Per vendicare la scomparsa di due soldati tedeschi avvenuta l’8 [secondo altre fonti il 7] gennaio 1945 "lungo
il tratto di strada Castelvecchio-Pontedassio… non essendo ritornati ed
avendo avuto comunicazione che i due soldati furono bestialmente
uccisi, sono apparsi davanti al tribunale militare germanico ... I suddetti fuorilegge appartenevano tutti a bande partigiane e vennero fatti prigionieri in azioni di rastrellamento. Quindici dei quali furono disarmati in combattimento. In seguito a tale fatto il comando germanico rivolge ancora una volta l’intimidazione ai banditi di abbandonare volontariamente le loro bande e presentarsi ai Comandi Militari, sia germanici che italiani. Si fa presente che coloro i quali ritorneranno di loro spontanea volontà non andranno incontro a nessuna punizione …", (così recitava il manifesto fatto affiggere dal comando tedesco, un documento conservato presso l'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia) tra i partigiani catturati in Val Prino o arrestati il 9 gennaio o direttamente prelevati dalle carceri di Oneglia ad Imperia dove erano stati condotti in diverse date, 10 garibaldini furono fucilati da soldati tedeschi del 34 I.D. Grenadier-Regiment 80 il 31 gennaio 1945 lungo la
salita di Capo Berta, che unisce Oneglia a Diano Marina (IM).
Altri 4 patrioti processati dal tribunale tedesco, Adler Oscar Brancaleoni, della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione", Doriano Mizar Carletti, della IV^ Brigata, Matteo Stella Cavallero, della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione, Ernesto Austriaco/Deri Deri, della IV^ Brigata, Biagio Biagio Giordano, nato a Monreale (Palermo) il 18.05.1925, della V^ Brigata, furono fucilati il 15 febbraio 1945 dietro il cimitero di Oneglia.
Responsabile in larga misura di questi eccidii e di altri, che si verificarono da gennaio 1945 alla fine della guerra, fu una donna, la cui identità rimase a lungo celata, tanto che fu conosciuta con lo pseudonimo di "donna velata": Maria Concetta Zucco.
Per l'importanza che questa spia ricoprì nella storia della I^ Zona Operativa Liguria, risulta necessario tracciare un breve sunto delle vicende di cui fu protagonista.
Rocco Fava, La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945). Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
Responsabile in larga misura di questi eccidii e di altri, che si verificarono da gennaio 1945 alla fine della guerra, fu una donna, la cui identità rimase a lungo celata, tanto che fu conosciuta con lo pseudonimo di "donna velata": Maria Concetta Zucco.
Per l'importanza che questa spia ricoprì nella storia della I^ Zona Operativa Liguria, risulta necessario tracciare un breve sunto delle vicende di cui fu protagonista.
Da ricerche effettuate e dalle risultanze del processo a suo carico, che si svolse nell'immediato periodo post-bellico, si può affermare che il suo arrivo in provincia di Imperia avvenne nell'estate del 1944, per alcune fonti il 15 agosto, allorchè era accompagnata, insieme ad un'altra donna, Elisabetta Rossi, da un certo Domenico Valli o Viale (o Domenico Valle o ancora Dominic Villani: le testimonianze in proposito, come su altri aspetti che circondano la figura di questa donna, sono confuse e discordanti). Passò dalla Francia, dove prima faveva fatto parte delle formazioni fasciste Azione Nizzarda e poi era stata reclutata dallo spionaggio fascista perché incaricata di infiltrarsi nel movimento partigiano, nell'imperiese attraverso Ventimiglia (IM). Arrestati dai nazifascisti nei pressi di Alassio (SV), le donne e l'uomo vennero liberati da partigiani della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante". Da Alassio si spostarono ad Imperia, dove in qualche modo li nascose Salvatore Cangemi, direttore del carcere di Oneglia, ma segretamente antifascista, tanto da essere un dirigente clandestino delle Brigate SAP a Oneglia, (tanto è vero che aveva già avuto un forte ruolo nell'assecondare la liberazione, a luglio 1944, dei detenuti politici dal suo stesso carcere). Lo stesso Cangemi li condusse poi a Sant’Agata, dove presero contatto diretto con i partigiani del posto. E le due donne furono inquadrate nella I^ Brigata S.A.P. "Walter Berio" della Divisione S.A.P. "Giacinto Menotti Serrati".
La donna velata entrò dunque a fare parte di gruppi partigiani della I^ Zona Operativa Liguria. Poté così vedere i volti ed apprendere le generalità ed i nomi di battaglia di molti patrioti. Ma anche memorizzare le sedi di comando di molte formazioni, luoghi di incontro tra le staffette cittadine e i combattenti di montagna e, soprattutto, generalità ed abitazioni dei civili, che appoggiavano i partigiani prestando loro molte forme di aiuto. Maria Zucco, per dare più peso alla sua finzione di essere una patriota, prese parte con grande energia ad alcune azioni di guerriglia, come quella che portò alla liberazione - con la complicità del già detto Gangemi, direttore del reclusorio - dal carcere di Oneglia del garibaldino Eraldo Guasco (K. 13), comandante di un Distaccamento della IV^ Brigata "Elsio Guarrini".
Nei primi giorni di novembre del 1944 la donna velata, dicendo di essere sospettata dalle autorità nemiche, chiese ai comandi partigiani di poter tornare nella Francia del sud, dove sosteneva di avere alcuni parenti.I partigiani confidarono nella buona fede della Zucco, per cui le venne concesso "dal capo del S.I.M. Adolfo Stenca (Rino) di sistemarsi con l'amica in casa della staffetta partigiana Giuseppe Mela (Sacchetto) [della IV^ Brigata "Elsio Guarrini"]. All'alba le due donne, accompagnate da quest'ultimo, vengono da lui affidate in Villatalla [Frazione di Prelà (IM)] al partigiano Chicù [che era] alle dipendenze di Rinaldo Risso (Tito R.) dopo di che di banda in banda giungono alla frontiera", come scritto in Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III.: Da settembre a fine anno 1944, a cura Amministrazione Provinciale di Imperia e patrocinio Isrecim, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977.Rocco Fava, La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945). Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
Con questi suoi amici passa di banda in banda, fino a raggiungere il confine.
