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mercoledì 6 settembre 2023

Il nuovo Comitato era subito riconosciuto dal CLN Regionale Liguria e durerà in carica dal primo febbraio 1944 alla Liberazione, con giurisdizione su tutta la Provincia di Imperia e sul Circondario di Albenga

Imperia: uno scorcio di Porto Maurizio

Il 10 settembre 1943, dopo una prima riunione in Imperia di quadri comunisti, seguita da una seconda, alla quale, oltre ai comunisti parteciparono uomini politici delle altre correnti antifasciste, venne formato un "triangolo militare", composto da Nino Siccardi, Felice Cascione e Carlo Aliprandi, con l'incarico di inviare altri uomini in montagna, aiutare con viveri, armi e munizioni quelli che già vi si trovavano, organizzare militarmente anche gli uomini della città. Contemporaneamente, con militari rimasti sul posto, si sarebbe provveduto ad asportare armi, munizioni e vestiario dalle caserme. Così, prima dell'arrivo dei tedeschi furono ricuperate cinque mitragliatrici, oltre cento fucili, alcune decine di rivoltelle, parecchie migliaia di cartucce, cassette di bombe a mano, coperte, scarponi e così via.
Due giorni dopo, il 12 settembre, i tedeschi giungevano ad Imperia prendendo possesso della città. Il Centro sopraddetto, con i suoi collaboratori, funzionava e teneva i collegamenti con quello di Genova, svolgendo altresì una funzione di raccordo tra la città della Lanterna e i centri minori di Albenga, Alassio, Diano Marina e Sanremo. Il materiale di propaganda proveniente dal Centro di Genova veniva regolarmente diffuso nella zona.
Verso la fine di settembre 1943, Gian Carlo Paietta giunse ad Imperia, inviato dal Centro di Genova per prendere contatto con l'organizzazione comunista locale. Scopo della riunione era quello di lanciare tutta l'organizzazione comunista nella lotta di liberazione, trattandosi, tra l'altro, di una rete politicamente già ben ramificata nella Provincia.
[...] Dopo l'eroica morte di Felice Cascione in montagna (Alto, 27.1.1944), il Comitato decideva di inviare Nino Siccardi (Curto) a prendere il comando delle formazioni partigiane della I Zona Operativa Liguria. Il primo febbraio 1944 il primo CLN Provinciale veniva modificato in quanto, essendo stati individuati dai nazifascisti, i membri Viale e Berio dovettero allontanarsi, mentre Giacomo Castagneto, per disposizione del PCI, si trasferiva a Cuneo a dirigere la Federazione del Partito in quella Provincia, in sostituzione del compagno Barale, caduto durante l'incendio di Boves da parte dei tedeschi. Lasciò infine il CLN Giacomo Amoretti, pur restando nelle file dell'organizzazione della Resistenza a Imperia, per trasferirsi poi nei primi giorni di settembre 1944 a Genova, a far parte del Comando della Delegazione delle Brigate Garibaldi della Liguria.
Il nuovo Comitato era subito riconosciuto dal CLN Regionale Liguria e durerà in carica dal primo febbraio 1944 alla Liberazione, con giurisdizione su tutta la Provincia di Imperia e sul Circondario di Albenga. Questa la formazione del nuovo Comitato: Gaetano Ughes (PCI), presidente; Ernesto Valcado (PSIUP), Carlo Folco (DC), (Ugo Frontero (PSIUP), Carlo Aliprandi (PCI) e Amilcare Ciccione (DC), tutti e tre addetti militari.
Allo scopo di coordinare l'azione militare, che andava oramai assumendo un ruolo di prim'ordine nella lotta di liberazione nazionale, veniva pure costituito alle dirette dipendenze del CLN un centro militare che riprendeva le funzioni del "triangolo militare", creato subito dopo l'armistizio e poi sciolto a fine novembre 1943, quando i suoi più attivi componenti erano stati inviati in montagna per organizzare le formazioni partigiane. Del Centro Militare, strettamente integrato nel gruppo politico del CLN e da questo dipendente, fecero parte, fino alla Liberazione, i tre addetti militari del CLN stesso, Carlo Aliprandi (Il Lungo), Amilcare Ciccione (Milcoz) e Ugo Frontero (Ugo).
Nell'intento di garantire la clandestinità dell'organizzazione e sventare i continui tentativi della polizia nemica di annientarne gli organismi dirigenti, nonché onde evitare inutili dispersioni di energie, venne deciso di accentrare, per quanto possibile, nelle mani del presidente e segretario la gran parte dell'organizzazione politica (stampa e propaganda, organizzazione locale e gli svariati e delicati servizi di collegamento), anche in considerazione del fatto che il presidente era in grado di valersi, nell'espletamento delle sue funzioni, della già esistente organizzazione del PCI e dei suoi principali terminali nella Provincia. Anche gran parte della finanza venne affidata alle cure del segretario, il quale poteva così disporre sia dei fondi che giungevano saltuariamente dal Centro di Genova, sia di quelli raccolti o prelevati nella città di Imperia e nei Centri della Provincia, e quindi provvedere di volta in volta, anche nei casi di emergenza, ai necessari finanziamenti, si trattasse delle forze operanti in città o delle formazioni partigiane in montagna, le cui esigenze si andavano facendo sempre più onerose e complesse con il crescere delle loro file.
I membri del Comitato di Liberazione si riunivano periodicamente, quasi sempre con la presenza di uno o di tutti gli addetti militari. Nei primi mesi del 1944 le riunioni avvenivano una o due volte la settimana, poi, quando i tempi divennero più duri e la situazione si fece pericolosa, in media ogni quindici o venti giorni. Generalmente le riunioni avevano luogo nell'abitazione del segretario. Talvolta, quando si sospettava un pericolo, presso quella dell'avvocato Folco, di Valcado, o di uno degli addetti militari. In alcune occasioni, convegni vennero tenuti in caffè cittadini.
[...] Il segretario, nello svolgimento della sua complessa e difficile attività politica e finanziaria, d'informazione e di collegamento, era affiancato da numerosi organi, generalmente collegiali, alcuni con proprie organizzazioni autonome, di cui egli stesso si serviva. Si deve all'instancabile attività di questi organi ausiliari se la rete cospirativa poté funzionare efficacemente fino alla Liberazione. I primi organismi ausiliari del CLN imperiese, costituiti nella primavera del 1944, furono la squadra politica e finanziaria, ed il gruppo di collegamento e staffette. La costituzione di tali organi coincise con il riconoscimento del CLN di Imperia quale organo di Governo per la Provincia, riconoscimento che il CLN di Genova fece pervenire, su autorizzazione del CLN Alta Italia, nei primi giorni di aprile 1944. La costituzione della squadra politica e finanziaria, e del gruppo collegato a staffette, si rese necessaria
per il continuo accrescersi dei bisogni inerenti alla lotta partigiana in montagna e a quella clandestina nei centri della Provincia.
Infatti con la costituzione definitiva della IX Brigata d'assalto Garibaldi (metà giugno 1944) sulle montagne dell'entroterra, sotto il comando di Nino Siccardi (Curto) ed il commissario Libero Briganti (Giulio), brigata elevata poi il primo luglio successivo a II Divisione d'assalto Garibaldi "Felice Cascione", si rese opportuno un collegamento regolare ed efficiente con la montagna, non solo, ma anche un intensificato invio di danaro, viveri, armi, munizioni, vestiario e medicinali, e l'organizzazione di un vero e proprio servizio d'informazione (SIM), diretto da uomini preparati a questo compito, essenziale per lo sviluppo ulteriore di una lotta fatta principalmente di colpi di mano, sorprese, agguati.
Francesco Biga e Ferruccio Iebole (a cura di Vittorio Detassis), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria) - vol. V, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016 
 
I C.L.N. locali con l'approssimarsi della fine del 1944 avevano suddiviso il territorio di competenza della I^ Zona Operativa Liguria in tre parti. La "A" comprendeva il territorio da Ventimiglia (IM) a Santo Stefano al Mare (IM), comprese  tutte le vallate. La "B" i paesi tra Imperia e Cervo (IM) e vallate. La "C" riguardava il territorio tra Andora (SV) ed Albenga (SV).
I Comitati di Liberazione Nazionale, benché clandestini e perseguitati, si prefiggevano l'obiettivo di condurre con ogni mezzo la lotta per la liberazione di tutto il territorio occupato, cooperando con le squadre di montagna e supportandole con apporti di tipo economico, logistico e politico-militare.
I C.L.N. locali si facevano, inoltre, carico, della propaganda antifascista, di aiutare le famiglie dei combattenti partigiani e di raccogliere notizie sugli spostamenti delle truppe nazifasciste.
Il C.L.N. di Sanremo (IM), avendo, come sottolineato poco sopra, il proprio raggio d'azione dalla frontiera con la Francia a Santo Stefano al Mare (IM), intrattenne rapporti quasi giornalieri con il comando della II^ Divisione "Felice Cascione". E furono molto stretti anche i rapporti tra il  CLN di Taggia (IM) con il comando del III° Battaglione "Candido Queirolo" della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

martedì 22 agosto 2023

Quella mattina anche noi nel rifugio avevamo sentito alle 8.40 le prime raffiche di mitraglia forti e vicinissime

