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venerdì 9 febbraio 2024

Solo un piccolo gruppo di partigiani riesce ad agganciare il nemico che fugge perdendo materiale ed equipaggiamento

Cervo (IM)

Il 17 aprile 1945 il «Garbagnati» [n.d.r.: Distaccamento "Giovanni Garbagnati" della I^ Brigata "Silvano Belgrano", VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] distrugge il ponte di Degna [Frazione di Casanova Lerrone (SV)] e la sera stessa il nemico sgombra Vellego e Garlenda: con un colpo solo la Val Lerrone è liberata dalle pattuglie e dalle minacce nemiche: non più l'incubo dei ciclisti tedeschi, non più lo stradone superato d'un balzo. Il 18 giunge con una staffetta Fernandel [n.d.r.: Mario Gennari, comandante della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo", VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] a visitare Tèstico: «Verrò con i miei a difendere il paese» dice ai contadini che gli chiedono armi, poi va a S. Damiano alla ricerca del Comando divisionale che da qualche giorno ha lasciato Poggiobottaro. A S. Damiano ci sono le bande di Stalin [Franco Bianchi, comandante del Distaccamento "Giovanni Garbagnati"] e Marco: le mitraglie sono puntate verso Alassio, i partigiani si lavano al sole. Sullo stradone, altri preparano il rancio, ovunque un'aria di festa, di sicurezza. «Vai ad occupare Tèstico? Auguri ... noi non siamo stati così scemi», dicono a Fernandel quelli di Stalin. Fernandel è meravigliato, ma non si impressiona: «Ho visto la zona ed ho fatto i miei piani: il Catter [n.d.r.: Distaccamento "Giuseppe Catter" della III^ Brigata] può tenere il paese».
Con Fernandel tutta la III^ Brigata si sposterà a sud a presidiare la Val Lerrone. In Val d'Arroscia e ad Alto resterà la II [n.d.r.: II^ Brigata "Nino Berio", comandante "Gino", Giovanni Fossati], in Val Tanaro la IV [comandante "Fra Diavolo", Giuseppe Garibaldi]. Così all'ingrosso lo schieramento da elaborare nei particolari.
Non possiamo contare egualmente su tutte le bande e ci vorrà ancora un po' di tempo perché i nuovi Comandi della II e della III non hanno ancora in mano la situazione e parecchi capibanda sono restii ad obbedire. Comunque l'atmosfera si fa febbrile, una colonna tedesca che punta su Garlenda provoca la reazione di parecchie bande, ma solo un piccolo gruppo di partigiani riesce ad agganciare il nemico che fugge perdendo materiale ed equipaggiamento.
Il presidio fascista di Molino Nuovo viene attaccato dalla I Brigata e riporta perdite sanguinose, due disertori del presidio di S. Bernardo di Conio vengono catturati presso Ginestro [Frazione di Testico (SV)], percossi selvaggiamente dalle donne dei paesi che attraversano e finiti da quelli di Stalin.
Al Comando divisionale, che ha ormai sede ufficiale a S. Gregorio, l'attività si fa intensa. Arriva il Curto [n.d.r.: Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria] del Comando zona, arrivano la missione alleata con le radio trasmittenti, staffette, capibanda, ordini, notizie. Boris [n.d.r.: Gustavo Berio, vice commissario della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] parte in missione per la IV Brigata in Val Tanaro con notizie e disposizioni urgentissime, Pantera [n.d.r.: Luigi Massabò, vice comandante della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] va ad Alto dove si dice ci sia stato un piccolo lancio, ad organizzare la II Brigata.
Ha inizio così la terza decade di aprile: il Comando è di fronte ad eventi e problemi di enorme importanza perché la situazione militare precipita. Le azioni di sabotaggio e di imboscata si fanno sempre più audaci e fortunate, il nemico comincia anche lui a sentire la morsa del terrore: ormai la fine è imminente, chi viene catturato o diserta è soppresso senza pietà: i trenta morti di Ginestro e gli otto di Cervo hanno ridato alla guerriglia il suo carattere di durezza spietata.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 241-242

18 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 302, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava che il giorno prima una squadra comandata dal capo squadra "Mancinotto" [Giuseppe Gismondi] e da "Cis" [Giorgio Alpron, capo di Stato Maggiore della I^ Brigata "Silvano Belgrano"] aveva fatto nuovamente brillare il ponte tra Degna e Vellego [Frazioni di Casanova Lerrone (SV)].
18 aprile 1945 - Da "Giglio" alla Sezione SIM della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che lo scontro di Vellego aveva portato alla fucilazione di alcuni civili da parte del nemico, che i tedeschi in zona detenevano molti ostaggi e che era necessaria un'azione di forza su Nava ed altri presidi nemici.
18 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 300, al comando del Distaccamento "Filippo Airaldi" del Battaglione "Ugo Calderoni" della II^ Brigata "Nino Berio" - Comunicava come punizioni che il capo squadra "Cimitero" [Bruno Schivo] doveva rimanere disarmato per 15 giorni presso il comando di Brigata e che il garibaldino "Riva" doveva eseguire 19 giorni di corvèe presso il Distaccamento "Giuseppe Catter" della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" e che erano invece mandati assolti i partigiani "Berto", "Grosseto" [Italo Chegia], "Prem-Prem", "Ercole" [Demo Trillocco], "Vessalico" [Vittorio Doglio].
18 aprile 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" [comandante "Mancen", Massimo Gismondi] al comando del Distaccamento "Francesco Agnese" [comandante "Buffalo Bill"/"Bill"/"Pippo", Giuseppe Saguato] ed al comando del Distaccamento "Angiolino Viani" [comandante "Russo", Tarquinio Garattini] - Disponeva che i garibaldini "Osanna" e "Bascherini" venissero assunti in forza al Distaccamento "Francesco Agnese" e che i garibaldini "Cimitero" [Bruno Schivo] e "Riva" dovevano passare, armati solo in caso di allarme, al Distaccamento "Angiolino Viani".
18 aprile 1945 - Da "Giglio" alla Sezione ["Livio", Ugo Vitali responsabile, "Citrato", Angelo Ghiron, vice responsabile] S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che ad Acquetico [Frazione di Pieve di Teco (IM)] alcuni partigiani avevano "avvisato la popolazione di un imminente attacco di patrioti al paese"; che lo scontro di Vellego [Frazione di Casanova Lerrone (SV)] aveva portato alla fucilazione di alcuni civili; che risultava "pericoloso attaccare frontalmente" i tedeschi perché dimoravano nelle case private trattenendo presso di loro non solo le loro squadre di lavoratori [coatti] ma anche "il consueto numero di ostaggi"; che sarebbe sata necessaria un'azione di forza partigiana su Nava e su tutti gli altri presidi nemici.
18 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava l'elenco del materiale ricevuto con il lancio alleato su Caprauna nel quale, tra l'altro, risultavano 9 cariche di plastico, 6 bombe incendiarie, 15 granate, 11 matite esplosive.
18 aprile 1945 - Dal Comando Operativo della I^ Zona Liguria al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Invito a mandare sollecitamente il materiale del lancio in pari data al "capitano Roberta" [Robert Bentley] e ordine di mettere a disposizione di "R.C.B." [sempre il capitano Robert Bentley del SOE britannico, incaricato della missione alleata presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] i paracadute in seta.
19 aprile 1945 - Dal Comando [comandante Curto, Nino Siccardi] della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione d'assalto Garibaldi "Silvio Bonfante" - Segnalava che aveva stabilito di inviare presso le formazioni 'Mauri'  un ufficiale di collegamento, pensando di conferire tale incarico a Giovanni 'Gino' Fossati, comandante della II^ Brigata "Nino Berio", da sostituire nel precedente incarico con Giacomo 'Basco' Ardissone o "altro elemento capace".
19 aprile 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che una pattuglia del Distaccamento "Francesco Agnese" aveva sorpreso nei pressi di Oneglia un tedesco armato di pistola, ucciso mentre tentava la fuga.
19 aprile 1945 - Dal comando della II^ Brigata "Nino Berio" al SIM della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che due ufficiali tedeschi di stanza a Garessio desideravano parlare con una competente persona per fornire i piani militari di cui erano a disposizione e, pertanto, si rimaneva in attesa di istruzioni.
19 aprile 1945 - Dal comando della II^ Brigata "Nino Berio" al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che una squadra del Distaccamento "Filippo Airaldi" aveva attaccato il 17 aprile sulla Statale 28 un carro di tedeschi per cui si supponeva l'esito di 18 morti e 3 feriti e che il 18 una squadra dello stesso Distaccamento aveva catturato a Vendone 4 tedeschi tra cui un sergente.
19 aprile 1945 - Dal comando del Distaccamento "Igino Rainis" al comando della II^ Brigata "Nino Berio" - Riferiva che sulla Statale 28 nei pressi di Calderara [Frazione di Pieve di Teco (IM)] una squadra di 4 uomini aveva attaccato un carro tedesco uccidendo 2 soldati e ferendone un altro e che, mentre tentavano di recuperare il materiale, quei partigiani erano stati "disturbati da altri 30 tedeschi, riuscendo, tuttavia a sganciarsi".
19 aprile 1945 - Dal comando del Distaccamento "Elio Castellari" al comando della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" - Segnalava che il 16 aprile, verso le ore 18, un gruppo di garibaldini aveva attaccato 4 carri tedeschi provenienti, carichi di materiale, da Garlenda (SV): risultavano 4 feriti gravi tra le fila nemiche.
19 aprile 1945 - Dal comando della IV^ Brigata "Val Tanaro" al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che in Val Tanaro si erano formati altri 2 Distaccamenti, il primo con elementi di Garessio per un totale di 25 uomini solo in parte armati, il secondo formato da 30 uomini di Ormea; che sarebbero stati necessari 2 mitragliatori, 2 o 3 Sten, plastico e bombe a mano. Chiedeva, poi, di dare il nome definitivo alla Brigata.
da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

giovedì 9 novembre 2023

Aumentano i distaccamenti partigiani imperiesi ad aprile 1944

 

