lunedì 26 ottobre 2020

Il fallimento della missione alleata Zucca in provincia di Imperia


Il 12 andante la guardia di finanza di Riva S. Stefano procedeva all'arrivo del treno antimeridiano proveniente da Genova al fermo di un individuo che subito dopo riusciva a liberarsi ed a darsi alla fuga, senza essere raggiunto, nonostante l'inseguimento e l'esplosione di alcuni colpi.
L'individuo abbandonava una valigetta contenente un apparecchio radio trasmittente e ricevente di fabbricazione straniera, una pistola "Beretta" con caricatore carico e pallottola in canna e due lettere, una delle quali a firma MONTESI Aldo.
Sono in corso accurati accertamenti ed attive ricerche per l'identificazione ed arresto del responsabile.
L'apparecchio è stato consegnato al locale Comando Militare Germanico, a sua richiesta.
Null'altro da segnalare per il territorio di questa Provincia, ove non si sono verificati altri avvenimenti degni di particolare rilievo [...]
Ermanno Durante, Questore di Imperia, Relazione settimanale sulla situazione economica e politica della Provincia di Imperia, Al Capo della Polizia - Maderno, 29 febbraio 1944
 
Ermanno Durante, ex-Questore d’Imperia, torturatore di partigiani nel Campo di Fossoli
Daniel Degli Esposti, Episodio del Poligono del Cibeno, Fossoli, Carpi, 12.07.1944, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia
 
Santo Stefano al Mare (IM): una vista, nell'ordine, fino a Riva Ligure, Arma di Taggia, costa orientale di Sanremo

[…] il caso della missione Zucca del 2677° reggimento O.S.S.-U.S. Army. Ne era a capo il tenente di artiglieria Piero Ziccardi, Zucca, Bruno, che, da Roma, fu inviato a Genova per attuare un collegamento fra il Comando Supremo e la città, con l’aiuto degli americani. Egli iniziò a tessere una rete informativa che ebbe un duro colpo la notte del 22 febbraio [1944] a Riva Santo Stefano [n.d.r.: oggi due distinti comuni della parte centrale della provincia di Imperia], quando la polizia sorprese alcuni appartenenti all’organizzazione che attendevano un sommergibile alleato che doveva sbarcare materiale. Vi fu uno scontro a fuoco, una radio fu sequestrata e fu perduta una borsa piena di documenti [...] 
Giuliano Manzari, La partecipazione della Marina alla guerra di liberazione (1943-1945) in Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Periodico trimestrale - Anno XXIX - 2015, Editore Ministero della Difesa
 
Il sommergibile citato era atteso davanti al margine occidentale di Riva Ligure e lo scontro con la polizia fascista dovrebbe essere accaduto secondo Peter Tompkins, citato qui infra, a Sanremo, ma la versione preferita dalla maggior parte degli autori che si sono occupati dell'episodio è similare a quella del Manzari, anche perché - vedere sia sopra che infra - esiste precisa documentazione di fonte repubblichina che avvalora tale circostanza; in ogni caso sulla dinamica dei fatti tutti gli autori si trovano sostanzialmente d'accordo.
Adriano Maini
 
Poco dopo la liberazione di Napoli, Stimolo [n.d.r.: già eroe delle Quattro Giornate di Napoli] era stato inviato da Bourgoin assieme ad altri a Roma per prendere contatti con i gruppi partigiani locali, tornando alla base di Pozzuoli alla fine del mese di novembre 1943. Successivamente era stato imbarcato nel sommergibile Axum che, nella notte tra il 4 e il 5 dicembre 1943 aveva sbarcato sulle rive tra Pesaro e Gabicce, al di sotto del Colle San Bartolo, numerosi agenti inviati da Bourgoin, destinati a varie distinte missioni nel Nord Italia. Tra di essi vi era Stimolo (Corvo), con l'obiettivo di raggiungere a Roma il fratello Luigi (Civetta) e con lui ed il radioperatore Aldo Montesi (Maria Giovanna), ricongiungersi con gli uomini della missione Zucca operativi a Genova per supportarli nel portare a termine l'incarico affidato.
 
L’OSS, nata nel 1942, diede un forte contributo per organizzare lo sbarco degli alleati in Sicilia e Corvo [Max Corvo] era alla testa del S.I. (Service Intelligency). L’OSS si frantumò in varie Sezioni ma Max [Corvo] rimase a capo del S.I. fino a fine guerra; a questa apparteneva anche l’ORI (Organizzazione Resistenza Italiana), composta da circa 45 agenti, costituita a Napoli nel novembre del 1943, al cui comando era Raimondo Craveri, sorretto dal suocero Benedetto Croce. La maggior parte dei 45 antifascisti proveniva dal nord Italia, e diede un importante contributo alla lotta partigiana [...] fu costituita una Sezione OSS-SIM presso il Governo Badoglio con a capo il Maggiore [André] Bourgoin, un americano di origine francese che odiava gli italiani.
Ennio Tassinari su Patria Indipendente,  18 febbraio 2007 

Uno scorcio dell'ex stazione ferroviaria di Riva - Santo Stefano

La quinta missione speciale condotta da una delle squadre a bordo del sottomarino Axum e denominata "Maria Giovanna", fu compiuta in Liguria. Il 5 dicembre 1943, Enzo Stimolo, nome in codice “Corvo”, che aveva già preso parte alla citata prima squadra a Roma, sbarcò, insieme con il radiotelegrafista Aldo Montesi, “Maria Giovanna”. Bourgoin ordinò a “Corvo” di andare a prendere suo fratello Luigi, “Civetta”, che era a Roma e di procedere immediatamente verso Genova per stabilire ivi il suo Quartier Generale e costituire una rete di agenti nella regione Liguria. Stimolo arrivò sano e salvo a Genova e stabilì immediatamente il collegamento con il Quartier Generale. Nello stesso tempo, intorno alla metà di febbraio, Bourgoin, che aveva pianificato due missioni denominate Richmond IV e V, decise di far atterrare sulla costa ligure, vicino a Sanremo, gli agenti che componevano le squadre incaricate delle predette missioni. A Stimolo “Corvo” fu ordinato di posizionarsi sulla spiaggia con la sua attrezzatura radio, in maniera tale da poter assicurare un costante collegamento diretto con le due spedizioni, prima del programmato atterraggio. Nel frattempo, Bourgoin e le due squadre sorvolavano la Corsica, con tutti gli uomini e l’equipaggio, in attesa di ricevere segnali da “Corvo”. Sfortunatamente, anche la missione di Stimolo e compagni non ebbe successo. L’epilogo fu così delineato dallo stesso capitano Bourgoin: “Sfortunatamente, al loro arrivo presso la stazione ferroviaria (di Sanremo, nda) la guardia doganale volle ispezionare la valigia nella quale era custodita l’attrezzatura radio. Stimolo tolse la valigia dalle mani del suo radio operatore e gli disse di scappare; repentinamente, si voltò indietro e sparò al doganiere un colpo di pistola; saltò sopra la barriera e sparì in mezzo alla folla. La radio andò perduta e Stimolo contattò immediatamente il Dottor Beltramini per avvertirlo di cancellare l’operazione in quanto non era più in tempo”.
L’episodio fu riportato in una versione parzialmente differente dal radio operatore Aldo Montesi, il quale, a differenza di quanto testimoniato da Bourgoin, non menzionò l’uccisione del doganiere, riferendo, al contrario, che “Corvo” era scappato, mentre l’altro lo aveva inseguito sparando. Infine, Montesi raccontò di essere restato immobile e, quindi, arrestato anche se poi, avendo risposto in modo non sospetto, fu solo perquisito e finalmente rilasciato: “Non trovarono niente di incriminante e io offrii a ciascuno un pacchetto di sigarette che accettarono […] Entrai in un ristorante per distruggere il piano di trasmissione e il cifrario che avevo in tasca […] Presi il treno per Genova”. <68.
Successivamente, il capitano Bourgoin paracadutò a Stimolo un’altra apparecchiatura radio sulle Alpi e quest’ultimo la trasportò a Genova. L’agente iniziò così a svolgere un lavoro molto interessante grazie al quale furono ottenute informazioni militari di grande valore.
68 Il rapporto Montesi (NARA RG 226, E. 124, B. 30), è citato da P. Tompkins che, a tal proposito, riportava anche la testimonianza di tale Tristano Luise “Dattilo” che avrebbe preso parte alla missione con “Corvo”, “Civetta” e Montesi, di cui invece Bourgoin non faceva menzione. P. Tompkins, L’altra Resistenza cit., pp. 400 e 401.
Michaela Sapio, Servizi e segreti in Italia (1943-1945). Lo spionaggio americano dalla caduta di Mussolini alla liberazione, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, 2012
 
