mercoledì 26 aprile 2023

Era il secondo invito fascista perché la guerra civile avesse termine

Piaggia, Frazione di Briga Alta (CN). Fonte: Wikipedia

A Piaggia [Frazione di Briga Alta (CN)], ed ancor più a Fontane [Frazione di Frabosa Soprana (CN)], i partigiani [n.d.r.: appena sfuggiti al grande rastrellamento nemico di ottobre 1944] parlavano fra loro della famiglia e della vita passata con nostalgia. Per la prima volta nelle loro parole si sentiva il rimpianto.
I giorni passavano sempre uguali, il clima diventava sempre più freddo, le notti più lunghe. A sera eravamo ospitati qualche volta dai contadini, vedevamo quelle famiglie patriarcali, serene, unite ed il pensiero andava alla nostra, lontana ed esposta al nemico ed alle bombe. Anche lì la guerra pesava col suo incubo, già a marzo i tedeschi avevano sparso il terrore. Anche in quei giorni di novembre gli uomini che venivano da Mondovì parlavano di preparativi, di minacce di rastrellamenti. Da un giorno all'altro la bufera poteva abbattersi anche su Fontane e spazzarci via ancora una volta.
A sera qualche volta sentivamo la radio al comando della V Brigata ["Luigi Nuvoloni"]: Radio Monteceneri, Londra, Roma: le eterne notizie, pioggia, maltempo, tregua su tutti i fronti, l'invito del generale Alexander, comandante del fronte alleato in Italia, ai partigiani di cessare la lotta, l'invito del Governo della Repubblica Sociale ai partigiani di arrendersi, piena amnistia per tutti quelli che si fossero presentati alle autorità della Repubblica entro il 4 novembre [1944], anniversario della Vittoria. Era il secondo invito fascista perché la guerra civile avesse termine, questa volta il momento era meglio scelto che non in maggio, la situazione militare e psicologica era cambiata. A me spiacque questo secondo invito, non tanto perché pensassi che avesse influenza sui compagni: anche coloro che avevano deciso di lasciarci avrebbero avuto la prudenza od il pudore di non arrendersi alle autorità repubblicane. Sentivo invece confusamente che la tragica partita che era in gioco fra noi e loro veniva alterata nelle sue regole. Avevamo accettato di pagare con la vita in caso di cattura, avevamo pagato e pagheremo ancora. Eravamo inferiori e sapevamo che lo saremmo stati ancora per molto, però alla fine sarebbe ben venuto il momento nostro, ed allora avrebbero pagato loro e tutto in una sola volta.
Ora i fascisti, nel momento in cui erano più forti, ci offrivano la vita in caso di resa per la seconda volta, non dovremo noi fare altrettanto quando alla fine saremo i più forti? Noi ora non ci attendiamo e quindi non traiamo vantaggio della clemenza nemica, ciò però ci esenterà dall'essere clementi a nostra volta domani? Avrei fatto a meno volentieri anche di questo problema.
Qualche volta alla sera dopo cena ci riuniamo al comando e passiamo assieme qualche ora parlando, cantando, discutendo di politica.
Ricordo le parole di Mario [Carlo De Lucis] in una sera di ottobre: «Ora questa vita dura ci pesa e pensiamo al passato, pure verrà un giorno che ricorderemo questi tempi con orgoglio e forse con nostalgia. Son sicuro che allora molti saranno i garibaldini disposti a tornare sotto i vecchi capi, sotto le vecchie bandiere a rivivere questa vita... ». Quanti di coloro che c'erano quella sera caddero nel lungo inverno? Quanti dei sopravvissuti pensano con orgoglio a quel passato?
Mario era commissario della I Brigata ["Silvano Belgrano"], ma lo rimase ancora per poco: ai primi di novembre vennero formati i nuovi quadri. I resti del comando della Cascione stavano affluendo a Fontane cercando penosamente di ricostruire servizi, uffici, organizzazione, ma ormai, dopo il colpo di Upega era impossibile tornare ad essere quelli di una volta. Oltre al materiale perduto mancavano gli uomini e la volontà. Curto [Nino Siccardi, comandante della Divisione Cascione, e da dicembre, invece, della I^ Zona Operativa Liguria], arrivato dalla Liguria, provvide alle nuove nomine. Il posto di commissario della Cascione, dopo la morte di Giulio [Libero Briganti] passava a Mario. Vicecommissario diventa Miliani [Beniamo Miliani], già capo dell'Ufficio Agitazione e Propaganda della I Brigata. Cion [Silvio Bonfante], vicecomandante della Cascione [n.d.r.: caduto nel corso della tragica ritirata dei partigiani imperiesi dell'ottobre del 1944], viene sostituito da Giorgio [Giorgio  Olivero che nel successivo mese di dicembre 1944 divenne comandante della nuova Divisione partigiana Bonfante]. La Divisione ["Felice Cascione"] ha quindi Curto e Giorgio, Mario e Miliani. Comandante della I Brigata diventa Mancen [Massimo Gismondi], già vicecomandante, la carica vacante passa a Pantera [Luigi Massabò], già capo di Stato Maggiore, il cui posto verrà ricoperto da Pablo [Ercole Pario], già mio superiore nell'Ufficio Operativo che viene soppresso. Commissario della I brigata diventa Osvaldo [Osvaldo Contestabile] che lascia la V Brigata. Vicecommissario sarà Socrate che in ottobre, quando era commissario del distaccamento I. Rainis, aveva effettuato un brillante colpo di mano sulle caserme di Diano Marina. II posto rimase vacante perché Socrate [Francesco Agnese] doveva essere in Val Pennavaira col suo distaccamento, ma purtroppo le nostre speranze erano infondate: Socrate era morto ad Upega.
Contemporaneamente vennero rimaneggiati i servizi: Boris [Gustavo Berio], responsabile S.I.M. della Cascione, è con la IV Brigata ["Elsio Guarrini"]. Achille diventa il viceresponsabile per il Piemonte ed il S.I.M. di brigata passa a Nenno e Rinaldo.
Difficile ed inutile sarebbe seguire tutte le nomine e i cambiamenti che nessuno allora avvertì, tranne gli interessati diretti. Purtroppo la debolezza non era nei capi che si potevano mutare ma nel clima, nel morale, nell'armamento.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 18-19

