arrivo del fascismo nelle sue zone: "Il crollo del regime sopraggiunse implacabile quando la cagnara del 25 luglio colse la gente all’improvviso, con coprifuoco di Badoglio che soffocò sul nascere gli entusiasmi. Ma tutto precipitò ancora più presto nella baraonda quarantacinque giorni dopo, coi generali latitanti i fascisti impauriti i tedeschi occupanti e i treni piombati per i lager. Anche inizialmente però l’origine del fascismo qui da noi era stata così, una ventata grigia senza vicende straordinarie, proprio all’usanza locale. Poco prima della marcia qualche giardiniere pigro nella siesta, aveva visto De Bono e De Vecchi quadrumviri tutti pieni di patacche, che in privato rendevano omaggio alla regina madre ormai vecchiotta e un po’ svanita. Era un pomeriggio mite tra le palme e le strelizie di Bordighera dalle parti di Sant’Ampelio dove frange la risacca. Poi, col solito fracasso come dappertutto, eccoti prepotenze voci grosse olio di ricino e manganellate […]. Ma propriamente alla Marcia su Roma - giovinezza giovinezza - i fascisti nostrani col fez e le giberne non c’erano tutti per bene allineati in colonna come quelli della valpadana. Loro se ne rimasero in emergenza in retrovia prendendosela col prefetto poveraccio confinato nel suo appartamento: se ne stesse lì buono buono agli ordini del fascio, guai a reagire". <289<br />Si nota qui uno stile che salta continuamente dalla retorica spicciola, rubata al bagaglio espressivo della poesia («dove frange la risacca»), all’espressione popolare («la cagnara», «se ne stesse lì buono buono»).<br />Contestabile usa un linguaggio espressamente basso. Quando vuole essere magniloquente - per esempio, nelle descrizioni di paesaggi e ambienti - sceglie espressioni appositamente stonate. Egli adotta questa tecnica poiché vuole mostrare come parlerebbe un uomo del popolo degli anni ’40, digiuno di cultura.<br />Se si volesse esprimere in un italiano “corretto” egli ricalcherebbe la vetusta retorica risorgimentale, riproposta come lingua di cultura dal regime fascista, che cozza con l’italiano basso della quotidianità, predominante nel resto del racconto.<br />Contestabile mantiene uno stile popolare anche al di fuori di queste parti volutamente pesanti poiché il punto di vista e il linguaggio con cui racconta la Resistenza è quello delle persone comuni. Egli interpreta i pensieri della gente di fronte ai primi partigiani: "Eccola lì dunque sta buriana maledetta che adesso è arrivata tutta intera fin nei paesi delle montagne, e ancora più in su. È arrivata fin nelle gole con pietrame pulito dal vento, dove prima si sentivano soltanto i versi dei corvi i tocchi dei campanacci e il belare degli armenti. Adesso in queste vallate lo sanno tutti grandi e piccini che una buriana così non se la schiva più nessuno, perché è una fatalità: nemmeno più i furbastri facendo i ruffiani come al solito coi loro giochi di prestigio riescono a scansarla, perché anch’essi ci sono per la pelle e devono scegliere per forza. O sei di qua o sei di là, non ci puoi stare più in nessun modo in mezzo facendo finta da imboscato; ma in genere, con tutto che c’è sta maledizione in tutti i posti dove vai, la gente si mette subito di qua al posto giusto, e ci resta. Di là si mettono soltanto gli altri che sono diversi, ma non contano niente perché gli altri non sono la gente. Loro sono diversi perché sono contro la gente e tutti lo sanno come sono, punto e basta". <290<br />Il protagonista predominante in questa parte iniziale del testo è il popolo, che affronta gli eventi del 25 luglio. L’autore ha scelto espressamente questo stile perché è la veste narrativa che permette alla componente popolare della Resistenza di emergere. Contestabile descrive una Resistenza che è stata soprattutto grande movimento di popolo, a cui tutti hanno partecipato, anche se con modi e tempi diversi. Lo afferma proprio in questa pagina: prima o poi tutta la «gente» ha saputo attivarsi e scegliere la parte giusta, cioè lo schieramento partigiano. Chi ha preferito la Rsi è un diverso, uno «contro la gente», «punto e basta». È questa grande coesione popolare che deve colpire il lettore.<br />Nella prima parte del racconto, la figura di Contestabile non emerge. Solo in alcune parti si coglie tra le righe la presenza del narratore quale protagonista attivo del racconto. Questo avviene quando l’autore si rivolge ad un destinatario imprecisato con un «tu» diretto. In quei passaggi egli non sta interpellando il lettore, come può sembrare: con quel pronome Contestabile parla al se stesso di quegli anni. Nello stralcio precedente si ha un esempio di questa tecnica narrativa: quel «non puoi più stare in nessun modo in mezzo facendo finta da imboscato» non è riferito ad un qualsiasi giovane degli anni ’40. Nonostante il protagonista del suo scritto sia principalmente il popolo, egli racconta la propria esperienza personale adottando una tecnica che gli permette di parlare di sé evitando l’intromissione diretta nella narrazione. Ecco un altro esempio: "Piantala di spiare dalle fessure come un vagabondo la brace nella cenere dei focolari; vattene finché puoi per la campagna pestando la neve; lo sai che tanto non hai più tempo per fermarti da nessuna parte, neve o non neve; ma sta tranquillo che quando non ne puoi proprio più, te lo trovi ancora un posto da buttartici dentro, e ti ci slargherai tra l’erica e i rovi con la coperta; forse di lì non ci passeranno. Adesso la notte è calma e va bene; ma è inutile che te la prendi se verso Ginestro si fatica a camminare con la ramaglia spessa fino al ginocchio; tu devi guardarti davanti se finalmente trovi del pulito per fermarti e fartici un posto da accucciarti con la coperta, ma fermo, sennò guai; devi vedere se tra gli sterpi puoi fartici un posto per riposarti un po’, il resto non conta". <291<br />Ovviamente, le parti riconducibili alla figura e alle riflessioni del narratore aumentano sempre più man mano che ci si addentra nella dimensione della guerriglia, e si fanno più radi i contatti con la realtà quotidiana e popolare del paese. Anche le riflessioni più personali e profonde - riguardanti la maturazione del protagonista attraverso gli eventi - mantengono la finzione del dialogomonologo tra l’Osvaldo giovane e quello maturo: "Adesso succede che ti guardi intorno e non sai più cosa dire, nemmeno se ti sforzi […]; ma poi ti accorgi chissà perché, come se fosse la prima volta in questa stagione così diversa con le sparatorie ormai inutili, che tu sei cambiato da quello che eri prima di cominciare. Però, adesso non metterti lì a pensare mentre ste cose succedono una sull’altra, tanto è lo stesso: se proprio lo vuoi sapere, te lo dico io cosa t’è successo col passare dei giorni, e tu non te ne sei accorto. È il crescere che ti è capitato tutt’assieme diventando grande da un giorno all’altro, quando subito ti parve un gioco o invece fu incoscienza; o ti ci trovasti impegolato: va a sapere com’è stato in questo modo veloce, con le sparatorie che non finivano mai. Crescendo in tutta la confusione che ti sei trovato, in questo scapolartela che ti pareva impossibile, tu sei diventato grande tutt’assieme, passando dai giorni spensierati ai giorni della guerra; tu sei cresciuto alla svelta andandotene da una parte all’altra, sbattuto di qua e di là, nei boschi o fuori dei boschi, dentro i paesi o fuori dei paesi; peggio delle bestie". <292<br />Lo scarto tra il protagonista, giovane e incosciente, e l’Osvaldo maturo, che ha avuto la possibilità di riflettere sulle vicende resistenziali alla luce dei risvolti contemporanei, si coglie soprattutto nel finale del testo. Il narratore invita, ironicamente, il giovane ribelle a smettere i panni del partigiano per lasciare la gestione della situazione ad altri. Con questo suggerimento fittizio, Contestabile tocca tutti i temi caldi del dibattito sulla Resistenza, sempre con l’ironia e il taglio colloquiale che contraddistinguono tutto il testo: "Devi sapere, partigiano, che questa è la liberazione nazionale di tutta quanta la gente oppressa, che costa fatica; bisogna farla precisa, senza distrazioni, con la sacrosanta cèrnita e punizione dei responsabili, altro che balle; eppoi, ci sono tutte le altre cose che ci vogliono subito per la gente sinistrata: amlire amnistie booge wooge off limits, e scatolette in distribuzione gratuita. Adesso, partigiano, non complicare le cose con le tue faccende personali, e vattene a casa; quando in seguito avremo più tempo, faremo qualcosa anche per te […]. D’ora in poi, però, tu personalmente tieniti per te nella memoria, soltanto questa parola resistenza, che ti hanno regalato; epperciò adoperala come vuoi, dove ti capita, anche parlando. Non vedi che ogni tanto la usano in commozione anche quelli che non dovrebbero, nei loro discorsi […]? Ma tu, ci mancherebbe altro, non offenderti: ormai sei cresciuto. Questa parola resistenza devi sapere che adesso la mettono anche nei libri di storia; ma non ci riescono a spiegarla bene, come sarebbe giusto, per raccontarla precisa, com’è successa in pratica […]. Ma cosa vuoi ancora di più, o partigiano, dopo tutte ste celebrazioni e le parole e le baldorie del 25 aprile? Tanto è assolutamente inutile, perché tu lo sai che quando rimani da solo, è diverso, e ti succede sempre così; ti succede di ripensarci sempre con la tristezza, altro che i festeggiamenti le fanfare e il fracasso del porco mondo, che se lo porti via". <293<br />Per concludere l’analisi, questo testo è l’esempio di come a distanza di anni e in un momento di relativa tranquillità riguardo al dibattito sulle tematiche resistenziali i memorialisti cerchino nuovi modi per raccontare la guerra partigiana vissuta e metterne in luce caratteristiche ancora non affrontate. Il taglio semplice, colloquiale che Contestabile dà al suo stile gli permette di mostrare che della Resistenza tanto si è detto e scritto che si è perso il contatto diretto con essa, e con la sua matrice popolare. Si è trattato fondamentalmente di una lotta di popolo, improvvisata con i mezzi a disposizione. I partigiani stessi non erano eroi, ma semplicemente i figli di quelle masse popolari obbligate dagli eventi ad entrare nel gioco, a scrivere un pezzo di storia. Forse, ne avrebbero fatto volentieri a meno, sembra dire Contestabile.<br /><span style="font-size: x-small;">[NOTE]</span><br /><span style="font-size: x-small;">289 OSVALDO CONTESTABILE, Scarpe rotte libertà: storia partigiana, presentazione di Sandro Pertini, Bologna, Cappelli, 1982, p. 9.</span><br /><span style="font-size: x-small;">290 Ivi, pp. 22-23.</span><br /><span style="font-size: x-small;">291 Ivi, p. 152.</span><br /><span style="font-size: x-small;">292 Ivi, pp. 235-236.</span><br /><b>Sara Lorenzetti</b>, <i>Ricordare e raccontare. Memorialistica e Resistenza in Val d’Ossola</i>, Tesi di Laurea, Università degli Studi del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro" - Vercelli, Anno accademico 2008-2009</div><p></p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-1094064045666123562024-02-09T12:07:00.001+01:002024-02-09T12:07:59.424+01:00Solo un piccolo gruppo di partigiani riesce ad agganciare il nemico che fugge perdendo materiale ed equipaggiamento<div><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_iaQn1keF08VZSoilPXkdB5BUxsh6CM1EGBi_jpzq7SwWwNx0N-n2hxuV0c0-1HQhMwYEX946F8NST2dFfP8EojX2Aj1RJ3QIFx2wKKKU2tOLiSLadVztoFPvwGdCN8RDcB77QSiYLHRXWhO4dKnGYVfWKmgBalyUL0nuIHEaxte8YMvmWjep5c3Zf5M/s2976/17_lug14%20(18).JPG" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1984" data-original-width="2976" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_iaQn1keF08VZSoilPXkdB5BUxsh6CM1EGBi_jpzq7SwWwNx0N-n2hxuV0c0-1HQhMwYEX946F8NST2dFfP8EojX2Aj1RJ3QIFx2wKKKU2tOLiSLadVztoFPvwGdCN8RDcB77QSiYLHRXWhO4dKnGYVfWKmgBalyUL0nuIHEaxte8YMvmWjep5c3Zf5M/w640-h426/17_lug14%20(18).JPG" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Cervo (IM)<br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">Il 17 aprile 1945 il «Garbagnati» [n.d.r.: Distaccamento "Giovanni Garbagnati" della I^ Brigata "Silvano Belgrano", VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] distrugge il ponte di Degna [Frazione di Casanova Lerrone (SV)] e la sera stessa il nemico sgombra Vellego e Garlenda: con un colpo solo la Val Lerrone è liberata dalle pattuglie e dalle minacce nemiche: non più l'incubo dei ciclisti tedeschi, non più lo stradone superato d'un balzo. Il 18 giunge con una staffetta Fernandel [n.d.r.: Mario Gennari, comandante della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo", VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] a visitare Tèstico: «Verrò con i miei a difendere il paese» dice ai contadini che gli chiedono armi, poi va a S. Damiano alla ricerca del Comando divisionale che da qualche giorno ha lasciato Poggiobottaro. A S. Damiano ci sono le bande di Stalin [Franco Bianchi, comandante del Distaccamento "Giovanni Garbagnati"] e Marco: le mitraglie sono puntate verso Alassio, i partigiani si lavano al sole. Sullo stradone, altri preparano il rancio, ovunque un'aria di festa, di sicurezza. «Vai ad occupare Tèstico? Auguri ... noi non siamo stati così scemi», dicono a Fernandel quelli di Stalin. Fernandel è meravigliato, ma non si impressiona: «Ho visto la zona ed ho fatto i miei piani: il Catter [n.d.r.: Distaccamento "Giuseppe Catter" della III^ Brigata] può tenere il paese».<br />Con Fernandel tutta la III^ Brigata si sposterà a sud a presidiare la Val Lerrone. In Val d'Arroscia e ad Alto resterà la II [n.d.r.: II^ Brigata "Nino Berio", comandante "Gino", Giovanni Fossati], in Val Tanaro la IV [comandante "Fra Diavolo", Giuseppe Garibaldi]. Così all'ingrosso lo schieramento da elaborare nei particolari.<br />Non possiamo contare egualmente su tutte le bande e ci vorrà ancora un po' di tempo perché i nuovi Comandi della II e della III non hanno ancora in mano la situazione e parecchi capibanda sono restii ad obbedire. Comunque l'atmosfera si fa febbrile, una colonna tedesca che punta su Garlenda provoca la reazione di parecchie bande, ma solo un piccolo gruppo di partigiani riesce ad agganciare il nemico che fugge perdendo materiale ed equipaggiamento. <br />Il presidio fascista di Molino Nuovo viene attaccato dalla I Brigata e riporta perdite sanguinose, due disertori del presidio di S. Bernardo di Conio vengono catturati presso Ginestro [Frazione di Testico (SV)], percossi selvaggiamente dalle donne dei paesi che attraversano e finiti da quelli di Stalin.<br />Al Comando divisionale, che ha ormai sede ufficiale a S. Gregorio, l'attività si fa intensa. Arriva il Curto [n.d.r.: Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria] del Comando zona, arrivano la missione alleata con le radio trasmittenti, staffette, capibanda, ordini, notizie. Boris [n.d.r.: Gustavo Berio, vice commissario della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] parte in missione per la IV Brigata in Val Tanaro con notizie e disposizioni urgentissime, Pantera [n.d.r.: Luigi Massabò, vice comandante della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] va ad Alto dove si dice ci sia stato un piccolo lancio, ad organizzare la II Brigata.<br />Ha inizio così la terza decade di aprile: il Comando è di fronte ad eventi e problemi di enorme importanza perché la situazione militare precipita. Le azioni di sabotaggio e di imboscata si fanno sempre più audaci e fortunate, il nemico comincia anche lui a sentire la morsa del terrore: ormai la fine è imminente, chi viene catturato o diserta è soppresso senza pietà: i trenta <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/08/leccidio-di-testico-del-15-aprile-1945.html" target="_blank">morti</a> di Ginestro e gli otto di Cervo hanno ridato alla guerriglia il suo carattere di durezza spietata.<br /><b>Gino Glorio</b> (Magnesia), <i>Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte</i>, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 241-242</div><p style="text-align: justify;"></p><p style="text-align: justify;"><b>18 aprile 1945</b> - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 302, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava che il giorno prima una squadra comandata dal capo squadra "Mancinotto" [Giuseppe Gismondi] e da "Cis" [Giorgio Alpron, capo di Stato Maggiore della I^ Brigata "Silvano Belgrano"] aveva fatto nuovamente brillare il ponte tra Degna e Vellego [Frazioni di Casanova Lerrone (SV)].<br /><b>18 aprile 1945</b> - Da "Giglio" alla Sezione SIM della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che lo scontro di Vellego aveva portato alla fucilazione di alcuni civili da parte del nemico, che i tedeschi in zona detenevano molti ostaggi e che era necessaria un'azione di forza su Nava ed altri presidi nemici.<br /><b>18 aprile 1945</b> - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 300, al comando del Distaccamento "Filippo Airaldi" del Battaglione "Ugo Calderoni" della II^ Brigata "Nino Berio" - Comunicava come punizioni che il capo squadra "Cimitero" [Bruno Schivo] doveva rimanere disarmato per 15 giorni presso il comando di Brigata e che il garibaldino "Riva" doveva eseguire 19 giorni di corvèe presso il Distaccamento "Giuseppe Catter" della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" e che erano invece mandati assolti i partigiani "Berto", "Grosseto" [Italo Chegia], "Prem-Prem", "Ercole" [Demo Trillocco], "Vessalico" [Vittorio Doglio].<br /><b>18 aprile 1945</b> - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" [comandante "Mancen", Massimo Gismondi] al comando del Distaccamento "Francesco Agnese" [comandante "Buffalo Bill"/"Bill"/"Pippo", Giuseppe Saguato] ed al comando del Distaccamento "Angiolino Viani" [comandante "Russo", Tarquinio Garattini] - Disponeva che i garibaldini "Osanna" e "Bascherini" venissero assunti in forza al Distaccamento "Francesco Agnese" e che i garibaldini "Cimitero" [Bruno <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2023/10/cimitero-ha-mandato-ai-fascisti-una-sua.html" target="_blank">Schivo</a>] e "Riva" dovevano passare, armati solo in caso di allarme, al Distaccamento "Angiolino Viani".<br /><b>18 aprile 1945</b> - Da "Giglio" alla Sezione ["Livio", Ugo Vitali responsabile, "Citrato", Angelo Ghiron, vice responsabile] S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che ad Acquetico [Frazione di Pieve di Teco (IM)] alcuni partigiani avevano "avvisato la popolazione di un imminente attacco di patrioti al paese"; che lo scontro di Vellego [Frazione di Casanova Lerrone (SV)] aveva portato alla fucilazione di alcuni civili; che risultava "pericoloso attaccare frontalmente" i tedeschi perché dimoravano nelle case private trattenendo presso di loro non solo le loro squadre di lavoratori [coatti] ma anche "il consueto numero di ostaggi"; che sarebbe sata necessaria un'azione di forza partigiana su Nava e su tutti gli altri presidi nemici.<br /><b>18 aprile 1945</b> - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava l'elenco del materiale ricevuto con il lancio alleato su Caprauna nel quale, tra l'altro, risultavano 9 cariche di plastico, 6 bombe incendiarie, 15 granate, 11 matite esplosive.<br /><b>18 aprile 1945</b> - Dal Comando Operativo della I^ Zona Liguria al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Invito a mandare sollecitamente il materiale del lancio in pari data al "capitano Roberta" [Robert Bentley] e ordine di mettere a disposizione di "R.C.B." [sempre il capitano Robert Bentley del SOE britannico, incaricato della missione alleata presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] i paracadute in seta.<br /><b>19 aprile 1945</b> - Dal Comando [comandante Curto, Nino Siccardi] della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione d'assalto Garibaldi "Silvio Bonfante" - Segnalava che aveva stabilito di inviare presso le formazioni 'Mauri' un ufficiale di collegamento, pensando di conferire tale incarico a Giovanni 'Gino' Fossati, comandante della II^ Brigata "Nino Berio", da sostituire nel precedente incarico con Giacomo 'Basco' Ardissone o "altro elemento capace". <br /><b>19 aprile 1945</b> - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che una pattuglia del Distaccamento "Francesco Agnese" aveva sorpreso nei pressi di Oneglia un tedesco armato di pistola, ucciso mentre tentava la fuga.<br /><b>19 aprile 1945</b> - Dal comando della II^ Brigata "Nino Berio" al SIM della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che due ufficiali tedeschi di stanza a Garessio desideravano parlare con una competente persona per fornire i piani militari di cui erano a disposizione e, pertanto, si rimaneva in attesa di istruzioni.<br /><b>19 aprile 1945</b> - Dal comando della II^ Brigata "Nino Berio" al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che una squadra del Distaccamento "Filippo Airaldi" aveva attaccato il 17 aprile sulla Statale 28 un carro di tedeschi per cui si supponeva l'esito di 18 morti e 3 feriti e che il 18 una squadra dello stesso Distaccamento aveva catturato a Vendone 4 tedeschi tra cui un sergente.<br /><b>19 aprile 1945</b> - Dal comando del Distaccamento "Igino Rainis" al comando della II^ Brigata "Nino Berio" - Riferiva che sulla Statale 28 nei pressi di Calderara [Frazione di Pieve di Teco (IM)] una squadra di 4 uomini aveva attaccato un carro tedesco uccidendo 2 soldati e ferendone un altro e che, mentre tentavano di recuperare il materiale, quei partigiani erano stati "disturbati da altri 30 tedeschi, riuscendo, tuttavia a sganciarsi".<br /><b>19 aprile 1945</b> - Dal comando del Distaccamento "Elio Castellari" al comando della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" - Segnalava che il 16 aprile, verso le ore 18, un gruppo di garibaldini aveva attaccato 4 carri tedeschi provenienti, carichi di materiale, da Garlenda (SV): risultavano 4 feriti gravi tra le fila nemiche. <br /><b>19 aprile 1945</b> - Dal comando della IV^ Brigata "Val Tanaro" al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che in Val Tanaro si erano formati altri 2 Distaccamenti, il primo con elementi di Garessio per un totale di 25 uomini solo in parte armati, il secondo formato da 30 uomini di Ormea; che sarebbero stati necessari 2 mitragliatori, 2 o 3 Sten, plastico e bombe a mano. Chiedeva, poi, di dare il nome definitivo alla Brigata.<br /><b>da documenti </b><a href="http://www.isrecim.it/it/default.html" target="_blank">IsrecIm</a> in <b>Rocco Fava</b> di Sanremo (IM), <i>La
Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della
documentazione inedita </i><i><i><i>dell'</i><i><i><span class="st"><a href="http://www.isrecim.it/">Istituto</a></span></i></i> </i> Storico della Resistenza e della
Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) -</i><i> Tomo
II, </i>Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico
1998-1999 </p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-18273291702549071612024-02-02T18:09:00.002+01:002024-02-02T18:10:25.625+01:00I partigiani imperiesi alla fine di maggio 1944<div><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgpWmEAn_N4aPAsQB7gmxZ7KW2seLGK2TJagGhtraFGdRWLWbm-eZa3k_3c4MEqDzQWzWM7LCbmK733nhNyBjtP7gasnZlARSHDuIeS8DJ9xG_EzFKhOaV2ZOS1CPM0M71KODVq2ZvgZLx5ru2vbWsWuBtinS546p0-CC7hRNdMhB07NcE59CLPwCUF0hI/s4000/16_sett03c%20(413)%20b.JPG" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="3000" data-original-width="4000" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgpWmEAn_N4aPAsQB7gmxZ7KW2seLGK2TJagGhtraFGdRWLWbm-eZa3k_3c4MEqDzQWzWM7LCbmK733nhNyBjtP7gasnZlARSHDuIeS8DJ9xG_EzFKhOaV2ZOS1CPM0M71KODVq2ZvgZLx5ru2vbWsWuBtinS546p0-CC7hRNdMhB07NcE59CLPwCUF0hI/w640-h480/16_sett03c%20(413)%20b.JPG" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Imperia: uno scorcio di Capo Berta<br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">Come nelle altre zone liguri, anche ad Imperia i bandi di arruolamento della R.S.I. determinarono un notevole afflusso di reclute alle <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2023/11/aumentano-i-distaccamenti-partigiani.html" target="_blank">formazioni</a> di montagna aumentandone gli effettivi ed impegnando i comandi in un'opera più attenta di inquadramento e di organizzazione.<br />Contemporaneamente venne predisposto un piano che stabiliva per il 25 maggio [1944] - data di scadenza dei bandi e dell'ultimatum fascista, per la quale era quindi prevedibile l'inizio di una offensiva nemica - un attacco simultaneo in tre punti contro le posizioni germaniche e fasciste ed una nuova dislocazione difensiva dei reparti partigiani.<br />Il piano fu puntualmente eseguito nella data stabilita e sugli obiettivi fissati: il 25, i distaccamenti di Cion [Silvio Bonfante] e di Ivan attaccarono con successo rispettivamente le postazioni difensive nemiche di Capo Berta e di Garbella <7, mentre gli uomini di Mirko [Angelo Setti] sorprendevano con una violenta sparatoria il posto di blocco di Cesio, che poteva salvarsi - dopo due ore di combattimento e notevoli perdite - solo con l'arrivo di rinforzi germanici.<br />Quindi i reparti raggiunsero le nuove posizioni: mentre il distaccamento di Mirko e quello di Tito restavano a Bregalla e al Bosco Nero, Ivan si spostava a Fontanin (Costa di Carpasio) e Cion si piazzava con i suoi nomini a Casoni, a ridosso del Pizzo d'Evigno.<br />A giugno il movimento di resistenza imperiese, forte dei nuovi effettivi e già provato da importanti esperienze, si pose a sua volta il problema di unire in forma più organica - sotto un solo comando e con un nuovo inquadramento militare - tutte le formazioni e le bande operanti nell'entroterra.<br />La prima unità combattente risultato di questo impegno - regolarmente inserita nell'organico delle Brigate Garibaldi e del Comando Militare Ligure - fu la <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/01/la-ix-brigata-dassalto-garibaldi-felice.html" target="_blank">IX Brigata</a> d'Assalto, che costituì la base da cui si sarebbe sviluppato successivamente tutto l'esercito partigiano della zona.<br />Benché il comunicato ufficiale della sua costituzione fosse stato diramato solo il 14 giugno - con una circolare a firma dell'Ispettore Pio - la Brigata funzionava già come tale dal primo giorno dello stesso mese.<br />Raggiungere l'accordo tra i vari reparti ed i gruppi sparsi nel vasto territorio della provincia non era stato - a quanto risulta - molto difficile data l'unità operativa già esistente tra le diverse formazioni e dato che gran parte dei vari comandanti e commissari provenivano dalla prima banda di Felice Cascione: più difficile fu - senza dubbio - ottenere un inquadramento disciplinare e tattico conciliando le esigenze generali con il mantenimento della massima autonomia di manovra possibile ai singoli reparti.<br />Il risultato fu tuttavia in gran parte positivo: ne risultò una Brigata piuttosto agile negli spostamenti, in grado di controllare una grande zona di operazioni, abbastanza efficiente nei servizi.<br />La sede del Comando fu stabilita nella casa di Bacì di Fundeghé, nel bosco di Rezzo; Curto (Nino Siccardi) fu designato comandante della Brigata, vice comandante Mario (Mario De Lucis), commissario Giulio (Libero <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2021/11/il-comandante-partigiano-libero.html" target="_blank">Briganti</a>), vice commissario Grosso (Luigi Nuvoloni) e ispettore di Brigata Pio.<br />[...] Collegata alla IX Brigata - ma mantenendo una propria autonomia di comando e di azione - operò anche in quel periodo una formazione denominata «Banda Matteotti» <8, che si era formata agli ordini del capitano Franco (capitano Franco Faverio).<br />Un così rapido aumento del potenziale dell'organico nel movimento militare di resistenza non poteva non avere delle immediate ripercussioni sulle autorità occupanti che del movimento clandestino avevano rilevato i progressi sia dalle notizie di numerosi informatori sia dall'aumentato numero e ritmo dei sabotaggi e degli attacchi portati contro le loro truppe.<br /><i>Contromisure nemiche</i><br />Occorreva quindi predisporre non solo più munite difese nei punti nevralgici delle vie interne di comunicazione e della stessa via Aurelia ma anche - e soprattutto - effettuare alcune grosse operazioni di rastrellamento che liberassero il territorio alle spalle delle truppe germaniche operanti al confine francese e di quelle poste a vigilare contro sbarchi Alleati la Riviera Ligure di ponente.<br />Vennero dunque - nello stesso mese di giugno - aumentati gli organici della 33^ Legione della G.N.R. di stanza ad Imperia e del IX Battaglione G.N.R. di stanza ad Albenga, mentre nella zona si installavano grossi reparti della 41^ Divisione germanica Alpenjager i cui obbiettivi di impiego - al di fuori dei compiti delle truppe presidiarie <9 - erano appunto le operazioni antiribelli.<br />Tali misure consentirono ai comandi germanici e fascisti di effettuare nel solo mese di giugno circa 50 puntate di rastrellamento contro le forze partigiane: puntate rese del resto necessarie per l'aumentata combattività dei reparti di volontari della provincia e delle zone confinanti, che in breve erano giunti ad occupare una vasta zona del Colle di Nava a Garessio, controllando per un certo periodo di tempo anche Bagnasco e la strada Ceva-Ormea. <10<br />L'asprezza assunta dai nuovi scontri col nemico in ogni parte della provincia contribuì certamente in modo determinante a rafforzare la omogeneità e lo spirito combattivo dei reparti della IX Brigata operando una selezione che ne migliorò l'assetto militare e conferì agli effettivi la necessaria esperienza nello sviluppo della strategia partigiana.<br />Anche la parte logistica della formazione potè migliorarsi con la creazione di alcuni servizi indispensabili - quali l'intendenza, il Servizio Informazioni Militari, il Servizio Sanitario e il reparto Stampa e Propaganda - che se in quella prima fase non risolsero, tuttavia avviarono a soluzione i principali problemi relativi alla vita dell'unità combattente.<br /><span style="font-size: x-small;">[NOTE]</span><br /><span style="font-size: x-small;">7 In questa azione venne ferito il partigiano Emiliano Mercati.</span><br /><span style="font-size: x-small;">8 Più tardi gli effettivi della Banda Matteotti vennero assorbiti in parte dalle formazioni garibaldine, in parte dalle formazioni Autonome del Basso Piemonte. (Documentazione Rubaudo).</span><br /><span style="font-size: x-small;">9 Fra le truppe presidiarie della R.S.I. nella zona cominciavano a verificarsi numerosi episodi di diserzione; vi fu persino il caso di un rifiuto collettivo a partecipare ad un rastrellamento: a seguito di ciò 500 soldati furono disarmati e inviati a Genova a disposizione delle autorità germaniche. Un reparto della R.S.I. di presidio a Caramagna passò invece - al completo - alle forze della resistenza. Anche tra i militi della G.N.R. e gli agenti della P.S. erano cominciate le diserzioni ed i contatti con il movimento clandestino. (Documentazione Rubaudo).</span><br /><span style="font-size: x-small;">10 L'occupazione avvenne nei giorni tra l'll e il 16 giugno.</span><br /><b>Giorgio Gimelli</b>, <i>Cronache militari della Resistenza in Liguria</i>, <a href="https://www.ilsrec.it/" target="_blank">Istituto</a> Storico della Resistenza in Liguria, 1969, pp. 240-246</div><p></p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-44629374170001065812024-01-24T17:45:00.002+01:002024-01-24T17:50:44.602+01:00L'autonomia doveva essere lasciata alle Brigate partigiane ora nascenti<div><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSro4qg8LGSHMPRrNZvsxC8x7oNaLrTv4P3LG1FhK0JtVjdTGHgbfYA3TGzajnWSJffYuSheAQaXibuTtmRoHWbBnyjo1rfCM1zm0wSZREMpODTPS1CdmhHP9mSNWJM20jRjcSXSZU-OcW5zJpH8N9tfB7UO8irEX1kYr3ZUeW05yn3p_SAB0dPdrPbe4/s3264/cswk.jpeg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2448" data-original-width="3264" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSro4qg8LGSHMPRrNZvsxC8x7oNaLrTv4P3LG1FhK0JtVjdTGHgbfYA3TGzajnWSJffYuSheAQaXibuTtmRoHWbBnyjo1rfCM1zm0wSZREMpODTPS1CdmhHP9mSNWJM20jRjcSXSZU-OcW5zJpH8N9tfB7UO8irEX1kYr3ZUeW05yn3p_SAB0dPdrPbe4/w640-h480/cswk.jpeg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Cesio (IM). Foto di Davide Papalini su Wikipedia<br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">A fine marzo 1945 la I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" con la costituzione del Distaccamento "Marco Agnese", comprensivo di 21 garibaldini, e del Distaccamento "Franco Piacentini" (15 partigiani) portava a cinque il numero dei suoi Distaccamenti. In quel periodo il Distaccamento "Francesco Agnese" [comandante "Buffalo Bill"/"Bill"/"Pippo", Giuseppe Saguato] aveva in organico 36 uomini, il Distaccamento "Giovanni Garbagnati" [comandante "Stalin", Franco Bianchi] 37 ed il Distaccamento "Angiolino Viani" [comandante "Russo", Tarquinio Garattini] 29.<br />Il 28 marzo ad Alassio venne momentaneamente smarrito un elenco di garibaldini, subito recuperato, di modo che venne evitata per un soffio una strage di partigiani, come quella purtroppo avvenuta proprio quel giorno a Latte, Frazione di Ventimiglia.<br />Il 30 marzo il capo di Stato Maggiore ["Cis", Giorgio Alpron] della I^ Brigata "Silvano Belgrano" faceva saltare gli aghi di scambio nella stazione ferroviaria di Andora. In effetti dal resoconto delle azioni compiute dalla Brigata nel mese di marzo 1945, inviato in data 3 aprile 1945 al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", si legge: "il Capo di Stato Maggiore 'Cis", recatosi da solo nella stazione ferroviaria di Andora, faceva saltare con l'uso di plastico gli aghi di scambio e più di 20 metri di binario, lato Genova. Il treno che doveva transitare quella notte rimase fermo a Laigueglia fino alle ore 10 del mattino seguente".<br /><b>Rocco Fava</b> di Sanremo (IM), <i>La
Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della
documentazione inedita </i><i><i><i>dell'</i><i><i><span class="st"><a href="http://www.isrecim.it/">Istituto</a></span></i></i> </i> Storico della Resistenza e della
Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) -</i><i>Tomo
I, </i>Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico
1998-1999<br /></div> <div><br /></div><div style="text-align: justify;">Il 29 [marzo 1945] Giorgio [Giorgio <a href="https://www.ilsrec.it/giorgio-olivero-giorgio/" target="_blank">Olivero</a>, comandante della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] aveva invitato al Comando Stalin per esaminare la possibilità di creare uno schieramento organico a protezione della Val d'Andora. Ritirate le bande che operavano in Val di Cervo e di Diano, spostato il Comando da Diano Arentino a S. Gregorio la I Brigata doveva schierare il distaccamento «A. Viani» a Villarelli controllando l'accesso da Villa Faraldi-Cona e la carrozzabile da Andora. Il «Piacentini» doveva controllare il passo del Merlo ed il passo dei Pali, bloccando così i varchi dalla valle di Cervo e da quella di Diano; il « F. Agnese» sorvegliava la mulattiera che saliva dalla «28» al passo S. Giacomo, il «Marco Agnese» accampato a S. Damiano avrebbe bloccato la carrozzabile che saliva da Alassio. Infine il cerchio avrebbe dovuto essere chiuso dal «G. Garbagnati» che, presidiando Tèstico, avrebbe controllato l'accesso dalla Val Lerrone da Cesio. Il Garbagnati rifiutò di occupare la posizione.<br />Il colloquio tra Giorgio e 5talin, che fece fallire il progetto di una difesa organica della Val d'Andora, è indice del morale e della autonomia esistenti alla fine di marzo nelle bande della I Brigata.<br />Innanzitutto a Tèstico non c'era mai stato nessun presidio, nemmeno gli alpini fascisti in gennaio avevano osato sostarvi. Situato all'incrocio della carrozzabile Alassio-Cesio e delle mulattiere che da Stellanello in Val d'Andora portano a Poggiobottaro ed in Val Lerrone, Téstico poteva essere attaccato evidentemente da molte direzioni, offrendo però anche molte vie di ritirata.<br />Di esse la migliore sarebbe stata quella di Stellanello perché protetta dagli alberi. Un accerchiamento nemico, assai difficile per le asperità del terreno, avrebbe dovuto esser condotto con quattro colonne simultanee, il che lo rendeva problematico. Le viuzze strette e le case antiche avrebbero consentito una lunga difesa.<br />Questa la posizione di Tèstico: in teoria lo schieramento delle altre bande avrebbe dovuto garantire il presidio di Tèstico dalle minacce da Alassio e da Stellanello; rimaneva scoperta la più grave minaccia da Cesio, si poteva ovviarvi presidiando in permanenza con una squadra la cresta di Ginestro; ciò avrebbe dato tempo al presidio di contrattaccare o di sganciarsi al coperto del bosco. Come si vede la Matteotti in luglio a S. Bernardo di Garessio e molte altre bande intorno a Rezzo ed a Piaggia avevano presidiato posizioni ben più rischiose con armamento inferiore. Il Garbagnati stesso, in gennaio a Ginestro, aveva combattuto in una posizione tatticamente peggiore attestato su un pendio semiscoperto, battibile facilmente dal versante di fronte e ne era uscito brillantemente. C'era però allora l'illusione di non essere attaccati essendo lontani dalle principali mulattiere, mentre ora si trattava di controllare una carrozzabile per dove più volte era passato il nemico. In verità nel marzo 1945 non c'era ancora nessuna banda accampata su una carrozzabile od un nodo stradale. Se ora volevamo riprenderci era necessario tornare ai vecchi sistemi e se qualcuno doveva cominciare doveva essere il Garbagnati che a ragione era ritenuto il miglior distaccamento della Bonfante. Qual era l'armamento della banda di Stalin? Per il comando divisionale era una incognita. Sapevamo che avevano due lanciagranate, mitra e mitraglie pesanti, ma si sospettava che il numero dichiarato fosse inferiore al vero. Improvvisi sopralluoghi non riuscirono mai a risolvere il problema.<br />Il rifiuto di Stalin di occupare Tèstico fu abbastanza netto: capiva i vantaggi del controllo della Val d'Andora, non aveva però fiducia di essere appoggiato dalle altre bande. «Non posso garantire che arrestino il nemico, si può però contare che diano l'allarme. Esser garantiti da una sorpresa può essere sufficiente» affermava Giorgio.<br />«Se non fosse rischioso vorrei provare questa notte ad attaccare quelli di Pippo: vedresti che scappano tutti senza sparare» replicava Stalin scuotendo il capo. «Se vuoi che venga a Tèstico non rispondo delle conseguenze: può darsi che i miei uomini si rifiutino di obbedire e non posso dar loro torto. Se veniamo attaccati uno sbandamento è sicuro e francamente mi dispiacerebbe perdere uomini e materiali che ho salvato per tanti mesi».<br />«Non si pretende da voi una difesa impossibile: sappiamo che i tedeschi possono strisciare fin sotto ad una nostra posizione e farla fuori a colpi di bombe a mano. Era solo il primo tentativo di riprendere il controllo di una zona per poter attaccare un nemico non molto forte che si infiltrasse nel nostro schieramento ed evitare sorprese in caso di rastrellamento. II cerchio sarebbe stato chiuso: quelli di Marco hanno accettato di controllare lo stradone a S. Damiano e si sono impegnati, in caso di attacco soverchiante, di ripiegare su Tèstico per appoggiarti. Se non vuoi stai pure a Pian Bellotto. Troveremo un'altra banda che accetterà l'incarico, per ora diremo a Pippo di mandar una pattuglia» concluse Giorgio.<br />Ricordavo un altro colloquio di mesi prima tra Giorgio e Stalin: un partigiano di guardia ad una mitraglia aveva avvistato una pattuglia tedesca che si avvicinava. Appena aveva iniziato il fuoco il compagno che portava le munizioni era fuggito lasciando il mitragliatore col solo caricatore infilato nell'arma. Sparando un colpo alla volta questi era riuscito a tenere a bada il nemico obbligandolo poi a ripiegare. Stalin era allora dell'opinione di fucilare il fuggiasco: «Quando si ha un compito bisogna adempierlo fino in fondo, non si può tollerare che uno scappi lasciando gli altri nei guai per colpa sua».<br />«Ha avuto paura» - sosteneva Giorgio. «Se fuciliamo lui dovremmo fucilare anche tutti quelli che stanno a casa percbé hanno meno coraggio di lui. Lui per lo meno ha una fede; è più facile fare il partigiano avendo paura, che, essendo coraggioso».<br />«Nessuno lo aveva pregato di esser dei nostri» - ribatteva Stalin. «Siamo volontari e se uno accetta un compito devo esser sicuro che lo adempia, altrimenti dica chiaro che non se la sente».<br />Stalin infatti aveva detto chiaro che non se la sentiva di venire a Tèstico.<br />Quando uscì chiesi a Giorgio se era sicuro di trovare un'altra banda da piazzare al posto di quella di Stalin. «Appunto perché sono i più forti quelli di Stalin hanno più spiccata degli altri l'indisciplina caratteristica delle bande partigiane: per stare a Tèstico non occorrono degli eroi, basta un po' di senso del dovere. Lo diremo al Catter, vedrai che Fernandel [Mario Gennari, a quella data ancora vice comandante della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo"] accetterà».<br />L'atteggiamento di Giorgio può forse meravigliare, ma date le circostanze era il migliore. Dimostrava che l'esperienza degli eventi passati non era stata del tutto inutile. Anziché tentare di imporre la propria volontà provocando forse un dissidio, se non un nuovo urto anche col comando della I Brigata, Giorgio preferì mostrarsi tollerante, accettare l'autonomia della I Brigata riservandosi in pratica solo funzioni di controllo. Era la soluzione migliore. Giorgio ebbe fiducia nelle capacità organizzative del Comando brigata: osservammo così con gioia sincera il giovane virgulto della Bonfante che si sviluppava e si irrobustiva. Vedemmo le prime disposizioni date dal Comando brigata alle bande, i collegamenti tra i distaccamenti potenziati, la creazione del S.I.M. di brigata, lo sviluppo dell'intendenza, il risorgere del morale offensivo negli uomini, il Comando brigata che operava alla luce del sole. Tutto ciò era necessario perché con l'aumento degli effettivi la Bonfante si avviava ad essere una Divisione anche di fatto, come la scorsa estate lo era stata la Cascione. L'autonomia che avevano goduto lo scorso anno le Brigate V, IV e I doveva essere lasciata alle Brigate ora nascenti.<br />Solo così potrà stabilirsi una reciproca stima e collaborazione tra gli uomini d'azione ed i tecnici, tra i proletari ed i borghesi. Vi era una spiccata differenza di stile, di mentalità, di abitudini tra Giorgio, Boris [Gustavo Berio, vice commissario della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"], Pantera [Luigi Massabò, vice comandante della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] da un lato e Mancen [Massimo Gismondi, comandante della I^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"], Federico [Federico Sibilla, vice comandante della I^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Silvano Belgrano"], Stalin. Pantera non era comunista, per Giorgio e Boris il comunismo pareva più una condiscendenza ad una moda che una vera fede. Lo stesso non si poteva invece dire del comando della I Brigata che sentivamo come l'ambiente più rosso della Divisione. Anche fisicamente Stalin, con capelli lunghi fino alle spalle, pareva l'incarnazione dello spirito ribelle ad ogni disciplina e consuetudine. Con lui erano alcri capibanda eredi di una tradizione di lotta e di autonomia.<br />Già altre volte la volontà di Stalin si era scontrata con quella del Comando divisione. Il soldato tedesco Jahob Unkelbach il 18 febbraio si era presentato al Garbagnati. Il Comando aveva consigliato la sua eliminazione, ma Stalin si era rifiutato: il disertore tedesco era uno studente di medicina e poteva essergli utile. Gli aveva dato il nome di battaglia «Antonio» e lo aveva messo alle dipendenze di Esculapio, medico della I Brigata, che si servì di lui per tutto marzo per curare feriti e malati. Purtroppo si vedranno più tardi le <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/08/leccidio-di-testico-del-15-aprile-1945.html" target="_blank">conseguenze</a> dei due rifiuti di obbedienza ed anche il Comando della I Brigata dovrà trarne le conseguenze. Si cambierà allora il commissario del Garbagnati promuovendo Athos a commissario della II Brigata ponendo accanto a Stalin un commissario nuovo, ligio ai comandi superiori. La scelta non sarà felice e l'autorità di Stalin non verrà per questo ad essere diminuita. Così finiva il mese di marzo: un alternarsi di duri colpi e di successi, una ripresa sicura per quanto lenta, sintomi del crollo nemico sempre più chiari.<br />In marzo avvenne il nostro primo sabotaggio ferroviario riuscito sulla Albenga-Imperia. Un treno venne fatto deragliare bloccando la linea per qualche tempo.<br /><b>Gino Glorio</b> (Magnesia), <i>Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte</i>, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 225-228<br /></div><div><br /></div><div><div style="text-align: justify;"><i>1 aprile 1945</i> - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 123, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed al comando della VI^ Divisione - Segnalava, rispetto al corso, di cui aveva già fatto cenno in un precedente rapporto, per la preparazione delle spie, istituito dalla Gestapo, che il medesimo era iniziato a metà marzo 1945, diretto dal capitano Maranzano; che partecipavano al corso Antonio Bracco, Gennaro Iacobone e Marchetti; che gli idonei al corso si sarebbero, poi, dovuti infiltrare nell'esercito alleato e prendere collegamenti con i tedeschi già insinuatisi in quelle file. Comunicava, inoltre, che [...] ad Andora (SV) l'Orstkommandatur aveva ceduto il posto a 30 repubblichini.<br /><i>1 aprile 1945</i> - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 123 bis, al comando della VI^ Divisione ed al CLN di Alassio (SV) - Segnalava che il comando del Fascio Repubblicano era in possesso di un elenco di partigiani, consegnato dal maresciallo Gargano alle autorità repubblichine di P.S. e poi al Fascio e forniva i 29 nomi dei mentovati partigiani perché il CLN potesse avvertirli.<br /><i>2 aprile 1945</i> - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 266, ai comandi del Battaglione "Ugo Calderoni", del Distaccamento "Filippo Airaldi", del Distaccamento "Giannino Bortolotti", del Distaccamento "Giovanni Garbagnati", del Distaccamento "Angiolino Viani", del Distaccamento "Marco Agnese" - Disponeva che per sicurezza della zona occupata dalle formazioni in indirizzo queste dovevano collocare ad una distanza di circa 25 metri delle bombe a mano a sbarramento dei sentieri e dei terreni circostanti; che nelle ore notturne doveva essere fatto "rispettare il coprifuoco per evitare incidenti alla popolazione civile"; che solo le persone dotate di permessi scritti a macchina, rilasciati da membri del Comando Operativo di Zona o del comando divisionale, potevano lasciare la mentovata zona; che nessun garibaldino poteva scendere a Viozene; che per qualsiasi necessità "essendo proibito comprare dai privati" i partigiani dovevano rivolgersi alla propria intendenza.<br /><i>2 aprile 1945</i> - Da "Gigino" [Umberto Capelli] e "Germano" [forse Germano Tronville] al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che il 3 aprile ci sarebbe stata a Mondovì (CN) una riunione, presenti elementi comunisti ed il locale CLN, per formare una squadra di garibaldini e che venivano inviate 55.000 lire come ricavato dalla vendita di un mulo.<br /><b>da documenti </b><a href="http://www.isrecim.it/it/default.html" target="_blank">IsrecIm</a> in <b>Rocco Fava</b>, <i>Op. cit. - Tomo II</i></div><p></p></div>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-90741368171227433332024-01-16T16:49:00.002+01:002024-01-16T16:51:51.748+01:00Attacco nazifascista alla IV Brigata<div><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhx_IbOIBbd0x0JCYXUIi14qyy96o-LctiddW4np8jf7n3jpr8bJldBNg_TffMxr_ahyphenhyphenuhknMTnmzh3cJ-xp6SUsVArdVE4kFHYXWZTiIeN9TsLm2aQyPc-4R8ymZqH5eZt0iRufrIAVsAv2IUHCVWiW6yBzF45xXVZO0DFXWh6DLUO_o35sOzcGpmdLUU/s1600/pp.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhx_IbOIBbd0x0JCYXUIi14qyy96o-LctiddW4np8jf7n3jpr8bJldBNg_TffMxr_ahyphenhyphenuhknMTnmzh3cJ-xp6SUsVArdVE4kFHYXWZTiIeN9TsLm2aQyPc-4R8ymZqH5eZt0iRufrIAVsAv2IUHCVWiW6yBzF45xXVZO0DFXWh6DLUO_o35sOzcGpmdLUU/w640-h480/pp.jpg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Una vista dal Passo della Pistuna. Fonte: Wikiloc<br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">Il rastrellamento previsto contro la IV brigata ha inizio.<br />Una colonna di Tedeschi proveniente da Molini di Triora scende nelle prime ore del pomeriggio del 31 ottobre verso Montalto ove attende un'altra colonna proveniente da Arma di Taggia: circa trecento uomini che, raggiunta Badalucco ove compiono ulteriori saccheggi e arrestano Secondo Antonio fu Napoleone che fanno sparire, proseguono e si congiungono alla prima. <br />Nel tardo pomeriggio una parte dei Tedeschi ritorna a Molini di Triora mentre il grosso della colonna pernotta per proseguire all'alba del giorno successivo per Carpasio, con tutte le mucche razziate lungo il cammino. <br />Il Comando della brigata garibaldina, informato che quello tedesco era a conoscenza dell'ubicazione del Comando stesso, decide di spostarsi nella notte, con tutto il materiale e gli uomini, in altra località.<br />Il primo distaccamento e quello di brigata ricevono anch'essi l'ordine di spostarsi nella notte in un'altra località, pur mantenendo le guardie ai soliti passi.<br />E' l'alba del primo novembre quando circa centocinquanta garibaldini del primo battaglione del comandante Giovanni Alessio (Peletta), e del 2°, del comandante Giacomo Sibilla (Ivan), incominciano ad animarsi negli accampamenti posti tra il passo della Pistona [Pistuna] e quello di Verna, e a Costa di Carpasio, mentre alcune squadre da qualche ora erano di pattuglia. <br />Il Comando brigata, come prestabilito, aveva rapidamente attuato lo spostamento. Rimane invece appostata sulla strada una squadra agli ordini del vicecomandante di brigata Angelo Perrone ("Bancarà" o "Vinicio"), per attendere la prevista colonna nemica proveniente da Montalto e diretta a Carpasio. Ma non avvertito alcun movimento apparente, la squadra si ricongiunge al distaccamento alle ore 10 circa antimeridiane e perciò la colonna tedesca, non individuata ed attaccata, alle ore 11 può raggiungere indisturbata il paese di Carpasio. <br />Il nemico invade il paese con violenza, svaligia per l'ennesima volta tutte le case e preleva tre ostaggi di cui uno verrà fucilato a San Remo. <br />Sviluppa l'attacco alla IV Brigata pure da levante e perciò il primo novembre Tedeschi e fascisti della formazione del capitano F. [Ferrari] provenienti da Pontedassio e penetrati in Borgomaro, saccheggiano una dozzina di case e catturano il garibaldino Agostino Guglieri (Barba) fu Agostino, nato a Borgomaro il 24.3.1918 (che verrà fucilato a Taggia il 28.11.1944). Altre tre persone catturate come ostaggi finiranno nel campo di concentramento di Bolzano (1). Una squadra di Tedeschi saccheggia alcune case nel borgo di Candeasco. <br />La rapida evoluzione della situazione militare induce il vicecomandante "Bancarà" a chiedere rinforzi al primo battaglione il cui comandante "Peletta", già in osservazione col binocolo sulla cresta della montagna presso il passo della Pistona, aveva scorto una colonna tedesca in marcia in direzione del valico di Conio.<br />I garibaldini decidono di affrontare immediatamente i Tedeschi per bloccarli al valico e quindi ricacciarli indietro per non permettere loro di circondare la brigata. <br />Una quindicina di componenti del primo battaglione, ivi compresi il comandante "Peletta" (2), il vice comandante, il commissario Mimmo Semeria (Sparviero), uomini del 6° distaccamento, ed altri tra cui Pietro Frangi (Milan), "Canteria", "Nando" e Raul Oreggia (Raul), affrettano il passo per giungere al valico prima dei Tedeschi e tendere loro l'imboscata.<br />Si muovono sul versante a mare con "Milan" in avanscoperta che sulla cresta della montagna, giunto a circa 400 metri dal valico, scorti sul versante opposto, per i prati, numerosi Tedeschi avanzanti in ordine sparso in direzione del valico stesso, col movimento di un braccio esorta i compagni ad accelerare la marcia per arrivare prima del nemico a prendere posizione sulla cresta, alla quale ormai sono prossimi. <br />In anticipo solo di un minuto sul nemico ignaro, i garibaldini riescono appena in tempo a piazzare le armi automatiche e a prenderlo di mira da una distanza di circa trenta metri. <br />Con lo scoppio fragoroso e micidiale di un grappolo di quattro bombe a mano tedesche, lanciate da "Peletta", che provocano una strage in mezzo al nemico, inizia un violento combattimento. <br />Allo scoppio segue un fuoco infernale scatenato dalle armi automatiche (mitra, machinen-pistole, parabellum, Mayerling) che investe i nazisti sorpresi dall'attacco e perciò, in preda al terrore, subito tentennano e quindi cercano riparo tra le rocce che non sono a portata di mano. <br />La sparatoria durerà circa due ore (3).<br />Il comandante tedesco che, all'inizio dello scontro, con la rivoltella in pugno marciava davanti ai suoi uomini, imbottito di piombo da "Sparviero" e da altri compagni di lotta tarda a cadere; sembra che le pallottole lo sfiorino appena e avanza ancora verso la posizione garibaldina con gli occhi di ghiaccio e quasi è addosso agli uomini quando cade a terra morto. Sgomento tra i garibaldini davanti a tale allucinante spettacolo. <br />Rimangono sul terreno una quindicina di nemici uccisi prima che, inceppatosi il Mayerling, i garibaldini si ritirino sul valico del Maro, verso il quale i Tedeschi, rimasti incolumi, da un riparo all'altro, da un cespuglio all'altro, cercano di spostarsi.<br />Dai loro movimenti appare evidente il tentativo di riunirsi in colonna per portarsi a quel valico onde prendere alle spalle i garibaldini. I quali vi giungono per primi e scatta, così, la seconda imboscata della giornata. <br />Lo scontro si accende accanito con le avanguardie nemiche; al gruppo si sono ora aggiunti i garibaldini del 6° distaccamento guidati da "Ivan" [Giacomo Sibilla], comandante del 2° battaglione. <br />Si combatte per circa due ore; tra morti e feriti sono messi fuori combattimento una trentina di nemici (4). <br />Verso le ore 11, cessato ormai il combattimento, in perlustrazione con il binocolo "Peletta" scorge piazzata sul sagrato della chiesa di Carpasio una mitragliera da 20 mm. che inizia, in quel momento, un violento fuoco sul gruppo dei partigiani usciti dal riparo. <br />"Sparviero" riesce a pararsi in tempo, ma il garibaldino Giovanni Blasi (Fiorello) di Antonio, nato a Lecce il 14.11.1920, viene colpito da un proiettile alla spalla sinistra (5). <br />Intanto per penuria di munizioni i garibaldini si sganciano ma i Tedeschi non osano andare avanti. <br />A tarda sera carri nemici, che trasportano le salme dei caduti coperte di frasche, scendono per la strada di Borgomaro.<br />Durante questa giornata di scontri viene pure proditoriamente attaccato dal nemico, con l'aiuto di una spia, il 5° distaccamento e perciò cade il garibaldino Angelo Gorlero (Toro) fu Luigi, nato a Imperia il 5.10.1922 e due altri rimangono feriti; il nemico perde tre uomini. <br />Il comando partigiano, prevedendo un rastrellamento generale per il giorno successivo, che avrebbe potuto precludere ogni possibilità di ritirata alla IV Brigata, ordina ai distaccamenti di scindersi ordinatamente in squadre secondo le istruzioni a suo tempo emanate. <br />Il 2 di novembre tre colonne di nazifascisti, rispettivamente provenienti da Conio, da San Bernardo e da Aurigo dove avevano pernottato (presumibilmente gli stessi che il giorno innanzi avevano sostenuto i combattimenti ai valichi di Conio, del Maro ed attaccato il 5° distaccamento), si riuniscono a Ville San Pietro, invadono la chiesa durante la S. Messa dei defunti e catturano quattro ostaggi (6). <br />Il rastrellamento si estende in tutta la valle dell'Impero, in valle Prino da Villa Talla al mare, in valle Argentina da colla d'Oggia a Montalto; viene così investita tutta la zona d'operazioni della IV Brigata. <br />Nel pomeriggio a Ville San Pietro si formano due colonne, di cui una, composta di Tedeschi, scende ad Arzéne, già sede del Comando della brigata, l'altra, composta di fascisti, scende a Villa Talla e assedia il paese. I nemici intimano l'alt ad un civile che non si ferma e riesce a fuggire, quindi radunano la popolazione in piazza e sono catturati alcuni membri del C.L.N. Locale. Messi in marcia, due di essi fuggono lungo la strada e i quattro rimasti vengono condotti a Valloria dove altro ancora, elusa la sorveglianza, riesce a nascondersi. <br />Dei tre non riusciti a fuggire, ammanettati e trascinati in prigione a Porto Maurizio dalle SS, Francesco Trucco verrà liberato dopo tre mesi di detenzione, mentre Mario Gazzano e Pietro Pellegrini, deportati nel campo di concentramento di Bolzano dopo quattro mesi, ne usciranno alla fine della guerra. <br />Dopo aver messo a sacco Villa Talla, la colonna fascista prosegue per Tavole e Lecchiore.<br />Durante il tragitto una nebbia fittissima protegge i fascisti; infatti quattro squadre garibaldine (due del 3° distaccamento e due del 4°) trattenute dal Comando allo scopo di colpirli sulla via del ritorno, a causa del fenomeno non riescono a stabilire l'entità delle loro forze, mentre li odono gridare e chiamarsi a vicenda nell'abitato di Tavole. <br />Allora i partigiani si appostano alla cappella di Santa Marta perché sembra, con tutta probabilità, che i nemici vogliono salirvi; invece, protetti ancora dalla fitta nebbia si portano a Lecchiore, guidati dal capitano Ferrari, e circondano il paese. <br />Su indicazioni di spie, sorprendono il garibaldino Patrone Battista (Patron) di Giobatta, nato a Pieve di Teco l'8.8.1926 che feriscono gravemente, ed intimano di alzare le mani a Elio Cologni (Ricon) di Antonio, nato a Bergamo il 13.01.1911, vicecommissario del primo battaglione, mentre tenta di portare in salvo il compagno ferito. <br />Il Cologni non si dà per vinto e reagisce ma viene mortalmente colpito al cuore da una raffica di mitra; si conclude, così, la sua nobile esistenza perché è stata di continua lotta per la libertà (7). <br />Anche il Patrone viene barbaramente finito con una raffica alla nuca (8). <br />In giornata, prima di allontanarsi da Montalto, i bersaglieri fascisti bruciano l'osteria del paese; in uno scontro nei pressi di Vasia cade il garibaldino Augusto Dal Bò (Tripolino) di Angelo, nato a Treviso il 16.07.1928. A Poggialto viene catturato e fucilato Guglieri, detto "Rinè", di Borgomaro. Cade anche Attilio Ventimiglia di Conio. E' catturato dai nazifascisti pure Armando Benza che verrà fucilato alla periferia di Oneglia il 6 novembre 1944. <br />Avvisate dalla pattuglia inviata verso Lecchiore il 3 novembre, le quattro squadre, che erano state tenute in riserva per le imboscate, con i rispettivi comandanti si portano rapidamente al valico di Santa Brigida per attaccare il nemico che sta transitando per scendere verso la costa, ma giungono in ritardo. La retroguardia composta da diciassette fascisti si salva, così, per pochi minuti. <br />Nonostante i combattimenti sostenuti per due giorni consecutivi, gli appostamenti prolungati sotto terribili acquazzoni, i vestiti fradici senza possibilità di asciugarli ad un fuoco ed alcune perdite subite, i garibaldini escono dal rastrellamento, condotto dal nemico con ingenti forze per distruggere la gloriosa IV Brigata isolata in Liguria, col morale alto e le fila del tutto intatte. <br />Ed appunto il nemico, conscio dello scacco subito, scatena la sua rabbia su vari paesi del litorale. <br />Il 3 di novembre rastrella cinque persone a Castellaro, fra queste Vincenzo Capponi viene deportato in Germania ed altre due nelle carceri di Marassi a Genova. In rastrellamento fucila Giambattista Filippi a Terzorio e sulla strada una giovane donna che transitava in bicicletta. <br />Rastrella sessanta civili a Riva Santo Stefano, di cui, quaranta deporta nella villa Magnolia a San Remo, venti a Marassi ed in seguito, otto di questi in Germania, compresi Renato Minasso, G.B. Garibaldi, Settimo Boeri e Gerolamo De Micheli. <br />Nella prima decade di novembre si stabilisce a Baiardo una compagnia di bersaglieri fascisti di cui descriveremo le malefatte, e vi rimarrà fino alla liberazione; durante questo periodo colpirà duramente le località di Vignai, Fontana Bianca, Pei, Valeglia, Ciliegia, Castello, Serra, San Giorgio, Carosse, Fornace, e Berzi.<br /><span style="font-size: x-small;">[NOTE]</span><br /><span style="font-size: x-small;">1 Gli ostaggi ostaggi catturati e finiti a Bolzano in campo di concentramento sono: Aldo Gandolfo, Giacomo Guglieri, Onorino Toesca; vi rimarranno fino alla liberazione.</span><br /><span style="font-size: x-small;">2 Giovanni Alessio (Peletta) fu un grande combattente per la libertà. Nell'aprile 1944 disarmò due carabinieri a Borgo Prino e a Caramagna; nella primavera, con una squadra, catturò il presidio fascista di San Lorenzo al Mare; attaccò per tre giorni un presidio nemico nei pressi di Civezza; prelevò a Villa Ludovici otto Tedeschi in servizio ai pozzi minati; catturò e disarmò la batteria di Poggi composta da trentasette milili della San Marco e da un Tedesco; sbaragliò una colonna nazifascista presso Prelà; il 4 settembre 1944 attaccò e distrusse una squadra tedesca presso Santa Brigida. Le imboscate da lui tese coi suoi uomini, susseguitesi per tutto l'inverno a Tavole, a passo Verna, a passo Pistona, a Pietrabruna, a Dolcedo, ecc., causarono tali perdite ai nazifascisti che essi stessi lo bandirono promettendo una taglia di un milione di lire da consegnarsi a chi l'avesse catturato e rortato vivo o morto al loro Comando.</span><br /><span style="font-size: x-small;">3 Da una relazione della IV brigata pervenuta al Comando divisione il 26.12.1944.</span><br /><span style="font-size: x-small;">4 In occasione dei vittoriosi scontri venne emesso dai Comandi partigiani il seguente ordine del giorno:</span><br /><span style="font-size: x-small;">"... Corpo Volontari della Libertà aderente al C.L.N. </span><br /><span style="font-size: x-small;">Comando Divisioni e Brigate d'Assalto "Garibaldi".</span><br /><span style="font-size: x-small;">Ispettorato della I e II Zona Liguria.</span><br /><span style="font-size: x-small;"> Al Comando della IV Brigata.</span><br /><span style="font-size: x-small;"> A tutti i volontari della IV Brigata.</span><br /><span style="font-size: x-small;"> Ordine del Giorno</span><br /><span style="font-size: x-small;">Il Comando della IV brigata e tutti i volontari della libertà che la compongono sono citati all'ordine del giorno per avere, durante l'ultimo tentativo di rastrellamento, saputo tener testa con fermezza e coraggio a tutti gli attacchi del nemico, passando quindi alla controffensiva ed infliggendo ai Tedeschi gravi perdite.</span><br /><span style="font-size: x-small;">L'encomio è decretato al comandante "Ivan" ed al 6° distaccamento per il loro valoroso comportamento e per lo spirito combattivo dimostrato al passo del Maro il primo novembre contro il tentativo di rastrellamento nemico.</span><br /><span style="font-size: x-small;">L'encomio solenne è decretato al garibaldino Blasi che, incurante dell'offesa nemica, troppo si esponeva e rimaneva mortalmente ferito al passo del Maro il primo di novembre.</span><br /><span style="font-size: x-small;">L'encomio solenne è decretato al vicecomandante di brigata "Vinicio", al comandante "Peletta" e alla squadra del primo battaglione che con loro ha combattuto a passo di Conio e al passo del Maro, per essere stati gli animatori della lotta, per decisione nel combattimento e alto spirito combattivo.</span><br /><span style="font-size: x-small;">La IV ha saputo in questa circostanza mantenere alta la bandiera della divisione "F. Cascione" e la sua eroica tradizione di sacrificio e di lotta per i più alti destini della Patria.</span><br /><span style="font-size: x-small;"> Il Comandante Ispettore della I e II Zona Liguria</span><br /><span style="font-size: x-small;"> firmato: "Simon" ..."</span><br /><span style="font-size: x-small;">(n.d.r. - Angelo Perrone aveva due nomi di battaglia: "Vinicio" e " Bancarà")</span><br /><span style="font-size: x-small;">5 A nulla valsero le cure. Il 7 di novembre 1944 il garibaldino Blasi colpito da setticemia cessa di vivere, murato in una nicchia rifugio di una “fascia” di Valloria, ove era stato nascosto, assistito dal dr. D'Alessio.</span><br /><span style="font-size: x-small;">6 Gli ostaggi verranno rinchiusi nelle carceri d'Oneglia e sottoposti a torture per due mesi.</span><br /><span style="font-size: x-small;">7 Vedi nota 8 del capitolo precedente.</span><br /><span style="font-size: x-small;">8 Da relazione del Comando IV brigata "E. Guarrini" alla Delegazione militare della I Zona Liguria, prot. n. 6/Cm, 5.11.1944.</span><br /><b>Francesco Biga</b>, <i>Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944</i>, ed. Amministrazione Provinciale di Imperia e patrocinio <span class="st"><a href="http://www.isrecim.it/">IsrecIm</a></span>, Milanostampa, 1977, pp. 235-240 <br /></div><div><p></p></div>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-25084830167137325872024-01-02T11:05:00.005+01:002024-01-03T12:02:16.865+01:00Dopo un paio di bordate andate a vuoto, una nave francese riuscì a colpire il mercato dei fiori<div><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOek-Tz3KcgZYrZRw4TatYIgB6HqSOTp3cuqAAIigSwFjeqP4-0AIQNFpjaXoKzTv1vrCAbtqwzS7K8YQ-L1aFLF2eLqrupl1aRdEV0nQDBg2XJTB6ldb8_xT0Sd4E9nfvo-taM2CVpkZK1q-Ll60zLS3s9tcWFQGA20x30jEhHI3iWTDhTDQAWdj4RTo/s2976/22_nov27%20(11).JPG" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1984" data-original-width="2976" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOek-Tz3KcgZYrZRw4TatYIgB6HqSOTp3cuqAAIigSwFjeqP4-0AIQNFpjaXoKzTv1vrCAbtqwzS7K8YQ-L1aFLF2eLqrupl1aRdEV0nQDBg2XJTB6ldb8_xT0Sd4E9nfvo-taM2CVpkZK1q-Ll60zLS3s9tcWFQGA20x30jEhHI3iWTDhTDQAWdj4RTo/w640-h426/22_nov27%20(11).JPG" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Sanremo (IM): la zona di Piazza Colombo allo stato attuale<br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">Venerdì 20 [ottobre 1944] - Sanremo bombardata per due ore da un C.T. protetto da corvette.<br /><b>Giuseppe Biancheri</b>, <i>Diario di guerra</i>, pubblicato su LA VOCE INTEMELIA anno XXXIX n. 10 - ottobre 1984 e n. 11 - novembre 1984, qui ripreso da <a href="https://www.cumpagniadiventemigliusi.it/" target="_blank">Cumpagnia</a> d’i Ventemigliusi</div><p></p><p style="text-align: justify;">20 Ottobre [1944]<br />Questa mattina verso le 11,30 abbiamo avuto un potentissimo bombardamento navale. Un incrociatore e un cacciatorpediniere colpiscono duramente la Piazza Colombo dove nel mercato dei Fiori avevano nascosto siluri umani e camion di benzina e nafta. Colpendo esattamente l'obiettivo, si può immaginare la forte esplosione avuta; la costruzione del mercato floreale andò completamente distrutta; incendi si svilupparono nelle case tutto intorno e, per lo spostamento d'aria siluri vennero lanciati fino a Via Vittorio nella casa di Ramoino in via Carli davanti a Frova, sotto all'Ospedale e in via Palazzo. Vittime furono quattro, essendo crollato il rifugio sotto al Mercato, ma dobbiamo proprio dire che la Madonna della Costa ci aiuta, altrimenti potevano essercene in peggior quantità. Con tutta quella materia infiammabile nel centro della città, potevano saltare tutte le case. E poi dicono che Sanremo è priva di obiettivi. Questa è una prova!<br />21 Ottobre [1944]<br />Il numero dei sinistrati va aumentando, e tutti cercano di venire ad abitare da questa parte della città per esser lontani dal porto, ma fin quando saremo sicuri anche qui?<br />22 Ottobre [1944]<br />La X Flottiglia Mas che era all'Albergo Splendido, dopo il bombardamento navale dell'altro giorno, dove l'albergo è stato quasi colpito, si è trasferita momentaneamente all'Albergo Astoria, in attesa di trovare altrove, poiché questa casa è già a disposizione della "Wermacht" e della "Todt".<br />23 Ottobre [1944] <br />Oggi c'è stato nuovamente un bombardamento navale sul porto; ma i danni si sono limitati alla zona di S. Tecla e il molo.<br />[<b>n.d.r.</b>: dal diario di una ragazza rimasta ignota, figlia di albergatori di Sanremo]<br /><b>Renato Tavanti</b>, <i>Sanremo. "Nido di vipere". Piccola cronaca di guerra. Volume terzo</i>, Atene Edizioni, 2006 </p><p style="text-align: justify;">Nella tarda mattinata del 20 ottobre 1944 si verificò il bombardamento che rappresentò senza dubbio il più devastante attacco nemico di tutto il periodo bellico per quanto concerne la portata distruttiva <253. L'azione fu messa in atto dal cacciatorpediniere francese "Forbin", comandato dal capitano di corvetta Barthélémy, divenuto in seguito ammiraglio, dal comandante in seconda, il giovane sottotenente di vascello Hubert Pierre Duplaix, e dal luogotenente di vascello Mottez, che svolgeva le mansioni di ufficiale cannoniere.<br /><span style="font-size: x-small;"><i>253 Sul bombardamento navale di Sanremo del 20 ottobre 1944 cfr. M. Spertini, La distruzione del "Mercato dei Fiori" a Sanremo del 20/10/1944, in "Rivista Italiana Difesa", marzo 1990, pp. 88-97. V. Balbis, 20 ottobre 1944, in "A Gardiora du Matussian", n. 3, 2001, p. 9; R. Tavanti, Sanremo cit., pp. 115-141; Id., Storia di Sanremo: il bombardamento del 20 ottobre 1944, in "Civitas Sancti Romuli", 1983, pp. 62-66: Quel drammatico ottobre del 1944, in "A Gardiora du Matussian", n. 3, 2010, pp. 2-3; A. Gandolfo, Sanremo cit., pp. 170-74.</i></span><br /><b>Andrea Gandolfo</b>, <i>Storia di Sanremo. Vol. VIII. Dall'entrata in guerra alla Liberazione (1940-1945)</i>, Famija Sanremasca, 2021<br /></p><p style="text-align: justify;">Trascrivo un pezzo della commemorazione che ha fatto mio fratello Franco, a nome dell’ANPI, dei Martiri di Poggio il 19 novembre 2017. E’ un pezzo di storia di Sanremo, che non abbiamo conosciuto direttamente (per fortuna). <br />Siamo a Poggio, nell’autunno del 1944, dove i miei genitori, mio fratello ed io piccolissima eravamo sfollati. <br />"… la situazione era piena di tensione, di ansia continua. I bandi di Graziani, che venivano appiccicati ai muri dallo stesso factotum addetto a 'battere la grida', a fare il netturbino e a chissà quali altre mansioni, aveva convinto anche i più titubanti fra i giovani a raggiungere i loro compagni sulle montagne. I partigiani che gravitavano nei dintorni erano molti, ma la parola 'partigiani' nessuno, in particolare i bambini, la potevano pronunciare in pubblico. Se proprio scappava di farne cenno, bisognava chiamarli 'ribelli'.