Il torrente Arroscia nei pressi di Ranzo (IM). Fonte: Wikipedia

Il distaccamento imperiese - comandante TITO (Rizzo Renato) [Rinaldo Rizzo, detto Tito] commissario GIULIO (Libero Briganti) - aveva dovuto impegnarsi in una lunga marcia forzata dalla Casa Rosa, sopra Diano Roncagli nel comune di Diano S. Pietro, dove era dislocato, sino a Caprauna (in provincia di Cuneo) per raccogliere un lancio che - secondo le notizie pervenute - gli Alleati avrebbero dovuto effettuare nei giorni dal 4 al 6 aprile [1944].
Il reparto <1 non giunse nel tempo prestabilito e si trovò ad affrontare la via del ritorno senza alcuna scorta di viveri e senza possibilità di rifornimenti <2; ciò rese particolarmente dura la marcia sino a Guardiabella (a occidente del Colle di S. Bartolomeo), da dove una pattuglia guidata da MIRKO (Angelo Setti) scese al comune di Aurigo e nella frazione di Poggialto alla ricerca di aiuti.
L'assistenza generosa di quelle popolazioni aiutò la piccola formazione a rimettersi in sesto; successivamente furono anche compiute azioni particolarmente rischiose allo scopo di prelevare vettovaglie in territorio presidiato dalle truppe germaniche, <3 ma l'esperienza aveva ormai confermato che anche il problema dei rifornimenti doveva avere una sua più organica soluzione.
Tanto più che - in meno di 20 giorni - vi fu un notevole afflusso di volontari, tale da trasformare in altrettanti distaccamenti (con circa 30 effettivi ciascuno) le tre squadre di cui inizialmente era composto il reparto.
Ai primi di maggio - comandati da CURTO [Nino Siccardi] e e dal commissario GIULIO - i distaccamenti avevano assunto le seguenti posizioni <4:
1°) comandante Tito, commissario Boris (Gustavo Berio) - dislocato presso i Tecci di Parodi sopra Pontedassio;
2°) comandante Ivan, commissario Dimitri (Bruno Nello) - dislocato al Passo della Mezzaluna;
3°) comandante Cion [Silvio Bonfante], commissario Federico (Federico Sibilla) - dislocato nel bosco di Rezzo.
Metodo piuttosto efficace ci sembra quello seguito dal comando partigiano imperiese - in modo abbastanza frequente in questo periodo - di designare per le azioni di guerra più importanti uomini scelti in egual numero da tutti e 3 i distaccamenti; tale criterio venne adottato - ad esempio - nell'attacco effettuato al posto di blocco del ponte di Ranzo; in questa occasione 6 partigiani (scelti 2 per distaccamento) volsero in fuga il presidio nemico - uccidendo un soldato germanico e catturando due G.N.R. - e si impossessarono di 2 mitragliatori, di due fucili tedeschi e di molte munizioni.
Si può anche rilevare in proposito - considerando l'armamento messo a disposizione del gruppo attaccante (su 6 effettivi, 4 fucili mitragliatori e 2 mitra) - che molto opportunamente il comando partigiano non aveva esitato ad affidare agli uomini prescelti per l'azione quasi tutte (molto probabilmente tutte, date le condizioni di allora) le armi automatiche in possesso della formazione, pur di ottenere un gruppo che unisse alla particolare agilità numerica una grande potenza di fuoco <5.
Nello stesso periodo si ebbe un ulteriore spostamento dello schieramento partigiano; il distaccamento di Tito venne stanziato a Bosco Nero, quello di Cion a Tecci di Parodi e quello di Ivan a Piani di Corte, nel comune di Triora.
Un nuovo distaccamento - anch'esso forte di circa 30 effettivi - venne costituito nella prima metà di maggio e dislocato, al comando di Mirko, in regione Castagna presso Bregalla, una località di particolare importanza strategica attraverso la quale il dispositivo partigiano della zona a levante di Imperia venne ad essere direttamente collegato con quello della zona a ponente, tramite un gruppo formatosi ai primi di marzo e comandato da MARCO (Candido Queirolo) e da TENTO.
Sempre a metà di maggio vi fu l'inquadramento definitivo del distaccamento operante nella zona di Cima Marta agli ordini di IVANO (Vittorio Guglielmo), commissario ERVEN (Mario Luppi) [invero Bruno Luppi]; questo reparto disponeva di circa 40 effettivi <6.
Anche nell'imperiese si era venuta intanto sviluppando l'azione intimidatoria delle Autorità fasciste e germaniche a seguito del bando Mussolini; dal primo al 20 maggio gli aerei avevano sorvolato le campagne lasciandovi cadere a migliaia i volantini dell'ULTIMA OCCASIONE:
"Coloro che all'Italia hanno offerto gli anni più belli della giovinezza per compiere il loro dovere di soldati e che oggi, fuorviati da una malvagia propaganda, rinnegano il loro valoroso passato di combattenti per rimanere tra le bande dei ribelli dove altro non sono che strumenti di ignobili sfruttatori che giocano sulla loro vita per guadagnarsi lo sporco denaro con cui il nemico paga i traditori, ricordino che la Patria li ha chiamati ancora a sé pronta a perdonare il loro traviamento e ad aiutarli a ritrovare la via del dovere e dell'onore.
Per volere del Duce, il Governo della Repubblica ha stabilito che chi si presenterà spontaneamente entro il 25 maggio p.v. andrà esente da qualsiasi pena e procedimento penale. È L'ULTIMA OCCASIONE. Non deve essere perduta. Dopo, per chi sarà rimasto sordo a quest'ultimo appello avverrà l'inesorabile.
Presentatevi al più presto a qualsiasi autorità civile o militare più vicina".
[NOTE]
1 Suddiviso in tre squadre: la prima comandata da IVAN (Giacomo Sibilla), la seconda da CION (Silvio Bonfante), la terza da MIRKO (Angelo Setti), per un totale di circa 30 effettivi. (Documentazione Biga).
2 Alcune testimonianze attribuiscono la perdita del lancio ad un non precisato sabotaggio.
3  La sera del 10 aprile, ad esempio, una decina di partigiani - tra i quali Cion, Mirko, Mancen (Massimo Gismondi), Carlo Siciliano - scesero, guidati da Curto, dal Colle di S. Bartolomeo sino alla prossimità di Pontedassio, celati sotto il tendone di un camion al volante del quale stava il partigiano Zò. Da lì, mentre il camion con a bordo il solo Curto compiva il percorso di fondovalle, essi raggiunsero Borgo d'Oneglia, passando per la collina, sino ad un deposito di viveri accaparrati da un grosso incettatore collaborazionista. Nella notte il camion veniva caricato dei viveri sequestrati e ripartì per la zona partigiana - con gli uomini armati occultati sotto il tendone - attraversando in pieno giorno i blocchi germanici e fascisti (ai quali Curto esibì dei falsi documenti tedeschi) posti sulla statale n. 28 di Pontedassio, Chiusavecchia, Ponte dei Grassi, Tesio, fino al Bosco di Rezzo. (Documentazione Biga).
4 Cfr. volume I° pag. 181
5 Invero l'armamento del piccolo reparto, potenziato dal considerevole bottino, impressionò favorevolmente alcuni ufficiali delle formazioni Mauri - incontrati sulla via di ritorno - i quali inutilmente proposero ai sei di entrare a far parte del nascente schieramento "Autonomi".
6 Ci viene segnalato - tra le prime azioni di questo distaccamento - il disarmo compiuto da un solo partigiano (FOLGORE) di una postazione della R.S.I. a Santa Brigida (Andagna) e la cattura di 10 soldati di presidio. (Doc. Biga, testimonianza di Angelo Setti).

Giorgio Gimelli, Cronache militari della Resistenza in Liguria - Volume II, Istituto Storico della Resistenza in Liguria, 1969, pp. 237-240

La popolazione tutta, specie quella dei paesi non sulla costa, è loro [ai partigiani] favorevole, li ospita, li nasconde e li rifornisce, nonostante che in parecchi casi si siano impossessati di bestiame e di derrate alimentari.   
La loro attività è sempre quella di scendere dai monti nei paesi, rifornirsi di viveri e tabacco, incitare i renitenti a non presentarsi e a cercare di impossessarsi di armi e munizioni assalendo caserme dei distaccamenti della G.N.R. (carabinieri), nonchè di molestare persone ritenute simpatizzanti per il Regime Fascista Repubblicano.   
A volte hanno prelevato ostaggi, fra cui qualche sottufficiale dei carabinieri, che sono stati poi rilasciati.   
Le località della Provincia più battute sono quelle confinanti con la provincia di Cuneo, in quanto tali bande si spostano dall'una all'altra provincia. Campi di azione delle bande di ribelli sono più frequentemente la vallata di Cervo, Diano Arentino, Diano Marina, Diano Roncagli, Chiusavecchia, Bestagno, Molini di Triora, Nava e Case di Nava.
Ermanno Durante, Questore di Imperia, Relazione quindicinale sulla situazione..., 16 aprile 1944, Documento in Archivio Centrale dello Stato - Roma

In questi giorni, per ben due volte, nell'abitato di Diano Marina sono stati sparati da ribelli colpi di pistola contro ufficiali dell'esercito repubblicano in divisa, che transitavano isolatamente in bicicletta, senza conseguenze.  Il reparto antiribelli della Questura di Imperia frequentemente si porta nelle località ove viene segnalata la presenza di ribelli, che sistematicamente riescono a sfuggire alle ricerche. In tali operazioni viene però proceduto al fermo di renitenti, disertori e sfaccendati, i quali ultimi vengono proposti per il lavoro in Germania.
Non infrequentemente si addiviene ad uno scontro di colpi di arma da fuoco.   
E' stata sottoposta, con provvedimento dell'apposita commissione, all'ammonizione, per un biennio, una suora del locale Istituto Nostra Signora della Misericordia, la quale, sull'insegnamento che impartiva ai bambini ed alle bambine, teneva contegno niente affatto consono al momento attuale e nettamente contrario all'opera ricostruttiva del Governo Fascista Repubblicano e del suo Capo. Difatti, detta suora, fra l'altro, nella lettura del libro di testo, faceva saltare tutte le pagine riferentisi al Duce ed al Fascismo, proibiva ai bambini di portare emblemi fascisti e di salutare romanamente.
Ermanno Durante, Questore di Imperia, Relazione settimanale sulla situazione..., 24 aprile 1944, N. di Prot. 01384, Documento in Archivio Centrale dello Stato - Roma 

mercoledì 6 settembre 2023

Il nuovo Comitato era subito riconosciuto dal CLN Regionale Liguria e durerà in carica dal primo febbraio 1944 alla Liberazione, con giurisdizione su tutta la Provincia di Imperia e sul Circondario di Albenga