giovedì 20 aprile 2023

Il partigiano Beretta morì il 14 gennaio 1945, a San Bernardo di Badalucco

Badalucco (IM): Chiesa di San Bernardo da Mentone e Chiaravalle. Fonte: Catalogo Generale dei Beni Culturali

Sarti Oriano, da Otello e Maria Cremesani; n. il 14/ 4/1923 a Bologna; ivi residente nel 1943. Abilitazione magistrale. Insegnante elementare. Richiamato alle armi dalla RSI, non si presentò. Arrestato nel marzo 1944, si arruolò nellʼarma del genio della RSI per evitare la condanna per renitenza alla leva. Trasferito a Taggia (IM), nel giugno 1944 disertò, militò nel 3° btg della 5a brg Nuvoloni della 2ª divisione Cascione Garibaldi e operò in provincia di Imperia. Il 5/1/45 fu catturato dai tedeschi con altri partigiani. Dopo lunga detenzione nelle carceri di Taggia, Alassio (SV), Mantova e S. Michele Extra (VR), fu deportato in Germania. Riconosciuto partigiano dal 15/6/44 al 30/4/45.
(a cura di) Alessandro Albertazzi, Luigi Arbizzani, Nazario Sauro Onofri, Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel Bolognese (1919-1945), Vol. V, Dizionario biografico R - Z, Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea nella provincia di Bologna "Luciano Bergonzini", Istituto per la Storia di Bologna, Comune di Bologna, Regione Emilia Romagna, 1985-2003  