Una vista del tratto di costa, compreso tra il levante di Sanremo e Santo Stefano al Mare (IM)

Nel frattempo Ziccardi, che aveva assunto il nome di copertura di "Zucca", doveva cercare un posto sicuro sulla costa Ligure dove poter sbarcare uomini ed equipaggiamento. Ziccardi-Zucca tornò a Genova dove, assieme al suo vecchio amico Tristano Luise, "Dattilo", collaborò con la missione di Enzo Stimolo (Corvo), sbarcato il 5 dicembre [1943] dal sottomarino Axum sulla costa adriatica con gli altri agenti di Bourgoin [...] Lo scopo di Bourgoin era di adoperare i due Stimolo, ex membri del SIM, per tenere sotto controllo Zucca e i suoi subagenti, arruolati tra i suoi studenti. Arrivati a Genova, i fratelli Stimolo, che non conoscevano nessuno da quelle parti, aggregandosi a Zucca e Dattilo informarono Bourgoin che avevano trovato un posto di sbarco su una spiaggia deserta cinque chilometri a sud [piuttosto, a levante] di San Remo, alle foci della fiumara di Taggia, poco prima di Santo Stefano al Mare [come per altre successive missioni alleate ipotizzate o fallite verso i partigiani imperiesi si trattava di una zona coincidente o abbastanza prossima al Giro del Don nell'attuale comune di Riva Ligure]. Per sbarcare in quel punto uomini ed equipaggiamento Bourgoin partì in volo per Bastia dopo aver ordinato a Stimolo di aspettarlo sulla spiaggia con la sua radio in modo da restare in contatto costante con lui, mentre, con gli uomini da sbarcare, si sarebbe avvicinato via mare. Il 22 febbraio Corvo, Dattilo e il radiooperatore Montesi presero il treno per San Remo. Zucca non poté partecipare perché quel giorno doveva essere a Milano per fare lezione all'università. I cospiratori, scesi alla stazione di San Remo, furono fermati all'uscita da una guardia doganale che insisteva nel voler ispezionare la valigetta in cui c'era la radio. Nel resoconto drammatizzato di Bourgoin: "Stimolo prese in mano la valigetta dall'RT [radiotelegrafista] e girandosi verso il doganiere gli sparò un colpo di pistola, uccidendolo. Saltò il cancello e si perse nella folla". Il racconto più sobrio di Dattilo, testimone della scena, non fa menzione di questa uccisione. Riferisce che Stimolo riuscì a scappare schivando una raffica sparatagli dietro. Questa testimonianza è convalidata dal radiooperatore Montesi con maggiori dettagli: "Corvo portava la radio e io una borsa con cose personali. Al primo posto di controllo egli riuscì ad evitare una perquisizione da parte di due guardie repubblicane, dicendo che la valigia conteneva strumenti chirurgici e che aveva premura perché vi era una persona in pericolo di vita. Le guardie gli credettero e lo lasciarono passare. Ma un po' più in là fu fermato da una persona in borghese che insisteva nel vedere dentro la valigia. Corvo gli ripeté la storia di prima, ma non fu creduto. Vedendo che l'uomo tirava fuori la rivoltella, Corvo pose la valigia su un muretto e scappò, mentre l'altro lo inseguì sparando". Montesi continua la sua descrizione: "Decisi di non muovermi e di mantenere la calma, pensando che se avessi cercato di scappare sarei stato inseguito... Le due guardie repubblicane mi arrestarono. Con calma chiesi loro perché. Che colpa avevo io se uno scappava con roba da borsa nera... A tutte le loro domande risposi in modo naturale e fortunatamente fui creduto. Frugarono nella mia borsa, nella quale avevo dichiarato esserci effetti personali e dodici pacchetti di sigarette. Non trovarono niente di incriminante e io offrii a ciascuno un pacchetto di sigarette, che accettarono volentieri... Entrai in un ristorante per distruggere il piano di trasmissione e il cifrario che avevo in tasca... Presi il treno per Genova". Dattilo, che portava una borsa di documenti da imbarcare, piena di informazioni che avrebbero potuto incriminarli tutti, riuscì a nasconderla in una casa diroccata sulla strada per Santo Stefano al Mare, evitando la polizia sopraggiunta su varie macchine. Dalla stazione di San Remo Dattilo partì per Milano e comunicò alla base attraverso la radio di Como che bisognava cancellare l'operazione. Per due giorni Corvo si nascose in montagna, inseguito dalla polizia, per poi tornare tranquillamente a Genova. Il 26 febbraio Alberto Blandi, "Falco", una giovane recluta di Zucca, tornò a Santo Stefano al Mare per cercare la borsa lasciata da Dattilo nella casa diroccata. Avendo indicazioni precise, quando non trovò la borsa capì che qualcuno l'aveva portata via, esponendo tutti loro a grave pericolo se fosse caduta in mano alle SS. Ma la Gestapo era già sulle loro tracce per via di un altro giovane reclutato da Zucca, "Conte". Questi si era messo a frequentare un interprete della Gestapo per ottenere informazioni ed era stato pedinato. Arrestato, "Conte" fu torturato brutalmente finché dopo dieci giorni fece il nome di Zucca [...] Zucca riuscì a scappare e si rifugiò a Milano, dove si aggregò alla rete di Como grazie alla moglie Wanda, lasciando a Dattilo l'organizzazione a Genova. Dattilo durò poco. Nella missione di Corvo a Genova si verificarono una serie di fatti ancora più gravi. Il debole di Bourgoin per il doppio gioco e per le trattative con i doppiogiochisti avrebbero avuto conseguenze disastrose [...]
Peter Tompkins, L'altra Resistenza. Servizi segreti, partigiani e guerra di liberazione nel racconto di un protagonista, Il Saggiatore, 2009
 
