venerdì 17 maggio 2024

Il capitano Bentley, appena finita la guerra, raccontava...

La parte bassa della zona orientale di Negi, Frazione di Perinaldo (IM)

Può dirmi qualcosa capitano della sua missione di collegamento con il comando operativo della I^ zona militare della Liguria?
Il capitano dei paracadustisti inglesi Robert (Bob) Bentley, che ho conosciuto in montagna e che ora è qui tra noi quale ufficiale dell'A.M.G., scuote la bruna testa e mi sorride, agitando l'indice...
"mi chiede indiscrezioni che io non posso permettermi..."
... soltanto il racconto di qualche sua avventura tra le nostre montagne...
[n.d.r.: Bentley, che, in effetti, faceva parte del SOE britannico, parla a questo punto nell'intervista rilasciata della preparazione della sua missione tra i partigiani: nel fare questo si riferisce anche alla Missione Kahnemann; aggiunge che aveva preso preventivo contatto con Stefano Leo Carabalona, che era arrivato l'11 dicembre 1944 in barca a remi con altri patrioti tra le fila alleate in Costa Azzurra; dettaglia, poi, il suo sbarco clandestino del 6 gennaio 1945 a Vallecrosia (IM), dove era atteso da uomini del locale Gruppo Sbarchi: di questi fa solo i nomi, anche perché erano stati di ausilio nella fase preparatoria, di Nino, Mimmo, Tonino, aggiungendo, di quest'ultimo, che lo aspettò a Negi, Frazione di Perinaldo (IM), dove ormai stavano arrivando, come si vedrà più avanti, gli uomini di Gino Napolitano, in quel momento commissario del I° Battaglione "Mario Bini" della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione", pochi giorni dopo vicecomandante della V^ Brigata. In effetti, in base alle disposizioni operative del comandante Holdsworth del 6 dicembre 1944, Bentley aveva già tentato con il radiotelegrafista caporale Millington di passare le linee ed entrare in Liguria attraverso i passi alpini: recavano con loro 500.000 lire per il compimento della missione e per aiutare i patrioti. Il maltempo e l’accresciuta sorveglianza tedesca avevano impedito il successo di questo approccio. Riprovando via mare, in una missione rinominata “Chimpanzee”, veniva accompagnato questa volta dal radiotelegrafista caporale MacDougall]
... Giungemmo a Negi [Frazione di Perinaldo (IM)] dove incontrammo un gruppo di partigiani di Gino  che ci attendeva per scortarci. Ripartimmo per Baiardo. Alla prima svolta, in distanza scorgemmo due figure solitarie venire verso di noi: un uomo altissimo ed un altro che sembrava molto piccolo accanto al primo. I due sopravvenuti si posero in posizione di difesa nello scorgerci, poi riconobbero gli uomini che ci accompagnavano e ci vennero incontro. Erano Curto [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria] e Gino, che andavano, senza scorta, a minare la strada. Ci presentammo e subito ci affiatammo...
Che impressione le fecero?
Curto quello di capo nato: calmo, freddo, anzi, intelligente e coraggioso, dotato, nella sua impassibilità, di una sua sensibilità concentrata e di un non comune spirito di intuizione. Gino, un ragazzo espansivo, esuberante di vita, ma capace di tutti gli ardimenti e di tutte le temerità.
Spiegai al Curto l'incarico ricevuto e ci comprendemmo immediatamente. Insieme salimmo ai Vignai [Frazione di Baiardo (IM)] e quindi passai con il battaglione di Gori [Domenico Simi, comandante del III° Battaglione "Candido Queirolo" della V^ Brigata]...
[Alle 17.30 completammo l'operazione e raggiungemmo Vignai <Frazione di Baiardo (IM)>. Lì incontrai il sergente Henry Harris dell'USAAF che era stato con il maggiore Campbell... Più tardi scoprii che il sergente Harris era stato chiamato da Curto per controllarci ed essere sicuro che fossimo inglesi e non delle spie...
Robert Bentley in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia < Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale "Il Ponte" di Vallecrosia (IM)>, 2007]
... eravamo presso il Monte Faudo io, Curto, Sumi [Lorenzo Musso, commissario al comando operativo della I^ Zona Liguria] ed altri ragazzi. Si andava verso Imperia...
Dopo il rastrellamento tedesco a Beusi di fine febbraio il nemico aveva scoperto la mia presenza in montagna e mi dava una caccia spietata. Eravamo impossibilitati ad eseguire qualsiasi trasmissione e tutte le strade verso l'interno ci erano precluse. Gori, con il suo solito spirito pratico, pensò allora di prendere rifugio assieme a noi nel convento dei frati a Taggia. Scendemmo accompagnati da una guida del luogo...
