Può dirmi qualcosa capitano della sua missione di collegamento con il comando operativo della I^ zona militare della Liguria?
Il capitano dei paracadustisti inglesi Robert (Bob) Bentley, che ho conosciuto in montagna e che ora è qui tra noi quale ufficiale dell'A.M.G., scuote la bruna testa e mi sorride, agitando l'indice...
"mi chiede indiscrezioni che io non posso permettermi..."
... soltanto il racconto di qualche sua avventura tra le nostre montagne...
[n.d.r.: Bentley, che, in effetti, faceva parte del SOE britannico, parla a questo punto nell'intervista rilasciata della preparazione della sua missione tra i partigiani: nel fare questo si riferisce anche alla Missione Kahnemann; aggiunge che aveva preso preventivo contatto con Stefano Leo Carabalona, che era arrivato l'11 dicembre 1944 in barca a remi con altri patrioti tra le fila alleate in Costa Azzurra; dettaglia, poi, il suo sbarco clandestino del 6 gennaio 1945 a Vallecrosia (IM), dove era atteso da uomini del locale Gruppo Sbarchi: di questi fa solo i nomi, anche perché erano stati di ausilio nella fase preparatoria, di Nino, Mimmo, Tonino, aggiungendo, di quest'ultimo, che lo aspettò a Negi, Frazione di Perinaldo (IM), dove ormai stavano arrivando, come si vedrà più avanti, gli uomini di Gino Napolitano, in quel momento commissario del I° Battaglione "Mario Bini" della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione", pochi giorni dopo vicecomandante della V^ Brigata. In effetti, in base alle disposizioni operative del comandante Holdsworth del 6 dicembre 1944, Bentley aveva già tentato con il radiotelegrafista caporale Millington di passare le linee ed entrare in Liguria attraverso i passi alpini: recavano con loro 500.000 lire per il compimento della missione e per aiutare i patrioti. Il maltempo e l’accresciuta sorveglianza tedesca avevano impedito il successo di questo approccio. Riprovando via mare, in una missione rinominata “Chimpanzee”, veniva accompagnato questa volta dal radiotelegrafista caporale MacDougall]
... Giungemmo a Negi [Frazione di Perinaldo (IM)] dove incontrammo un gruppo di partigiani di Gino che ci attendeva per scortarci. Ripartimmo per Baiardo. Alla prima svolta, in distanza scorgemmo due figure solitarie venire verso di noi: un uomo altissimo ed un altro che sembrava molto piccolo accanto al primo. I due sopravvenuti si posero in posizione di difesa nello scorgerci, poi riconobbero gli uomini che ci accompagnavano e ci vennero incontro. Erano Curto [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria] e Gino, che andavano, senza scorta, a minare la strada. Ci presentammo e subito ci affiatammo...
Che impressione le fecero?
Curto quello di capo nato: calmo, freddo, anzi, intelligente e coraggioso, dotato, nella sua impassibilità, di una sua sensibilità concentrata e di un non comune spirito di intuizione. Gino, un ragazzo espansivo, esuberante di vita, ma capace di tutti gli ardimenti e di tutte le temerità.
Spiegai al Curto l'incarico ricevuto e ci comprendemmo immediatamente. Insieme salimmo ai Vignai [Frazione di Baiardo (IM)] e quindi passai con il battaglione di Gori [Domenico Simi, comandante del III° Battaglione "Candido Queirolo" della V^ Brigata]...
[Alle 17.30 completammo l'operazione e raggiungemmo Vignai <Frazione di Baiardo (IM)>. Lì incontrai il sergente Henry Harris dell'USAAF che era stato con il maggiore Campbell... Più tardi scoprii che il sergente Harris era stato chiamato da Curto per controllarci ed essere sicuro che fossimo inglesi e non delle spie...
Robert Bentley in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia < Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale "Il Ponte" di Vallecrosia (IM)>, 2007]
... eravamo presso il Monte Faudo io, Curto, Sumi [Lorenzo Musso, commissario al comando operativo della I^ Zona Liguria] ed altri ragazzi. Si andava verso Imperia...