Il torrente Caravello a Riva Ligure

Il 22 febbraio 1944 Stimolo, Luise e Montesi, scesi alla stazione ferroviaria di Sanremo, furono bloccati da militi della RSI che chiedevano di ispezionare la loro valigetta, in cui era contenuta la radiotrasmittente. Stimolo, riuscito ad evitare la perquisizione con una scusa credibile, venne subito dopo bloccato da un individuo in borghese che richiese nuovamente di ispezionare la valigetta e che, alle risposte evasive dei cospiratori, fece l'atto di tirare fuori una rivoltella. A quel punto Stimolo abbandonò la valigia e si diede alla fuga, inseguito dai colpi di pistola, mentre i suoi compagni furono arrestati ma successivamente rilasciati, riuscendo abilmente a liberarsi dei documenti compromettenti che avevano addosso. Stimolo, dopo alcuni giorni di fuga, braccato dalla polizia, ritornò a Genova, continuando ad operare clandestinamente. 
 
Di questo periodo è pure da ricordarsi un fatto riguardante la missione Zucca, avvenuto nel territorio della provincia di Imperia. La missione "Zucca", centro di informazioni così denominato, aveva sede in Genova ed operava in collegamenti con esponenti di primo piano delle forze resistenziali della stessa città, con lo scopo di tenere contatti con gli Alleati [...] Nella notte del 22 febbraio 1944 alcuni componenti di detta missione, portatisi a Riva Santo Stefano in vicinanza di Arma di Taggia, erano in attesa di un sottomarino alleato, per "sbarcare e imbarcare materiale", quando furono scoperti dalla polizia dei nazifascisti. Vi fu uno scontro, durante il quale i nazifascisti perdettero un uomo; la missione "Zucca", da parte sua, perdette una radio trasmittente ed una borsa piena di documenti, la cattura della quale paralizzò per molto tempo l'attività della missione stessa. L'operazione progettata non si potè effettuare.
Giovanni Strato, Storia della Resistenza imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Sabatelli Editore, Savona, 1976
 
Pagina 34 del Notiziario GNR del 3 marzo 1944 cit. infra - Fonte: Fondazione Luigi Micheletti

dalla LIGURIA
Imperia
Il 22 febbraio u.s., verso le ore 11,30, presso lo scalo ferroviario di Riva S. Stefano, una pattuglia annonaria della Guardia di Finanza fermò uno sconosciuto recante una pesante valigia. Costui abbandonò la valigia dandosi alla fuga, invano inseguito e fatto segno a colpi d'arma da fuoco. Nella valigia venne rinvenuto un apparecchio radio trasmittente e ricevente di marca inglese, una pistola automatica, una bussola e un foglio con codice convenzionale per trasmissioni. Il tutto fu consegnato al comando provinciale germanico.
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del giorno 3 marzo 1944, p. 34,  Fondazione Luigi Micheletti  
 
Sempre nella provincia di Imperia si svolse il 22 febbraio 1944 un'azione della cosidetta "Missione Zucca". Si trattava di un centro di informazioni con sede in Genova che svolgeva anche attività operativa sul territorio ligure e che organizzò, nella zona di Arma di Taggia, una missione al fine di sbarcare materiale da un sottomarino alleato. La missione fallì in quanto fu scoperta dalla polizia nazifascista e conseguenza di tale fallimento fu l'arresto, la deportazione e la fucilazione di alcuni dei suoi membri.
Paolo Revelli, La seconda guerra mondiale nell'estremo ponente ligure, Atene Edizioni, Arma di Taggia (IM), 2012
 
Nei mesi successivi, a causa della delazione di un membro nell'organizzazione che faceva il doppio gioco, vennero scoperti e, nell'estate del 1944, arrestati numerosi membri della missione, tra cui gli stessi Dattilo e Zucca, compromettendone definitivamente l'esito. 
 

giovedì 22 ottobre 2020

Il giornalino partigiano stampato nella tipografia del parroco di Realdo

Fonte: Rete Parri

L'organizzazione partigiana era ormai efficiente; i collegamenti fra i vari gruppi erano armoniosi ed efficaci. I vari attacchi ai gruppi dei nazifascisti avevano reso la zona dell'Alta Valle Argentina sufficientemente sicura. Era anche possibile, con discreta facilità, raggiungere la zona delle formazioni di Imperia. Il numero dei partigiani era aumentato e l'armamento quasi completo. Mancava un giornalino di propaganda.
Dice Vitò [Giuseppe Vittorio Guglielmo]: «Dal Comando di Divisione era venuto l'invito di trovare un mezzo per organizzare un giornalino. Non c'era possibile andare in città per cercare una tipografia accondiscendente. Eravamo troppo distanti e bisognava attraversare alcuni territori tenuti dai nazifascisti. Sapevo che a Realdo [Frazione di Triora (IM), Alta Valle Argentina] vi era un parroco che aveva macchine per stampare. Anche se il macchinario era un po' antiquato, poteva benissimo servire per stampare il nostro giornalino, che prima che nascesse l'avevamo già battezzato "Garibaldino". Ma ero veramente preoccupato sul come presentarmi a quel sacerdote. Se andavo io, un comunista, avrei potuto far fallire l'impresa. Era con noi Don Armando Micheletto (Domino nero) e fu questa una combinazione favorevole e risolutiva. Pregai lui di prendere contatti con Don Peitavino e gli raccomandai di riuscire anche mediante accordi. Fragola-Doria [Armando Izzo] si associò a Domino nero e partirono per la missione. Fu presto vinta la resistenza del parroco con argomentazioni che trovavano una base di serietà sulla richiesta che veniva a lui da un suo confratello sacerdote, che viveva in mezzo ai partigiani. Un altro fattore che contribuì a rassodare la richiesta fu la presentazione a Don Peitavino, di un suo nipote partigiano, del suo stesso paese natio, Isolabona, che avrebbe preso la direzione della redazione del giornalino».
Don Armando e Fragola-Doria comunicarono a Vitò le promesse fatte al parroco che concedeva la tipografia. Un certo aiuto economico a lui che era poverissimo tra i poveri ed il rispetto per la sua casa e per i suoi macchinari.
Accettate le condizioni, Vitò fu generoso come sempre e come con tutti, tanto da suscitare nel parroco entusiasmo per il lavoro di tipografia. Lui stesso rifornì carta, inchiostro, lavoro. Passava alcune notti a lavorare coi giovani chiamati a collaborare; insegnava l'arte della stampa.
Fragola-Doria e Peitavino (Silla) furono i primi compilatori del giornalino, dalla testata che era un programma ed una bandiera: «Il Garibaldino».
Ora Silla è preside nel liceo di Cavour in Piemonte. A lui domandate come faceva a bere il vino della S. Messa dello zio prete e come sapeva sottrarre le formaggette tenute in gran conto.
Vitò era soddisfatto della riuscita e desiderava che il giornalino si propagandasse ovunque. Anche nell'intervista a distanza di tanti anni mi confidava: «Così potemmo dimostrare che tutte le forze vive erano state chiamate all'intervento e che si davano da fare per ottenere quanto il Comando di Divisione voleva. Quel prete, nonostante le marachelle che gli combinavano i nostri partigiani, capitanati da Silla, era felice di averci aiutato e di essere aiutato da noi. Era tremendamente povero ed isolato anche dalla popolazione. Lui faceva da maestro nella stamperia. Il primo numero uscì nella prima quindicina di settembre».
Fragola-Doria era il moderatore delle marachelle dei partigiani della stamperia e quando Don Peitavino aveva qualche lamento da fare, si rivolgeva a lui. Gli si era talmente affezionato che quando seppe che era stato colpito a Pigna e lo credeva morto, aveva celebrato delle messe per lui. Ma non era morto e lo andò a trovare per confermargli la sua riconoscenza: «Mio caro, ti credevo morto, ed ho celebrato messe in suffragio per l'anima tua».
«Grazie, reverendo, le messe fanno bene anche ai vivi».
Vi era una simpatia fra i due per vicendevoli servizi resi e Don Peitavino lo stimava e lo rispettava. Per lui e per le affettuose cure avute dai partigiani della tipografia, era un convinto assertore della bontà della lotta dei partigiani contro tedeschi.
don Ermando Micheletto * La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di Domino nero Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1973, pp. 110, 111
* ... Don Micheletto per tutta la guerra si adoperò per i partigiani, generalmente in contatto con i gruppi di Vitò, che accompagnò spesso nei loro spostamenti. Esplicherà la sua attività specialmente nell'assistenza e per captare messaggi radio. Giovanni  Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia
 