Imperia: uno scorcio di Porto Maurizio

Il 10 settembre 1943, dopo una prima riunione in Imperia di quadri comunisti, seguita da una seconda, alla quale, oltre ai comunisti parteciparono uomini politici delle altre correnti antifasciste, venne formato un "triangolo militare", composto da Nino Siccardi, Felice Cascione e Carlo Aliprandi, con l'incarico di inviare altri uomini in montagna, aiutare con viveri, armi e munizioni quelli che già vi si trovavano, organizzare militarmente anche gli uomini della città. Contemporaneamente, con militari rimasti sul posto, si sarebbe provveduto ad asportare armi, munizioni e vestiario dalle caserme. Così, prima dell'arrivo dei tedeschi furono ricuperate cinque mitragliatrici, oltre cento fucili, alcune decine di rivoltelle, parecchie migliaia di cartucce, cassette di bombe a mano, coperte, scarponi e così via.
Due giorni dopo, il 12 settembre, i tedeschi giungevano ad Imperia prendendo possesso della città. Il Centro sopraddetto, con i suoi collaboratori, funzionava e teneva i collegamenti con quello di Genova, svolgendo altresì una funzione di raccordo tra la città della Lanterna e i centri minori di Albenga, Alassio, Diano Marina e Sanremo. Il materiale di propaganda proveniente dal Centro di Genova veniva regolarmente diffuso nella zona.
Verso la fine di settembre 1943, Gian Carlo Paietta giunse ad Imperia, inviato dal Centro di Genova per prendere contatto con l'organizzazione comunista locale. Scopo della riunione era quello di lanciare tutta l'organizzazione comunista nella lotta di liberazione, trattandosi, tra l'altro, di una rete politicamente già ben ramificata nella Provincia.
[...] Dopo l'eroica morte di Felice Cascione in montagna (Alto, 27.1.1944), il Comitato decideva di inviare Nino Siccardi (Curto) a prendere il comando delle formazioni partigiane della I Zona Operativa Liguria. Il primo febbraio 1944 il primo CLN Provinciale veniva modificato in quanto, essendo stati individuati dai nazifascisti, i membri Viale e Berio dovettero allontanarsi, mentre Giacomo Castagneto, per disposizione del PCI, si trasferiva a Cuneo a dirigere la Federazione del Partito in quella Provincia, in sostituzione del compagno Barale, caduto durante l'incendio di Boves da parte dei tedeschi. Lasciò infine il CLN Giacomo Amoretti, pur restando nelle file dell'organizzazione della Resistenza a Imperia, per trasferirsi poi nei primi giorni di settembre 1944 a Genova, a far parte del Comando della Delegazione delle Brigate Garibaldi della Liguria.
Il nuovo Comitato era subito riconosciuto dal CLN Regionale Liguria e durerà in carica dal primo febbraio 1944 alla Liberazione, con giurisdizione su tutta la Provincia di Imperia e sul Circondario di Albenga. Questa la formazione del nuovo Comitato: Gaetano Ughes (PCI), presidente; Ernesto Valcado (PSIUP), Carlo Folco (DC), (Ugo Frontero (PSIUP), Carlo Aliprandi (PCI) e Amilcare Ciccione (DC), tutti e tre addetti militari.
Allo scopo di coordinare l'azione militare, che andava oramai assumendo un ruolo di prim'ordine nella lotta di liberazione nazionale, veniva pure costituito alle dirette dipendenze del CLN un centro militare che riprendeva le funzioni del "triangolo militare", creato subito dopo l'armistizio e poi sciolto a fine novembre 1943, quando i suoi più attivi componenti erano stati inviati in montagna per organizzare le formazioni partigiane. Del Centro Militare, strettamente integrato nel gruppo politico del CLN e da questo dipendente, fecero parte, fino alla Liberazione, i tre addetti militari del CLN stesso, Carlo Aliprandi (Il Lungo), Amilcare Ciccione (Milcoz) e Ugo Frontero (Ugo).
Nell'intento di garantire la clandestinità dell'organizzazione e sventare i continui tentativi della polizia nemica di annientarne gli organismi dirigenti, nonché onde evitare inutili dispersioni di energie, venne deciso di accentrare, per quanto possibile, nelle mani del presidente e segretario la gran parte dell'organizzazione politica (stampa e propaganda, organizzazione locale e gli svariati e delicati servizi di collegamento), anche in considerazione del fatto che il presidente era in grado di valersi, nell'espletamento delle sue funzioni, della già esistente organizzazione del PCI e dei suoi principali terminali nella Provincia. Anche gran parte della finanza venne affidata alle cure del segretario, il quale poteva così disporre sia dei fondi che giungevano saltuariamente dal Centro di Genova, sia di quelli raccolti o prelevati nella città di Imperia e nei Centri della Provincia, e quindi provvedere di volta in volta, anche nei casi di emergenza, ai necessari finanziamenti, si trattasse delle forze operanti in città o delle formazioni partigiane in montagna, le cui esigenze si andavano facendo sempre più onerose e complesse con il crescere delle loro file.
I membri del Comitato di Liberazione si riunivano periodicamente, quasi sempre con la presenza di uno o di tutti gli addetti militari. Nei primi mesi del 1944 le riunioni avvenivano una o due volte la settimana, poi, quando i tempi divennero più duri e la situazione si fece pericolosa, in media ogni quindici o venti giorni. Generalmente le riunioni avevano luogo nell'abitazione del segretario. Talvolta, quando si sospettava un pericolo, presso quella dell'avvocato Folco, di Valcado, o di uno degli addetti militari. In alcune occasioni, convegni vennero tenuti in caffè cittadini.
[...] Il segretario, nello svolgimento della sua complessa e difficile attività politica e finanziaria, d'informazione e di collegamento, era affiancato da numerosi organi, generalmente collegiali, alcuni con proprie organizzazioni autonome, di cui egli stesso si serviva. Si deve all'instancabile attività di questi organi ausiliari se la rete cospirativa poté funzionare efficacemente fino alla Liberazione. I primi organismi ausiliari del CLN imperiese, costituiti nella primavera del 1944, furono la squadra politica e finanziaria, ed il gruppo di collegamento e staffette. La costituzione di tali organi coincise con il riconoscimento del CLN di Imperia quale organo di Governo per la Provincia, riconoscimento che il CLN di Genova fece pervenire, su autorizzazione del CLN Alta Italia, nei primi giorni di aprile 1944. La costituzione della squadra politica e finanziaria, e del gruppo collegato a staffette, si rese necessaria
per il continuo accrescersi dei bisogni inerenti alla lotta partigiana in montagna e a quella clandestina nei centri della Provincia.
Infatti con la costituzione definitiva della IX Brigata d'assalto Garibaldi (metà giugno 1944) sulle montagne dell'entroterra, sotto il comando di Nino Siccardi (Curto) ed il commissario Libero Briganti (Giulio), brigata elevata poi il primo luglio successivo a II Divisione d'assalto Garibaldi "Felice Cascione", si rese opportuno un collegamento regolare ed efficiente con la montagna, non solo, ma anche un intensificato invio di danaro, viveri, armi, munizioni, vestiario e medicinali, e l'organizzazione di un vero e proprio servizio d'informazione (SIM), diretto da uomini preparati a questo compito, essenziale per lo sviluppo ulteriore di una lotta fatta principalmente di colpi di mano, sorprese, agguati.
Francesco Biga e Ferruccio Iebole (a cura di Vittorio Detassis), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria) - vol. V, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016 
 
I C.L.N. locali con l'approssimarsi della fine del 1944 avevano suddiviso il territorio di competenza della I^ Zona Operativa Liguria in tre parti. La "A" comprendeva il territorio da Ventimiglia (IM) a Santo Stefano al Mare (IM), comprese  tutte le vallate. La "B" i paesi tra Imperia e Cervo (IM) e vallate. La "C" riguardava il territorio tra Andora (SV) ed Albenga (SV).
I Comitati di Liberazione Nazionale, benché clandestini e perseguitati, si prefiggevano l'obiettivo di condurre con ogni mezzo la lotta per la liberazione di tutto il territorio occupato, cooperando con le squadre di montagna e supportandole con apporti di tipo economico, logistico e politico-militare.
I C.L.N. locali si facevano, inoltre, carico, della propaganda antifascista, di aiutare le famiglie dei combattenti partigiani e di raccogliere notizie sugli spostamenti delle truppe nazifasciste.
Il C.L.N. di Sanremo (IM), avendo, come sottolineato poco sopra, il proprio raggio d'azione dalla frontiera con la Francia a Santo Stefano al Mare (IM), intrattenne rapporti quasi giornalieri con il comando della II^ Divisione "Felice Cascione". E furono molto stretti anche i rapporti tra il  CLN di Taggia (IM) con il comando del III° Battaglione "Candido Queirolo" della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

martedì 22 agosto 2023

Quella mattina anche noi nel rifugio avevamo sentito alle 8.40 le prime raffiche di mitraglia forti e vicinissime