E poi debbo aggiungere ad onor del vero che i giorni trascorsi in convento dopo due mesi di marce forzate, di spostamenti incessanti, di ansie terribili, furono per me una vacanza meravigliosa. Si dormiva in soffitta - erano con me anche Sumi e il radiotelegrafista Mac Dougall - e si stava benissimo. Avevamo un vero letto su cui stenderci e riposare. Ogni sera la nostra guida ci portava i viveri e la cucina dei Frati non era certamente da disprezzare, dati i momenti. Ricordo e sempre ricorderò le simpaticissime figure dei miei ospiti. Padre Vittorio, uomo coltissimo, col quale si discuteva di politica; Padre Serafino ancora giovanissimo che suonava molto bene il violino e sapeva cantare magnificamente. Padre Serafino era anche addetto alla cucina e spesso esercitava la sua voce durante la confezione dei suoi manicaretti, il che talvolta comportava piatti insipidi o troppo salati e salse dal gusto strano... ma lo si perdonava in considerazione del piacere che ci offriva con le sue canzoni. Nè potrò dimenticare l'allegro Padre Badalucco (questo era almeno il suo sopranome) il quale considerava appunto Badalucco il centro dell'universo: ci dava lezioni di strategia aerea e discuteva con noi della necessità di un lancio di parecchie divisioni paracadutiste sulla cittadina per affrettare la fine della guerra!...
Di notte si usciva, ci s'internava nel bosco e si tentava di usare la radio, ma la vicinanza del tedesco e la mancanza delle batterie, che erano state abbandonate a Beusi, non ci permisero mai una trasmissione efficiente. Molte volte corremmo il rischio di essere presi...
Anzi corse voce che lei era stato catturato.
  ... Ritornai a Beusi. Avevamo una capanna nel bosco. Il Battaglione Gori si era riformato e stava con noi. Insieme a me erano pure Curto e Sumi. Simon [Carlo Farini] nel frattempo era partito per Genova...
Ora una notte, una bella serena notte di luna, raffiche di mitragliatrice vicinissime mi svegliano. Il grosso delle nostre forze si era spostato: eravamo nel bosco in cinque o sei soltanto. Strisciammo fuori e scorgemmo, proprio davanti a noi, a non più di trenta o quaranta metri di distanza, un'arma automatica nemica che rafficava verso l'alto bosco. Sempre strisciando il più silenziosamente possibile, in attesa di vederci piombare addosso le pattuglie nemiche, ritornammo alla capanna e facemmo sparire i documenti. Mac si caricò della radio e tutti insieme, di albero in albero, carponi, ci spostammo verso il versante opposto da dove avremmo potuto scalare il pendio in caso fossimo stati minacciati di accerchiamento. Si rimase sul posto fino alle tre: la mitragliatrice nemica, durante tutto quel tempo non cessò mai di tirare. Verso le tre tacque finalmente e noi potemmo portarci su una breve radura, circondata dal folto, al sicuro da sguardi indiscreti, dove restammo con le armi pronte fino al mattino. Sentivamo più in basso i movimenti pesanti di uomini che si spostavano continuamente battendo i margini del bosco.
... Poco dopo scorgemmo colonne di fumo salire dalle case poste nella conca sotto di noi: i tedeschi avevano appiccato il fuoco alla borgata per rappresaglia. Eravamo tristi e preoccupati per gli amici che vi abitavano...
... La situazione si faceva critica. Eravamo un pugno di uomini con pochissime munizioni e la responsabilità della radio e dei documenti. Decidemmo di tentare una difficile ritirata verso Ciabaudo [Frazione di Badalucco (IM)].
... Ma prima dell'alba eravamo nuovamente in piedi e riprendevamo il cammino verso Ciabaudo, lieti di averla fatta in barba al tedesco ed allegri come prima...
Raccontarle tutte le altre mie avventure, da Ciabaudo a Baiardo e a Gerbonte, da Viozene a Agaggio [Frazione di Molini di Triora (IM)] e a Buggio [Frazione di Pigna (IM)], sarebbe troppo lungo. Le dirò per finire che mentre mi trovavo a Buggio presso i fratelli Aicardi il 24 aprile [1945] ci giunse una lettera del C.L.N. che ci informava della ritirata nemica. Con Curto, Sumi e Giorgio [Giorgio Olivero, comandante della VI^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Silvio Bonfante"] stabilimmo gli ultimi piani ed i1 25 mattina, dopo aver infranto la resistenza di reparti tedeschi di retroguardia, facemmo il nostro ingresso ad Oneglia, finalmente libera. Tutta la popolazione ci accolse con commovente entusiasmo, quell'entusiasmo italiano che tocca il cuore perché vi si sente la passione...
Ancora una domanda, capitano, ed è l'ultima. Qual'è la sua impressione sulla lotta partigiana?
Magnifica. Ho assistito ad azioni che avrebbero inorgoglito armate ben più attrezzate. Sono stato testimone di eroismi inauditi. Potete andar fieri di questi vostri combattenti meravigliosi e dei loro capi il cui apporto alla causa comune è stato grandissimo e talvolta decisivo. Mercé il loro sacrificio l'Italia è rientrata nel consesso delle libere nazioni e giustizia dovrà esserle resa...
Mario Mascia, L’epopea dell’esercito scalzo, ed. A.L.I.S., 1946, ristampa del 1975 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia

martedì 7 maggio 2024

Per tedeschi e fascisti gennaio 1945 avrebbe dovuto segnare la fine dei "banditi" partigiani nel ponente ligure

Sanremo (IM): zona sovrastante Corso Imperatrice

I rastrellamenti, che hanno investito la IV Brigata "E. Guarrini" durante tutto il mese di gennaio 1945, vengono effettuati anche sul territorio della V Brigata "L. Nuvoloni". L'intento del nemico è quello di liberare completamente la zona occupata dai partigiani. Per questo scopo truppe nazifasciste partono da Imperia, da Savona e da Ventimiglia. Partecipano alle azioni anche formazioni dei "Cacciatori degli Appennini" (3). A Triora si installa un presidio composto da una compagnia di granatieri della Repubblica Sociale, comandata dal capitano Cristin, il quale pone il Comando in casa della famiglia Daneri.
[...] A Sanremo giunge una Compagnia della "San Marco" (Divisione della Repubblica Sociale), proveniente da Albissola. I cannoni piazzati in località Burghi (tra Arma e Taggia), vengono puntati contro la Valle Argentina. Gradatamente il nemico trasferisce le munizioni depositate nella polveriera di Bussana, in località Gazzelli (Valle Impero) (8). Il partigiano "Romeo", addetto al collegamento tra il CLN di Sanremo e la Divisione "F. Cascione", si disloca in località Grattino (Molini di Triora), ove viene raggiunto da Giuseppe Noberasco (Gustavo), proveniente da Genova, ispettore delle SAP liguri: ha il compito di riorganizzare quelle di Sanremo, insieme ad Antonio Gerbolini (del PCI, addetto militare, comandante le formazioni di città) (9).
Si costituisce così il Comando di due Brigate Cittadine ai suoi ordini: la vecchia Brigata "G. Matteotti", e la nuova "G. Anselmi". Il Comando SAP, oltre al Gerbolino, è composto da Bertino Rolando, ufficiale addetto. La Brigata "G. Matteotti" ha per comandante Fortunato Carretta, per vicecomandante Eugenio Carugati, per commissario Vincenzo Rivetta; la Brigata "G. Anselmi" ha per comandante Giovanni Trucchi, per vicecomandante Nino Roverio e per commissario Luigi Luppi (10).
Il 2 gennaio in Sanremo i nazifascisti fucilano Emilio Zamboni (Emilio), partigiano della V Brigata (11). Intanto la città viene tappezzata di manifestini i quali annunciano che il mese di gennaio segnerà la fine dei "banditi" partigiani. In Sanremo sono dislocati i Comandi nemici più importanti della zona. Per dare uno sguardo d'insieme alla situazione militare nella città, abbiamo ritenuto opportuno riportare in sintesi l'ubicazione di tali comandi. Nell'albergo Nizza sono accasermati una cinquantina di uomini della Brigata Nera "A. Padoan" con il loro comandante; ivi è pure il Comando della G.N.R. e una quarantina di uomini. Un centinaio di militari della X flottiglia MAS e cinquanta bersaglieri sono accasermati nell'albergo Corso. Invece il Comando generale tedesco ha preso alloggio nell'albergo Imperiale, ed ha a disposizione circa quattrocento uomini. A Coldirodi stanziano una ventina di bersaglieri, i quali compiono servizio di pattuglia nei dintorni del paese (12).