Il foglio "Il Garibaldino" nasce ad opera della sezione “agitazione e propaganda” della IX^ Brigata “Felice Cascione” - poi divenuta nel luglio 1944 la II^ Divisione d’Assalto Garibaldi “Felice Cascione” - con l’intento di essere la voce dei Garibaldini della provincia di Imperia.
Gli articoli affrontano vari argomenti, tra i quali si segnalano: l’andamento della situazione politica e militare; i commenti delle azioni compiute dai vari distaccamenti; gli atti di eroismo individuali; le informazioni sulla vita interna dei distaccamenti, con particolare risalto al morale e alla disciplina dei partigiani; l’incentivazione dello spirito di emulazione fra i singoli combattenti.
Detti contenuti sono indicati dall’Ispettore di Zona Carlo Farini, “Simon”, in una sua lettera circolare del 14 giugno 1944.
Gli articoli essenzialmente politici sono scritti dal Commissario politico della divisione Libero Briganti, “Giulio”, e da Agostino Bramé, “Orsini”.
I primi due numeri del 14 luglio e del 6 agosto 1944, sono tirati in 400 copie ciascuno e sono stampati presso la tipografia di Villatalla, situata nel comune di Prelà. Responsabili della stamperia sono Giovanni Acquarone, “Barba”, e Riccardo Parodi, “Ramingo”.
 

Fonte: Rete Parri

Il primo numero è distribuito nella provincia di Imperia e parte del basso Piemonte, mentre il secondo circola prevalentemente tra i distaccamenti della brigata.
Il terzo numero esce invece il 20 settembre 1944, come primo di una nuova serie promossa dalla II^ Divisione d’Assalto “Felice Cascione”, con cadenza periodica - almeno nelle intenzioni -, in 8 facciate. 

Fonte: Rete Parri

È stampato presso la tipografia di Realdo, frazione del comune Triora in Valle Argentina. La costituzione di tipografia è stata promossa da: Armando Izzo, “Doria Fragola”, Commissario di divisione; Vittorio Guglielmo, “Vittò”; Comandante del gruppo divisionale; Ferdinando Peitavino, “Silla”, nipote del parroco Don Luigi Peitavino, il quale ha messo a disposizione i macchinari tipografici installati nella canonica del paese.
L’idea è di stampare il periodico con cadenza quindicinale, ma per varie vicissitudini “Il Garibaldino” non sarà più pubblicato se non dopo la Liberazione, con l’uscita di alcuni numeri dedicati soprattutto alla commemorazione dei caduti.
Istituto Nazionale "Ferruccio Parri"
 