La zona di Testico (SV). Foto: Eleonora Maini

"Che sarebbe stato se il nemico fosse riuscito a colpire [n.d.r.: a Testico (SV), il 15 aprile 1945] Giorgio [n.d.r.: Giorgio Olivero, comandante della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] o Pantera [n.d.r.: Luigi Massabò, vice comandante della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"], a scoprire la sede del Comando catturando documenti e materiale? Come si sarebbe ripresa la Bonfante in pochi giorni, ora che l'azione decisiva sembra imminente?" Erano le domande che pose Mario [n.d.r.: Carlo De Lucis, commissario della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] nel pomeriggio di quel giorno. "Non ci ha insegnato nulla il disastro di Upega? Ricordate la circolare del Comando regionale di allora? E' mai possibile dopo un anno di lotta partigiana essere sorpresi? Così ad Upega, solo il caso e la fortuna vi hanno salvato oggi. Quando ieri sera ho chiesto chi voleva venire con me in rifugio non mi avete seguito. Vi pareva che fosse paura o eccesso di prudenza il non voler abbandonare ancora la tattica cospirativa. Avete visto. Non si tratta di paura o di coraggio, non siete padroni di esporvi senza ragione, le vostre vite sono troppo preziose per il movimento per sacrificarle per dormire in un letto".
Giorgio taceva, infatti non c'era nulla da opporre a quella requisitoria chiara ed inesorabile: il rifugio era stato costruito con ogni cura, era uno scavo di quattro metri per quattro, profondo due metri, rivestito di pietra, coperto di lamiera e di terra. Vi si accedeva per uno stretto corridoio la cui entrata era chiudibile con un cespuglio. La terra sopra il rifugio era coltivata. Nell'interno su telai in legno vi erano materassi per molte persone. Nelle pareti vi erano nicchie per le future radio trasmittenti. Come si vede si era ben lontani dalle umide tane in cui avevano vissuto per settimane i partigiani dei periodi più duri dell'inverno. Il rifugio era stato costruito da contadini cui il Comando aveva spiegato la delicatezza dell'incarico, l'alta prova di fiducia, le benemerenze che acquistavano nonché la possibilità di rappresaglie. Alcuni dei costruttori erano muti per sempre: erano tra gli ostaggi massacrati il giorno 15.
Se un appunto si può fare al rifugio era che era stato costruito troppo tardi. Il pericolo che gravava su Poggiobottaro era lo stesso che lo aveva minacciato da dicembre, da quando la circolare 23 aveva raccomandato la costruzione dei rifugi. Era ovvio che, dopo averne fatto a meno per tanti mesi, nel clima di euforia della primavera se ne sentisse meno la necessità. Io però l'avevo pensata diversamente. Tutte le volte che avevo dovuto dormire a Poggiobottaro mi ero trovato a disagio e mi era parso saggio, dato che dopo tanto un rifugio c'era, servirmene quella sera assieme a Mario.
Forse la situazione era migliorata, un attacco nemico poco probabile, ma non mi sarebbe piaciuto perdere alla vigilia della fine una vita che avevo salvato attraverso tante peripezie.
Quella mattina anche noi nel rifugio avevamo sentito alle 8.40 le prime raffiche di mitraglia forti e vicinissime. Eravamo rimasti stesi sui nostri materassi senza parlare, senza poter fare nulla. Fino alle 9.15 a brevi intervalli avevamo udito colpi, spari isolati ed altre raffiche. Chi soffriva di più era Sergio Sibelli del C.L.N. di Alassio che non pareva abituato ai rumori della guerra. "Come fate voi a restare calmi. Io vorrei non essermi mosso da casa", mi sussurrava a bassa voce. "E' questione di abitudine. Io è la prima volta che sento sparare sentendomi quasi al sicuro", gli risposi e aggiunsi "Non riuscirei invece a dormire come fate voi, in città con armi e manifestini nascosti in casa, sapendo che una spia potrebbe farmi prendere a letto".
Uscimmo alle 13.30 quando gli spari erano cessati e qualcuno da fuori si ricordò di noi e venne ad avvertirci.
L'incursione di Testico aveva rivelato che la potenza della Wehrmacht era al tramonto. Lo spionaggio del disertore tedesco e la conseguente condanna delle persone che ci avevano aiutato, se erano state condotte con abilità e prontezza, non raggiunsero, però, lo scopo che forse il nemico si riprometteva. La rapidità dello sgombero, l'essersi coperti con i civili, la mancanza di un bando, di un annuncio qualunque che dessero alla strage il carattere di una condanna, la brutalità stessa dell'esecuzione che dilaniò i cadaveri con proiettili esplosivi, diede all'azione un carattere di rabbiosa vendetta più che di giustizia, fu un gesto da banditi che rivelava una grave debolezza. I tedeschi per esercitare la loro legge dovevano adottare ormai anche loro i metodi che noi impiegavamo da tempo in Riviera, segno che la supremazia della loro forza si avvicinava al tramonto. In più noi portavamo, quando possibile, i colpevoli nelle nostre vallate per sottoporli a giudizio, mentre essi se ne erano coperti per sfuggire ai nostri colpi.
Non essendoci state né imboscate, né attacchi partigiani nei dintorni dagli abitanti la strage fu considerata un terrorismo selvaggio ed impotente. Ci si ricordava che il disertore tedesco aveva ordinato direttamente alle vittime di aiutare i malati partigiani quando era stato con noi, ciò aumentava ancora il risentimento e porterà in seguito la popolazione a tentativi di linciaggio di prigionieri da noi catturati.
I civili in preda al terrore abbandonarono i paesi della Val Lerrone passando le notti all'aperto, gli uomini chiedevano armi per unirsi a noi e difendere la loro vita, tornava così ad un anno di distanza il morale che aveva creato le bande locali. Il terrorismo nemico rendeva di nuovo i civili solidali con noi spingendoci alla lotta.
L'evolversi della situazione sui grandi fronti e la possibilità che incursioni nemiche contro la popolazione abbiano a ripetersi impongono ai partigiani un atteggiamento più deciso. L'opinione pubblica, orientata nettamente in nostro favore, l'afflusso continuo di nuove reclute e l'alto morale degli uomini decidono il Comando ad estendere il controllo finora limitato alla zona a sud della Val d'Andora a tutto lo spazio tra la «28» ed il mare. Dapprima si eliminerà il diaframma della Val Lerrone, poi collegheremo tra loro le bande creando uno schieramento quasi continuo sui due fronti della «28» e dell'Aurelia. I compiti verranno suddivisi tra le Brigate i cui effettivi sono in continuo aumento e dovrebbero già ora essere sufficienti.
Il timore delle rappresaglie nemiche non ci trattiene più: le popolazioni esasperate dal terrore e dalla vita nei boschi ci chiedono quando finirà quella situazione perché le notti passate all'aperto sono ancora fredde: "Per voi è appena cominciata, noi è più di un anno che facciamo questa vita", rispondiamo. "Ormai il tempo è buono, non abbiate paura, si può tirare avanti anche per dei mesi".
Una nostra occupazione sarebbe accolta con favore perché ormai ci ritengono in grado di respingere eventuali attacchi nemici.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 239-241
 
[...] Poco prima della Liberazione, il 15 aprile 1945, l’eccidio in assoluto più cruento, a Testico, nel quale perdono la vita 27 persone. All’alba di domenica due colonne tedesche giungono a Ginestro, frazione di Testico, per dare inizio a un rastrellamento: i militari catturano una ventina di civili, uomini e donne sorpresi nelle loro case, e li legano con corde. Poi, proseguendo la marcia, uccidono senza apparente ragione un contadino al lavoro. Alle 8.00, arrivati nei pressi della chiesa, irrompono nell’edificio, catturano altre persone e pongono tutti gli ostaggi lungo un muro sotto la sorveglianza di un soldato. Il resto della truppa, in parte, prosegue con il rastrellamento che porterà alla cattura di altri ostaggi; in parte si dirige verso Poggio Bottaro. Intorno alle 9.00 un gruppo di partigiani, dalla vicina frazione di Santa Maria di Stellanello, spara sui tedeschi permettendo a 3 degli ostaggi di fuggire. In risposta, i tedeschi tornano verso la chiesa, si appostano presso l’osteria del paese e catturano altri 3 contadini di Torria. Infine, la colonna riparte con i prigionieri al seguito. Durante la marcia, si arresta presso la frazione Zerbini per catturare altri ostaggi. L’ultima tappa è Costa Binella ove avviene la selezione dei progionieri. Vengono rilasciati 3 giovani di Ginestro, 4 donne e 4 ragazze. Queste ultime verranno poi condotte al carcere di Imperia, sottoposte a interrogatori e paestaggi e rilasciate almeno una dozzina di giorni dopo. Restano in mano ai tedeschi 27 persone: 25 uomini e 2 donne che vengono separate dagli altri prigionieri, seviziate e uccise a colpi di baionetta. I 25 uomini, legati 2 a 2 col fil di ferro, sono falciati a colpi di mitragliatrice. Dopo il massacro, i corpi risultano irriconoscibili [...]
Andrea Chiovelli, Quando i tedeschi massacravano i savonesi: ecco le 49 stragi che insanguinarono la provincia, IVG, 11 aprile 2016
 

giovedì 6 luglio 2023

Non appena la banda dei partigiani ebbe imboccato l'archivolto sembrò scatenarsi l'inferno

Sanremo (IM): uno scorcio di Via Escoffier (già Via Privata)

A primi di ottobre [1944] informatori del SIM del Comitato di Liberazione di San Martino [a Sanremo], funzionante provvisoriamente in luogo del CLN Comunale, tuttora allo stadio preparatorio, comunicarono che nella caserma di via Privata [n.d.r.: attuale Via Escoffier], già sede della Tenenza dei Carabinieri, erano stati condotti in stato di arresto quasi tutti i principali esponenti dell'antifascismo attivo Sanremese. Le informazioni dicevano che almeno una trentina di personalità cittadine, fra le quali il Dottor Donzella Marco, l'Avvocato Paolo Manuel Gismondi, il prevosto di San Siro don Luigi Boccadoro, il Dottor Ronga, Alfredo Cremieux e il Ragioniere Aldo Zoli, si trovavano rinchiusi nella caserma in attesa di un sommario giudizio e della fucilazione.
Le prime affrettate notizie risultarono grandemente esagerate, ma il C.L.N. diramò immediatamente istruzioni agli organi militari cittadini dipendenti perché si agisse senza indugio, allo scopo di salvare i detenuti, approfittando che la caserma, a differenza di altri luoghi di detenzione normalmente usati dai nazi-fascisti, si prestava ad essere facilmente attaccata di sorpresa, posta,com'era, al margine della città vecchia.
Istruzioni precise furono passate a Giorgio (Giuseppe Ferraroni) che si mise a contatto con Fifo (Adolfo Siffredi), il quale si era, in quel frattempo, trasferito dalla campagna in un luogo nascosto nel centro della città vecchia, perché questi, a sua volta, attraverso Pipì (Giuseppe Carbone) informasse Cichito (Aldo Baggioli) e Riccardo (Adriano Siffredri), rispettivamente Comandante e Commissario della Brigata GAP cittadina «Giacomo Matteotti», del progettato attacco e lo predisponessero nei suoi dettagli.
La risposta fu: «L'attacco è già in via di preparazione».
E, infatti, il Comando della Brigata, appena avuto sentore degli arresti, a mezzo dei suoi organi di collegamento con la città, Pier delle Vigne (Giuseppe Sughi) e Romeo (Archimede Gioffredi), aveva iniziato lo studio di un piano completo che doveva poi pienamente riuscire.
L'operazione, che si presentava difficile e piena di pericoli, veniva messa a punto, con accuratezza veramente geniale, da Cichito e da Riccardo. I due temuti capi del GAP ed alcuni dei loro uomini più audaci si riunirono un'ultima volta in casa del Professor Calvino. Dopo lunghe discussioni venne deciso di compiere l'attacco di sorpresa, con un numero limitato di uomini, tutti bene armati ed equipaggiati, in modo da assicurare la riuscita e permettere, nello stesso tempo, una discesa segreta in città ed una ritirata veloce. Venne pure deciso, ad evitare eventuali indiscrezioni che avrebbero potuto compromettere la riuscita del piano, di avvertire singolarmente gli uomini scelti per compiere l'operazione, senza per altro scoprire loro le ragioni della mobilitazione. Si studiò a lungo la lista dei partecipanti e vennero scelti molti partigiani, provati in combattimenti ed imboscate, giovani decisi a tutto osare e sulla cui fedeltà i capi non avevano alcun dubbio, fra cui: Grassadonna Salvatore, Bonfante Armando e suo fratello, Cazzolino Nando, Carbone Nino, «Negus», «Turiddu», Grignolio Sergio [Ghepeu], Gruttin Dario, «Tom», «Saetta».
Si fissò come luogo di adunata il forno di Ernesto Ivaldi in via S. Stefano, ora del convegno le 21.
Durante tutto il giorno continuò l'opera infaticabile delle staffette in montagna ed in città: nel tardo pomeriggio gli uomini designati erano stati tutti avvertiti di «riunirsi alla spicciolata da Ernesto per comunicazioni di estrema urgenza». Nello stesso tempo «Iolanda», che operava in qualità di staffetta ed informatrice della Brigata, prese contatto con due militi fascisti, soprannominati Totò e Negus, già da tempo collegati con Cichito e Riccardo, i quali si erano dichiarati disposti a facilitare ai nostri uomini il compito dì penetrare nell'edifizio senza dover usare le armi. Ormai le operazioni preliminari erano state portate a termine e si apriva la fase finale, la decisiva.
 