<br />Non dimentico i generi alimentari e di prima necessità razionati; certi avvisi tam-tam di rastrellamenti che costringevano gli uomini validi a lasciare casa e a fuggire nel pieno della notte per recarsi nei boschi; l’aereo ricognitore, Pippo o Pippetto che fosse, che di notte sorvolava la regione, ronzando misterioso e ossessionante; spari notturni; fame della gente; donne che, armate di damigiane, scendevano in città a prendere l’acqua del mare per potersi fabbricare il sale; il campo sportivo, allora detto 'del Littorio', che si vedeva in lontananza, spesso brulicante di moto, carri, sidecar e attorno un formicolio di uomini… alcuni militari che transitavano a gruppi di due, silenziosi, recando sulla schiena, a mo’ di zaini, certe grosse bobine di fili o cavetti destinati alla riparazione di linee telefoniche e telegrafiche saltate. A poco a poco i tedeschi diventarono feroci.<br />Si sentiva la gente mormorare: «Hanno ucciso un uomo lì… hanno fatto un rastrellamento là… nel tale paese hanno massacrato donne, uomini e bambini… persino un prete!… nel centro di Sanremo, tra la farmacia Donzella e l’edicola della Scassa hanno fatto un rastrellamento grandissimo… alcuni uomini sono fuggiti sul campanile di San Siro, altri si sono nascosti al fondo della galleria, dietro ad alcune vecchiette. I tanti che sono rimasti sono stati caricati su un camion, a Upega un capo dei ribelli ferito in battaglia si è sparato per non cadere vivo nelle mani di quei brutessi… gli americani hanno bombardato Sanremo vecchia, un mucchio di persone sono rimaste sotto le macerie!».<br />Si arrivò alla mattina del 20 ottobre 1944. Dopo un paio di bordate andate a vuoto, una nave francese riuscì a colpire il mercato dei fiori, dentro il quale c’erano circa cinquanta siluri tedeschi di nuovo modello, depositati giorni prima dai nostri 'camerati' germanici. Al bombardamento assistetti da un punto panoramico privilegiato. Avevo attorno una folla di donne piangenti e piansi anch’io nel vedere quel tremendo cinemascope di fuoco, fumo, cannonate e spezzoni incendiati che saltavano per ogni dove.<br />Altra notizia terribile: fucilato nei pressi di Oneglia, dopo torture, il conosciutissimo sarto sanremasco Pippo <a href="https://www.anpi.it/biografia/giuseppe-anselmi" target="_blank">Anselmi</a>, antifascista da sempre, organizzatore delle prime 'bande'. Si sentì anche mormorare: «Un generale inglese, no, americano, ha mandato a dire ai ribelli di smobilitare, di andare a trascorrere l’inverno a casa, ma i nostri gli hanno risposto di andare a prendersela…».<br />24 novembre 1944. Altra mattinata di sole. Io sto giocando all’aperto, sul selciato della piazzetta del Dopolavoro, svogliatamente, perché, a differenza delle altre mattine, sono solo. Sento il rumore di un motore avvicinarsi. Mi affaccio dal parapetto e vedo arrivare un camion che arranca lentamente. L’automezzo entra nella stretta via che conduce alla piazza di Poggio ed sparisce al mio sguardo.<br />Dopo alcuni minuti rompe il silenzio un interminabile <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2021/09/il-comando-tedesco-aiutato-dai-fascisti.html" target="_blank">crepitio</a> di mitraglia. Non faccio a tempo ad arrivare da mia mamma che si vede poco distante una spessa nube di fumo [...]"<br />Donatella D’Imporzano <br /><b>Chiara Salvini</b>, <i>Donatella D’Imporzano racconta suo fratello...</i>, Nel <a href="https://www.neldeliriononeromaisola.it/" target="_blank">delirio</a> non ero mai sola, 22 gennaio 2023</p><p style="text-align: justify;">20 ottobre 1944<br />In questi giorni le navi hanno puntato su San Remo sparando le loro pillole incendiarie e, per conseguenza, c'è stato un gran numero di morti.<br /><b>Caterina Gaggero Viale</b>, <i>Diario di Guerra della Zona Intemelia 1943-45</i>, Edizioni Alzani, Pinerolo, 1988 </p><p style="text-align: justify;"><b>Testimonianza dell'avvocato Alessandro Remotti sul bombardamento navale di Sanremo del 20 ottobre 1944</b><br />[...] posso riferirti alcune testimonianze da me vissute, essendo un bambino di circa sette anni<br />[...] In altra occasione, però, quella che sarebbe poi stata la fatidica mattina del 20 ottobre 1944, portati come sempre dalle donne di casa nella medesima cantina-rifugio non appena suonato l'allarme, e accesa la solita candela di cera, in quanto durante tali momenti d'emergenza veniva sospesa l'erogazione dell'energia elettrica, e il piccolo vano non aveva aperture esterne da cui avere luce naturale, ad un certo momento avvertimmo una vibrazione del suolo che ci sembrò quasi di natura tellurica, seguita da un notevole spostamento d'aria che addirittura fece spegnere la fiamma della candela. Il fatto ci lasciò notevolmente impressionati, essendo il fenomeno del tutto inconsueto e mai avvenuto prima di allora, tanto che dopo un paio di minuti di assoluto silenzio da parte dei presenti, si provvide a riaccendere la candela e iniziare gli inevitabili commenti sull'accaduto, dando per la più plausibile ipotesi quella secondo cui una o più bombe avessero colpito l'edificio ove ci trovavamo, distruggendolo o comunque danneggiandolo notevolmente, suscitando viva preoccupazione sul se e come poter uscire all'aria aperta. Comunque, senza attendere oltre, e forse neppure prestando attenzione al segnale di cessato allarme, dapprima noi bambini e i ragazzi più vivaci, quindi tutte le persone presenti, uscimmo senza difficoltà al'esterno dell'edificio, constatando con estremo piacere che allo stesso nulla era accaduto, mentre si notava provenire in direzione sud-est, verso piazza Colombo, una densa colonna di fumo, il che ovviamente suscitò il nostro più vivo interesse, tanto da farci portare subito nel corso Garibaldi e dirigere verso il luogo. Giunti però poco oltre l'inizio di via XX Settembre, in prossimità lato est della chiesa degli Angeli, la strada cominciava ad apparire ostruita da detriti e macerie fumanti, e si poteva intravedere l'intero ex mercato dei fiori, che nella sospensione dell'attività commerciale, causa gli eventi bellici, veniva destinato a capannone per l'esercito e attività militari, interamente "saltato in aria" insieme a buona parte del soprastante edificio occupato dagli uffici giudiziari del locale Tribunale tramutato in una sorta di rovinoso "colosseo".<br />[...] Ritornati nei pressi della nostra abitazione, situata al piano terreno della scala ovest dello stabile, il cui appartamento era dotato di un piccolo giardinetto, potemmo accertare come su di esso fosse "piovuto", evidentemente scagliato dalla esplosione del mercato floricolo, uno spezzone di putrella in ferro lungo circa due o tre metri, tutto deformato e contorto, ancora caldo tanto da rischiare di scottarci le mani al tatto. Nella giornata poi si venne a sapere che il bombardamento marino "nemico" aveva centrato la struttura di piazza Colombo, in particolare quella dell'ex mercato dei fiori ove al suo interno si trovavano alcuni camion tedeschi giunti nella notte precedente, contenenti diversi "siluri umani" carichi di esplosivo, i quali erano saltati dando luogo ad una serie di quasi contestuali deflagrazioni. Forse con qualche fantasia, si sparse allora la voce che tale obiettivo era stato centrato alla prima "salva" in quanto la notizia della presenza di tale materiale bellico, giunto in tutta segretezza solo nella notte precedente, era stata tempestivamente "passata", tramite una radio portatile clandestina, agli inglesi, da un collaborazionista locale, di cui, in tempi successivi e sin dopo la Liberazione, circolava persino il nome. Ricordo inoltre che a sera inoltrata, allorché principiava il buio, per noi bambini era ormai sempre dopocena, si presentava nel cielo sanremese un piccolo aereo "nemico" che, data l'abitualità delle sue incursioni e essendo sempre solitario, ormai veniva da noi e da molti altri chiamato familiarmente "Pippo l'orfanello". Questo velivolo si limitava a sganciare uno o più "bengala" illuminanti sulla città, provocando una nutritissima reazione da parte delle locali batterie contraeree, in particolare di quella ubicata nei giardini Regina Elena presso la Madonna della Costa, senza tuttavia che queste riuscissero a colpirlo né, tantomeno, ad abbatterlo.<br /><b>Andrea Gandolfo</b>, <i>Op. cit.</i></p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-1757508057680716042023-12-28T11:40:00.003+01:002023-12-28T11:44:40.017+01:00I partigiani proseguono la battaglia dei ponti<p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgid7MQmSl0b_vM2Q8ijGKsh07aId5BKm4VZdZRze9ZcwDxo030tipIRZIHJhteGFlLFOcPffJ1zO654TsEwBevCiae5PxOjBpwAa50CztuBwer8siLg_PE7C6TlF_3KLgrGPfmNuBUmT8gcUK8VIhwhXFqN-VnKquDpaT6FMR3_Ka2ZEyznWLsTBLVHLk/s1032/ormea.case1.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1032" data-original-width="581" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgid7MQmSl0b_vM2Q8ijGKsh07aId5BKm4VZdZRze9ZcwDxo030tipIRZIHJhteGFlLFOcPffJ1zO654TsEwBevCiae5PxOjBpwAa50CztuBwer8siLg_PE7C6TlF_3KLgrGPfmNuBUmT8gcUK8VIhwhXFqN-VnKquDpaT6FMR3_Ka2ZEyznWLsTBLVHLk/w360-h640/ormea.case1.jpg" width="360" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Ormea (CN). Foto: Mauro Marchiani<br /></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;">Alle tre del mattino del 2 agosto 1944 la cresta della montagna che si estende dal Pizzo d'Evigno al Pizzo della Ceresa, ancora in ombra, emerge netta sullo sfondo del cielo chiaro e stellato. Ad un tratto, un bisbiglio di pronuncia straniera giunge all'orecchi di Biga Albino della banda di Roncagli, accovacciato in un cumulo di fieno nei prati di "Scornabò". Alzata la testa ancora piena di sonno e volto lo sguardo verso la cresta, ad una ventina di metri scorge le ombre di una lunga fila di uomini sagomate contro il cielo, che gesticolano verso il fondo valle. I Tedeschi, pensa. Ma no! Non può essere, altrimenti i partigiani accampati ai "Fussai" lo saprebbero; il SIM li avrebbe informati di un probabile rastrellamento. Saranno i disertori polacchi unitisi ai partigiani, che stanno per trasferirsi in Valle Arroscia. Infatti, il giorno precedente gli uomini di "Mancen" a Borello, a Borganzo, a Roncagli, ad Arentino, ed a Evigno, avevano preso in prestito dai contadini una trentina di muli per il trasporto degli equipaggiamenti.<br />Albino, che nella penombra osserva ancora, ad un tratto intuisce che le ombre sono veramente soldati Tedeschi che stanno per iniziare il rastrellamento.<br />Con movimenti impercettibili riesce a raggiungere l'oscurità del bosco sottostante. Scivola rapido tra gli sterpi ed i cespugli di un ruscello, si avvicina, giù in basso, al casone dei "Fussai" dove sono accampati e dormono i partigiani della "Volantina"; della presenza tedesca avvisa la sentinella che attizza il fuoco sotto la marmitta del caffè e che, disgraziatamente non crede alla notizia, poi scende rapidamente le scogliere del "Negaesso" e si rifugia in inaccessibili tane insieme ad alcuni compagni. Altri contadini che, in piena fienagione, stavano dormendo per i prati, sono protagonisti dello stesso episodio, tra cui la ragazza Lucia Ardissone che, dopo una corsa di qualche chilometro per la montagna, riesce a mettere in allarme una decina di giovani di Roncagli che stavano riposando in una baita in località "Pian della Chiesa". Appena vi giunge, tutta la vallata già rimbomba di scoppi di bombe a mano, colpi di fucile, raffiche di mitragliatrice. I soldati Tedeschi giunti nella notte dalla Valle Impero, dalla Valle di Andora, dalla Valle Steria, dal Passo della Colla, dal Monte Ceresa, dal Colle del Lago e dal Monte delle Chiappe, scendono a valle. Alle sette del mattino i borghi di Evigno, Arentino, Roncagli e Borgoranzo vengono investiti e saccheggiati. Con qualche masserizia e col bestiame, gli abitanti fuggono disperati per tentare di nascondersi nei rifugi della campagna. Intanto i grandi stormi di fortezze volanti americane attraversano il cielo lasciando lunghe strisce bianche, il rumore assordante prodotto dai motori degli aerei fa vibrare il terreno, in modo insopportabile si ripercuote nelle tane costruite nelle fasce ulivate.<br />Ogni cespuglio del torrente Evigno viene battuto da raffiche di mitra e bombe a mano. Chi vi si trova nascosto prova momenti di indescrivibile terrore.<br />L'attacco del 2 agosto alla “Volantina” nella valle di Diano Marina, con il rastrellamento tra il Merula e l'Impero, e la marcia della colonna nazifascista, che pervenuta da Garessio si arresta ad Ormea, vanno intese come operazioni preliminari al vasto rastrellamento vero e proprio.<br />Il piano del Comando tedesco prevede le azioni su un territorio molto ampio, infatti i contingenti militari partono da direzioni notevolmente distanti l'una dall'altra: Garessio-Ormea, Albenga, colle San Bartolomeo. Sono toccate ben tre province (Cuneo, Savona, Imperia) e due regioni (Piemonte e Liguria).<br />L'obbiettivo è importante ma, nell'agosto, il fine si presenta più limitato rispetto al precedente mese di luglio, risultando ormai ben difficile l'eliminazione totale dei garibaldini della I Zona Liguria.<br />Perciò, il grande schieramento di forze è rivolto ad ottenere il controllo di alcune vie di comunicazione. I Tedeschi, dopo aver operato le marce di spostamento ed essersi assicurati il controllo della Statale n. 28 per il tratto che va dal litorale al colle San Bartolomeo, iniziano il giorno 9 o il 10 (a seconda della provenienza delle diverse colonne) le operazioni di rastrellamento.<br />L'epicentro dell'azione è Caprauna, paesello ubicato nel cuore del territorio da accerchiare su cui convergono da ogni direzione, a raggiera, numerose vie di comunicazione; ma il primo obbiettivo nazista è l'occupazione di Pieve di Teco. Su questa località si dirigono le tre principali colonne accerchianti. La prima parte da Ormea, dove era giunta per mezzo di un treno che era stato attaccato dai partigiani appostati sulla riva destra del Tanaro (nel corso dell'operazione erano state divelte in parte le rotaie della strada ferrata, ma le carrozze ferroviarie non si erano rovesciate); da Ormea si avvia per la statale a Case di Nava e scende a Pieve di Teco. La seconda proviene da Albenga, percorre la carrozzabile, ed a sua volta si ramifica in due colonne: una raggiunge Nasino, Alto e punta su Caprauna; l'altra prosegue lungo la strada per Borghetto di Arroscia e si inoltra a Pieve di Teco. La terza infine, proveniente dal litorale, parte da colle San Bartolomeo e procedelentamente e molta guardinga per il timore di imboscate lungo la Statale n. 28 fino a Pieve di Teco e, verso mezzogiorno, entra nel paese, malgrado la resistenza opposta dal distaccamento di “Orano” presso villa Baraucola. Durante il percorso il grosso della truppa è preceduto da pattuglia di avanguardia che, passando, provocano vasti incendi che sprigionano alte colonne di fumo. Il Comando tedesco ha ormai racchiuso il territorio della I Brigata in una grande sacca e si appresta a sferrare l'attacco decisivo per eliminare i partigiani circondati.<br />Il comando garibaldino, però, essendo già stato informato dal giorno 5 del prospettato rastrellamento nazista, pur senza conoscerne la data esatta, aveva provveduto ad avvertire le formazioni dipendenti del pericolo, prendendo misure di immediata difesa, sicché era venuto a mancare ai Tedeschi il vantaggio del fattore sorpresa. La sede del comando della I Brigata, con perfetta scelta di tempo, dopo l'occultamento del materiale e dei documenti delle formazione, si era trasferita da Pieve di Teco a Moano (in Valle dei Fanchi). Anche l'ospedale civile era stato evacuato, mettendo in salvo i partigiani malati. La “Matteotti”, che da Lovegno seguiva i movimenti dei Tedeschi, invia staffette per avvisare le altri formazioni del pericolo imminente.<br />Nella notte tra il 9 e il 10 di agosto “Cion” [Silvio <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2021/06/partigiani-pian-di-bellotto.html" target="_blank">Bonfante</a>] attacca i Tedeschi a Pieve di Teco; poi si sposta verso Madonna della Neve dove poco tempo prima si era portato “Pantera” con i suoi uomini e, sulla dominante vetta del Frascianello, aveva trovato la Matteotti. “Pantera” prima dell'arrivo di “Cion”, aveva rivelato alla “Matteotti” i suoi propositi di forzare l'accerchiamento nemico per cercare la salvezza nel bosco di Rezzo, ed a tal proposito aveva chiesto l'autorizzazione del Comando, ma gli era giunto l'ordine di non muoversi, di restare a presidio del luogo e di mandare pattuglie di sorveglianza sulla carrozzabile Pieve di Teco-Moano. Non si sa se l'ordine fosse impartito senza un'esatta cognizione della vastità del rastrellamento o se si intendesse effettuare l'attacco in un unico punto dell'accerchiamento nemico, dal quale passare tutti insieme dopo aver evitato dispersione di forze, maggiori rischi e perdite di vite umane. Successivamente per mezzo di staffette “Cion” ordina a tutti i distaccamenti di portarsi immediatamente verso Case di Nava. Oltre al Comando della I Brigata ed ai distaccamenti “Volantina” e “Matteotti”, si trovano nella zona le formazioni comandate da “Pantera”, “Orano”, “Renzo”, “Vittorio”, “Battaglia” e “Domatore”.<br />All'alba del 10 di agosto i Tedeschi chiudono la sacca addentrandosi nel centro del territorio. La colonna nazista dell'Alta Val Tanaro scende in direzione quasi parallela alla statale; altre due, partite da un unico punto dalla medesima strada equidistante da Ormea e da Case di Nava, si inoltrano anch'esse verso sud, nel cuore del territorio della I Brigata; una colonna da Armo punta a nord; una da Ranzo tende a Gavenola; un'altra ancora da Pieve di Teco oltrepassa Lovegno; ed infine una da Vessalico punta su Lenzari e si avvia a Madonna della Neve. Nel pomeriggio del 10 vi è tutto un dilagare di Tedeschi, in ogni direzione, in ogni paese e frazione e anche presso case sparse e sulle mulattiere.<br />I luoghi che poche ore prima erano stati le sedi dei garibaldini, ora sono investiti dall'ondata nemica. I partigiani per vie dirupate e sentieri da capre, attraverso boschi e crinali, devono operare complicate deviazioni per sganciarsi dal nemico. “Cion” da Madonna della Neve giunge a Case di Nava con altri distaccamenti, attacca decisamente i Tedeschi di presidio (circa una trentina), li disperde e riesce in tal modo ad aprire un varco nell'accerchiamento. La “Matteotti”, invece, dopo una lunga marcia, riuscirà ad oltrepassare il Tanaro presso Eca Nasagò. Ma non tutte le formazioni fanno in tempo a sganciarsi: quella di “Battaglia” resta ferma, o quasi, tra Gavenola e Leverone, mentre quella di “Renzo” si occulta nei boschi dell'alta Val Pennavaire. Il giorno seguente, 11 agosto, prosegue ancora il rastrellamento poi verso sera si estingue. Le perdite garibaldine non sono lievi: alcuni partigiani sono stati catturati ed uccisi, tra cui il comandante Giuseppe Arrigo (Orano). I Tedeschi non hanno conseguito risultati di grande rilievo. Hanno commesso gravi errori nel corso dell'operazione. Primo fra tutti, l'aver rinforzato eccessivamente le colonne rastrellanti a scapito di quelle d'accerchiamento. Altri gravi errori sono stati lo sgombero notturno di paesi e passi e l'aver presidiato tutti i ponti sul Tanaro il giorno 11 anziché il 10. La disposizione del presidio di Case di Nava ed il passaggio della “Matteotti” attraverso il ponte sul Tanaro rivelano infatti l'imperfetta riuscita dell'accerchiamento e la precarietà della sorveglianza notturna. Il vantaggio ottenuto è il controllo della Statale n. 28, d'altronde quasi impraticabile per i ponti distrutti dai partigiani. Questi, infatti, per la ragione opposta che ha spinto i Tedeschi alle azioni militari per il controllo delle vie di comunicazione, proseguono la <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2019/12/la-battaglia-partigiana-dei-ponti.html" target="_blank">battaglia dei ponti</a> per impedire il libero transito ai nazifascisti. L'opera di ricostruzione o riparazione, lunga e non agevole, sarà continuamente ostacolata e ritardata dal sabotaggio dei partigiani. Dal resto, ormai la Resistenza è diventata esperta nella guerriglia e sa parare ogni colpo, affrontare ogni mezzo nemico, sfuggire un attimo prima, passare un attimo dopo il passaggio del nemico; i distaccamenti possono frazionarsi in squadre e nuclei ed in singoli uomini e, in seguito, ricostituirsi in breve tempo, come per magia. Il partigiano, ora, sa occultare il materiale salvandolo dalla furia dei nazifascisti, prevedere l'immediato futuro, dosarsi le forze per tutte le stragrandi difficoltà dei momenti peggiori. Egli sa tendere ad un luogo di salvezza valutando gli eventuali pericoli che potrà incontrare lungo la via, sa vegliare tutta la notte, digiunare a lungo e camminare senza posa, riposarsi due ore per riprendere il cammino; conosce la necessità del sangue freddo nelle occasioni più difficili e pericolose, sceglie il momento adatto per rispondere al fuoco dalla posizione migliore; è più veloce, agile e spedito dei Tedeschi incolonnati e timorosi dell'agguato, carichi d'armamento pesante, guidati dalle carte ma ignari dei sentieri, delle curve, della presenza partigiana. I patrioti procedono per luoghi impervi, informati dalla gente della presenza o vicinanza nemica o del viottolo che offre salvezza.<br />Immancabilmente, poco tempo dopo ogni grande battaglia o rastrellamento, le formazioni garibaldine ritornano nella zona occasionalmente abbandonata.<br /><b>Gino Glorio</b> "Magnesia", <i>Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - I parte</i>, Genova, Nuova Editrice Genovese, 1979</div><p></p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-35930729170068636152023-12-10T10:05:00.003+01:002023-12-10T10:06:10.040+01:00Il giorno dopo sette garibaldini del primo distaccamento, in missione a Pietrabruna, catturano e disarmano quattro bersaglieri repubblichini<div><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBa3vretrk5rnh6iPNNpdpyazyxOYQZ8mbemBYfydYF95tZsOGul_mKO5QItLwNUegTLPpxQ-dQYXz47EIeg-XRNEb8x9AYNBr5EEzqVglzQcQX8-oohfCmF0NxZwW8c2A4FQEKubrC3euPe0aS50F0hRQ_acE0I0HlEeVnvi8PShueYWWZSnh9azv9CA/s3571/pbfp2.JPG" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2678" data-original-width="3571" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBa3vretrk5rnh6iPNNpdpyazyxOYQZ8mbemBYfydYF95tZsOGul_mKO5QItLwNUegTLPpxQ-dQYXz47EIeg-XRNEb8x9AYNBr5EEzqVglzQcQX8-oohfCmF0NxZwW8c2A4FQEKubrC3euPe0aS50F0hRQ_acE0I0HlEeVnvi8PShueYWWZSnh9azv9CA/w640-h480/pbfp2.JPG" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Pietrabruna (IM): uno scorcio<br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">A sua volta il Comando della II divisione «F. Cascione» il 18 di settembre [1944] costituisce il distaccamento mortaisti che assume il nome del garibaldino caduto Ettore Bacigalupo e il distaccamento rifornimento viveri in Fontane di Frabosa al comando di Domenico Arnera (Aldo). Assegna alla I brigata «S. Belgrano» i distaccamenti «G. Catter» al comando di Mario Gennari (Fernandel) e «G. Maccanò» al comando di Giuseppe Garibaldi (Fra Diavolo).<br />Sciolto il battaglione «Lupi» di E. Pelazza, con i suoi elementi vengono costituiti i distaccamenti «L. Fiorenza» e «I. Rainis», rispettivamente al comando di Valerio Ghirardo (Antonio) e Giacomo Ardissone (Basco).<br />I due distaccamenti di «Domatore» e «Battaia» assumono i nomi dei caduti Elio Castellari e Antonio Terragno.<br />Intanto i Tedeschi sgomberano Pieve di Teco, Nava, Ormea e altre località lungo la statale n. 28 che rimane libera, ma non sgomberano le città della costa. Non si conoscono gli scopi di tali movimenti nemici. Si decide di far saltare tutti i ponti ricostruiti dai Tedeschi sulla predetta strada per creare loro maggiori difficoltà. Con i muli viene recuperato il materiale pesante nascosto a Moano durante il grande rastrellamento svoltosi tra l'8 e il 12 agosto. <br />Una grande retata elimina molte spie e collaborazionisti annidati in Pieve di Teco. Però il Comando non ordina di occupare la città e gli altri paesi lasciati liberi dal nemico per timore di una trappola dato che, ormai, il fronte <br />francese si era stabilizzato e perciò i Tedeschi potevano manovrare molte forze rimaste disimpegnate.<br />Si conviene di occupare i valichi e le cime dei monti in modo da poter dominare la situazione come si era dominata il 25 di luglio, il 9 di agosto, il 4-5 di settembre, ed aspettare il successivo rastrellamento che, certamente, come l'esperienza passata aveva dimostrato, non avrebbe tardato.<br />Nel retrofronte il nemico doveva assolutamente avere le spalle tranquille e sicure, e così una via libera per una eventuale ritirata, come poteva essere la statale n. 28.<br />A ponente della I brigata operavano le formazioni della IV dalla valle Impero alla valle Argentina, e quelle della V dalla valle Argentina alla valle Roja.<br />Il 9 di settembre due garibaldini del 10° distaccamento «W. Berio», spintisi nel centro di Oneglia, prelevano e giustiziano un milite delle brigate nere; altre squadre recuperano tremila colpi di «Mauser» in una postazione a Santo Stefano, due fucili e bombe a mano in località Santa Brigida. <br />A Taggia i Tedeschi fucilano il garibaldino Antonio Martina fu Vincenzo, nato nel 1887. L'11 alcuni garibaldini puntano su Bestagno per prelevare delle spie; segue una rappresaglia nazifascista. <br />Il 13 di settembre, mentre i distaccamenti di «Dankò» e «Peletta» prendono posizione al passo della Follia e il distaccamento di Nino Verda al passo del Grillo, altre squadre ingaggiano combattimento con una trentina di Tedeschi in località Isolalunga, dopo di che, richiesto dal nemico l'intervento dei mortai da 81 mm. piazzati sul monte Papé a un chilometro di distanza dallo scontro, i garibaldini, sganciatisi e non accertate le perdite inflitte al nemico, ripiegano incolumi.<br />Cinque garibaldini del 3° battaglione «Artù» in missione, trascorsa la notte in Castellaro, all'alba del 18 di settembre mentre si avviano fuori paese sono sorpresi da un plotone di Tedeschi; una raffica colpisce al capo il volontario Antonio Boeri (Pescio) di Antonio, nato a Badalucco il 13.12.1919, che rimane ucciso all'istante.<br />In seguito ad un attacco garibaldino a soldati in perlustrazione a Santa Brigida (un morto ed alcuni feriti) il nemico bombarda Dolcedo con cannoni piazzati nella valle di Oneglia. In tale circostanza muore il civile Giobatta Guasco ed il paese subisce danni materiali (A.S.R.). <br />Nei giorni che seguono, in previsione di un rastrellamento che dovrebbe partire da Chiusavecchia e da Pontedassio, il distaccamento di «John» prende posizione ai passi di Ville e della Pistona, i distaccamenti di «Romolo» e di «Mirko» [Angelo Setti] a Colla d'Oggia, il «Paglieri F.» in località Arzéne. Sorpreso dai partigiani in allarme il nemico desiste dalla sua azione. <br />Il giorno dopo sette garibaldini del primo distaccamento, in missione a Pietrabruna, catturano e disarmano quattro bersaglieri repubblichini recuperando un mitra, due fucili tedeschi e cinque bombe a mano.<br /><b>Francesco Biga</b>, <i>Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944</i>, ed. Amministrazione Provinciale di Imperia e patrocinio <span class="st"><a href="http://www.isrecim.it/">IsrecIm</a></span>, Milanostampa, 1977</div><p></p><p style="text-align: justify;">"Ed eccola, nutrita, improvvisa eppur prevista, la scarica dell'imboscata, proveniente dai terrazzi degli ulivi. Il sergente Bolla rotola a destra della strada che ci riporta a San Lorenzo: io, colpito ed immobilizzato all'anca destra, mentre sto facendo una piroetta, con perfetta manovra di "a terra" come nelle esercitazioni lungo la Bormida.<br />Finisco in una scanalatura del terreno e una miriade di proiettili arriva a dieci centimentri di distanza dal mio corpo, oramai al sicuro, e scalfiggono il suolo. Ma sento anche, benedetta ed assai violenta, la reazione degli altri bersaglieri col fuoco di copertura, un poco più dietro, che muta a nostro favore le sorti dell'imboscata.<br />[...] A tarda notte (io su un carretto) si giunge a S. Lorenzo al Mare. Vengo raccattato da un furgoncino, mandatoci incontro dal Comando e guidato dal bersagliere Carlo Bioni di Montichiari, con il bersagliere Lucio Questa di Brescia, a protezione, sul parafango anteriore destro.<br />Amici cari, benvenuti.<br />Sono portato a notte fonda all'Ospedale da campo di Taggia.<br />Vengo a sapere che anche il sergente Bolla, avanti a me, è salvo, pure se con una pallottola in un polpaccio.<br />[...] Avevamo lasciato Pietrabruna e ci dirigevamo verso le nostre postazioni a valle.<br />Mancavano all'appello il sergente maggiore Quartero, il caporal maggiore Rosier, il caporale Azzi, il bersagliere Bonadei che sapevamo essere stati catturati dai partigiani".<br />Queste - sullo scontro di Pietrabruna - le parole di un ex bersagliere di Salò, nostalgico, così come riportate nel libello di Umberto Maria Bottino, I nostri giorni cremisi. 1943-1995 <Attilio Negri srl, Rozzano (MI), 1995>, parole che in ogni caso confermano la portata dell'evento, risolto con successo dai garibaldini.<br /><b>Adriano Maini</b><br /></p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-63312695091007924712023-12-04T07:41:00.003+01:002023-12-04T07:42:18.312+01:00Era Stalin con i suoi partigiani e quando giunsero il paese si animò d'improvviso<div><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihcVL18ClL55sHxRPalKSrWHyTxAFxI_Lb9zclDWwN7VJVFXJT7QsD-xecwDWY58i0aUppB9M2LVgZ5jYVIlP1L8vS2HJ-PML2VBVhDt0GDA98ilHcglsnl2OYv_lUnXU1OUxlAMwqaanBvJn3T-F5TQzHkJOaCiGBhoH1manftrcNmYjIBPHjZdKAnj8/s3264/aqwk.jpeg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2448" data-original-width="3264" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihcVL18ClL55sHxRPalKSrWHyTxAFxI_Lb9zclDWwN7VJVFXJT7QsD-xecwDWY58i0aUppB9M2LVgZ5jYVIlP1L8vS2HJ-PML2VBVhDt0GDA98ilHcglsnl2OYv_lUnXU1OUxlAMwqaanBvJn3T-F5TQzHkJOaCiGBhoH1manftrcNmYjIBPHjZdKAnj8/w640-h480/aqwk.jpeg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Aquila d'Arroscia (IM). Fonte: Wikipedia<br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">Molti <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2023/11/pero-sarebbe-bello-fatti-fuori-i.html" target="_blank">erano</a> come Basco [<b>n.d.r.</b>: Giacomo Ardissone, vice comandante della II^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Nino Berio" della Divisione "Silvio Bonfante"], tutti anzi vivevano giorno per giorno senza chiedersi più se quello che facevano era bene o male o perché lo facevano. Avevano deciso una volta, quando erano venuti sui monti. Avevano meditato ancora sul da farsi quando la situazione era mutata, seguendo un impulso interno dettato più dai sentimenti che da ragionamento. Continuavano la lotta perché era ormai una seconda natura. Quali erano i sentimenti inespressi che covavano nell'inconscio di quei giovani che li avevano sostenuti, nei momenti di scoramento, quando l'abitudine non bastava più? Alcuni avevano sentito la necessità di riscattare il passato dell'Italia, di riconquistarle la libertà dall'oppressione con la forza non intendendola come un dono del più forte. Per i comunisti era la speranza di fondare un mondo nuovo, di gettare le basi per una società più giusta. E per gli altri? E' difficile dirlo perché ne parlavamo poco. Forse erano stati sufficienti i sentimenti che covavano in tutti: l'astio per il nemico, il desiderio di vendicare i compagni morti, i paesi bruciati, gli ostaggi fucilati, anche a costo di nuovi lutti; la speranza di prendersi una sanguinosa rivincita per tutto quello che avevamo sofferto; l'orgoglio di non piegarsi, di poter scendere alla costa a testa alta, il desiderio di non confondersi con la massa dei deboli, di quelli che sono vissuti nel terrore del nemico; la coscienza magari indistinta di essere tra gli attori del grande dramma, di una pagina di storia, di aver afferrato da forti una occasione unica che basterà a riempire di ricordi o di orgoglio tutta una vita per aver sfidato il nemico temuto da tutti e per non aver piegato quando i più l'avevano fatto.<br />"Una volta in Croazia" - raccontava Basco - " ero in postazione fuori paese quando avvistammo su una collina di fronte degli uomini in pantaloncini bianchi che scendevano con cautela. Era inverno e ci pareva strana una divisa di quel genere. Venivano verso di noi e non erano armati. Quando furono vicini ci accorgemmo che erano scalzi ed in mutande. Il nostro capitano uscì dalle linee, uno di loro scattò sull'attenti e si presentò, diede il nome del reparto e poi concluse: 'Catturati dai ribelli e poi liberati'. Il capitano esaminò il tenente da capo a piedi: 'Andate giù in paese a rivestirvi!'. Mentre scendevano per la mulattiera vedemmo che sul retro delle mutande avevano scritto con pittura rossa e azzurra <i>VINCERE</i>. Come erano stati presi? Lo seppi il giorno dopo da uno di loro che trovai in paese. Erano andati in perlustrazione fin quando avevano avvistato una sentinella partigiana; si erano buttati al riparo delle rocce, poi il tenente impugnando la pistola: 'Ragazzi, si attacca! Savoia!'. Gli altri risposero: 'Savoia!' ma poiché il tenente restava con la testa dietro al sasso, nessuno si mosse. Qualche minuto di attesa, poi di nuovo 'Savoia!' e di nuovo tutti fermi. Infine dopo aver gridato Savoia cinque o sei volte vennero i ribelli e li catturarono".<br />Il discorso fu interrotto dall'entrata di un partigiano: "C'è gente in cresta dalla parte di Aquila [Aquila d'Arroscia]". Uscimmo in due o tre: sulla mulattiera che scendeva dalla cappella di S. Cosimo scendeva una ventina di armati. "Forse son quelli della I che vengono per le armi. Fra poco li vedremo meglio". Era Stalin [Franco Bianchi, comandante del Distaccamento "Giovanni Garbagnati" della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante"] con i suoi e quando giunsero il paese si animò d'improvviso.<br />Pranzammo e poi dividemmo le armi. C'era anche Giorgio [Giorgio <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2022/08/i-comandanti-partigiani-giorgio-e-boris.html" target="_blank">Olivero</a>, comandante della Divisione "Silvio Bonfante"] con Boris [Gustavo <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2022/08/i-comandanti-partigiani-giorgio-e-boris.html" target="_blank">Berio</a>, vice commissario della Divisione Bonfante], c'era un capobanda della Divisione di Savona cacciato in Val Pennavaira da un attacco tedesco. Anche sopra Savona avevano avuto un lancio: ci promise munizioni per mitraglie che avevano ricevuto in abbondanza mentre a noi mancavano ancora.<br />"Da oggi ha inizio la campagna di primavera", disse Giorgio, mentre gli uomini riempivano i caricatori dei mitra con i colpi per gli Sten. "Si riprendono gli attacchi, si abbandona la tattica cospirativa: piena libertà di azione per ogni banda, attaccate come e quando volete, non occorre più l'autorizzazione del Comando. Ragazzi, distruggete la scatola delle munizioni, in paese non deve restare traccia del lancio".<br />L'armamento della Divisione era finalmente aumentato, venne esaminata la situazione di ogni banda sotto l'aspetto delle armi automatiche in dotazione: col nuovo materiale era possibile creare un maggiore equilibrio. L'esplosivo, la miccia, tutto il materiale da sabotaggio che ci era piovuto dal cielo venne consegnato direttamente ai comandi brigata: sarebbe finalmente finita la ricerca snervante nei campi minati. <br />In quelle ore giunse notizia che una colonna nemica scendeva su Caprauna, l'annuncio sollevò l'entusiasmo: finalmente avremmo affrontato il nemico ad armi pari. La notizia era errata e l'eccitazione si spense, era però buon segno che i partigiani anelassero di nuovo ad incontrarsi col nemico.<br />La banda di Stalin col Comando divisionale lasciò la valle di Alto, lo schieramento protettivo venne sciolto, la situazione tornò normale. L'operazione L 1 si era conclusa con un successo.<br /><i>La campagna di primavera</i><br />L'inizio della campagna di primavera annunciata da Giorgio al distaccamento «G. Garbagnati» e ripetuto lo stesso giorno [16 marzo 1945] agli uomini di Cimitero coincise con una forte ripresa offensiva solo nella zona costiera.<br />La I Brigata preparava in collaborazione col S.I.M. la distruzione del posto di blocco fascista di Cervo progettando di far saltare la casa dove era trincerato con esplosivo collocato nella cantina. Al progetto si oppose il C.L.N. di Cervo del quale faceva parte Semeria che, salvatosi in ottobre dal disastro di Upega, collaborava ora con Batè (Cotta) nelle S.A.P. e nel C.L.N. Semeria era entrato in contatto coi fascisti del posto di blocco avendone la garanzia che, oltre a non molestare nessuno, avrebbero dato informazioni sul traffico di persone e reparti. Il posto di blocco era messo in posizione errata, poiché controllava solo la Via Aurelia e chi non voleva farsi notare poteva evitarlo passando per il paese. Gli argomenti erano buoni ed i partigiani rinunciarono consolandosi con l'intensificazione delle imboscate. Nelle zone più interne l'iniziativa rimaneva ai tedeschi che intensificavano le puntate.<br />Era a conoscenza il nemico del lancio avvenuto? Taluni indizi ce lo facevano supporre; era però poco probabile che fosse al corrente del punto preciso.<br /><b>Gino Glorio</b> (Magnesia), <i>Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte</i>, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 209-211</div><p></p><p style="text-align: justify;"><i>19 marzo 1945</i> - Dal CLN mandamentale di Diano Marina al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Chiedeva di desistere da un'azione prevista contro il posto di blocco nemico di Cervo, del resto pericolosa perché sussisteva già allarme tra i soldati e la popolazione stessa, anche per evitare una rappresaglia contro i civili, e sottolineava che questo assunto era stato già sollevato in un incontro, alla presenza di un delegato del CLN provinciale, con il commissario "Federico" [della I^ Brigata "Silvano Belgrano", Federico Sibilla] e con il comandante "Mancen" [della I^ Brigata "Silvano Belgrano", Massimo Gismondi]<br /><b>da documento </b><a href="http://www.isrecim.it/it/default.html" target="_blank">IsrecIm</a> in <b>Rocco Fava</b> di Sanremo (IM), <i>La
Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della
documentazione inedita </i><i><i><i>dell'</i><i><i><span class="st"><a href="http://www.isrecim.it/">Istituto</a></span></i></i> </i> Storico della Resistenza e della
Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) -</i> <i>Tomo
II, </i>Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico
1998-1999 </p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-31776496742286449452023-11-20T16:51:00.002+01:002023-11-20T16:53:17.072+01:00 Però sarebbe bello, fatti fuori i tedeschi, mandar via anche gli inglesi...<div><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgGDG-Ds4TyFhNnULRDp6nWT9I4N8KsMJcdwnYwYdzv3xZr5Z_gmaMGLRV-BVuvwprGfQQQLsaoxtSIAZUvqFSgEBvhi4bChjwB0QMJZvZJ0Zm-8f_D_2KiYwE840YqhdJw4qMJwtpO_oYoWyXZjcrUMae4oSJS5a8tmWQIjcHSUyyOpp-Pe3KLGx-wJaQ/s4236/alto-w4.jpeg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2554" data-original-width="4236" height="386" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgGDG-Ds4TyFhNnULRDp6nWT9I4N8KsMJcdwnYwYdzv3xZr5Z_gmaMGLRV-BVuvwprGfQQQLsaoxtSIAZUvqFSgEBvhi4bChjwB0QMJZvZJ0Zm-8f_D_2KiYwE840YqhdJw4qMJwtpO_oYoWyXZjcrUMae4oSJS5a8tmWQIjcHSUyyOpp-Pe3KLGx-wJaQ/w640-h386/alto-w4.jpeg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Alto (CN). Fonte: Wikimedia<br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">Il giorno 16 <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2023/10/contabilita-partigiana-nei-giorni-dei.html" target="_blank">giunsi</a> ad Alto. Là terminava la carrozzabile che saliva da Albenga per Castelbianco e Nasino. Inerpicato su un ripido pendio il paesino di Alto in quel marzo 1945 assomigliava stranamnente a Fontane in novembre. Castani spogli, cielo grigio piombo, viuzze fangose, cime e creste brulle ed a pascolo chiudevano a semicerchio la valle mascherando il varco che lasciava passare la mulattiera per Capraùna.<br />Alto; strano che <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2019/11/felice-cascione.html" target="_blank">Cascione</a> avesse scelto per culla del movimento un luogo così cupo che, pur essendo ancora in Liguria, aveva già l'aspetto dei paesini d'alta montagna, dove la neve si fermava più a lungo, il clima era più freddo. Inesperienza? Motivi di sicurezza? Chi sa! Il fatto che la carrozzabile finisse ad Alto e quindi gli automezzi nemici potessero attaccare da una sola direzione e dopo una dura salita, la lontananza da altri paesi, quindi un maggiore controllo sugli abitanti e sullo spionaggio nemico possono aver fatto cadere la scelta su Alto. Ne dedussi anche che la banda di Cascione, dopo lo scontro di <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/06/montegrazie-la-prima-battaglia.html" target="_blank">Montegrazie</a>, dovette avere un atteggiamento difensivo analogo più o meno a quello adottato da noi nel periodo di stasi e depressione che ci colpì all'inizio del secondo inverno.<br />L'aspetto di Alto il 16 marzo era normale, nulla indicava che un lancio avesse luogo nelle vicinanze o che vi fossero concentramenti inconsueti di partigiani.<br />Che differenza con Garessio in luglio o Piaggia in ottobre. Allora una decina di partigiani riempiva un paese. Parevano migliaia e dopo un po' ti accorgevi che erano sempre le stesse facce. Ora invece pare che abbiano l'arte di scomparire.<br />Trovai Germano sulla piazza del paese; mi indicò la casa di Turbine [n.d.r.: Alfredo Coppola, capo squadra in seno alla II^ Brigata "Nino Berio" della Divisione Garibaldi "Silvio Bonfante"], uno degli incaricati del lancio. "Sta con la moglie" mi disse. Infatti anche Turbine nei giorni si scorsi si era sposato. Entrai: Basco [Giacomo Ardissone, vice comandante della II^ Brigata], Turbine, Trentadue e qualche altro erano intorno a piatti di castagne e di latte.<br />"Sempre la solita cagnara" - diceva Basco - "chi si alza prima comanda. Nessuno di noi conosce il messaggio speciale, né i comandanti di brigata, né i capibanda ed è giusto. Poi ti trovi tra i piedi uno del S.I.M. che ascolta la radio con te e si mette a gridare: «Ecco il messaggio, stasera c'è di nuovo il lancio!» - e tu ci fai la figura dello scemo. Il Comando ti garantisce che di lancio ne fanno uno solo perché la zona è pericolosa e così ti fa perdere il secondo. Ma perdere è poco, ti fa scannare a correre nel buio e tutto per niente. Poi ti fa aspettare tre giorni i signori della I Brigata ["Silvano Belgrano"] che vengano con comodo a ritirare la loro parte. Adesso la zona non è più rischiosa secondo il Comando...".<br />Ricordavo il Basco dello scorso luglio caposquadra della Matteotti: "Questa volta ci hanno fregato: siamo al buio in una zona che non conosciamo, ma domani non ci stiamo più".<br />Il capobanda del distaccamento "I. Rainis" aveva conservato lo spirito ribelle di allora. "Ci fanno i lanci adesso i signori inglesi. Sperano che diamo loro una mano quando verranno avanti. Quando avevamo bisogno di armi per difenderci, per vivere, allora niente".<br />"A <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2023/05/contrasti-tra-partigiani-garibaldini-e.html" target="_blank">Mauri</a> i lanci; noi, che siamo comunisti, più moriamo meglio è. Ma i primi inglesi che vedo... Ma siamo in pochi e finirebbe come in Grecia. Però sarebbe bello, fatti fuori i tedeschi, mandar via anche gli inglesi... Naturalmente i signori del Comando non la penseranno così. L'anno scorso quando speravamo di scendere avevano abolito le stelle rosse, i fazzoletti, le bandiere, tutto quello che c'era di rosso, come se gli inglesi non ci conoscessero. Quelli del Comando stavano al centro a decidere e noi sui passi intorno a far la guardia, a difendere quelli che decidevano. Quando abbiamo capito che la nostra vita valeva la loro e abbiamo cercato un posto meno rischioso, il Comando è sparito, è diventato clandestino. Adesso che viene il buon tempo verranno di nuovo fuori, pianteranno gli uffici in un paese e diranno a noi delle bande di schierarci a difenderli, ma stavolta non ci riusciranno".<br />"Guardate Boris [Gustavo Berio, vice commissario della Divisione Bonfante]: non ha preso mai un rastrellamento. Che furbo! Prima era al S.I.M. e quando le notizie eran brutte cambiava aria. Adesso è commissario e fa i comodi suoi. A Nasino ha un rifugio che è impossibile trovarlo. I poveri diavoli siamo noi che dobbiamo salvare gli uomini, il materiale e poi noi, se avanza il tempo".<br />"L'altro giorno trova un contadino che ha un permesso del Comando tedesco sotto il nastro del cappello, lo interroga e poi ci dà ordine di fucilarlo. Come se la vita degli altri non contasse niente! Noi abbiamo detto di sì e poi lo abbiamo lasciato andare. E' difficile giudicare uno ed è terribile condannarlo se non confessa. E' capitato a me con un S. Marco. Lo abbiamo interrogato per un giorno intero, ha sempre negato. Pure eravamo sicuri che era una spia. <br />Dovevo essere io a giudicarlo e vi assicuro che non ho chiuso occhio quella notte. Il giorno dopo era scappato. L'abbiamo ripreso per un miracolo ed allora ha confessato: era venuto su per tradirci. Ma se non avesse parlato non avrei avuto forse il coraggio di ucciderlo, neanche dopo la fuga".<br />Il tempo passava intorno alla stufa, qualcuno entrava, altri uscivano. Lungo il muro i sacchi del lancio erano comodi sedili, nella stanza più interna Trentadue aveva dormito immerso nei paracadute. Basco raccontava del tempo in cui era in Croazia come paracadutista: un giorno aveva aiutato i contadini a spegnere un incendio appiccato dagli alpini. Avevano avuto come compenso chili di miele. Un'altra volta avevano appostato una staffetta partigiana che passava di solito in uno stesso punto. L'avevano attesa a lungo, poi, appena avvistatala: una raffica e la staffetta era caduta: "Ci avvicinammo cautamente, quando fummo a pochi metri lo slavo fece scoppiare una bomba a mano. Si uccise ma distrusse i documenti che portava".<br />Episodi ed episodi, raccontati con naturalezza ed indifferenza. Ora si combatte da una parte, allora dall'altra. Ora si è rastrellati, allora si rastrellava. Si era mai chiesto Basco se vi era contraddizione fra le due guerre, se allora o ora si era nel giusto?<br />Allora il governo comandava di fare quello ed era naturale farlo, nessuno pensava a disubbidire apertamente. Ora i tedeschi non sono più sulle ali della vittoria, l'opinione pubblica è contro di loro e così è naturale esser partigiani. Cosa ha sostenuto questi giovani nel duro inverno? Il gusto dell'avventura? Il rancore per gli anni di guerra passati e subiti? Chissà...!<br /><b>Gino Glorio</b> (Magnesia), <i>Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte</i>, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 206-209</div><p></p><p style="text-align: justify;"><i>17 marzo 1945</i> - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della I^ Zona Operativa Liguria - "... il giorno 13 u.s. si è effettuata l'operazione lancio nella località convenuta [Piano dell'Armetta nei pressi di Alto (CN)]; sono stati lanciati 33 colli di cui 28 recuperati nella serata ed i restanti 5 nella successiva mattinata. Non è stato possibile per il disturbo alle stazioni radio ricevere il messaggio per il lancio del giorno successivo. Tutte le tracce del lancio sono state cancellate anche grazie alla popolazione, di modo che i tedeschi non hanno trovato nulla. Data l'esperienza si consiglia di potenziare l'ascolto messaggi mediante l'aumento delle apparecchiature sulle tre linee, visto che si è ordinata la revisione dell'impianto di Nasino. È da evitare inoltre il lancio in giorni consecutivi, poiché vi è un'unica via di deflusso rappresentata da una mulattiera ed è, quindi, impossibile creare una colonna eccessivamente grande di muli, perché desterebbe sospetti ed in quanto l'occultamento del materiale va eseguito a spalla. Il luogo si è mostrato idoneo allo scopo, per cui per il prossimo lancio si richiedono 150-180 colli. Non servono fucili, ma armi automatiche, mortati leggeri, bombe anti-carro. Il collo indirizzato a 'Roberta' [capitano del SOE britannico Robert <a href="https://grupposbarchi.wordpress.com/2023/05/25/la-n-1-special-force-la-sezione-italiana-del-soe-organizzo-linvio-di-una-missione-comandata-dal-capitano-robert-c-bentley/" target="_blank">Bentley</a>, ufficiale di collegamento degli alleati con il comando della I^ Zona Operativa Liguria] contiene 2 R.T. [radiotrasmittenti]: si prega di inviare degli uomini a prelevarle. Il giorno 11 u.s. è stata bombardata Ormea ed è stata colpita la sede del generale. Alcuni garibaldini hanno requisito in detto comando vario materiale, tra cui una lettera di cui si invia traduzione circa gli spostamenti delle truppe tedesche. Sopra Ormea i tedeschi accendono fuochi per ingannare gli aerei alleati".<br /><i>17 marzo 1945</i> - Da "Dario" [Ottavio Cepollini] al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che "... il quartier generale tedesco si è trasferito nella palazzina Faravelli a Nava. I tedeschi, portandosi dietro il russo catturato ad Alto, hanno fatto una puntata a Gazzo e a Gavenola per arrestare 'Ramon' [Raymond Rosso, capo di Stato Maggiore della Divisione "Silvio Bonfante"] e gli altri, ma, fortunatamente, il russo si è dimostrato leale e ha reso vana la puntata".<br /><b>da documenti </b><a href="http://www.isrecim.it/it/default.html" target="_blank">IsrecIm</a> in <b>Rocco Fava</b> di Sanremo (IM), <i>La
Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della
documentazione inedita </i><i><i><i>dell'</i><i><i><span class="st"><a href="http://www.isrecim.it/">Istituto</a></span></i></i> </i> Storico della Resistenza e della
Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) -</i> <i>Tomo
II, </i>Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico
1998-1999 <br /></p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-50635719912157409972023-11-09T12:01:00.006+01:002024-01-23T10:23:26.751+01:00Aumentano i distaccamenti partigiani imperiesi ad aprile 1944<div><p style="text-align: justify;"> </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQVhG6u2nTJ7rWVIGqy_3d4bpJ2zf71hpsE8iQP-cDl5-zJuXV8iJCpmO7ctdxeDIZb3ME4siE0XlXLtLqL3CK26JevqTjcL7YaIW5jKy4meKWxEDLRmlvDQtoSWsyHUMJ6UcRBHdVnAQwPYO8mtRyTC_z5HHR50x6DBjqc3jPhBPmg3GID7W-8LKcpao/s2788/arr3.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2788" data-original-width="2001" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQVhG6u2nTJ7rWVIGqy_3d4bpJ2zf71hpsE8iQP-cDl5-zJuXV8iJCpmO7ctdxeDIZb3ME4siE0XlXLtLqL3CK26JevqTjcL7YaIW5jKy4meKWxEDLRmlvDQtoSWsyHUMJ6UcRBHdVnAQwPYO8mtRyTC_z5HHR50x6DBjqc3jPhBPmg3GID7W-8LKcpao/w460-h640/arr3.png" width="460" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il torrente Arroscia nei pressi di Ranzo (IM). Fonte: Wikipedia<br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">Il distaccamento imperiese - comandante TITO (Rizzo Renato) [Rinaldo Rizzo, detto Tito] commissario GIULIO (Libero <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2021/11/il-comandante-partigiano-libero.html" target="_blank">Briganti</a>) - aveva dovuto impegnarsi in una lunga marcia forzata dalla Casa Rosa, sopra Diano Roncagli nel comune di Diano S. Pietro, dove era dislocato, sino a Caprauna (in provincia di Cuneo) per raccogliere un lancio che - secondo le notizie pervenute - gli Alleati avrebbero dovuto effettuare nei giorni dal 4 al 6 aprile [1944].<br />Il reparto <1 non giunse nel tempo prestabilito e si trovò ad affrontare la via del ritorno senza alcuna scorta di viveri e senza possibilità di rifornimenti <2; ciò rese particolarmente dura la marcia sino a Guardiabella (a occidente del Colle di S. Bartolomeo), da dove una pattuglia guidata da MIRKO (Angelo Setti) scese al comune di Aurigo e nella frazione di Poggialto alla ricerca di aiuti.<br />L'assistenza generosa di quelle popolazioni aiutò la piccola formazione a rimettersi in sesto; successivamente furono anche compiute azioni particolarmente rischiose allo scopo di prelevare vettovaglie in territorio presidiato dalle truppe germaniche, <3 ma l'esperienza aveva ormai confermato che anche il problema dei rifornimenti doveva avere una sua più organica soluzione.<br />Tanto più che - in meno di 20 giorni - vi fu un notevole afflusso di volontari, tale da trasformare in altrettanti distaccamenti (con circa 30 effettivi ciascuno) le tre squadre di cui inizialmente era composto il reparto.<br />Ai primi di maggio - comandati da CURTO [Nino <a href="https://aspettirivieraschi.blogspot.com/2023/04/siccardi-ricostruiva-i-muretti-secco.html" target="_blank">Siccardi</a>] e e dal commissario GIULIO - i <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2019/12/i-partigiani-verso-la-costituzione.html" target="_blank">distaccamenti</a> avevano assunto le seguenti posizioni <4:<br />1°) comandante Tito, commissario Boris (Gustavo Berio) - dislocato presso i Tecci di Parodi sopra Pontedassio;<br />2°) comandante Ivan, commissario Dimitri (Bruno Nello) - dislocato al Passo della Mezzaluna;<br />3°) comandante Cion [Silvio Bonfante], commissario Federico (Federico Sibilla) - dislocato nel bosco di Rezzo.<br />Metodo piuttosto efficace ci sembra quello seguito dal comando partigiano imperiese - in modo abbastanza frequente in questo periodo - di designare per le azioni di guerra più importanti uomini scelti in egual numero da tutti e 3 i distaccamenti; tale criterio venne adottato - ad esempio - nell'attacco effettuato al posto di blocco del ponte di Ranzo; in questa occasione 6 partigiani (scelti 2 per distaccamento) volsero in fuga il presidio nemico - uccidendo un soldato germanico e catturando due G.N.R. - e si impossessarono di 2 mitragliatori, di due fucili tedeschi e di molte munizioni.<br />Si può anche rilevare in proposito - considerando l'armamento messo a disposizione del gruppo attaccante (su 6 effettivi, 4 fucili mitragliatori e 2 mitra) - che molto opportunamente il comando partigiano non aveva esitato ad affidare agli uomini prescelti per l'azione quasi tutte (molto probabilmente tutte, date le condizioni di allora) le armi automatiche in possesso della formazione, pur di ottenere un gruppo che unisse alla particolare agilità numerica una grande potenza di fuoco <5.<br />Nello stesso periodo si ebbe un ulteriore spostamento dello schieramento partigiano; il distaccamento di Tito venne stanziato a Bosco Nero, quello di Cion a Tecci di Parodi e quello di Ivan a Piani di Corte, nel comune di Triora.<br />Un nuovo distaccamento - anch'esso forte di circa 30 effettivi - venne costituito nella prima metà di maggio e dislocato, al comando di Mirko, in regione Castagna presso Bregalla, una località di particolare importanza strategica attraverso la quale il dispositivo partigiano della zona a levante di Imperia venne ad essere direttamente collegato con quello della zona a ponente, tramite un gruppo formatosi ai primi di marzo e comandato da MARCO (Candido Queirolo) e da <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/11/e-nostra-intenzione-costituire-una.html" target="_blank">TENTO</a>.<br />Sempre a metà di maggio vi fu l'inquadramento definitivo del distaccamento operante nella zona di Cima Marta agli ordini di <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/07/non-era-un-ammiraglio-ma-il-curto.html" target="_blank">IVANO</a> (Vittorio <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2019/12/vito-perallo-19-marzo-1944.html" target="_blank">Guglielmo</a>), commissario ERVEN (Mario Luppi) [invero Bruno <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/11/altri-antifascisti-erano-stati.html" target="_blank">Luppi</a>]; questo reparto disponeva di circa 40 effettivi <6.<br />Anche nell'imperiese si era venuta intanto sviluppando l'azione intimidatoria delle Autorità fasciste e germaniche a seguito del bando Mussolini; dal primo al 20 maggio gli aerei avevano sorvolato le campagne lasciandovi cadere a migliaia i volantini dell'ULTIMA OCCASIONE:<br />"Coloro che all'Italia hanno offerto gli anni più belli della giovinezza per compiere il loro dovere di soldati e che oggi, fuorviati da una malvagia propaganda, rinnegano il loro valoroso passato di combattenti per rimanere tra le bande dei ribelli dove altro non sono che strumenti di ignobili sfruttatori che giocano sulla loro vita per guadagnarsi lo sporco denaro con cui il nemico paga i traditori, ricordino che la Patria li ha chiamati ancora a sé pronta a perdonare il loro traviamento e ad aiutarli a ritrovare la via del dovere e dell'onore.<br />Per volere del Duce, il Governo della Repubblica ha stabilito che chi si presenterà spontaneamente entro il 25 maggio p.v. andrà esente da qualsiasi pena e procedimento penale. È L'ULTIMA OCCASIONE. Non deve essere perduta. Dopo, per chi sarà rimasto sordo a quest'ultimo appello avverrà l'inesorabile. <br />Presentatevi al più presto a qualsiasi autorità civile o militare più vicina".<br /><span style="font-size: x-small;">[NOTE]<br />1 Suddiviso in tre squadre: la prima comandata da IVAN (Giacomo Sibilla), la seconda da CION (Silvio Bonfante), la terza da MIRKO (Angelo Setti), per un totale di circa 30 effettivi. (Documentazione Biga).<br />2 Alcune testimonianze attribuiscono la perdita del lancio ad un non precisato sabotaggio.<br />3 La sera del 10 aprile, ad esempio, una decina di partigiani - tra i quali Cion, Mirko, Mancen (Massimo Gismondi), Carlo Siciliano - scesero, guidati da Curto, dal Colle di S. Bartolomeo sino alla prossimità di Pontedassio, celati sotto il tendone di un camion al volante del quale stava il partigiano Zò. Da lì, mentre il camion con a bordo il solo Curto compiva il percorso di fondovalle, essi raggiunsero Borgo d'Oneglia, passando per la collina, sino ad un deposito di viveri accaparrati da un grosso incettatore collaborazionista. Nella notte il camion veniva caricato dei viveri sequestrati e ripartì per la zona partigiana - con gli uomini armati occultati sotto il tendone - attraversando in pieno giorno i blocchi germanici e fascisti (ai quali Curto esibì dei falsi documenti tedeschi) posti sulla statale n. 28 di Pontedassio, Chiusavecchia, Ponte dei Grassi, Tesio, fino al Bosco di Rezzo. (Documentazione Biga).<br />4 Cfr. volume I° pag. 181<br />5 Invero l'armamento del piccolo reparto, potenziato dal considerevole bottino, impressionò favorevolmente alcuni ufficiali delle formazioni <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2023/05/contrasti-tra-partigiani-garibaldini-e.html" target="_blank">Mauri</a> - incontrati sulla via di ritorno - i quali inutilmente proposero ai sei di entrare a far parte del nascente schieramento "Autonomi".<br />6 Ci viene segnalato - tra le prime azioni di questo distaccamento - il disarmo compiuto da un solo partigiano (FOLGORE) di una postazione della R.S.I. a Santa Brigida (Andagna) e la cattura di 10 soldati di presidio. (Doc. Biga, testimonianza di Angelo Setti).</span><br /><b>Giorgio Gimelli</b>, <i>Cronache militari della Resistenza in Liguria - Volume II</i>, <a href="https://www.ilsrec.it/" target="_blank">Istituto</a> Storico della Resistenza in Liguria, 1969, pp. 237-240</div><p></p><p style="text-align: justify;">La popolazione tutta, specie quella dei paesi non sulla costa, è loro [ai partigiani] favorevole, li ospita, li nasconde e li rifornisce, nonostante che in parecchi casi si siano impossessati di bestiame e di derrate alimentari. <br />La loro attività è sempre quella di scendere dai monti nei paesi, rifornirsi di viveri e tabacco, incitare i renitenti a non presentarsi e a cercare di impossessarsi di armi e munizioni assalendo caserme dei distaccamenti della G.N.R. (carabinieri), nonchè di molestare persone ritenute simpatizzanti per il Regime Fascista Repubblicano. <br />A volte hanno prelevato ostaggi, fra cui qualche sottufficiale dei carabinieri, che sono stati poi rilasciati. <br />Le località della Provincia più battute sono quelle confinanti con la provincia di Cuneo, in quanto tali bande si spostano dall'una all'altra provincia. Campi di azione delle bande di ribelli sono più frequentemente la vallata di Cervo, Diano Arentino, Diano Marina, Diano Roncagli, Chiusavecchia, Bestagno, Molini di Triora, Nava e Case di Nava.<br /><b>Ermanno Durante</b>, Questore di Imperia, <i>Relazione</i> quindicinale sulla situazione..., 16 aprile 1944, Documento in Archivio Centrale dello Stato - Roma <br /><br />In questi giorni, per ben due volte, nell'abitato di Diano Marina sono stati sparati da ribelli colpi di pistola contro ufficiali dell'esercito repubblicano in divisa, che transitavano isolatamente in bicicletta, senza conseguenze. Il reparto antiribelli della Questura di Imperia frequentemente si porta nelle località ove viene segnalata la presenza di ribelli, che sistematicamente riescono a sfuggire alle ricerche. In tali operazioni viene però proceduto al fermo di renitenti, disertori e sfaccendati, i quali ultimi vengono proposti per il lavoro in Germania.<br />Non infrequentemente si addiviene ad uno scontro di colpi di arma da fuoco. <br />E' stata sottoposta, con provvedimento dell'apposita commissione, all'ammonizione, per un biennio, una suora del locale Istituto Nostra Signora della Misericordia, la quale, sull'insegnamento che impartiva ai bambini ed alle bambine, teneva contegno niente affatto consono al momento attuale e nettamente contrario all'opera ricostruttiva del Governo Fascista Repubblicano e del suo Capo. Difatti, detta suora, fra l'altro, nella lettura del libro di testo, faceva saltare tutte le pagine riferentisi al Duce ed al Fascismo, proibiva ai bambini di portare emblemi fascisti e di salutare romanamente.<br /><b>Ermanno Durante</b>, Questore di Imperia, <i>Relazione</i> settimanale sulla situazione..., 24 aprile 1944, N. di Prot. 01384, Documento in Archivio Centrale dello Stato - Roma </p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-68052138232163746482023-11-02T13:35:00.003+01:002023-11-05T10:10:27.286+01:00Non è facile agganciarsi dopo che la statale n. 28 è diventata ormai invalicabile per la presenza continua di truppe tedesche in movimento<div><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/f/fe/Prel%C3%A0-municipio.jpg/1280px-Prel%C3%A0-municipio.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="1280" height="480" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/f/fe/Prel%C3%A0-municipio.jpg/1280px-Prel%C3%A0-municipio.jpg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Prelà (IM). Fonte: Wikipedia<br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">Terminate le ispezioni ai distaccamenti della I brigata, il 18 [novembre 1944] «Curto» [n.d.r.: Nino <a href="https://www.anpi.it/donne-e-uomini/454/nino-siccardi" target="_blank">Siccardi</a>, sino a quei giorni comandante della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione", dal 23 novembre comandante della I^ Zona Operativa Liguria] si trasferisce in val Prino per rendersi conto della situazione militare e politica della IV brigata «E. Guarrini» e concertarsi con il vicecomandante divisionale «Giorgio» [Giorgio <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2022/08/i-comandanti-partigiani-giorgio-e-boris.html" target="_blank">Olivero</a>] e con il responsabile S.I.M. «Boris» [Gustavo Berio] sugli ultimi avvenimenti.<br />Appresa la notizia della presenza in zona dell'ispettore «Simon» [Carlo <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/05/un-viaggio-clandestino-dellispettore.html" target="_blank">Farini</a>], considerato disperso fino a quel <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2019/11/il-rientro-dei-partigiani-da-fontane.html" target="_blank">momento</a>, decide un immediato abboccamento per concordare direttive e disposizioni.<br />Si prepara, così, la famosa riunione di Prelà del 23 novembre in cui tra l'altro verrà deciso di stendere le circolari n. 22 e n. 23 (24), di costituire il Comando della I^ Zona Liguria (comprensiva del territorio da Loano a Ventimiglia) e di creare la divisione d'assalto Garibaldi "Silvio Bonfante", tappe fondamentali della Resistenza imperiese che illustreremo in seguito.<br />«Curto» e il vice comandante «Giorgio» esaminano concretamente lo schieramento che dovrà assumere la IV brigata dopo il rientro delle altre due.<br />Non è facile agganciarsi dopo che la statale n. 28 è diventata ormai invalicabile per la presenza continua di truppe tedesche in movimento. <br />Questo problema, insoluto per il momento, sarà risolto con il distacco della I brigata dalla divisione «F. Cascione» per elevarla a divisione (la «S. Bonfante»), con zona di operazione a est della valle Impero. Per lo schieramento della IV brigata è tenuta in maggiore considerazione la possibilità del suo agganciamento con la V e la I. Di conseguenza, il 1° battaglione viene scaglionato nella val Prino col 1° distaccamento dislocato nella zona di Fontana Fredda per il controllo del passo della Pistona, il 2° nella zona del Grillo per il controllo del passo della Verna, il 3° nella zona superiore di Villa Talla per il controllo del passo omonimo.<br />I distaccamenti del 2° battaglione attuano uno schieramento del tutto diverso: il 4° è utilizzato per il controllo dei passi del Maro e di colla d'Oggia, il 5° dislocato nella zona di Carpasio sorveglia i passi di Teglia e di colla d'Oggia, il 6° dislocato nel1a zona di Pantasina sorveglia i passi di Corda e di Colletti.<br />Il 3° battaglione rimane nella valle Argentina, con il 7° distaccamento nella zona di Badalucco a sinistra della valle, l'8° nella stessa zona ma a destra, il 9° distaccamento viene dislocato nei pressi di Pietrabruna (25).<br />Scelto, come prima sua sede, il paese di Aurigo, in seguito il Comando divisionale si sposta nella zona di Carpasio presso il Comando della IV brigata il cui nuovo schieramento viene comunicato il 27 novembre al Comando della V perché si adegui a sua volta nello schieramento per una vicendevole protezione nella guardia ai passi montani. E' particolarmente curato un agganciamento col distaccamento di Carpasio per prevenire ogni eventuale sorpresa proveniente da Triora. In tal modo si crea una continuità nello schieramento garibaldino che garantisce una certa sicurezza nei collegamenti e costituisce anche un fattore di sicurezza per ogni evenienza.<br />Il Comando della V, sistemato a Bregalla, troppo fuori mano rispetto alla dislocazione dei distaccamenti ed eccessivamente distante per ricevere tempestivamente le informazioni del servizio S.I.M., su consiglio di «Curto» si sposta nei pressi di Beusi (Taggia), essendo questa località più comoda per il contatto coi distaccamenti e per ricevere rapidamente le informazioni dalla città.<br />L'ispettore «Simon» pone la sua sede nella canonica di Prelà alla metà di novembre con la magnanima compiacenza di don Prospero Balestra e l'abbandonerà il 5 gennaio 1945 dopo l'incendio della tipografia clandestina del C.L.N. provinciale a Pianavia e dopo l'arresto dell'ex intendente dell'ospedale partigiano di Valcona Bartolomeo Ramoino (Lalen-Renard) avvenuto a Sarola. Il luogo d'occultamento era diventato pericolosissimo perché il prigioniero, se sottoposto a tortura, avrebbe potuto svelarne l'ubicazione a lui nota.<br />Monta a guardia preventiva dell'Ispettorato di zona il 10° distaccamento «Walter Berio» nella zona di Canneto, per la sorveglianza delle strade che salgono dalla costa e dalla zona di Pantasina, presso Corda e Colletti.<br /><i>[NOTE]</i><br /><i>24 Testimonianza di don Nino Martini, cappellano della divisione [II^ "Felice Cascione"], relativa alla riunione di Prelà alla quale fu presente:"... l'ispettore «Simon», con Eugenio dott. Martini (Serpente) e col cappellano rimase circa due mesi a Prelà; anche qui incontriamo persone generosissime e fra queste la madre e il fratello di «Serpente» don Nino, Moraglia Antonio, Rambaldi Giuseppe, le suore di Vasia e don Prospero Balestra, parroco di Prelà. Appena sistemato, l'ispettore «Simon» prende contatto con il fondo valle e Adolfo Stenca (Rino), la futura vittima della «Donna Velata», «Mario», i C.L.N. d'Imperia e di Genova che subito rispondono. Prende contatto con il Comando della riordinata divisione «F. Cascione», reduce dal Piemonte, e il comandante «Curto» subito risponde; con il comandante della IV brigata Carlo Montagna (Milan), eroe coraggioso e generoso; con Angelo Perrone (Bancarà) l'eroe che porta una fiamma siciliana nelle nostre file, e «Kimi», che subito rispondono. Notte del 23 novembre 1944, prima grande riunione. E suggestiva: arrivano, protetti dalle tenebre, con mosse caute e rapide, «Curto , «Sumi», «Kimi», «Milan», «Giorgio», «Boris» ed altri. Ci rivediamo dopo tante fatiche, dopo tanti dolori, dopo tante perdite, e commossi, in silenzio, ci abbracciamo. Le ombre dei nostri caduti ritornano. In queste adunanze ed in altre simili con i C.L.N., le parole: Italia, lotta, libertà, non si pronunciano senza un tremito nella voce e un sussulto nei cuori. Da queste riunioni nascono le circolari n. 22 e n. 23. Non sono solo documenti chiari e precisi del modo di riordinare la vita cospirativa tra il freddo e le nevi invernali, ma sono anche documenti di vedute alte e umanitarie..."</i><br /><i>25 Da relazione del Comando Il divisione "F. Cascione" al Comando della V brigata (Prot. N° 217/P/14 del 27/11/1944).</i><br /><b>Francesco Biga</b>, <i>Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944</i>, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio <a href="http://www.isrecim.it/" target="_blank">Isrecim</a>, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977, pp. 325-327</div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;"><br /><a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2022/11/gli-acquazzoni-si-susseguono-incessanti.html" target="_blank"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi4KWJDNXK8uZmfNGKhovCg8oIeJYnbluIOj0an0iK8aHY7qcUWXP2C7XWcAnE128QiuS2v_YlCO9lZPGMQFDVn7kkbKoOqideCpILrT3uroUvK0JO-tSFsjGtkdWC3UNc2Vg-GXhiEprP6-GQkUOn4SzbEB1XreLkgg-RNlJrLZ0x4lF29PmMhuEqpmG4/s2875/15_nov07%20(80).JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1621" data-original-width="2875" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi4KWJDNXK8uZmfNGKhovCg8oIeJYnbluIOj0an0iK8aHY7qcUWXP2C7XWcAnE128QiuS2v_YlCO9lZPGMQFDVn7kkbKoOqideCpILrT3uroUvK0JO-tSFsjGtkdWC3UNc2Vg-GXhiEprP6-GQkUOn4SzbEB1XreLkgg-RNlJrLZ0x4lF29PmMhuEqpmG4/w640-h360/15_nov07%20(80).JPG" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Pietrabruna (IM): colline a nord-est del paese<br /></td></tr></tbody></table><br />Rientrato</a>
in Liguria prima delle formazioni garibaldine, il comandante «Curto» va
ad ispezionare la IV brigata (nelle zone di Villa Talla-Pietrabruna) e
quindi prende nuovamente contatto con l'ispettore «Simon» [Carlo <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/05/un-viaggio-clandestino-dellispettore.html" target="_blank">Farini</a>] a Prelà, giuntovi in precedenza ammalato (vedi capitoli XXV e XXVI).<br />Il Comando Operativo della I Zona Liguria, <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2019/12/i-partigiani-verso-la-costituzione.html" target="_blank">costituitosi</a>
il 19 dicembre 1944 e composto da «Simon», da «Curto» e «Sumi» [Lorenzo
Musso, commissario politico] s'insedia in casa di Mario De Carolis in
Prelà, dove rimane fino all'uccisione di quest'ultimo durante il
rastrellamento del 28 dicembre. Allora i componenti e gli addetti sono
obbligati a spostarsi a Pianavia presso la tipografia del C.L.N.