La zona di Testico (SV). Foto: Eleonora Maini

"Che sarebbe stato se il nemico fosse riuscito a colpire [n.d.r.: a Testico (SV), il 15 aprile 1945] Giorgio [n.d.r.: Giorgio Olivero, comandante della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] o Pantera [n.d.r.: Luigi Massabò, vice comandante della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"], a scoprire la sede del Comando catturando documenti e materiale? Come si sarebbe ripresa la Bonfante in pochi giorni, ora che l'azione decisiva sembra imminente?" Erano le domande che pose Mario [n.d.r.: Carlo De Lucis, commissario della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] nel pomeriggio di quel giorno. "Non ci ha insegnato nulla il disastro di Upega? Ricordate la circolare del Comando regionale di allora? E' mai possibile dopo un anno di lotta partigiana essere sorpresi? Così ad Upega, solo il caso e la fortuna vi hanno salvato oggi. Quando ieri sera ho chiesto chi voleva venire con me in rifugio non mi avete seguito. Vi pareva che fosse paura o eccesso di prudenza il non voler abbandonare ancora la tattica cospirativa. Avete visto. Non si tratta di paura o di coraggio, non siete padroni di esporvi senza ragione, le vostre vite sono troppo preziose per il movimento per sacrificarle per dormire in un letto".
Giorgio taceva, infatti non c'era nulla da opporre a quella requisitoria chiara ed inesorabile: il rifugio era stato costruito con ogni cura, era uno scavo di quattro metri per quattro, profondo due metri, rivestito di pietra, coperto di lamiera e di terra. Vi si accedeva per uno stretto corridoio la cui entrata era chiudibile con un cespuglio. La terra sopra il rifugio era coltivata. Nell'interno su telai in legno vi erano materassi per molte persone. Nelle pareti vi erano nicchie per le future radio trasmittenti. Come si vede si era ben lontani dalle umide tane in cui avevano vissuto per settimane i partigiani dei periodi più duri dell'inverno. Il rifugio era stato costruito da contadini cui il Comando aveva spiegato la delicatezza dell'incarico, l'alta prova di fiducia, le benemerenze che acquistavano nonché la possibilità di rappresaglie. Alcuni dei costruttori erano muti per sempre: erano tra gli ostaggi massacrati il giorno 15.
Se un appunto si può fare al rifugio era che era stato costruito troppo tardi. Il pericolo che gravava su Poggiobottaro era lo stesso che lo aveva minacciato da dicembre, da quando la circolare 23 aveva raccomandato la costruzione dei rifugi. Era ovvio che, dopo averne fatto a meno per tanti mesi, nel clima di euforia della primavera se ne sentisse meno la necessità. Io però l'avevo pensata diversamente. Tutte le volte che avevo dovuto dormire a Poggiobottaro mi ero trovato a disagio e mi era parso saggio, dato che dopo tanto un rifugio c'era, servirmene quella sera assieme a Mario.
Forse la situazione era migliorata, un attacco nemico poco probabile, ma non mi sarebbe piaciuto perdere alla vigilia della fine una vita che avevo salvato attraverso tante peripezie.
Quella mattina anche noi nel rifugio avevamo sentito alle 8.40 le prime raffiche di mitraglia forti e vicinissime. Eravamo rimasti stesi sui nostri materassi senza parlare, senza poter fare nulla. Fino alle 9.15 a brevi intervalli avevamo udito colpi, spari isolati ed altre raffiche. Chi soffriva di più era Sergio Sibelli del C.L.N. di Alassio che non pareva abituato ai rumori della guerra. "Come fate voi a restare calmi. Io vorrei non essermi mosso da casa", mi sussurrava a bassa voce. "E' questione di abitudine. Io è la prima volta che sento sparare sentendomi quasi al sicuro", gli risposi e aggiunsi "Non riuscirei invece a dormire come fate voi, in città con armi e manifestini nascosti in casa, sapendo che una spia potrebbe farmi prendere a letto".
Uscimmo alle 13.30 quando gli spari erano cessati e qualcuno da fuori si ricordò di noi e venne ad avvertirci.
L'incursione di Testico aveva rivelato che la potenza della Wehrmacht era al tramonto. Lo spionaggio del disertore tedesco e la conseguente condanna delle persone che ci avevano aiutato, se erano state condotte con abilità e prontezza, non raggiunsero, però, lo scopo che forse il nemico si riprometteva. La rapidità dello sgombero, l'essersi coperti con i civili, la mancanza di un bando, di un annuncio qualunque che dessero alla strage il carattere di una condanna, la brutalità stessa dell'esecuzione che dilaniò i cadaveri con proiettili esplosivi, diede all'azione un carattere di rabbiosa vendetta più che di giustizia, fu un gesto da banditi che rivelava una grave debolezza. I tedeschi per esercitare la loro legge dovevano adottare ormai anche loro i metodi che noi impiegavamo da tempo in Riviera, segno che la supremazia della loro forza si avvicinava al tramonto. In più noi portavamo, quando possibile, i colpevoli nelle nostre vallate per sottoporli a giudizio, mentre essi se ne erano coperti per sfuggire ai nostri colpi.
Non essendoci state né imboscate, né attacchi partigiani nei dintorni dagli abitanti la strage fu considerata un terrorismo selvaggio ed impotente. Ci si ricordava che il disertore tedesco aveva ordinato direttamente alle vittime di aiutare i malati partigiani quando era stato con noi, ciò aumentava ancora il risentimento e porterà in seguito la popolazione a tentativi di linciaggio di prigionieri da noi catturati.
I civili in preda al terrore abbandonarono i paesi della Val Lerrone passando le notti all'aperto, gli uomini chiedevano armi per unirsi a noi e difendere la loro vita, tornava così ad un anno di distanza il morale che aveva creato le bande locali. Il terrorismo nemico rendeva di nuovo i civili solidali con noi spingendoci alla lotta.
L'evolversi della situazione sui grandi fronti e la possibilità che incursioni nemiche contro la popolazione abbiano a ripetersi impongono ai partigiani un atteggiamento più deciso. L'opinione pubblica, orientata nettamente in nostro favore, l'afflusso continuo di nuove reclute e l'alto morale degli uomini decidono il Comando ad estendere il controllo finora limitato alla zona a sud della Val d'Andora a tutto lo spazio tra la «28» ed il mare. Dapprima si eliminerà il diaframma della Val Lerrone, poi collegheremo tra loro le bande creando uno schieramento quasi continuo sui due fronti della «28» e dell'Aurelia. I compiti verranno suddivisi tra le Brigate i cui effettivi sono in continuo aumento e dovrebbero già ora essere sufficienti.
Il timore delle rappresaglie nemiche non ci trattiene più: le popolazioni esasperate dal terrore e dalla vita nei boschi ci chiedono quando finirà quella situazione perché le notti passate all'aperto sono ancora fredde: "Per voi è appena cominciata, noi è più di un anno che facciamo questa vita", rispondiamo. "Ormai il tempo è buono, non abbiate paura, si può tirare avanti anche per dei mesi".
Una nostra occupazione sarebbe accolta con favore perché ormai ci ritengono in grado di respingere eventuali attacchi nemici.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 239-241
 
[...] Poco prima della Liberazione, il 15 aprile 1945, l’eccidio in assoluto più cruento, a Testico, nel quale perdono la vita 27 persone. All’alba di domenica due colonne tedesche giungono a Ginestro, frazione di Testico, per dare inizio a un rastrellamento: i militari catturano una ventina di civili, uomini e donne sorpresi nelle loro case, e li legano con corde. Poi, proseguendo la marcia, uccidono senza apparente ragione un contadino al lavoro. Alle 8.00, arrivati nei pressi della chiesa, irrompono nell’edificio, catturano altre persone e pongono tutti gli ostaggi lungo un muro sotto la sorveglianza di un soldato. Il resto della truppa, in parte, prosegue con il rastrellamento che porterà alla cattura di altri ostaggi; in parte si dirige verso Poggio Bottaro. Intorno alle 9.00 un gruppo di partigiani, dalla vicina frazione di Santa Maria di Stellanello, spara sui tedeschi permettendo a 3 degli ostaggi di fuggire. In risposta, i tedeschi tornano verso la chiesa, si appostano presso l’osteria del paese e catturano altri 3 contadini di Torria. Infine, la colonna riparte con i prigionieri al seguito. Durante la marcia, si arresta presso la frazione Zerbini per catturare altri ostaggi. L’ultima tappa è Costa Binella ove avviene la selezione dei progionieri. Vengono rilasciati 3 giovani di Ginestro, 4 donne e 4 ragazze. Queste ultime verranno poi condotte al carcere di Imperia, sottoposte a interrogatori e paestaggi e rilasciate almeno una dozzina di giorni dopo. Restano in mano ai tedeschi 27 persone: 25 uomini e 2 donne che vengono separate dagli altri prigionieri, seviziate e uccise a colpi di baionetta. I 25 uomini, legati 2 a 2 col fil di ferro, sono falciati a colpi di mitragliatrice. Dopo il massacro, i corpi risultano irriconoscibili [...]
Andrea Chiovelli, Quando i tedeschi massacravano i savonesi: ecco le 49 stragi che insanguinarono la provincia, IVG, 11 aprile 2016
 

lunedì 19 giugno 2023

Quando i partigiani sono ormai fuori tiro, il nemico si libera degli ostaggi ormai inutili