[...] Il presidio nemico di Molini di Triora viene rinforzato fino a raggiungere una ottantina di uomini i quali si recano quasi giornalmente di pattuglia nelle zone circostanti. Nell'estremo Ponente Ligure anche il presidio nemico di Apricale viene fortemente rinforzato per timore di forti puntate alleate. Giungono nella località alcune centinaia di uomini con molti quadrupedi (13).
Continua lo stillicidio di perdite della Resistenza: a Ciabaudo il 3 gennaio durante un rastrellamento cade sotto il piombo nemico il partigiano Nicolò Sardo (Scibrò).
Come ad Apricale i nemici rinforzano le loro difese a Isolabona con duecento uomini che hanno con loro molti cavalli, a Dolceacqua con circa trecento uomini. A Perinaldo con una ventina di zappatori col il compito di riparare la strada Perinaldo - San Romolo, a Baiardo con una Compagnia di bersaglieri, a Ceriana con centocinquanta soldati, compreso un Comando di Battaglione. A Bussana venti civili (a turno) lavorano alla polveriera, sorvegliati da alcuni Tedeschi; ogni notte le armi prelevate dalla stessa sono caricate su due vagoni ferroviari, spediti altrove. Batterie tedesche sono in postazione a Passo Muratone, a Gouta, a Margheria dei Boschi, all'Alpetta e a Montecarbone. Il 5 di gennaio giungono nella zona di Sanremo circa trecento SS Tedesche, addette ai rastrellamenti, comandate dal maggiore Cramer, specialista in materia (14).
Il 4° Distaccamento partigiano comandato da Isidoro Faraldi (Serpe), (II Battaglione della V Brigata), il 5 gennaio 1945 si trova accampato in un casolare in località Carpenosa (Valle Argentina), con la neve fino ai ginocchi, e ridotto malconcio e di numero, 25 uomini, compreso il commissario "Gino" [Gino Napolitano]. Nella notte dell'Epifania, uno dei tre uomini di guardia informa che stanno arrivando il comandante della Divisione Cascione, Vittorio Guglielmo (Vitò), e il commissario Ivar Oddone (Kimi), i quali consigliano di tenersi in allarme, come avevano già fatto con gli altri Distaccamenti, purtroppo tagliati fuori da ogni collegamento, con l'ordine tassativo di non attaccare il nemico. Il Distaccamento di "Piacenza" è dislocato ad Andagna, quello di Giovanni Zaffarano (Mia) in Glori, e quelli di "Gino", di Vincenzo Orengo (Figaro) e di Giobatta Moraldo (Olmo), sono dislocati nella zona di Vignai. Iniziato il rastrellamento, il nemico fa confluire tutte le forze su Badalucco.
[NOTE]
3  ISRECIM, Archivio, Sezione I, cartella 27. Da una relazione datata 31.12.1944 di Franco Bianchi (Brunero), responsabile SIM, alla V Brigata, che preannuncia i rastrellamenti su menzionati.
8  ISRECIM, CLN di Sanremo, cartella 104, lettera del CLN di Sanremo al Comando della "Cascione", datata 24.1.1945.
9  Come da nota 8.
10 Ibidem.
11 ISRECIM, Archivio, Sezione II, cartella serie T. Lo Zamboni viene fucilato perché riconosciuto come il feritore del capitano dei bersaglieri Franco Savi, della 9 ^ Compagnia, in una precedente azione. Prima di salire in montagna era già stato milite delle forze della Repubblica Sociale.
12 ISRECIM, Archivio, Sezione I, cartella 28.
13 ISRECIM, Archivio, Sezione I, cartella 28. lettera del SIM della V Brigata al Comando della Divisione Cascione.
14 Ibidem, cartella 28.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria). Da Gennaio 1945 alla Liberazione - Vol. IV,  ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005, pp. 103-106 