provinciale che, da Villa Talla ivi trasferita, era stata montata
qualche giorno prima dal tipografo Giovanni Acquarone (Barba), in un
sottofondo della casa di Giovanni Calzamiglia (Bacì).<br /><b>Francesco Biga</b>, <i>Op. cit.</i>, p. 526</div><p></p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-11110700707557008092023-10-26T19:03:00.003+02:002023-12-10T18:09:06.821+01:00Il Vescovo di Albenga conosceva bene e approvava la collaborazione dei suoi sacerdoti a favore delle formazioni partigiane<div><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://64.media.tumblr.com/293aeea8fe4e0872e499d580d4e8c7de/99d977b14a54b679-66/s1280x1920/61837f3167f9d69d85a24fa671cb4d0e0d2fefb4.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="640" src="https://64.media.tumblr.com/293aeea8fe4e0872e499d580d4e8c7de/99d977b14a54b679-66/s1280x1920/61837f3167f9d69d85a24fa671cb4d0e0d2fefb4.jpg" width="480" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Albenga (SV): Cattedrale di San Michele. Foto: Eleonora Maini <br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">Ricorderò sempre con rimpianto le lunghe notti di novembre-dicembre del '44, le lunghe chiacchierate sul <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/05/i-partigiani-dellimperiese-ed-il.html" target="_blank">proclama</a> degli Alleati che ci invitava a sospendere la lotta per il periodo invernale, come se la cosa fosse di estrema facilità. Per loro quella decisione era considerata come scegliere di cambiarsi d'abito: faceva freddo, e allora semplicemente si cambiavano i vestiti estivi con quelli invernali. Questi ordini assurdi anzichè demoralizzare gli uomini, cementarono fra noi la vera amicizia, e sopratutto la volontà comune di continuare la lotta. Quando poi sistemai i meno validi presso le famiglie dei dintorni, non fu cosa facile far loro capire che quello era un provvedimento temporaneo e che dopo sarebbero ritornati a far parte delle varie formazioni in primavera, ma che comunque sarebbero stati ritenuti sempre in servizio, come se si fossero trovati ancora nei Distaccamenti.<br />Dovevo ridurre gli effettivi nei Distaccamenti stessi per renderli più agili e manovrieri. C'erano con noi due fratelli gemelli <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2022/08/casimiro-briozzo-partigiano-e-carlo.html" target="_blank">sanmarchini</a>, di cognome Baroni, nativi dei dintorni di Milano: uno era ammalato di polmoni e il medico (Dr. Lai) ne consigliava l'allontanamento dalle formazioni, perchè poteva essere infettivo. Non potevo sistemarlo presso qualche famiglia sapendo che poteva essere contagioso; allora li fornimmo tutti e due di carte d'identità rilasciate da un Comune della valle e, con gli abiti avuti da alcuni giovani del paese e qualche chilogrammo d'olio donato loro dai contadini, partirono per la Lombardia dalla stazione di Albenga e riuscirono ad arrivare a casa (quello ammalato morì di t.b.c. alcuni anni dopo la fine della guerra, senza purtroppo aver potuto ottenere il riconoscimento e la relativa pensione).<br />Il loro ritorno fu fortunato, ma noi non potevamo saperlo e allora, nelle interminabili sere davanti al fuoco dei casoni, ci soffermavamo a parlare delle probabilità che avrebbero avuto di riuscire ad arrivare a casa. Lì iniziò il gioco dei perché: perché erano partiti? Perché uno dei due era ammalato? Perché uno dei due era di costituzione delicata? Perché era stato arruolato nel sanmarco? e a forza di perché, si arrivava al perché della guerra, al perchè del fascismo, fino a che, vicino al fuoco, non rimaneva più nessuno.<br />Altre volte si parlava di calcio e i più preparati in materia iniziavano a ricordare i componenti delle squadre di serie A, e i loro ruoli; finita la serie A, iniziavano con la serie B. Fino a che non riuscivano a ricordare gli undici uomini titolari e le riserve, non passavano ad un'altra squadra. Da diverse sere cercavano di ricordare il nome di un terzino senza riuscirci; i più ostinati nella ricerca erano Lello [Raffaele Nante] e un ragazzo dei dintorni di Milano, il cui nome di battaglia «Disdot» (diciotto) derivava da una partita di calcio della squadra del suo paese, in cui questa aveva subito ben diciotto goal.<br />Una sera, vicino al fuoco, erano rimasti Lello e Disdot, che non riuscivano a ricordare il nome di un terzino. Andarono a coricarsi senza averlo trovato. Durante la notte, uno dei due, rannicchiato nella sua cuccia, pronuncia un nome e l'altro, situato all'estremità della baita, gli risponde: «Hai ragione, è proprio lui il tertino che ci mancava!» Chissà se erano rimasti svegli tutti e due a pensare, oppure se nel sogno avevano ricordato quel nome.<br />In uno di quei giorni di novembre ero andato con l'intendente Bergamini a Ortovero per cercare di convincere il nostro fornitore di tabacco a praticare un prezzo a noi più favorevole; ma il commerciante riuscì a convincerci che il prezzo da lui praticato era giusto e che, per causa di quello, avrebbe lavorato in perdita. Io approfittai dell'occasione per fare avere notizie alla mia ragazza e il risultato fu che un bel giorno ella arrivò a Ubaghetta dopo aver peregrinato chissà come e chiedemmo a Don Rembado di sposarci. Don Rembado chiese l'autorizzazione al Vescovo di Albenga, che allora non la concesse per motivi certamente validi (il Vescovo di Albenga che conosceva bene e approvava la collaborazione dei suoi sacerdoti a favore delle formazioni partigiane, temeva che se i nazifascisti fossero venuti a conoscenza del matrimonio, avrebbero infierito più di quanto stavano facendo sul clero in generale).<br />Decidemmo così di sposarci solo civilmente, ci avrebbe sposato il nuovo Commissario di brigata [la IV^ della Divisione "Silvio Bonfante"] (nel frattempo ero stato nominato Comandante di brigata) e Federico [Federico Sibilla], il commissario, era passato alla I brigata ["Silvano Belgrano"], sostituito da Calzolari (un ragazzo di Bergamo) ex sanmarchino. Riporto copia conforme dell'atto di matrimonio: l'originale è ancora in possesso di Fanin uno dei testimoni.<br />Era stato un ben triste dicembre; i tedeschi a Pieve di Teco, con l'ausilio di delatori, riuscivano spesso a sorprendere i partigiani nei loro rifugi. Le prigioni del piccolo centro erano colme di ragazzi che, in grosso numero, vennero prima torturati e poi fucilati.<br />Al servizio dei tedeschi erano purtroppo anche due uomini del mio vecchio distaccamento «C. Maccanò», Walter e Bol, anche loro provenienti dalla <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/02/la-liberazione-dei-detenuti.html" target="_blank">liberazione</a> dei prigionieri delle carceri di Oneglia come il prof. Come lui <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2022/11/il-fiuto-del-comandante-partigiano-fra.html" target="_blank">facevano le spie</a>, non avendo però la capacità e tanto meno la libertà della quale godeva il prof. (non mi ero mai fidato infatti di loro completamente).<br />Erano poi riusciti a sganciarsi durante quel combattimento nella nebbia avvenuto a Cosio, ed erano ritornati a collaborare col nemico riferendo quanto erano riusciti a sapere nel periodo che restarono con noi.<br />Per Natale Bergamini era riuscito a procurarsi della carne di maiale, senza danno per i contadini. Era riuscito infatti a sapere che i maiali esistenti nei paesi della Val d'Arroscia erano per la maggior parte di un commerciante che li aveva dati ai contadini con l'accordo che, quando fossero stati ingrassati, li avrebbe divisi in parti uguali fra loro.<br />Bergamini ne fece uccidere uno per il Distaccamento, lasciando ai contadini la loro metà e pagando il resto a prezzo di mercato. Tutti i Distaccamenti per Natale ebbero così mezzo maiale e ne venne fuori un pranzo natalizio davvero sontuoso.<br /><span style="font-size: small;"><span><span><b>Giuseppe Garibaldi</b> (<i>Fra Diavolo</i>), <i>Dalla Russia all'Arroscia. Ricordi del tempo di guerra,</i> Ed. <a href="http://www.isrecim.it/" target="_blank">Istituto</a> Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 1994</span></span>, </span>pp. 151-153</div><p></p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-24069203531670293532023-10-14T13:09:00.009+02:002023-10-26T07:28:21.859+02:00Contabilità partigiana nei giorni dei primi aviolanci alleati<div><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgcCcm4VzmDDygMHxvY58QDjVUa9IKRqFV-p0KLyFbuIMros7OvUM-THLAgKMj1piRMhemjUlPOL-zBPZzIuRPcpDUuozvpenFxWTcDDCNjvYoKy6SA3FAoUzwU_A4jLIDMPqz7JSZX9rrF5N6ymLa5Qx1AGMyZIoXC1UeoI3bDSjzFzFhovIuWX9e4fBE/s1024/46441755.webp" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="576" data-original-width="1024" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgcCcm4VzmDDygMHxvY58QDjVUa9IKRqFV-p0KLyFbuIMros7OvUM-THLAgKMj1piRMhemjUlPOL-zBPZzIuRPcpDUuozvpenFxWTcDDCNjvYoKy6SA3FAoUzwU_A4jLIDMPqz7JSZX9rrF5N6ymLa5Qx1AGMyZIoXC1UeoI3bDSjzFzFhovIuWX9e4fBE/w640-h360/46441755.webp" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Nasino (SV). Fonte: mapio.net<br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">Il 14 [<a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2023/10/cimitero-ha-mandato-ai-fascisti-una-sua.html" target="_blank">marzo</a> 1945] passa nell'ansia di una possibile reazione nemica. Il materiale [n.d.r.: derivante da un aviolancio degli Alleati] viene inventariato: sono una ventina di Sten, fucili 91 modello Africa orientale con canne arabescate senza cinghia che vengono dati alla banda locale di Alto, una delle poche sopravvissute. Ci sono munizioni calibro 9 lungo, buone per mitra, pistole, Sten, ci sono anche liquori e cioccolata che non superano la notte del lancio. C'è anche qualche coperta, accolta piuttosto male ora che l'inverno sta per finire.<br />Ci sono poi sigarette, le Woodbine, tabacco Virginia, in lattine da cinquanta. I partigiani, che da mesi fumavano le più strane misture non le gradirono. Giorgio [Giorgio <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2023/08/i-tedeschi-si-rendevano-conto-di-aver.html" target="_blank">Olivero</a>, comandante della Divisione Garibaldi "Silvio Bonfante"] deciderà di darle al S.I.M. [Servizio Informazione Militare dei patrioti] perché le diffondesse tra i civili della costa per dimostrare l'abbondanza che regnava sui monti dopo i <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2019/12/circa-i-lanci-alleati-ai-partigiani-del.html" target="_blank">lanci</a> alleati.<br />La distribuzione del materiale è provvisoria perché si attendono le bande della I^ Brigata [n.d.r.: Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante"] che verranno a ritirare la loro parte, poi lo schieramento di sicurezza verrà sciolto. Ad Alto resteranno pochi incaricati, perché, se la zona resterà tranquilla, richiederemo un altro lancio.<br />La sera del 14 i partigiani ascoltano la radio: è la trasmissione delle 20,30: è in corso la prima fase della battaglia del Reno: sulla testa di ponte di Remagen si combatte la battaglia decisiva. Citrato [n.d.r.: Angelo Ghiron, vice responsabile S.I.M. della "Silvio Bonfante"] ed un altro del Comando hanno un gesto di disappunto: di nuovo il messaggio speciale: gli alleati ripetono il lancio questa notte, malgrado gli accordi presi. Vengono raggruppati i pochi partigiani che sono in paese e, via di corsa. Niente schieramento di sicurezza, sarà molto se arriveremo in tempo ad accendere i fuochi perché ci vogliono due ore buone per le mulattiere buie per arrivare al campo di lancio, e lassù, non c'è niente di pronto. Questa volta il lancio fallisce: i partigiani sentono il ronzìo dell'aereo vibrare nel buio mentre arrancano sudati. Quando arrivano al campo è ormai troppo tardi.<br />La sera del 15 giunsi anch'io in Val Pennavaira, la valle del lancio, ma per altro motivo. Ero passato per Menezo, una frazione tra Onzo [piccolo comune in provincia di Savona] e Costa Bacelega [Frazione del comune di Ranzo in provincia di Imperia]. Vi cercavo il commissario Gigi [n.d.r.: Giuseppe Alberti, commissario della II^ Brigata "Nino Berio" della "Silvio Bonfante"] perché vi era una differenza tra la contabilità sua e quella di una banda dipendente da lui. Trovai con lui Osvaldo [n.d.r.: Osvaldo Contestabile, in quel momento ancora convalescente, di lì a breve di nuovo commissario di una formazione partigiana, più precisamente della IV^ Brigata della "Silvio Bonfante"]: "Vai nella zona degli Sten nuovi", mi disse. Appresi così che il lancio era riuscito. Osvaldo si teneva informato della situazione, vedevo che soffriva di non poter riprendere la vita di prima, di star con Gigi e Natascia. Pareva a vederlo che stesse bene, ma aveva ogni tanto ancora qualche disturbo. Pranzai con loro, esaminai con Gigi i conti della II^ Brigata: perché Gigi aveva segnate come consegnate ad una banda 15.000 lire che la banda non segnava di entrata? Gigi ci restò male, pensò, guardò, poi concluse che la Brigata aveva chiuso la contabilità a fine mese mentre la banda l'aveva chiusa il 27. Esaminando i conti di mano avrei trovato la somma perché la consegna era avvenuta a fine febbraio. Così fu.<br />Lasciato Menezo andai verso la cresta che separava la Val d'Arroscia dalla Val Pennavaira. Si camminava bene in Liguria nel mese di marzo. Niente neve ormai, qualche albero in fiore e nell'aria un tepore primaverile: la campagna invernale era finita, il lancio sarebbe stato per noi il segnale della ripresa.<br />Trovai un contadino che esaminava due ciliegi. Gli chiesi la strada: "Vada su per i prati e poi, quando è in cresta, vada a sinistra per il sentiero fino alla cappellina... Vede quei maledetti... durante il rastrellamento mi hanno crivellato di colpi questi alberi. Che gusto ci avranno trovato?!". "Meglio gli alberi che i cristiani", gli risposi. "Già, questo lavoro lo hanno fatto gli alpini perché i tedeschi ad Onzo hanno ucciso una famiglia intera. Perché? Nessuno lo sa. Hanno ammazzato tutti, compresi due estranei che per combinazione erano in casa. Sembra che prima abbiano voluto che quei poveretti preparassero loro il pranzo: hanno mangiato e poi li hanno uccisi. Prima di andar via hanno dato fuoco a tutto. Dicono che avessero trovato in casa una macchina fotografica, ma di preciso nessuno sa niente perché di quella famiglia l'unica salva è una donna che quel giorno era andata in un altro paese".<br />"Tedeschi... Noi li conosciamo da mesi. Fortuna che non durerà più molto".<br />Non durerà più molto. Infatti non ci sarà più un altro inverno di guerra, forse nemmeno un'altra estate; questa volta la Germania è presa alla gola ed in Italia il primo balzo porterà gli alleati sul Po. Contento? Sì... eppure... ho una punta di nostalgia: è tutto un ambiente, tutto un mondo che finisce. Fosse finito allora, in ottobre quando eravamo stremati. Ma allora no, allora avanti, nella neve, nel fango, sempre più pochi. Titolo di onore sarà per noi la campagna invernale e che poco più di trecento sono i partigiani della Bonfante che hanno resistito. Ora che l'inverno sanguinoso è passato, che più forti e più armati potremmo affrontare il nemico da pari a pari, la grande avventura avrà termine. Mai più tornerà l'ambiente di luglio, i tempi della Volante, delle folli audace, le corse sui camion rombanti, i bivacchi sulle cime, le marce sotto la luna cantando. Ricordo i pascoli verdi di Pian del Latte, le malghe di Tanarello, l'odore del formaggio, del fieno, delle stalle; i campanacci delle mucche nella nebbia, il belato dei greggi, le lunghe ore passate sui prati ad osservare il tramonto... Tutta una vita!<br />Dalla strada in cresta si stacca un sentiero che scende in Val Pennavaira. Non sono ancora alla cappellina, ma a me preme scendere a fondo valle prima di notte. Devo trovare Gapon [Felice Scotto], ora commissario della III^ [Brigata "Ettore Bacigalupo" della Divisione "Silvio Bonfante"], la cui contabilità è piuttosto saltuaria.<br />Il sentiero con una ripida discesa di un'oretta tra sterpi e castani mi conduce tra Alto e Nasino. Sullo stradone un carro sale lentamente: sopra cinque o sei partigiani con le gambe penzoloni mi guardano indifferenti in silenzio. <br />"Sapete dove è Gapon?" chiedo loro. "A Nasino, se non è andato via". Avrei preferito ad Alto per aver notizie del lancio, ma in compenso a Nasino non c'era da salire. Dopo accurate ricerche, trovo Gapon all'osteria: avrei dovuto ricordare che quella era la sua base preferita. <br />"Stasera ti offro uno spettacolo interessante", mi dice quando mi vede. "Vedrai perché noi della III possiamo fare anche a meno dei soldi della Divisione". Ero incuriosito. Infatti, quando la contabilità non era regolare, sospendevo l'invio dei fondi.<br />Con la III^ però il provvedimento non era stato efficace e venivo proprio a cercarne il motivo. Appena cenato lo spettacolo comincia. In un'altra stanza della stessa trattoria ci aspettano due contadini. Dietro ad un tavolo sediamo Gapon ed io; in piedi, con un fascio di carte in mano, Megu [Ugo Rosso], uno studente di medicina con barba e baffi vigorosi. Sono così riuniti commissario e capo di Stato Maggiore della III Brigata, nonché l'amministratore [n.d.r.: l'autore di questo memoriale, Gino Glorio] della Bonfante. Come cariche non c'è male. Megu inizia: "Da informazioni prese ci risulta che il signore..." e legge il nome dando una rapida occhiata alle carte. "Siete voi? Benissimo... Ha partecipato nel '36 come volontario alla guerra d'Africa. E il signore... ", anche qui un rapido sguardo alle carte, "alla guerra di Spagna contro il governo repubblicano. E' vero?". I due assentono assieme aggiungendo vivacemente qualche frase a discolpa. "Benissimo", continua Megu, "voi eravate disoccupato e voi avevate litigato con vostro padre. A parte il fatto che rimane da dimostrare che nel '36 non si trovasse altra occupazione più onesta ed onorevole che andare ad ammazzare negri che difendevano la loro terra o che l'aver litigato col padre possa autorizzare uno ad andar a cambiar governo in un altro paese, ho qui un documento che vi smentisce ampiamente e che è il principale capo di accusa... Dov'è?... Ah, ecco!". Ed estrae dal fascio un gruppo di fogli. "Salto le parole che non interessano... Ecco: è il verbale di un tribunale speciale, che voi ben conoscete, costituito nelle persone dei camerati...". E qui legge parecchi nomi. "Tutta brava gente" - mi dice sotto voce Gapon - " che a tempo debito sborserà fior di quattrini di multa se non avrà di peggio". "Constata su parere del medico legale camerata... la piena idoneità del signore... a sopportare il confino di polizia...". "Ti guardano in faccia ed anche se sei tubercolotico agli estremi ti trovano sempre in buona salute", commenta Gapon a bassa voce.<br />"Risultando provato che il signor... in un pubblico locale il giorno... affermava che i camerati... e..., e siete voi due... avrebbero partecipato rispettivamente alla guerra d'Africa e di Spagna non già, per compiere il loro dovere di italiani e di fascisti, ma per motivi privati. Su istanza dei suddetti camerati, che dalle affermazioni dell'imputato sentono gravemente offesa la loro fede fascista e menomata la loro fedeltà incondizionata al regime, condanniamo il signor... a due anni di confino di polizia. Contenti? E noi adesso multiamo voi di lire centomila e voi di quarantamila".<br />Segue un breve silenzio, poi i due contadini cominciano a scusarsi, a smentire, a dichiararsi impossibilitati a pagare.<br />"Niente paura, siamo informati anche a questo riguardo", replica Megu tirando fuori altre carte. "E' uno specialista", commenta Gapon compiaciuto. "E' andato apposta a Castelbianco per avere un estratto catastale con le terre ed i beni di questi due".<br />"Ci risulta che voi avete terreni che attualmente valgono un milione, se volete posso elencarli... Cosa avete detto? Non sono vostri, ma della buon'anima di vostro padre? Come scusa non vale perché non avete fratelli e siete l'unico erede. Quanto a voi abbiamo fatto un po' meno perché terre ne avete poche... Non avete quarantamila lire liquide! Non importa, avete una sorella, fatevele anticipare, ipotecate le terre, fate un debito, ma vi conviene pagare". Megu posa le carte. Poi prosegue. "Sentite, non sono scherzi, abbiamo bisogno di soldi per condurre la lotta. I partigiani non vivono d'aria ed han bisogno di vestirsi. L'ordine di arrestarvi non è partito di qui; è venuto dall'alto, ma per un insieme di circostanze gli alti comandi hanno altro da pensare e forse si sono scordati di voi. Per il vostro bene, se fermate la cosa qui, siete liberi, altrimenti domani vi mandiamo al tribunale divisionale ed allora non posso garantire per la vostra vita. Non dimenticate, non sono più i tempi in cui Cascione curava i fascisti feriti e prigionieri. Son passati due inverni e troppe ne abbiamo passate per avere il cuore tenero con i servi fedeli del regime". <br />I due parevano annientati.<br />"Avete una notte per pensarci. Domani mattina ci darete una risposta".<br />"Ti è piaciuto?" dice Gapon uscendo. "Li mandiamo a dormire in una cappellina con una squadra partigiana. Dormire per modo di dire, che non chiuderanno occhio senza coperte e con i pensieri che hanno. Domattina saranno maturi. Se pagheranno? Oh, altroché! Hanno sempre pagato tutti finora! Anche il macellaio di Caprauna multato per aver venduto in paese la carne troppo cara. Appena possibile mandiamo a mungere un seniore della milizia che vive tranquillo a Marmoreo ed un altro che ha fatto la guerra di Spagna. Il terreno è fertile se si sa farlo rendere".<br /><b>Gino Glorio</b> (Magnesia), <i>Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte</i>, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 202-206</div><p></p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-17166766133261020852023-10-08T12:51:00.004+02:002024-02-23T07:56:28.292+01:00Il 20 novembre 1943 il col. Giuseppe Bosio, comandante del distretto d'Imperia, fa affiggere i manifesti per la chiamata alle armi delle classi 1923-24-25<div><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgybE9P35LVUIWfMkanORRgpcFgYyQyeWz_h_iBQwZLKSGct76p51ohheWOx0T8aG0lCB8sWi3u1F65XJtWjEMPYKiM-awuDXaRbw0cXZrId8Gyim6O_VGr6xUnoi1FerZ_4m8QG2y2L41gTJUPJ_LJMW-hskRkuNP0srA6vm1hGcjCT05usXdZaor80SY/s2976/23_apr16%20(86).JPG" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1984" data-original-width="2976" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgybE9P35LVUIWfMkanORRgpcFgYyQyeWz_h_iBQwZLKSGct76p51ohheWOx0T8aG0lCB8sWi3u1F65XJtWjEMPYKiM-awuDXaRbw0cXZrId8Gyim6O_VGr6xUnoi1FerZ_4m8QG2y2L41gTJUPJ_LJMW-hskRkuNP0srA6vm1hGcjCT05usXdZaor80SY/w640-h426/23_apr16%20(86).JPG" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Sanremo (IM): Corso Imperatrice<br /></td></tr></tbody></table><p style="text-align: justify;">Con <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/08/la-vera-azione-partigiana-sinizio-dopo.html" target="_blank">l'occupazione</a> germanica della Liguria Occidentale i <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2021/03/cenni-sulle-brigate-nere-in-provincia.html" target="_blank">fascisti</a> che, il
25 luglio 1943, arrestato Mussolini ed abolito d'autorità il P.N.F.
(Partito Nazionale Fascista), erano scomparsi, rialzano la testa e
ricompaiono nella società protetti dalle truppe d'occupazione. I primi
loro atti sono le vendette personali e quindi iniziano la
riorganizzazione delle loro forze politiche e militari.<br />Al vertice del potere amministrativo in provincia
di Imperia, come capo della provincia, viene insediato il console
generale della milizia ecc. dott. Francesco Bellini (12), nato a Cecina
nel 1899, già segretario federale a Bolzano, a Pola e a Gondar (Etiopa);
console generale della M.V.S.N. (13), prefetto di Belluno e Gorizia nel
1939, fascista ligio alle proprie idee, che governerà fino alla metà
del 1944 (14) emanando bandi e prendendo iniziative assai impopolari da
causare non pochi drammi tra gli antifascisti ed i civili.<br />Alla
nomina del nuovo prefetto seguono quelle dei segretari politici del
nuovo Partito fascista repubblicano. Ad Imperia il cittadino Archi
succede al dott. Domenico Filippi, segretario della Federazione locale; a
San Remo la sede del Partito fascista repubblicano, con commissario
politico Nino Nuvoloni, viene costituita in via Manzoni n. 2, ove si
apre la sottoscrizione «pro mitra», e a Diano Marina, sulla piazza del
Municipio, il cui nuovo segretario politico è Enrico Papone.<br />Il
Prefetto, su indicazione dei fascisti locali, insedia i commissari nei
Comuni: nel capoluogo all'avv. Ambrogio Viale subentra, il 23 di
settembre, il prof. Nardo Languasco; a San Remo il vice-prefetto dott.
Alfonso Chiodo sostituisce l'avv. Mario Caraccioni; a Bordighera assume
la carica il commendatore Emilio Pognesi [<b>n.d.r.</b>: in effetti, il cognome era Pognisi, un generale a riposo con contatti con antifascisti della zona, come <a href="https://gsvri.blogspot.com/2023/09/sono-dunque-costretti-rinunciare-al.html" target="_blank">Giuseppe Porcheddu</a>,
Pognisi, morto di lì a breve e che, comunque, fu podestà di Bordighera
solo nel periodo "badogliano"] ed il 17 a Diano Marina il col.
Alessandro Angioino sostituisce il dimissionario Mario Oreggia. In
Questura il dott. Benedetti lascia la carica al nuovo capo di polizia
Ermanno Durante, un personaggio che, alla liberazione, fuggito a Milano e
il 26 aprile catturato in un nascondiglio e incarcerato da una squadra
del distaccamento «Carlo Rosselli», in seguito verrà rimesso in libertà
in circostanze poco chiare. (G. Pesce, <i>Quando cessarono gli spari</i>,
Ed. Feltrinelli, Milano, 1977, pag. 143). Si organizzano le prime
formazioni armate della Repubblica Sociale Italiana. All'inizio la
maggior parte dei fascisti, già appartenenti al 33° battaglione C.C.N.N.
reduce dai Balcani e sfasciatosi l'8-9-1943, che rivestono la divisa,
vengono inquadrati nella 33a legione M.V.S.N. «Generale Gandolfo» del
626° Comando Provinciale G.N.R. d'Imperia (15), comandata dal colonnello
Gianni De Bernardi e dal vice, primo seniore colonnello Pier Cristoforo
Bussi, capo dell'U.P.I.<br />La 33a legione suddivisa su tre compagnie
O.P. (Ordine Pubblico) dislocate a Ventimiglia, a San Remo e a Imperia,
con distaccamenti nei pressi di Bevera, Mortola inferiore, Bordighera,
Dolceacqua, San Michele, Ceriana, Isolalunga, Taggia, Badalucco, Triora,
Santo Stefano al Mare, Dolcedo, Diano Marina, Cervo, Pieve di Teco,
Pornassio, Nava (16), è completata a novembre con l'incorporazione di
circa 200 giovani reclutati dal federale Cesalo in Francia, dei quali:
33 a Nizza, 31 a Mentone, altri a Roquebrune, Antibes, Cagnes, St.
Laurent du Var, Carnoles, Cap Martin, ecc., già quasi tutti appartenenti
all'organizzazione fascista «Azione Nizzarda» (17).<br />Inizialmente
comanda la compagnia O.P. d'Imperia il capitano Ferrari di cui avremo da
parlare (18). L'Albenganese rimane sotto la giurisdizione militare del
627° Comando Provinciale G.N.R. di Savona, già 34a legione «Premuda»
(Posta da campo n. 831) comandata dal maggiore F.M. originario di Porto
Maurizio, da l'U.P.I., dal maggiore Previtera, con compagnie O.P.
dislocate a Varazze, Cairo Montenotte, Albenga e, per guanto ci
riguarda, con distaccamenti ad Alassio, Andora (con posto di blocco
sulla via Aurelia), Casanova Lerrone e Ortovero (19).<br />Il 20 novembre
1943 il col. Giuseppe Bosio, comandante del distretto d'Imperia, fa
affiggere i manifesti per la chiamata alle armi delle classi 1923-24-25,
che prevedono la pena di morte per renitenti e disertori. Ma i detti
manifesti lasciano il tempo che trovano.<br />Altri giovani Italiani,
figli di famiglie emigrate nella vicina Francia, allettati da mille
promesse, per forza o con consenso, già organizzati nelle squadre
fasciste degli Italiani all'estero, dette (oltre alla già citata «Azione
Nizzarda») «Fronte Popolare Francese», «Milizia Francese» ecc.,
inquadrati nel battaglione «Nizza», vengono trasferiti nell'Imperiese.<br />Al
termine del 1943 molti di questi fascisti importati o locali, tendono a
costituirsi in reparti autonomi, come Compagnie di Ventura, in cui sono
incorporati anche condannati comuni, tratti fuori dalla galera ed
arruolati con la promessa della estinzione della pena, a guerra finita.
Vi affluiscono pure fascisti fanatici. Fra i militi sono anche gli
uomini che il fascismo aveva ingannati ed illusi; gli arrivisti astuti
ed ambiziosi ma accorti, che non si macchieranno di delitti; dei
borsari neri che si serviranno della divisa per condurre a buon termine
dei traffici illeciti; dei disoccupati; dei prototipi che vivevano ai
margini della società, innocui o irresponsabili.<br />Comanda la Piazza
d'Imperia il colonnello tedesco Major che sovrintende e sorveglia,
diffidente, l'attività di queste formazioni fasciste (20). Il dott.
Gercano diventa commissario capo delle guardie repubblicane.<br />Il
grosso dell'esercito della R.S.I. viene addestrato in Germania dai
Feldwebel tedeschi. È composto da coloro che, tra i deportati, avevano
aderito alla R.S.I., uniti alle reclute che in Italia, ubbidendo ai
bandi nazifascisti, si erano presentati ai distretti militari.<br />La
divisione di marina «San Marco» è addestrata nel campo di Grafenwohr, la
divisione alpina «Monte Rosa» a Munzingen, la «Italia» (<a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2022/03/a-conoscenza-che-il-28-i-tedeschi.html" target="_blank">bersaglieri</a>)
a Hemberg, e la «Littorio» (fanteria motorizzata) nel Sennelager. Sono
circa 16.000 uomini in forza organica per ogni divisione, ad eccezione
della «Monterosa», con 20.000.<br />Diversamente, la divisione camicie
nere «Tagliamento», i «Cacciatori degli Appennini», reparti
paracadutisti «Nembo» e «Folgore», i battaglioni autonomi di difesa
costiera, le divisioni rabberciate in forma precaria «Etna» (I
divisione antiparacadutisti e antiaerea «Etna», il cui 8° battaglione
si troverà nel Savonese e nell'Imperiese nei primi mesi del 1945) e
«Vesuvio», la X MAS del principe Valerio Borghese, le brigate nere, i
reparti P.S., le compagnie di ventura «Koc», «Carità» ecc. sono
organizzate in Italia.<br />Nell'Imperiese i fascisti, acquisita una
minima organizzazione, dànno il via alle rappresaglie dirette contro le
famiglie dei renitenti alla leva: a San Remo vengono tolte le licenze di
commercio a varie famiglie e si ordinano i raduni di bestiame bovino
per la requisizione (21).<br />Nella seconda decade del gennaio 1944 i
G.A.P. sanremesi compiono le prime azioni di sabotaggio tagliando i fili
telefonici del Comando tedesco. Con un discorso di padre Eusebio (ex
cappellano della divisione «Julia») nel teatro «Verdi» a San Remo, è
istituita una squadra fascista intitolata a Ettore Muti: è il primo
embrione di organizzazione militare che darà vita alla «Brigata Nera»
della provincia.<br />A Porto Maurizio nasce il circolo rionale fascista
«Silvio Borra». Ad Albenga il Podestà comunica alle autorità
nazifasciste i nominativi di n. 87 renitenti alla leva delle classi
1924-25-26. Il 10 febbraio a San Remo è istituito il Tribunale Federale
di cui entrano a far parte, oltre al segretario del Fascio repubblicano,
Ugo Ughetto ispettore federale per la zona di Mentone, ed Elio Piccioni
segretario federale di Ventimiglia. Nasce pure un centro arruolamento
volontari comandato da Francesco Lanteri (22), simile a quello già in
funzione presso la federazione dei Fasci repubblicani.<br />A Realdo, in
valle Argentina, si hanno le prime vittime dello spionaggio: il maggiore
della milizia fascista F.A., notata in paese la presenza di vari
prigionieri inglesi, fuggiti l'8-9-1943 dai campi di prigionia del
Piemonte, dal concittadino A.L. li fa consegnare ai carabinieri di
Triora che, a loro volta, li dànno in mano ai Tedeschi; i due saranno
fucilati dai partigiani come spie perché, senza dubbio, uguale sorte
avrebbero questi ultimi subìto se fossero stati catturati per delazione
(23).<br />In marzo i prefetti d'Imperia e di Savona ordinano il
ripristino dei motti del Duce, scritti sui muri, già cancellati dopo il
25-7-1943 (24).<br />Nella primavera del 1944 l'ufficio U.P.I. d'Imperia
acquista una consistente organizzazione: dipende dalla G.N.R., ha per
capo il colonnello Bussi, è composto da militi come il maresciallo
Mangiapan, il brigadiere Maffei, l'agente Gallerini, il centurione
Montefinale, il capo ufficio magg. Gastaldi, ecc. (25).<br />La compagnia
O.P. della 33a legione ed altre formazioni, hanno il compito di
mantenere l'ordine pubblico e di dare la caccia ai fuorilegge
(partigiani), al tempo stesso si lamentano presso il Duce, informandolo
che i figli della borghesia locale, invece di arruolarsi nelle forze
della Repubblica Sociale, si sono imboscati nella Todt; gente che non ha
mai lavorato e che per opportunità ha imbracciato il badile e la pala
in luogo del fucile (26); segnalano che la maggior parte dei richiamati,
specie quelli dei paesi montani, hanno già fatto causa coi «banditi»
(20-6-1944) e che in provincia quasi ogni giorno si verificano assenze
arbitrarie dai presidi costieri (23-6-1944).<br />La compagnia O.P.
d'Imperia, composta di circa 150 uomini, è comandata, come abbiamo già
detto, dal capitano Giovanni Ferrari, (ex ufficiale del 41° reggimento
fanteria), molto quotato dai Tedeschi e decorato della croce di ferro di
2^ classe, che diventerà non poco famoso (27).<br />Dai reparti della
G.N.R. nascono, in seguito, quelli antipartigiani (R.A.P.), composti da
giovani di 18-25 anni, che dànno il via ai rastrellamenti sulle montagne
della provincia. Giunti in un paese allacciato alla carrozzabile, a
bordo di camions, ed attraversata qualche valle a piedi, sono raccolti
altrove con gli stessi mezzi. Veramente non sono rastrellamenti eseguiti
in ordine sparso, ma in colonna, pertanto poco efficaci. Anche la
polizia del questore in carica rastrella e, purtroppo, in <a href="https://gsvri.blogspot.com/2023/02/si-comunicano-qui-di-seguito-le.html" target="_blank"> maggio</a>
infligge duri colpi alle organizzazioni antifasciste ed ai C.L.N. nelle
zone di Ventimiglia, Bordighera, San Remo e Diano Marina (28).<br />In
luglio il questore in carica è sostituito dal dott. Sergiacomi, altro
capo cui seguirà nell'Imperiese un periodo di vita difficile. Viene
istituito un robusto plotone arditi antipartigiani comandato
dall'ufficiale superiore Delcaro, con cani lupo e ben fornito di mitra,
pistole e bombe a mano. Gruppo di militi repubblichini ben noti a coloro
che hanno subito le loro «sedute» d'interrogatorio (29).<br />Il primo
luglio 1944 Mussolini detta la deliberazione per istituire le squadre
d'azione camicie nere, il 26 luglio viene impartita a tutte le
formazioni fasciste già esistenti la seguente ordinanza: «Gli
appartenenti al partito, dai 16 ai 60 anni, devono far parte di queste
squadre che assumono il compito di assicurare l'ordine e distruggere i
partigiani ed i comunisti ovunque si trovino. Chi non aderirà, può
andarsene. I capi devono essere uomini politici locali... » (30).