Testico (SV). Fonte: Mapio.net

Mentre oltre la "28" si attendeva il lancio, verso il mare la vita continuava normale. Se a nord della Val Lerrone la zona pareva priva di partigiani ed i Comandi brigata con gli uomini rimasti continuavano la vita clandestina, nella Val d'Andora il Comando brigata era tornato all'aperto e si era installato a San Gregorio, dove arrivavano staffette e borghesi. L'avere di nuovo un punto di riferimento, un Comando di brigata efficiente, rialzava il morale di tutti, facilitava la ripresa. Pur essendo rimasti in pochi in attesa di quei del lancio, la fiducia che tra poco sarebbero stati più forti ricreava nella Val d'Andora un ambiente che da mesi era scomparso. Anche nei contadini, nei civili la fiducia tornava ed i partigiani erano di nuovo chiamati patrioti.
La polizia della I Brigata non si limitava a compiti militari: un vecchio con un sacco di maglioni e pantaloni bagnati venne arrestato ed interrogato. Affermò di essere caduto in acqua nella zona del Pizzo d'Evigno, mentre in tutta quella zona non c'era che una misera fontanella. Affermò di conoscere "Mancen" [n.d.r.: Giuseppe Gismondi, comandante della I^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"], ma non lo riconobbe mentre era proprio interrogato da lui. "Mancen" lo ritenne colpevole e, prima di partire per la zona del lancio, lasciò l'ordine di fucilarlo. "Federico" [Federico Sibilla, commissario della I^ Brigata] fece condurre il prigioniero a Stellanello e lo lasciò legato sulla piazza con la refurtiva ai piedi: se qualcuno avesse riconosciuto come sua la roba l'avrebbe potuta ritirare e noi avremmo fucilato il vecchio come ladro. Nessuno, nemmeno dopo qualche giorno, si presentò a rivendicare il suo. Invitammo i parroci dei paesi vicini ad avvertire i fedeli: nemmeno così ottenemmo nulla; allora il vecchio venne liberato e gli indumenti distribuiti ai partigiani. Il furto era stato consumato a Degna dove gli indumenti, lavati, erano stesi ad asciugare. Solo per caso ne venni informato ed avvertii io gli interessati che il ladro era stato trovato e ormai rilasciato. Qualche maglione lo restituii io, per gli altri i borghesi preferirono rinunciare piuttosto che sobbarcarsi qualche ora di marcia fino a San Gregorio. L'opinione pubblica cominciò a poco a poco a considerarci non più come esseri braccati e fuggiaschi, ma come una realtà organizzata ed efficiente.
Il Comando della Bonfante rientrò a Poggiobottaro il 9 aprile 1945. le varie squadre raggiunsero le rispettive bande portando il prezioso materiale del lancio e la notizia del pieno successo.
Il morale migliorò ancora; se il Comando divisionale continuava la tattica clandestina, facendo anzi costruire a Poggiobottaro un rifugio sotterraneo per la missione alleata e gli apparecchi radio trasmittenti, il cui arrivo si annunciava imminente, le bande invece ritornavano quasi ovunque  al vecchio inquadramento estivo. Venivano ripresi i pattugliamenti ed i servizi di guardia, le squadre tornavano a riunirsi, le nuove reclute continuavano ad affluire, si riprendeva la tattica dell'offensiva ad oltranza.
Col miglioramento del morale i partigiani acquistavano una maggior sicurezza, le montagne a poco a poco tornavano verdi.
"Vedi quei cespugli, quelle foglie che spuntano" mi diceva Mala una sera a Ranzo, "quella è per me la miglior propaganda. Non sono le notizie radio o le avanzate americane ad alzarmi il morale, è la primavera, sono le foglie che non tradiscono mai".
Ed infatti arbusti e cespugli offrivano mille rifugi lungo mulattiere e sentieri; le staffette tornavano a circolare, sicure che vaste zone interne erano di nuovo sotto il nostro controllo. Non è ormai lontano il giorno in cui, bloccati gli accessi delle principali vallate, appoggiate le bande l'una all'altra potremo avere uno schieramento organico come ai tempi di Rezzo e Piaggia senza la tensione e la precarietà degli schieramenti realizzati per difendere i lanci. L'intenzione di attaccare le colonne nemiche che si avventurassero nella nostra zona torna a manifestarsi. Operando congiuntamente con varie bande avremmo potuto infliggere al nemico duri colpi, obbligarlo per l'avvenire a rinunciare alle puntate per noi micidiali, obbligarlo a tornare ad operare con colonne numerose e pesantemente armate che, operando sulle carrozzabili, mancavano del fattore sorpresa e e potevano minacciarci solo saltuariamente.
Le maggiori cure del Comando divisionale vennero rivolte alla I Brigata mentre le altre subivano un rimaneggiamento dei quadri, entrando cosi in una nuova crisi di assestamento.
La I con le cinque bande schierate nella Val d'Andora era destinata ad un compito di primo piano essendo la più vicina alla costa. Il morale più alto, l'armamento ed il comando migliore facevano inoltre sperare al comando divisionale di avere un valido appoggio nel caso che il nemico attaccasse Poggiobottaro.
Dopo il lancio le bande della I estesero la zona occupata includendovi le valli di Cervo e di Diano. Il plastico esplosivo avuto col lancio venne provato da "Stalin" [n.d.r.: Franco Bianchi, comandante del Distaccamento "Giovanni Garbagnati" della I^ Brigata] sul ponte di Chiappa la cui distruzione avrebbe reso più lento un eventuale attacco nemico.
Il 10 aprile due partigiani in missione a S. Bartolomeo del Cervo affrontano due tedeschi in una abitazione privata nel tentativo di disarmarli. Il sopraggiungere di rinforzi obbliga i due garibaldini alla fuga; per potersi sganciare fanno fuoco sul nemico ferendo un tedesco ed uccidendo l'altro. Otto ostaggi borghesi catturati poco dopo vengono fucilati per rappresaglia. Un tentativo partigiano di liberare i prigionieri viene impedito dalla popolazione che teme nuove ritorsioni. Il giorno dopo il nemico passa al contrattacco: colonne tedesche salgono dal mare verso Tovo e Villa Faraldi. I partigiani del "Garbagnati", che erano attestati alle Fontanelle sopra Villa Faraldi, ripiegano in cresta apprestandosi a sostenere l'urto avversario.
I tedeschi da Villa puntano sulle Fontanelle, incendiano il casone, poi avanzano verso la cima venendo a trovarsi sotto il fuoco intenso dei nostri. La lotta è accanita e lunga: i tedeschi dal basso devono avanzare allo scoperto, in salita. I primi tentativi costano loro perdite sanguinose, poi fanno entrare in azione i mortai. I colpi cadono ritmici sulla cresta e sull'altro versante, il "Garbagnati" sotto la nuova minaccia ripiega.
Dalla Valle d'Andora frattanto il "Piacentini" [altro distaccamento della I^ Brigata] è partito in aiuto ai compagni. Non era conforme alle tradizioni della guerriglia accorrere dove il nemico attaccava, pure dopo tanti mesi una banda si è mossa in direzione degli spari: "Simon" [n.d.r.. Carlo Farini, già ispettore della I^ Zona Operativa Liguria, alla data corrente aveva già assunto un incarico clandestino regionale] ne sarebbe stato contento.
La manovra non è coordinata e pertanto è destinata all'insuccesso: i tedeschi ormai occupano la cresta, il "Garbagnati" ripiega per un'altra via e non incontra i rinforzi che salgono.
Le nuove reclute partigiane hanno il battesimo del fuoco in condizioni di assoluta inferiorità e devono sganciarsi rapidamente. Poco dopo anche i tedeschi ripiegano.
Da parte nostra uno solo manca all'appello: Antonio, il tedesco che era nel "Garbagnati". Diamo poca importanza alla cosa che invece avrà dopo pochi giorni conseguenze tragiche. Ignoriamo l'ammontare delle perdite nemiche.
Lo scontro del giorno 11 ha dato ai partigiani la misura della loro forza. Siamo ormai effettivamente forti abbastanza per poter affrontare e bloccare per qualche tempo il nemico sul nostro terreno.
Il morale migliora ancora dopo lo scontro, torna la fiducia ed il desiderio di misurarsi coi tedeschi anche in forti nuclei: potremo di nuovo contendere al nemico la terra che torna nostra.
Cacciato dalle Fontanelle bruciate, il "Garbagnati" si trasferisce a S. Damiano presso il M. Agnese di nuova formazione. Stalin persiste a non voler presidiare Tèstico, tranne questo punto però tutta la Val d'Andora è sotto il controllo partigiano cosicché anche il Comando divisionale si sposta a S. Gregorio assieme al Comando brigata. Giungendo dalla Val Lerrone o dal mare in Val d'Andora par di essere tornati ai tempi di Rezzo o di Piaggia.
Nelle altre vallate però il nemico mantiene ancora l'iniziativa. Il 13 una colonna fascista e tedesca piomba di notte a Ranzo e a Borghetto, preleva il segretario comunale sospetto di aver aiutato i ribelli e, dopo un rapido interrogatorio accompagnato da percosse, esasperati dai continui dinieghi, lo uccidomo gettando il suo corpo nel fiume.
La moglie dell'intendente Firminio, pur essa ricercata, riesce a stento a salvarsi.
Il 15 i tedeschi tentano un colpo che può riuscire grandioso: l'attacco alla sede del Comando Divisionale che la sera del 14 è rientrato a Poggiobottaro.
"Mario" [Carlo De Lucis, commissario della Divisione Bonfante], io ed uno del C.L.N. la notte tra il 14 ed il 15 dormiamo nel nuovo rifugio. Pensiamo che Tèstico è sempre sgombero e Poggiobottaro è fuori dalla zona controllata dalla I Brigata, gli altri, fiduciosi nella vicinanza delle bande di S. Damiano, si fermano in sede. A Ginestro il recapito staffette, che dopo il rastrellamento del 21 marzo, funziona saltuariamente ed è spesso assente, non è in grado di dare l'allarme.
Alle 8,30 del 15 aprile i tedeschi, occupata Ginestro, spingono colonne su Tèstico e Poggiobottaro. Raffiche di mitraglia improvvise e vicinissime destano "Giorgio" [n.d.r.: Giorgio Olivero, comandante della Divisione Bonfante] e "Pantera" [Luigi Massabò, comandante della Divisione Bonfante] che che sono ancora a letto. La sede del Comando è in una casa alla periferia del paese, in pochi istanti i due comandanti, seguiti da qualcuno del S.I.M., sono all'aperto, ma il nemico li scorge e fa fuoco su di loro. Correndo tra ulivi e cespugli, salvandosi con balzi improvvisi, "Giorgio" e "Livio" [Ugo Vitali, responsabile SIM della Divisione Bonfante] passano tra le pallottole nemiche. Pantera, ripetendo il gesto di Ginestro, cammina in piedi mormorando preghiere mentre la mitraglia nemica cerca inovano di colpire quel bersaglio visibilissimo.
Quando i nostri sono ormai fuori tiro i tedeschi, che già hanno preso ostaggi a Ginestro, catturano qualche uomo a Poggiobottaro, poi si spingono su Tèstico mitragliando la piazza della chiesa per impedire ai civili che stanno uscendo da Messa, di mettersi in salvo.
Occupato il paese fu visto Antonio, il tedesco, che era stato col "Garbagnati", guidare i compagni casa per casa facendo arrestare le famiglie che, per suo invito, avevano prestato aiuto ai partigiani malati e feriti. La caccia all'uomo è brevisima: i tedeschi temono la reazione partigiana.
"Tenete duro se vi attaccano" -  aveva promesso a "Giorgio" "Mancen" - "vi dò la mia parola che verrò con i miei uomini". "Giorgio" dalla cresta dove è appostato sente con emozione le raffiche di mitraglia di quelli della I Brigata, Mancen  non aveva promesso  invano.
Quando alla testa del "Garbagnati" "Mancen" entra correndo in Tèstico i tedeschi hanno già sgomberato il paese portandosi dietro una trentina di ostaggi. I garibaldini continuano l'inseguimento: il nemico pagherà cara l'incursione. Agganciati sulla via di Ginestro dalle mitraglie partigiane i tedeschi in ritirata si coprono con gli ostaggi. Nel trambusto un prigioniero riesce a fuggire, ma i tedeschi raggiungono il loro scopo: Mancen deve sospendere il fuoco permettendo ai tedeschi di ripiegare al sicuro verso Cesio.
Prima di lasciare la Val Lerrone, quando i partigiani sono ormai fuori tiro, il nemico si libera degli ostaggi ormai inutili: una lunga raffica di mitraglia ed i trenta civili cadono uno sull'altro fulminati venti metri sotto la strada mentre si avviavano verso casa.
Il colpo di Tèstico rivelò gli errori partigiani e la gravità della situazione nemica. Se da parte nostra senza perdite eravamo riusciti a porre in fuga per la prima volta dopo mesi un forte nucleo nemico penetrato nel nostro territorio, dobbiamo riconoscere che il massacro degli ostaggi, di quelli ostaggi, è imputabile, almeno indirettamente ai due errori di Stalin. Il primo era l'aver rifiutato di fucilare il disertore tedesco come era costume partigiano di fare, concedendogli anche la libertà di osservare e fuggire. Il secondo era stato il rifiuto di occupare Tèstico che aveva dato al nemico il tempo e la possibilità di conoscere e colpire quanti ci avevano appoggiato.
E' difficile però giudicare se Stalin avrebbe potuto resistere, tenere Tèstico per il tempo necessario all'arrivo dei rinforzi e se, nel caso avesse dovuto sgomberare il paese sotto l'attacco nemico, Tèstico sarebbe stato incendiato e distrutto. E' però ragionevole supporre che il "Garbagnati" avrebbe potuto tenere.
Quale era stato l'obiettivo dell'azione nemica? Sapevano i tedeschi che il Comando partigiano era a Poggiobottaro? Le notizie che ci aveva mandato il comandante delle Brigate Nere di Alassio ci portano ad escluderlo. Ad Alassio si sapeva che forti nuclei partigiani della Brigata "A. Viani" operavano in quel di Stellanello, che un altro gruppo comandato dal tubercolotico Boris unito a bande dell'ebreo Martinengo operava in quel di Alto. "A. Viani" era il nome della banda di Russo mentre "Boris" [Gustavo Berio, vice commissario della Bonfante], un giorno che aveva la tosse, aveva detto scherzando nella trattoria di Nasino che gli restavano pochi mesi di vita. Evidentemente qualcuno aveva udito e riferito. D'esistenza di un Comando importante a Poggiobottaro pareva quindi che il nemico non fosse informato. Era stato prudente basarsi su questa informazione isolata e regolare su tale fiducia la tattica del comando?
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 232-239 