Sanremo (IM): un angolo della Pigna

Un po' prima delle 21 Cichito e Riccardo, scendendo per viottoli tortuosi e bui della Pigna, giunsero al forno dove Iolanda attendeva. Nella mezz'ora successiva singolarmente o a piccoli gruppi tutti gli altri erano adunati sul luogo.
 

Sanremo (IM): Palazzo Nota, già sede del Municipio

Le porte sbarrate, le luci velate, nel basso locale, a pochi passi dal Municipio [n.d.r.: all'epoca situato in Piazza Nota], la banda fu informata del progetto. Uno scoppio di entusiasmo fece eco alla proposta. Iolanda riferì che il colpo avrebbe dovuto essere eseguito all'una in punto, ora in cui i due militi amici avrebbero atteso i nostri per aprire loro la porta. Brevi e precise istruzioni furono impartite a tutti. La gioia era al colmo: attaccare una caserma ben munita, liberare i prigionieri, catturare il presidio con tutti i suoi magazzini, preziosi per uomini sempre «affamati» di armi e munizioni, significava eseguire il più bel colpo della storia della brigata, significava portare il terrore nel cuore stesso della città che si riteneva immune da ogni offesa, presiiata, com'era, da imponenti forze nemiche. I cuori tutti battevano, gli occhi brillavano d'entusiasmo. Ed Ernesto volle festeggiare il prossimo successo dell'impresa distribuendo vino e focacce. Si mangiò, si brindò in sordina alla riuscita dell'avventura, poi i giovani si distesero sul pavimento a riposare mentre Cichito e Riccardo rimanevano di guardia. Alle dodici e mezzo fu data la sveglia: vennero controllate le armi e distribuite le munizioni; i giovani si tolsero le scarpe e, ad uno ad uno, si uscì nella notte buia, silenziosa e nemica.
L'aria era immobile e greve. Una fosca nuvolaglia bassa nascondeva le stelle, rendendo più fitta l'oscurità non rotta da alcun lume. Ovunque intorno immobilità ed assoluto silenzio.
Ghepeu e due uomini armati di Sten e Winchester vengono inviati ad appostarsi all'angolo da Via Palazzo e Piazza Colombo, presso la foto Ceresani, allo scopo di poter sorvegliare la casa del fascio e le arterie sboccanti in Piazza Colombo, per una eventuale azione di disturbo nel caso non improbabile che sopravvenissero rinforzi da quella parte o dalla zona orientale della città.
 

Sanremo (IM): l'archivolto, denominato in Mario Mascia, Op. cit. infra, di Piazza Cassini

Gli altri, silenziosi come fantasmi, passano sotto l'archivolto di Piazza Cassini, scendono per via Palazzo e strisciando lungo i muri delle case addormentate, imboccano l'archivolto di via Privata e, in pochi minuti, sono davanti alla Caserma.
 

Sanremo (IM): il passaggio (archivolto) di Palazzo Roverizio tra Via Palazzo e Via Escoffier (già Via Privata)

Tutto procedeva ottimamente: si agiva nel silenzio più assoluto, con matematica precisione: non una parola, non un gesto inutile: soltanto il lieve fruscìo dei piedi nudi indicava la presenza dei giovani in marcia.
 

Sanremo (IM): Via Matteotti (già Via Vittorio), in prossimità di Piazza Colombo

Sanremo (IM): sullo sfondo, Via Palazzo in prossimità di Piazza Colombo

Riccardo e Cichito sussurrano i loro ordini: due uomini vengono inviati in perlustrazione, altri due si piazzano all'angolo di via Vittorio, presso la farmacia Salus, pronti a respingere un attacco eventuale da quella parte.
 

Sanremo (IM): lo sbocco (sotto Palazzo Roverizio) di Via Palazzo in Via Escoffier (già Via Privata)

Il grosso intanto si raduna nello stretto viottolo che da Via Privata conduce all'entrata della Caserma. Riccardo si fa alla porta e bussa tre volte, a brevi intervalli, come era stato convenuto. Gli altri si tengono guardinghi in posizione di sparo. Pochi istanti di angosciosa attesa: poi la porta cigola leggermente, uno spiraglio si apre ed una lama di luce si riflette sulla strada e sparisce. Un breve scambio dì frasi mormorate a fior di labbra. Poi metà degli uomini entra seguendo Totò e Negus, l'altra metà si apposta nel breve cortile esterno, nel viottolo ed all'imboccatura di Via Privata.
I giovani penetrano immediatamente nel magazzino impadronendosi di tutte le armi: due fucili mitragliatori, due mitra, una mitragliatrice pesante a nastro, quindici moschetti, venti rivoltelle, alcuni fucili da caccia e numerose munizioni.
Nella caserma nessuno si sveglia. Sempre scalzi, illuminati ad intervalli dai bagliori dì una lampadina elettrica, i nostri giovani salgono al primo piano. Qui, in due stanze, dormono quattordici militi di guardia. Incuranti della loro inferiorità numerica e fiduciosi nel loro coraggio e nel vantaggio che l'elemento sorpresa offre loro, Cichito e Riccardo, seguiti dagli altri, fanno irruzione in massa nei dormitori, urlando e brandendo minacciosi le armi. I nemici, svegliati improvvisamente, esterrefatti si arrendono: solo qualcuno tenta una debole quanto inutile resistenza: viene in breve sopraffatto e disarmato. Un uomo cerca, almeno così sembra ai nostri, di nascondersi fra le brande per fuggire alla cattura. Viene raggiunto, colpito ed atterrato. Scalcia come un animale preso in trappola, riesce a liberare la strozza da una stretta possente che lo strangolava e tossendo e sputando urla: «ma io non sono mica un milite... sono un prigioniero!» E' Turiddu, che seguì poi la banda in montagna trasportando in spalla la mitragliatrice fino a San Michele, che doveva, più tardi, perdere il senno sotto i colpi feroci dei nazi-fascisti.
Naturalmente il rumore della lotta aveva messo in subbuglio tutta la caserma. I prigionieri si erano destati: escono dalle loro stanze in abiti succinti, assonnati, increduli: sono il Dott. Marco Donzella, il Gen. Ninchi, l'Avvocatessa Ada Barbieri, il vice Parroco di San Giuseppe don Angelo Aprosio, ed alcuni altri sconosciuti, fra i quali un elegantissimo e compitissimo signore dal modi cortesi, ex gerarca fascista, che chiede di essere messo in libertà e viene immediatamente accontentato.    
A lungo si discute con gli ostaggi circa l'opportunità della loro liberazione e si conviene che, in vista della mancanza di prove specifiche a loro carico e quindi di un immediato pericolo e ad evitare rappresaglie contro le loro famiglie, è conveniente che essi non seguano il distaccamento nella sua ritirata e restino in caserma.
L'attacco era ormai pienamente riuscito: gli archivi in nostra mano, un ingente quantitativo di armi e munizioni catturato, tutti i militi, eccetto uno, fatti prigionieri. Quell'uno rimasto in libertà era un sergente delle SS italiane, delinquente pericoloso e brutale, che si aveva l'ordine di giustiziare. L'uomo si era barricato in una stanza armato, a quanto assicuravano i prigionieri, di mitra, pistola e bombe a mano. Malgrado il pericolo di sostenere forti perdite in un attacco frontale, Cichito aveva deciso di forzare l'uscio e di impadronirsi dell'uomo vivo o morto, quando uno dei nostri rimasto fuori giunse per avvertire che la città era ormai messa a rumore, che la nostra presenza era conosciuta e che occorreva affrettarsi se non si voleva che tutta la guarnigione nazi-fascista accorresse sul posto, circondasse il distaccamento e lo annientasse.
Si abbandonò il sergente al suo destino e si presero immediatamente disposizioni per compiere una ritirata rapida e sicura. I militi prigionieri vennero rinchiusi in una stanza, si pregarono gli ostaggi di tenersi al sicuro, le armi e le munizioni catturate furono distribuite agli uomini e l'archivio venne dato alle fiamme. Pochi istanti dopo il distaccamento, senza la perdita di un sol uomo, raggiungeva il gruppo di guardia fuori, conducendo con sé un milite delle SS colpevole di omicidio e spionaggio, il quale veniva più tardi passato per le armi in montagna. Negus, Totò e Turiddu si unirono ai nostri.
Non appena la banda ebbe imboccato l'archivolto sembrò scatenarsi l'inferno. Dalle finestre del pian terreno della caserma si alzavano le fiamme; urla venivano dai caseggiati vicini, colpi di fuoco risuonavano da per tutto e da Piazza Colombo giungeva l'eco di scariche nutrite e degli scoppi laceranti delle bombe a mano.
In verità, come si apprese il giorno dopo, il nemico, sorpreso e spaventato, non aveva tentato che un'azione molto debole che si esaurì in brevissimo tempo. La fucileria era stata aperta dai nostri e venne continuata dalle retroguardie anche quando il grosso aveva già raggiunto la vecchia città e risaliva la costa, contro i vigili del fuoco, alcuni dei quali venivano colpiti, accorrenti per estinguere le fiamme che sembravano dover consumare la caserma, e che erano stati scambiati, nell'oscurità, per nazi-fascisti.
Dieci minuti dopo l'evacuazione della caserma e l'inizio della ritirata anche le pattuglie di retroguardia ripiegavano verso la città vecchia e si riunivano al grosso sotto la Madonna della Costa.
Qui vi fu un breve scambio di fuoco con i soldati tedeschi addetti alle postazioni antiaeree dei Giardini Regina Elena e, alle tre del mattino, il distaccamento al completo col suo prigioniero, le nuove reclute, le armi e le munizioni catturate in parte raggiungeva i sicuri rifugi in collina, in parte rientrava nelle proprie case.
Ebbe così termine un azione temeraria, che costò al nemico non soltanto gravi perdite materiali, ma costituì oltre tutto un durissimo colpo per il prestigio suo e la cui vittoriosa riuscita resta un esempio mirabile di coraggio e di intuizione militare che onora i giovani capi che la diressero ed i valorosi che la eseguirono.
Mario Mascia, L'epopea dell'esercito scalzo, Ed. A.L.I.S., 1946, ristampa del 1975 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, pp. 265-269  

sabato 9 luglio 2022

Il 2 febbraio 1945 erano stati arrestati 10 giovani, forse appartenenti alla banda dell'avvocato Buzzi