Curti Walter: nato a Sanremo il 1° agosto 1929, squadrista della Brigata nera “Padoan”, distaccamento di Sanremo.
Interrogatorio di Curti Walter del 28.5.1945: Mi arruolai volontariamente nella brigata nera di Imperia nel novembre del 1944 e assegnato al distaccamento di Sanremo dove sono rimasto fino al giorno 24 aprile
[...] Mi risulta che durante la mia degenza in ospedale, l’Impedovo con il Pelucchini, Siri, Nicco [n.d.r.: nel citato brogliaccio del distaccamento di Sanremo della Brigata nera, appare come Nicò; alcune fonti riportano per lui anche il triste soprannome di Gin (o Gim) Mano Nera] e Maselli, tutti della brigata nera, e due militari della SS tedesca, vennero in ospedale dove prelevarono un partigiano ferito e condottolo in un luogo un po' disabitato lo freddarono. Il Pelucchini ed il Nicco, assieme a reparti della SS, si resero colpevoli di tre delitti avvenuti nei pressi della Villetta alla vigilia del Natale del 1944. Sempre durante il periodo della mia degenza, seppi che reparti della brigata nera, unitamente a tedeschi, recatisi [2 gennaio 1945] sulle alture di Verezzo [Frazione di Sanremo], dopo un piccolo scontro, colpivano un partigiano [n.d.r.: Mario Emilio Zamboni, nato a Crikvenika, nell'attuale Croazia, il 16 settembre 1921] che per mancanza di munizioni aveva gettato l’arma e si era arreso e lo finivano a colpi di pistola. Poiché il partigiano si manteneva ancora in vita, un tedesco avvicinatosi gli scaricò sulla testa la sua pistola. Dichiaro che il Pelucchini, l’Impedovo ed il Nicco erano in piena collaborazione con gli appartenenti alla SS Italiana, numerosi fra i quali si distinguevano elementi italiani residenti all’estero.
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia, StreetLib, Milano, 2019    

[...] Il Fante Mario (o Mariano) Calabretti il giorno della dichiarazione dell’Armistizio con gli Anglo-Americani si trovava in servizio nel Nord Italia.
Per nulla intenzionato ad aderire alla Repubblica di Salò e combattere ancora al fianco dei tedeschi, si dette alla macchia e divenne partigiano, poiché anche per lui era molto difficile raggiungere le zone libere dell’Italia già sotto controllo alleato.
Messosi in contatto con quanti già operavano clandestinamente sulle montagne, si arruolò nelle formazioni costituite nel Comando 2a Div. d’Assalto “Garibaldi” della la Zona della Liguria “F. Cascione”.
Assunto il nominativo in codice di “Beten” combatte con il grado partigiano di “Garibaldino” tra le fila del 1° Battaglione della 5a Brigata.
Il 6 gennaio 1945 venne catturato da forze repubblichine durante un rastrellamento nella zona di Ciabaudo del Comune di Badalucco (Imperia) e portato a Villa Ober in San Remo (Imperia) dove fu tenuto prigioniero.
Immediatamente sottoposto a processo dal Tribunale Straordinario di Guerra della G.N.R. (Guardia Nazionale Repubblicana) con l’imputazione di "diserzione con passaggio a bande di ribelli e di favoreggiamento agli stessi", fu condannato a morte mediante fucilazione alla schiena.
La sentenza fu immediatamente eseguita nella città di Imperia.
Nella stessa seduta il Tribunale condannava un altro militare, tale Vice Brigadiere Zara Zeffiro, accusato di tradimento perché, pur prestando servizio nella G.N.R., aiutava i partigiani dando loro munizioni e viveri.
Anche quest’ultimo fu condannato a morte e la sentenza fu eseguita a Oneglia il 27 gennaio.
E, perché tale condanna avesse la funzione di deterrente nei confronti di altri militari alla macchia, la notizia della fucilazione di entrambi fu riportata persino su un giornale locale, “Il Quotidiano - L’Eco della Riviera”.
La triste vicenda del Calabretti fu ufficialmente confermata dal Ministero della Difesa il quale dichiarò che: "[..] il Fante Calabretti Mariano è deceduto il 6 febbraio 1945 a Imperia fucilato in base ad una sentenza emessa dal Tribunale Straordinario di Guerra [..]".
(da Nuccio Carriero, San Vito in guerra. La partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale, Ed. Arcobaleno San Vito dei Normanni, 2012)
Redazione,
Calabretti Mariano partigiano fucilato, ANPI Brindisi  