Ma
mentre essi proseguono per Nizza, la Zucco, portata ormai a termine la
sua scaltra azione di infiltrazione nel movimento resistenziale,
tradendo in modo vile i compagni che le hanno dato aiuto fraterno, si
ferma in Italia e diventa preziosa collaboratrice dei nazifascisti...
Attilio Mela, Qualcosa della Resistenza: ricordi personali, episodi, interviste, contributi vari, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 1995
Durante questo tentativo, il 3 gennaio 1945, a Ventimiglia, [Maria Zucco] veniva fermata e arrestata dalla Gnr locale, insieme a Elisabetta R. Riportava il comandante Salvatore N. nel verbale di fermo della donna: "Si è proceduto al fermo delle nominate in oggetto, espatriate volontariamente dalla Francia in seguito allo sbarco Anglo americano, la prima perché appartenente al Fronte Popolare Francese [n.d.r.: leggasi, invece, Partito Popolare Francese], la seconda perché appartenente alla Milizia Francese. Le suddette si sono presentate a questo Comando dichiarando di voler oltrepassare il fronte di guerra per raggiungere i loro parenti nella Francia occupata. Spontaneamente hanno fatto dichiarazioni sul Comitato di Liberazione di Imperia, sulla banda 'Pelletta' come da accluse dichiarazioni scritte".
Francesca Gori, Ausiliarie, spie, amanti. Donne tra guerra totale, guerra civile e giustizia di transizione in Italia. 1943-1953, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2012/2013
Per rendere più agevole la sua opera di delazione venne trasferita dai fascisti in un'abitazione, attentamente sorvegliata da loro, ad Oneglia, in pieno centro cittadino di Imperia.
Nel tentativo di non essere riconosciuta cambiò abbigliamento, coprendosi il volto con velo o cappuccio - da cui in seguito la definizione di donna velata - ed occhiali, spesso vestendo la divisa repubblichina delle Brigate Nere.
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I
Nel gennaio 1945 assume, con il grado di Capitanessa, il comando del Corpo Ausiliario, costituito da alcune decine di donne imperiesi, figlie di immigrati, che si era costituito nel dicembre dell'anno precedente. Da questo momento Maria Zucco diventa la "Donna Velata", la famigerata "Donna Velata", terrore per mesi delle nostre vallate, dove seminerà lutti e sangue a piene mani. Veste la divisa delle Brigate Nere e per non farsi riconoscere dalle vittime, nasconde il viso con un cappuccio e un paio di occhiali scuri...
Attilio Mela, Op. cit.
La Zucco iniziò allora subito la ricerca di coloro che aveva conosciuto in montagna, come ricordò Gerolama Mela in un documento garibaldino (Gerolama Mela vedova Zanchi rilasciò una dichiarazione con la quale sosteneva che la "donna velata" aveva fatto arrestare suo marito, garibaldino, e che le aveva inoltre intimato di svelare dove si trovasse "Rino" Adolfo Stenca - documento IsrecIm).
La "donna velata" vestiva la divisa e, per non farsi riconoscere delle vittime, nascondeva il volto con un cappuccio ed un paio di occhiali scuri. Diventò l'anima della lotta antipartigiana, instancabile nei rastrellamenti, sadica torturatrice, sempre a fianco dei figuri fascisti più tristementi noti, il capitano Borro, i tenenti Vannucci e Lo Faro, il capitano Giovanni Ferraris.
Imperia: una vista su Oneglia e su Capo Berta da Porto Maurizio |
Tra l'8 e il 9 gennaio 1945 vennero catturati una ventina di uomini, che furono esaminati dalla spia Zucco, che riconobbe in loro diversi partigiani, ma non in un primo momento Adolfo Rino Stenca.
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I
La Zucco Maria nel corso di un’incursione in casa mia, ingrata e disonesta nella forma più schifosa, insinuava al maresciallo della Gnr [n.d.r.: Guardia Nazionale Repubblicana] T., altro delinquente e raffinato rapinatore, di procedere all’arresto di mia moglie, anche se in istato di avanzata gravidanza e se i miei cinque teneri bambini sarebbero rimasti in balia di se stessi, ritenendo che tale provvedimento potesse finalmente indurre mia moglie a dire quanto non avevano sino a quel momento ottenuto[...] belva più che donna, perché resasi in brevissimo volgere di tempo, in Imperia e paesi limitrofi, responsabile in modo diretto e non equivoco, di feroci assassini, rapine, persecuzioni violente, torture e sevizie a sangue in cui essa “passionaria” fece sottoporre e sottopose una schiera interminabile di giovani e giovane innocenti [...]
Denuncia di Salvatore Cangemi, 14 agosto 1945, b. 36, f. Maria Zucco, ff. 7 e segg., documento dell'Archivio di Stato di Genova citato in Francesca Gori, Op. cit.