Un piccolo gruppo al comando di Marco Bianchi (Beretta), comandante del IX° distaccamento della IV^ brigata della II^ Divisione "Felice Cascione", era posizionato lungo la strada che da Badalucco, costeggiando la Madonna della Neve, porta a Ciabaudo in Valle Oxentina. Dopo aver trascorso la notte con l'incarico di proteggere il resto del distaccamento posizionato qualche chilometro più a monte, alle prime luci dell’alba il piccolo gruppo si preparava a ritornare alla base. All’improvviso venivano assaliti da un gruppo della GNR in perlustrazione. Subito l’aria veniva solcata da numerose raffiche sparate da ambedue le parti. Marco Bianchi rimaneva gravemente ferito all’addome. Il suo compagno Enzo Magro se lo caricava sulle spalle e con i suoi compagni riusciva a disimpegnarsi. Bianchi morì circa una settimana dopo, il 14 gennaio 1945, a San Bernardo di Badalucco.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, ed. in pr., 2020

[ n.d.r.: tra le pubblicazioni di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone, La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944-8 ottobre 1944), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016  ]
 
3 gennaio 1945 - Dal comando della IV^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 46, ai Battaglioni dipendenti: Trasmissione dell'ordine di sorvegliare attentamente la zona di appartenenza. Ricordati i doveri del capopattuglia. Consiglio di continuare l'addestramento all'uso delle armi ed alla guerriglia. Raccomandazione di fornire precise informazioni militari sulle formazioni nemiche.
5 gennaio 1945 - Dal comando della IV^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della II^ Divisione ed al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Si rendeva noto l'arrivo a Taggia (IM) di bersaglieri che dovevano effettuare rastrellamenti a Sanremo, Ceriana e Valle Argentina. Continuavano i lavori difensivi del nemico sul litorale e lungo la Valle Argentina.
6 gennaio 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni"
della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 253, al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" e p.c. al comando della V^ Brigata - Informazioni militari: "Oggi forze nazifasciste hanno effettuato un rastrellamento a Badalucco. Si calcola siano stati impiegati per detto rastrellamento più di Cinquecento uomini, i quali hanno occupato il paese con manovra avvolgente, provenienti da Molini di Triora, Diano Marina ed Imperia valicando Passo Veina, S. Remo, Ceriana seguendo la via del Passo S. Bernardo.
I nazifascisti hanno bruciato quasi tutte le case di campagna che hanno incontrato sul loro cammino. Le forze provenienti da Molini, arrivate al ponte rotto di Montalto che era ancora notte, cercarono della casa di Fedè (Recapito della Divisione). Verso le ore 9.30 i nazifascisti sono entrati in Badalucco dove sono andati di casa in casa cercando munizioni. È stata bruciata una casa dove è stato trovato un moschetto, un'altra  dove è stata trovata della munizione ed è stata fatta saltare... Tre individui borghesi sorpresi per la via sono stati vilmente trucidati. Alle ore 15 pomeridiane i primi reparti di nazifascisti hanno lasciato Badalucco diretti verso Taggia. In questo primo gruppo ho contato 160 uomini. 4 gruppi di 25 o 30 uomini, i rimasti, lasciavano il paese, diretti, parte verso Taggia, parte verso Carpasio e parte verso Molini di Triora. Questi ultimi sono stati attaccati da squadre di Garibaldini della V Brigata. Durante tale attacco i repubblichini perdevano un mortaio da 81 mm. Alle ore 16.30 una pattuglia composta di 7 uomini, gli ultimi rimasti, lasciava Badalucco e si congiungeva con un gruppo di 50 uomini che attendevano subito fuori il paese.
Al detto dei fascisti che hanno preso parte all'azione, dovevano circondare Badalucco sino dalle 5 del mattino. Tutto ciò è fallito perché al passo di Veina hanno smarrito la strada.
Si è notato che la forza adoperata per questo rastrellamento era composta in massima parte da fascisti e repubblichini, quasi tutti liguri e dei paesi a noi vicini. Pochi erano i tedeschi. Il responsabile S.I.M. di BRIGATA (Brunero)
[Franco Bianchi]"
7 gennaio 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] di Fondo Valle della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della II^ Divisione - Si avvertiva di un prossimo rastrellamento ad opera della compagnia O.P. del capitano Ferrari di concerto con tedeschi di stanza a Taggia (IM) o nella Val Tanaro. "I 100 uomini della O.P. [della GNR, Guardia Nazionale Repubblicana della RSI] hanno morale alto e sono forniti di armamento automatico. Ad un milite è stato chiesto il motivo per cui osavano avventurarsi in così  pochi in zone infide: la risposta è stata che potevano per l'appunto contare sul supporto di forze tedesche".
da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945). Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 