A fine gennaio si riunisce a San Remo, in Villa Clara, il Tribunale Straordinario di Guerra della Guardia Nazionale Repubblicana per giudicare Mario Calabretti e Zeffiro Zara, già ex militi, colpevoli di favoreggiamento di bande partigiane. Sono condannati a morte e fucilati alla schiena. Lo Zara cade il 27 gennaio 1945, il Calabretti a Imperia il 1 febbraio 1945
[...] Cosa di cui abbiamo già fatto cenno, il Tribunale Straordinario di Guerra della Guardia Nazionale Repubblicana si è radunato ad Imperia per giudicare il milite Mario Calabretti, imputato di diserzione con "passaggio a bande armate" di ribelli e di favoreggiamento di essi. E' condannato a morte mediante fucilazione alla schiena. La sentenza ha avuto esecuzione il primo febbraio 1945.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Op. cit.

mercoledì 1 maggio 2024

Massabò riferisce della situazione delle bande nella provincia di Imperia, bande che sarebbero in gran parte comuniste

Cesio (IM): uno scorcio. Foto: Davide Papalini su Wikipedia

Per ritorsione e per vendicare i compagni caduti, il 4 ottobre 1944 attaccammo il caposaldo nemico di Cesio.
Insieme ad alcuni altri il mio compito era quello di trasportare a spalle una mitragliatrice pesante con relative munizioni. Camminammo da Colle San Bartolomeo fin quasi al paese di Caravonica da dove era possibile battere il presidio nemico di guardia ad un ponte minato. Ma il nemico era ben protetto e il nostro attacco ebbe scarso successo.
Per continuare l'azione punitiva, alcuni garibaldini fecero saltare il ponte di Borgo di Ranzo, interrompendo i rifornimenti al nemico dislocato nella bassa valle.
Sandro Badellino, Mia memoria partigiana. Esperienze di vita e vicende di lotta per la libertà di un garibaldino imperiese (1944-1945), Edizioni Amadeo, Imperia, 1998,  p. 60

4 ottobre 1944
[...] Massabò riferisce della situazione delle bande nella provincia di Imperia, bande che sarebbero in gran parte comuniste. Egli ha cercato di distogliere una parte dei comunisti e di orientarli su altre vie. Folco sarebbe colà il rappresentante liberale. Massabò spera di ottenere l’adesione al PL del sindaco designato di Imperia Gandolfo. Anche egli, come Canepa, passa al liberalismo dalle file socialiste. Egli è tendenzialmente di sinistra con pregiudiziale internazionalistica.
20 ottobre 1944
[...] Viene portato il testo inaugurale di Giuseppe, riferisce sulla situazione nella provincia di Imperia, nella quale fra la generale indifferenza, dominano i rossi.
Virginia Minoletti Quarello, Interno 10. Pagine di cospirazione genovese in Rosa (Rossella) Pace, Noi, le altre. Le donne liberali nella Resistenza, Tesi di Dottorato, "Sapienza" Università di Roma, Anno Accademico 2018-2019