All’alba di domenica 15 aprile 1945 (la seconda dopo la Pasqua) due colonne tedesche muovono da Cesio e da Vellego verso il piccolo centro abitato di Ginestro, frazione di Testico, ove giungono alle sette del mattino per dare inizio al rastrellamento. I militari catturano una ventina di civili, uomini e donne sorpresi nelle loro case, e li legano con corde. Poi, proseguendo la marcia, uccidono senza apparente ragione un contadino al lavoro. Alle 8.00, arrivati nei pressi della chiesa, irrompono nell’edificio, catturano altre persone e pongono tutti gli ostaggi lungo un muro sotto la sorveglianza di un soldato. Il resto della truppa, in parte, prosegue con il rastrellamento che porterà alla cattura di altri ostaggi; in parte si dirige verso Poggio Bottaro. Intorno alle 9.00 un gruppo di partigiani, dalla vicina frazione di Santa Maria di Stellanello, spara sui tedeschi permettendo a 3 degli ostaggi di fuggire. In risposta, i tedeschi tornano verso la chiesa, si appostano presso l'osteria del paese e catturano altri 3 contadini di Torria. Infine, la colonna riparte con i prigionieri al seguito. Durante la marcia, si arresta presso la frazione Zerbini per catturare altri ostaggi. L'ultima tappa è Costa Binella ove avviene la selezione dei progionieri. Vengono rilasciati 3 giovani di Ginestro, 4 donne e 4 ragazze. Queste ultime verranno poi condotte al carcere di Imperia, sottoposte a interrogatori e paestaggi e rilasciate almeno una dozzina di giorni dopo. Restano in mano ai tedeschi 27 persone: 25 uomini e 2 donne che vengono separate dagli altri prigionieri, seviziate e uccise a colpi di baionetta. I 25 uomini, legati 2 a 2 col fil di ferro, sono falciati a colpi di mitragliatrice. Dopo il massacro, i corpi risultano irriconoscibili. Nel pomeriggio della domenica e nel giorno successivo, quando i compaesani raggiungono Costa Binella per cercare di identificare le vittime, per riconoscerle devono ricorrere al loro abbigliamento (Armando Zerbone e Leonardo Arduino ricordano di aver riconosciuto i rispettivi padri “solo dalle scarpe”).
Chiara Dogliotti e Giosiana Carrara, Episodio di Testico 15.04.1945, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia

venerdì 26 maggio 2023

Arrestato il 22 aprile 1944 a Pieve di Teco con un altro dalle SS tedesche

Pigna (IM)

Al posto di sbarco di Voltri arrivava nel febbraio del ’44 [il 1° febbraio] una prima missione capitanata da un certo Siro [Cavallino Italo, tenente del genio guastatori] con un istruttore di sabotaggio portante il nome di Annibale [Bellegrandi Nino, sottotenente di artiglieria] (che fu poi fucilato dalle S.S. [a Cravasco]) e dal R.T. Biagio [Balestri Secondo, sottocapo r.t.]. Siro e il R.T. furono avviati nella zona di Mondovì e messi a disposizione della organizzazioni partigiane del Basso Piemonte alle dipendenze dell’ufficiale di collegamento responsabile di zona Repetto; l’Annibale tenuto a disposizione ed utilizzato in vari settori (anche a Genova città) come istruttore di sabotaggio. La missione era denominata LLL2-CHARTERHOUSE, proveniva da Bastia con un MAS italiano e operò, fino all'arresto di “Siro” avvenuto il 13 marzo 1944, comunicando alla base informazioni per i lanci di rifornimenti alle formazioni operanti in Val Pesio, Val Ellero, Val Corsaglia e Val Casotto. “Biagio” fu arrestato il 22 aprile, fu costretto con le minacce e le torture a trasmettere alla base false notizie date dai tedeschi, ma riuscì a cambiare alcuni gruppi cifrati ed a far capire, in questo modo, di essere in mano delle SS. Riuscì a fuggire il 31 luglio e a riprendere contatto con i partigiani garibaldini operanti nella zona nord della provincia di Imperia. Verso la metà di settembre [nd.r.: in effetti, ai primi di ottobre 1944, previa consultazione con i partigiani della Divisione Cascione, che stavano difendendo la Libera Repubblica di Pigna e che aiutarono quella missione, accompagnata anche da altri partigiani del Cuneese e da piloti ed avieri alleati, sfuggiti ai tedeschi, il cui capo, Lees, preferì per arrivare alle linee amiche procedere a dividerla in tre gruppi, che seguirono tre diversi itinerari], attraversò il confine con la Francia insieme al capitano Michael Lees, comandante della missione FLAP2-BARSTON, e da Avignone, in aereo tornò a Bari il 15 settembre 1944. A Balestri è stata conferita la Medaglia d’argento al valor militare…
Antonio Martino, L’attività di intelligence dell’Organizzazione OTTO nella relazione del prof. Balduzzi, pubblicato su Quaderni savonesi. Studi e ricerche sulla Resistenza e l’età contemporanea dell’
Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea della Provincia di Savona, n. 24, Savona, 2011
 
Giorgio, Giorgio I, poi Cis, Alpron a dicembre 1943 fu presente ad Alto (CN), in quanto attivo nei collegamenti con Mauri, Enrico Martini, con il servizio Lanci dell'Organizzazione "Otto". Passò, poi, a militare nelle formazioni garibaldine della I^ Zona, nelle quali diventò in seguito capo di Stato maggiore della  I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante". Giorgio Caudano ha rintracciato presso l'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia due relazioni scritte a suo tempo da Giorgio Alpron, una in particolare molto dettagliata sulla Missione Otto: in quest'ultima emergono soprattutto tracce inedite sulla fine dell'organizzazione Otto: "[...] gli Alleati questi pretesero da 'Amilcare' informazioni militari e ferroviarie ma gli inibirono di interessarsi ai collegamenti Partigiani con nostro mezzo, benché li avessimo fatti avvertire della nuova situazione, dell'arresto di 'Biagio' [Secondo Balestri]". Nella testimonianza di Balestri, che era riuscito a fuggire dall'ultima sua prigionia, a raggiungere i garibaldini della I^ Zona Liguria che avevano in quel periodo liberato Pigna e ad aggregarsi all'esfiltrazione in Francia del gruppo del capitano Lees, si può, invece, leggere: "del tradimento di Pagani, Di Fiori e Cottini [...] mentre Silvia Roggero lasciò Genova con me solo in Agosto [del 1944] quando l'assoluta inutilità di ogni mio tentativo di ulteriori collegamenti con gli Alleati, ormai compiuti da solo perché anche Lodigiani era stato arrestato, mi convinsero a lasciare il lavoro clandestino per riprendere il mio posto fra i Partigiani della 1° zona operativa in Liguria [...]".
Adriano Maini
 
In arrivo - LLL 2 N. 26 - Da comando valle Pesio alt Avevamo chiesto che Biagio [Secondo Balestri] rimanesse con noi per evitare che con l'eventuale ritorno di Siro fosse trasferito in altro luogo alt Il posto più sicuro per lui et radio est qui in alta montagna inaccessibile ed ben protetto dalle nostre forze ormai ben armate et munizionate in seguito vostri preziosi lanci alt Sarebbe grave imprudenza viaggio di Biagio at Genova così pure sarebbe assai pericoloso in questo momento eseguire trasmissioni da altro luogo alt. Vi facciamo presente che pur essendo in alta montagna et per mezzo del nostro servizio informazioni potrà ancora rendervi prezioso servizio alt Dateci conferma se autorizzate sua permanenza qui alt Comando Valle Pesio alt. Ricevuto il 29 marzo 1944. NOTA del Capo-sezione: Consigliamo aderire - Preghiamo sempre che banda garantisca incolumità stazione non impegnando combattimento.
In arrivo - LLL 2 N. 28 - Da Comando Valle Pesio alt. Siamo ancora bloccati ma il nemico non osa attaccarci alt Continuiamo la preparazione difensiva alt Abbiamo avuto due scontri di pattuglie quattordici feriti al nemico alt Patrioti... un ferito alt Ricevuto lancio ringraziamo sentitamente abbiamo recuperato trentasette casse di viveri alt Vi preghiamo mandarci gallette scatolette carne duecento gavette inglesi cento zaini da montagna due mortai munizioni per mitragliatrice Bren razzi rossi et verdi cinque radio Wirelesse n. trentotto MK due et venti pile ricambio alt Banda Valle Grana chiede lancio urgente alt messaggi positivo "La terra est gelida" alt Negativo "La stufa fa fumo" alt Biagio. Ricevuto il 31 marzo 1944. NOTA del Capo-sezione: Bravo questo ragazzo ["Biagio", Secondo Balestri]
trascrizione di messaggi cifrati della missione CHARTERHOUSE (LLL 2) in Claudia Nasini, Una guerra di spie. Intelligence anglo-americana, Resistenza e badogliani nella sesta Zona operativa ligure partigiana (1943-1945), Tangram Edizioni Scientifiche, Trento, 2012
 
Nella ritirata raggiungemmo Upega, Salse, Valcona, Piaggia e Mendatica, dove tentai inutilmente di collegarmi con la base, posta la radio in una casa del paese. Il capitano Cosa divise il resto della banda in varie squadre e le inviò verso le Langhe dove operava il maggiore Mauri.
Dopo aver nascosto la radio ed i cifrari, il capitano Cosa, un suo uomo di fidcia, certo Gabriele ed io decidemmo di raggiungere Genova per rintracciare qualcuno dell'Organizzazione Otto ed Annibale.
In corso Buenos Ayres incontranmmo un certo "Giorgio [n.d.r.: verisimilmente il già citato Giorgio Alpron], scampato alla cattura, il quale ci consigliò di ritornare a recuperare la radio e continuare la trasmissione in luogo sicuro di sua conoscenza.
Il 20 aprile 1944 partii con Gabriele per Mendatica, da dove avrei dovuto trasmettere un messaggio scritto da Giorgio stesso.
In una casa ai "Ponti" di Pornassio (Imperia) tentai il collegamento senza riuscire a captare nulla. Pazienza! Ripartimmo a piedi, sempre io e Gabriele, per Albenga, dove il martedì mattina in stazione ci doveva atttendere Giorgio per condurci nel luogo sicuro cui aveva accennato.
Arrivammo a Pieve di Teco che imbruniva e prendemmo alloggio all'albergo "La Pace". Un delatore ci tradì e, mentre ci stavano appisolando in camere diverse, sentimmo aprire la porta e l'intimazione di "mani in alto". Era il maresciallo dei carabinieri, accompagnato dalla spia e da quattro carabinieri, tutti armati.
Secondo "Biagio" Balestri, La missione in valle Pesio 

"Biagio", arrestato il 22 aprile 1944, fu costretto con minacce e torture a trasmettere alla base false notizie date dai tedeschi, ma riuscì a cambiare alcuni gruppi cifrati e far capire, così, di essere in mano alle SS. Riuscì a fuggire il 31 luglio 1944 e a riprendere contatto con patrioti garibaldini operanti nella zona nord della provincia di Imperia. Verso la metà di settembre attraversò il confine con la Francia insieme ad un ufficiale inglese e da Avignone, in aereo, tornò a Bari il 15 settembre 1944 [n.d.r.: sulla data del rientro di Balestri vedere nostra precedente nota].
Claudia Nasini, Op. cit.