venerdì 14 aprile 2023

Caricato sui muli tutto il materiale, i partigiani della Bonfante lasciarono Viozène

Viozène, Frazione del Comune di Ormea (CN). Fonte: www.loquis.com

Giunto ad Alto il Comando divisione [VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] aveva raccolto altri effettivi della banda della II e III Brigata proseguendo ancora verso Nord. Malgrado le voci contrarie era ormai evidente che il lancio non poteva aver luogo vicino al nemico e che la meta era ormai chiaramente oltre la «28» [n.d.r.: strada statale del Col di Nava].
Attraversata la «28» a Cantarana [n.d.r.: Frazione di Ormea (CN)] le forze della Bonfante si spinsero su Viozène [n.d.r.: altra Frazione di Ormea (CN)] per riunirsi a forti gruppi della Cascione: obiettivo era la difesa del comune campo di lancio di Pian Rosso.
Se in Liguria era già primavera, a Viozène il clima era ancora rigido. Penosi furono quei giorni d'aprile [1945] per la scarsità di viveri ed il ritorno della neve.
I partigiani della Cascione dovettero lottare alle Fascette con la tormenta. I turni di guardia notturni erano estenuanti perché dalle cime del Mongioie scendeva un vento gelato e molti partigiani avevano già cambiato i logori abiti invernali coi pantaloni corti e le magliette estive. Quei giorni di attesa pesarono anche sugli animi più forti: Cimitero [n.d.r.: Bruno Schivo, capo di una squadra del Distaccamento "Filippo Airaldi" del Battaglione "Ugo Calderoni" della II^ Brigata "Nino Berio" della Divisione Bonfante] stesso si presentò al Comando chiedendo di poter rientrare in Liguria perché i suoi uomini con i vestiti che avevano non potevano andare più avanti. Cimitero in quei giorni aveva ingoiato per errore una discreta dose di pastiglie contro il sonno che gli alleati avevano mandato col primo lancio e da tre giorni era di umore nero non riuscendo a dormire. Giorgio [Giorgio Olivero comandante della Divisione Bonfante] gli rammentò l'importanza che aveva per noi la riuscita del lancio e la necessità di disporre per la protezione di forti bande e di uomini come lui. Cimitero rimase.
Quale era lo schieramento della Bonfante e della Cascione? Non lo sapemmo con sicurezza perché nessuna comunicazione ufficiale venne inviata ai partigiani rimasti in Liguria. La zona di Viozène comunque si prestava ottimamente per una difesa: pochi varchi conducevano nella valle incassata e quei pochi erano facilmente controllabili anche con pochi uomini, purché ben armati. La Cascione a quanto pare aveva effettuato un largo schieramento di sicurezza verso sud prendendo sotto controllo tutta l'alta Val Tanaro comprendendovi Upega, Piaggia, Monesi, S. Bernardo. Era all'incirca lo schieramento adottato in ottobre, pur ottenuto con effettivi più ridotti. Evidentemente, più che bloccare l'offensiva nemica con una difesa ravvicinata ad oltranza si contava di opporre una difesa elastica rallentando l'avanzata nemica per il tempo necessario. La Bonfante si pose a immediata difesa del campo di lancio controllando anche con elementi della Cascione l'accesso da Ponti di Nava, dove la minaccia era maggiore. La Bonfante controllava anche il Bocchino a Nord e Carnino ad ovest. Il piano di difesa era buono e idoneo per resistere ad un attacco da molti lati.