Il nemico intanto aveva ideato un piano per distruggere la V^ brigata a ponente e la I^ a levante, sul territorio della provincia imperiese. L'8 ottobre con ingenti forze attaccò la V^ a Pigna. Dopo alcuni giorni di resistenza estrema, quest'ultima dovette iniziare una ritirata per le montagne verso levante, attraversando Carmo Langan e altri passi, finché giunse a Viozene. Anche la I^, lasciando Piaggia, giungeva a Viozene la sera del 16, mentre i feriti, su ordine del Comando, venivano raggruppati nel paese di Upega poiché si pensava che la località rimanesse a ridosso del rastrellamento, e quindi protetta.
12 - La tragedia di Upega - Ritirata in Piemonte
Mentre le due brigate evitavano il passo delle Fascette a levante di Upega, per giungere a Viozene, attraversando il Lagaré per una via più agevole, noi del Comando, all'imbrunire del 16, ci inoltrammo, appunto, per il passo delle Fascette per giungere a Carnino.
Il passo delle Fascette era l'unico passaggio che congiungeva Upega a Viozene (nel dopoguerra fu costruita la strada carrozzabile). Era già problematico attraversarlo di giorno, ma noi lo attraversammo di notte e fu una impresa terribile. Sopra i precipizi vi erano delle corde alle quali chi attraversava il passo doveva tenersi con le mani, e bisognava mettere i piedi in nicchie scavate nella roccia per non scivolare. Questa attraversata non la dimenticherò mai più.
Giunti all'altro capo del passo, ci sentimmo stanchissimi, e cercammo di dormire. Nessuno di noi conosceva la strada per Carnino: ce l'insegnò poi la partigiana Anita Boeri ("Candacca"). All'alba del 17 ottobre ci preparammo per trasferirci a Carnino a congiungerci con altri partigiani. Facevamo delle corsette per scrollarci il freddo notturno che sentivamo nelle ossa, quando sentimmo delle raffiche di mitraglia provenienti dalla vallata di Upega. Immaginammo che i tedeschi avessero attaccato il paese, e, sapendo che colà erano rimasti i feriti con qualche altro partigiano, insieme a "Curto", a Libero Briganti...
Sandro Badellino, Op. cit., p. 61-62 

Alle 19 del 17 di ottobre, quella che sarà per noi la data più triste, legata al ricordo di Upega, mentre gli ultimi raggi del sole sfiorano le cime, la I^ e la V^ Brigata iniziano quella marcia che rimarrà ricordo inestinguibile nel cuore di tutti i garibaldini. Il distaccamento "G. Catter", che era al Colle dei Signori, ripiega; il distaccamento "Filippo Airaldi", che bloccava le Fascette, si sposta verso Carnino. La colonna si avvia lenta per la mulattiera, sostando frequentemente per attendere qualche squadra rimasta indietro, qualche mulo col carico non ben sistemato. La notte scende; nel cielo, ora sereno, le stelle si accendono una ad una, le montagne spiccano nere sullo sfondo azzurro cupo del cielo, lo scroscio della vene di Carnino rimbomba nella valle tenebrosa.
Il pensiero della sosta a Viozene solleva un po' lo spirito, per quanto alloggiare in tanti sia cosa impossibile. Ad un tratto la colonna si arresta, non è una delle solite soste, sulla strada c'è un'altra colonna che sale da Viozene: che sarà? E' la V Brigata che passa in Piemonte; nel buio della notte non si vede, non si capisce, la voce passa di bocca in bocca, non si va a Viozene, si prosegue.
Il motivo anche questa volta non è noto: in seguito si saprà che un forte concentramento nemico a Ponte di Nava fece supporre un attacco imminente. Lunga e faticosa è la salita fino alla cima. Di cenare non se ne parla; vi sono sessanta pagnotte, gli uomini sono tanti che non vengono nemmeno distribuite. "Scacciati senza tregua i ribelli vanno via": le parole della nostra canzone sull'aria di una canzone anarchica; Rezzo, Piaggia, Upega, Carnino, Viozene... i paesi della ritirata della I Brigata; più numerosi quelli della ritirata della V^.
Ogni tappa speravamo fosse l'ultima, ogni volta il destino più forte ci ha sospinto. Addio Liguria, teatro delle nostre lotte, delle nostre imprese, terra bagnata da tanto sangue, dove riposano i nostri morti. Addio Riviera, dove invano attendono i nostri cari, dove per lunghi mesi abbiamo sognato di scendere. Addio compagni, addio bande, addio IV Brigata che continui da sola la lotta nella nostra terra.
Eccole una ad una le nostre montagne sotto l'incerto chiarore delle stelle, ecco il Lagarè, lo Scravaglion, le Fascette, ricordi di ieri. Ecco il Saccarello, il Frontè, le montagne di Piaggia che spiccano da lungi con le cime nevose, ecco il Monte Grande e incerte, confuse, cime e cime, ricordi di un passato di lotta e di sangue. D'un colpo il nemico si libera di noi: tre giorni, e il paziente lavoro di mesi è distrutto; l'opera tenace di gregari, di capi, i collegamenti, che era la Divisione Garibaldi "F. Cascione", quello che il nostro orgoglio e la nostra speranza, tutto disperso: 650 eravamo a Piaggia nella I^ Brigata, ora appena 300 sono gli uomini di essa che salgono le pendici del Mongioie. Così per la V^. Gli altri sono in liguria, dispersi, affidati alla sorte, senza notizie dei compagni, senza che i compagni sappiano nulla di loro.
Durante la marcia si propaga la notizia della morte di “Cion” e di “Giulio”. Esclamazioni di furore rispondono al racconto del garibaldino superstite da Upega che ha confermato la notizia tanto temuta. La triste notizia si propaga lungo la numerosa fila di armati portando lo scoramento in quegli uomini che idolatravano i loro capi.
Gino Glorio "Magnesia", Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - I parte, Genova, Nuova Editrice Genovese, 1979