Il 29 settembre [1944] partiva pure Secondo Balestri (Biagio), unico salvatosi di una missione alleata denominata Charterhouse LLL 2, destinata alla Riviera Ligure di ponente ed al basso Cuneese che, partita il 15 gennaio 1944 da Brindisi, sbarcata sulla costa con mezzi navali, composta dai militari Italo Cavallino (Siro), Nino Bellegrandi (Annibale) e dal suddetto Balestri, dopo varie peripezie venne annientata. Biagio, arrestato il 22 aprile 1944 a Pieve di Teco con un altro dalle SS tedesche per delazione di un certo Santacroce, e torturato, fu costretto a trasmettere alla sua base messaggi preparati da un ufficiale tedesco di nome Reiter. Poi il 31 luglio riuscì a fuggire e a rifugiarsi presso il comando della V^ Brigata [“Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione“] a Pigna, dove rimase fino al 29 di settembre). Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III., ed. Amministrazione Provinciale di Imperia, 1977

Il maresciallo Reiter apparteneva al comando SD di Sanremo (IM), dove faceva da autista, dalla metà di marzo 1944 sino al termine della guerra, un certo Fioravante Martinoia, nato il 24 febbraio 1915 a Vallecrosia, il cui verbale di interrogatorio, in italiano, come persona in custodia alla Corte d'Assise Straordinaria di Sanremo, confluì in un documento, con data 2 giugno 1947, dell'OSS statunitense, antenato della CIA. Faceva da interprete in quella sede di Sanremo, più o meno dalla fine del 1944, anche un certo Ernest  Schiffereger, un italiano altoatesino, che aveva optato nel 1939 per la nazionalità tedesca ed era poi entrato nelle SS. Sia lo Schifferegger che il Martinoia, entrambi alla data del rapporto OSS ancora in custodia alla Corte d'Assise Straordinaria di Sanremo, resero tragiche ammissioni su diversi misfatti nazifascisti, compiuti in provincia di Imperia.
Adriano Maini

Reiter Giuseppe. Maresciallo delle SS; Comandante dell'ufficio di Sanremo [...] Ferrari, ex ufficiale dell'esercito, informatore di Josef Reiter a Sanremo. In seguito per falsa denuncia fu arrestato dalle SS. Età anni 40, alto 1,64, corporatura snella, capelli: completamente calvo.
Considerazioni dei curatori nel documento OSS già citato

Circa l'attività di Reiter e compagni ben poco posso dire in quanto il mio compito era strettamente quello di autista e non mi era permesso di entrare nell'ufficio se non per il tempo necessario a ritirare i fogli di marcia per la macchina [...] Per quanto riguarda le sevizie e torture che i tedeschi solevano fare nei riguardi degli arrestati, in coscienza debbo affermare che non ho mai assistito a scene del genere. Sentivo dire che alle volte quando gli arrestati non parlavano venivano menati. Io però non ho mai visto dei detenuti seviziati o che portassero i segni di percosse [...]
Fioravante Martinoia (ex autista delle SS di Sanremo), dichiarazioni in un verbale di interrogatorio, ripreso dal documento OSS citato

venerdì 14 aprile 2023

Caricato sui muli tutto il materiale, i partigiani della Bonfante lasciarono Viozène

Viozène, Frazione del Comune di Ormea (CN). Fonte: www.loquis.com

Giunto ad Alto il Comando divisione [VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] aveva raccolto altri effettivi della banda della II e III Brigata proseguendo ancora verso Nord. Malgrado le voci contrarie era ormai evidente che il lancio non poteva aver luogo vicino al nemico e che la meta era ormai chiaramente oltre la «28» [n.d.r.: strada statale del Col di Nava].
Attraversata la «28» a Cantarana [n.d.r.: Frazione di Ormea (CN)] le forze della Bonfante si spinsero su Viozène [n.d.r.: altra Frazione di Ormea (CN)] per riunirsi a forti gruppi della Cascione: obiettivo era la difesa del comune campo di lancio di Pian Rosso.
Se in Liguria era già primavera, a Viozène il clima era ancora rigido. Penosi furono quei giorni d'aprile [1945] per la scarsità di viveri ed il ritorno della neve.
I partigiani della Cascione dovettero lottare alle Fascette con la tormenta. I turni di guardia notturni erano estenuanti perché dalle cime del Mongioie scendeva un vento gelato e molti partigiani avevano già cambiato i logori abiti invernali coi pantaloni corti e le magliette estive. Quei giorni di attesa pesarono anche sugli animi più forti: Cimitero [n.d.r.: Bruno Schivo, capo di una squadra del Distaccamento "Filippo Airaldi" del Battaglione "Ugo Calderoni" della II^ Brigata "Nino Berio" della Divisione Bonfante] stesso si presentò al Comando chiedendo di poter rientrare in Liguria perché i suoi uomini con i vestiti che avevano non potevano andare più avanti. Cimitero in quei giorni aveva ingoiato per errore una discreta dose di pastiglie contro il sonno che gli alleati avevano mandato col primo lancio e da tre giorni era di umore nero non riuscendo a dormire. Giorgio [Giorgio Olivero comandante della Divisione Bonfante] gli rammentò l'importanza che aveva per noi la riuscita del lancio e la necessità di disporre per la protezione di forti bande e di uomini come lui. Cimitero rimase.
Quale era lo schieramento della Bonfante e della Cascione? Non lo sapemmo con sicurezza perché nessuna comunicazione ufficiale venne inviata ai partigiani rimasti in Liguria. La zona di Viozène comunque si prestava ottimamente per una difesa: pochi varchi conducevano nella valle incassata e quei pochi erano facilmente controllabili anche con pochi uomini, purché ben armati. La Cascione a quanto pare aveva effettuato un largo schieramento di sicurezza verso sud prendendo sotto controllo tutta l'alta Val Tanaro comprendendovi Upega, Piaggia, Monesi, S. Bernardo. Era all'incirca lo schieramento adottato in ottobre, pur ottenuto con effettivi più ridotti. Evidentemente, più che bloccare l'offensiva nemica con una difesa ravvicinata ad oltranza si contava di opporre una difesa elastica rallentando l'avanzata nemica per il tempo necessario. La Bonfante si pose a immediata difesa del campo di lancio controllando anche con elementi della Cascione l'accesso da Ponti di Nava, dove la minaccia era maggiore. La Bonfante controllava anche il Bocchino a Nord e Carnino ad ovest. Il piano di difesa era buono e idoneo per resistere ad un attacco da molti lati.
Finalmente il 6 aprile [1945] il sospirato evento avvenne. Giorgio mi raccontò bene quel momento: «Passeggiavo fra i fuochi con Robert Bentley [n.d.r.: capitano del SOE britannico, ufficiale di collegamento degli alleati con i partigiani della I^ Zona Liguria] ed alla mia osservazione sull'eventuale pericolo di ricevere qualcosa in testa mi rispose: "Impossibile! Il regolamento vieta i lanci senza paracadute: li vedremo in tempo". Pochi minuti dopo eravamo stesi dietro una roccia terrorizzati da una pioggia di materiale in discesa libera compresi fusti da duecento chili di esplosivo. In termine tecnico il pilota aveva effettuato un free drop. Il lancio questa volta era veramente importante: c'erano mortai, mitragliatrici pesanti, materiale esplosivo, munizioni. Tutto venne suddiviso tra noi e la Cascione». Giorgio ebbe da lamentarsi che «il personale italiano, addetto alla confezione dei lanci al campo, di Livorno, avesse sostituito nei containers le divise nuove con le loro usate e stracciate, il cacao con polvere insetticida, come rilevammo in tempo dall'odore e avesse riempito gli astucci da cannocchiale con cartaccia. Grande stupore sollevarono certe scatole con dentro un pranzo luculliano, incluso il dessert e le sigarette. Erano le razioni di emergenza dei nostri alleati».
Caricato sui muli tutto il materiale la Bonfante lasciò Viozène, si portò verso Rezzo e ripassò la statale in un punto imprecisato. La Cascione, che già aveva avuto a Pian Rosso due lanci, restò in attesa del 4°, che avverrà verso il 19 aprile. Solo quest'ultimo lancio verrà disturbato dai tedeschi che attaccarono da Ponti di Nava. Ormai era tardi ed i partigiani, riforniti dai lanci precedenti, erano in grado di resistere. L'attacco tedesco venne contenuto ed il  materiale salvato quasi tutto, poi anche la Cascione lasciò Viozène.
La reazione tedesca si scatenò nella Val Tanaro deserta, Valcona venne incendiata, ma dei partigiani non era rimasta traccia.
Mentre oltre la 28 si attendeva il lancio, verso il mare la vita continuava normale.
CORPO VOLONTARI DELLA LIBERTA'
ADERENTE Al C.L.N.
6a DIVISIONE D'ASSALTO GARIBALDI LIGURIA S. BONFANTE
STATO MAGGIORE DIVISIONALE
N° PRO.23
OGGETTO:  L.II° RELAZIONE
Al Comando Divisione
Giorno 2.3 45. Alle ore 14,30 sento il messaggio. Parto in tromba
vado a Leverone a Aquila e salgo in Alto e metto tutti in moto visto
che nessuno sa nulla. Passo da Fernandel,metto i suoi uomini
in postazione passo S. Giacomo mentre dalle altre parti metto borghesi
di guardia. Libero lo tengo sul    campo. Meassa non viene, la staffetta
borghese non lo ha avvisato. Alle 21.00 accendo i fuochi, alle
ore 21,45 dopo esser passati cinque aereoplani,arriva il nostro.
Ci fa il medesimo segnale morse che facciamo noi poi incomincia la
pioggia. Un solo apparecchio. Abbiamo tanta nebbia,però tutto
procede bene. Ad un tratto danno l'allarme,hanno visto una luce.
Faccio montare i Bren,caricare i caricatori. Idem per gli Sten.
I muli arrivano,sono immediatamente caricati e spediti da Fernandel
alle 24 avevamo sgomberato il campo. Libero rimane incaricato per
il rastrellamento. L'operazione è finita. Tutto ha funzionato bene.
Sono stanco morto.
Prego di farmi sapere se altri lanci avranno luogo. Se è possibile
continuare con lanci piccoli. Materiale da sabotaggio per ora basta.
Chiedere :  STEN - BREN - MUNIZIONI E CARICATORI S.ETIENNE.
Munizioni PARABELLUM RUSSO.
Portatemi per me almeno un silenziatore per STEN. Anche una
pistola col silenziatore
Stò meglio saluti
                IL CAPO DI STATO MAGGIORE