Nascono così le brigate nere con capi fondatori. In esse si raccolgono i
«scelti» delle già menzionate formazioni fasciste. Il raggruppamento di
tali bande costituisce la «Brigata Nera».<br />Nel luglio 1944 nasce ad
Imperia la 32a <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2022/04/presso-poco-e-il-luogo-dove-domenica-e.html" target="_blank">brigata nera</a> «Antonio Padoan» ed a Savona la 34a brigata
nera «Giovanni Briatore», ambedue dipendenti dall'Ispettorato B.B.N.N.
della Liguria, con sede in Genova, di cui è capo il dott. Asti prima e
Luigi Sangermano dopo.<br />La 32a brigata nera d'Imperia prende il nome dal prete Antonio Padoan. Eccone il motivo:<br />Durante
gli anni del fascismo il Padoan era parroco di Creppo, in valle
Argentina. Si dimostrava di idee liberali benché fosse figlio di un
colonnello fascista. Poi venne trasferito nella parrocchia di
Castelvittorio e durante la Repubblica di Salò le sue idee si adeguarono
al momento per cui, divenuto uomo fidato della G.N.R. e dei Tedeschi
occupanti, incominciò a fare propaganda in chiesa per i nazifascisti. A
Pigna, come capitano della milizia, non disdegnò di sostituire don Bono
protestatario, per far partecipe di funzioni religiose i partigiani
Repetto e Faraldi morituri, fucilati poi dai fascisti.<br />Forse affrontato da partigiani della V brigata [<b>n.d.r.</b>:
invero a quella data non ancora costituita] la sera del 7 maggio 1944
per indurlo a desistere dai suoi propositi e abbandonare Castelvittorio e
forse, nata una colluttazione reciproca con spari da ambo le parti
(pare che il partigiano detto «Albenga» abbia avuto la cassa del fucile
fracassata da una pallottola, così che l'arma gli salvò la vita), il
Padoan rimase ucciso (31).<br />I fascisti fecero del morto un martire ed
una bandiera intitolando con il suo nome la brigata nera imperiese e
resero gli onori militari alla salma durante i funerali che si svolsero a
Ventimiglia.<br />La 32a brigata nera «A. Padoan» partecipa alla lotta
antipartigiana fino alla liberazione. Dopo il 25 aprile 1945, in fuga,
raggiunge Alessandria ove viene catturata.<br />Dislocata ad Imperia con
posta da campo n. 779, durante tutto il periodo della lotta è comandata,
tra gli altri, da Mario Massina e dal tenente colonnello Edoardo
Baralis.<br />Comprende la Compagnia comando, il 1° battaglione su tre
compagnie e il 2° battaglione con la 4^ compagnia «Alassio» comandata
dal tenente Ferdinando <a href="https://grupposbarchi.wordpress.com/2020/06/11/i-ribelli-sono-tornati-a-calvo/" target="_blank">Rey</a>, la 5^ compagnia «San Remo» comandata dal tenente Renato Moretti, la 6^ compagnia «Ventimiglia» comandata dal tenente Elio <a href="https://grupposbarchi.wordpress.com/2020/06/11/i-ribelli-sono-tornati-a-calvo/" target="_blank">Piccioni</a>. (32) [<b>n.d.r.</b>:
si intendeva con ogni evidenza citare Renato Morotti, in ogni caso non tenente e neppure
comandante, fucilato il 26 aprile 1945
presso il cimitero della Foce a Sanremo: in ogni caso, sia in <span style="font-size: small;"><span><span style="font-size: small;"><b>Leonardo Sandri</b>,</span> </span></span><i>Processo ai fascisti: una documentazione</i>, <i>Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia</i>, StreetLib, Milano, 2019 che nel <b>Diario </b>(brogliaccio)<b> del Distaccamento</b> di Sanremo (IM) della XXXII^ <a href="http://storiaminuta.altervista.org/diventero-il-capo-delle-brigate-nere/" target="_blank">Brigata </a>
Nera <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2021/03/cenni-sulle-brigate-nere-in-provincia.html" target="_blank">Padoan</a> (Documento in Archivio di Stato di <a href="http://www.archiviodistatogenova.beniculturali.it/" target="_blank">Genova</a>,
ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo), comandante di tale compagnia
risulterebbe essere stato Mangano, così come sembrerebbero confermate,
direttamente o <i>in absentia</i>, le scarne notizie di cui sopra, afferenti Renato Morotti<b>]</b>.<br />La
brigata nera viene munita di un proprio ufficio U.P.I. diretto da un
certo P.G. I capi delle squadre d'azione diverranno tristemente famosi;
sono gli ufficiali: R. M., E. M., A. D. R., P. G., L. B., V., A.
impiccatore (33), i capitani I. D. (condannato a morte alla Liberazione
ma poi assolto), F. M. giustiziato, G. F., E. P. (giustiziato a Diano
Marina il 4-10-1944), A. V. (già capitano della milizia) e A. C.
(capitan Paella) giustiziati nei giorni della liberazione, ed altri
(34). In concorso con le SS tedesche saranno responsabili di quanto è
successo di grave a uomini, donne e bambini (35).<br />L'ordinanza del
Duce sull'inquadramento delle brigate nere in funzione militare fa
nascere non poche perplessità nei capi, tanto che ad Imperia il
comandante della «A. Padoan» Mario Massina scrive in un suo rapporto del
16 luglio 1944: <br />«Il provvedimento della militarizzazione del
partito ha provocato svariati commenti. È impressione generale che le
squadre d'azione non saranno in grado di funzionare, sia per la
deficienza di armi, sia per la mancanza di capi, sia, infine, perché il
partito in provincia di Imperia non ha largo seguito. Ha destato ilarità
il fatto che il Commissario federale prenderà il nome di Comandante di
Brigata quando ai suoi ordini, in provincia d'Imperia, avrà sì e no una
cinquantina di elementi».<br />In un altro rapporto del Massina del
28-7-1944: «Con l'ordine di costituzione delle brigate nere il fascismo
d'Imperia ha chiaramente dimostrato la sua poca buona volontà di
combattere. A tutt'oggi nessuna squadra d'azione è stata costituita,
anzi, qualche fascista ha presentato le dimissioni e molti altri, pare,
intendono fare lo stesso, non escluso qualche dirigente». (36)<br />L'11
luglio 1944 è costituita ad Alassio la 34a brigata nera «Giovanni
Briatore» (Posta da campo n. 831), comandata da Francesco Girlaro,
vicecomandante è Luca Dimora. Altri capi della brigata nera saranno:
Mario D'Agostino fino al 22-10-1944, Paolo Pano fino al febbraio 1945, e
quindi Quinto Aleardi. È composta da una compagnia comando e da tre
battaglioni divisi in nove compagnie, a loro volta suddivise in squadre
d'azione per un totale di circa 600 uomini. Le compagnie presidiano
Alassio, Albenga, Varazze e Vado Ligure.<br />[NOTE]<br /><span style="font-size: x-small;">(12)
Il nuovo prefetto dott. Vincenzo Bellini sostituì l'8-10-1943 il
collega dott. Froggio che, a sua volta, l'8-9-1943 aveva sostituito il
prefetto dott. Tallarico.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(13) Dopo l'8-9-1943, la sigla M.V.S.N. non venne più usata dalle ricostituite forze armate fasciste.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(14) Vedi articolo nella cronaca d'Imperia del Corriere Mercantile dell'8-10-1943.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(15)
Il 626° Comando Provinciale d'Imperia (Posta da campo n. 779), col 627°
di Savona, 628° di La Spezia ed il 625° di Genova, dipendevano
dall'Ispettorato Regionale Ligure della G.N.R.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(16)
Da documento del Comando 33a legione «Generale Gandolfo», emesso ad
Imperia il 20-ll-1943, prot. n. 29 segreto, relativo alla ricerca dei
membri del Gran Consiglio del Fascismo che nel luglio votarono contro
Mussolini.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(17)
Tra gli altri, 14 militi della 33a legione caddero ad Imperia, 7 a San
Remo, 5 a Bordighera, alcuni a Triora, a San Lorenzo al Mare, a Taggia e
a Diano Marina.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(18)
Una pattuglia della compagnia O.P. di Imperia il 20-11-1943 uccise nei
pressi di Sant'Agata il partigiano Walter Berio, primo caduto della
Resistenza Imperiese (vedi primo volume dell'opera di G. Strato).</span><br /><span style="font-size: x-small;">(19)
Vedi: «Storia delle forze armate della Repubblica Sociale» di G.
Pisanò, fascicolo n. 81. Edit. F.P.E., Milano 1968. Tra gli altri, 7
militi del 627° Comando Provinciale caddero nella zona di Alassio; una
dozzina in quella di Albenga, alcuni in val Merula, località «Cian du
Belottu», nel giugno 1944. (vedi volume II dell'opera di C. Rubaudo).</span><br /><span style="font-size: x-small;">(20)
Con la dicitura: «la presente tessera vale come porto d'arme e come
autorizzazione di libera circolazione in caso d'emergenza politica o
militare per raggiungere le sedi del P.F.R.», riportata sulla tessera
degli aderenti al Partito e da lui firmata, il colonnello tedesco Maior
permette a questi ultimi di portare le armi.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(21)
Raduni per la requisizione di bovini si tennero a Ventimiglia il
5.1-1945, a San Remo il 13-1-1945, a Borgomaro il 16-1.1945, a Pieve di
Teco il 27-1-1945, a Diano Marina il 12-1-1945.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(22) Notizia tratta dal giornale «Eco della Riviera» del 10-2-1944.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(23) Da una testimonianza del comandante Nino Siccardi (Curto).</span><br /><span style="font-size: x-small;">(24) Da circolare prefettizia del 25-3-1944, prot. n. 769/14/7 Gab. Savona.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(25) Da documento redatto dall'ex brigatista nero E.F.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(26) Vedi volume: Riservato a Mussolini, nota del 4-5-1944/P2/0. Edit. Feltrinelli, Milano 1974.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(27) Da testimonianza del brigadiere T. F. della G.N.R., fatta il 10-5-1945.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(28)
Una squadra antipartigiana della P.S. era composta dagli agenti: Gi.,
Di C., An., La., Sa., Fa., Ai., Cu., Pu., An., Fa., Ba., Ge., Ca., quasi
tutti meridionali, rimasti tagliati fuori dalla loro terra dopo lo
sbarco alleato in Sicilia. Vedi documento nel capitolo "Azioni nemiche
controbanda", settembre 1944.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(29)
Guardie di P.S. che fecero parte del plotone antipartigiani: Gu.,
Ag., Me., Ne., Re., Te., Pu., ecc., anche questi, meridionali, rimasti
in Ligurìa a causa degli eventi come a nota (28). Vedi lettera del
S.I.M. di zona al servizio S.I.M. del Comando II^ divisione "F.
Cascione" del 3-4-1945.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(30) Dal volume «Italia Partigiana» di G. Bocca, Edit. Laterza, Bari, 1967</span><br /><span style="font-size: x-small;">(31)
Da memorie orali di Bruno Luppi (Erven) e del comandante «Vittò». Per
maggiori dettagli vedi l'opuscolo "Sangue a Castelvittorio" di Nino
Allaria Olivieri, Edit. Sordomuti, Milano, 1997.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(32) Vedi: "Storia delle forze armate della R.S.I. di G. Pisanò", fascicolo n. 98. Edit. F.P.E., Milano, 1969.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(33)
Il milite fascista A., in relazione alle dichiarazioni fatte dai suoi
commilitoni, aveva impiccato nove partigiani in una volta. Vedi giornale
«L'Unità» del 23-7-1946.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(34) Da relazione del responsabile S.I.M. divisionale al Comando operativo di Zona, del 4.4.1945 prot. n. 21/73</span><br /><span style="font-size: x-small;">(35)
S.S. = Schutzstaffel, che significa: Servizi Speciali. La formazione
nacque nell'aprile 1925. Il nome fu dato ad una squadra di 8 uomini
scelti, tra i più fanatici, destinata alla protezione personale di
Hitler.</span><br /><span style="font-size: x-small;">(36) Vedi a pag. 188 del volume "L'esercito di Salò" di G. Pansa. Edit. Oscar Mondadori, Milano, 1970.</span><br /><b>Francesco Biga</b>, <i>Storia
della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. La Resistenza
nella provincia di Imperia da settembre a fine anno 1944</i>, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'<a href="http://www.isrecim.it/" target="_blank">Istituto</a> Storico della Resistenza di Imperia, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977</p><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj02v3ZiJ-gx5RU5HYLiHwZC8tn-aEIGMeGaNPcHxLEfaXi5yQW-4HPoCg8gdlVakduFQ0cyraS5GVjpMAXclaPcPbqtt9-fnDFla6ZSeb2cPzwTVYplLRrF0krXnehU5R5E9_KJYM5KuiVrNAq0Jar7cg48XCDeKgDBGheUYXTX9MinT8looS4niJEsWs/s2976/17_giu19%20(259).JPG" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1984" data-original-width="2976" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj02v3ZiJ-gx5RU5HYLiHwZC8tn-aEIGMeGaNPcHxLEfaXi5yQW-4HPoCg8gdlVakduFQ0cyraS5GVjpMAXclaPcPbqtt9-fnDFla6ZSeb2cPzwTVYplLRrF0krXnehU5R5E9_KJYM5KuiVrNAq0Jar7cg48XCDeKgDBGheUYXTX9MinT8looS4niJEsWs/w640-h426/17_giu19%20(259).JPG" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Pigna (IM): Corso De Sonnaz<br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">Nella tarda estate del '44 tornarono in Italia i primi reparti addestrati nel Reich, la divisione di fanteria San Marco e la divisione alpina Monterosa. Entrambe, assieme a tre divisioni tedesche, finirono per formare l'armata Liguria, la quale, raggruppata tra Imperia e La Spezia, aveva il compito di impedire uno sbarco alleato sulla costa nord-occidentale del Paese <1192: in realtà la sua funzione si orientò principalmente alla lotta partigiana, dato che i tedeschi non avevano alcuna intenzione di adoperare truppe italiane al fronte.<br />[...] Sempre alla prima sezione della Corte di Assise romana toccò giudicare un altro capo provincia della Rsi, dapprima stanziato a Rieti e successivamente, dal giugno del '44, ad Imperia, Ermanno Di Marsciano. Oltre alle accuse di collaborazionismo pesava sull'imputato il coinvolgimento nei rastrellamenti di Monte San Giovanni in Sabina del 7 aprile 1944 e di Leonessa (RI) del 10 marzo 1944. Con la sentenza 121/50 del 21 giugno 1950 il tribunale romano lo condanna all'ergastolo, all'interdizione dai pubblici uffici e al pagamento delle spese legali. La Cassazione, tuttavia, accolse la richiesta di conversione della pena avanzata dall'imputato, affidando l'onere del giudizio alla Corte d'Appello di Roma, la quale, il 12 maggio 1952, convertì l'ergastolo - già precedentemente condonato in 19 anni di reclusione - in 9 anni di reclusione. Di Marsciano, nel giugno del '44, aveva sostituito ad Imperia Francesco Bellini, il quale era stato trasferito a Treviso. Nominato prefetto durante la guerra per meriti politici, Bellini era come tanti suoi colleghi prefetti uno squadrista della prima che prese parte alla marcia su Roma. Fu console generale della Milizia e durante gli anni Trenta ricoprì la carica di segretario federale a Bolzano, Pola e a Gondar, in Etiopia. Fu nominato prefetto nel 1939 e destinato dapprima a Belluno e poi a Gorizia dove, nell'agosto '43, venne collocato a riposo da Badoglio <1374. Per il suo operato durante la Repubblica di Salò venne riconosciuto colpevole per i reati di collaborazionismo e omicidio dalla Corte d'Assise Straordinaria di Treviso e condannato a morte con sentenza emessa il 16 giugno 1945. La Corte di Cassazione di Milano, tuttavia, accolse il ricorso dell'imputato contro la sentenza, annullandone l'esito e rinviandola alla Corte d'Assise Straordinaria di Venezia. Non si conosce l'esito del processo.<br /><span style="font-size: x-small;">[NOTE]</span><br /><span style="font-size: x-small;">1192 F.W. Deakin, Storia della Repubblica di Salò, pp. 707-708</span><br /><span style="font-size: x-small;">1374 M. Stefanori, Gli ebrei e la Repubblica sociale italiana, p. 131</span><br /><b>Jacopo Bernardini</b>, "Un confuso fermento di idee": politica, amministrazione e costituzione nell'ultimo fascismo (1943-1946), Tesi di laurea magistrale, Università degli Studi di Torino, Anno accademico 2019-2020</div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;">Dopo l'8 settembre Marcianò ricostituì il suo battaglione a Vercelli, da cui il 30 marzo 1944 raggiunse Grafenwöhr per aggregarsi alla divisione San Marco. Al momento di partire per la Germania inviò un vibrante messaggio a Mussolini a cui esprimeva «la volontà di combattere e di morire per le rinnovate glorie della Patria», chiedendo che il suo gruppo venisse «lanciato contro il nemico, come i vecchi reparti d'assalto della Grande Guerra». <194 Una volta rientrato in Italia, il reparto di Marcianò, insieme ad un gruppo del 3° reggimento di artiglieria, fu posto sotto il comando della 34ª Infanterie Division, diretta dal generale Theo von Lieb. Il III gruppo esplorante, che poteva disporre di circa 700 uomini, <195 venne inviato nell'area di Imperia, con il compito di ripulire la zona dalle bande partigiane che minacciavano la sicurezza delle retrovie tedesche. Pur non essendo stricto sensu una vera e propria formazione di controbanda, tuttavia gli uomini di Marcianò applicarono brillantemente i principi della controguerriglia. Attacchi notturni con squadre non troppo numerose (venti o trenta uomini al massimo). Spostamenti continui. Incursioni a sorpresa nei paesi frequentati dai partigiani. Anche se non fu risparmiato dalle diserzioni - 79 alla data del 5 settembre 1944 <196 - il III gruppo esplorante dimostrò comunque una coesione disciplinare e uno slancio combattivo nettamente superiori al resto della divisione. A partire dal settembre 1944 gli uomini di Marcianò si installarono nel territorio al confine tra le province di Asti, Cuneo, Savona ed Alessandria [...]<br /><span style="font-size: x-small;">[NOTE]<br />94 P. Baldrati, San Marco, San Marco..... cit. vol. II, documento 35, p. 744.<br />195 Ivi, documento 104, allegati 2, 3 e 4, pp. 856-858. Alla data del 5 settembre, il reparto di Marcianò poteva contare su 732 uomini, così ripartiti: 32 ufficiali, 50 sottufficiali e 650 soldati di truppa.<br />196 Ivi, documento 104, allegato 6, p. 860. Dei 79 militari che risultavano disertori alla data del 5 settembre, quattro erano sottufficiali e 75 soldati di truppa</span>.<br /><b>Stefano Gallerini</b>, <i>"Una lotta peggiore di una guerra". Storia dell'esercito della Repubblica Sociale Italiana</i>, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Firenze, 2021 <br /></div><p></p><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEio8MryJitS0mXL0-83mMm3gmmKdgkxYlaKyv-RN3kYjACDuNS_JeCkiJLJIPhkCijatwdHXIZALBeGcCnvsiq01e831-D_vSrDjvL3DSnAOgl95Q9otnXJP9jb665GjvjTcTXDKHOtW2Gc8uPWt-2XmPAq9EERRo7Wd2eHXEOsbK-IaMnOtDsGqBupgAg/s1426/1944_giu19-13.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1426" data-original-width="1106" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEio8MryJitS0mXL0-83mMm3gmmKdgkxYlaKyv-RN3kYjACDuNS_JeCkiJLJIPhkCijatwdHXIZALBeGcCnvsiq01e831-D_vSrDjvL3DSnAOgl95Q9otnXJP9jb665GjvjTcTXDKHOtW2Gc8uPWt-2XmPAq9EERRo7Wd2eHXEOsbK-IaMnOtDsGqBupgAg/w496-h640/1944_giu19-13.jpg" width="496" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Pagina 13 del Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana (G.N.R.) del 19 giugno 1944. Fonte: <a href="https://www.fondazionemicheletti.eu/italiano/home/" target="_blank">Fondazione</a> Luigi Micheletti</td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">Il 10 corrente, alle ore una, in località Barcheto del comune di Imperia, circa 15 banditi armati prelevarono dalla propria abitazione, mediante violenza, il vice commissario federale del P.F.R. Adalberto Armelio, conducendolo per ignota direzione.<br /><b>Notiziario</b> della Guardia Nazionale Repubblicana (G.N.R.) del 19 giugno 1944, pagina 13. Fonte: <a href="https://www.fondazionemicheletti.eu/italiano/home/" target="_blank">Fondazione</a> Luigi Micheletti <br /></div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;">Cortesia Angelo: nato a Vidor il 4 settembre 1927, squadrista della Brigata Nera “Padoan”<br />Interrogatorio del 3.7.1945:<br />[...]
Solo nel mese di agosto del 1944 mi arruolai come fecero tutti gli
altri che mi istigavano. Rimasi in servizio presso la 32^ Brigata nera
“Padoan”, operante nella provincia di Imperia. Durante tale periodo
presi parte a svariati rastrellamenti, circa 20, contro i partigiani. I
rastrellamenti erano sempre diretti da componenti dell’ufficio politico
investigativo dell’ex GNR. Molte volte vi prendevano parte anche truppe
tedesche con elementi delle loro SS. Durante tali rastrellamenti da
parte della brigata nera, cioè quando vi partecipavo io, non fu mai
ucciso nessun partigiano: ne avremo catturati circa una decina che
furono sempre consegnati alle SS tedesche. Non so quale fine facessero.
In tutto da parte delle formazioni tedesche saranno stati uccisi circa
45 partigiani. Dei predetti parte rimasero uccisi in combattimento e
parte furono fucilati sul posto [...] Il comandante della mia brigata si
chiama Mario Massina, che nel Regio Esercito ricopriva il grado di
caporale ma nella brigata nera era commissario federale. Il Capo di
Stato Maggiore si chiama Baralis Edoardo che nel Regio Esercito
rivestiva il grado di colonnello. Faceva parte della brigata pure certo
Rizzitelli Gino che rivestiva il grado di Maggiore, lo stesso parlava
con accento meridionale.<br /><b>Leonardo Sandri</b>, <i>Processo ai fascisti: una documentazione</i>, <i>Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia</i>, StreetLib, Milano, 2019 <br /></div><div><p></p></div>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-73315926705512164112023-10-01T11:20:00.005+02:002023-10-01T11:46:03.357+02:00Cimitero ha mandato ai fascisti una sua fotografia che ora figura in tutti i posti di blocco<div><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiVOFQrKgu4lZzosKIuz9s9gAWIvECSgM9WJ8i2mAznAcKMlH7lsYn6HlMVk_sZa3Ft7ywhGmJhDnz8DXy2ZZ332_JxEiKa8NUro53Fy4Oin8Dosc8vGNi1hMVVQQ9Ncy-zbTtMP2LLAHG_-E6Vse3_EeUfngQW6qV1irZg8pEp7E6GnQVWe-uLpYZ4IQ/s902/cbs2.GIF" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="633" data-original-width="902" height="281" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiVOFQrKgu4lZzosKIuz9s9gAWIvECSgM9WJ8i2mAznAcKMlH7lsYn6HlMVk_sZa3Ft7ywhGmJhDnz8DXy2ZZ332_JxEiKa8NUro53Fy4Oin8Dosc8vGNi1hMVVQQ9Ncy-zbTtMP2LLAHG_-E6Vse3_EeUfngQW6qV1irZg8pEp7E6GnQVWe-uLpYZ4IQ/w400-h281/cbs2.GIF" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il partigiano Cimitero è il primo a sinistra. Fonte: Gino Glorio, op. cit. infra<br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">Il giorno 13 [marzo 1945] <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2023/09/hanno-detto-che-i-tedeschi-hanno-i-cani.html" target="_blank">sono</a> di nuovo a Ginestro [Frazione del comune di Testico in provincia di Savona]: al centro staffette si è sempre informati degli ultimi avvenimenti. A Ginestro sono in allarme perché sulla carrozzabile per Testico è in transito una macchina nemica; poi i tedeschi si allontanano e tutto torna normale. Vedo Venezia: la staffetta per la Cascione che si sposta a cavallo di un mulo: «Eri tu il partigiano cui la pattuglia tedesca ha sparato addosso?».<br />«Esatto, e me la sono cavata con una storta».<br />Venezia era contento per l'incidente. Compresi solo allora quale incubo fosse per lui passare tutti i giorni la «28» [n.d.r.: statale del Col di Nava] pattugliata dal nemico. Mai una volta si era lamentato di quell'incarico, pure l'incidente che lo immobilizzava e che da tutti noi era temuto perché l'esser bloccati in caso di attacco poteva essere la fine, faceva brillare di gioia gli occhi di Venezia. Conobbi la nuova staffetta, provvisoria perché appena guarito Venezia avrebbe ripreso il suo servizio. «Mancen [n.d.r.: Massimo Gismondi, comandante della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante"] ci ha chiamato tutti», mi aveva detto. «C'è bisogno di una staffetta per la Cascione, ci ha detto. E' una cosa rischiosa perché c'è da passar la strada tutti i giorni. Chi si offre? Nessuno ha risposto. Benissimo allora va tu. Ed ha preso me. Dir di no non potevo. Avrebbe detto che avevo paura e sarebbe stata la verità. Al posto del moschetto ho la pistola, dà meno nell'occhio e spara lo stesso», ha detto Mancen. «Se ti vuoi sparare poi è più comoda. Se ci penso mi sento sudare... Dirlo è facile... Ma certo vivo non mi faccio prendere». Almeno Venezia guarisse presto!<br />Al pomeriggio lasciai Ginestro accompagnando fin quasi a Testico la staffetta della I^ Brigata. Mi raccontò un episodio di pochi giorni prima nella Valle di Diano.<br />Uno sbandato si era presentato al parroco di Diano Arentino. Il prete gli aveva dato un biglietto indirizzandolo a suo nome a chi gli avrebbe dato dei viveri; lo sbandato era caduto nelle mani dei fascisti ed il biglietto era stato sequestrato. Il giorno dopo, mentre il parroco diceva la Messa, venne uno di corsa ad avvertirlo che una macchina saliva per lo stradone: erano fascisti che venivano a cercare lui. Il prete cercò di affrettarsi ma l'auto era più veloce ed in pochi minuti fu in paese e si fermò sulla piazza della chiesa. Ad Arentino c'erano Mancen e suo fratello, udirono il rumore della macchina, i fascisti su un'auto non potevano essere molti ed attaccando risolutamente... Mancen piombò sulla piazza spianando il mitra: «Arrendetevi!». Due fascisti che stavano uscendo dall'auto cercarono di sparare, ma vennero fulminati da una scarica, gli altri due si arresero. Il parroco uscì di chiesa. Mancen lo chiamò: «Reverendo cercano di voi». «Eravamo venuti per una informazione... Una cosa amichevole...» balbettò il commissario di polizia.<br />«Per una informazione siete venuti con tutte queste armi?» ribattè il parroco. Il bottino era di due mitra, quattro pistole Berretta ed una Mauser. I due prigionieri vennero portati al Comando e fucilati, malgrado le loro implorazioni. Il parroco si rese irreperibile. Il giorno dopo i fascisti tornarono ad Arentino, incendiarono la canonica e altre case; ripiegarono poi rapidamente prima dell'arrivo di Mancen con i suoi. Gli eventi della Val di Diano indicavano che il morale dei partigiani andava migliorando, che a poco a poco tornava il desiderio di misurarsi col nemico direttamente, non limitandosi più alla tattica dell'imboscata.<br />Le imboscate erano pur sempre le azioni più redditizie e provocavano al nemico un lento stillicidio di perdite, un'inquietudine per ogni spostamento.<br />Il nemico aveva terrore di noi e resisteva ad oltranza. Non era facile catturar vivo un repubblicano ed un fascista come l'anno scorso. Russo [n.d.r.: Tarquinio Garattini, comandante del Distaccamento "Angiolino Viani" della già citata I^ Brigata] con i suoi intimò la resa a due repubblicani, quelli estrassero le armi e vennero uccisi. Un tedesco sorpreso da quei di Pippo [n.d.r.: detto anche Bill, Giuseppe Saguato, comandante del Distaccamento "Francesco Agnese" della I^ Brigata] in Diano S. Pietro si fece ammazzare ma non si arrese. Un altro, appostato da quei di Stalin [n.d.r.: Franco Bianchi, comandante del Distaccamento "Giovanni Garbagnati" della I^ Brigata] sulla «28» mentre passava in motocicletta frenò bruscamente alla prima raffica, sterzò e si gettò nella cunetta trincerandosi dietro alla macchina. Di là rispose al fuoco dei partigiani appostati a semicerchio finché un camion di truppe ci obbligò a sgomberare. Ricordavo che Stalin aveva preso in giro un altro capobanda perché aveva appostato gli uomini ai due lati della strada: «Al momento buono, per non colpirsi fra di loro, avevano dovuto rinunciare a sparare!», aveva commentato. Se quella volta però avesse avuto anche lui qualcuno oltre la «28» avrebbe preso il tedesco alle spalle.<br />Lasciata la staffetta della I presso Testico raggiungo Poggiobottaro [Frazione del comune di Testico (SV)].<br />Mi fermo pochi minuti perché trovo solo Livio [n.d.r.: Ugo Vitali responsabile SIM, Servizio Informazioni della Divisione "Silvio Bonfante"] e Citrato [n.d.r.: Angelo Ghiron, vice responsabile SIM della citata Divisione], poi prendo la mulattiera a fondovalle che porta a Degna [Frazione del comune di Casanova Lerrone (SV)]. A poco a poco, inavvertitamente, riprendiamo confidenza con le mulattiere, con le strade battute dal nemico, qualcosa però dentro di noi si mantiene sempre in allarme, ad ogni curva sostiamo istintivamente attenti se udiamo dei passi. A fondovalle, ad una curva, sento due che salgono: uno scatto fuori strada, ma è troppo tardi: i due mi compaiono di fronte ed uno abbassa il mitra in posizione di sparo. L'altro gli tocca il braccio: «E' l'amministratore!» Il compagno solleva l'arma, fa un passo avanti e mi tende la mano: «Sono Cimitero. Due occhi neri, profondi, una capigliatura corvina che gli scende ad onde sulle spalle, statura alta, torace d'atleta. Tale mi apparve quella sera Cimitero [n.d.r.: Bruno Schivo, capo di una squadra del Distaccamento "Filippo Airaldi" del Battaglione "Ugo Calderoni" della II^ Brigata "Nino Berio"] che avevo visto in agosto, ma che più non ricordavo. «Hanno ucciso suo padre e sua madre, mi avevano detto». Hanno preso la sua fidanzata e le hanno ucciso davanti un uomo: «Così finirai anche tu se non ci dai modo di prenderlo!». Le avevano detto, poi, visto che taceva, l'avevano uccisa. <br />Cimitero ha mandato ai fascisti una sua fotografia che ora figura in tutti i posti di blocco. «Ora lo conoscono ma non lo prenderanno mai!».<br />Arrivato a Degna trovo la popolazione in subbuglio: «E' passato Cimitero con un compagno tranquilli per lo stradone, poco dopo di loro sono passati i tedeschi della pattuglia, se si incontravano succedeva un macello!».<br />A poco a poco nella fantasia e nell'affetto popolare la figura di Cimitero con la giacca di telo da tenda, la capigliatura fluente, il nome funebre come il destino dei suoi fa presa ed ingigantisce.<br />La sera del 13 radio Londra manda l'atteso messaggio: il <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2019/12/circa-i-lanci-alleati-ai-partigiani-del.html" target="_blank">lancio</a> è per questa notte. Le staffette partono dai posti di ascolto, il dispositivo di sicurezza entra in funzione, i distaccamenti incaricati occupano i passi, il Catter [n.d.r.: distaccamento della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" della richiamata Divisione Bonfante] si schiera sul campo di lancio.<br />Scesa la notte, un aereo volteggia nel cielo di Capraùna, in basso palpitano nel buio le luci accese dai partigiani. I paracadute si aprono l'uno dopo l'altro, poi in cielo si accende una piccola luce: è il segnale che il lancio è finito. L'aereo si allontana rombando. Recuperati ed aperti febbrilmente i bidoni vengono estratti Sten, fucili, caricatori e pacchi di munizioni. Luci sospette vengono segnalate, le nuove armi vengono caricate febbrilmente al chiarore dei tizzoni che si spengono, partigiani si alternano nella difesa e nella raccolta, le armi vengono distribuite perché il campo di lancio deve esser difeso ad oltranza fino a raccolta ultimata.<br />Recuperato il materiale scompaiono anche le luci sospette. I partigiani rientrano a Capraùna.<br /><b>Gino Glorio</b> (Magnesia), <i>Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte</i>, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 199-202<br /></div><div><br /></div><div><div style="text-align: justify;"><i>15 marzo 1945</i> - Da "Marco" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che occorreva avvisare "Cimitero" dei rischi di delazione che stava correndo.<br /><i>15 marzo 1945</i> - Da "K. 20" alla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante" - Informava che era giunto "a Diano Marina un numero consistente di soldati appartenenti alla fanteria tedesca che si fermeranno per la notte"; che, oltre alle 3 compagnie della GNR, ne agiva un'altra, O.P., al comando del capitano Ferraris; che ad Imperia vi era un'altra compagnia ancora dell'esercito repubblichino.<br /><i>17 marzo 1945</i> - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante" ["Livio", Ugo Vitali, responsabile], prot. n° 1/96, al comando della Divisione "Silvio Bonfante" ['Giorgio' Giorgio Olivero, comandante] - Riportava le notizie ricevute il 12 marzo da un informatore ed aggiungeva che il maresciallo Groot, addetto al controspionaggio tedesco, era stato trasferito da Pieve di Teco a Pontedassio e, ancora, che sempre il 12 il comando della II^ Brigata "Nino Berio" aveva condannato e fatto giustiziare il commissario di P.S. Santo Miglietta e l'agente Attilio Sorbara, che erano stati catturati armati di mitra nella zona di Diano Marina.<br /><i>17 marzo 1945</i> - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Svolgeva una lunga relazione soprattutto sul tema degli aviolanci alleati [n.d.r.: di cui si riportano qui di seguito significativi stralci]: "... il giorno 13 u.s. si è effettuata l'operazione lancio nella località convenuta [Piano dell'Armetta nei pressi di Alto (CN)]; sono stati lanciati 33 colli di cui 28 recuperati nella serata ed i restanti 5 nella successiva mattinata. Non è stato possibile per il disturbo alle stazioni radio ricevere il messaggio per il lancio del giorno successivo. Tutte le tracce del lancio sono state cancellate anche grazie alla popolazione, di modo che i tedeschi non hanno trovato nulla. Data l'esperienza si consiglia di potenziare l'ascolto messaggi mediante l'aumento delle apparecchiature sulle 3 linee, visto che si è ordinata la revisione dell'impianto di Nasino. È da evitare inoltre il lancio in giorni consecutivi, poiché vi è un'unica via di deflusso rappresentata da una mulattiera ed è, quindi, impossibile creare una colonna eccessivamente grande di muli, perché desterebbe sospetti ed in quanto l'occultamento del materiale va eseguito a spalla. Il luogo si è mostrato idoneo allo scopo, per cui per il prossimo lancio si richiedono 150-180 colli. Non servono fucili, ma armi automatiche, mortai leggeri, bombe anti-carro. Il collo indirizzato a 'Roberta' [n.d.r.: capitano del SOE britannico Robert <a href="https://grupposbarchi.wordpress.com/2023/05/25/la-n-1-special-force-la-sezione-italiana-del-soe-organizzo-linvio-di-una-missione-comandata-dal-capitano-robert-c-bentley/" target="_blank">Bentley</a>, ufficiale di collegamento degli alleati con il comando della I^ Zona Operativa Liguria] contiene 2 R.T. [radiotrasmittenti]: si prega di inviare degli uomini a prelevarle...".<br /><b>da documenti </b><span class="st"><a href="http://www.isrecim.it/">IsrecIm</a></span> in <b>Rocco Fava</b> di Sanremo (IM), “<i>La Resistenza nell’Imperiese. Un
saggio di regestazione della documentazione inedita dell'</i><i><span class="st"><a href="http://www.isrecim.it/">Istituto</a></span>
Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1
gennaio - 30 Aprile 1945)</i>”<i> - Tomo II</i>, Tesi di Laurea, Università
degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999</div><p></p></div>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-15421486986001964432023-09-25T14:08:00.001+02:002023-09-25T14:08:52.278+02:00Hanno detto che i tedeschi hanno i cani da guerra<div><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgt-MKM9XnP6ptgayh8iY-2dPylbTjtlLspD3DftfT4f8-f-a4ZZOLEyd9RzTvg86o1YhGokWeZrZuCsjMoNUzChXtcuxBxVTexYxNoVihnJG7WFrM8H4c7Doeieb9NeB-t7xwaHGQE_oOXIJRTqWn99jZQxeXWYC2k_ntof7qUx-LN2ahQ_oVJtXCtAgs/s1024/65975891.webp" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="652" data-original-width="1024" height="408" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgt-MKM9XnP6ptgayh8iY-2dPylbTjtlLspD3DftfT4f8-f-a4ZZOLEyd9RzTvg86o1YhGokWeZrZuCsjMoNUzChXtcuxBxVTexYxNoVihnJG7WFrM8H4c7Doeieb9NeB-t7xwaHGQE_oOXIJRTqWn99jZQxeXWYC2k_ntof7qUx-LN2ahQ_oVJtXCtAgs/w640-h408/65975891.webp" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La Val Lerrone. Fonte: mapio.net<br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">Verso sera [6 marzo 1945] al <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2021/11/il-comando-partigiano-si-sposto-poggio.html" target="_blank">comando</a> [della Divisione d'Assalto Garibaldi "Silvio Bonfante"] di Poggiobottaro si venne a sapere che a Cesio c'erano quattrocento tedeschi. La notizia meritava di essere considerata attentamente. Cesio era un piccolo paese sulla «28». Difficilmente si sarebbe prestato ad alloggiare tante persone oltre al normale presidio di Brigate Nere. Perché i tedeschi non avevano proseguito per Pieve? Una puntata nemica da Cesio sarebbe stata facile: dal paese partiva una carrozzabile per la Val Lerrone ed un'altra portava a Testico e di là, in cresta, fino ad Alassio. Più difficile era che il nemico conoscesse con esattezza la sede del comando, ma dopo tanto tempo di permanenza nello stesso posto, non si poteva escluderlo. Varie proposte consigliate dal buon senso vengono esaminate. Si potrebbe montare la guardia poiché tra noi e Cesio non c'è nessuna banda. Si potrebbe partire per una, meno minacciata, subito, o verso le tre di notte, dopo sorta la luna. Le varie soluzioni non vengono accettate, soffocate da una sorta di fatalismo, poi alla cosa viene dato un tono scherzoso, la minaccia viene volutamente accentuata per impressionare chi riteniamo più degli altri impressionabile.<br />«Hanno detto che hanno i cani da guerra, lo ha riferito un contadino che è arrivato ora da Cesio, è una cosa seccante». Guardo Vittorio, il padrone di casa che, in cambio dell'ospitalità, vuole essere considerato partigiano anche lui. Noi avevamo acconsentito volentieri perché in verità condivideva molti dei nostri rischi, però pensavamo, forse a torto, che in lui non vi fosse la stoffa del partigiano. Ho l'impressione che la notizia sia diretta a lui, vedo che si controlla bene, ma ha gli occhi lucenti, attenti. «E come li impiegano i cani da guerra? Non sentiranno mica i partigiani dall'odore?». Chiede con voce che sembra indifferente. «No, il cane non distingue il partigiano dal contadino» - spiega Livio - «i tedeschi quando giungono in paese di notte lanciano i cani lupo per le strade e chiunque esca di casa viene azzannato. I soldati intanto perquisiscono sicuri che nessuno possa scappare». «Anche ad Alba li hanno impiegati» - aggiungo io - «a Degolla li hanno lanciati contro i partigiani che sparavano distesi per terra: è un brutto affare, se stai in piedi i tedeschi ti vedono, se ti stendi i cani ti addentano alla gola». «Sapete la storia del Monco?». Racconta Giorgio. «In quel di Triora, prima dell'ultimo rastrellamento avevano detto che era un tedesco delle SS che aveva ammaestrato i cani da guerra. I cani sentivano l'odore dei partigiani e scoprivano i rifugi. Il Monco li seguiva e con un uncino, perché era mutilato di una mano, tirava fuori i partigiani dalle tane. Quando il rastrellamento comincia due partigiani, che sapevano la storia del Monco, si nascondono in un rifugio. Dopo qualche tempo sentono un cane ansare fuori dell'apertura. Che sia la bestia del Monco? Due mani escono dal rifugio, il cane è afferrato per la gola, strozzato, tirato dentro. Tre giorni sono vissuti i due nella tana con la bestia morta: era un povero cane da pastore perché il Monco non era mai esistito».<br />Era abitudine dei partigiani essere spietati con coloro cbe dimostravano qualche timore. Venivano spaventati al punto che non distinguevano più il vero dal falso. Ricordavo uno della Matteotti: Lupo; dopo averlo preparato a dovere con vari racconti di torture e fucilazioni avevamo finto un imminente attacco tedesco e lo avevamo mandato solo in esplorazione. Non era più tornato.<br />Pure quella sera i tedeschi di Cesio non erano una fantasia. Pensavo al rapporto che ci era pervenuto dopo Upega: «E' possibile dopo un anno di vita partigiana essere ancora sorpresi?». Era ancora possibile.<br />La notte passò tranquilla per quanto il mio sonno leggero venisse più volte interrotto dal canto di un gallo.<br />Il giorno 7 torno a Segua [Frazione di Casanova Lerrone (SV)] e l'8 vado al recapito staffette di Ginestro per vedere se hanno preparato i conti. Al recapito trovo un francese che giorni prima era passato da Segua. «Sei ancora qui?» gli chiedo. «Si è accorto che può mangiare e non far niente ed è ormai impossibile mandarlo via» mi dice una staffetta. Il francese era un giovane biondo, robusto, pareva più un tedesco che un latino, era un tipo singolare. Era passato da Segua con un telo da tenda sulle spalle. «Ho visto un contadino che batteva l'ulivo raccogliendo i frutti nel telo. Militare, gli ho detto io, ed ho preso il telo» - così aveva raccontato - «quello mi è corso dietro dicendo che lo aveva pagato, ma io sono stato buono e non gli ho dato niente».<br />«Poteva averlo pagato davvero» aveva detto Bertumelin indignato.<br />«E poi col mangiare e con l'alloggio che vi diamo mi sembra che possiamo averceli guadagnati dei teli e delle coperte militari che a voi non servono». «Potevo anch'io pagarlo con questa» aveva replicato il francese mostrando la rivoltella; «ma non l'ho fatto perché ero di buon umore».<br />«Come è che sei in Italia?», gli chiesi.« Affondato nel '40 con la mia nave presso Piombino. Fino al '43 prigioniero, adesso libero».<br />«Sarai contento di tornare a casa fra qualche mese a guerra finita?».<br />«Fra qualche mese? Troppo presto... Dovrò lavorare di nuovo, è più bello fare la guerra». «E gli altri cinque che vi ho mandato giorni fa?» chiesi alla staffetta.<br />«Li ho portati alla Cascione, avevano fretta di tornare in Francia. Appena fusa la neve cercheranno di passare».<br />Anche quelli li avevo visti a Segua: erano aviatori abbattuti: «Se i tedeschi ci prendono dico che sono canadese», aveva detto uno di loro. «Un mio compagno è stato tagliato con la sega circolare perché era francese».<br />La pattuglia dei ciclisti tedeschi continuò a percorrere la Val Lerrone sempre più spesso. Passò il 6, l'8, il 13. Il giorno 8 giunsero anche cani con tedeschi che requisivano fieno. La ricostruzione del ponte di Garlenda proseguiva lentamente, l'inattività partigiana cominciava a pesare, i borghesi, che all'inizio erano atterriti, temendo che tendessimo qualche imboscata alla pattuglia, cominciavano ora a parlare di accordi segreti, di compromessi fra noi ed i tedeschi. Una squadra della banda di Rostida, decisa a por fine a questo stato di inferiorità, si appostò a Case Soprane in attesa della pattuglia. I borghesi ripiombarono nel terrore e prima avvertirono i nostri dell'arrivo dei tedeschi, poi, visto che i partigiani non scappavano, andarono ad avvertire i tedeschi facendo fallire l'imboscata. Il Comando divisionale fece rientrare alla base la squadra che per rappresaglia stava requisendo galline e conigli.<br /><b>Gino Glorio</b> (Magnesia), <i>Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte</i>, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 163-167, pp. 196-199<br /><br /><i>7 marzo 1945</i> - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 183, alla banda locale di Ginestro - Disponeva la presenza di una pattuglia sul Passo di Cesio per il giorno successivo dalle ore 23 alle ore 9 e la segnalazione di allarme al Distaccamento garibaldino più vicino una volta avvistati i nemici che lungo la strada di Testico, non transitabile da automezzi, sarebbero necessariamente saliti a piedi.<br /><i>8 marzo 1945</i> - Dal comando del Distaccamento "Giovanni Garbagnati" al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che il 1 marzo il Distaccamento con l'ausilio di civili aveva effettuato il diroccamento del ponte di Degna e che il giorno 5 aveva fatto brillare con 3 mine il ponte di Garlenda "rendendolo inutilizzabile".<br /><i>13 marzo 1945</i> - Dallo Stato Maggiore della Divisione "Silvio Bonfante" avviso n° 1 alla popolazione costiera - "Si invita la popolazione ad allontanarsi dagli obiettivi militari. Si consiglia di annotare i luoghi abitati da tedeschi e fascisti e di tenere sotto sorveglianza la Feldgendarmerie".<br /><b>da documenti </b><span class="st"><a href="http://www.isrecim.it/">IsrecIm</a></span> in <b>Rocco Fava</b> di Sanremo (IM), “<i>La Resistenza nell’Imperiese. Un
saggio di regestazione della documentazione inedita dell'</i><i><span class="st"><a href="http://www.isrecim.it/">Istituto</a></span>
Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1
gennaio - 30 Aprile 1945)</i>”<i> - Tomo II</i>, Tesi di Laurea, Università
degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999</div><p></p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-86419425536464766032023-09-18T11:31:00.004+02:002023-09-19T18:32:03.236+02:00Lo sapete che Cipressa è circondata dai Mongoli che cercano i partigiani casa per casa?<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtQeB-_uPiaasI56zHDYq3YazH9_bX8FKl3FSDWFaH1MhF6UjNT6j0pYvvXrY-pSF76Yc59_uQmwonBHMx5tMVz3nwlFrxZ_MSgKschmpmlQajv5dYTtv7_YnET-9y1K7VW2BYW1XbumWZtjLqJrZjl86gOagT0jRgIc-r_IxAN9-hWWGwERm29EhkewA/s3008/DSC_0345.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2000" data-original-width="3008" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtQeB-_uPiaasI56zHDYq3YazH9_bX8FKl3FSDWFaH1MhF6UjNT6j0pYvvXrY-pSF76Yc59_uQmwonBHMx5tMVz3nwlFrxZ_MSgKschmpmlQajv5dYTtv7_YnET-9y1K7VW2BYW1XbumWZtjLqJrZjl86gOagT0jRgIc-r_IxAN9-hWWGwERm29EhkewA/w640-h426/DSC_0345.JPG" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Cipressa (IM): una vista sino alla zona di Sanremo<br /></td></tr></tbody></table><br /><p style="text-align: justify;">Un giorno, sul finire di giugno [1944], i tedeschi e i fascisti salirono
da Montalto Ligure e Makallé mi disse di portarmi in cresta sopra la
ripida mulattiera che portava al passo di Vena. Loro avrebbero nascosto i
viveri e cancellato le tracce della nostra permanenza al Casone della
«Scià Maria». Io, con la mia squadra, potevo prendere le decisioni che
mi sarebbero parse opportune: l'importante era tenere la squadra unita.
Arrivati in prossimità del passo notammo che questo era già occupato dai
fascisti. Non ci restò altro da fare che disturbarli con qualche
raffica, per renderli un po' più guardinghi, e quindi più lenti.
Rìtornammo al casone e, dopo esserci consultati, decidemmo di andare a
rifugiarci sulla costa, vicino al mare, e ci avviammo lungo la strada.
Quasi subito sentimmo una nutrita sparatoria sopra Pietrabruna: chiesi
ad un uomo, che stava salendo dal paese, se sapeva cosa stava succedendo
e questi mi rispose: «è la banda di Tito che ha attaccato i tedeschi».
Era una spia? O era un poveraccio che non sapeva cosa diceva? Noi,
comunque, ci precipitammo a dare una mano a Tito. Quando vedemmo ì
tedeschi, capii la mia stupidità; allora dissi a Giacò: «Tu con tre
uomini cerca di fermarli, tanto da darci tempo di andare ad appostarci
su quel costone là dietro; quando siamo arrivati ti ritiri e noi ti
copriamo». Così fecero, ma prima di arrivare nel luogo dove avevo
pensato di coprire Giacò, ecco farsi incontro uno strano tipo, che
correva verso di noi. Gli chiesi chi era e dove andava; lui mi rispose:
«Sono un comunista e un partigiano diretto al Comando, quando ho sentito
sparare, e sono venuto a darvi una mano». Io gli dissi: «Bravo, non hai
neanche un fucile, ma in compenso hai del fegato». Era Milan; sarebbe
poi diventato il Comandante della IV Brigata della Cascione. Coprimmo
Giacò e gli altri, finché non ci raggiunsero, allora gli dissi:
«Ritirati finché non trovi un posto adatto per coprirmi coi fucili;
adesso lo prendo io il mitragliatore». «Non ti conosce», mi rispose,
«conosce soltanto me e allora è meglio che resti io: l'importante è che
tu mi copra». Così facemmo e lo facemmo tanto bene che i tedeschi
rallentarono il loro inseguimento e la distanza fra loro e noi aumentò.
Quando raggiungemmo la «Casa del sergente», situata in mezzo a una
vigna, sotto il passo di San Salvatore, i tedeschi non si vedevano più.
Chiesi al vecchio sergente se aveva qualche cosa da mangiare: lui entrò
in casa e ne uscì con due grossi pani, «adesso vado a prendervi da
bere». Nel tempo della sosta mi era sembrato di udire degli spari dalla
parte di Pompeiana, li avevano sentiti anche gli altri, tanto che tutti
fecero silenzio: eravamo presi fra due fuochi; prendemmo i fiaschi di
vino che frattanto il sergente aveva portato e, al coperto della vigna,
entrammo nel vicino bosco di querce. Numerosi tedeschi erano sulla
cresta del Passo di San Salvatore; gli altri salivano lentamente verso
di loro.<br />Il boschetto di piccole querce, dove ci eravamo rifugiati,
non dava molte possibilità di sopravvivenza in caso di rastrellamento.
La cosa migliore da farsi era di cercare un riparo occasionale. Lo
trovammo nella curva di un ruscello: l'acqua aveva allargato il letto
del corso d'acqua e i bordi servivano da trincea. L'importante per noi
era di non lasciare avvicinare gli inseguitori con il lancio di bombe a
mano, sperando nell'oscurità della sera per sganciarci dalla nostra
critica situazione. Il boschetto era fatto segno a continue raffiche di
mitraglia e a colpi di mortaio che iniziarono al calare del sole. Buon
per noi che i mortai non erano con l'avanguardia delle forze di
rastrellamento. Pensai che, dopo aver martellato con i mortai, il nemico
avrebbe cercato di farci uscire allo scoperto, approfittando delle
ultime luci del giorno; pertanto decidemmo che appena i mortai avessero
smesso ci saremmo ritirati. Così facemmo: noi uscimmo dal nostro riparo
proprio mentre il nemico si addentrava nel boschetto. Ripiegammo verso
Cipressa passando prima da una campagna dove speravamo di trovare pesche
mature: ne trovammo poche e acerbe, ma furono gradite ugualmente da
tutti.<br />Andammo a dormire a Cipressa, in un fienile di mio zio, in
Vico Martini. Sapevo che in quel periodo gli zii non dormivano in paese,
ma in una casetta in campagna vicino al mare. Tutte le mattine però mio
zio saliva in Paese con l'asina carica d'erba per i conigli e le
galline e, dopo aver scaricato la bestia, la faceva entrare nella stalla
che si trovava proprio sotto il fienile. Al suo arrivo scesi nella
stalla e, quando aprì la porta ed ebbe fatto entrare la bestia, mi vide.
Non riuscì a parlare per lo stupore o per lo spavento? Allora gli dissi
di chiudere la porta e di venire di sopra, che gli avrei spiegato; e mi
allontanai su per la scala del rustico. Mi raggiunse immediatamente e
quando vide tutti quei giovani sconosciuti e con le armi esclamò: «Siamo
perduti» (Mi ricordava sempre queste due parole il partigiano di Piani
di Imperia «Ninchi», ora defunto, tutte le volte che lo incontravo).<br />Gli
risposi: «Senti «barba» (zio), abbiamo una fame da lupi, vai da Ernesto
il panettiere (Ernesto Velio), digli che sono qui con una ventina di
ribelli e fatti dare tutto il pane che può; prendi l'asina e ritorna da
dove sei venuto». Mi rispose: «Va bene per Ernesto, ci si può fidare, ma
lo sapete che il paese è circondato dai Mongoli che cercano i
partigiani casa per casa?». «Stai tranquillo», gli dissi, «i Mongoli
sono come i tedeschi, i partigiani li cercano solo nelle case dove vive
la gente, dove si può rubare qualche oggetto di valore e, per male che
vada, qualche cosa da bere».<br />Mio zio partì ed io risalii nel fienile.
L'idea di rifugiarci in quel fienile era stata la mia, ma nessuno mi
fece neanche lontanamente capire di volermene per quello che poteva
essere un grosso sbaglio. Spiegai la situazione e anche a loro dissi
che, per la mia esperienza, escludevo che i mongoli avrebbero setacciato
anche i fienili e le case diroccate (lo erano ancora a causa del
terremoto della fine dell'ottocento) e pertanto ero tranquillo. «è più
probabile», dissi, «che incendino il paese, e allora certamente
inizieranno da un fienile, in questo caso ci divideremo in due squadre;
una la guiderà Giacò e l'altra io. Ci sono tre vie di uscita: una dalla
porta della stalla, l'altra dalla porta del fienile e l'altra dai tetti,
da dove ci si può allontanare per tutto il borgo». <br />Ogni tanto si
sentiva una raffica in lontananza, ma niente altro. Arrivò infine anche
mio zio con un sacchetto di panini e un paiolo di risotto. Ernesto aveva
fornito una decina di chili di pane, ma aveva anche pensato che
probabilmente eravamo senza fumare, e così ci aveva mandato pure alcuni
pacchetti di «trinciato forte», le cartine ed i fiammiferi. Prima di
partire mio zio fu pregato da Mauro Caprile e da Luciano, un altro
ragazzo di Porto Maurizio, di avvisare le loro famiglie che erano in
salvo e che stavano bene. Mio zio caricò l'asina e partì, assicurandoci
che avrebbe pregato per noi. Nel pomeriggio arrivarono i mongoli: dopo
aver sostato brevemente dinanzi alla stalla e rimosso la porta,
proseguirono per fermarsi davanti all'abitazione di Giacomo Martini, a
pochi metri da noi; entrarono e, per un bel po' di tempo, cercarono
quanto loro interessava in quella casa. Da una piccola finestra li
vedemmo entrare e uscire, ma nessuno di noi ne fu apparentemente
impressionato. Il giorno dopo tornò mio zio, informò Luciano e Mauro che
sua moglie, mia zia, era andata ad avvisare le loro due famiglie e ci
informò sull'opera dei mongoli. Avevano visto due uomini far legna nella
pineta, e avevano sparato su quei poveretti, uccidendo il Morscio di
Costa Rainera; e ferito Paolo Velio il figlio di Ernesto il panettiere,
(Lo avevano colpito alla schiena; riuscì a salvarsi, ma rimase con le
gambe paralizzate per tutta la vita).<br />Lo zio mi disse: «Non mi sento
di chiedergli ancora del pane dopo quello che è successo al figlio; gli
chiederò di anticiparci il pane della tessera annonaria mia e della zia,
e noi in qualche modo ci aggiusteremo». Poco dopo ritornò dicendoci che
Ernesto era andato ad Imperia, ma aveva lasciato detto alla moglie di
darci tutto il pane che ci serviva.<br />Questo era lo spirito della
nostra gente. Cosa avremmo potuto fare noi senza la loro totale
collaborazione? Nulla; i veri protagonisti della lotta di liberazione
sono stati loro. Non bisogna mai dimenticarcene. Ancora oggi godo
dell'amicizia di molti di loro, che incontro talvolta peregrinando dalla
Valle Impero alla Val Prino, dalla Valle Argentina alla Valle
d'Arroscia, dall'Alta Val Tanaro alla Valle Pennavaire, ad Alto ed a
Nasino.<br />Con questo non voglio dire di aver avuto sempre riconoscenza
per loro e di essermi sempre comportato bene nei loro confronti;
certamente avrò sbagliato più di una volta, ma sempre in buona fede e mi
scuso ancora se a qualcuno ho mancato di rispetto, oppure se qualche
volta ho abusato del mio potere nei loro confronti.<br /><b>Giuseppe Garibaldi</b> (<a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/03/il-comandante-partigiano-fra-diavolo.html" target="_blank">Fra Diavolo</a>), <i>Dalla Russia all'Arroscia. Ricordi del tempo di guerra,</i> Ed. <a href="http://www.isrecim.it/" target="_blank">Istituto</a> Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 1994, pp. 77-80</p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-52547836350264361092023-09-06T09:53:00.003+02:002023-09-06T09:53:53.193+02:00Il nuovo Comitato era subito riconosciuto dal CLN Regionale Liguria e durerà in carica dal primo febbraio 1944 alla Liberazione, con giurisdizione su tutta la Provincia di Imperia e sul Circondario di Albenga<div style="text-align: justify;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjA4jCuDAWmWtlFk0DBYBE2A1nUtbIRZE88KkjWilVoE0s1a2jHfxb_hh5-cpzeQWj0byF_YOnt2iEgO1j0I5q4fM1OeuQvUdoAMzM_3rIrHaunMqY6u2Ir73qaWcNXrJlxYl4m3UnzBBDpwfBNIk6VE8MTGO1Ez98QGBEx6nTBGB-wI0dSCo_M0-DSULU/s4000/16_sett03c%20(144).JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="3000" data-original-width="4000" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjA4jCuDAWmWtlFk0DBYBE2A1nUtbIRZE88KkjWilVoE0s1a2jHfxb_hh5-cpzeQWj0byF_YOnt2iEgO1j0I5q4fM1OeuQvUdoAMzM_3rIrHaunMqY6u2Ir73qaWcNXrJlxYl4m3UnzBBDpwfBNIk6VE8MTGO1Ez98QGBEx6nTBGB-wI0dSCo_M0-DSULU/w640-h480/16_sett03c%20(144).JPG" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Imperia: uno scorcio di Porto Maurizio<br /></td></tr></tbody></table><br />Il 10 settembre 1943, dopo una prima riunione in Imperia di quadri comunisti, seguita da una seconda, alla quale, oltre ai comunisti parteciparono uomini politici delle altre correnti antifasciste, venne formato un "triangolo militare", composto da Nino <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/07/non-era-un-ammiraglio-ma-il-curto.html" target="_blank">Siccardi</a>, Felice <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2019/11/felice-cascione.html" target="_blank">Cascione</a> e Carlo Aliprandi, con l'incarico di inviare altri uomini in montagna, aiutare con viveri, armi e munizioni quelli che già vi si trovavano, organizzare militarmente anche gli uomini della città. Contemporaneamente, con militari rimasti sul posto, si sarebbe provveduto ad asportare armi, munizioni e vestiario dalle caserme. Così, prima dell'arrivo dei tedeschi furono ricuperate cinque mitragliatrici, oltre cento fucili, alcune decine di rivoltelle, parecchie migliaia di cartucce, cassette di bombe a mano, coperte, scarponi e così via.<br />Due giorni dopo, il 12 settembre, i tedeschi <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/04/lo-spettacolo-del-nostro-esercito-che.html" target="_blank">giungevano</a> ad Imperia prendendo possesso della città. Il Centro sopraddetto, con i suoi collaboratori, funzionava e teneva i collegamenti con quello di Genova, svolgendo altresì una funzione di raccordo tra la città della Lanterna e i centri minori di Albenga, Alassio, Diano Marina e Sanremo. Il materiale di propaganda proveniente dal Centro di Genova veniva regolarmente diffuso nella zona.<br />Verso la fine di settembre 1943, Gian Carlo <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2019/12/giancarlo-pajetta-tra-i-partigiani.html" target="_blank">Paietta</a> giunse ad Imperia, inviato dal Centro di Genova per prendere contatto con l'organizzazione comunista locale. Scopo della riunione era quello di lanciare tutta l'organizzazione comunista nella lotta di liberazione, trattandosi, tra l'altro, di una rete politicamente già ben ramificata nella Provincia.<br />[...] Dopo l'eroica <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/05/la-morte-di-felice-cascione.html" target="_blank">morte</a> di Felice Cascione in montagna (Alto, 27.1.1944), il Comitato decideva di inviare Nino Siccardi (Curto) a prendere il comando delle formazioni partigiane della I Zona Operativa Liguria. Il primo febbraio 1944 il primo CLN Provinciale veniva modificato in quanto, essendo stati individuati dai nazifascisti, i membri Viale e Berio dovettero allontanarsi, mentre Giacomo Castagneto, per disposizione del PCI, si trasferiva a Cuneo a dirigere la Federazione del Partito in quella Provincia, in sostituzione del compagno Barale, caduto durante l'incendio di Boves da parte dei tedeschi. Lasciò infine il CLN Giacomo Amoretti, pur restando nelle file dell'organizzazione della Resistenza a Imperia, per trasferirsi poi nei primi giorni di settembre 1944 a Genova, a far parte del Comando della Delegazione delle Brigate Garibaldi della Liguria. <br />Il nuovo Comitato era subito riconosciuto dal CLN Regionale Liguria e durerà in carica dal primo febbraio 1944 alla Liberazione, con giurisdizione su tutta la Provincia di Imperia e sul <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2021/12/dal-comando-della-divisione-sap.html" target="_blank">Circondario</a> di Albenga. Questa la formazione del nuovo Comitato: Gaetano Ughes (PCI), presidente; Ernesto Valcado (PSIUP), Carlo Folco (DC), (Ugo Frontero (PSIUP), Carlo Aliprandi (PCI) e Amilcare Ciccione (DC), tutti e tre addetti militari.<br />Allo scopo di coordinare l'azione militare, che andava oramai assumendo un ruolo di prim'ordine nella lotta di liberazione nazionale, veniva pure costituito alle dirette dipendenze del CLN un centro militare che riprendeva le funzioni del "triangolo militare", creato subito dopo l'armistizio e poi sciolto a fine novembre 1943, quando i suoi più attivi componenti erano stati inviati in montagna per organizzare le formazioni partigiane. Del Centro Militare, strettamente integrato nel gruppo politico del CLN e da questo dipendente, fecero parte, fino alla Liberazione, i tre addetti militari del CLN stesso, Carlo Aliprandi (Il Lungo), Amilcare Ciccione (Milcoz) e Ugo Frontero (Ugo).<br />Nell'intento di garantire la clandestinità dell'organizzazione e sventare i continui tentativi della polizia nemica di annientarne gli organismi dirigenti, nonché onde evitare inutili dispersioni di energie, venne deciso di accentrare, per quanto possibile, nelle mani del presidente e segretario la gran parte dell'organizzazione politica (stampa e propaganda, organizzazione locale e gli svariati e delicati servizi di collegamento), anche in considerazione del fatto che il presidente era in grado di valersi, nell'espletamento delle sue funzioni, della già esistente organizzazione del PCI e dei suoi principali terminali nella Provincia. Anche gran parte della finanza venne affidata alle cure del segretario, il quale poteva così disporre sia dei fondi che giungevano saltuariamente dal Centro di Genova, sia di quelli raccolti o prelevati nella città di Imperia e nei Centri della Provincia, e quindi provvedere di volta in volta, anche nei casi di emergenza, ai necessari finanziamenti, si trattasse delle forze operanti in città o delle formazioni partigiane in montagna, le cui esigenze si andavano facendo sempre più onerose e complesse con il crescere delle loro file. <br />I membri del Comitato di Liberazione si riunivano periodicamente, quasi sempre con la presenza di uno o di tutti gli addetti militari. Nei primi mesi del 1944 le riunioni avvenivano una o due volte la settimana, poi, quando i tempi divennero più duri e la situazione si fece pericolosa, in media ogni quindici o venti giorni. Generalmente le riunioni avevano luogo nell'abitazione del segretario. Talvolta, quando si sospettava un pericolo, presso quella dell'avvocato Folco, di Valcado, o di uno degli addetti militari. In alcune occasioni, convegni vennero tenuti in caffè cittadini.<br />[...] Il segretario, nello svolgimento della sua complessa e difficile attività politica e finanziaria, d'informazione e di collegamento, era affiancato da numerosi organi, generalmente collegiali, alcuni con proprie organizzazioni autonome, di cui egli stesso si serviva. Si deve all'instancabile attività di questi organi ausiliari se la rete cospirativa poté funzionare efficacemente fino alla Liberazione. I primi organismi ausiliari del CLN imperiese, costituiti nella primavera del 1944, furono la squadra politica e finanziaria, ed il gruppo di collegamento e staffette. La costituzione di tali organi coincise con il riconoscimento del CLN di Imperia quale organo di Governo per la Provincia, riconoscimento che il CLN di Genova fece pervenire, su autorizzazione del CLN Alta Italia, nei primi giorni di aprile 1944. La costituzione della squadra politica e finanziaria, e del gruppo collegato a staffette, si rese necessaria<br />per il continuo accrescersi dei bisogni inerenti alla lotta partigiana in montagna e a quella clandestina nei centri della Provincia.<br />Infatti con la costituzione definitiva della <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/01/la-ix-brigata-dassalto-garibaldi-felice.html" target="_blank">IX Brigata</a> d'assalto Garibaldi (metà giugno 1944) sulle montagne dell'entroterra, sotto il comando di Nino Siccardi (Curto) ed il commissario Libero Briganti (Giulio), brigata elevata poi il primo luglio successivo a II Divisione d'assalto Garibaldi "Felice Cascione", si rese opportuno un collegamento regolare ed efficiente con la montagna, non solo, ma anche un intensificato invio di danaro, viveri, armi, munizioni, vestiario e medicinali, e l'organizzazione di un vero e proprio servizio d'informazione (SIM), diretto da uomini preparati a questo compito, essenziale per lo sviluppo ulteriore di una lotta fatta principalmente di colpi di mano, sorprese, agguati.<br /><b>Francesco Biga</b> e <b>Ferruccio Iebole</b> (a cura di Vittorio <a href="https://www.facebook.com/vittorio.detassis.7" target="_blank">Detassis</a>), <i>Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria)</i> - <i>vol. V</i>, Ed. <span class="st"><a href="http://www.isrecim.it/">Istituto</a> Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016 </span></div><div style="text-align: justify;"> <br /></div><div style="text-align: justify;">I C.L.N. locali con l'approssimarsi della fine del 1944 avevano suddiviso il territorio di competenza della I^ Zona Operativa Liguria in tre parti.
La "A" comprendeva il territorio da Ventimiglia (IM) a Santo Stefano al Mare (IM), comprese tutte le vallate. La "B" i paesi tra Imperia e Cervo (IM) e vallate. La "C" riguardava il <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2021/12/dal-comando-della-divisione-sap.html" target="_blank">territorio</a> tra Andora (SV) ed Albenga (SV).</div><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">I Comitati di Liberazione Nazionale, benché clandestini e perseguitati, si prefiggevano l'obiettivo di condurre con ogni mezzo la lotta per la liberazione di tutto il territorio occupato, cooperando con le squadre di montagna e supportandole con apporti di tipo economico, logistico e politico-militare.</div><div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
I C.L.N. locali si facevano, inoltre, carico, della propaganda antifascista, di aiutare le famiglie dei combattenti partigiani e di raccogliere notizie sugli spostamenti delle truppe nazifasciste.</div><div style="text-align: justify;">Il C.L.N. di <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/03/il-cln-di-sanremo-im-nel-1945.html" target="_blank">Sanremo</a> (IM), avendo, come sottolineato poco sopra, il proprio raggio d'azione dalla <a href="https://grupposbarchi.wordpress.com/2023/07/17/missioni-alleate-nella-zona-di-ventimiglia-im/" target="_blank">frontiera</a> con la Francia a Santo Stefano al Mare (IM), intrattenne rapporti quasi giornalieri con il comando della II^ Divisione "Felice Cascione".
E furono molto stretti anche i rapporti tra il CLN di Taggia (IM) con il comando del III° Battaglione "Candido Queirolo" della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione.</div></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Rocco Fava</b> di Sanremo (IM), <i>La
Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della
documentazione inedita </i><i><i>dell'</i><i><i><span class="st"><a href="http://www.isrecim.it/">Istituto</a></span></i></i></i><i> Storico della Resistenza e della
Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) -</i> <i>Tomo
I</i>, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico
1998-1999</div>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-32087274443535618652023-08-28T13:59:00.006+02:002023-08-28T14:09:41.498+02:00Bersaglieri fascisti a Baiardo<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHHa_a2pPfxrSAgcTF24pVNA_303W7kjYlAtHkwXPcDwzWMpqz_ljtZ8vfIFKihI7fvwZPdfinPjuHRU19lVlulGeeeaqIt1wJWuTib1Ui5hPOL53vqNMXKGs4nsUo8vCn2C5LXLdT3Rv6B5EAOSBo4kOVbNudek4ruymoJYJ32w5IGoIj_kDbK7owJeY/s3562/03giu12.cn%20096.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2310" data-original-width="3562" height="416" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHHa_a2pPfxrSAgcTF24pVNA_303W7kjYlAtHkwXPcDwzWMpqz_ljtZ8vfIFKihI7fvwZPdfinPjuHRU19lVlulGeeeaqIt1wJWuTib1Ui5hPOL53vqNMXKGs4nsUo8vCn2C5LXLdT3Rv6B5EAOSBo4kOVbNudek4ruymoJYJ32w5IGoIj_kDbK7owJeY/w640-h416/03giu12.cn%20096.jpg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Baiardo (IM)<br /></td></tr></tbody></table><p style="text-align: justify;">Avevamo accennato nei capitoli precedenti alla formazione di <a href="https://gsvri.blogspot.com/2023/05/bersaglieri-fascisti-nellentroterra-di.html" target="_blank">bersaglieri</a> fascisti che era stata dislocata nel paese di <a href="https://grupposbarchi.wordpress.com/2022/07/04/calvino-ricordava-che-alla-battaglia-di-baiardo-era-incaricato-di-fare-il-portamunizioni/" target="_blank">Baiardo</a>.<br />La
decisione presa dalle Autorità nazifasciste, nell'ambito del piano
strategico relativo all'occupazione di tutti i paesi del retroterra per
isolare le forze partigiane dai centri di rifornimento, creò nella zona
una situazione particolare e difficile che ebbe modo di
ripercuotersi, con tutte le sue drammatiche conseguenze, sulla
popolazione civile locale per tutto il periodo che va dal 20 dicembre
1944 al 25 aprile 1945.<br />Abbiamo sintetizzato il suddetto periodo nei
fatti che seguono, per ricordare il contributo di sangue dato dalla
popolazione di Baiardo alla lotta di liberazione, testimonianza gloriosa
da consegnare alla storia e alle generazioni di oggi e di domani, e per
mettere in evidenza quale è stato il vero volto del fascismo e gli
effetti dell'occupazione tedesca.<br />Il 20 dicembre 1944 i bersaglieri
fascisti della «9^ Compagnia della Morte» di stanza a Baiardo, comandati
da un tenente di nome F. B., di Corniglio (Parma), incominciano ad
usare violenza, a spargere terrore e morte, a torturare e a macchiarsi
d'infami delitti.<br />Spalleggiano il tenente nelle azioni criminose
aguzzini come i sott'ufficiali G. C. M., G. T., C. C., T., e militi come
S. G., V. R., A. F., G. S., L. A., O. T., M. e V.<br />Hanno la sede
nell'albergo «Miramonti» e nei momenti cruciali della lotta non esitano a
farsi scudo con la popolazione civile inerme. Altrimenti irrompono
nelle case asportando ogni cosa, compiono prelievi notturni,
interrogatori forzati, sevizie brutali contro persone ritenute
favorevoli ai partigiani.<br />Un giorno arrestano i giovani Silvio Laura
di Silvio, Mario Laura di Eugenio, Silvio Laura di Luigi, Giobatta Laura
di Gio. B. Il tenente B. ne ordina l'interrogatorio eseguito dai
suddetti ufficiali e soldati. Dopo indicibili torture, tradotti a San
Remo, dove sono obbligati a scavarsi la fossa, vengono trucidati dalle
S.S. tedesche (21-1-1945).<br />Oltre che dai Tedeschi, la 9^ compagnia è
coadiuvata nei rastrellamenti da due o tre spie locali, tra cui l'amante
del B., il quale non risparmia mai le persone da lei segnalate e su cui
inveisce con crudele malvagità. La compagnia opera scassi e furti,
rapina le scorte alimentari della popolazione, saccheggia il negozio di
Eugenio Laura, padre di un caduto.<br />Per mesi i bersaglieri tengono
forzatamente presso di loro donne e ragazze (M. Giovanna, L. Lidia, M.