Giunti in Val Corsaglia in seguito a rastrellamento eravamo considerati come ospiti dai badogliani e come tali non disponevamo di completa libertà di azione. Una missione offensiva su Villanova, eseguita dal Garbagnati, aveva dovuto attraversare la zona controllata dai badogliani e questi ci avevano pregato di non insistere in azioni che potevano provocare un rastrellamento. Al comando garibaldino seccava trattenere gli uomini che desiderassero ancora combattere. Oltre alla limitata autonomia, rimaneva da decidere il destino delle varie bande della I^ Brigata, circa un terzo, rimaste in Liguria verso la costa. Era bene ritirarle in Piemonte od era meglio tornare noi di là? Il problema era arduo. Quale era intanto la esatta situazione della zona che avevamo abbandonato?
Il S.I.M. si andava riorganizzando ma, per la lunghezza dei collegamenti, non poteva fornirci notizie esatte e precise. Impressione nostra era che i tedeschi intendessero ormai presidiare tutte il terreno tra le Statali 28 e 20 allestendo fortificazioni, organizzando una linea di difesa. Tutta la zona della V^ Brigata e metà del territorio della I^ sarebbe diventata retrovia del fronte con la conseguente impossibilità per noi di operarvi, almeno secondo i metodi fino ad allora seguiti. Rimanevano liberi i territori della IV^ Brigata e quelli tra la 28 ed il mare. Abituati da mesi ad operare in territori abbastanza vasti ed impervi, eravamo quasi tutti dubbiosi sulle possibilità di quella zona. Avevamo già adottato uno schieramento ad est della 28 dal 4 al 9 agosto, ma avevamo dovuto ritirarci subito.
Sarebbe stato troppo facile al nemico attaccarci per le numerose carrozzabili che attraversavano le vallate, mentre le possibilità di difesa manovrata o sganciamento erano minime per la ristrettezza della zona. Se non fossimo tornati in Liguria che avremmo potuto fare? Potevamo spostarci più a nord, nelle Langhe ed unirci alla Divisione Garibaldina.
Chiedemmo anche alla Divisione Bevilacqua, che operava sopra Savona, se avremmo potuto mandare qualche banda nel suo territorio.
Era però evidente che, passando in altra zona, avremmo avuto un clima più duro, un terreno sconosciuto e in più l'influenza di un altro comando.
Il Comando restò indeciso, per il momento saremmo rimasti in Val Corsaglia ad equipaggiare gli uomini, poi qualche fatto nuovo avrebbe potuto risolvere il problema per noi. Attraverso Ormea, che i tedeschi non presidiavano stabilmente, riuscimmo intanto a stabilire un contatto abbastanza frequente con le bande rimaste in Liguria inviando loro viveri e vestiario.
Quale era intanto il morale degli uomini? Come avrebbero accolto l'idea di un ritorno in Liguria? Era ancor viva la volontà di lotta? Era il problema che si ponevano molti del comando. In quale misura il destino della Cascione sarebbe dipeso ormai dalla nostra volontà?
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 15-16