In particolare l’11 gennaio avveniva un rastrellamento nella zona S. Lucia-Budamà, durante il quale venivano fermati alcuni uomini, poi portati alla caserma della Gnr, interrogati e percossi. In particolare il ricercato principale era Salvatore C. [Salvatore Cangemi], che però riusciva a fuggire e a nascondersi in un rifugio sotterraneo. Maria Z. e gli altri militi della Gnr, arrivati nella sua abitazione, trovavano soltanto la signora Lucia I., la donna che per prima aveva ospitato Maria al suo arrivo in Italia, a letto perché degente dopo aver subito un’operazione chirurgica. La donna veniva trasportata all’ospedale di Oneglia dove veniva sottoposta alle prime torture e, successivamente, nonostante il parere contrario del medico, veniva portata alla caserma della Gnr. Riprendevano così gli interrogatori, durante i quali la “donna velata”, coadiuvata dal tenente V. e da altri militi, percuoteva la vittima e la seviziava con scudisci, bastoni, corde, le bruciava vari parti del corpo, tra cui gli organi genitali e il seno, e le veniva fatto ingoiare un liquido che le provocava problemi viscerali. Nella stessa occasione veniva anche fermata e arrestata la moglie di Salvatore C., successivamente rilasciata, e nella sua abitazione venivano requisiti oggetti vari. [...] 14 gennaio, Maria Z. [Maria Zucco] partecipava a un rastrellamento nella zona di S. Agata condotto da italiani e tedeschi insieme. Uomini e donne venivano prelevati dalle proprie abitazioni e portati sulla piazza della chiesa, dove a uno a uno erano interrogati con i soliti metodi brutali. Giovannina M., che aveva conosciuto Maria Z. personalmente durante la sua permanenza tra i partigiani nel novembre 1944 e a cui aveva confidato che il proprio fidanzato, Carlo M., era un partigiano, per esempio dichiarava: "Dopo circa due mesi e precisamente il 14 gennaio durante un rastrellamento effettuato in Sant’Agata, mi rividi nella mia abitazione, mentre mi trovavo a letto, la donna velata, la quale avvicinatasi al mio letto nell’impormi di alzarmi mi diede uno schiaffo. Poi, dietro il fatto della mia confidenza fattale, come sopra ho detto, essa donna velata mi chiese dov’era il mio fidanzato. Dopo averle risposto negativamente essa mi portò unitamente ad elementi nazifascisti nella Piazza della Chiesa, ove venni ancora interrogata e di nuovo picchiata dalla donna velata, dal tenente F. e da alcuni tedeschi. Dopo di ciò fui portata nella caserma 'Muti' di Porto Maurizio ove rimasi rinchiusa per circa una settimana ed in seguito liberata". Raccontava anche Ernesto R., sfollato nel comune di Sant'Agata: "Dopo che siamo stati riuniti sulla piazza, ad uno ad uno venivamo chiamati in disparte e dopo un breve interrogatorio venivamo picchiati a sangue dai sopraddetti dirigenti l’operazione di rastrellamento. Quando fu la mia volta, fui interrogato dalla Z. Maria, la quale insisteva perché le dessi i nomi dei partigiani del paese. Alle mie risposte negative, che d’altronde dichiaravo di non conoscere nessuno del paese essendo ivi sfollato, la Z. Maria mi percuoteva a sangue sul viso con la pistola che essa teneva, gridandomi in faccia che lassù eravamo tutti ribelli e che nessuno voleva confessarlo. Finito il rastrellamento io e altro gruppo di circa quindici rastrellati fummo condotti a Imperia nella Caserma della Gnr ove parte di noi venne nuovamente interrogata e malmenata. Dopo circa un’ora io ed altre sei persone fummo rilasciati mentre gli altri venivano avviati alle carceri".
Francesca Gori, Op. cit.
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I
La Zucco Maria nel corso di un’incursione in casa mia, ingrata e disonesta nella forma più schifosa, insinuava al maresciallo della Gnr [n.d.r.: Guardia Nazionale Repubblicana] T., altro delinquente e raffinato rapinatore, di procedere all’arresto di mia moglie, anche se in istato di avanzata gravidanza e se i miei cinque teneri bambini sarebbero rimasti in balia di se stessi, ritenendo che tale provvedimento potesse finalmente indurre mia moglie a dire quanto non avevano sino a quel momento ottenuto[...] belva più che donna, perché resasi in brevissimo volgere di tempo, in Imperia e paesi limitrofi, responsabile in modo diretto e non equivoco, di feroci assassini, rapine, persecuzioni violente, torture e sevizie a sangue in cui essa “passionaria” fece sottoporre e sottopose una schiera interminabile di giovani e giovane innocenti [...]
Denuncia di Salvatore Cangemi, 14 agosto 1945, b. 36, f. Maria Zucco, ff. 7 e segg., documento dell'Archivio di Stato di Genova citato in Francesca Gori, Op. cit.
In particolare l’11 gennaio avveniva un rastrellamento nella zona S. Lucia-Budamà, durante il quale venivano fermati alcuni uomini, poi portati alla caserma della Gnr, interrogati e percossi. In particolare il ricercato principale era Salvatore C. [Salvatore Cangemi], che però riusciva a fuggire e a nascondersi in un rifugio sotterraneo. Maria Z. e gli altri militi della Gnr, arrivati nella sua abitazione, trovavano soltanto la signora Lucia I., la donna che per prima aveva ospitato Maria al suo arrivo in Italia, a letto perché degente dopo aver subito un’operazione chirurgica. La donna veniva trasportata all’ospedale di Oneglia dove veniva sottoposta alle prime torture e, successivamente, nonostante il parere contrario del medico, veniva portata alla caserma della Gnr. Riprendevano così gli interrogatori, durante i quali la “donna velata”, coadiuvata dal tenente V. e da altri militi, percuoteva la vittima e la seviziava con scudisci, bastoni, corde, le bruciava vari parti del corpo, tra cui gli organi genitali e il seno, e le veniva fatto ingoiare un liquido che le provocava problemi viscerali. Nella stessa occasione veniva anche fermata e arrestata la moglie di Salvatore C., successivamente rilasciata, e nella sua abitazione venivano requisiti oggetti vari. [...] 14 gennaio, Maria Z. [Maria Zucco] partecipava a un rastrellamento nella zona di S. Agata condotto da italiani e tedeschi insieme. Uomini e donne venivano prelevati dalle proprie abitazioni e portati sulla piazza della chiesa, dove a uno a uno erano interrogati con i soliti metodi brutali. Giovannina M., che aveva conosciuto Maria Z. personalmente durante la sua permanenza tra i partigiani nel novembre 1944 e a cui aveva confidato che il proprio fidanzato, Carlo M., era un partigiano, per esempio dichiarava: "Dopo circa due mesi e precisamente il 14 gennaio durante un rastrellamento effettuato in Sant’Agata, mi rividi nella mia abitazione, mentre mi trovavo a letto, la donna velata, la quale avvicinatasi al mio letto nell’impormi di alzarmi mi diede uno schiaffo. Poi, dietro il fatto della mia confidenza fattale, come sopra ho detto, essa donna velata mi chiese dov’era il mio fidanzato. Dopo averle risposto negativamente essa mi portò unitamente ad elementi nazifascisti nella Piazza della Chiesa, ove venni ancora interrogata e di nuovo picchiata dalla donna velata, dal tenente F. e da alcuni tedeschi. Dopo di ciò fui portata nella caserma 'Muti' di Porto Maurizio ove rimasi rinchiusa per circa una settimana ed in seguito liberata". Raccontava anche Ernesto R., sfollato nel comune di Sant'Agata: "Dopo che siamo stati riuniti sulla piazza, ad uno ad uno venivamo chiamati in disparte e dopo un breve interrogatorio venivamo picchiati a sangue dai sopraddetti dirigenti l’operazione di rastrellamento. Quando fu la mia volta, fui interrogato dalla Z. Maria, la quale insisteva perché le dessi i nomi dei partigiani del paese. Alle mie risposte negative, che d’altronde dichiaravo di non conoscere nessuno del paese essendo ivi sfollato, la Z. Maria mi percuoteva a sangue sul viso con la pistola che essa teneva, gridandomi in faccia che lassù eravamo tutti ribelli e che nessuno voleva confessarlo. Finito il rastrellamento io e altro gruppo di circa quindici rastrellati fummo condotti a Imperia nella Caserma della Gnr ove parte di noi venne nuovamente interrogata e malmenata. Dopo circa un’ora io ed altre sei persone fummo rilasciati mentre gli altri venivano avviati alle carceri".
Francesca Gori, Op. cit.
Ammetto di aver fatto parte nell'autunno 1944 nella Brigata Cittadina [S.A.P.] G. Matteotti, e di essere poi andato in seguito nella Compagnia Provinciale [GNR repubblichina] agli ordini del Tenente Crippa. Passai in forza di tale Compagnia il 17 novembre 1944 e vi rimasi fino al 25 Aprile (giorno della Liberazione).
Partecipai a diversi rastrellamenti tra i quali quello in S. Agata dove andai insieme al Crippa e a tale Maria Zucco. Vi furono tre o quattro arresti tra i quali un Tenente di Marina.
Pietro Renzo, verbale di interrogatorio per il processo davanti alla Cas (Corte d'Assise Straordinaria) in data 3 giugno 1945, Ufficio di Commissariato di P.S. di Sanremo, documento in Archivio di Stato di Genova
Per trovare Stenca il 14 gennaio venne effettuato un rastrellamento a Sant'Agata, Frazione di Imperia, guidato dalla stessa donna velata, nel corso del quale fu tratto in arresto Faustino Zanchi, Libero, comandante di distaccamento della I^ Brigata S.A.P. "Walter Berio". Gli andò incontro la Zucco urlandogli "Tu sei Rino Stenca. Ti abbiamo preso!" e, tiratolo per il bavero, gli spaccò una guancia con il calcio di una pistola.
I fascisti intendevano conoscere il luogo dove si nascondeva Stenca.
Stenca venne riconosciuto per caso, proprio dalla donna velata, in un gruppo di patrioti catturato in precedenza.
Rino venne condotto alla caserma della Muti da dove fu prelevato per essere condotto alla fucilazione.
La Zucco condusse nuovamente i fascisti a Sant'Agata il 17 gennaio 1945.
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I
[ n.d.r.: si riproduce qui sopra un dispaccio partigiano, relativo all'arresto di Stenca ed indirizzato a Curto, Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria. L'Orsini citato dovrebbe corrispondere ad Agostino Bramè, commissario della V^ Brigata, Lenin invece Bruno Massignan, nato a Verona l'01/06/1925, anche lui della V^ Brigata ]
Mi portano ora vicino ad un fuoco che i fascisti si erano accesi sotto una lapide dei caduti.
Qui continuano a chiedermi di Sacchetto [Giuseppe Mela, padre di Attilio], di Rino, del Curto, di Bancarà [Angelo Perrone].
La Donna Velata sa perfettamente dei nostri rapporti con tutte queste persone.
Ma io continuo ostinato nella parte che ormai ho fatto mia: non ricordo, non so niente!
"E neppure di Zanchi non sai niente?" mi chiede la Donna Velata. "Non mi dirai che non ti ricordi che siamo andati assieme a casa sua a prendere il riso perchè tua madre potesse farci cena!".
Continua a parlare francese, che è più famigliare dell'italiano anche per me, che ho da poco finito i miei studi in Francia.
Essa mi parla e mi tiene continuamente sotto la minaccia della sua pistola.
Ad un certo punto, un energumeno, un pezzo di alemanno di due metri, con un pugno come una mazzata, che vuol rendere l'interrogatorio più convincente, sta per colpirmi.
Mi sento perduto. Se mi colpisce, mi uccide. Lo sento!
Con uno scatto improvviso, suggeritomi certamente dall'istinto di conservazione, incurante della sua pistola, abbranco la Donna Velata che mi sta di fronte e me ne faccio scudo!
Tra l'uno e l'altro riusciamo a deviare il colpo micidiale!
Il tedesco sta per riprovarci, ma la Donna Velata interviene perchè non insista con simili "gentilezze".
Ora l'interrogatorio si fa perfino monotono, con le stesse domande e le stesse risposte. Ho capito che fare il tonto può essere la mia carta vincente.
Ma il martellamento della Donna Velata non è fatto di parole soltanto.
Ora, con la pistola, una P.38, ha preso a percuotermi, con metodo, sulla spalla.
Evita deliberatamente la testa per non crearmi guai troppo seri, che non sarebbe neppure funzionali ai suoi fini, ma mi percuote con insistenza, sempre sulla stessa spalla, con un movimento ossessivo.
E mi fa male, veramente male!...
Pierino Mela (Sacchettin) in Attilio Mela, Op. cit.
Nei giorni successivi la donna velata partecipò ai rastrellamenti di Andora (SV), Stellanello (SV) e di gran parte dei paesi della Val Prino e della Val Impero...
31 gennaio 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] "Fondo Valle" della II^ Divisione all'Ufficio informazioni e spionaggio della I^ Zona Operativa Liguria - Relazionava che "... nella giornata in corso sono stati fucilati 10 garibaldini prigionieri lungo la salita di Capo Berta come rappresaglia all'uccisione di 2 tedeschi. Il mio cuore sanguina troppo per commentare. La causa di tutto è la famosa donna che ben conoscete..."
31 gennaio 1945 - Dalla Sezione SIM della II^ Divisione "Felice Cascione" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava che "... a Capo Berta sono stati uccisi 11 partigiani prigionieri, Stenca, De Marchi, Manodi, Ansaldo, Garelli, Bosco, Bertelli, Agliata, Ardigò, Noschese, Delle Piane, arrestati il 9 gennaio su indicazione della donna velata, che era stata con loro in montagna...".
1 febbraio 1945 - Da "Citrato" [Angelo Ghiron] alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava... gli arresti di alcuni esponenti della Resistenza e del PCI di Imperia, avvenuti dietro intervento di una spia detta "La Francese" o "Primula Rossa", una donna italiana, che era stata tra i partigiani e che parlava bene il francese...
da documenti Isrecim in Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II
I partigiani, prima, quindi, della fine di gennaio 1945, ma sempre troppo tardi per tentare di evitare le stragi dei loro compagni cui si é accennato, iniziarono ad intuire l'esistenza di una donna per loro pericolosa, detta "la francese" o "Primula Rossa", che effettuava delazioni contro di loro e che, come sottolinea un documento partigiano, "dice di essere francese anche se è sarda [in effetti calabrese]; la donna è di statura media ha la fonte bassa [per alcune fonti era anche brutta], porta i pantaloni e ha circa 30 anni".
Si può leggere ancora in un altro documento garibaldino, conservato presso l'Archivio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, quanto segue: 5 febbraio 1945 - Da "Citrato" [Angelo Ghiron] al responsabile SIM [Livio, Ugo Vitali] della Divisione "Silvio Bonfante" - missiva scritta a mano - Testo: "... Avevo parlato in un precedente rapporto di una donna pseudo-Francese spia fascista abitante ad Oneglia. Costei risulta essere una Sarda, non ne è possibile conoscere il nome. Abita in Piazza Roma in una villa a fianco dell'Opera Balilla, insieme a due ufficiali fascisti - è circa 30nne, veste sempre pantaloni - usa tenere i capelli sciolti, ha una fronte bassa ed è di media statura. Ecco la pianta della Piazza [n.d.r.: Ghiron lasciò tracciato, in effetti, anche uno schizzo della piazza con le seguenti indicazioni: in alto, da sinistra la villa, il cancello, un orto, l'Opera Balilla, una sentinella; sotto, da sinistra una rampa, le scuole, Brigata Nera, ... d'Italia]. Come si vede dalla pianta è però troppo difficile coglierla in casa. Tuttavia essa risulta essere una delle spie fasciste più pericolose, molto stimata tra i fascisti stessi ed animata da un odio feroce verso i partigiani. A lei sono attribuiti numerosi arresti di compagni nostri. Essa è conosciuta per spia da membri del Comitato...".
E si cita ancora un documento, conservato nel già richiamato Archivio: <10 febbraio 1945 - Dalla Federazione del PCI di Imperia al Prefetto - Annuncio di pesanti rappresaglie se non cessavano le atrocità commesse dai fascisti ai danni di civili, soprattutto l'attività "di una donna che denuncia chi vuole cagionandone indicibili torture... trarre in arresto la donna, pena l'incolumità del personale dell'ente in indirizzo...">.
Il 16 febbraio 1945 la V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" segnalava la presenza di questa donna nella zona di Sanremo (IM): Dal comando della V^ Brigata, prot. n° 286, al Comando della I^ Zona Operativa Liguria "... una spia pericolosa al servizio dei tedeschi: corporatura robusta, bruna, vestita con pantaloni, si è diretta verso Monte Bignone".
Ed il SIM della V^ Brigata in data 3 marzo 1945, con prot. n° 316, indirizzato al SIM della Divisione "Felice Cascione" e a 3 Brigate della Divisione "Silvio Bonfante", I^ Brigata "Silvano Belgrano", II^ Brigata "Nino Berio", III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" avvertiva "... partita da Imperia verso Monte Bignone con l'intento di incontrare i partigiani una donna: si tratta di una pericolosa spia... meridionale, bruna, tarchiata e parla bene il francese".
Ai primi di aprile in Località Campi di Taggia (IM) la Zucco accompagnava i nazifascisti quando questi uccidevano i patrioti Oris e Fil di ferro [Licindo Mosconi]...
I fascisti intendevano conoscere il luogo dove si nascondeva Stenca.
Stenca venne riconosciuto per caso, proprio dalla donna velata, in un gruppo di patrioti catturato in precedenza.
Rino venne condotto alla caserma della Muti da dove fu prelevato per essere condotto alla fucilazione.
La Zucco condusse nuovamente i fascisti a Sant'Agata il 17 gennaio 1945.
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I
[ n.d.r.: si riproduce qui sopra un dispaccio partigiano, relativo all'arresto di Stenca ed indirizzato a Curto, Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria. L'Orsini citato dovrebbe corrispondere ad Agostino Bramè, commissario della V^ Brigata, Lenin invece Bruno Massignan, nato a Verona l'01/06/1925, anche lui della V^ Brigata ]
Mi portano ora vicino ad un fuoco che i fascisti si erano accesi sotto una lapide dei caduti.
Qui continuano a chiedermi di Sacchetto [Giuseppe Mela, padre di Attilio], di Rino, del Curto, di Bancarà [Angelo Perrone].
La Donna Velata sa perfettamente dei nostri rapporti con tutte queste persone.
Ma io continuo ostinato nella parte che ormai ho fatto mia: non ricordo, non so niente!
"E neppure di Zanchi non sai niente?" mi chiede la Donna Velata. "Non mi dirai che non ti ricordi che siamo andati assieme a casa sua a prendere il riso perchè tua madre potesse farci cena!".
Continua a parlare francese, che è più famigliare dell'italiano anche per me, che ho da poco finito i miei studi in Francia.
Essa mi parla e mi tiene continuamente sotto la minaccia della sua pistola.
Ad un certo punto, un energumeno, un pezzo di alemanno di due metri, con un pugno come una mazzata, che vuol rendere l'interrogatorio più convincente, sta per colpirmi.
Mi sento perduto. Se mi colpisce, mi uccide. Lo sento!
Con uno scatto improvviso, suggeritomi certamente dall'istinto di conservazione, incurante della sua pistola, abbranco la Donna Velata che mi sta di fronte e me ne faccio scudo!
Tra l'uno e l'altro riusciamo a deviare il colpo micidiale!
Il tedesco sta per riprovarci, ma la Donna Velata interviene perchè non insista con simili "gentilezze".
Ora l'interrogatorio si fa perfino monotono, con le stesse domande e le stesse risposte. Ho capito che fare il tonto può essere la mia carta vincente.
Ma il martellamento della Donna Velata non è fatto di parole soltanto.
Ora, con la pistola, una P.38, ha preso a percuotermi, con metodo, sulla spalla.
Evita deliberatamente la testa per non crearmi guai troppo seri, che non sarebbe neppure funzionali ai suoi fini, ma mi percuote con insistenza, sempre sulla stessa spalla, con un movimento ossessivo.
E mi fa male, veramente male!...
Pierino Mela (Sacchettin) in Attilio Mela, Op. cit.
Nei giorni successivi la donna velata partecipò ai rastrellamenti di Andora (SV), Stellanello (SV) e di gran parte dei paesi della Val Prino e della Val Impero...
L'identità della donna rimase avvolta nel mistero, in quanto inavvicinabile, poiché, come già scritto, "abita in una villa a fianco dell'Opera Balilla insieme a due ufficiali fascisti".
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I
[...] si ripartì verso la località concordata al momento della fuga, situata sempre nella valle di Pietrabruna nell'incolto tratto situato tra l'omonimo comune e quello di Boscomare [Boscomare è invero Frazione di Pietrabruna]. Erano tutti seduti all'intorno [...] oltre alla ventilata soffiata di un informatore, la vera sorpresa consisteva nella presenza di un nuovo fatto venutosi ad inserire nel sottofondo del dramma locale: era comparsa una nuova interprete, la "donna velata", così venne chiamata. Giungeva a fianco delle milizie, agghindata con un pizzico di teatralità, interamente vestita di nero e con un fitto velo che le copriva completamente il volto, silenziosa in presenza dei paesani, ma sicura e decisa nei gesti, nell'indicare luoghi e cose. Un nuovo interrogativo ci veniva posto, ma al momento non si sapeva dare alcuna risposta, una sola considerazione risultava evidente, la delazione e la paura erano dovunque, nel piccolo e nel grosso paese, una minaccia subdola e continua viveva a contatto con noi, e si era soltanto ai primi di febbraio [1944]. Le nuove e pericolose realtà introdottesi ci obbligarono ad effettuare una strategia di continuo movimento, allo scopo di confondere i piani dell'avversario [...]
Renato Faggian (Gaston), I Giorni della Primavera. Dai campi di addestramento in Germania alle formazioni della Resistenza Imperiese. Diario partigiano 1944-45, Ed. Cav. A. Dominici, Imperia, 1984
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I
[...] si ripartì verso la località concordata al momento della fuga, situata sempre nella valle di Pietrabruna nell'incolto tratto situato tra l'omonimo comune e quello di Boscomare [Boscomare è invero Frazione di Pietrabruna]. Erano tutti seduti all'intorno [...] oltre alla ventilata soffiata di un informatore, la vera sorpresa consisteva nella presenza di un nuovo fatto venutosi ad inserire nel sottofondo del dramma locale: era comparsa una nuova interprete, la "donna velata", così venne chiamata. Giungeva a fianco delle milizie, agghindata con un pizzico di teatralità, interamente vestita di nero e con un fitto velo che le copriva completamente il volto, silenziosa in presenza dei paesani, ma sicura e decisa nei gesti, nell'indicare luoghi e cose. Un nuovo interrogativo ci veniva posto, ma al momento non si sapeva dare alcuna risposta, una sola considerazione risultava evidente, la delazione e la paura erano dovunque, nel piccolo e nel grosso paese, una minaccia subdola e continua viveva a contatto con noi, e si era soltanto ai primi di febbraio [1944]. Le nuove e pericolose realtà introdottesi ci obbligarono ad effettuare una strategia di continuo movimento, allo scopo di confondere i piani dell'avversario [...]
Renato Faggian (Gaston), I Giorni della Primavera. Dai campi di addestramento in Germania alle formazioni della Resistenza Imperiese. Diario partigiano 1944-45, Ed. Cav. A. Dominici, Imperia, 1984
31 gennaio 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] "Fondo Valle" della II^ Divisione all'Ufficio informazioni e spionaggio della I^ Zona Operativa Liguria - Relazionava che "... nella giornata in corso sono stati fucilati 10 garibaldini prigionieri lungo la salita di Capo Berta come rappresaglia all'uccisione di 2 tedeschi. Il mio cuore sanguina troppo per commentare. La causa di tutto è la famosa donna che ben conoscete..."
31 gennaio 1945 - Dalla Sezione SIM della II^ Divisione "Felice Cascione" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava che "... a Capo Berta sono stati uccisi 11 partigiani prigionieri, Stenca, De Marchi, Manodi, Ansaldo, Garelli, Bosco, Bertelli, Agliata, Ardigò, Noschese, Delle Piane, arrestati il 9 gennaio su indicazione della donna velata, che era stata con loro in montagna...".
1 febbraio 1945 - Da "Citrato" [Angelo Ghiron] alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava... gli arresti di alcuni esponenti della Resistenza e del PCI di Imperia, avvenuti dietro intervento di una spia detta "La Francese" o "Primula Rossa", una donna italiana, che era stata tra i partigiani e che parlava bene il francese...
da documenti Isrecim in Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II
Imperia: il lato di levante di Piazza Roma |
I partigiani, prima, quindi, della fine di gennaio 1945, ma sempre troppo tardi per tentare di evitare le stragi dei loro compagni cui si é accennato, iniziarono ad intuire l'esistenza di una donna per loro pericolosa, detta "la francese" o "Primula Rossa", che effettuava delazioni contro di loro e che, come sottolinea un documento partigiano, "dice di essere francese anche se è sarda [in effetti calabrese]; la donna è di statura media ha la fonte bassa [per alcune fonti era anche brutta], porta i pantaloni e ha circa 30 anni".
Si può leggere ancora in un altro documento garibaldino, conservato presso l'Archivio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, quanto segue: 5 febbraio 1945 - Da "Citrato" [Angelo Ghiron] al responsabile SIM [Livio, Ugo Vitali] della Divisione "Silvio Bonfante" - missiva scritta a mano - Testo: "... Avevo parlato in un precedente rapporto di una donna pseudo-Francese spia fascista abitante ad Oneglia. Costei risulta essere una Sarda, non ne è possibile conoscere il nome. Abita in Piazza Roma in una villa a fianco dell'Opera Balilla, insieme a due ufficiali fascisti - è circa 30nne, veste sempre pantaloni - usa tenere i capelli sciolti, ha una fronte bassa ed è di media statura. Ecco la pianta della Piazza [n.d.r.: Ghiron lasciò tracciato, in effetti, anche uno schizzo della piazza con le seguenti indicazioni: in alto, da sinistra la villa, il cancello, un orto, l'Opera Balilla, una sentinella; sotto, da sinistra una rampa, le scuole, Brigata Nera, ... d'Italia]. Come si vede dalla pianta è però troppo difficile coglierla in casa. Tuttavia essa risulta essere una delle spie fasciste più pericolose, molto stimata tra i fascisti stessi ed animata da un odio feroce verso i partigiani. A lei sono attribuiti numerosi arresti di compagni nostri. Essa è conosciuta per spia da membri del Comitato...".
E si cita ancora un documento, conservato nel già richiamato Archivio: <10 febbraio 1945 - Dalla Federazione del PCI di Imperia al Prefetto - Annuncio di pesanti rappresaglie se non cessavano le atrocità commesse dai fascisti ai danni di civili, soprattutto l'attività "di una donna che denuncia chi vuole cagionandone indicibili torture... trarre in arresto la donna, pena l'incolumità del personale dell'ente in indirizzo...">.
Il 16 febbraio 1945 la V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" segnalava la presenza di questa donna nella zona di Sanremo (IM): Dal comando della V^ Brigata, prot. n° 286, al Comando della I^ Zona Operativa Liguria "... una spia pericolosa al servizio dei tedeschi: corporatura robusta, bruna, vestita con pantaloni, si è diretta verso Monte Bignone".
Ed il SIM della V^ Brigata in data 3 marzo 1945, con prot. n° 316, indirizzato al SIM della Divisione "Felice Cascione" e a 3 Brigate della Divisione "Silvio Bonfante", I^ Brigata "Silvano Belgrano", II^ Brigata "Nino Berio", III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" avvertiva "... partita da Imperia verso Monte Bignone con l'intento di incontrare i partigiani una donna: si tratta di una pericolosa spia... meridionale, bruna, tarchiata e parla bene il francese".
Ai primi di aprile in Località Campi di Taggia (IM) la Zucco accompagnava i nazifascisti quando questi uccidevano i patrioti Oris e Fil di ferro [Licindo Mosconi]...
A Carpasio [oggi nel comune di Montalto Carpasio (IM)] l'8 aprile 1945 la donna velata guidò il rastrellamento compiuto, mentre molti abitanti andavano verso la chiesa per ascoltare la Messa del giorno di Pasqua, anche con saccheggio del paese da militi repubblichini e da tedeschi. Nella triste occasione vennero uccisi 3 civili, Silvio Bonfiglioli, Vincenzo Invernizzi e Mario Cotta, barbaramente trucidati nelle vicinanze del cimitero, e ferirono altre 10 persone, come riportato il 9 aprile 1945 in un dispaccio inviato dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] del CLN di Sanremo, con prot. n° 379/SIM, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria e quello del 10 aprile, Dal comando della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava... che l'8 aprile 70 SS tedesche avevano "effettuato una puntata ad Arzene-Costa di Carpasio-Carpasio, uccidendo 3 borghesi prima di fare ritorno a Castelvittorio passando per S. Bernardo di Conio".
A Liberazione avvenuta, una relazione della I^ Brigata SAP "Walter Berio" riconobbe che a gennaio-febbraio 1945 l'attività della Brigata aveva subito un brusco rallentamento a causa degli arresti provocati dalla "donna velata".
E, come ha scritto Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese - Vol. III, la Zucco "nei giorni della liberazione riuscì a fuggire ad Alessandria, ma lassù fu raggiunta dai partigiani imperiesi e riportata ad Oneglia, dove il tribunale la condannò a morte. Ma poi qualche persona interessata disse che era incinta, così non venne giustiziata, anzi, come quasi tutti i criminali fascisti, fu liberata".
A Liberazione avvenuta, una relazione della I^ Brigata SAP "Walter Berio" riconobbe che a gennaio-febbraio 1945 l'attività della Brigata aveva subito un brusco rallentamento a causa degli arresti provocati dalla "donna velata".
E, come ha scritto Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese - Vol. III, la Zucco "nei giorni della liberazione riuscì a fuggire ad Alessandria, ma lassù fu raggiunta dai partigiani imperiesi e riportata ad Oneglia, dove il tribunale la condannò a morte. Ma poi qualche persona interessata disse che era incinta, così non venne giustiziata, anzi, come quasi tutti i criminali fascisti, fu liberata".
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I
È entrata in campo anche una donna, Maria Zucco, detta "la francese" o "la donna velata", ex-militante del Fronte Popolare Francese, un'associazione che si collega ai principi della 'rivoluzione nazionale' propugnata dal maresciallo Pétain. La Zucco si presenta nell'Imperiese, partecipa ad azioni di guerriglia urbana con i ribelli e poi, quando ritiene di conoscere bene la struttura dei banditi della zona, passa al servizio dei tedeschi e delle Brigate Nere. Le vittime saranno molte decine, e forse anche un centinaio. La donna, che indossa abiti maschili e si copre il volto con velo e occhiali, guida con la rivoltella in pugno le azioni di cattura o rastrellamento, e sembra gioire di fronte alle torture inflitte ai prigionieri. La promuovono capitano delle ausiliarie e riesce a distruggere tutta l'organizzazione cospirativa di Oneglia e di buona parte della provincia. L’8 aprile 1945 si mette alla testa di 300 rastrellatori e giunge a Carpasio, un paese dell’entroterra: qui fa saccheggiare o bruciare diverse case e fucilare i civili Silvio Bonfiglioli, Mario Cotta e Vincenzo Invernizzi. Altri dieci paesani presi come ostaggi vengono poi battuti prima di essere rilasciati. Una scia di sangue accompagna le sue azioni, e tuttavia riuscirà poi a salvare la vita ed a ritornare clandestinamente in Francia.
Ricciotti Lazzero, Le Brigate Nere, Rizzoli, 1983
Ricciotti Lazzero, Le Brigate Nere, Rizzoli, 1983
L'8 aprile 1945 Carpasio subiva il più duro rastrellamento nei venti mesi di lotta. Tedeschi e fascisti, guidati dalla brigatista Maria Zucco, la cosiddetta “donna velata”, saccheggiavano Carpasio. Mentre la gente si incammina verso la chiesa per ascoltare la Santa Messa della Pasqua si sente una paurosa sparatoria: sono Tedeschi e fascisti che portano terrore e scompiglio. I civili Silvio Bonfiglioli, Vincenzo Invernizzi e Mario Cotta vengono catturati. Tentata la fuga verso Montalto Ligure, sono fermati da uno sbarramento di fuoco di armi automatiche e devono ritornare indietro. Condotti sotto il Cimitero vennero barbaramente trucidati e spogliati di quanto possedevano.
Sabina Giribaldi, Episodio di Carpasio, 08.04.1945, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia
Forse si sarebbero potute evitare tante sciagure se si fosse dato credito ad una comunicazione trasmessa in ottobre [1944] al comandante partigiano Giovanni Alessio (Peletta) dal tenente della brigata nera Leopardi, informatore, con la quale chiariva il vero ruolo assunto dalla Z.M. [Maria Zucco] nei confronti della Resistenza imperiese [...]
Francesco Biga, Op. cit.
Maria Concetta Zucco prese parte a rastrellamenti, interrogatori e torture, con la divisa delle Brigate Nere, nascondendo il volto con cappuccio e occhiali scuri. I giornali nei giorni del processo la descrissero in questo modo: "Ed ecco, un giorno, cominciano i rastrellamenti e le persecuzioni: Maria Zucco veste da uomo e si mette gli occhiali neri e un velo sul viso. È la figura stessa della rovina. Nero il viso nascosto; ella è la morte senza volto, lo sterminio senza discriminazione... [in tribunale] Maria Zucco ha il volto duro, gli occhi immutabili...". Suscitava interesse l'attaccamento, così maschile, alle armi, a quella Mauser usata dalla donna come strumento di tortura: "Non è più vestita alla maschia, con la grossa Mauser alla cintura, quella Mauser che le piaceva tanto maneggiare impugnandola per la canna, facendo del calcio il più efficace mezzo per colpire le teste, i visi, le bocche, quelle stesse bocche di ragazzi che oggi parlano contro di lei... A lungo si è cercato di far luce su questa donna straordinariamente inumana e cinicamente insensibile..."...
Cecilia Nubola, Fasciste di Salò. Una storia giudiziaria, Editori Laterza, 2016
Sabina Giribaldi, Episodio di Carpasio, 08.04.1945, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia
Forse si sarebbero potute evitare tante sciagure se si fosse dato credito ad una comunicazione trasmessa in ottobre [1944] al comandante partigiano Giovanni Alessio (Peletta) dal tenente della brigata nera Leopardi, informatore, con la quale chiariva il vero ruolo assunto dalla Z.M. [Maria Zucco] nei confronti della Resistenza imperiese [...]
Francesco Biga, Op. cit.
Maria Concetta Zucco prese parte a rastrellamenti, interrogatori e torture, con la divisa delle Brigate Nere, nascondendo il volto con cappuccio e occhiali scuri. I giornali nei giorni del processo la descrissero in questo modo: "Ed ecco, un giorno, cominciano i rastrellamenti e le persecuzioni: Maria Zucco veste da uomo e si mette gli occhiali neri e un velo sul viso. È la figura stessa della rovina. Nero il viso nascosto; ella è la morte senza volto, lo sterminio senza discriminazione... [in tribunale] Maria Zucco ha il volto duro, gli occhi immutabili...". Suscitava interesse l'attaccamento, così maschile, alle armi, a quella Mauser usata dalla donna come strumento di tortura: "Non è più vestita alla maschia, con la grossa Mauser alla cintura, quella Mauser che le piaceva tanto maneggiare impugnandola per la canna, facendo del calcio il più efficace mezzo per colpire le teste, i visi, le bocche, quelle stesse bocche di ragazzi che oggi parlano contro di lei... A lungo si è cercato di far luce su questa donna straordinariamente inumana e cinicamente insensibile..."...
Cecilia Nubola, Fasciste di Salò. Una storia giudiziaria, Editori Laterza, 2016