Nell'archivio di Ramon ho trovato il presente documento. Vi è descritto un lancio che sarebbe avvenuto a Caprauna il 2 marzo e sarebbe stato il II lancio. Poiché non si ricorda, né vi è traccia documentata di un lancio precedente ed il lancio del 13 marzo viene concordemente indicato come il lancio I, penso che vi sia uno sbaglio di data e che il 2-3.45 sia il 2-4.45.
I documenti del comando divisione indicano come Lancio II quello di Pian Rosso.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 230-232

28 marzo 1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - In considerazione del fatto che il campo di lancio scelto per la II^ Divisione offriva maggiori possibilità di ricezione per un grande lancio diurno, si reputava positivamente il fatto di trasferire per il momento parte della Divisione nella zona di lancio di Pian Rosso, mentre l'altra componente avrebbe dovuto attendere il lancio notturno già programmato [a Pian dell'Armetta nella zona di Caprauna (CN)]. Direttiva di effettuare sollecitamente il richiamato trasferimento, attesa l'imminenza del lancio.
31 marzo 1945 - Dal capo di Stato Maggiore ["Ramon", Raymond Rosso] della VI^ Divisione, prot. n° 19, al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Veniva comunicato che i preparativi per il primo lancio erano stati ottimi.
4 aprile 1945 - Dal capo di Stato Maggiore ["Ramon", Raymond Rosso] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 23, al comando della VI^ Divisione - Comunicava le modalità del secondo riuscito lancio alleato del 2 aprile 1945 a Caprauna: "alle ore 14.30 sento il messaggio. Parto in tromba, vado a Leverone e Aquila, salgo in Alto (CN) e metto tutti in moto visto che nessuno sa nulla. Passo da Fernandel [Mario Gennari, comandante della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" della VI^ Divisione], metto i suoi uomini in postazione a Passo San Giacomo, mentre dalle altre parti metto borghesi in guardia [...] Alle ore 24 il campo era completamente sgombero". Ramon concludeva [...] Allegava un elenco di materiale ricevuto, dove figuravano 13 mine, 200 bombe a mano, 4 Bren, 8 Sten, 19 bombe incendiarie, 17 detonatori e molte munizioni.
5 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione, prot. n° 310, al comando della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" - Emanate disposizioni per un nuovo lancio e per la condivisione, con la II^ Brigata "Nino Berio", del materiale ricevuto.
9 aprile 1945 - Dal comando del Distaccamento "Elio Castellari" della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della III^ Brigata - Inviava una dichiarazione della signora Giulia Capetti, in cui la donna sosteneva di essere stata rimessa in libertà dalla gendarmeria tedesca di Albenga alla condizione di fare arrestare il garibaldino "Cimitero" [Bruno Schivo].
da documenti IsrecIm  in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

lunedì 6 marzo 2023

Ai primi di aprile 1945 ero a Sanremo con il partigiano Salvatore Marchesi

Sanremo (IM): Via Corradi

Operavo di continuo tra la Francia e la costa italiana. Ai primi di aprile 1945 ero a Sanremo con il partigiano Salvatore Marchesi (fratello di Concetto, famoso latinista) e partecipai alla missione di spionaggio più significativa. In via Corradi, nei locali della drogheria Bronda, molto discretamente comandanti fascisti e tedeschi pianificarono la ritirata in previsione dell'imminente avanzata degli alleati. In una stanza attigua io e il Marchesi ascoltammo tutto. I capi fascisti chiesero insistentemente ai tedeschi di potersi ritirare per primi, così che, in caso fossero stati attaccati, i tedeschi avrebbero potuto scatenare la rappresaglia. Scopo della operazione era di indurre i partigiani a non ostacolare la ritirata dei fascisti per paura dei tedeschi. Per l'ennesima volta mi imbarcai a Vallecrosia per Le Petit Rocher, per mettere al corrente il comando alleato.  
Renzo Rossi in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia < Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale "Il Ponte" di Vallecrosia (IM)>, 2007

 
15 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 1/95, al CLN di Alassio - Scriveva che era necessario non accettare le proposte di organizzare squadre patriottiche avanzate dal signor Fustelli, in quanto persona non conosciuta e che, se fosse risultato agente nemico, era da arrestare immediatamente. 
 
28 marzo 1945 - Da "Carmelita" al C.L.N. di Sanremo - Segnalava che tra i più assidui informatori dei tedeschi vi era un certo colonnello Alberto Neri, abitante a Sanremo, invalido, ex combattente dell'esercito francese, in diretto contatto con il capitano "Frank" e che un'altra informatrice era una donna sudamericana di nome "Pegg", intima amica del Neri stesso.

28 marzo 1945 - Da "Pantera" [Luigi Massabò, vice comandante della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che forse la spia "Carletto" era rimasta misteriosamente uccisa ad Albenga...
 
29 marzo 1945 - Dal Comando Operativo della I^ Zona Liguria al comando del I° Battaglione "Mario Bini" della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Ordinava di procedere all'eventuale eliminazione fisica della spia prelevata dal battaglione a Quarzina.

29 marzo 1945 - Da "Boris" [Gustavo Berio, vice commissario della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" Comunicava che aveva processato due ragazzi inviati dalla Brigata Nera di Albenga; che il primo era stato fucilato; che il secondo, dissociatosi dalla missione di cui era stato incaricato, era stato aggregato alla formazione di "Fra Diavolo". Aggiungeva che la puntata tedesca tra San Calogero ed Ortovero fosse stata organizzata per recuperare la salma della spia di Ortovero, Richero.

29 marzo 1945 - Da "Dario" [Ottavio Cepollini] alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava, in riferimento alla lettera del SIM prot. n° 107 del 21 marzo 1945, che la signora Scialdema era "partita per ignota destinazione"; che si stava praticando "una stretta sorveglianza" sulla signora Maria Raffaello; che si sarebbe "provveduto a fare collaborare l'ex dottore delle bande nere" già catturato dai garibaldini...
 
30 marzo 1945 - Dal SIM [Servizio Informazioni Militari] [responsabile "S. 22", G.B. Barla] della I^ Zona Operativa Liguria al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Segnalava che occorreva procedere all'arresto della spia Seccatore (Coccodé), su cui si erano già date informazioni e che stava agendo a Molini di Prelà.

30 marzo 1945 - Da "K. 20" alla Sezione SIM [responsabile "Livio", Ugo Vitali] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Avvertiva che "in Diano Marina presso l'Albergo Edoardo si trovano 16 soldati, tra cui un ufficiale, con 12 moschetti e 4 mitra. Alla Prefettura di Imperia si trova una donna che funge da interprete: risulta facilmente corruttibile dal punto di vista sentimentale. Da Imperia il fratello di 'Pantera' [Luigi Massabò, vice comandante della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] comunica 5 nomi di spie che lavorano per le bande nere".

1 aprile 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 123, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed al comando della VI^ Divisione - Segnalava, rispetto al corso, di cui aveva già fatto cenno in un precedente rapporto, per la preparazione delle spie, istituito dalla Gestapo, che il medesimo era iniziato a metà marzo 1945, diretto dal capitano Maranzano; che partecipavano al corso Antonio Bracco, Gennaro Iacobone e Marchetti; che gli idonei al corso si sarebbero, poi, dovuti infiltrare nell'esercito alleato e prendere collegamenti con i tedeschi già insinuatisi in quelle file. ...

1 aprile 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 123 bis, al comando della VI^ Divisione ed al CLN di Alassio (SV) - Segnalava che il comando del Fascio Repubblicano era in possesso di un elenco di partigiani, consegnato dal maresciallo Gargano alle autorità repubblichine di P.S. e poi al Fascio e forniva i 29 nomi dei mentovati partigiani perché il CLN potesse avvertirli.

1 aprile 1945 - Da "Livio" [Ugo Vitali] responsabile S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della VI^ Divisione - Riferiva che ad Andora (SV) erano giunti 5 uomini, di cui forniva descrizioni fisiche e nomi, con il compito di indagare sui patrioti; trasmetteva le parole d'ordine del nemico valide per tutta la Liguria dal 1° al 16 aprile; comunicava i nomi di 3 soldati ricercati dai repubblichini in quanto disertori; avvertiva che due individui, appartenenti alle Brigate Nere e che parlavano bene francese, inglese e tedesco, erano partiti per la montagna con lo scopo di infiltrarsi tra i partigiani.

3 aprile 1945 - Dalla Sezione S.I.M. della VI^ Divisione, prot. n° 126, al comando della VI^ Divisione - Si segnalava l'individuazione della spia Rina Boero a Gazzo [Frazione di Erli (SV)].

7 aprile 1945 - Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria a "Gori" [Domenico Simi, comandante del III° Battaglione "Candido Queirolo" della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione"] - Il comandante "Gori" veniva invitato ad inviare a Genova a "Simon" [Carlo Farini, già ispettore della I^ Zona Operativa Liguria] una nota dettagliata ed obiettiva sul signor Bianchi, su cui si stava indagando da parte dello stesso Comando... 

12 aprile 1945 - Dalla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della II^ Divisione "Felice Cascione" alla sezione S.I.M. della V^ Brigata della II^ Divisione "Felice Cascione" - Si richiedeva di indagare su Nino Seccatore, detto Coccodé, presunta spia, aggiungendo che si rivolgeva alla Brigata in indirizzo, anziché alla IV^ ["Elsio Guarrini"], perché con quest'ultima erano quasi inesistenti in quel periodo i contatti.

13 aprile 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della I^ Zona Operativa Liguria ed al comando della II^ Divisione - Segnalava che l'ex garibaldino "Martellini", dopo essere stato arrestato dal nemico, "marcia in divisa da milite e mascherato" ed aveva anche l'incarico di trarre in trappola molti partigiani con l'invio di false lettere.
 
14 aprile 1945 - Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della II^ Divisione - Veniva comunicato che Bartali, sbarcato il giorno 11, stava proseguendo verso la zona della VI^ Divisione “Silvio Bonfante” per incontrare R.C.B. [capitano Bentley] e che il 20 avrebbe avuto luogo una riunione tra le formazioni garibaldine, R.C.B. e i CLN interessati. 
 
16 aprile 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" [responsabile, "Brunero" Francesco Bianchi], prot. n° 397, alla Sezione S.I.M. della II^ Divisione [responsabile "Achille" Francesco Martelli] - Comunicava che inviava il verbale di interrogatorio a carico di Alfredo Vido, fuggito il 9 aprile da Villa Ober di Sanremo dove era detenuto come prigioniero politico, e che il CLN di San Remo era stato incaricato di svolgere indagini suppletive su Vido.

16 aprile 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" [comandante "Mancen", Massimo Gismondi, vice comandante "Gordon", Germano Belgrano, commissario "Federico", Federico Sibilla, vice commissario "Loris", Carlino Carli] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione - Inviava i documenti di Ivo Panzani e di Francesco Idda, uccisi, durante un tentativo di fuga, da partigiani del Distaccamento "Giovanni Garbagnati".

da documenti IsrecIm  in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945)- Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999