Come afferma il garibaldino Gino Glorio (Magnesia) amministratore della brigata, la prima copia de Il Garibaldino fu stampata il 14.7.1944 e distribuita a San Bernardo di Garessio, nell'alta val Tanaro e nella parte orientale della Provincia, dal Comando della I brigata con sede a Lovegno. La stessa cosa si ripeté nella parte occidentale.
Il giornale era formato  da  due pagine stampate in modo primitivo; vi si parlava del rastrellamento di Stellanello (battaglia di Pizzo d'Evigno del 19.6.1944) e si citavano le azioni principali delle varie brigate. Un articolo commentava in modo ottimistico le operazioni alleate, un altro esaminava la nuova situazione creatasi in seguito all'occupazione garibaldina dell'interno (Pieve, Ormea, Garessio): raccomandava il comportamento corretto, cordiale dei partigiani con la popolazione dei grossi centri perché in essi doveva vedere i suoi figli, la propria difesa. Solo in questo modo sarebbero stati degni di liberare le città della costa. Inoltre si deplorava la leggerezza con cui alcuni  partigiani raccontavano le azioni eseguite o progettate. Concludeva ricordando che il silenzio e la sorpresa erano le migliori garanzie per il successo. Il 6 agosto 1944 fu distribuito tra i distaccamenti delle brigate il secondo numero de Il  Garibaldino. Come il precedente, conteneva un commento sulla situazione militare, le principali azioni del mese di luglio, accennava ad un distintivo che sarebbe stato consegnato a  tutti i partigiani: la stella rossa con l'effige di Garibaldi. In agosto Libero Briganti (Giulio) commissario della II^ divisione F. Cascione, non solo faceva produrre materiale vario di propaganda stampato dalla tipografia di Villa Talla, ma anche dal suo commissariato con la macchina da scrivere per cui, durante il mese, vennero lanciati i seguenti dattiloscritti intitolati come segue:
Direttive per l'insurrezione nazionale e per l'organizzazione di organi di potere popolare (7 fogli, del 6.8.1944), Sulla via dell'insurrezione (8 fogli, del 10.8.1944), La disciplina che vuole il soldato del popolo (3 fogli, del 19.8.1944), Difendiamoci dal nemico (2 fogli, del 22.8.1944), Chi siamo, cosa vogliamo (2 fogli, del 24.8.1944), Garibaldini e popolo (2 fogli, del 28.8.1944.
Il presidente del C.L.N. provinciale Gaetano Ughes (Giorgio), in una sua relazione scriveva che il servizio stampa e  propaganda del C.L.N. era stato affidato all'organizzazione comunista, la più preparata ed organizzata, che già funzionava a pieno ritmo da molti anni. Essa fu diretta da numerosi compagni e particolarmente da Ernesto Baldini (Leandro, poi Serra), segretario della Federazione comunista d'Imperia, inviato da Genova e che restò alla Federazione dalla fine di agosto 1944 al marzo 1945.
Le squadre S.A.P. della divisione G.M. Serrati alle dirette dipendenze della Delegazione Militare provvedevano all'affissione notturna e diurna ed alla distribuzione in città e nel circondario del materiale propagandistico. Altro materiale di propaganda veniva inviato dal C.L.N. di San Remo (dirigenti: Rovelli e Mascia),  che ne curava la distribuzione nei diversi piccoli e grandi centri abitati.
A proposito, Mario Mascia ci ricorda che il C.L.N. di San Remo spese circa 150.000 lire per la stampa e propaganda; organizzò il servizio stampa e propaganda nella parte occidentale della Provincia con l'aiuto del P.C.I. che mise a disposizione tutti i suoi mezzi;  pose mano alla pubblicazione di manifesti di propaganda di varie dimensioni, lanciandone circa 30 tipi per un numero complessivo di circa 25.000 copie.
Il C.L.N. provinciale provvide a far stampare 40 tipi differenti di manifestini (nella tipografia di Villa Talla) per complessive 50.000 copie e ne curò l'affissione e la distribuzione.
Altre 20.000 copie di volantini diversi giunsero da Savona e da Genova. Furono diffuse parecchie migliaia di opuscoli di propaganda; stampigliate sui muri della città varie scritte antifasciste ed antitedesche.
A metà settembre 1944 il Comando della divisione Cascione, dislocato a Piaggia, trasferì il tipografo Enrico Amoretti dalla tipografia di Villa Talla a quella di Realdo in valle Argentina, piccola tipografia parrocchiale installata nella canonica del paese, dove si stampavano foglietti a carattere religioso.
Per convincere il parroco don Peitavino a mettere a disposizione della Resistenza la tipografia, il comandante della V brigata Vittò aveva mandato don Micheletto (Domino Nero), parroco di Cetta [in effetti, prima di entrare in clandestinità, Don Micheletto era a Camporosso], a parlamentare con lui.
Il parroco di Realdo mise a disposizione il macchinario al quale s'impegnò personalmente, coadiuvando nel lavoro di stampa Ferdinando Peitavino (Silla) di San Remo [in effetti di Isolabona, in Val Nervia], Lorenzo Musso (Sumi) e l'Enrico Amoretti, il dottor Millo e un compagno di Pigna. Così il 20 di settembre, come periodico della II^ divisione Cascione, uscivano il primo numero del giornaletto Il Garibaldino  (3° della serie), su otto facciate, ed il primo quantitativo di tesserini di riconoscimento da distribuire ai garibaldini.
Il 26 ed il 27 del mese stesso i responsabili dei settori A, B, C (San Remo, Imperia, Albenga), informavano la Federazione del P.C.I. d'Imperia ed il Comando della Cascione di aver ricevuto i plichi contenenti i giornaletti Il Garibaldino, l'Unità del 19.9.1944 (edizione imperiese) e il volantino Ordine di mobilitazione volontaria con l'invito di rientro a tutti i partigiani che si erano allontanati. Gli addetti dei tre settori provvedevano subito a distribuire il materiale di propaganda.
Durante il grande rastrellamento di Pigna-Upega dell'8-22 ottobre 1944, il tipografo Enrico Amoretti, che aveva seguito il Comando della divisione garibadina, fu catturato ad Upega dai Tedeschi, ma dopo due giorni, liberato, ritornò alla tipografia di Realdo dove trovò le SS tedesche che stavano confrontando i caratteri tipografici con quelli dei giornaletti; però, siccome quelli usati per la stampa clandestina erano tenuti nascosti, non scoprirono il corpo del reato [...]
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura Amministrazione Provinciale di Imperia e con patrocinio Isrecim, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977

lunedì 12 ottobre 2020

Testaverde Alfonso alias Tullio è stato inquadrato nelle forze di questo comando sin dalla fase cospirativa




La signora Angela Maria Calvi Testaverde

La signora Angela Maria Calvi Testaverde

Una cerimonia del 90° Reggimento, cui appartenne l'allora tenente Alfonso Testaverde

[  Vengono qui pubblicati due documenti ed alcune fotografie inviate dal signor Franco Testaverde, figlio di Alfonso Testaverde, ufficiale di carriera, e di Angela Maria Calvi, nata a Sanremo il 16 gennaio 1925, di storica famiglia della Città dei Fiori, all'epoca dei fatti qui di seguito tracciati non ancora sposati, entrambi ferventi patrioti antifascisti, la signora quale staffetta partigiana. Per una migliore comprensione del contesto si aggiungono, inoltre,  alcune debite informazioni   ]

Nei primi di ottobre 1943 Bruno "Erven" Luppi dopo varie peripezie raggiunge la sua abitazione a Taggia … In quel periodo entra a far parte del Comitato di Liberazione di Sanremo, come rappresentante insieme al Farina del PCI, con l’incarico di addetto militare. Organizza pure il CLN di Taggia … Il gruppo prende pure contatto con la banda armata di Brunati, dislocata a Baiardo e con altre formatesi in Valle Argentina.                                                                                               Francesco Biga in Atti del Convegno storico LE FORZE ARMATE NELLA RESISTENZA di venerdì 14 maggio 2004, organizzato a Savona, Sala Consiliare della Provincia, dall’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea della provincia di Savona (a cura di Mario Lorenzo Paggi e Fiorentina Lertora)

[…] l’eroica Meiffret, nella cui villa di Baiardo si costituirono le prime bande armate della zona e che in seguito doveva subire la tortura e gli orrori del campo di concentramento in Germania; il giovanissimo poeta Brunati spentosi nelle prigioni di Genova [in effetti dalle carceri prelevato per essere fucilato dalle SS il 19 maggio 1944 sul Turchino] […] il pittore Porcheddu; il Maggiore Enrico Rossi […] Chi potrà enumerare gli episodi infiniti, talvolta veramente eroici, di cui questi uomini, ai quali era solo compenso la coscienza del dovere adempiuto, furono i protagonisti nei lunghi mesi del terrore nazifascista? Le riunioni segrete sotto l’incubo della delazione […]                                         Mario Mascia, L’epopea dell’esercito scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975

Viene arrestato il Brunati, che era specialmente in rapporti di amicizia con Calvini G.B. e con la sig.na Meiffret. Vi sono degli arresti anche fra i membri del già citato Comitato interpartitico che teneva le sue riunioni nel palazzo della sig.na Meiffret, e di cui faceva parte Erven [...] ...] Renato Brunati … sig.na Meiffret (che risiedeva in Sanremo, ma lavorava per l’antifascismo particolarmente in collegamento con Renato Brunati) [...]                                                                                                         Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia 

 

Pagina del Notiziario GNR cit. infra - Fonte: Fondazione Luigi Micheletti

Imperia - Giunge ora notizia che il 5 corrente la G.N.R. dopo lunghe e laboriose indagini ha arrestato il maggiore Enrico ROSSI, il tenente Alfonso TESTAVERDE e il tenente Angelo BELLABARBA *. I tre ufficiali, provenienti dal servizio permanente dell'ex esercito regio, avevano tenuti contatti con la professoressa Emanuela MAIFRETT e con l'amante di lei, Renato BRUNATI, già arrestati dalla G.N.R. il primo marzo c.a. e consegnati alle S.S. di Genova, perché responsabili di attività sovversiva [...] i tre arrestati distribuivano stampati di licenza illimitata ad ex militari non in regola, arruolavano persone per un costituendo battaglione "Principe di Piemonte", sovvenzionavano ex militari, facevano parte del comitato direttivo di liberazione nazionale. I tre ufficiali sono stati consegnati alle S.S. germaniche di Imperia. Le indagini proseguono per scoprire eventualmente altri correi.                                                                                                                                              Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del giorno 11-06-1944, p. 27, Fondazione Luigi Micheletti    
 