Finalmente il 6 aprile [1945] il sospirato evento avvenne. Giorgio mi raccontò bene quel momento: «Passeggiavo fra i fuochi con Robert Bentley [n.d.r.: capitano del SOE britannico, ufficiale di collegamento degli alleati con i partigiani della I^ Zona Liguria] ed alla mia osservazione sull'eventuale pericolo di ricevere qualcosa in testa mi rispose: "Impossibile! Il regolamento vieta i lanci senza paracadute: li vedremo in tempo". Pochi minuti dopo eravamo stesi dietro una roccia terrorizzati da una pioggia di materiale in discesa libera compresi fusti da duecento chili di esplosivo. In termine tecnico il pilota aveva effettuato un free drop. Il lancio questa volta era veramente importante: c'erano mortai, mitragliatrici pesanti, materiale esplosivo, munizioni. Tutto venne suddiviso tra noi e la Cascione». Giorgio ebbe da lamentarsi che «il personale italiano, addetto alla confezione dei lanci al campo, di Livorno, avesse sostituito nei containers le divise nuove con le loro usate e stracciate, il cacao con polvere insetticida, come rilevammo in tempo dall'odore e avesse riempito gli astucci da cannocchiale con cartaccia. Grande stupore sollevarono certe scatole con dentro un pranzo luculliano, incluso il dessert e le sigarette. Erano le razioni di emergenza dei nostri alleati».
Caricato sui muli tutto il materiale la Bonfante lasciò Viozène, si portò verso Rezzo e ripassò la statale in un punto imprecisato. La Cascione, che già aveva avuto a Pian Rosso due lanci, restò in attesa del 4°, che avverrà verso il 19 aprile. Solo quest'ultimo lancio verrà disturbato dai tedeschi che attaccarono da Ponti di Nava. Ormai era tardi ed i partigiani, riforniti dai lanci precedenti, erano in grado di resistere. L'attacco tedesco venne contenuto ed il  materiale salvato quasi tutto, poi anche la Cascione lasciò Viozène.
La reazione tedesca si scatenò nella Val Tanaro deserta, Valcona venne incendiata, ma dei partigiani non era rimasta traccia.
Mentre oltre la 28 si attendeva il lancio, verso il mare la vita continuava normale.
CORPO VOLONTARI DELLA LIBERTA'
ADERENTE Al C.L.N.
6a DIVISIONE D'ASSALTO GARIBALDI LIGURIA S. BONFANTE
STATO MAGGIORE DIVISIONALE
N° PRO.23
OGGETTO:  L.II° RELAZIONE
Al Comando Divisione
Giorno 2.3 45. Alle ore 14,30 sento il messaggio. Parto in tromba
vado a Leverone a Aquila e salgo in Alto e metto tutti in moto visto
che nessuno sa nulla. Passo da Fernandel,metto i suoi uomini
in postazione passo S. Giacomo mentre dalle altre parti metto borghesi
di guardia. Libero lo tengo sul    campo. Meassa non viene, la staffetta
borghese non lo ha avvisato. Alle 21.00 accendo i fuochi, alle
ore 21,45 dopo esser passati cinque aereoplani,arriva il nostro.
Ci fa il medesimo segnale morse che facciamo noi poi incomincia la
pioggia. Un solo apparecchio. Abbiamo tanta nebbia,però tutto
procede bene. Ad un tratto danno l'allarme,hanno visto una luce.
Faccio montare i Bren,caricare i caricatori. Idem per gli Sten.
I muli arrivano,sono immediatamente caricati e spediti da Fernandel
alle 24 avevamo sgomberato il campo. Libero rimane incaricato per
il rastrellamento. L'operazione è finita. Tutto ha funzionato bene.
Sono stanco morto.
Prego di farmi sapere se altri lanci avranno luogo. Se è possibile
continuare con lanci piccoli. Materiale da sabotaggio per ora basta.
Chiedere :  STEN - BREN - MUNIZIONI E CARICATORI S.ETIENNE.
Munizioni PARABELLUM RUSSO.
Portatemi per me almeno un silenziatore per STEN. Anche una
pistola col silenziatore
Stò meglio saluti
                IL CAPO DI STATO MAGGIORE

Nell'archivio di Ramon ho trovato il presente documento. Vi è descritto un lancio che sarebbe avvenuto a Caprauna il 2 marzo e sarebbe stato il II lancio. Poiché non si ricorda, né vi è traccia documentata di un lancio precedente ed il lancio del 13 marzo viene concordemente indicato come il lancio I, penso che vi sia uno sbaglio di data e che il 2-3.45 sia il 2-4.45.
I documenti del comando divisione indicano come Lancio II quello di Pian Rosso.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 230-232

28 marzo 1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - In considerazione del fatto che il campo di lancio scelto per la II^ Divisione offriva maggiori possibilità di ricezione per un grande lancio diurno, si reputava positivamente il fatto di trasferire per il momento parte della Divisione nella zona di lancio di Pian Rosso, mentre l'altra componente avrebbe dovuto attendere il lancio notturno già programmato [a Pian dell'Armetta nella zona di Caprauna (CN)]. Direttiva di effettuare sollecitamente il richiamato trasferimento, attesa l'imminenza del lancio.
31 marzo 1945 - Dal capo di Stato Maggiore ["Ramon", Raymond Rosso] della VI^ Divisione, prot. n° 19, al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Veniva comunicato che i preparativi per il primo lancio erano stati ottimi.
4 aprile 1945 - Dal capo di Stato Maggiore ["Ramon", Raymond Rosso] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 23, al comando della VI^ Divisione - Comunicava le modalità del secondo riuscito lancio alleato del 2 aprile 1945 a Caprauna: "alle ore 14.30 sento il messaggio. Parto in tromba, vado a Leverone e Aquila, salgo in Alto (CN) e metto tutti in moto visto che nessuno sa nulla. Passo da Fernandel [Mario Gennari, comandante della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" della VI^ Divisione], metto i suoi uomini in postazione a Passo San Giacomo, mentre dalle altre parti metto borghesi in guardia [...] Alle ore 24 il campo era completamente sgombero". Ramon concludeva [...] Allegava un elenco di materiale ricevuto, dove figuravano 13 mine, 200 bombe a mano, 4 Bren, 8 Sten, 19 bombe incendiarie, 17 detonatori e molte munizioni.
5 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione, prot. n° 310, al comando della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" - Emanate disposizioni per un nuovo lancio e per la condivisione, con la II^ Brigata "Nino Berio", del materiale ricevuto.
9 aprile 1945 - Dal comando del Distaccamento "Elio Castellari" della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della III^ Brigata - Inviava una dichiarazione della signora Giulia Capetti, in cui la donna sosteneva di essere stata rimessa in libertà dalla gendarmeria tedesca di Albenga alla condizione di fare arrestare il garibaldino "Cimitero" [Bruno Schivo].
da documenti IsrecIm  in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

venerdì 7 aprile 2023

Le barbare uccisioni, a distanza di mesi, di due partigiani del Dianese

Diano Arentino (IM): Foto: Marco Bernardini su Flickr

Sulla giustizia partigiana, vorrei dire un mio parere ampliando il discorso in merito a quanto hanno detto altre persone, che non avevano visto niente e con la Resistenza non avevano niente a che fare; che parlavano per sentito dire e, romanzando in senso negativo i fatti, hanno contribuito senza rendersene conto a denigrare la Resistenza e sono divenuti, quindi, involontariamente strumenti dei nemici della stessa. Mi capitò diverse volte di assistere a processi di singole persone, spie o soldati nazifascisti da noi catturati, giudicati dai tribunali di brigata, con un partigiano che aveva la funzione di loro difensore, e condannati a morte per aver commesso gravissime crudeltà. Il tutto si faceva in segreto per cui il condannato non veniva messo a conoscenza della sentenza, e veniva fucilato senza che se ne accorgesse. Si usava questo sistema, diciamo "umano", perché nella mente del condannato non prendessero corpo la disperazione, il pianto, l'implorazione, il terrore della morte imminente, e quindi non dovesse moralmente soffrire prima del momento dell'esecuzione.
Invece potrei raccontare tanti casi mostruosi di partigiani caduti nelle mani del nemico e condannati a morte: interrogatori con percosse inenarrabili, torture con ferri roventi e simili; trovammo corpi di partigiani con le mani mozzate, con gli occhi fuori delle orbite, altri bruciati vivi. Racconto due episodi di cui, forse esistono ancora testimoni superstiti. Il 29 gennaio 1945 una colonna nazifascista punta su Diano Arentino: i giovani del paese tentano la fuga per sottrarsi alla cattura, ma Francesco Camiglia non ce la fa e viene catturato. Infatti, lanciatosi attraverso i tetti, i nemici lo scorgono e gli sparano contro, é colpito ad una gamba e cade in un vicolo, é raggiunto. Mentre i tedeschi pensano di portarlo a Imperia, i fascisti si impongono e decidono di impiccarlo subito. Trascinano il ferito sotto un albero e gli passano il cappio al collo. La madre, giunta in quel momento, con un urlo di dolore abbraccia il figlio e gli toglie il cappio. Ma di fronte a una simile scena i fascisti non provano compassione, strappano alla madre il corpo del figlio e, di fronte a lei che si dispera, impiccano il Camiglia definitivamente. Il 17 marzo del 1944, durante un rastrellamento tedesco, ad Ormea rimane ferito il partigiano Domenico Novaro. Ricoverato nell'ospedale locale, su delazione di una spia, dopo due giorni é prelevato. Trascinato fuori dal letto, i soldati lo portano al Comando tedesco dove viene crudelmente torturato; le sue grida sono udite dagli abitanti delle case vicine. Distrutto dal male, condotto nel cimitero della città e fucilato il mattino del 17 marzo dopo essersi dovuto scavare la fossa.
Sandro Badellino, Mia memoria partigiana. Esperienze di vita e vicende di lotta per la libertà di un garibaldino imperiese (1944-1945), edizioni Amadeo, Imperia, 1998 

Cortesia Angelo: nato a Vidor il 4 settembre 1927, squadrista della Brigata Nera “Padoan”
Interrogatorio del 3.7.1945: [...] Rimasi in servizio presso la 32^ Brigata nera “Padoan”, operante nella provincia di Imperia. Durante tale periodo presi parte a svariati rastrellamenti, circa 20, contro i partigiani. I rastrellamenti erano sempre diretti da componenti dell’ufficio politico investigativo dell’ex GNR. Molte volte vi prendevano parte anche truppe tedesche anche con elementi delle loro SS. Durante tali rastrellamenti da parte della brigata nera, cioè quando vi partecipavo io, non fu mai ucciso nessun partigiano, ne avremo catturati circa una decina che furono sempre consegnati alle SS tedesche. Non so quale fine facessero. In tutto da parte delle formazioni tedesche saranno stati uccisi circa 45 partigiani. Dei predetti parte rimasero uccisi in combattimento e parte furono fucilati sul posto. Solo uno, che io sappia, fu impiccato a Diano Arentino: ciò avvenne nel mese di gennaio o febbraio del 1945.
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia, StreetLib, Milano, 2019 

Durante il grande rastrellamento di gennaio 1945 il giorno 29 il nemico irrompe nella valle di Diano Marina. Quattrocento tedeschi puntano su Diano Arentino e su Diano Roncagli, in cerca dei distaccamenti e del comando della I Brigata “S. Belgrano”. I giovani di Diano Arentino tentano di sottrarsi alla cattura fuggendo per la campagna. Tra questi è il ventenne Francesco Camiglia che, trovatosi con la casa circondata, tenta la fuga attraverso i tetti vicini. Ma scorto dai tedeschi e preso di mira, cade in un vicolo colpito alle gambe. Catturato, lo trascinano presso un albero di pero nei pressi della casa di Silvio Ascheri, gli passano un cappio al collo e, ormai morente per dissanguamento, lo impiccano.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, ed. in pr., 2020

[ n.d.r.: tra le pubblicazioni di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone, La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944-8 ottobre 1944), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016  ]

Agostini Annibale: nato a Genova il 13 maggio 1911, agente in servizio presso la Squadra Antiribelli della Questura di Imperia
Interrogatorio del 10.10.1945: [...] Nel dicembre del 1944, per ordine del Questore Sergiacomi, passai a prestare servizio all’ufficio politico della brigata nera in qualità di agente di polizia giudiziaria, verbalizzando tutte le operazioni effettuate dagli elementi della brigata nera. Chi interrogava erano solitamente il Maresciallo Vitiello ed il Ten. Gerli. Ho preso parte, sempre perché comandato, alle seguenti operazioni condotte dalla brigata nera: a Moltedo, Caramagna, Artallo, Diano Arentino ed altri paesi di cui non ricordo il nome.
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia, StreetLib, Milano, 2019

[...] Novaro Domenico, nato a Diano Castello (IM) 19/08/1916, residente Diano Castello, ucciso Ormea (CN) 17/03/1944, IV Divisione Autonomi, 13ª brigata “Valle Tanaro” [n.d.r.: 12 caduti]
[...] Tra il 13 e il 27 marzo avviene il grande rastrellamento che coinvolge i partigiani, comandati da Enrico Martini “Mauri”, delle formazioni militari autonome delle valli Corsaglia, Maudagna, Casotto, Mongia e Tanaro, ma le fucilazioni dei catturati proseguono a Ceva fino al 5 aprile e alcune centinaia subiranno la deportazione. L’azione è preparata fin dall’11 marzo e coinvolge l’area: Pieve di Teco, Nava, Val Tanaro, valle Mongia, Valle Casotto, Valle Maudagna, Valle Corsaglia e Ellero.
Michele Calandri, Episodio di Ormea, 13-27.03.1944, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia

Colpirono secchi per primi, senza che quasi nessuno se ne accorse, Livio Fiorenza e Roberto Sasso. Giovanni Ramò lo colpirono alla testa e rimase in agonia solitaria a lamentarsi dentro una scaffa, nessuno potendolo soccorrere sempre sotto tiro. Dopo catturarono anche Domenico Novaro già ferito e nascosto nell'ospedale di Ormea; appena se ne accorsero che era lì, lo portarono sul posto al cimitero, che lo sotterrassero alla svelta. Lo finirono col mitra riverso nell'ultimo sussulto, ormai dissanguato, e lo cacciarono a pedate dentro la fossa. Alla fine tutti i patrioti fradici si sbandavano nei cespugli o ritornavano alle loro case, guardandosi bene intorno per non imbattersi nei tedeschi. Allora mandarono la cicogna, che svolazzò avanti ed indietro, frugando rasente sulla conca di Nava per stanarli dai cespugli e dai fossi, finché quando cominciò a scurirsi in tutto quel verde umido, qualche raffica stanca si perse ancora lontana. Quando fu buio del tutto continuarono con le traccianti di una mitragliera da 20 impiantata su un'autoblinda dalla Fontana del Serpente davanti alla cava del marmo.
Osvaldo Contestabile, Scarpe rotte libertà. Storia partigiana, Cappelli editore, 1982