venerdì 19 maggio 2023

Contrasti tra partigiani garibaldini e partigiani autonomi nei dintorni di Nava

La zona del Col di Nava, comune di Pornassio (IM). Foto: Mauro Marchiani

Giorgio (Giorgio I, poi Cis) Alpron a dicembre 1943 fu presente ad Alto (CN), in quanto attivo nei collegamenti con Mauri [Enrico Martini] e con il servizio Lanci dell'Organizzazione "Otto", come risulta da una sua memoria scritta (oggi documento IsrecIm, studiato da Giorgio Caudano). Passò, poi, a militare nelle formazioni garibaldine della I^ Zona, nelle quali diventò in seguito capo di Stato maggiore della  I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante". 
Adriano Maini

L’ordine di catturare i ribelli era stato emanato dal colonnello Paolo Ceschi “Rossi”, comandante locale che, con il suo attendismo, in pratica manteneva l’ordine nella zona per conto dei nazifascisti. Basti pensare che in quel periodo le caserme di Mondovì e Fossano, città controllate da tedeschi e repubblicani, erano presidiate da uomini agli ordini di Ceschi! Il colonnello aveva il controllo della zona Monregalese - Langhe fin dal convegno di Val Casotto del 24 ottobre 1943 (cui, con tutta probabilità, aveva preso parte anche l’avvocato Astengo, poche ore prima di essere catturato), in cui la mentalità attendistica degli ufficiali era stata aspramente criticata, fra gli altri, da un personaggio del calibro di Duccio Galimberti, un monumento della Resistenza azionista.
[...] Questa vicenda evidenziò una frattura mai del tutto ricomposta fra resistenti “rossi” e “azzurri”. Inoltre, insieme alla crescente impazienza dei partigiani “colpisti” decisi ad attuare una vera guerriglia contro il nemico, fu la causa della sfiducia del CLN regionale piemontese al generale Operti dell’ex Quarta Armata del disciolto Regio Esercito, che ebbe tra le sue conseguenze la rimozione dal comando del colonnello Ceschi, rimpiazzato dal maggiore Enrico Martini “Mauri”.
Stefano d’Adamo, Savona Bandengebiet - La rivolta di una provincia ligure ('43-'45), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 1999-2000

I partigiani locali, allora al  comando di Enzo Marchesi (col. Musso)  catturano alcune autorità fasciste  il 20 dicembre  1943 in  valle  Corsaglia  (CN).  Il  26  dicembre  giunge  a  comandare  il  gruppo il  maggiore  Enrico  Martini “Mauri”. Il 13 gennaio 1944 i tedeschi, con un ultimatum, chiesero la restituzione di “Sarasino, il criminale capo dell’OVRA. In caso di mancata restituzione i tedeschi minacciavano rappresaglie per il giorno dopo”. Mauri disse che i tedeschi bluffavano e non volle provvedere ad una maggiore difesa. Verso mezzogiorno i tedeschi  attaccarono  in  forze  quasi  tutti i partigiani dell’avamposto del Pellone, con alcuni abitanti, caddero nelle loro mani e furono trucidati.
Italo Cordero, Ribelle: Esperienze di vita partigiana dalla Val Casotto alle Langhe, dalla Liguria alle colline torinesi, tipografia Fracchia, Mondovì, 1991, pp. 56-57

Aldo Romei (Roma) fu dapprima per circa tre mesi con Martinengo  [Eraldo Hanau, comandante in seguito della 13^ Brigata 'autonoma' Val Tanaro del gruppo divisioni alpine guidato dal maggiore Enrico Martini 'Mauri'],  poi nel giugno, luglio e agosto 1944 con il capitano Umberto (Candido Benassi) e infine entrò nelle SAP sanremesi...  Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I: La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Sabatelli Editore, Savona, 1976