[ n.d.r.: * Angelo Bellabarba, nato a Montegiorgio (AP) l'11 ottobre 1913, domiciliato in  Vallecrosia, deportato per motivi di sicurezza, giunse a Flossenbürg il 07/09/1944, fu trasferito a Hersbruck e Dachau, fu liberato dagli americani, morì a Monaco di Baviera il 26 luglio 1945 per malattia contratta durante la detenzione. Il padre di Bellabarba, Carlo, in un documento (analizzato di recente presso l'Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia da Giorgio Caudano) inviato da Roma in data 28 agosto 1947 all'ANPI  provinciale di Imperia per il riconoscimeto dei meriti patriottici del figlio scomparso, fornì ulteriori importanti informazioni:"... Bellabarba Angelo faceva parte del Movimento Clandestino con le mansioni di rilevare i piani delle fortificazioni costiere nella zona di Ventimiglia-S.Remo. Fu arrestato nei primi giorni di aprile 1944 dalle forze di polizia nazifasciste in Vallecrosia e trasportato nelle carceri di Marassi Genova...". Tra le persone indicate come possibili testimoni a favore della sua istanza il signor Carlo Bellabarba indicava Emilio Biancheri di Bordighera, Tommaso Frontero, barbiere di Bordighera, arrestato nel corso della grande retata di maggio 1944 nella zona di confine, tornato miracolosamente incolume dalla detenzione in Germania, Pietro Marcenaro di Vallecrosia, uno dei protagonisti del Gruppo Sbarchi, la vedova di Ettore Renacci, fucilato a Fossoli, dopo essere stato catturato nel corso della richiamata operazione repubblichina ] 


[...] Oggetto: Magg. ftr.spe.TESTAVERDE Alfonso - classe 1915 - In relazione alla nota sopra distinta, si comunica che risulta quanto segue: "Testaverde Alfonso di Ettore e di Virginia Romano, nato a Napoli il 29-5-1885 [data errata: l'anno di nascita era, come scritto poco sopra, il 1915], domiciliato in Sanremo, di professione Capitano Esercito, arrestato il 6-5-944 in S.Remo per ordine del Comando Provinciale. Introdotto in questo carcere il 7-5-944 proveniente da S.Remo e consegnato dall'Arma dei carabinieri per rimanere a disposizione del C.P.G.N.R. [Comando Provinciale della Guardia Nazionale Repubblicana], anzi SS Tedesca, per misure di pubblica sicurezza. Rilasciato il 28-7-944 a seguito di ordine della SS Tedesca. IL DIRETTORE SUPERIORE (Dr. G. Puggioni) [...]                                                                                                                                                      Direzione Carceri di Imperia, 23 marzo 1960

COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE   Corpo Volontari della Libertà   Comando Brigate Cittadine "Giustizia e Libertà"  SANREMO  Si certifica che Testaverde Alfonso alias Tullio è stato inquadrato nelle forze di questo comando sin dalla fase cospirativa e cioé dal febbraio del 1944 quale organizzatore. Ha preso anche parte come sapista alla insurrezione iniziatasi il 24 aprile 1945 [...] IL COMANDO BRIGATE CITTADINE G. L. (Lanero Gerolamo) (Garbarino Francesco Maria) [...]

Sulla mia supposta "amicizia" con Italo Calvino sono circolate a Sanremo molte innecessarie dicerie. Alcuni trovavano incredibile che, dato lo scarto di età, un’amicizia fra di noi fosse possibile. L’argomento, di per sé, non è affatto probante, perché ero un ragazzo precoce i cui amici furono quasi sempre maggiori di età, con differenze che andavano dall’uno ai cinque anni, rispettivamente con Mario Mignone, Renato Zaccari, Giuliano Martini, Guido Giorgi (il fratello Giorgio era invece uno dei pochi ad essere piú giovane di me), Carlo Mager (che frequentavo piú del fratello Paolo, pur mio coetaneo), Franco Martini, Franco Giordano, Libereso Guglielmi), con punte sino ai sette anni (Gerolamo Lanero) o addirittura ai sedici anni di scarto che mi separavano da Luciano Sceriffo [...] Quando, il Primo Maggio 1986, chiacchierai per parecchie ore con la vedova Calvino nel suo appartamento romano, Le spiegai che non ero mai stato un "amico intimo" di suo marito, anzi, dissi un po' in tono di celia, piuttosto un "nemico intimo". Prima che le potessi raccontare come l'inimicizia (del tutto circostanziale e provvisoria) derivava da un opposta concezione della Rivoluzione di Ottobre, m'interruppe dicendomi che Italo le aveva rivelato l'esistenza di un "nemico", che sarebbe stato anche l'uomo piú colto di Sanremo. La rassicurai, non si trattava di me, bensí di Gerolamo Lanero e le spiegai chi fosse stato. Nei miei articoli precedenti o nel mio libro su Calvino mi limitai ad accennare ad episodi che fossero avallati da testimonianze di persone ancor vive e che potessero accomunarci nei loro ricordi: Libereso Guglielmi, Angelo Nurra, Tito Barbé, Gildo Carrugati (il quale, come me, frequentava Lanero e la ristretta cerchia degli appassionati del jazz che si riuniva periodicamente nella sua casa di San Martino, e che conosceva tutti i retroscena del suo dissidio con Calvino, risalente agli anni liceali) e qualche altro. Pietro Ferrua, Incontri e scontri con Italo Calvino, 25 aprile 2012 in Ra.forum

Luigi Asquasciati riassunse la direzione della Biblioteca nel 1949 o poco dopo, succedendo a Gerolamo Lanero. Associazione Italiana Biblioteche

[n.d.r.: la storiografia non si è mai dilungata sulle formazioni  Giustizia e Libertà nell'imperiese]          

domenica 11 ottobre 2020

Radio Londra e le reclute partigiane

Torrazza, Frazione di Imperia - Foto:
 
Cresceva l'odio verso i nazisti, a causa dei quali la situazione diventava sempre più insostenibile; si sentiva parlare di attentati contro i tedeschi, ma pochi di noi conoscevano come avvenivano.
Il 14 dicembre 1943 per la prima volta da Torrazza
[Frazione di Imperia] sento le raffiche dei mitragliatori nello scontro di Montegrazie fra partigiani e militari fascisti.
Entusiasta di quella battaglia non valutavo il pericolo che si stava creando con la guerra partigiana, e dentro di me sentivo un gran desiderio di essere uno di loro, ma non ancora chiamato alle armi continuavo il mio lavoro, esposto ai bombardamenti.
La guerra si aggravava sempre di più, mentre ogni giorno le bande partigiane crescevano di numero .
Migliaia di persone venivano deportate nei campi di concentramento e i fascisti appoggiavano i nazisti in tutte le loro azioni più criminose.
L'otto giugno 1944 appare sui muri il bando fascista che recluta la mia classe. Quel manifesto cui ero già preparato, non mi aveva sorpreso e quasi ne provai  piacere.
Molti amici mi avevano già preceduto sui monti, non mi rimaneva che seguirli.
Lasciato il lavoro, il 9 di giugno mi nascondo nella mia casa isolata di campagna.
Disapprovato dai miei genitori, mi preparavo per l'imminente partenza.
Il giorno 11 successivo ci raduniamo nell'unica osteria del paese di Torrazza; con me sono Giuseppe Baria e Raffaele, la sala è vuota, vociferando stabiliamo il giorno della partenza in modo da avvertire tutti i compagni che vogliono seguirci e, mentre continua il nostro colloquio, accendiamo la radio per sentire le ultime notizie che possono riguardarci.
Con il volume appena udibile, ci sintonizziamo su radio Londra.
L'indimenticabile "tamtam", seguito dal bollettino di guerra, annunciava le notizie del fronte, proseguendo poi con le notizie della guerra partigiana e con una serie di bollettini in codice a noi incomprensibili.