Dopo il rastrellamento tedesco a Beusi di fine febbraio il nemico aveva scoperto la mia presenza in montagna e mi dava una caccia spietata. Eravamo impossibilitati ad eseguire qualsiasi trasmissione e tutte le strade verso l'interno ci erano precluse. Gori, con il suo solito spirito pratico, pensò allora di prendere rifugio assieme a noi nel convento dei frati a Taggia. Scendemmo accompagnati da una guida del luogo...
E poi debbo aggiungere ad onor del vero che i giorni trascorsi in convento dopo due mesi di marce forzate, di spostamenti incessanti, di ansie terribili, furono per me una vacanza meravigliosa. Si dormiva in soffitta - erano con me anche Sumi e il radiotelegrafista Mac Dougall - e si stava benissimo. Avevamo un vero letto su cui stenderci e riposare. Ogni sera la nostra guida ci portava i viveri e la cucina dei Frati non era certamente da disprezzare, dati i momenti. Ricordo e sempre ricorderò le simpaticissime figure dei miei ospiti. Padre Vittorio, uomo coltissimo, col quale si discuteva di politica; Padre Serafino ancora giovanissimo che suonava molto bene il violino e sapeva cantare magnificamente. Padre Serafino era anche addetto alla cucina e spesso esercitava la sua voce durante la confezione dei suoi manicaretti, il che talvolta comportava piatti insipidi o troppo salati e salse dal gusto strano... ma lo si perdonava in considerazione del piacere che ci offriva con le sue canzoni. Nè potrò dimenticare l'allegro Padre Badalucco (questo era almeno il suo sopranome) il quale considerava appunto Badalucco il centro dell'universo: ci dava lezioni di strategia aerea e discuteva con noi della necessità di un lancio di parecchie divisioni paracadutiste sulla cittadina per affrettare la fine della guerra!...
Di notte si usciva, ci s'internava nel bosco e si tentava di usare la radio, ma la vicinanza del tedesco e la mancanza delle batterie, che erano state abbandonate a Beusi, non ci permisero mai una trasmissione efficiente. Molte volte corremmo il rischio di essere presi...
Anzi corse voce che lei era stato catturato.
... Ritornai a Beusi. Avevamo una capanna nel bosco. Il Battaglione Gori si era riformato e stava con noi. Insieme a me erano pure Curto e Sumi. Simon [Carlo Farini] nel frattempo era partito per Genova...
Ora una notte, una bella serena notte di luna, raffiche di mitragliatrice vicinissime mi svegliano. Il grosso delle nostre forze si era spostato: eravamo nel bosco in cinque o sei soltanto. Strisciammo fuori e scorgemmo, proprio davanti a noi, a non più di trenta o quaranta metri di distanza, un'arma automatica nemica che rafficava verso l'alto bosco. Sempre strisciando il più silenziosamente possibile, in attesa di vederci piombare addosso le pattuglie nemiche, ritornammo alla capanna e facemmo sparire i documenti. Mac si caricò della radio e tutti insieme, di albero in albero, carponi, ci spostammo verso il versante opposto da dove avremmo potuto scalare il pendio in caso fossimo stati minacciati di accerchiamento. Si rimase sul posto fino alle tre: la mitragliatrice nemica, durante tutto quel tempo non cessò mai di tirare. Verso le tre tacque finalmente e noi potemmo portarci su una breve radura, circondata dal folto, al sicuro da sguardi indiscreti, dove restammo con le armi pronte fino al mattino. Sentivamo più in basso i movimenti pesanti di uomini che si spostavano continuamente battendo i margini del bosco.
... Poco dopo scorgemmo colonne di fumo salire dalle case poste nella conca sotto di noi: i tedeschi avevano appiccato il fuoco alla borgata per rappresaglia. Eravamo tristi e preoccupati per gli amici che vi abitavano...