La notizia che “Turbine” faceva disarmare gli sbandati e che si era approvvigionato di viveri a Viozene si era diffusa e, passando di bocca in bocca, si era naturalmente deformata. Al Comando badogliano fu detto che gruppi badogliani erano stati disarmati da noi, che un deposito di viveri di “Martinengo” era stato saccheggiato. “Martinengo, che già ci riteneva degli intrusi nella zona, inviò un forte nucleo dei suoi contro le squadre di “Gapon” e di “Stalin”: i garibaldini dovevano essere disarmati. La mattina del 10 [luglio 1944] quelli della “Matteotti”, che si erano fermati a Nava tutto il giorno 9, erano seduti sulle panchine dell'albergo, dove in quei giorni avevano mangiato, quando videro un gruppo di badogliani armati che passava davanti a loro, mentre un altro, fermatosi sullo stradone un po' prima, piazzava una mitragliatrice. I garibaldini guardavano meravigliati ed incuriositi la manovra strana. Il gruppo che era passato loro davanti si ferma in fondo alla strada ed apposta anch'esso le sue armi, poi un ufficiale viene verso l'albergo: 'Ho l'ordine del mio comando di disarmarvi, ci risulta che avete tolto le armi a dei nostri uomini. E' inutile che tentiate di resistere, la strada è sbarrata e siete tra due fuochi'. Effettivamente la 28, che passava fra le case, era bloccata. Alle spalle dell'albergo c'era il Tanaro. “Stalin” [Franco Bianchi] sorrise ironico: 'Queste armi non sono vostre ed io ho dal mio comando l'ordine di non cederle. Se la strada è sbarrata entreremo nell'albergo e spareremo dalle finestre'. La mattina del 10 scendevo lungo la 28 da Case di Nava [comune di Pornassio (IM)] verso Ponti quando vidi un badogliano che saliva in bicicletta. Lo chiamai: 'Dani, c'è qualcosa di nuovo che mi sembri arrabbiato?' L'aspetto di Dani mi impensieriva. Il badogliano si fermò, parlò senza scendere: 'Ci hanno mandato a Ponti a disarmare i vostri. Non abbiamo potuto rifiutare. ma siamo andati con le armi scariche, non vogliamo sparare sulla Stella Rossa. Ora vado al Comando a vedere cosa dobbiamo fare perché i vostri non si vogliono arrendere. Se al Comando insistono pianto tutto e me ne vado. Non sono venuto sui monti per sparare sui compagni. Se vedi i tuoi, di' loro che non sparino, se ci ammazziamo tra di noi è finita. Di' ai tuoi che i miei compagni hanno le armi scariche'. Il buon senso degli uomini evitò il peggio. I garibaldini non vollero sparare per primi, gli altri non potevano farlo. Da Viozene venne giù “Turbine” e “Martinengo” arrivò in moto; intervennero altri comandi, si discusse a lungo mentre gli uomini delle due formazioni si univano ed i badogliani mostravano i caricatori vuoti. Cosa si dissero i comandanti? Non lo sapemmo. Come conclusione la “Matteotti” rientrò in serata a Viozene con l'ordine di partire appena possibile per San Bernardo di Garessio.
Gino Glorio "Magnesia", Alpi Marittime 1943/45. Diario di un partigiano - I parte, Genova, Nuova Editrice Genovese, 1979

Il secondo caso è più eclatante: quando nei primi giorni di agosto 1944 Mauri fu catturato nelle Langhe, immediatamente giunse dal comando di Verona un inviato di Harster, il capitano Adolf Wiessner, anch’egli un esperto in materia, il quale non per caso in precedenza aveva operato a Kiew contro il movimento partigiano nazionalista ucraino e che probabilmente fu tra gli artefici della politica di “assorbimento” attuata dai servizi tedeschi nei loro confronti. Wiessner elaborò un piano semplicissimo il cui contenuto lo possiamo ricavare da una serie di appunti vergati a mano su di un registro del comando generale SS di Karl Wolff che recita: “Il capobanda Mauri [è stato] arrestato [e si trova presso il comando] SD di Cuneo. Wiesner [sic] attualmente a Cuneo per le trattative […] Mauri ritorna [presso le sue formazioni partigiane]. Accordo: niente attacchi contro la Wm [ovvero la Wehrmacht]; informazioni sui gruppi comunisti; rastrellamento e presidio delle aree comuniste; prima i comunisti e poi Mauri” [101].
Con quali intenzioni il comandante autonomo, il cui anticomunismo è ben noto [102], abbia effettivamente condotto queste trattative è una domanda alla quale, in mancanza dei documenti del comandante partigiano, non possiamo rispondere. E nemmeno siamo in grado di dire se egli abbia intuito la parte del piano tedesco riassunta nell’espressione “prima i comunisti e poi Mauri”.
Probabilmente, da comandante abile e astuto quale egli era, lo fece. Appare tuttavia evidente che la versione ufficiale fornita da Mauri, fuga rocambolesca dalle mani naziste durante il trasferimento a Torino, sia da considerare una chiara falsificazione. Dobbiamo infine anche considerare il fatto che, al di là di come egli intendesse regolarsi al suo rientro presso le sue formazioni, la presenza di una missione inglese, giunta proprio durante la sua breve assenza, non poté non influire sulla sua decisione di continuare la lotta nel movimento di Liberazione.
[NOTE]
[101] BAB, R 70 Italien/3, p. 2a s. Il testo originale è: "Bandenführer Mauri festgenommen bei SD Cuneo. Wiesner z.Zt. in Cuneo [...] betr. Verhandlungen [...] Mauri zurück. Regelung: keine Angriffe auf Wm. Hinweise auf Kommunengruppen [sic]. Bekämpfung u. Nachsicherung von K[ommunistische]P[artei]-Räumen; erst K[ommunistische]P[artei], dann Mauri“ (la punteggiatura e le integrazioni sono mie).
[102] Mario Giovana, Guerriglia e mondo contadino. I garibaldini nelle Langhe 1943-1945, Bologna, Cappelli, 1988.

Carlo Gentile, I servizi segreti tedeschi in Italia, 1943-1945 in Aa.Vv., (a cura di) Paolo Ferrari e di Alessandro Massignani, Conoscere il nemico. Apparati di intelligence e modelli culturali nella storia contemporanea, Franco Angeli Edizioni, 2010 

Il 12 settembre 1944 “Mauri” ordina alla brigata “Val Tanaro”, della IV divisione Alpina, di recarsi in Val Casotto in virtù degli sviluppi della guerra sul fronte occidentale e delle direttive del CMRP (Comitato Militare Regione Piemonte) del 27.8.44. Il giorno seguente vengono diramate nuove comunicazioni del CLNRP (Comitato di Liberazione Nazionale Regione Piemonte) per l'insurrezione.
[...] nella seconda metà di luglio, “Mauri” crea il Comando del 1° settore cuneese e delle Langhe, che comprende due divisioni alpine: la I, valli di Peveragno, Pesio, Ellero, Miroglio, Corsaglia; la II, Casotto, Mongia, Tanaro; e una divisione Langhe. Sotto questo comando non risultano esserci formazioni di partito, che vengono quindi escluse da questa zona, a meno che formazioni politiche che intendano operare in queste zone non si sottopongano come le altre al Comando del 1° settore. Il comando dichiara la sua esclusiva dipendenza dal CLN, e si specifica il carattere militare delle divisioni Alpine che fanno capo al Comando. All'interno di questo comando di settore, “Mauri” crea un ulteriore organismo, il comando del 1° GDA, composto inizialmente da circa tredici distaccamenti.
Giampaolo De Luca, Partigiani delle Langhe. Culture di banda e rapporti tra formazioni nella VI zona operativa piemontese, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2012-2013

Negli ultimi giorni di gennaio [1945] in una meravigliosa giornata di sole (con noi c'era anche Rustida [Costante Brando] che coi suoi ci aveva nel frattempo raggiunto) andavamo verso Nasino [(SV)] senza nessuna meta particolare, quando vediamo venire verso di noi un uomo.
[...] Mi appartai con lui, che era latore di una lettera del Comandante della I^ Zona Liguria, una lettera di Curto [Nino Siccardi].
Prima di aprirla gli chiesi se ne conosceva il contenuto. «Parzialmente sì» mi rispose.
Gli dissi che quello che non conosceva non mi interessava, perché certamente sarebbero state parole poco lusinghiere per me.
Aggiunse che era certo che mi sbagliavo e iniziò a spiegarmi il perché della sua visita.
Il Comitato Liberazione Nazionale di Garessio (CN) e quello di Ormea (CN) avevano deliberato di dar vita ad una formazione Garibaldina Ligure-Piemontese che operasse nell'alta Val Tanaro e nell'alta Val d'Arroscia, nella quale far confluire tutti i giovani desiderosi di combattere contro i tedeschi e i fascisti, ma che per vari motivi non intendevano farlo nelle formazioni Autonome (che noi allora chiamavamo Badogliani, come loro ci chiama­vano Stelle Rosse).
Tradotto in pratica, tutto questo poteva voler dire che gli Autonomi non davano grande importanza al C.L.N. e che, per questo motivo, molto probabilmente, lo stesso aveva deciso di creare o di favorire la formazione di una Brigata garibaldina.
E proprio a me, che ero il «rompiballe» della I^ Zona Liguria, affidava la gatta da pelare.
Allora pensai a quanto mi aveva raccontato Italo Cordero [n.d.r.: in seguito autore di Ribelle: Esperienze di vita partigiana dalla Val Casotto alle Langhe, dalla Liguria alle colline torinesi, tipografia Fracchia, Mondovì, 1991], uno degli artefici della difesa della Val Casotto, quando per divergenze coi Comandi Autonomi s'era allontanato con sua moglie, rifugiandosi nel bosco di Rezzo [in provincia di Imperia].
Giuseppe Garibaldi (Fra Diavolo), Dalla Russia all'Arroscia. Ricordi del tempo di guerra, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 1994 , p. 166