Torre antibarbaresca di Torrazza - Foto:

11/6/44
Sono alla vigilia di quella indimenticabile partenza; seduto attorno al tavolo vicino a mio padre e a mia madre, ho appena finito di cenare. In casa mia c'è silenzio, sono preoccupato, nel mio entusiasmo nascondo un po' di paura; nello sguardo dei miei genitori c'è tanta malinconia. La mamma mi volta le spalle per nascondere le lacrime; sebbene mio padre capisca che quella é l'unica via che mi rimane, nel suo sguardo leggo disapprovazione. Per alcuni minuti mi trattengo con loro, provo una voglia matta di rimanere, ma non trovo più parole per tergiversare ancora. Mi alzo di scatto, inforco lo zaino sulle spalle e senza voltarmi saluto con un nodo alla gola uscendo quasi di fretta, allontanandomi nel buio.
Mentre proseguo su di una scaletta in mezzo al vigneto, guardo ancora una volta la mia casa; attraverso l'uscio le ombre dei miei genitori sono proiettate fuori dalla luce di un lume a petrolio. Come assalito da un rimorso, mi volto verso la strada per non pensarci, mi avvio sulla mulattiera verso Torrazza, proseguo oltre il paese e raggiungo la vecchia torre, dove avevamo fissato il luogo dell'appuntamento.
Quell'antica costruzione ancora una volta serviva, se pur brevemente, per sfuggire a un nuovo invasore.
Pochi scalini pericolanti mi conducono all'entrata, resto solo nel buio per mezz'ora, dopodiché mi raggiunge Ernesto Corradi detto "Nettu", promotore dell'appuntamento. Trascorriamo quasi tutta la notte al buio nel silenzio della torre, in attesa degli altri compagni. Prima dell'alba il rumore di svariate persone ci fa capire che i nostri amici stanno arrivando; un po' guardinghi ascoltiamo le voci che si approssimano. Con loro ci sono altri compagni del vicino paese di Piani [Frazione di Imperia]. Ci salutiamo nel buio con qualche battuta scherzosa e proseguiamo subito verso i monti.
12/6/44
Siamo in diciotto, senza una meta precisa camminiamo verso un destino che ci riserverà giorni spaventosi. Fra lo scalpitio dei nostri passi, seguo i vari discorsi di quei compagni, penso alle nostre famiglie e al nostro paese che, dopo il nostro gesto, sarebbero diventati motivo di rappresaglia delle milizie fasciste. Preoccupato del nuovo giorno cui andavo incontro, mi tormentavo inutilmente per una realtà che ancora non conoscevo. Raggiunta la chiesetta di Santa Brigida, è quasi l'alba; il cielo si è tinto di rosa e lontano si scorgono nitide le cime dei monti. Proseguiamo inoltrandoci nel bosco che fiancheggia monte Faudo. Ormai si è fatto giorno, finito il bosco siamo nei prati, la visibilità è buona, camminiamo osservando lontano con la speranza di incontrare i partigiani. In prossimità di monte Moro scorgiamo in basso verso Villa Talla [Villatalla, Frazione del comune di Prelà (IM)], fra le piante, qualcosa che luccica sotto i raggi del sole: è un gruppo di uomini armati che sale verso di noi. Seduti sul prato attendiamo l'avvicinarsi di quegli uomini che, senza dubbio, dovevano essere partigiani. Dopo venti minuti il gruppo è vicino sotto di noi. Riconosco subito due compagni che mi avevano preceduto su quelle montagne. Sono Luciano Sciorato e Nardetto. Ci dicono di far parte della banda "Ivan" (Giacomo Sibilla) e che sono di ritorno da una missione. Ci aggreghiamo a quel gruppo e con loro raggiungiamo il comando della banda a Costa di Carpasio [località di Montalto Carpasio (IM)]. La presenza di tanti partigiani che mai avevo visto prima, mi faceva quasi paura. Uomini equipaggiati con poche armi, tutte di tipo diverso, sdraiati qua e là sotto le piante, vestiti con abiti civili, molti con la barba lunga, alcuni feriti. Solo al cinema avevo vi­ sto quello che in quel momento vedevo e ciò mi impressionava molto. Seduto sotto i castagni in mezzo a quegli uomini, provati da una vita impossibile, mi sentivo a disagio. La presenza di tanti partigiani che mai avevo visto prima, mi faceva quasi paura. Uomini equipaggiati con poche armi, tutte di tipo diverso, sdraiati qua e là sotto le piante, vestiti con abiti civili, molti con la barba lunga, alcuni feriti. Solo al cinema avevo visto quello che in quel momento vedevo e ciò mi impressionava molto. Seduto sotto i castagni in mezzo a quegli uomini, provati da una vita impossibile, mi sentivo a disagio. In quella banda c'era pure una giovane donna detta "Candacca" (Pierina Boeri), che il giorno prima si era battuta contro i nazifascisti nella battaglia di Badalucco. Cominciavo a capire quale era la vita e il pericolo cui andavo incontro. Sentivo parlare di guerra, di attentati e torture; discorsi che mi facevano paura, ma per nessun motivo sarei tornato indietro, e col passare delle ore mi sentivo già dei loro. Ero giunto cosi al termine di una giornata in cui mi ero fatto un'idea di quello che stavo per affrontare. Prima del tramonto la banda si trasferisce; una parte delle attrezzature è caricata sui muli e col sopraggiungere della notte partiamo verso una destinazione sconosciuta. Accodati a quella colonna in marcia, imbocchiamo al buio la strada di Carpasio; appena nel paese ci viene distribuito pane e formaggio e verso mezzanotte giungiamo a Prati Piani. La sosta per quella notte sembrava definitiva; eravamo molto stanchi, alcuni, coricati sul margine della strada, dormivano già [...] 
Giorgio Lavagna (Tigre), Dall'Arroscia alla Provenza, Fazzoletti Garibaldini nella Resistenza, Isrecim - ed. Cav. A. Dominici - Oneglia - Imperia, 1982
 