Giovanna, G. Luciana, L. Maria Rosa, L. Maria Caterina, T. Giovanna, L.
Petronilla, L. Caterina, R. Giovanna, R. Maria, T. Caterina, ecc.) che
seviziano in ogni modo.<br />Anche parecchi uomini subiscono la stessa
sorte, rinchiusi nelle carceri dell'albergo trasformato in caserma. Per
lungo tempo tengono prigionieri i cittadini: Luigi Laura, Gio. B.
Chierico, Sergio Boeri, Giacinto Moriano, Michele Laura, Bartolomeo
Novelli, Eugenio Chierico, Antonio Aurigo, G. B. Taggiasco, Antonio
Moirano, Eugenio Laura, Nicola Rosafino, Antonio Pannaudo, Marco
Taggiasco, ecc.<br />Danversa Giuseppe uscirà dalle carceri col volto irriconoscibile per le sevizie subite.<br />Il
10 marzo 1945 i carnefici fascisti legano per due giorni ad un palo i
garibaldini Gaetano Cervetto (Nino) fu Guglielmo, e Matteo Perugini
(Iena) fu Antonio, catturati in rastrellamento, dopo di che sfilano loro
davanti, tempestandoli di pugni, bastonate e pedate. Al termine delle
sevizie i martiri hanno le tibie fratturate, gli zigomi asportati, il
mento senza carne, le mandibole spaccate. «Iena» viene esposto al
pubblico ridotto in condizioni tali da essere irriconoscibile.<br />Dopo
essere stati seviziati e fucilati nel cimitero di Baiardo, vengono
oltraggiati e sputacchiati dalla soldataglia prima che le mani pietose
di alcuni civili diano loro sepoltura.<br />In seguito, altri partigiani
caduti nelle mani dei bersaglieri subirono la stessa sorte. Nel
seviziare i garibaldini «Iena» e «Nino» si distinsero il sergente A. e
il soldato G. S. Nel marzo del 1945 lo S. uccise personalmente il
garibaldino Riccardo Vitali (Cardù), (vedi: «Battaglia di <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/08/attacco-partigiano-baiardo-con.html" target="_blank">Baiardo</a>»). Fu sanguinario e crudele, solo secondo al B. e, per ironia della sorte..., venne insignito di medaglia al valor militare.<br />Però
la 9^ compagnia bersaglieri pagò cari i suoi misfatti con la perdita di
oltre un centinaio di «camerati» tra morti, prigionieri e disertori
(1).<br /><span style="font-size: x-small;">[NOTA]<br />(1) I dati e i nomi riportati nel
capitolo sono stati tratti da una denuncia fatta dalla popolazione di
Baiardo il 29-10-1945 contro gli autori dei vari crimini menzionati
(Archivio [Isrecim], Mazzo di dicembre del 1944, copia).</span><br /><b>Francesco Biga</b>, <i>Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944</i>, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con patrocinio <span class="st"><a href="http://www.isrecim.it/">Isrecim</a></span>, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977</p><div style="text-align: justify;">
Nella vicina Sanremo (IM) la notte successiva vennero fucilati presso Villa Junia
cinque partigiani della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^
Divisione, che erano stati arrestati a Baiardo (IM) il 17 gennaio. Quattro di essi portavano il cognome Laura: Gio Batta <i>Paolo</i>, Luigi <i>Gino</i>, Mario <i>Mario</i> e Silvio <i>Antonio</i>. Come segnalato anche da "<i>Mimosa</i>" [Emilio Mascia] alla Sezione SIM del CLN di Sanremo, il quale avvertiva che dopo l'uccisione di "<i>Bacucco</i>"
e l'arresto della moglie le brigate nere avevano ucciso in Sanremo 4
persone tutte di cognome Laura e che altre 20 erano state arrestate e
trasferite a Sanremo dove sarebbero state processate dal nemico per
connivenza con i patrioti.</div>
<b>Rocco Fava </b>di Sanremo (IM), <i>La
Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della
documentazione inedita dell'</i><i><i><span class="st"><a href="http://www.isrecim.it/">Istituto</a></span> </i> Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo
I</i>, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico
1998-1999<p style="text-align: justify;"></p><p style="text-align: justify;">Il 17 gennaio 1945 nella zona di Baiardo bersaglieri repubblicani
catturano i sapisti Laura Giobatta, Laura Mario, Laura Silvio Antonio,
Laura Silvio Luigi e Laura Luigi “Miccia”. I cinque partigiani con il
medesimo cognome, facenti parte della banda locale di Baiardo furono
incolpati di aver trasportato un carico di farina da Baiardo a Passo
Ghimbegna e a Vignai per rifornire i partigiani. Vennero portati a
Sanremo nella Villa Negri, situata vicino alla Chiesa Russa, dove
c'erano delle piccole celle. Il partigiano Laura Luigi <i>Miccia</i>
riesce a
fuggire durante un allarme aereo e a mettersi in salvo [riuscì a salire su di un tram per andare a rifugiarsi in un
casolare in Località Tre Ponti di Sanremo]. Gli altri
quattro partigiani furono trasferiti in un primo tempo nella Villa Ober
[<a href="https://www.sanremostoria.it/it/la-citta/l-urbanistica/47-le-ville/235-villa-aberg-aoberg.html" target="_blank">Oberg</a>, <a href="https://www.sanremoliveandlove.it/centenario-italo-calvino/tappa-23/" target="_blank">Auberg</a>...] e successivamente in un luogo poco distante, Villa Junia, dove dai
Bersaglieri furono obbligati a scavarsi la fossa e quindi dagli stessi
fucilati il 24 gennaio 1945. <b>Francesco Biga</b>, (con la
collaborazione di Osvaldo Contestabile), <i>Storia della Resistenza
Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione</i>,
2005, ed. <a href="http://www.isrecim.it/" rel="noopener" target="_blank">Istituto</a> Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia </p><p style="text-align: justify;">Fioriti Italo: nato a Coldirodi il 20 aprile 1924, squadrista della Brigata Nera “Padoan”, distaccamento di Sanremo.<br />Interrogatorio del 27.7.1945: [...] Giunto al ponte di Badalucco fui preso da alcuni tedeschi in servizio di guardia, i quali mi condussero al comando delle SS di Sanremo. Li mi volevano uccidere perché ero fuggito dalla brigata nera e per essere andato con i partigiani. I militari delle SS tedesche mi malmenarono per costringermi a rivelare dove si trovassero i partigiani ma io mi limitai a dire che i partigiani si trovavano sparsi sopra la località Vignai. Indi fui caricato su un camion fino a Baiardo da dove con una trentina di soldati tedeschi ci portammo a Ciabaudo dove i tedeschi effettuarono un rastrellamento fermando tutti gli uomini che si trovavano in paese che fecero sfilare davanti a me chiedendomi di ognuno se fossero o meno partigiani. Io dichiarai che tutti quegli uomini erano contadini e nessuno di essi era un partigiano.<br />[...]<br />Anfossi Amedeo: nato a Sanremo il 27 novembre 1915, milite della GNR in servizio presso il Comando Provinciale della GNR, compagnia di Sanremo <br />Interrogatorio dell’8.6.1945: Mi sono arruolato nella GNR nel mese di febbraio del 1944 e dal Comando provinciale di Sanremo fui destinato in servizio a Sanremo, prima a Villa al Verone e poi all’ex caserma dei carabinieri.<br />[...] Verso il 20 febbraio 1945 ho preso parte al rastrellamento effettuato nella zona di Baiardo unitamente ad una quindicina di altri militi, un reparto di bersaglieri, brigate nere e soldati tedeschi. Noi della GNR eravamo al diretto comando del Tenente Salerno Giuseppe. Io ero adibito al servizio di conducente di una carretta per il trasporto dei rifornimenti. Il rastrellamento è durato circa 8 giorni [...]<br /><span style="font-size: small;"><span><span><span><b>Leonardo Sandri</b>,</span> </span></span></span><i>Processo ai fascisti: una documentazione</i>, <i>Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia</i>, StreetLib, Milano, 2019 </p><p style="text-align: justify;"></p><p style="text-align: justify;">Nella notte del 9 febbraio 1945 elementi, appartenenti a reparti della Brigata Nera, Tedeschi e bersaglieri - circa centosessanta uomini - e partiti da Baiardo la sera precedente verso le ore 22, effettuano un rastrellamento nella zona di Vignai-Argallo: rimane ucciso Mario Bini (Cufagna) del II° Battaglione, e quattro altri partigiani vengono catturati, Chimica, Biondo, Bà, e Martinetto del I° Battaglione, nonché la staffetta Lucia.<br />[...] Rastrellamento, iniziato intorno al 20 febbraio 1945, effettuato nella zona di Baiardo, Monte Ceppo e Cima Marta da una quindicina di militi della compagnia di Sanremo della GNR al comando del Tenente Salerno Giuseppe, un reparto di bersaglieri, brigate nere e soldati tedeschi. Il rastrellamento durò circa una settimana senza che i nazifascisti riuscissero ad ottenere esiti positivi, fino al <a href="https://gsvri.blogspot.com/2020/05/fallimento-dei-lanci-alleati-su-cima.html" target="_blank">giorno</a> in cui un lancio paracadutato alleato di armi e di viveri fu effettuato nella zona di Cima Marta.<br /><b>Giorgio <a href="https://www.facebook.com/giorgio.caudano" target="_blank">Caudano</a></b>, <span><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span><span class="_4yxp"><span style="font-size: small;"><span class="st"><span class="st"><i>Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria</i>,<span> ed. in pr.</span></span></span><span class="st"><span class="st"><span>, </span>2020</span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-small;"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span>[</span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span><span style="font-size: x-small;"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span> </span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span><span class="_4yxp"><span><b>n.d.r.</b>: tra le pubblicazioni di <b>Giorgio Caudano</b>: Marco Cassini e <b>Giorgio Caudano</b>, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; <b>Giorgio Caudano</b>,
L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento
e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; (a cura di) Paolo Veziano con
il contributo di <b>Giorgio Caudano</b>
e di Graziano Mamone, La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di
democrazia (29 agosto 1944-8 ottobre 1944), Comune di Pigna, IsrecIm,
Fusta Editore, 2020; </span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span><b>Giorgio Caudano</b>, <i>Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini</i>, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, <b>Giorgio Caudano</b>, Franck Vigliani, curatori della mostra <i>Claude Monet, ritorno in Riviera</i>, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; <i>La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925</i>, a cura di Marco Cassini e <b>Giorgio Caudano</b>, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016</span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span><span class="_4yxp"><span>; </span></span><span class="_4yxp"><span><span><span><span><b>Giorgio Caudano</b>, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016</span></span></span> </span></span> ] </span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span><span><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span><span class="_4yxp"><span style="font-size: small;"><span class="st"><span class="st"> <br /></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-91484818825599687532023-08-22T10:15:00.002+02:002023-08-25T06:35:56.818+02:00Quella mattina anche noi nel rifugio avevamo sentito alle 8.40 le prime raffiche di mitraglia forti e vicinissime<div><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAZZbvuDRYwT0yrvA-Zm8QG-jX517CmLWfZtMlWZHJ47QW7d-mEhs_4G4oSxIRMl4YJn8sAR9ay2QGPdx6gNCz1VWsXRgtdRkHB3LbO-nKYp1QdUBEdy3fwiwRO600hzkJ5VTXvtsr1ICeRq17X8RgL_YNF6ejpPydVCWWjFFfmi3gYoBqbZDNoRCgUXQ/s2048/23_mar02-5.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1536" data-original-width="2048" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAZZbvuDRYwT0yrvA-Zm8QG-jX517CmLWfZtMlWZHJ47QW7d-mEhs_4G4oSxIRMl4YJn8sAR9ay2QGPdx6gNCz1VWsXRgtdRkHB3LbO-nKYp1QdUBEdy3fwiwRO600hzkJ5VTXvtsr1ICeRq17X8RgL_YNF6ejpPydVCWWjFFfmi3gYoBqbZDNoRCgUXQ/w640-h480/23_mar02-5.jpg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La zona di Testico (SV). Foto: Eleonora Maini<br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">"Che sarebbe stato se il nemico fosse riuscito a <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2023/06/quando-i-partigiani-sono-ormai-fuori.html" target="_blank">colpire</a> [n.d.r.: a Testico (SV), il 15 aprile 1945] Giorgio [n.d.r.: Giorgio <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2023/08/i-tedeschi-si-rendevano-conto-di-aver.html" target="_blank">Olivero</a>, comandante della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] o Pantera [n.d.r.: Luigi Massabò, vice comandante della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"], a scoprire la sede del Comando catturando documenti e materiale? Come si sarebbe ripresa la Bonfante in pochi giorni, ora che l'azione decisiva sembra imminente?" Erano le domande che pose Mario [n.d.r.: Carlo De Lucis, commissario della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] nel pomeriggio di quel giorno. "Non ci ha insegnato nulla il <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/04/stella-rossa-kaput-cattivi-banditi.html" target="_blank">disastro</a> di Upega? Ricordate la circolare del Comando regionale di allora? E' mai possibile dopo un anno di lotta partigiana essere <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/08/leccidio-di-testico-del-15-aprile-1945.html" target="_blank">sorpresi</a>? Così ad Upega, solo il caso e la fortuna vi hanno salvato oggi. Quando ieri sera ho chiesto chi voleva venire con me in rifugio non mi avete seguito. Vi pareva che fosse paura o eccesso di prudenza il non voler abbandonare ancora la tattica cospirativa. Avete visto. Non si tratta di paura o di coraggio, non siete padroni di esporvi senza ragione, le vostre vite sono troppo preziose per il movimento per sacrificarle per dormire in un letto". <br />Giorgio taceva, infatti non c'era nulla da opporre a quella requisitoria chiara ed inesorabile: il rifugio era stato costruito con ogni cura, era uno scavo di quattro metri per quattro, profondo due metri, rivestito di pietra, coperto di lamiera e di terra. Vi si accedeva per uno stretto corridoio la cui entrata era chiudibile con un cespuglio. La terra sopra il rifugio era coltivata. Nell'interno su telai in legno vi erano materassi per molte persone. Nelle pareti vi erano nicchie per le future radio trasmittenti. Come si vede si era ben lontani dalle umide tane in cui avevano vissuto per settimane i partigiani dei periodi più duri dell'inverno. Il rifugio era stato costruito da contadini cui il Comando aveva spiegato la delicatezza dell'incarico, l'alta prova di fiducia, le benemerenze che acquistavano nonché la possibilità di rappresaglie. Alcuni dei costruttori erano muti per sempre: erano tra gli ostaggi massacrati il giorno 15. <br />Se un appunto si può fare al rifugio era che era stato costruito troppo tardi. Il pericolo che gravava su Poggiobottaro era lo stesso che lo aveva minacciato da dicembre, da quando la circolare 23 aveva raccomandato la costruzione dei rifugi. Era ovvio che, dopo averne fatto a meno per tanti mesi, nel clima di euforia della primavera se ne sentisse meno la necessità. Io però l'avevo pensata diversamente. Tutte le volte che avevo dovuto dormire a Poggiobottaro mi ero trovato a disagio e mi era parso saggio, dato che dopo tanto un rifugio c'era, servirmene quella sera assieme a Mario. <br />Forse la situazione era migliorata, un attacco nemico poco probabile, ma non mi sarebbe piaciuto perdere alla vigilia della fine una vita che avevo salvato attraverso tante peripezie.<br />Quella mattina anche noi nel rifugio avevamo sentito alle 8.40 le prime raffiche di mitraglia forti e vicinissime. Eravamo rimasti stesi sui nostri materassi senza parlare, senza poter fare nulla. Fino alle 9.15 a brevi intervalli avevamo udito colpi, spari isolati ed altre raffiche. Chi soffriva di più era Sergio Sibelli del C.L.N. di Alassio che non pareva abituato ai rumori della guerra. "Come fate voi a restare calmi. Io vorrei non essermi mosso da casa", mi sussurrava a bassa voce. "E' questione di abitudine. Io è la prima volta che sento sparare sentendomi quasi al sicuro", gli risposi e aggiunsi "Non riuscirei invece a dormire come fate voi, in città con armi e manifestini nascosti in casa, sapendo che una spia potrebbe farmi prendere a letto".<br />Uscimmo alle 13.30 quando gli spari erano cessati e qualcuno da fuori si ricordò di noi e venne ad avvertirci.<br />L'incursione di Testico aveva rivelato che la potenza della Wehrmacht era al tramonto. Lo spionaggio del <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/08/leccidio-di-testico-del-15-aprile-1945.html" target="_blank">disertore</a> tedesco e la conseguente condanna delle persone che ci avevano aiutato, se erano state condotte con abilità e prontezza, non raggiunsero, però, lo scopo che forse il nemico si riprometteva. La rapidità dello sgombero, l'essersi coperti con i civili, la mancanza di un bando, di un annuncio qualunque che dessero alla strage il carattere di una condanna, la brutalità stessa dell'esecuzione che dilaniò i cadaveri con proiettili esplosivi, diede all'azione un carattere di rabbiosa vendetta più che di giustizia, fu un gesto da banditi che rivelava una grave debolezza. I tedeschi per esercitare la loro legge dovevano adottare ormai anche loro i metodi che noi impiegavamo da tempo in Riviera, segno che la supremazia della loro forza si avvicinava al tramonto. In più noi portavamo, quando possibile, i colpevoli nelle nostre vallate per sottoporli a giudizio, mentre essi se ne erano coperti per sfuggire ai nostri colpi.<br />Non essendoci state né imboscate, né attacchi partigiani nei dintorni dagli abitanti la strage fu considerata un terrorismo selvaggio ed impotente. Ci si ricordava che il disertore tedesco aveva ordinato direttamente alle vittime di aiutare i malati partigiani quando era stato con noi, ciò aumentava ancora il risentimento e porterà in seguito la popolazione a tentativi di linciaggio di prigionieri da noi catturati.<br />I civili in preda al terrore abbandonarono i paesi della Val Lerrone passando le notti all'aperto, gli uomini chiedevano armi per unirsi a noi e difendere la loro vita, tornava così ad un anno di distanza il morale che aveva creato le bande locali. Il terrorismo nemico rendeva di nuovo i civili solidali con noi spingendoci alla lotta.<br />L'evolversi della situazione sui grandi fronti e la possibilità che incursioni nemiche contro la popolazione abbiano a ripetersi impongono ai partigiani un atteggiamento più deciso. L'opinione pubblica, orientata nettamente in nostro favore, l'afflusso continuo di nuove reclute e l'alto morale degli uomini decidono il Comando ad estendere il controllo finora limitato alla zona a sud della Val d'Andora a tutto lo spazio tra la «28» ed il mare. Dapprima si eliminerà il diaframma della Val Lerrone, poi collegheremo tra loro le bande creando uno schieramento quasi continuo sui due fronti della «28» e dell'Aurelia. I compiti verranno suddivisi tra le Brigate i cui effettivi sono in continuo aumento e dovrebbero già ora essere sufficienti.<br />Il timore delle rappresaglie nemiche non ci trattiene più: le popolazioni esasperate dal terrore e dalla vita nei boschi ci chiedono quando finirà quella situazione perché le notti passate all'aperto sono ancora fredde: "Per voi è appena cominciata, noi è più di un anno che facciamo questa vita", rispondiamo. "Ormai il tempo è buono, non abbiate paura, si può tirare avanti anche per dei mesi". <br />Una nostra occupazione sarebbe accolta con favore perché ormai ci ritengono in grado di respingere eventuali attacchi nemici.<br /><b>Gino Glorio</b> (Magnesia), <i>Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte</i>, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 239-241</div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;">[...] Poco prima della Liberazione, il 15 aprile 1945, l’eccidio in assoluto più cruento, a Testico, nel quale perdono la vita 27 persone. All’alba di domenica due colonne tedesche giungono a Ginestro, frazione di Testico, per dare inizio a un rastrellamento: i militari catturano una ventina di civili, uomini e donne sorpresi nelle loro case, e li legano con corde. Poi, proseguendo la marcia, uccidono senza apparente ragione un contadino al lavoro. Alle 8.00, arrivati nei pressi della chiesa, irrompono nell’edificio, catturano altre persone e pongono tutti gli ostaggi lungo un muro sotto la sorveglianza di un soldato. Il resto della truppa, in parte, prosegue con il rastrellamento che porterà alla cattura di altri ostaggi; in parte si dirige verso Poggio Bottaro. Intorno alle 9.00 un gruppo di partigiani, dalla vicina frazione di Santa Maria di Stellanello, spara sui tedeschi permettendo a 3 degli ostaggi di fuggire. In risposta, i tedeschi tornano verso la chiesa, si appostano presso l’osteria del paese e catturano altri 3 contadini di Torria. Infine, la colonna riparte con i prigionieri al seguito. Durante la marcia, si arresta presso la frazione Zerbini per catturare altri ostaggi. L’ultima tappa è Costa Binella ove avviene la selezione dei progionieri. Vengono rilasciati 3 giovani di Ginestro, 4 donne e 4 ragazze. Queste ultime verranno poi condotte al carcere di Imperia, sottoposte a interrogatori e paestaggi e rilasciate almeno una dozzina di giorni dopo. Restano in mano ai tedeschi 27 persone: 25 uomini e 2 donne che vengono separate dagli altri prigionieri, seviziate e uccise a colpi di baionetta. I 25 uomini, legati 2 a 2 col fil di ferro, sono falciati a colpi di mitragliatrice. Dopo il massacro, i corpi risultano irriconoscibili [...]<br /><b>Andrea Chiovelli</b>, <i>Quando i tedeschi massacravano i savonesi: ecco le 49 stragi che insanguinarono la provincia</i>, <a href="https://www.ivg.it/" target="_blank">IVG</a>, 11 aprile 2016<br /> </div><p></p>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5742676575238048679.post-35599926085199386192023-08-16T09:51:00.006+02:002023-08-19T09:40:55.480+02:00Il pallido sole di quel primo giorno aveva accompagnato i tedeschi a Pietrabruna nelle prime ore del mattino<div><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj12EX0eofQA3JezMbsiUUaQdFKEQDIg6uDPIJYTnl7Z5EqJ0w8XFT8cB7SqexlVhnzDllmYkNZWMbQxII8rRaCM7SzrXVfRzivVgfeoJ7Tqjmr4IlfAep2QMGi-2LJ-ohG17ApW7pWNflO3J32W58XkA8gFEfvSyLYAxMKuc4k9cjOeTtPVeA5LoRrEHE/s4000/16_mar24c%20(55).JPG" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="3000" data-original-width="4000" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj12EX0eofQA3JezMbsiUUaQdFKEQDIg6uDPIJYTnl7Z5EqJ0w8XFT8cB7SqexlVhnzDllmYkNZWMbQxII8rRaCM7SzrXVfRzivVgfeoJ7Tqjmr4IlfAep2QMGi-2LJ-ohG17ApW7pWNflO3J32W58XkA8gFEfvSyLYAxMKuc4k9cjOeTtPVeA5LoRrEHE/w640-h480/16_mar24c%20(55).JPG" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La zona di Pietrabruna (IM) vista da Civezza<br /></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">Il verde del Faudo ingialliva, i cespugli erano diventati sterpi, le ultime foglie calavano silenziose per non turbare il freddo incanto dell'inverno ormai presente. Alla “Bramosa” era stata presa una decisione: spostare il campo. La brutta stagione e la lunga permanenza nello stesso posto rendevano opportuno il cambiamento; sul monte, diventato brullo, la piacevole brezza estiva era solo un ricordo, spirava, ora, un freddo vento che aumentava col passar dei giorni. Come nuova base venne scelto il bosco dei ”Lavanin”, situato al di sotto del Faudo, sul versante sud, venendo così ad evitare i venti del nord e trovandosi inoltre vicino a Pietrabruna, da cui poter attingere informazioni e rifornimenti alimentari. Oltre a ciò, diversi paesani si recavano settimanalmente sulla costa e nella città capoluogo, particolarità questa che a noi tornava molto utile; il bosco, poi, coni suoi robusti tronchi che coprivano un vasto tratto, dava la possibilità di mimetizzarsi al meglio; nella valle, infatti,i soli uliveti più vicini al mare conservavano interamente il fogliame anche nel periodo invernale, ma la loro vicinanza alle postazioni fisse nemiche sconsigliava l'insediamento. Al centro di una radura vennero sistemate la cucina e le poche riserve di alimentari, mentre il distaccamento, diviso in piccoli gruppi, prese posto nei rifugi in pietra disseminati all'intorno. Lunghe ore di giornate interminabili, trascorse fra nodosi alberi i cui rami spogli sembravano chiedere un po di sole ad un cielo ermeticamente grigio; unico intermezzo, ritrovasi alla distribuzione del rancio per ricevere minestre di riso altrettanto lunghe, arricchite con l'aggiunta di qualche patata, il cui ritrovamento veniva segnalato con un grido di trionfo dal fortunato scopritore. Il tedio di quei giorni era confortato dal lento, ma inesorabile passare del tempo, il pensiero del domani aiutava a sorridere. Spesso, con pochi compagni, ci si appartava nelle vicinanze e si accendeva un fuoco; un elmetto poi, una vecchia casseruola, bucati, servivano per arrostire le castagne preventivamente raccolte. Un sasso per sedile e una coperta sulle spalle, a difesa dell'invadente umidità, moderni zingari che la guerra affratellava, e scorrendo le ore, fra lo scoppiettio delle castagne che si arrostivano; ricordi di esperienze diverse, nel calore di un fuoco che avvicinava, episodi raccontati con l'esuberanza della giovinezza e la pacatezza della maturità, e così per molte ore di quei giorni, fino a quando il freddo diventava pungente e l'ombra della sera ci raccoglieva infreddoliti nel piccolo rifugio illuminato dal lanternino ad olio. E si parlava ancora, si raccontava, arrestandosi a tratti per ascoltare il brusio del vento fra gli alberi del bosco, insieme e vicini, fino al giungere puntuale del sonno. Era arrivato dicembre [1944] e il pallido sole di quel primo giorno aveva accompagnato i tedeschi a Pietrabruna nelle prime ore del mattino. Una malcelata inquietudine agitava l'intera base, la segnalazione era stata portata dal nostro incaricato all'acquisto del pane, il quale, in procinto di entrare in paese, aveva fortunatamente incontrato un contadino che ne usciva per avviarsi al consueto lavoro; l'informazione raccolta era scarna e consisteva nel diretto incontro dello stesso con un paio di soldati tedeschi che avendo proseguito nel loro cammino, del tutto indifferente; non poteva perciò fornire altre informazioni. Oltre a ciò, da qualche giorno circolavano voci sulla presenza in Pietrabruna di una spia, che risiedeva nel paese, attendibilità difficile da stabilire per il sensibile numero di persone che per ragioni di lavoro o affari si recavano periodicamente ad Imperia, centro per l'intera zona di uffici informativi e comandi delle varie armi, impegnati esclusivamente nella repressione della guerriglia. L'insicurezza sul da farsi durò per poco, era necessario defilarsi immediatamente per evitare un probabile scontro con un nemico di cui non si conosceva la forza e l'intenzione. Si procedé quindi ad evacuare il campo, avviandosi verso un settore della valle privo di sentieri; un percorso sui resti di una rada vegetazione, fatica e spine consuete, abbondante sudore per lo sforzo espresso. Si ritenne opportuno spostarsi sul versante opposto alla posizione del nostro campo, annullando il vantaggio della possibile informazione fornita al comando tedesco. Il ritmo della marcia ci impegnava totalmente e scaricava il vuoto d'una noia accumulata in giorni inutili; la fatica non preoccupava e le mani, nello stringere la armi, ne carpivano una nuova energia. Il fondo valle in breve raggiunto e, dopo il torrente, si scavalco la strada carrareccia con estrema prudenza; durante il tragitto si erano raccolte altre voci che assicuravano la presenza dei soldati e la loro probabile intenzione di rientrare in giornata nella riviera; naturale, quindi, il delinearsi di un piano operativo preciso. La strada nel suo tortuoso percorso accompagnato dai vari dislivelli, rendeva particolarmente idoneo il nostro appostamento, accuratamente disposto su un grosso sperone roccioso, proteso sulla stessa, alla fine di un'ampia curva. Distesi fra le rocce si attendeva pazienti, una insolita calma si evidenziava nei gesti dell'intero reparto tranquillizzato dalle ultime informazioni che capovolgevano la situazione completamente. Si ritorna ad essere cacciatori, pronti a colpire la pericolosa selvaggina. L'attesa d'un tempo che sembrava arrestarsi divenne ansia, i minuti diventavano ore, e nella strada il vuoto; Il nervosismo comincio ad affiorare, le voci salirono di tono nel chiedere il da farsi, infrangendo la dovuta prudenza ma, improvviso, un rumore, un rumore di passi prodotto da poche persone, e alla svolta apparvero due paesani che, tranquilli, procedevano verso il fondo valle. Il nostro richiamo li bloccò immediatamente, e alla domanda: “dove sono i tedeschi”, apparve sui loro volti un'evidente espressione di stupore, subito seguita dalla risposta verbale che, questa volta, stupì noi tutti: “quali tedeschi”. I contadini provenivano direttamente dal paese e, a loro sentore, non vi esisteva alcuna presenza di forze germaniche; qualche parola ancora di precisazione , un amichevole saluto, e se ne andarono tranquilli com'erano venuti. Ci si guardò in faccia senza parlare, si raccolsero le armi per incamminarsi subito,disordinatamente, verso Pietrabruna; alla silenziosa perplessità rifiorì il dialogo, malgrado la stanchezza cominciasse ad affiorare. Il resto del percorso continuò nella ricerca d'una motivazione che giustificasse la logica dei fatti intervenuti. Le prime case del paese erano già superate e si continuava a procedere a piccoli gruppi, chiacchierando animatamente quando, improvviso, il fulmine; armi nascoste esplosero nei nostri timpani, “majerling e machin pistol” sgranavano spietate i loro colpi in continuazione. Attimi di nebbia, in un brancolare nel vuoto; senza saperlo, ero già a terra, perfettamente immobile in un diluvio di pensieri che smarrivano la mente, urla e richiami all'intorno, mentre le armi non cessavano il pauroso ritmo; vicina la voce amica di <i>Vento</i> che urlava: “Faggian è morto”, e un piede mi saliva sulla schiena; una confusione caotica, indescrivibile e, improvviso, il silenzio. Le armi tacevano, forse il nastro dei proiettili era terminato ed era necessario qualche secondo per sostituirlo, e allora scattai, ponendo tutta l'energia di cui ero capace, come allo sparo d'uno starter che comanda la corsa; una decina di metri e mi abbandonai sul fianco della massicciata che sosteneva il sentiero, le mani aggrappate all'erba che l'avvolgevano, celando aguzze pietre; cinque o sei metri e mi trovai sul fondo perfettamente illeso, le ammaccature non contavano; l'arma era ancora silenziosa. Storditi e attoniti, come ubriachi, ci si allontanò rapidamente nella sicura copertura delle alte gradinate che circondavano l'abitato. Per la prima volta avevamo subito un'imboscata, acquisendo una nuova esperienza, ed era inutile al momento ricercarne il perché; era opportuno ricongiungersi all'altro gruppo, nell'imprevisto il distaccamento s'era diviso in due. Stanchi, ma soprattutto depressi per lo smacco ricevuto, e constatando le difficoltà del ricongiungimento, si occupò l'intero pomeriggio in sicuri appostamenti, stringendo la cinghia abbondantemente allentatasi, e solo verso sera, poco prima del calar della notte, si affrontò la marcia del rientro. Al “Lavanin” un uomo solo attendeva, ci comunicò di salire al vecchio campo della “Bramosa”, dove l'altro gruppo ci aveva preceduti; i tedeschi, e questa volta l'informazione veniva data per certa, avevano abbandonato Pietrabruna dirigendosi sulla costa. Provati dal peso della giornata [14 dicembre 1944], percorremmo lentamente l'ultimo tratto di strada che ci separava dal campo, accompagnati dal solo rumore delle nostre scarpe, e quando lo si raggiunse, un pallido sole, liberatosi dalle nubi, si immergeva piano sul profilo del mare. Una giornata intensa e fortunata, ma non per tutti: <i>Lolli</i>, Luigi Rovatti, del gruppo modenese, era stato colpito da un proiettile di “machine pistol” che gli s'era incastrato in prossimità della spina dorsale; cominciò per lui la dura prova di una continua fuga, peregrinando da una valle all'altra, nel tentativo di sfuggire alla cattura, resa più facile dalle sue condizioni.<br /><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><b>Renato Faggian </b>(Gaston), <i>I
Giorni della Primavera. Dai campi di addestramento in Germania alle
formazioni della Resistenza Imperiese. Diario partigiano 1944-45</i>, Ed. Cav. A. Dominici, Imperia, 1984, pp. 81-85<br /></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"> </span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st">Si trattava, invece, quasi del preludio al tragico eccidio di <a href="https://primazonaoperativaliguria.blogspot.com/2020/01/torre-paponi.html" target="_blank">Torre Paponi</a>, Frazione di Pietrabuna, situata più a valle del paese, una efferata strage nazista che da Faggian viene rammentata qualche pagina dopo.<br /><b>Adriano Maini </b></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"> </span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st">E' stato uno dei peggiori eccidi di cui si macchiarono le truppe d'occupazione naziste durante la Guerra di Liberazione che divise l'Italia nel tragico triennio 1943- 1945. E' l'eccidio di Torre Paponi il cui orrore, senza nulla togliere alle stragi di Marzabotto o Sant'Anna di Stazzema, ha colpito nei decenni dell'Italia repubblicana l'immaginario collettivo dei tanti studiosi che si sono applicati allo studio della Resistenza in Italia.<br />I fatti accaddero esattamente settant'anni fa, il sedici dicembre del 1944. Inverno duro e tragico quello che precedette la Primavera di Liberazione, soprattutto nell'estremo Ponente ligure. Già era caduto in quel di Alto, combattendo, il "mitico" capo partigiano Felice Cascione ma nell'Imperiese, la cui Provincia non a caso si fregia della Medaglia d'oro al valore militare, le bande partigiane davano parecchio filo da torcere ai nazi-fascisti per i quali l'entroterra rappresentava una vera e propria incognita. Fu così che i comandi tedeschi escogitarono la rappresaglia contro i molti contadini che nei paesi abbarbicati alle pendici delle Alpi liguri solidarizzavano con i combattenti per la libertà, di qualsiasi credo politico fossero.<br />La mattina del sedici, credendo di trovare a Torre Paponi, oggi frazione montana del Comune di Pietrabruna, gruppi partigiani, i tedeschi risalirono armati sino ai denti la stretta valle alle spalle di San Lorenzo al Mare. Molti civili, vedendoli salire determinati, si diedero alla macchia nei boschi quasi presagendo quella che sarebbe stata la tragica fine di molti loro compaesani. I nazisti occuparono in una manciata di minuti il borgo, poi radunarono gli abitanti rimasti (molti erano donne e bambini) nella barocca chiesa parrocchiale. Qui condussero anche, orribilmente torturato, il curato Don Vittorio De Andreis che ritenevano un fiancheggiatore delle bande partigiane.<br />A questi affiancarono il parroco, Don Pietro De Carli, reggiano di Guastalla. Incendiarono poi gran parte di Torre Paponi distruggendola. Non paghi di tanto orrore diedero fuoco pure ai due sacerdoti che morirono tra sofferenze atroci. Parimenti furono uccise altre ventisei persone del paese. Le uccisioni proseguirono, pure, il dì appresso.<br /><b>Sergio Bagnoli</b>, <i>Settant’anni fa Torre Paponi, una delle peggiori stragi naziste del secondo conflitto mondiale</i>, <a href="https://www.agoravox.it/" target="_blank">Agora</a> Vox, 15 dicembre 2014 </span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"> </span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st">[...] il dramma di Torre Paponi, piccolo paese a sud di Pietrabruna, che rappresentò per le valli imperiesi l'assurda violenza espressa da uomini armati contro altri uomini disarmati e indifesi. Borgo dell'entroterra che non supearva i centoventi abitanti, in prevalenza contadini, venne occupato nella metà di dicembre da un reparto di soldati tedeschi. Non un solo abitante risultò in possesso di armi e nessuno riuscì a superare il tragico cerhio: due preti, due donne e una ventina di uomini, i capi famiglia dell'intero paese, vennero abbattuti a colpi di pistola sul sagrato della chiesa, una confusa massa di corpi che coprì lo spiazzo di sassi chimamto piazza. Negli occhi di Italo (Maurizio Massabò), il nuovo comandante [n.d.r.: del distaccamento di Faggian, inquadrato nella IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione], uno smarrimento che trasmise a noi tutti, ancora restii nell'accettare il drammatico racconto.<br /><b>Renato Faggian</b>,<i> Op. cit.</i>, pag. 90 </span></span></span></span></span></span></span></span></span></span></span><br /></div><div><p></p></div>Adriano Mainihttp://www.blogger.com/profile/09465917157661723606noreply@blogger.com