... La situazione si faceva critica. Eravamo un pugno di uomini con pochissime munizioni e la responsabilità della radio e dei documenti. Decidemmo di tentare una difficile ritirata verso Ciabaudo [Frazione di Badalucco (IM)].
... Ma prima dell'alba eravamo nuovamente in piedi e riprendevamo il cammino verso Ciabaudo, lieti di averla fatta in barba al tedesco ed allegri come prima...
Raccontarle tutte le altre mie avventure, da Ciabaudo a Baiardo e a Gerbonte, da Viozene a Agaggio [Frazione di Molini di Triora (IM)] e a Buggio [Frazione di Pigna (IM)], sarebbe troppo lungo. Le dirò per finire che mentre mi trovavo a Buggio presso i fratelli Aicardi il 24 aprile [1945] ci giunse una lettera del C.L.N. che ci informava della ritirata nemica. Con Curto, Sumi e Giorgio [Giorgio Olivero, comandante della VI^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Silvio Bonfante"] stabilimmo gli ultimi piani ed i1 25 mattina, dopo aver infranto la resistenza di reparti tedeschi di retroguardia, facemmo il nostro ingresso ad Oneglia, finalmente libera. Tutta la popolazione ci accolse con commovente entusiasmo, quell'entusiasmo italiano che tocca il cuore perché vi si sente la passione...
Ancora una domanda, capitano, ed è l'ultima. Qual'è la sua impressione sulla lotta partigiana?
Magnifica. Ho assistito ad azioni che avrebbero inorgoglito armate ben più attrezzate. Sono stato testimone di eroismi inauditi. Potete andar fieri di questi vostri combattenti meravigliosi e dei loro capi il cui apporto alla causa comune è stato grandissimo e talvolta decisivo. Mercé il loro sacrificio l'Italia è rientrata nel consesso delle libere nazioni e giustizia dovrà esserle resa...
Mario Mascia, L’epopea dell’esercito scalzo, ed. A.L.I.S., 1946, ristampa del 1975 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia
Il capitano dei paracadustisti inglesi Robert (Bob) Bentley, che ho conosciuto in montagna e che ora è qui tra noi quale ufficiale dell'A.M.G., scuote la bruna testa e mi sorride, agitando l'indice...
"mi chiede indiscrezioni che io non posso permettermi..."
... soltanto il racconto di qualche sua avventura tra le nostre montagne...
[n.d.r.: Bentley, che, in effetti, faceva parte del SOE britannico, parla a questo punto nell'intervista rilasciata della preparazione della sua missione tra i partigiani: nel fare questo si riferisce anche alla Missione Kahnemann; aggiunge che aveva preso preventivo contatto con Stefano Leo Carabalona, che era arrivato l'11 dicembre 1944 in barca a remi con altri patrioti tra le fila alleate in Costa Azzurra; dettaglia, poi, il suo sbarco clandestino del 6 gennaio 1945 a Vallecrosia (IM), dove era atteso da uomini del locale Gruppo Sbarchi: di questi fa solo i nomi, anche perché erano stati di ausilio nella fase preparatoria, di Nino, Mimmo, Tonino, aggiungendo, di quest'ultimo, che lo aspettò a Negi, Frazione di Perinaldo (IM), dove ormai stavano arrivando, come si vedrà più avanti, gli uomini di Gino Napolitano, in quel momento commissario del I° Battaglione "Mario Bini" della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione", pochi giorni dopo vicecomandante della V^ Brigata. In effetti, in base alle disposizioni operative del comandante Holdsworth del 6 dicembre 1944, Bentley aveva già tentato con il radiotelegrafista caporale Millington di passare le linee ed entrare in Liguria attraverso i passi alpini: recavano con loro 500.000 lire per il compimento della missione e per aiutare i patrioti. Il maltempo e l’accresciuta sorveglianza tedesca avevano impedito il successo di questo approccio. Riprovando via mare, in una missione rinominata “Chimpanzee”, veniva accompagnato questa volta dal radiotelegrafista caporale MacDougall]
... Giungemmo a Negi [Frazione di Perinaldo (IM)] dove incontrammo un gruppo di partigiani di Gino che ci attendeva per scortarci. Ripartimmo per Baiardo. Alla prima svolta, in distanza scorgemmo due figure solitarie venire verso di noi: un uomo altissimo ed un altro che sembrava molto piccolo accanto al primo. I due sopravvenuti si posero in posizione di difesa nello scorgerci, poi riconobbero gli uomini che ci accompagnavano e ci vennero incontro. Erano Curto [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria] e Gino, che andavano, senza scorta, a minare la strada. Ci presentammo e subito ci affiatammo...