venerdì 9 ottobre 2020

... avvistava nei pressi di Drego una colonna di nazifascisti

Drego - Fonte: Andagna

Il 13 [aprile 1945] nei pressi di Passo Drego, sulla strada che porta a Rezzo, una pattuglia garibaldina investe con raffiche di mitra un gruppo di Tedeschi conducenti carriaggi, i quali si danno alla fuga, e sono recuperati alcuni quintali di viveri. Nella notte tra il 14 e il 15 una squadra dell'VIII° Distaccamento in missione a Taggia, appostatasi sulla Via Aurelia, raffica un camion tedesco, causando la morte di due soldati e il ferimento grave di un terzo. Ancora sulla Via Aurelia, nei pressi di San Lorenzo al Mare, una squadra partigiana della IV^ Brigata ["Elsio Guarrini", della II^ Divisione "Felice Cascione"] a distanza ravvicinata attacca con armi automatiche e bombe a mano carriaggi tedeschi in transito: il nemico lascia sul terreno due soldati morti e altri quattro gravemente feriti; anche due cavalli muoiono, colpiti dalle raffiche. Un'altra squadra, munita di lanciagranate, in agguato sulla Via Aurelia attacca un automezzo tedesco, il quale sbanda: due soldati rimangono sul terreno, nessuna perdita partigiana. Ancora il 15 alcuni combattenti del III° Battaglione ["Orazio 'Ugo' Secondo" - comandante "Veloce", Ermanno Sebastiano Martini] della IV^ Brigata in missione ad Arma di Taggia nella zona del Giro del Don investono con raffiche di armi leggere una macchina con ufficiali tedeschi a bordo: due di essi sono colpiti a morte. 
Importanti notizie sui movimenti del nemico sono fornite ai Comandi partigiani dal dottor Denza, maggiore medico della Brigata Nera, il quale collabora con la Resistenza: per lui viene emesso un salvacondotto con ordine di non molestarlo in caso di arresto. 
Il 15 aprile guastatori del comando della IV^ Brigata minano e distruggono un ponte di fortuna ricostruito dal nemico in Valle Argentina.
Francesco Biga (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Grafiche Amadeo, 2005, pp. 287-288 


Il 17 aprile 1945 garibaldini del IV° Distaccamento "Semeria" del II° Battaglione "G.B. Rodi" della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" collocarono sulla strada di Castelvecchio di Imperia una mina anticarro che alle 21 veniva urtata da un camion tedesco: il conducente del mezzo riportava gravi ferite ed il traffico rimaneva bloccato per circa 7 ore.
Lo stesso giorno una squadra del I° Distaccamento "Riccardo 'Cardù' Vitali" del I° Battaglione "Mario Bini" della V^ Brigata
"Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione", appostata sulla strada Apricale-Baiardo verso le 22 apriva il fuoco contro 4 tedeschi che si dirigevano a cavallo verso Baiardo: venivano uccisi 3 soldati nemici, mentre il quarto, pur ferito, riusciva a fuggire.
Una squadra, sempre della V^ Brigata
, al comando di "Tritolo" (Pier Luigi Daniele), attaccava il presidio di Carmo Langan nel comune di Castelvittorio (IM), esplodendo 5 colpi di mortaio che costrinsero i nemici ad andare allo scoperto e subire i colpi di mitraglia dei garibaldini appostati nei pressi dell'accampamento nemico.
Sulla strada Ceriana-Baiardo altri garibaldini della V^ Brigata attaccarono quel giorno un'automobile tedesca, causando il ferimento di un capitano.
Il 18 aprile il V° Distaccamento "Silvio Lodi" del I° Battaglione "Marco Dino Rossi" della V^ Brigata verso le ore 12 "avvistava nei pressi di Drego una colonna di nazifascisti provenienti da Molini [di Triora (IM)]-Rezzo. Immediatamente un uomo avvertiva il comandante, il quale partiva con 8 uomini armati di armi automatiche e prendevano posizione nei pressi di Monte Grande. Verso le ore 13 il comandante ordinò il fuoco sulla colonna che marciava, occultandosi per non avere sorprese da parte nostra, infliggevano gravi perdite all'avversario, costringendola alla fuga disordinata. La battaglia è durate 4 ore. La perdita nemica ammonta a 6 morti, diversi feriti ed un mulo morto": così riportava un rapporto in data 23 aprile del comando della V^ brigata al comando della II^ Divisione "Felice Cascione".

Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999
 
13 aprile 1945 - Dal comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 186, ai comandi del I° Battaglione "Mario Bini", del II° Battaglione "Marco Dino Rossi" e del III° Battaglione "Candido Queirolo" - Comunicava quali zone da controllare continuamente, con posti di blocco fissi con almeno 5 uomini ed 1 mitragliatore, le rocche di Drego [nel comune di Molini di Triora (IM)], la strada Molini-Langan, la strada sovrastante Molini di Triora, la strada Taggia- Badalucco, i paesi di Baiardo e di Ceriana, che occorreva attaccare i presidii nemici e, qualora non possibile, almeno disturbare i movimenti dei nazifascisti, che "si provveda allo stato di assedio per Molini e Langan [località in altura del comune di Castelvittorio (IM)], possibilmente anche per Baiardo".
22 aprile 1945 Dal Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione al comando della V^ Brigata - Riferiva che il giorno 20 reparti nemici avevano compiuto un'azione nella zona del I° Battaglione "Marco Dino Rossi": divisi in due colonne, una aveva colpito la strada carrozzabile, l'altra le pendici del Monte Ceppo [nel comune di Baiardo (IM)], dove si era scontrata con il III° Distaccamento; che nello scontro era morto l'ausiliario San Remo [Andrea Grossi Bianchi, nato a Sanremo il 22 maggio 1922]; che il Distaccamento era riuscito a sganciarsi portando via tutto il materiale, tranne i viveri che erano stati depositati nel magazzino della Brigata.
22 aprile 1945 - Dal comando della II^ Divisione, Sezione Propaganda - Bollettino n° 2 delle azioni partigiane: il 17 aprile il II° Battaglione "G.B. Rodi" della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" aveva collocato una mina anticarro a Castelvecchio di Imperia; nella notte tra il 14 ed il 15 una squadra dell'VIII° Distaccamento ["G.B. Boeri"] della IV^ Brigata, dopo aver sequestrato nell'abitazione di un maresciallo a Taggia (IM) un quintale di farina, al ritorno sulla Via Aurelia aveva attaccato un carro tedesco, causando la morte di 2 soldati; in un'azione su Pietrabruna (IM) del 15 era morto il garibaldino Casto [Antonio Castello] del VII° Distaccamento ["Romolo"] del III° Battaglione ["Artù"]; non era pervenuto l'elenco delle operazioni effettuate dalla V^ Brigata.
22 aprile 1945 - Dal comando della II^ Divisione, prot. n° 75, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava: il 13 aprile l'arrivo di 19 soldati della X^ MAS [già di stanza a Sanremo] presso la V^ Brigata; l'operazione contro le Rocche di Drego [comune di Molini di Triora (IM)]; l'azione su Pietrabruna (IM) del 15; l'attacco del Distaccamento "Angelo Perrone" sulla Via Aurelia il 16; le azioni già segnalate dai comandi della IV^ "Elsio Guarrini" e della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" alla II^ Divisione.
da documenti Isrecim in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II