Sanremo (IM): una vista sul Porto Vecchio

Il I° febbraio del 1945 Emilio Mascia (Mimosa), responsabile del Sim (Servizio informazioni militari), concluse la sua relazione sull'avvocato Buzzi di San Remo, persona, quest'ultima, entrata in contatto, verso fine novembre del '44, con gli ambienti legati alla Resistenza, come riferisce lo stesso "Mimosa" nella parte iniziale della sua inchiesta: "Come è noto l'individuo in intestazione generalizzato iniziò a farsi notare nell'ambiente sanremese del movimento di liberazione nazionale nella prima quindicina del novembre scorso, quando lo scrivente, per supposti convegni che lo stesso Buzzi avrebbe avuto con elementi antifascisti inviati, secondo incontrollate indiscrezioni, da Genova per promuovere sul posto un piano di riorganizzazione dell'antifascismo sanremese, ebbe ad occuparsi in modo particolare del caso di cui trattasi".
Per la precisione, il primo documento in nostro possesso in cui viene menzionato l'avvocato Buzzi è datato 28 novembre 1944 e porta la firma del segretario del Cln di San Remo, Mario Mascia (Cammeo). L'oggetto della lettera (inviata al Comando della IV Brigata e per conoscenza al Comando della Divisione "Cascione") tratta di informazioni generali sul dottor Samà, alias avvocato Buzzi: «Circa questo signore, che si firma anche avvocato Buzzi e che si serve di altri individui, quali l'Abbondanza Mario, di cui ad un vostro precedente rapporto trasmessoci per competenza, le informazioni che abbiamo potuto raccogliere sul suo conto sono molto imprecise. Parrebbe che, prima dell'8 settembre abbia fatto parte dell'Ovra: certo è che non si conoscono esattamente i suoi mezzi di esistenza, pur vivendo egli abbastanza agiatamente senza avere un'occupazione. Nelle scorse settimane il Samà si è interessato, per conto di elementi probabilmente badogliani e legati alla monarchia, di costituire illegalmente organizzazioni. Lo abbiamo diffidato, poiché il nostro lavoro risulta intralciato dalla sua azione. In un secondo momento, poiché egli era in rapporti con il compagno "Pucci" e sembrava intenzionato a fornire indicazioni, peraltro abbastanza note, gli abbiamo consigliato di tenersi in contatto con il compagno "Pucci", fornendo a noi, essendo egli nella zona di nostra competenza, le informazioni di cui egli possa venire a conoscenza. In ogni modo, almeno per il momento, vi raccomandiamo di diffidare di lui, ordinandogli, in ogni caso, di tenersi in contatto col nostro Sim attraverso il compagno "Pucci".»
Romano Lupi, L'attività del Comitato di liberazione nazionale di San Remo nel 1944-1945 e il mistero de "La Giustiziera", Bollettino di Villaregia, Comunità di Villaregia, Via N. Bixio 69, Riva Ligure (IM), XIII-XIV- XV (2002-2003-2004) NN. 13-14-15 
 
Nei giorni immediatamente successivi all’8 settembre 1943 un gruppo di cittadini sanremesi guidati dal dottor Giovanni Cristel, coadiuvato da Antonio Canessa e Alfredo Esposito, raggiunsero un accordo con il maggiore Ferrari e il dottor Samà per poter prelevare armi e munizioni dal Presidio di via Lamarmora, che era stato abbandonato dai militari il 9 settembre, mentre altri armi furono asportate da un deposito di corso Garibaldi e consegnate a Michele Silvestri, che faceva parte di un gruppo operante a Verezzo, da dove sarebbero state riportate in città con la collaborazione del già ricordato Canessa, il quale le fece portare in un luogo più sicuro per evitare che finissero nelle mani di tedeschi o fascisti.
Nel corso del 1944 il già citato partigiano Michele Silvestri (Milano), coadiuvato anche dalla giovanissima figlia Dilanda, organizzò i primi gruppi di resistenza a Verezzo, dove costituì una propria banda, facente parte dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica), che il 1° ottobre 1944 sarebbe stata inclusa nelle formazioni cittadine SAP.
Durante la guerra di Liberazione il distaccamento GAP di Verezzo operò diversi colpi di mano grazie ai quali furono recuperati denaro, indumenti e viveri poi inviati alle formazioni partigiane di Gino Napolitano e Vincenzo Orengo.
Da segnalare inoltre che il 4 dicembre 1944, nei pressi di Verezzo, un gapista uccise un soldato tedesco che voleva arrestarlo.
(fonti: testo di Andrea Gandolfo...)
Redazione, Storia di Verezzo, Sanremo. Storia e Tradizioni 
 
Nel frattempo Avogadro, in veste di collaboratore dell’intelligence britannica, per allacciare col Piemonte un servizio informativo alle dipendenze degli inglesi si era recato in Liguria, dove l’Arma «aveva perso molto terreno in seguito alla condotta degli ufficiali di quella Legione che in massa avevano aderito alla repubblica» <14. Riconoscendo improba l’impresa di impiantare un’organizzazione clandestina, per le sue forze e per la limitatezza delle sovvenzioni, riuscì a raggruppare una cinquantina di carabinieri nella zona tra Imperia e Sanremo, affidati alle cure del pretore di Taggia, il giudice Alessandro Savio, insieme al quale incontrò un comandante di una banda in costituzione (probabilmente Michele Silvestri “Milano”, comandante del distaccamento Gap di Verezzo, confluito poi nelle Sap di Imperia), ma i contatti con gli uomini di questo territorio furono saltuari per il resto della guerra.
Enrico Pagano, “A favore dell’Arma”. L’attività nel periodo clandestino di Rodolfo Avogadro di Vigliano, questore di Vercelli nominato dal Cln, l’impegno, a. XXXV, nuova serie, n. 2, dicembre 2015, Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia
 
9 gennaio 1944 - XXIII
(Relazione trascritta in ritardo)
Ci giunge un'informazione secondo la quale in Via Goethe, 16 (ultimo piano) presso Modena (frantoiano con frantoio al Roglio) esiste la stamperia clandestina della Brigata Cittadina (ciclostili, carta, ecc.).
Anzi, si sa persino che dev'essere in composizione un manifesto contro il Comandante Mangano.
Fatta l'azione di sorpresa, al mattino del 5 gennaio, al Comando personale del Comandante Mangano, unitamente al V. Com.te Ravina ed ai legionari Nicò, Pelucchini, Borea, Albanini, Cottali, nulla è stato trovato, nulla rintracciato neppure indizi né carta da ciclostile.
In casa sono stati trovati tre individui... Samà... noti come accaparratori di sterline e trafficanti in borsa nera.
Perlustrati il mulino e le cantine, nulla è stato trovato.
Ripetere il tentativo di notte?
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan. Documento in Archivio di Stato di Genova, copia di Paolo Bianchi di Sanremo
 
9 gennaio 1944 - XXIII (Relazione trascritta in ritardo) [...] Gino Napoletano [Gino Napolitano] che comanda la banda di Bussana (?) [n.d.r.: il punto interrogativo è nel brogliaccio] è a S. Remo.
Investigare sulla cosiddetta "Brigata Cittadina" (organizzazione rossa, comunista) che opera in S. Remo. La comanda l'Avv. Buzzi... [...] Informazioni passate alle SS germaniche
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan. Documento in Archivio di Stato di Genova, copia di Paolo Bianchi di Sanremo

Furono poi eseguiti diversi confronti [n.d.r.: di Antonio Capacchioni, partigiano attivo nel Gruppo Sbarchi Vallecrosia, catturato casualmente a metà gennaio 1945] fra i quali uno con certo Samà, alias Buzzi, ma che non portò ad alcun risultato.
Ernest Schifferegger (altoatesino, interprete, ex sergente SS) in un verbale degli interrogatori subiti, confluiti in un documento del 2 giugno 1947 redatto dall’OSS statunitense
 
30 gennaio 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 238, all'ispettore della I^ Zona Operativa Liguria ed al comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Segnalava l'arresto da parte dei tedeschi di alcuni appartenenti alla "banda Buzzi", tra i quali figuravano "Borgogno" e "Taganoff" [n.d.r.: Ernesto Lanteri, furiere di battaglione nella V^ Brigata], e l'uccisione di "Tripodi". "Mentre ci riserviamo farvi tenere completo rapporto a riguardo della banda dell'avvocato Buzzi entro la settimana, v'informiamo che, in questi ultimi giorni, alcuni membri della banda Buzzi sono stati arrestati dai tedeschi o dai membri delle Brigate nere. Come già comunicatovi il nominato Tripodi, membro della banda Buzzi, venne ucciso una decina di giorni or sono a San Martino, mentre si recava a compiere un'azione di prelevamento fondi. Un altro membro, Renatuccio Borgogno, figlio di G.B. Borgogno, ucciso unitamente ai fratelli Zoccarato dalle Brigate nere alla vigilia di Natale, è stato arrestato pochi giorni or sono. Sembra, infine, che un terzo membro, "Taganoff", già appartenente alle vostre formazioni, e da qualche tempo nascosto nelle vicinanze di San Remo, sia stato arruolato dal Buzzi la settimana scorsa. Anche il "Taganoff" venne misteriosamente sorpreso dalle Brigate nere alcuni giorni or sono e arrestato".
1 febbraio 1945 - Dal CLN di Sanremo,
prot. n° 250, Sezione SIM, all'ispettore della I^ Zona Operativa Liguria - Relazione sulla figura dell'avvocato Buzzi: "elemento unanimente descritto a fosche tinte, come losco, astuto, privo di scrupoli, provocò una generale diffidenza, tanto più che indagini esperite sommariamente su di lui davano la certezza trattarsi di un ex-agente dell'OVRA. Tale constatazione, unitamente ad altri accertamenti circa la sua oscura attività di affarista senza scrupoli, di trafficante di dubbia specie e di antifascista sui generis, fece sì che venne formalmente diffidato ad inserirsi subdolamente nelle organizzazioni di influenza del CLN di San Remo".
da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945). Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

Durante i rastrellamenti [di fine gennaio 1945] opera anche la banda fascista del comandante Buzzi; però alcuni membri di tale banda sono arrestati dai Tedeschi e dai brigatisti neri perché sospettati di intelligenza con la Resistenza. Un membro della banda, un certo Tripodi, viene ucciso dai partigiani in uno scontro, così succede per certi Borgogno e Taganò.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV: Dal Primo Gennaio 1945 alla Liberazione, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005 
 
3 febbraio 1945 - Da "Mercurio" alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] del CLN di Sanremo - Comunicava che l'avvocato Buzzi era in contatto [n.d.r.: vedere infra Ferrari in documento OSS] con un ex maggiore dell'89° Reggimento fanteria, sulla cui identità si stava indagando.
3 febbraio 1945 - Da "Amerigo" [Adalgiso Rovelli] al CLN di Sanremo - Comunicava che alle ore 8.30 era stata vista un'automobile delle SS tedesche fermarsi davanti alla casa dell'avvocato Buzzi in Via Lamarmora; che erano scesi l'avvocato e due individui in borghese, i quali, una volta entrati, dopo 10 minuti erano usciti con una valigia di medie dimensioni.
3 febbraio 1945 - Dalla Sezione SIM del CLN di Sanremo alla Sezione SIM della V^ Brigata - Segnalava che il membro del Comitato, di espressione del Partito d'Azione, era stato arrestato e che il 2 febbraio erano stati arrestati 10 giovani, forse appartenenti alla banda dell'avvocato Buzzi.
12 febbraio 1945 - Da "Rina" alla Sezione SIM del CLN di Sanremo - Riferiva che l'ufficiale visto parlare in diverse occasioni con l'avvocato Buzzi quasi di sicuro era il maggiore Ferrari già dell'amministrazione del 90° Reggimento fanteria.
13 febbraio 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] del CLN di Sanremo, prot. n° 284/SIM, al comando della I^ Zona Operativa Liguria - ... Segnalava che l'avvocato Buzzi era ancora trattenuto e che la posizione di costui rimaneva oscura, in quanto sembrava che nella sua abitazione fossero stati ritrovati gioielli, 'forti quantitativi di denaro' e titoli...
2 marzo 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. 354, alla Sezione SIM della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni"  della II^ Divisione "Felice Cascione" ed all'Ispettorato della I^ Zona Operativa Liguria - Segnalava che... in Sanremo agivano 7 persone che si erano autodichiarate partigiani, possedevano tesserini indebitamente rilasciati dall'avvocato Buzzi a nome di una sedicente Brigata "La Giustiziera", avevano svaligiato la casa di un sostenitore dei partigiani, "distruggendo per vandalismo ciò che era asportabile", ed "insidiavano donne e bambini"; che era necessario provvedere all'arresto dei richiamati elementi, "anche per evitare che tutti gli sforzi fatti per creare il movimento siano resi vani"...
10 marzo 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 412, alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" - Segnalava che un gruppo di 8-10 persone continuava a razziare nei dintorni di San Romolo, campo golf e Borgo. Aggiungeva che si trattava "dei resti della Banda Buzzi i quali sono recalcitranti a rientrare in formazione". Chiedeva a quel punto quali misure dovessero essere adottate.
10 marzo 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 334, al comando della II^ Divisione - Sottoponeva all'attenzione del comando di Divisione una comunicazione del CLN di Sanremo su di un certo capitano Ferrari che voleva prendere "il posto dell'avv. Buzzi al comando della non riconosciuta [banda partigiana] 'La Giustiziera'". Aggiungeva che il Ferrari era un "individuo losco già appropriatosi di materiale destinato alla montagna". Sosteneva che occorreva,
per capire se si trattava di persona che voleva "redimersi dai suoi trascorsi" oppure di un agente provocatore, indagare sul Ferrari, il quale era in contatto con il maresciallo dei carabinieri Picchio, un individuo pericoloso.
da documenti IsrecIm in Rocco FavaOp. cit. Tomo II
 
Dal Panettoni il RAITER voleva sapere se certo SAMA', arrestato in precedenza, si identificava nel partigiano che portava il nome di battaglia di BUZZI.
Il PANETTONI, dopo diverse percosse dategli dal RAITER, disse che se si volevano avere notizie esatte del BUZZI bisognava rivolgersi alla signorina BORGOGNO Anna Maria, che in quel periodo si trovava ricoverata all'ospedale di S.Remo.
A quest'ultima infatti il PANETTONI aveva consegnato un pacco da recapitare al SAMA'.
Io ed il RAITER, accompagnati dall'autista MARTINOIA, ci recammo allora all'ospedale, ma la signorina negò recisamente ogni addebito.
Ritornammo all'ufficio ed il giorno seguente facemmo ritorno all'ospedale portando con noi il PANETTONI per un confronto.
Egli ripeté alla Borgogno come egli le avesse consegnato un pacco da recapitare al BUZZI e la pregò anche di dire tutto quello che sapeva, ma la BORGOGNO fu irremovibile e negò di avere ricevuto un pacco da consegnare al SAMA' o BUZZI che dir si voglia.
Vista l'insistenza della BORGOGNO e la sua ormai probabile complicità con i partigiani, il RAITER dichiarò in arresto la stessa e la fece piantonare durante la permanenza all'ospedale.
Dopo due o tre giorni, il PANETTONI fu rilasciato.
Dopo circa un mese la BORGOGNO uscì dall'ospedale e fu riportata al carcere.
Rimase detenuta circa 15 giorni, indi si ammalò e fu nuovamente ricoverata all'ospedale.
Di qui però, dopo solo una settimana, fu liberata da alcuni partigiani, che liberarono pure altri due detenuti, nonché catturarono i due militari che li sorvegliavano.
Ricordo che il PANETTONI venne rilasciato dietro impegno di denunciare il BUZZI qualora lo avesse identificato con certezza, facendo conoscere alle SS il luogo e dove quando egli si sarebbe fatto vedere in S. Remo.
Circa il particolare che io avrei dato due schiaffi alla signorina BORGOGNO quando ci recammo all'ospedale per il confronto con il PANETTONI non sono in grado di dare un'esatta spiegazione.
Comunque nego di avere schiaffeggiato la signorina in parola.
Ernest Schifferegger, doc. OSS cit.

A Sanremo un altro ufficio della Sicherheitspolizei e SD si occupava principalmente di repressione delle bande partigiane, dei reati di natura politica e di repressione del mercato nero: ne era a capo l’Oberschführer Josef Reiter [n.d.r.: riportato come Raiter nel documento OSS in precedenza menzionato], che non mancava di inserirsi a gamba tesa anche nelle attività di altri servizi germanici. Reiter era alle dirette dipendenze del comando di Genova, retto da Friedrich Wilhelm Konrad Sigfrid Engel (Warnau am der Havel 11/2/1909 - Amburgo 4/2/2006), il quale venne condannato all’ergastolo in contumacia per le stragi del Turchino, della Benedicta, di Portofino e di Cravasco, nelle quali nel complesso furono fucilati duecentoquarantotto tra partigiani e antifascisti. 
Giorgio Caudano
 
[ n.d.r.: altri lavori di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021;  La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944) (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone), Comune di Pigna,  IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I Caduti della Lotta di Liberazione nella I^ Zona Operativa Liguria, Edito dall'Autore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, Edito dall'Autore, 2016  ]
 
Ferrari, ex ufficiale dell'esercito, informatore di Josef Reiter a Sanremo. In seguito per falsa denuncia fu arrestato dalle SS. Età anni 40, alto 1,64, corporatura snella, capelli: completamente calvo.
Considerazioni dei verbalizzatori in documento OSS cit.

 
Nell'archivio dell'Istituto Storico della Resistenza di Imperia non c'è documento che testimoni un'eventuale inchiesta sul Maggiore Ferrari, colui che si era presentato come il successore di Buzzi alla guida de "La Giustiziera". L'aspetto più strano delle relazioni da noi consultate è costituito dal fatto che, tanto con riguardo al Buzzi quanto al Ferrari, per entrambi non compaia mai il nome proprio ma soltanto il cognome, particolare abbastanza insolito per delle relazioni di un servizio di informazioni. In base al materiale da noi consultato, inoltre, non si è riusciti a sapere più nulla sul conto del Buzzi stesso. I personaggi di questa storia sembrano essere spariti nel nulla, portando assieme a loro il segreto de "La Giustiziera".
Romano Lupi, L'attività del Comitato di liberazione nazionale di San Remo nel 1944-1945 e il mistero de "La Giustiziera", Bollettino di Villaregia, Comunità di Villaregia, Via N. Bixio 69, Riva Ligure (IM), XIII-XIV- XV (2002-2003-2004) NN. 13-14-15 
 
Una pagina del documento OSS citato

SAMA': arrestato come partigiano ed essendo stata questa sua qualifica corroborata da una lettera trovata in un rastrellamento effettuato dal comando della 34^ divisione [di fanteria tedesca] fu accompagnato alla Casa dello Studente a Genova [...] 76°) SAMA'. Civile italiano, arrestato dalle SS di S. Remo [...] 97°) SAMA', alias BUZZI. Arrestato durante la permanenza del soggetto [Ernest Schifferegger] a S. Remo e trasportato alla casa dello studente.
Considerazioni dei verbalizzatori in documento OSS cit.
 

martedì 22 febbraio 2022

La parola d'ordine sarà "della soda per pescare"

Sanremo (IM): Madonna della Costa

1 aprile 1945 - Dal CLN di Sanremo, a firma di Albatros [Mario Mascia], prot. n° 517/CL, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria, a R.C.B. [capitano Robert Bentley, britannico, incaricato della missione alleata presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] ed alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che i nemici avevano scoperto a Bordighera [in effetti Vallecrosia e Camporosso Mare] il luogo in cui sbarcava Renzo [Renzo Stienca Rossi], ormai strettamente sorvegliato dalle SS tedesche. "… Vi comunichiamo urgentemente che i nazifascisti hanno scoperto il luogo di sbarco di Renzo a Bordighera. Le S.S. germaniche sono state appostate sul luogo stesso ed i bersaglieri sono sotto strettissima sorveglianza. Uno sbarco, quindi, al momento attuale sarebbe pericolosissimo, anzi fatale. È essenziale che radiotelegrafiate immediatamente in Francia perché la partenza di Renzo sia rimandata in attesa di nostre disposizioni in merito a meno che non si possa lanciarlo per paracadute. Vogliate provvedere senza indugio perché ne va della vita dei nostri uomini e della nostra organizzazione…"

1 aprile 1945 - Dal C.L.N. di Sanremo, a firma di Albatros [Mario Mascia], prot. n° 519/CL, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria, a R.C.B. [capitano Robert Bentley, britannico, incaricato della missione alleata presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] ed alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che l'appuntamento tra "Curto" [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Liguria] e le formazioni cittadine avrebbe avuto luogo il 4 aprile presso le formazioni partigiane di montagna ed esprimeva ringraziamenti per avere sistemato la famiglia di "Martì".

2 aprile 1945 - Dal Comando Operativo della I^ Zona Liguria ai CLN di Imperia, Albenga e San Remo - Fissava con urgenza una riunione alla presenza del rappresentante alleato per il 5 aprile, alla quale dovevano intervenire anche le formazioni di montagna e le SAP, riunione "fondamentale per la preparazione dei piani per l'ultimo attacco decisivo e per la discesa sulla costa".

3 aprile 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 521/CL, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Trasmetteva, per incarico della delegazione militare di zona di Imperia, un ordine di convocazione.

3 aprile 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 531/CL, al SIM [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Segnalava che il 4 o il 5 aprile si sarebbe tentato di liberare dall'ospedale di Sanremo "Luciano", "Lungo" e la sorella di "Bergonzo".

5 aprile  1945 - Dal C.L.N. di Sanremo (IM), prot. n° 539/SIM, al SIM (Servizio Informazioni Militari) della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Informava che continuano gli scavi di fossi in molte parti della città, a San Bartolomeo [Frazione di Sanremo] i tedeschi sono stati sostituiti dai bersaglieri, tutti i servizi saranno spostati a Pieve di Teco; nella notte vi è stato un consistente traffico di carriaggi in direzione Imperia; sembra certa la partenza dei tedeschi, tranne le SS e i guastatori

5 aprile 1945 - Dall'Ispettorato della I^ Zona Liguria al CLN di Sanremo - Segnalava che il Comando Operativo della I^ Zona Liguria esigeva, dato che il CLN era finalmente in possesso di armi, che le SAP funzionassero al meglio "anche per sfatare le convinzioni di molti che le formazioni cittadine abbiano scarsa capacità militare". Elogiava la Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] e la stampa del CLN di Sanremo. Consigliava di utilizzare le squadre del Distaccamento "Battagliero" e la squadra di "Dorio" [Mario Chiodo, ufficiale di collegamento del Distaccamento SAP "Giobatta Zunino"] per procedere alle tassazioni.
 
7 aprile 1945 - Dalla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 375, al C.L.N. di Sanremo - Sollecitava l'invio di tre milioni di lire al comando della V^ Brigata, che avrebbe provveduto all'inoltro della somma al Comando Operativo della I^ Zona Liguria.

7 aprile 1945 - Dal C.L.N. di Sanremo (IM), prot. n° 551, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Segnalava l'affissione in data 2 aprile in Sanremo di un manifesto fascista a firma "Mangano" [comandante di un Distaccamento di Brigate Nere a Sanremo] che minacciava l'uccisione di 10 ostaggi qualora non fosse stato liberato il soldato repubblichino Zunino, catturato dai partigiani il giorno di Pasqua. Aggiungeva che Mangano aveva dichiarato il 4 aprile di avere saputo da Don Boccadoro che i garibaldini avrebbero rilasciato l'ostaggio in cambio di Siri, detenuto dai tedeschi. Chiedeva, siccome il 6 aprile "con una ridicola messa in scena Mangano eseguiva nella sacrestia di San Siro lo scambio degli ostaggi tra lacrime ed abbracci", se veramente lo Zunino era stato prelevato dai partigiani.
 
7 aprile 1945 - Dal C.L.N. di Sanremo, prot. n° 554, alla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Segnalava che forse anche le SS sarebbero presto partite da Sanremo e che Mangano [comandante del Distaccamento di Brigate Nere a Sanremo] aveva dichiarato che i fascisti, dopo la liberazione, si sarebbero portati "sulle montagne per eseguire la guerriglia".
 
11 aprile 1945 - Dal C.L.N. di Sanremo (IM), prot. n° 575, alla sezione S.I.M. della V^ Brigata  - Informava che nuovi nemici, definiti "risoluti", erano partiti dalla Frazione San Bartolomeo verso la montagna e che i partigiani erano riusciti a fare fuggire da Villa Auberg alcuni detenuti.

11 aprile 1945 - Dalla sezione S.I.M. della V^ Brigata, prot. n° 383, alla Sezione SIM del CLN di Sanremo - Chiedeva informazioni su tale Alfredo Vido, nativo di Udine, che si era presentato alle formazioni della V^ Brigata, sostenendo di essere fuggito dalla prigionia di Villa Ober [Auberg] di Sanremo e che era stato arrestato dietro denuncia della moglie.
 
11 aprile 1945 - Dalla sezione S.I.M. della V^ Brigata, prot. n° 384, alla Sezione S.I.M. del CLN di Sanremo - Comunicava che Passo Garlenda non era controllato da truppe tedesche, che continuava il trasferimento di piccoli gruppi di tedeschi verso Imperia, che risultava che i nazisti avevano avuto l'ordine di abbandonare la zona Ventimiglia-San Lorenzo al Mare entro il 14 aprile, che la postazione nemica della Madonna della Guardia a Sanremo era stata ridotta di 2/3 e quella della Madonna della Costa, sempre a Sanremo, della metà, che erano arrivati a Sanremo 70 bersaglieri per rinforzare il presidio fascista della cittò e che i soldati repubblichini della X^ Mas erano fuggiti il 9 aprile dalla batteria sita in Frazione San Bartolomeo di Sanremo per raggiungere le fila della V^ Brigata.
 
13 aprile 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 580, al SIM [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Segnalava che era meglio che il garibaldino "De Bigò" non scendesse sulla costa in quanto ricercato dalla G.N.R. perché accusato di essere l'ideatore del colpo partigiano all'ospedale di Sanremo e che le armi appena sbarcate erano ancora a Bordighera da dove si sarebbe provveduto alla distribuzione.

13 aprile 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 581, al SIM della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Sollecitava notizie su "Vido", fuggito da Villa Auberg, prigione tedesca in Sanremo.

13 aprile 1945 – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria a Orsini [Agostino Bramè, commissario politico della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione"] - Sollecitava maggiore attenzione nell’individuare per tempo e nell’avvertire di movimenti del nemico rispetto alla tematica sbarchi, in quanto il motoscafo di Renzo [Renzo "Stienca" Rossi], ricevuta una segnalazione sospetta dalla costa, era appena tornato indietro.

13 aprile 1945 - Dal CLN di Sanremo, Sezione SIM, alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Riferiva che il 12 aprile vi erano stati su Sanremo 2 bombardamenti navali, di cui, il primo, effettuato da un incrociatore che aveva colpito l'area del porto e della durata di 25 minuti, era iniziato alle 15.10, l'altro, della durata di 15 minuti, aveva avuto luogo alle ore 22 circa e aveva colpito la punta di San Martino e di nuovo il porto.

14 aprile 1945 - Da "Dorio" [Mario Chiodo, ufficiale di collegamento del Distaccamento SAP "Giobatta Zunino"] al Distaccamento "Zamboni" - Segnalava che occorreva indagare su 2 o 3 loschi individui che, qualificandosi come patrioti, borseggiavano i viandanti nelle Frazioni [in altura] San Giacomo, Borello, San Romolo di Sanremo e che era necessario contattare il reverendo Boccadoro sul caso Miglietta per poter ottenere la sospensione dell'esecuzione degli ostaggi.

17 aprile 1945 - Dal CLN di San Remo, prot. n° 592, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava che da quella settimana per ordine del CLN regionale con cadenza bisettimanale la staffetta del Comitato avrebbe eseguito il proprio servizio fino ad Alassio dove si sarebbe incontrata con una staffetta proveniente da Genova.

22 aprile 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. 629, alla Sezione SIM della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Messaggio ugentissimo con cui si segnalava che la "spia Muscolo" molto probabilmente aveva fornito ai nemici notizie tali da rendere possibile per il 23 o il 24 aprile un rastrellamento con truppe provenienti sulla strada di Pigna e che lo stesso informatore aveva aggiunto che molte spie che parlavano francese si erano introdotte in quel periodo tra i partigiani.

22 aprile 1945  - Da Kimi [Ivar Oddone, commissario politico della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione"] al comando della II^ Divisione - Segnalava che una fonte attendibile riferiva che la radio francese aveva annunciato la notizia dell'occupazione di Briga Marittima da parte delle truppe degaulliste e la penetrazione delle stesse in territorio italiano.

22 aprile 1945 - Dal comando della II^ Divisione "Felice Cascione" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Chiedeva con urgenza precise disposizioni nei confronti "delle truppe liberatrici, che con ogni probabilità saranno Degolliste; le competenze nei confronti del CLN e delle SAP secondo gli accordi intervenuti tra voi e dette organizzazioni... se bisogna portare gradi, in caso positivo quali".

22 aprile 1945 - Dal Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione al comando della V^ Brigata - Riferiva che il giorno 20 reparti nemici avevano compiuto un'azione nella zona del I° Battaglione "Marco Dino Rossi": divisi in due colonne, una aveva colpito la strada carrozzabile, l'altra le pendici del Monte Ceppo [nel comune di Baiardo (IM)], dove si era scontrata con il III° Distaccamento; che nello scontro era morto l'ausiliario "San Remo" [Andrea Grossi Bianchi, nato a Sanremo il 22 maggio 1922]; che il Distaccamento era riuscito a sganciarsi portando via tutto il materiale, tranne i viveri che erano stati depositati nel magazzino della Brigata.

22 aprile 1945 - Dal comando della II^ Divisione, Sezione Propaganda - Bollettino n° 2 delle azioni partigiane: il 17 aprile il II° Battaglione "Lodi" della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" aveva collocato una mina anticarro a Castelvecchio di Imperia; nella notte tra il 14 ed il 15 una squadra dell'VIII° Distaccamento della IV^ Brigata, dopo aver sequestrato nell'abitazione di un maresciallo a Taggia (IM) 1 ql. di farina, al ritorno sulla Via Aurelia aveva attaccato un carro tedesco, causando la morte di 2 soldati; in un'azione su Pietrabruna (IM) del 15 era morto il garibaldino Casto [Antonio Castello] del VII° Distaccamento ["Romolo"] del III° Battaglione ["Artù"]; non era pervenuto l'elenco delle operazioni effettuate dalla V^ Brigata.

22 aprile 1945  - Dal comando della II^ Divisione, prot. n° 75, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava: il 13 aprile l'arrivo di 19 soldati della X^ MAS [già di stanza a Sanremo] presso la V^ Brigata; l'operazione contro le Rocche di Drego [comune di Molini di Triora (IM)] del 14 aprile; l'azione su Pietrabruna (IM) del 15; l'attacco del Distaccamento "Angelo Perrone" sulla Via Aurelia il 16: le azioni già segnalate dai comandi della IV^ "Elsio Guarrini" e della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" alla II^ Divisione.

22 aprile 1945  - Dal capo di Stato Maggiore [Gianni Ro, Giuseppe Viani] della I^ Zona Operativa Liguria, prot. n° 29, al comando della Divisione S.A.P. "Giacinto Menotti Serrati" - Veniva richiesta per conoscenza una copia delle comunicazioni fatte dal comando SAP al comando della I^ Zona e si sottolineava la necessità di contatti settimanali per l'analisi delle situazioni SAP in provincia di Imperia.

22 aprile 1945  - Dal Comando Operativo della I^ Zona Liguria alle S.A.P. di Imperia Oneglia [I^ Brigata S.A.P. "Walter Berio"  e II^ Brigata S.A.P. "Adolfo Stenca"] - Veniva criticato il fatto che elementi SAP di Costa d'Oneglia [Frazione di Imperia] avessero distolto il comandante Mancen [Massimo Gismondi, comandante della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] dallo svolgere un'azione e che, come era stato riferito, alcuni sapisti tenessero nascosti dei moschetti che non intendevano utilizzare. E che tutto ciò era "in netto contrasto con le direttive del CLN per la guerriglia partigiana". Si aggiungeva un riferimento severo alla SAP di Cervo (IM), nella quale era stato nominato comandante un ex garibaldino, che si era allontanato nel periodo invernale. "Chi tiene le armi sotto terra in questo momento decisivo diserta la lotta e tradisce la causa. Non sarà degno di essere considerato un combattente per la libertà. Occorre rompere gli indugi."
 
23 aprile 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 633/SIM, al comando della I^ Zona Operativa Liguria e alla Sezione SIM della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" - Annunciava che "è confermato il movimento di sganciamento delle truppe tedesche dalla zona; anche i bersaglieri hanno ricevuto ordine di concentarsi a San Lorenzo al Mare, distruggendo tutto il materiale pesante e trattenendo solo le armi individuali. Le batterie di villa Prua, Madonna della Guardia, Bussana e Poggio sono già partite. Il 24 p.v. inizierà la ritirata dei tedeschi dal fronte di Ventimiglia. Nella giornata odierna vi è stato un violento cannoneggiamento di unità navali alleate sul porto e sulla città di San Remo, terminato alle ore 18. Le nostre SAP stanno per essere poste sul piede di guerra. Si attende un inviato garibaldino per concordare un'azione comune. La parola d'ordine sarà 'della soda per pescare'".

23 aprile 1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria ai CLN di Albenga, Imperia e Sanremo - Direttiva sulla salvaguardia della stagione olearia: "essendo la stagione già avanzata le olive sono in gran parte già state raccolte e ammassate nei depositi in attesa di essere convogliate ai frantoi. Quest'anno, purtroppo, l'abbondantissimo prodotto non può essere tempestivamente portato verso le città costiere, dove esistono gli oleifici ed i grandi depositi atti alla raccolta dell'olio, mentre tutti i villaggi contadini hanno ormai esaurito i recipienti per la raccolta e la conservazione dell'olio stesso, rimanendo ancora circa il 90% delle olive da frangere... è troppo evidente il danno irreparabile che ne deriverebbe per la nostra provincia, essendo l'olio l'unico prodotto che ci permetterà di avere in cambio tutti i generi alimentari di cui siamo completamente privi. Si invitano tutti i CLN a provvedere alla requisizione ed all'inoltro verso l'entroterra di tutti i recipienti e fusti che si troveranno inutilizzati presso i privati, i commercianti d'olio e gli industriali. Ogni sforzo deve essere fatto per salvare la raccolta dell'olio".
 
23 aprile 1945 - Dal comando della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 82, al comando del VII° Distaccamento - Comunicava che "in riferimento alla lettera del 22 u.s. del Distaccamento in indirizzo i colpi da mortaio sono nei fortini; provvedere immediatamente; il mitragliatore non può essere inviato; si ribadisce che non vi é alcuna dipendenza del VII° Distaccamento dal SIM locale; ... cessare ogni pettegolezzo".

23 aprile 1945 - Dal comando della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 83, al comando della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" - Direttiva: "inviare il X° Distaccamento autonomo "Walter Berio" in Località Fontanili [oggi nel comune di Montalto Carpasio] per necessità tattica".

24 aprile 1945 - Dal C.L.N. di Sanremo, prot. n° 636, al Comune di Sanremo, al Commissariato di P.S., al comando dei Vigili Urbani ed al comando dei Vigili del Fuoco - Comunicava che il C.L.N. di Sanremo, organo di governo della città, nell'interesse della popolazione e dell'interesse pubblico disponeva che tutti i dipendenti degli enti in indirizzo erano tenuti a restare al proprio posto. Essi saranno responsabili per la continuazione dello svolgimento dei servizi pubblici e dell'ordine cittadino.

da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

venerdì 31 dicembre 2021

Dal comando della Divisione SAP "Giuseppe Mazzini" di Albenga al comando partigiano...

Albenga (IM) negli anni 1940

Nonostante gli indiscutibili miglioramenti, Luigi Longo “Gallo”, comandante generale delle Brigate Garibaldi, giunto a Savona ai primi di luglio 1944 per visionare la situazione del Ponente ligure, non poté fare a meno di notare come il movimento garibaldino nel Savonese fosse tuttora meno sviluppato rispetto a quello della Prima Zona (Imperia ed Albenga); con tutto ciò, chiari sintomi di disgregazione dell’apparato poliziesco della RSI si avvertivano ora anche a Savona, e bisognava approfittarne senza remore. [...] Vi era poi un’altra questione sulla quale il CLN regionale ritenne suo dovere soffermarsi. Si trattava di certi contrasti tra i CLN di Albenga e di Savona determinati dal tardivo interessamento di quest’ultimo organismo per la parte occidentale della provincia. Preso atto dell’intensa attività degli albenganesi, che fin dagli inizi della guerra civile erano legati ad Imperia a causa della anomala struttura delle federazioni del PCI clandestino, il CLN regionale diede piena sanzione alla loro indipendenza operativa da Savona, invitando tuttavia a stringere contatti più stretti tra i due comitati e dando indicazioni sulle ripartizione delle cariche provinciali a guerra finita. La questione fu appianata in poche settimane <156.
156 (a cura di) INSMLI, Resistenza e ricostruzione in Liguria. Verbali del CLN ligure 1944/46, Milano, Feltrinelli, 1981
Stefano d’Adamo, "Savona Bandengebiet - La rivolta di una provincia ligure ('43-'45)", Tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 1999/2000

D: Vi sono mai state intromissioni del PCI (…) giudicate pesanti (…)?
R: No, non arrivavano mica. (…). Eravamo una brigata di periferia, più a ovest di questa zona, confinavamo con la Prima Zona Liguria, che era delimitata dalla strada Albenga - Garessio. Più in là non siamo mai andati. [Segue una breve conversazione relativa ad un equivoco sulla data di costituzione del “Torcello”, che è ottobre 1944 e non luglio].
[...] D: (…). Come mai è stato costretto ad inquadrarsi nei garibaldini? (…)
R: Lui [Marzola] non era inquadrato con nessuno. Non potevamo lasciare della gente che agisse per conto proprio. Avevamo un’organizzazione che doveva rendere conto; i distaccamenti rendevano conto alla brigata. Le nostre pattuglie rendevano conto al distaccamento. E uno che girava per conto suo armato, belìn, noialtri lo facevamo fuori se ci capitava tra le mani. Nell’Imperiese i tedeschi e i fascisti mandavano su della gente vestita da partigiani, addirittura con il fazzoletto rosso, che domandava dei partigiani… (…). Però quando i partigiani si sono resi conto, venivano su con tanto di “papiro” firmato dal CLN e li facevano fuori! Non interrogavano mica. Avevano ragione, perché avevano subito un sacco di perdite. E quello era un cane sciolto…
Intervista con Enrico De Vincenzi in Stefano d’Adamo, Op. cit. 

La Prima Divisione d’Assalto Garibaldi “Gin Bevilacqua”, inizialmente forte di circa 500 uomini, nacque ufficialmente il 30 gennaio 1945, con “Enrico” per comandante e “Vela“ (Pierino Molinari) per commissario politico; il Comando si appoggiava momentaneamente al distaccamento “Maccari”, ma avrebbe sempre mantenuto la sua base alle Tagliate.
Stefano d’Adamo, Op. cit.
 

15 febbraio 1945 - Dal comando del Distaccamento "Silvio Torcello" della III^ Brigata Garibaldi "Libero Briganti" della I^ Divisione "Gin Bevilacqua" [II^ Zona Operativa Liguria] al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che 6 ex appartenenti alla Brigata scrivente, fuggiti a dicembre dopo il rastrellamento nemico, razziavano, continuando ad autodefinirsi garibaldini, civili, per cui, siccome "da ottime segnalazioni" risultava che i 6 si aggirassero nella zona della Bonfante, si chiedeva di arrestare quei 6, "Maciste", "Salvatore", "Cancarin", "Morello", "Brindisi", "Pianta", e di trasferirli nelle mani della "Briganti". 

8 marzo 1945 - Dal CLN del Ponente Comitato di Liberazione Nazionale per la Liguria al CLN di Savona e p.c. al CLN di Albenga - "Genova, 8 marzo 1945  - Il Comitato di Liberazione Nazionale per la Liguria, preso atto dell'esposto presentato dal CLN di Albenga, dal quale risulta la notevole attività compiuta dal Comitato stesso, in condizioni di completo isolamento rispetto ai Comitati territorialmente superiori, e nel quale sono esposte lamentele circa il funzionamento del CLN di Savona a proposito dei suoi rapporti con la provincia e, in particolare con la zona occidentale di essa, fa presente a codesto Comitato: Il Comitato di Liberazione Nazionale per la Liguria approva e dà sanzione alla delega di poteri che per il periodo cospirativo il CLN di Savona ha concesso al CLN circondariale di Albenga. Il Comitato di Liberazione Nazionale per la Liguria ritiene assolutamente necessario che i contatti fra il Comitato di Albenga e quello di Savona siano costanti e frequenti. Altresì ritiene che a liberazione avvenuta il CLN provinciale tenga presente che siano rappresentati nelle cariche, ed in qualsiasi altro organismo che esprime la volontà antifascista della provincia, il CLN  di Albenga e gli interessi dell'antico circondario di Albenga, che si è acquisito particolari meriti in questi duri momenti della Lotta di Liberazione. Il CLN per la Liguria"

8 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 8, al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Trasmetteva le informazioni ricevute il 6 marzo dal Distaccamento "Torcello" della II^ Zona Operativa Liguria.

8 marzo 1945 - Dal comando della II^ Brigata "Nino Berio" al capo di Stato Maggiore della Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che era stato dato incarico a 2 garibaldini di ritirare gelatina ed esplosivo 808 inglese presso il Distaccamento "Torcello" [della II^ Zona Operativa Liguria]; che era fallita la missione per catturare la spia "Pipetta"; che era, invece, stata catturata ad Ortovero una donna sospettata di essere una spia, forse anche responsabile dell'arresto di "Tito".

21 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 224, al comando della III^ Brigata "Libero Briganti" della I^ Divisione "Gin Bevilacqua" [II^ Zona Operativa Liguria] e al comando del Distaccamento "Torcello" - Ringraziava per una fornitura di munizioni.

30 marzo 1945 - Dal comando della I^ Divisione "Gin Bevilacqua" [II^ Zona Operativa Liguria] alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della II^ Divisione "Felice Cascione" - Chiedeva informazioni sui movimenti nemici alla frontiera italo-francese [linea del fronte] dovendo inviare segnalazioni urgenti del proprio SIM alla missione alleata in Piemonte.

1 aprile 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 123 bis, al comando della VI^ Divisione ed al CLN di Alassio (SV) - Segnalava che il comando del Fascio Repubblicano era in possesso di un elenco di partigiani, consegnato dal maresciallo Gargano alle autorità repubblichine di P.S. e poi al Fascio e forniva i 29 nomi dei mentovati partigiani perché il CLN potesse avvertirli.

8 aprile 1945 - Da "Dario" [Ottavio Cepollini] alla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che stava indagando sul parroco di Pogli [Frazione di Ortovero (SV)] e sul podestà di Vendone (SV); che "Pipetta" era già stato nascosto dai tedeschi; che il 7 aprile i nazisti avevano requisito animali da traino per il trasporto di materiale bellico dai fortini alla stazione di Albenga; che si erano presi accordi con 7 militari della GNR di Albenga per il loro passaggio alle formazioni partigiane di montagna a condizione di portare 1 mitragliatore, 2 mitra, 4 fucili ed una cassa di munizioni...

10 aprile 1945 - Dalla I^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Gin Bevilacqua" [della II^ Zona Operativa Liguria] ai comandi della II^ Divisione "Felice Cascione" e della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"  Segnalava che un informatore repubblichino aveva dichiarato che i soldati di Salò dei reparti di Imperia, Albenga, Savona, Cadibona avevano ricevuto l'ordine di compiere un rastrellamento per aprirsi una strada in vista di un possibile sganciamento dalla riviera di ponente.

11 aprile 1945 - Dal comando del Distaccamento "Silvio Torcello" della III^ Brigata "Libero Briganti" [II^ Zona Operativa Liguria] al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava la necessità di un bombardamento in una località a 7 km. da Finale Ligure (SV), in cui erano dislocati circa 1.000 uomini ben equipaggiati, anche di armi pesanti, che in quella zona la popolazione appoggiava in gran parte la repubblica sociale e che le forze nemiche che presidiavano Bardineto (SV) e Calizzano (IM) [in Val Bormida] da alcuni giorni avevano abbandonato quei paesi.

13 aprile 1945 - Dal comando della Divisione SAP "Giuseppe Mazzini" [di Albenga (SV)] al Rappresentante [Robert Bentley, capitano del SOE britannico, ufficiale di collegamento alleato con i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] dell'Alto Comando Alleato ed al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava che come da accordi presi iniziava il servizio informazioni; che i tedeschi avevano asportato dal forte di Zuccarello tutte le munizioni; che facevano la stessa operazione dai magazzini situati nei pressi di Albenga; che l'11 aprile era transitato "da est ad ovest un camion con rimorchio carico di 70 fusti pieni di benzina"; che nella galleria tra Ceriale e Borghetto vi era un treno blindato, armato con 4 pezzi da 120 e con 2 mitragliatrici da 20 mm; che il nemico aveva intensificato la sorveglianza nelle valli vicine ad Albenga sino ad istituire un nuovo posto di blocco sulla strada Arnasco-Albenga-Coasco [Frazione di Villanova d'Albenga (SV)].

15 aprile 1945 - Da un'informatrice alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che il podestà di Stellanello (SV) era amico del commissario repubblichino di polizia Piccheddu di Alassio e che del dottor Massone, tornato a casa, non si sapeva se si sarebbe fermato a lungo.

17 aprile 1945 - Dal comando del Distaccamento "Silvio Torcello" della III^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Libero Briganti" della I^ Divisione "Gin Bevilacqua" [II^ Zona Operativa Liguria] al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Segnalava che il fotografo Aristide Piccioni, abitante con il fratello sarto a Briga [La Brigue, Val Roia francese, dipartimento delle Alpi Marittime], "esplica servizi di spionaggio a favore delle forze della RSI".

18 aprile 1945 - Dal comando della Divisione SAP "Giuseppe Mazzini" [di Albenga (SV)] al rappresentante dell'Alto Comando Alleato [ufficiale di collegamento, capitano del SOE britannico, Robert Bentley] ed al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che il 17 aprile erano transitati sulla via Aurelia in direzione ovest 2 camion, 6 auto, 5 autocarri tutti vuoti, verso est 1 camion coperto, 1 camion vuoto, 1 treno carico di paglia e fieno; che il presidio di Coasco era partito per il fronte; che il figlio del maggiore Vignola agiva come spia.

20 aprile 1945 - Dal comando della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 58, al comando della I^ Divisione "Gin Bevilacqua" [della II^ Zona Operativa Liguria] - Si comunicava che "in risposta alla richiesta sul movimento delle forze nemiche sulla frontiera italo francese le informazioni sono poco attendibili, dato che c'è continuo movimento e continuo spostamento delle forze verso la strada n° 28...".

23 aprile 1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che veniva inviata in allegato una lettera del "capitano Roberta" capitano Bentley] per la missione alleata dislocata presso la I^ Divisione "Gin Bevilacqua" [della II^ Zona Operativa Liguria]...

23 aprile 1945 - Dal comando della Divisione SAP "Giuseppe Mazzini" [di Albenga (SV)], prot. n° 60, al rappresentante dell'Alto Comando Alleato [capitano Bentley] - Segnalava movimenti nemici quali, sulla via Aurelia il 21 aprile 3 camion diretti ad est che trasportavano truppe ed un mezzo d'assalto, un treno da Ventimiglia per Savona carico di materiale, "Dalla stazione di Albenga sono stati caricati 40 carri agricoli, munizioni, mine e materiale vario diretti a Garessio via colle San Bernardo".

da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 - 1999

Russo Pierluigi: nato a Voltaggio (Al) il 2 giugno 1909. Ufficiale della Brigata Nera di Albenga
Rapporto dei carabinieri di Albenga del 24.6.45: Il dottor Russo Pierluigi giunse ad Albenga verso la metà del febbraio 1945 in servizio presso la locale brigata nera. Dimostrò subito particolare zelo nel coadiuvare la Feldgendarmerie di Albenga che in quel periodo spiegava una feroce attività di intimidazione attraverso l’uccisione di numerosi ostaggi. Il dottor Russo era coadiuvato dalla sua amante Andreis Anna, la quale esercitava la sua deleteria influenza sul maresciallo della Feldgendarmeria Strupp, di cui contemporaneamente ne era l’amante. Il dottor Russo vantava la sua appartenenza alla brigata nera e si dichiarava fervente nazifascista. Portava sulla manica destra della giubba la scritta “Per l’onore d’Italia”.
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia,  StreetLib, Milano, 2019 

Le cose si facevano più complicate all’estremità occidentale del dispositivo della divisione “Bevilacqua”, dove la Terza Brigata doveva affrontare una crescente pressione nemica sulle vie di comunicazione. Il mese [marzo 1945] si era aperto con alterni, fitti scontri e scaramucce di varia portata che denunciavano la lotta in atto per il controllo strategico della zona di Bardineto, dove confluiscono le strade provenienti da Albenga e da Borghetto Santo Spirito. Ma il 6 marzo la brigata mise a segno uno dei suoi colpi più brillanti. Durante la notte elementi del distaccamento “Torcello” penetrarono nell’abitato di Loano con l’aiuto e la copertura dei sapisti locali del “Boragine” e si diressero a colpo sicuro verso l’albergo Vittoria, dove era stata segnalata la presenza di un nucleo di polizia investigativa. Qui, a dispetto della sorveglianza nemica (non troppo vigile, in verità, dal momento che per ragioni di segretezza quasi nessuno sapeva dell’esistenza del centro di controspionaggio), i partigiani catturarono due esponenti dell’UPI tra cui Giovanni Illegittimo, che comandava lo spionaggio fascista tra Savona ed Alassio. Condotti in montagna, i prigionieri furono rapidamente processati e fucilati. Le prove per la condanna furono fornite dai documenti riservatissimi di cui i partigiani si erano impadroniti: si trattava di una notevole mole di documenti nei quali erano indicati con precisione molti esponenti dei CLN locali e delle SAP della zona tra Loano e Finale, tra i quali l’avv. Rembado, il maestro Acquamorta, Panizza, Orso e De Vincenzi senior. Subito avvisati, poterono mettersi al sicuro per tempo.
Stefano d’Adamo, Op. cit. 

Una vista sulla piana di Albenga

19 febbraio 1945 - Da Paolo Pini della Brigata Nera al comando della Brigata Nera di Alassio - Segnalava che alcuni "ribelli" avevano sottratto un autovettura Fiat, dal tettuccio apribile, di cui si fornivano numeri di targa, di telaio, di libretto di circolazione, affinché i dati fossero all'attenzione dei posti di blocco.
da documento IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit. Tomo II
 
Ad Albenga la brigata SAP “G. Mazzini”, con il riconoscimento della funzione del CLN circondariale ingauno, ottiene l’autonomia operativa sino alla fine del conflitto. Non risulta ufficialmente nell’organico della divisione imperiese “G.M. Serrati” anche se i rapporti con l’organizzazione a cui inizialmente faceva capo, non hanno avuto soste, e i contatti di collaborazione tra i combattenti imperiesi e i sapisti di Albenga sono ricorrenti.
Dalla relazione conclusiva dell’attività della Brigata SAP “G. Mazzini”:
“Successivamente le squadre SAP albenganesi vennero inquadrate nella Brigata SAP “G. Mazzini”, dislocata su tutto il territorio del circondario con i distaccamenti nelle città ed in ogni paese dell’entroterra. Le squadre per tutto il periodo della lotta effettuarono audaci colpi di mano contro i presidi nazifascisti; avvicinarono militari della RSI per persuaderli a passare nelle fila della Resistenza; svolsero servizio informativo (SIM), organizzarono collegamenti tra la montagna e la città e tra i vari CLN; prelevarono fondi, viveri, medicinali, armi e munizioni per l’invio regolare alle formazioni cercando di eludere i numerosi posti di blocco nazifascisti. La brigata SAP “G. Mazzini” … si trovò verso novembre ad agire in una situazione di grave pericolo. Nel periodo autunno 1944- inverno 1945 venne installata in Albenga la Feldgendarmeria nel palazzo INCIS: il luogo divenne tristemente famoso perché di qui vi passarono i sapisti della “G. Mazzini” ed i membri del CLN caduti nelle mani del “boia” Luciano Luberti… che eseguiva alla lettera le direttive di Himmler e di Hitler contro la resistenza e le inermi popolazioni dell’albenganese… Nelle celle del palazzo INCIS si ammassavano esseri umani dai volti sfigurati e sanguinanti: le percosse si alternavano alle più efferate torture. Peggior sorte toccò alle donne… Alla liberazione nelle fosse della marina furono riesumate 59 salme di patrioti orrendamente sfigurati. La brigata SAP “G. Mazzini” non figura negli organici della Divisione SAP “G.M. Serrati” di Imperia e “A. Gramsci” di Savona, in quanto forza militare alle dirette dipendenze del CLN circondariale albenganese. Pertanto seguì le varie modifiche politiche-organizzative che caratterizzarono il CLN di Albenga diretto da Emidio Libero Viveri.”
Redazione, Arrivano i Partigiani, inserto "3. Le squadre di Azione Patriottica nel savonese (prima parte)", I RESISTENTI, ANPI Savona, 2001

Il Comando di Zona di Savona aveva ricevuto da circa un mese le direttive del “Piano A” per la liberazione del territorio ligure stilate dal rinnovato Comando Militare Regionale Ligure (nel quale rivestiva la carica di vicecomandante l’ex ispettore delle Brigate Garibaldi per il Ponente Carlo Farini, che aveva mutato il suo nome cospirativo, “Simon”, in quello di “Manes”). In generale le SAP e i partigiani scesi a rinforzarle avrebbero dovuto affrontare una difesa cittadina statica, mentre i reparti di montagna si sarebbero dovuti impegnare contro una notevole massa di armati in rapido movimento per intralciarne la ritirata, in sintonia con le operazioni alleate. Quanto ai compiti specifici che il Comando Regionale aveva affidato alle unità del Savonese, la Seconda Brigata “Sambolino” avrebbe dovuto unirsi ad aliquote della divisione “Mingo” e recarsi in Sesta zona, sulla strada del Turchino, per bloccare ogni movimento di truppe verso Genova; la divisione “Bevilacqua”, oltre naturalmente a liberare Savona, era tenuta a bloccare i transiti sui colli di Cadibona, del Giovo, del Melogno e, in collaborazione con la divisione “Bonfante” della Prima Zona (Imperia), di San Bernardo di Garessio.  [...] Nelle prime ore del 25 aprile la Terza Brigata “Libero Briganti” scese ad occupare Vado Ligure con il supporto della brigata SAP “Corradini”; frattanto la Quarta Brigata “Carlo Cristoni”, escluso il distaccamento “Rebagliati” dirottato all’ultimo momento su Finale <81, ben rifornita di bombe da mortaio dopo un eccezionale “colpo” compiuto a Quiliano alcune notti prima, calava su Quiliano stessa e, spazzati via i residui capisaldi nemici perdendo un volontario (Amerigo Moschini “Zizi”), avanzava fino a Valleggia <82. A questo punto una fortissima colonna nemica, composta da tedeschi della Brandenburg che avevano già subito attacchi partigiani nella zona di Albenga, si avvicinò da ponente a Vado e, avuta notizia della presenza dei garibaldini, iniziò a cannoneggiare l’abitato per aprirsi la strada. Per evitare un’inutile strage di civili i partigiani ed i sapisti decisero di ritirarsi dalla cittadina risalendo le colline circostanti, e i nazisti ebbero via libera senza dover combattere. <83
[NOTE]
81. Mario Savoini (Benzolo), Cosa è rimasto: memorie di un ribelle, Savona, Editrice Liguria, 1997, p. 157.
82. Cfr. Giorgio Gimelli, Cronache militari della Resistenza in Liguria, ed. 1985, vol. II, Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, p. 832, Colpi di mortaio… cit., pp. 45 - 53, M. Calvo, op. cit., p. 410.
83. G. Gimelli, op. cit., ed. 1985, vol. II, pp. 832 e 833.

Stefano d’Adamo, Op. cit.