Che impressione le fecero?
Curto quello di capo nato: calmo, freddo, anzi, intelligente e coraggioso, dotato, nella sua impassibilità, di una sua sensibilità concentrata e di un non comune spirito di intuizione. Gino, un ragazzo espansivo, esuberante di vita, ma capace di tutti gli ardimenti e di tutte le temerità.
Spiegai al Curto l'incarico ricevuto e ci comprendemmo immediatamente. Insieme salimmo ai Vignai [Frazione di Baiardo (IM)] e quindi passai con il battaglione di Gori [Domenico Simi, comandante del III° Battaglione "Candido Queirolo" della V^ Brigata]...
[Alle 17.30 completammo l'operazione e raggiungemmo Vignai <Frazione di Baiardo (IM)>. Lì incontrai il sergente Henry Harris dell'USAAF che era stato con il maggiore Campbell... Più tardi scoprii che il sergente Harris era stato chiamato da Curto per controllarci ed essere sicuro che fossimo inglesi e non delle spie...
Robert Bentley in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia < Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale "Il Ponte" di Vallecrosia (IM)>, 2007]
... eravamo presso il Monte Faudo io, Curto, Sumi [Lorenzo Musso, commissario al comando operativo della I^ Zona Liguria] ed altri ragazzi. Si andava verso Imperia...
Dopo il rastrellamento tedesco a Beusi di fine febbraio il nemico aveva scoperto la mia presenza in montagna e mi dava una caccia spietata. Eravamo impossibilitati ad eseguire qualsiasi trasmissione e tutte le strade verso l'interno ci erano precluse. Gori, con il suo solito spirito pratico, pensò allora di prendere rifugio assieme a noi nel convento dei frati a Taggia. Scendemmo accompagnati da una guida del luogo...
E poi debbo aggiungere ad onor del vero che i giorni trascorsi in convento dopo due mesi di marce forzate, di spostamenti incessanti, di ansie terribili, furono per me una vacanza meravigliosa. Si dormiva in soffitta - erano con me anche Sumi e il radiotelegrafista Mac Dougall - e si stava benissimo. Avevamo un vero letto su cui stenderci e riposare. Ogni sera la nostra guida ci portava i viveri e la cucina dei Frati non era certamente da disprezzare, dati i momenti. Ricordo e sempre ricorderò le simpaticissime figure dei miei ospiti. Padre Vittorio, uomo coltissimo, col quale si discuteva di politica; Padre Serafino ancora giovanissimo che suonava molto bene il violino e sapeva cantare magnificamente. Padre Serafino era anche addetto alla cucina e spesso esercitava la sua voce durante la confezione dei suoi manicaretti, il che talvolta comportava piatti insipidi o troppo salati e salse dal gusto strano... ma lo si perdonava in considerazione del piacere che ci offriva con le sue canzoni. Nè potrò dimenticare l'allegro Padre Badalucco (questo era almeno il suo sopranome) il quale considerava appunto Badalucco il centro dell'universo: ci dava lezioni di strategia aerea e discuteva con noi della necessità di un lancio di parecchie divisioni paracadutiste sulla cittadina per affrettare la fine della guerra!...
Di notte si usciva, ci s'internava nel bosco e si tentava di usare la radio, ma la vicinanza del tedesco e la mancanza delle batterie, che erano state abbandonate a Beusi, non ci permisero mai una trasmissione efficiente. Molte volte corremmo il rischio di essere presi...
Anzi corse voce che lei era stato catturato.
... Ritornai a Beusi. Avevamo una capanna nel bosco. Il Battaglione Gori si era riformato e stava con noi. Insieme a me erano pure Curto e Sumi. Simon [Carlo Farini] nel frattempo era partito per Genova...
Ora una notte, una bella serena notte di luna, raffiche di mitragliatrice vicinissime mi svegliano. Il grosso delle nostre forze si era spostato: eravamo nel bosco in cinque o sei soltanto. Strisciammo fuori e scorgemmo, proprio davanti a noi, a non più di trenta o quaranta metri di distanza, un'arma automatica nemica che rafficava verso l'alto bosco. Sempre strisciando il più silenziosamente possibile, in attesa di vederci piombare addosso le pattuglie nemiche, ritornammo alla capanna e facemmo sparire i documenti. Mac si caricò della radio e tutti insieme, di albero in albero, carponi, ci spostammo verso il versante opposto da dove avremmo potuto scalare il pendio in caso fossimo stati minacciati di accerchiamento. Si rimase sul posto fino alle tre: la mitragliatrice nemica, durante tutto quel tempo non cessò mai di tirare. Verso le tre tacque finalmente e noi potemmo portarci su una breve radura, circondata dal folto, al sicuro da sguardi indiscreti, dove restammo con le armi pronte fino al mattino. Sentivamo più in basso i movimenti pesanti di uomini che si spostavano continuamente battendo i margini del bosco.
... Poco dopo scorgemmo colonne di fumo salire dalle case poste nella conca sotto di noi: i tedeschi avevano appiccato il fuoco alla borgata per rappresaglia. Eravamo tristi e preoccupati per gli amici che vi abitavano...
... La situazione si faceva critica. Eravamo un pugno di uomini con pochissime munizioni e la responsabilità della radio e dei documenti. Decidemmo di tentare una difficile ritirata verso Ciabaudo [Frazione di Badalucco (IM)].
... Ma prima dell'alba eravamo nuovamente in piedi e riprendevamo il cammino verso Ciabaudo, lieti di averla fatta in barba al tedesco ed allegri come prima...
Raccontarle tutte le altre mie avventure, da Ciabaudo a Baiardo e a Gerbonte, da Viozene a Agaggio [Frazione di Molini di Triora (IM)] e a Buggio [Frazione di Pigna (IM)], sarebbe troppo lungo. Le dirò per finire che mentre mi trovavo a Buggio presso i fratelli Aicardi il 24 aprile [1945] ci giunse una lettera del C.L.N. che ci informava della ritirata nemica. Con Curto, Sumi e Giorgio [Giorgio Olivero, comandante della VI^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Silvio Bonfante"] stabilimmo gli ultimi piani ed i1 25 mattina, dopo aver infranto la resistenza di reparti tedeschi di retroguardia, facemmo il nostro ingresso ad Oneglia, finalmente libera. Tutta la popolazione ci accolse con commovente entusiasmo, quell'entusiasmo italiano che tocca il cuore perché vi si sente la passione...
Ancora una domanda, capitano, ed è l'ultima. Qual'è la sua impressione sulla lotta partigiana?
Magnifica. Ho assistito ad azioni che avrebbero inorgoglito armate ben più attrezzate. Sono stato testimone di eroismi inauditi. Potete andar fieri di questi vostri combattenti meravigliosi e dei loro capi il cui apporto alla causa comune è stato grandissimo e talvolta decisivo. Mercé il loro sacrificio l'Italia è rientrata nel consesso delle libere nazioni e giustizia dovrà esserle resa...
Mario Mascia, L’epopea dell’esercito scalzo, ed. A.L.I.S., 1946, ristampa del 1975 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia