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domenica 28 novembre 2021

Il comando partigiano si spostò a Poggio Bottaro

Poggio Bottaro, Frazione di Testico (SV)

Verso la sera del 26 gennaio 1945 il Distaccamento "Giuseppe Catter" della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" della Divisione "Silvio Bonfante" si portò con una marcia di quasi cento chilometri dalla Val Pennavaira alle pendici del Monte Torre. Giunti nei pressi della Cappella Soprana di Stellanello (SV), quattro garibaldini si accantonarono in un casone da cui avvistarono una colonna della Divisione repubblichina Monte Rosa.
Il commissario Gapon Renzo Scotto, il caposquadra Bruno Bruno Amoretti, i partigiani Marat Renzo Arbotti e Franco Dante del Polito combatterono eroicamente uccidendo il tenente a capo del pattuglione nemico, un sottufficiale e 4 soldati. Nel corso dello sganciamento morì Marat per le ferite riportate nello scontro.
[...] Durante le prime ore dell'11 febbraio 1945 una colonna di soldati tedeschi operò un rastellamento nella zona di Aurigo nella Valle del Maro, parte orientale della provincia di Imperia.
Il nemico riuscì ad accerchiare il Distaccamento "Giuseppe Maccanò" della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" della Divisione "Silvio Bonfante", il quale si sottrasse all'attacco ma riportando un morto ed un ferito grave.
I nazisti subirono "dure perdite di cui non è possibile accertare l'entità".
[...] La sera del 12 febbraio, inoltre, un altro contingente di soldati tedeschi abbandonò la provincia dirigendosi in Piemonte.
Si trattava degli uomini del presidio di Borgo di Ranzo, che era l'unico rimasto in Valle Arroscia dopo i rastrellamenti di fine gennaio 1945.
Con la partenza di questi militari la zona Ortovero (SV)-Vessalico (IM) risultava sgombera, tanto che 'Pantera' [Luigi Massabò, vice comandante della Divisione "Silvio Bonfante"] potè scrivere: "la situazione nemica nella zona della Divisione è molto precaria. I tedeschi si schierano lungo le vie di comunicazione principali allo scopo di proteggere il transito delle colonne ripieganti".
Infatti, i nazisti rinforzarono i presidi di Pieve di Teco e di Garessio (CN), paesi posti rispettivamente a sud e a nord del Colle di Nava lungo la statale n° 28.
[...] Elenco dei caduti della Divisione Bonfante nei primi giorni di febbraio 1945: Mario Michele Miscioscia (Mario), Redavelli, "Marat" [Renzo Arbotti, nato a Reggio Emilia nel 1920], Giuseppe, "Assassino" [Calcedonio Riccobono], "Brescia" [Matteo Zanoni], "Raspin" [Franco Piacentini], "Villa" [Antonio Gioffé], "Luis" [Luigi Vaghi], "Stendal", Gioé" [Joe, Giorgio Parmeggiani], "Lorano", "Bagatto" [Antonino Amato].
Rocco Fava di Sanremo (IM), “La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945)” - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999

14 febbraio 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava un rastrellamento avvenuto nella zona del I° Distaccamento con i nemici che arrivavano da tre direzioni, da Via Colletto di Pairola, da Diano Castello e da Chiusavecchia e che, individuato il nascondiglio i nemici, avevano prelevato 5 garibaldini in seguito fucilati a Chiusavecchia: Raspin, Luis, Stendhal, Joe ed un certo Villa.

14 febbraio 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Relazione sull'attività svolta a gennaio dai Distaccamenti dipendenti dalla Brigata, nella quale si riferiva che il 9 gennaio 1945 una squadra sulla strada 28 nei pressi di Pontedassio aveva attaccato una pattuglia tedesca, uccidendo 3 soldati e ferendone 2; che il 20 una squadra al comando di 'Gordon' [Germano Belgrano] aveva assalito una pattuglia tedesca uccidendo un soldato; che, ancora il giorno 20, il Distaccamento "Giovanni Garbagnati" aveva ferito 2 tedeschi facendo scoppiare delle mine.

14 febbraio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 116, al comando della I^ Brigata - Convocazione del comandante "Mancen" [Massimo Gismondi] e del commissario "Federico" [Federico Sibilla] per concertare l'impiego di alcuni Distaccamenti.

14 febbraio 1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Informava che presto avrebbe potuto avere luogo un lancio di materiale nella zona indicata da quel comando di Divisione, ma aggiungeva che occorrevano dati più precisi sulla natura del terreno, sulla distanza dai presidi militari più vicini e dalle abitazioni. Concludeva invitando a comunicare la lista del materiale ricevuto, per il quale aggiungeva la raccomandazione di un trasferimento in luogo sicuro.

15 febbraio 1945 - Dal comando della I^ brigata al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Riferiva dell'attacco subito il 9 gennaio 1945 dal Distaccamento "Giovanni Garbagnati" a Casanova Lerrone (SV) ad opera di reparti della Divisione repubblichina "Monterosa" e di quello del 27 gennaio, effettuato da reparti sia della "Monterosa" che della "Muti", che aveva causato la morte dei partigiani Mario Longhi (Brescia) e Silvio Paloni (Romano).

15 febbraio 1945 - Dal comando del Distaccamento "Silvio Torcello" della III^ Brigata Garibaldi "Libero Briganti" della I^ Divisione "Gin Bevilacqua" [II^ Zona Operativa Liguria] al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che 6 ex appartenenti alla Brigata scrivente, fuggiti a dicembre dopo il rastrellamento nemico, razziavano, continuando ad autodefinirsi garibaldini, civili, per cui, siccome "da ottime segnalazioni" risultava che i 6 si aggirassero nella zona della Bonfante, si chiedeva di arrestare quei sei, "Maciste", "Salvatore", "Cancarin", "Morello", "Brindisi", "Pianta", e di trasferirli nelle mani della Briganti.

15 febbraio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", Sezione SIM, a "Citrato" [Angelo Ghiron] - Comunicava che era stato nominato vice responsabile del servizio SIM e che in tale veste avrebbe dovuto "carpire notizie" sulle truppe tedesche dei vari presidii ed in transito sulla Via Aurelia, con particolari indagini sul semaforo di Capo Mele e sui posti di ascolto di Albenga (SV), Alassio Capo Mele e Capo Berta, nonché scoprire se il fiume Centa [ad Albenga] era nel suo ultimo tratto minato.

15 febbraio 1945 - Dal comando della I^ brigata "Silvano Belgrano" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Avvertiva che la famiglia di "Elettrico" aveva comunicato che l'abitazione era stata perquisita dai fascisti, che avevano asportato anche delle fotografie del partigiano.

15 febbraio 1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Trasmetteva i ringraziamenti del "Capitano Roberta" [Robert Bentley, ufficiale alleato di collegamento] per la prontezza con cui il comando della Divisione aveva realizzato il collegamento con il colonnello Stevens ed il suo impegno a fare prendere in considerazione l'ipotesi di bombardare Ormea (CN), "in cui si trovano importanti obiettivi militari" e ribadiva la necessità di fare propaganda tra i soldati repubblichini per indurne il più alto numero possibile a passare con le armi nelle fila della resistenza.

da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II


Il 18 febbraio giunse a tutti i distaccamenti il proclama del comando della Bonfante:
«Garibaldini, ormai insistente è la voce messa in giro dai nostri nemici, dai loro giornali, dalle loro radio, che i partigiani sono stati distrutti. Gongolano nelle loro caserme i traditori repubblicani. Abbiamo distrutto i partigiani e i nuovi partigiani, quelli che saranno stati i più furbi, saremo noi! Essi dicono. Così questi bastardi insultano i nostri morti, così questi rapinatori, che la nostra popolazione ha ben dolorosamente riconosciuti, credono di aver trovato la loro salvezza nel nostro sangue. Ma non è per loro che sono caduti i nostri compagni.
Tedeschi e fascisti sono riusciti a cacciarci dai paesi e ci siamo rifugiati nelle capanne, ci hanno incendiato le capanne, ma abbiamo dormito nella neve. Nulla potrà mai la loro ira bestiale contro la nostra fede. Sono i nostri caduti che ci indicano la via da seguire, sono i nostri fratelli che giacciono a centinaia nei crepacci gelati del Mongioie, ancora stretti l'uno all'altro per mano, quelli che riposano sotto la neve a piccoli gruppi e sparsi lontano a passo Saline.
Aspettare con calma, come belve in agguato, questo è il nostro compito ora. Rivelarci è fare il gioco tedesco. Troppo vale per loro aver la strada della ritirata libera, quella strada che hanno agognato per sei anni per non usare ogni mezzo per raggiungere i loro scopi. Invece dobbiamo aspettare silenziosi, non visti da nessuno, ignoti. E poi scatteremo con la violenza della nostra passione, con i nostri vent'anni, in giù verso il mare, combatteremo ovunque, nessuna tregua daremo ai fascisti, ai traditori, a tutti coloro che hanno tradito il popolo, che hanno scavato trincee contro di noi. E tutta questa sbirraglia, quando si sentirà ormai sola, senza l'appoggio tedesco, cadrà ai nostri piedi implorando quella pietà che loro hanno cancellato dalla nostra anima. Un pugno d'acciaio tratterà i vinti. Guai a loro!
Garibaldini! Questo è il momento del silenzio, dell'attesa! Ogni imprudenza può rovinare i nostri piani. Sparite dai paesi, marciate solo di notte. Eseguite gli ordini con la massima esattezza. Siete rimasti in pochi, i migliori. Unici tra le formazioni partigiane siamo riusciti con la nostra tattica ed una buona applicazione degli ordini a superare questo periodo tremendo con pochissime perdite che sarebbero state irrisorie se gli ordini fossero stati eseguiti a   tempo, anche là dove ciò non è avvenuto.
In alto gli sguardi, la nostra ora non può tardare. Morte all'invasore tedesco! Morte ai traditori!
P.S.: Distruggete il presente appena data lettura nei distaccamenti.
Il COMANDANTE
Giorgio [Giorgio Olivero
Dal proclama [n.d.r.: documento (Isrecim in Rocco Fava, Op. cit.) in data 17 febbraio 1945, Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 124, a tutte le formazioni dipendenti] di Giorgio possiamo vedere quale era lo stato d'animo del Comando e di parte della Bonfante superato il rastrellamento, quali erano le direttive immediate, quale il giudizio che dava il Comando sul rastrellamento.
Malgrado le recenti prove subite si vede che il dramma dei badogliani di Fontane era sempre assai vivo nel nostro cuore che non dimenticava il sacrificio di tanti fratelli di lotta.
Le direttive della  tattica invernale semicospirativa venivano ribadite e rafforzate nella loro necessità dalla recente esperienza.
Più importante è l'ultima parte del proclama: le nostre perdite erano state esigue ed avrebbero potuto essere minori: merito degli ordini dati e colpa degli errori fatti.
Più di due terzi delle perdite ci furono inflitte infatti nel primo giorno. Ciò è imputabile al mancato funzionamento delle sentinelle di Degna, alla inerzia delle staffette del recapito e di ciò non è responsabile il Comando divisionale. E' imputabile al mancato pattugliamento della cresta che era stato ordinato alla III Brigata e di ciò è responsabile Fra' Diavolo [Giuseppe Garibaldi] che disse a sua discolpa che aveva gli uomini senza scarpe idonee. In realtà vedemmo come il 19 gennaio fossimo alla ricerca affannosa di una partita di scarpe.
La sorpresa è imputabile al tradimento di Carletto [Amleto De Giorgi, un ex partigiano passato alle dipendenze della Feldgendarmerie di Albenga] che condusse le colonne nemiche alle spalle dei nostri, che segnalò l'intendenza di Ubaghetta, ciò il comando avrebbe potuto impedire sopprimendo Carletto senza indugio la sera del processo. E' però da tener presente che, anche in tale ipotesi, parte delle informazioni Carletto le aveva già date. Sarebbe stato bene cambiare posizioni alle intendenze: ed alle squadre e ciò non venne fatto. Se i partigiani avessero  adottato già in precedenza le misure precauzionali prese in seguito, avessero dormito nei rifugi o all'aperto, la sorpresa sarebbe mancata. La data precisa del rastrellamento era stata comunicata alle bande, bisogna però riconoscere che  erano mesi che la minaccia si rinnovava periodicamente.
Un buon servizio di guardia avrebbe potuto salvare le squadre? Forse, ma sarebbe stato necessario che le sentinelle fossero numerose e controllassero tutte le vie di accesso e poste in modo tale da avvistare il nemico a sufficiente  distanza, in modo da dare il tempo ai compagni di prepararsi a resistere o ad occultarsi. Ciò non era mai stato nelle abitudini partigiane ed era ancor più difficile ora con le squadre ad effettivi ridotti.
«Se pensassimo che ogni notte rischiamo la vita e che il nemico può ucciderci nel sonno non chiuderemmo occhio», mi disse un partigiano in quei giorni. L'abitudine al pericolo era un bene, perché altrimenti la nostra vita sarebbe diventata insostenibile; era però un danno perché ci portava a trascurare precauzioni essenziali. Era necessario arrivare ad un compromesso che fu raggiunto da qualche banda e solo in parte, tra queste fu il Garbagnati.
Se le squadre di Bosco e di Degolla avessero avuto la combattività del Garbagnati o del Catter avrebbero potuto sganciarsi? Forse a Degolla Franco con i suoi tentò un'estrema difesa. Il fatto però che due terzi degli effettivi venissero fucilati a Pieve di Teco fa supporre che dopo la morte di Franco la lotta disperata venisse abbandonata.
L'esempio della banda di Stalin [Franco Bianchi, comandante del Distaccamento "Giovanni Garbagnati" della I^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Silvano Belgrano"] ci fa pensare che una decisione estrema avrebbe permesso uno sfondamento, sicuramente avrebbe inflitto al nemico perdite gravi.
Bisogna però riconoscere che quei di Bosco e Degolla non disponevano del volume di fuoco del Garbagnati e vennero colti completamente di sorpresa, perché nessuno di loro sospettava un attacco alle spalle, ciò non accadde più alle altre bande.
Avrebbe potuto il nemico infliggerci perdite maggiori, annientarci?
Commise errori gravi e fatali alla buona riuscita dell'operazione?
Non credo. Se avesse prolungato il rastrellamento nel tempo, se avesse intensificato le puntate, adottato la tattica della controbanda certo la nostra situazione si sarebbe aggravata, ma tenendo conto che la sorpresa del primo giorno non poteva ormai più ripetersi, che la probabilità di incontrare i partigiani in transito sulle mulattiere era minima, credo di poter concludere che le nostre perdite non sarebbero state molto maggiori.
Avrebbe potuto crollare il nostro morale? Portarci allo sbandamento definitivo, alla resa? Non era la minaccia di un rastrellamento, sempre limitata nel tempo,    che avrebbe potuto piegarci.    
Ricordo una minaccia ben più grave che mi aveva fatto meditare in quei mesi. Ero a Pairola per Natale, quando era giunta la notizia della controffensiva tedesca sul fronte belga. Le notizie come al solito erano state ingrandite, si diceva cbe i tedeschi avessero sfondato e puntassero sul mare e su Parigi, che avanzassero anche sul nostro fronte ed avessero ripreso Nizza, che avessero impiegato nuove armi misteriose e decisive.
«Che farai figlio? - mi chiese mia madre portandomi queste belle notizie - se i tedeschi vinceranno ci sarà sicuro qualche amnistia e tu potrai tornare a casa». Sentii un brivido interno. In tanti mesi non avevo mai considerato l'ipotesi di una vittoria tedesca.
«Vedremo - risposi - non è ancora detto che vincano. Una sola cosa posso dirti fin d'ora, se dovessero vincere a casa non ci torno mai più. Cercheremo di sconfinare in Francia, piomberemo su Oneglia e ci impadroniremo di qualche nave per andare in Corsica, ma la resa mia e dei miei compagni non l'avranno mai». Sentivo che se non proprio tutti, la maggioranza l'avrebbe pensata come me.
Il nostro morale malgrado tutto era ancora abbastanza saldo per non considerare la possibilità di una resa. Certo, senza il bando emesso nelle vallate, molti partigiani sarebbero tornati alla vita civile, si sarebbero confusi con i giovani che lavoravano nei paesi, ma finito il pericolo, forse dopo soli pochi giorni, sarebbero riaccorsi nelle bande. Il nemico ci aveva tolto anche questa possibilità contribuendo a mantenerci uniti, armati e vigilanti.
Il nemico fu sorpreso di non scontrarsi con uno schieramento difensivo, di non subire un contrattacco organizzato: i Cacciatori degli Appennini erano un corpo specializzato in rastrellamenti: era la prima volta, dicevano, che i  partigiani non reagivano. Un nostro contrattacco fu temuto a lungo, ciò impedì al nemico di aumentare il numero dei presidi a scapito della loro forza numerica, di operare in colonne più numerose, ma meno forti, di disperdere sentinelle e pattuglie a tutti gli incroci, sui passi, nei passaggi obbligati, occultandole e tendendoci agguati.
Il nemico comprese che i colpi che ci aveva inflitto avevano eliminato due o al massimo tre squadre e che tutte le altre nostre bande erano intatte ed inafferrabili. Non comprese la nostra tragica debolezza, la mancanza di capi, di armi e di collegamenti.
Certo che se avessimo usato di tutte le nostre forze, se tutte le bande, le squadre ed i partigiani isolati avessero sempre agito con freddezza e coraggio come i quattro di Cappella Soprana ed avessimo attaccato il nemico ad ogni occasione, avremmmo potuto infliggergli duri colpi se avesse commesso l'imprudenza di lasciare nuclei esigui ed isolati. Ciò lo indusse alla prudenza e contribuì alla nostra salvezza.
Il nemico volle attaccarci contemporaneamente alla Cascione per impedire uno spostamento, un appoggio reciproco che in pratica non sarebbero stati possibili, ciò ridusse gli effettivi impiegati.
Questo il giudizio che è possibile dare del rastrellamento di gennaio, atteso da molti mesi come il colpo di grazia della Bonfante.   
In conclusione le nostre possibilità di resistenza avevano superato le previsioni.
Terminato il rastrellamento, il Comando cercò di prendere in mano la Divisione. Giorgio e Boris [Gustavo Berio, vice-commissario della Divisione] tornarono dal territorio della Cascione confermati nei loro incarichi. In base a quali elementi il Comando Zona abbia operato la sua scelta  non saprei dire. E' probabile che abbia tenuto conto che le difficoltà erano sorte in massima parte proprio per la decisione di Giorgio di rendere operanti le circolari e le disposizioni del Comando Zona, sostituirlo avrebbe minato per sempre l'autorità dei comandi superiori. Giorgio, Boris e Pantera [Luigi Massabò, vice-comandante della Divisione] si unirono al S.I.M. nella sede di Poggiobottaro o Poggio Bottaro, nel comune di Testico (SV)], che d'ora in avanti sarà la nuova base clandestina del Comando della Bonfante. Osvaldo [Osvaldo Contestabile], ancora malato, venne ricoverato  a Meneso presso privati e sostituito da Mario [Carlo De Lucis, commissario]  [...]
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980,  pp. 163-167

Negli ultimi giorni di gennaio [1945] in una meravigliosa giornata di sole (con noi c'era anche Rustida [Costante Brando] che coi suoi ci aveva nel frattempo raggiunto) andavamo verso Nasino [(SV)] senza nessuna meta particolare, quando vediamo venire verso di noi un uomo. Lello [Raffaele Nante, in seguito vice comandante della IV^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Domenico Arnera" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] con il suo solito umorismo dice: «Sento odore di C.L.N. Questo qua è uno di loro».Quando lo incrociamo si ferma e domanda di Fra Diavolo [Giuseppe Garibaldi, già a capo nell'autunno 1943 di un piccolo gruppo partigiano in Cipressa (IM), poi comandante della IV^ Brigata]. A mia volta gli chiedo cosa vuole.  Replica che può dirlo solo all'interessato.Uno dei ragazzi allora gli chiese se era del C.L.N. di Albenga [(SV)] e lui rispose di no, che era un rappresentante del C.L.N. di Ormea [(CN)]. Tutti scoppiammo in una grossa risata, che disorientò alquanto il nostro amico.Allora mi presentai e gli spiegai il motivo di tanta ilarità. Ci aveva portato alcuni pacchetti di sigarette e ce li offrì. Mi appartai con lui, che era latore di una lettera del Comandante della I^ Zona Liguria, una lettera di Curto [Nino Siccardi]. Prima di aprirla gli chiesi se ne conosceva il contenuto. «Parzialmente sì» mi rispose. Gli dissi che quello che non conosceva non mi interessava, perché certamente sarebbero state parole poco lusinghiere per me. Aggiunse che era certo che mi sbagliavo e iniziò a spiegarmi il perché della sua visita.Il Comitato Liberazione Nazionale di Garessio [(CN)] e quello di Ormea [(CN)] avevano deliberato di dar vita ad una formazione Garibaldina Ligure-Piemontese che operasse nell'alta Val Tanaro e nell'alta Val d'Arroscia, nella quale far confluire tutti i giovani desiderosi di combattere contro i tedeschi e i fascisti, ma che per vari motivi non intendevano farlo nelle formazioni Autonome (che noi allora chiamavamo Badogliani, come loro ci chiama­vano Stelle Rosse). Tradotto in pratica, tutto questo poteva voler dire che gli Autonomi non davano grande importanza al C.L.N. e che, per questo motivo, molto probabilmente, lo stesso aveva deciso di creare o di favorire la formazione di una Brigata garibaldina. E proprio a me, che ero il «rompiballe» della I^ Zona Liguria, affidava la gatta da pelare. Giuseppe Garibaldi (Fra' Diavolo), Dalla Russia all'Arroscia. Ricordi del tempo di guerra, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 1994, p. 166

venerdì 20 agosto 2021

Un treno tedesco fermo per 10 ore nella galleria di Capo Mele

Fonte: Mapio.net

22 maggio 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed al Capo della Missione Alleata [capitano Robert Bentley] - Relazione sulle azioni effettuate dalla VI^ Divisione "Silvio Bonfante" nel mese di aprile 1945: "Il 1° aprile al comando di "Tamara" una squadra del Distaccamento "Igino Rainis" [del Battaglione "Ugo Calderoni" della II^ Brigata "Nino Berio"] uccideva in un'imboscata 4 soldati tedeschi a Garessio; il giorno 4 "Cimitero" [Bruno Schivo, capo di una squadra del Distaccamento "Filippo Airaldi" del Battaglione "Ugo Calderoni" della II^ Brigata "Nino Berio"] ed i suoi uomini avevano attaccato dei tedeschi a Borghetto d'Arroscia, facendo 4 morti e 6 feriti; il giorno 7 il Distaccamento "Giovanni Garbagnati" [comandato da Stalin, Franco Bianchi] della I^ Brigata "Silvano Belgrano" catturava ed uccideva 2 soldati della RSI ed una SS tedesca; il giorno 10 tre garibaldini dell'Intendenza, cercando di recuperare delle armi, uccidevano un maresciallo nemico; il giorno 11 il Distaccamento "Giovanni Garbagnati" uccideva a Villa Faraldi (IM) in un agguato 6 tedeschi..."
da documento IsrecIm  in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999

Il giorno 3 [aprile 1945], altri partigiani del Distaccamento "Brando C." colpiscono sulla 28 un autocarro nemico che sbanda, mentre nei pressi di Barchi altri partigiani del "Rainis" ne mitragliano un altro ancora sulla stessa strada. Il 4 una squadra del "Rainis" prepara un'imboscata nei pressi di Martinetto (Albenganese), Giorgio Alpron (Cis), capo di S.M. della I Brigata, coadiuvato da alcuni compagni, mina gli scambi ferroviari ad Andora: viene applicato dell'esplosivo (dieci cilindri di plastico) sul triangolo degli scambi di levante. Con lo scoppio saltano per aria il triangolo e le rotaie del binario principale, rimangono pure inutilizzabili il secondo e il terzo binario per dieci ore. Un treno carico di esplosivo, scatolame, paglia e Tedeschi di scorta, rimane bloccato per un giorno nella galleria di Capo Mele. Per l'uccisione della G.N.R. Paulli, il commissario prefettizio di Albenga, A. Rolandi Ricci fa affiggere un manifesto il quale rende noto che nel territorio della frazione di Leca è dichiarato il coprifuoco dalle ore 18 alle 6. Se accadessero altri fatti del genere, il centro abitato sarebbe stato spianato dalle artiglierie tedesche.
Il giorno 6 una squadra di dieci uomini del Distaccamento "Castellari" affronta una corriera con civili e soldati tedeschi a bordo, nei pressi di Cerisola. All'autista viene intimato di fermarsi ma lui non eseguisce l'ordine, allora con una raffica nelle gomme delle ruote la macchina rimane paralizzata.
Avviene una sparatoria durante la quale muoiono il maresciallo che era accanto all'autista e tre soldati, alcuni rimangono feriti. I partigiani non subiscono perdite e ricuperano un Mauser, una pistola, alcuni caricatori di mitra e due fucili. Intanto giungono al Comando della I Brigata quattro militi postelegrafonici provenienti da Porto Maurizio: Ivo Panzani, Enzo Pignatti, Paride Bertoni e Francesco Idda; si arrendono allo stesso Comando, fornendo preziose notizie riguardanti i piani del nemico.
Il SIM partigiano informa che nell'eventualità di una ritirata i Tedeschi, intendendo avere le spalle al sicuro, compierebbero un duro rastrellamento al fine di distruggere tutte le formazioni della Resistenza, andandole a scovare nei rifugi ed in tutti i casolari della Valle Arroscia.
Il giorno 7 la squadra "Tamara" del Distaccamento "Rainis" attua un'imboscata contro soldati tedeschi sulla statale 29, i quali lasciano sul terreno un morto ed un ferito. Nel contempo una squadra del Distaccamento "Garbagnati", nei pressi di Diano Marina cattura due soldati repubblichini ed un soldato tedesco delle SS, altri partigiani, dello stesso Distaccamento, in Val Merula prelevano due soldati della Divisione "San Marco" muniti di pistola, i quali mentre vengono condotti al Comando partigiano, rimangono uccisi a causa di un loro tentativo di fuga.
Lo stesso giorno è catturato un soldato tedesco che tenta la resistenza, ma viene ugualmente passato per le armi. Nei pressi di Casanova, partigiani del Distaccamento "De Marchi" si scontrano con una pattuglia tedesca, dopo lo scontro a fuoco non si riesce ad accertare le perdite nemiche che sono certe.
All'alba del giorno 8 in seguito al persistere dell'allarme navale, il Comando tedesco emana l'ordine di blocco della strada Albenga Ormea Garessio e Imperia Taggia Triora, inoltre ordina ai genieri di procedere al minamento dei ponti, delle opere e di alcuni tratti della statale 28. Nella serata del giorno stesso, nei pressi di Vessalico in Valle Arroscia, partigiani del Distaccamento "Amato" sparano contro una compagnia di una trentina di Tedeschi i quali lasciano sul terreno due morti e tre feriti.
Il giorno successivo una squadra partigiana comandata da "Spezza" del Distaccamento "Brando C.", in azione sulla strada 29, raffica con armi automatiche una pattuglia tedesca, causandole tre morti e  due feriti. Un'altra squadra comandata da "Folgore", del Distaccamento "Rainis", lancia bombe a mano contro un autocarro nemico, il quale si capovolge, non accertate le perdite. Il nemico continua a rinforzare i presidi lungo le strade statali delle Valli Arroscia e Impero.  
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV: Dal Primo Gennaio 1945 alla Liberazione, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005, pp. 266-268

4 aprile 1945 - Dal comando della I^ Brigata al capo di Stato Maggiore della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Venivano comunicati i nomi degli uomini del comando di Brigata: comandante "Mancen" [Massimo Gismondi], commissario "Federico" [Federico Sibilla], capo di Stato Maggiore "Cis" [Giorgio Alpron], responsabile SIM "Archimede" [Archimede Frattini], staffette "Simone" e "Picenen".
4 aprile 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Venivano segnalati alcuni dati concernenti il Distaccamento "Marco Agnese": 19 garibaldini, 22 armi, 8 bombe a mano.
5 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 310, al comando della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" - Emanate disposizioni per un nuovo lancio e per la condivisione, con la II^ Brigata "Nino Berio", del materiale ricevuto.
5 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 311, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Segnalato l'elenco del materiale ricevuto con il lancio alleato del 18 marzo: 1 mitragliatrice Breda, 9 Sten, 2 Bren e 23 sacchetti di plastico.
6 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava l'elenco del materiale ricevuto con il 3° lancio alleato, avvenuto [a Pian Rosso] nella stessa data, materiale in cui figuravano soprattutto 18 Sten con 8000 munizioni, 2 lanciagranate con 28 munizioni, diversi capi d'abbigliamento.
6 aprile 1945 - Da "Giglio" alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che persistevano i posti di blocco nemici, già descritti in precedente dispaccio; che per i tedeschi si dimostrava vitale la strada 28, che probabilmente sarebbe loro servita per la ritirata in Piemonte, perché ne stavano intensificando la sorveglianza sino a pattugliare ogni ponte; che i tedeschi avevano infiltrato tra la popolazione diversi soldati che parlano bene italiano; che l'informatrice [partigiana] "Ilda" [Gilda Piana] era stata rilasciata dai tedeschi con l'obbligo di presentarsi al comando ogni sera ed ogni mattina; che il comando tedesco di Pieve di Teco era a conoscenza della presenza di 300 garibaldini ad Alto; che la squadra di "Franco" [Giovanni Trucco] era stata avvisata del pericolo incombente [n.d.r.: riferimento all'eccidio di Trovasta del 28 marzo 1945]; che la sottovalutazione del monito ricevuto era costata la vita a quei partigiani; che la signorina Angiolina [Angela Bertone, ex fidanzata di "Franco", Giovanni Trucco] si trova a Pornassio, trattata bene dai tedeschi.
6 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" - Disponeva di incaricare "Quan" di recarsi a studiare la situazione della centrale elettrica di Oneglia ad Imperia perché sarebbe occorso, con la forza o con l'astuzia, tentare di impedire ai tedeschi di fare brillare l'impianto e per lo svolgimento di tale operazione di salvataggio di operare con le SAP.
6 aprile 1945 - Dal capo di Stato Maggiore ["Cis", Giorgio Alpron] della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della VI^ Divisione - Comunicava che con l'azione di sabotaggio condotta negli ultimi giorni di marzo alla stazione di Andora (SV) erano stati resi inutilizzabili i 3 binari - ed il terzo era ancora impraticabile -, tanto che un treno che trasportava soldati tedeschi, esplosivi, scatolame e paglia era rimasto fermo 10 ore nella galleria di Capo Mele.
6 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" - Disponeva che il Distaccamento "Giuseppe Maccanò" passasse alle dipendenze del comandante "Fra Diavolo" e che, di conseguenza, il comandante "Libero" fosse a disposizione del comando del Distaccamento "Mario Longhi".
6 aprile 1945 - Da "Nemo" [Aldo Galvagno], relazione n° 7, alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che il 5 aprile a Pontedassio erano transitati 10 bersaglieri e 25 tedeschi; che a Pontedassio si trovavano in tutto 60 soldati nemici, di cui 10 fascisti addetti al controllo dell'olio; che nella notte erano transitate 23 automobili che a causa della scarsità di carburante venivano trainate la singola autovettura dalla precedente.
7 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 358, ai comandi della I^ Brigata "Silvano Belgrano", della II^ Brigata "Nino Berio" e della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" - Disponeva che i comandi in indirizzo inviassero con sollecitudine le relazioni sulle ultime azioni effettuate, indicando le perdite proprie e del nemico, il bottino di guerra, il numero dei prigionieri fatti; che venissero attivate con mezzi di fortuna le linee telefoniche per mantenere i collegamenti con il comando della Divisione; che tutto il materiale bellico, e quello ricevuto con i lanci alleati, doveva essere catalogato e nascosto, se non utilizzato, in luogo sicuro.
7 aprile 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" ai comandi del Distaccamento "Franco Piacentini" e del Distaccamento "Angiolino Viani" - Avvertiva che erano da poco transitati da San Damiano, diretti a Testico, 20 tedeschi, per cui occorreva aumentare la sorveglianza.
8 aprile 1945 - Dalla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 128, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed al comando della VI^ Divisione - Comunicava il miglioramento recente del SIM e che "Giglio" e "Violetta" erano due elementi "su cui si può fare affidamento".
8 aprile 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" alla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione - Comunicava che ad Andora (SV) erano arrivati 5 individui che risultavano essere spie e che da Capo Mele ad Albenga vi erano 120 nemici, di cui 30 in convalescenza. Aggiungeva le parole d'ordine del nemico in vigore dal 1° al 16 aprile.
8 aprile 1945 - Da "K 20", prot. n° 11, alla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che l'allarme antisbarco iniziato il 2 aprile permaneva tra i tedeschi; che i soldati tedeschi erano in stato di panico; che i comandanti tedeschi stavano "reagendo irrigidendo la disciplina"; che lungo la via Aurelia transitavano verso Albenga alcuni camion ciascuno con 3 o 4 tedeschi a bordo; che risultava che le 3 compagnie di Brigate Nere della provincia di Imperia avrebbero ripiegato per ultime "proteggendo come retroguardia l'azione dei guastatori".
8 aprile 1945 - Da "K 20", prot. n° 12, alla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che in località Madonna della Rovere [oggi comune di San Bartolomeo al Mare (IM)] a Cervo-San Bartolomeo il comando tedesco aveva piazzato 3 cannoni dei quali 2 erano in legno; che tra i tedeschi l'allarme permaneva per cui rimanevano nelle loro postazioni con le armi piazzate e con "il servizio di guardia rinforzato"; che a Diano Marina sul ponte San Pietro era quasi ultimato il lavoro di sbarramento anticarro, le cui caratteristiche avrebbe cercato di comunicare al più presto. Aggiungeva informazioni sulle abitudini del capitano Corticelli.
8 aprile 1945 - Da "Nemo" [Aldo Galvagno] alla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che nella valle Impero la situazione era abbastanza calma, tranne che il frequente passaggio in direzione del Piemonte di automobili e camion.
8 aprile 1945 - Dal comando del Distaccamento "Giuseppe Maccanò" della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della III^ Brigata - Comunicava di essere quasi del tutto a posto con le divise; che era necessario "un permesso scritto per vendere la mula"; che 5 individui provenienti da Oneglia avevano chiesto informazioni sul Distaccamento; che la forze del Distaccamento era di 26 uomini; che solo il commissario "Alessio" era disponibile ad ricoprire cariche pubbliche "all'atto della discesa sulla costa".
8 aprile 1945 - Da "Dario" [Ottavio Cepollini] alla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che stava indagando sul parroco di Pogli [Frazione di Ortovero (SV)] e sul podestà di Vendone (SV); che "Pipetta" era già stato nascosto dai tedeschi; che il 7 aprile i nazisti avevano requisito animali da traino per il trasporto di materiale bellico dai fortini alla stazione di Albenga; che si erano presi accordi con 7 militari della GNR di Albenga per il loro passaggio alle formazioni partigiane di montagna a condizione di portare 1 mitragliatore, 2 mitra, 4 fucili ed una cassa di munizioni; che, siccome si era presentato un giornalista per scrivere un diario sulla storia della Divisione, era necessario che "Pantera" [Luigi Massabò, vice comandante della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] recapitasse la relativa documentazione; che era stato realizzato il soccorso alle famiglie dei patrioti caduti a Trovasta.
9 aprile 1945 - Dal comando del Distaccamento "Elio Castellari" della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della III^ Brigata - Inviava una dichiarazione della signora Giulia Capetti, in cui la donna sosteneva di essere stata rimessa in libertà dalla gendarmeria tedesca di Albenga alla condizione di fare arrestare il garibaldino "Cimitero" [Bruno Schivo] e di avere detto al marito, lasciato nelle mani dei tedeschi, di arrangiarsi.
9 aprile 1945 - Dai "servizi ausiliari" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" insediati a Caprauna al comando della VI^ Divisione - Comunicavano che l'8 aprile avevano proceduto all'elezione del commissario nella persona di "Mauro" alla presenza di "Spezza", vice di "Basco".
9 aprile 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" ai comandi di tutti i Distaccamenti - Segnalava nomi e descrizioni fisiche di 5 spie nemiche entrate di recente nella zona presidiata dalla Divisione.
9 aprile 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al CLN di Imperia - Chiedeva di indagare su 4 militari della P.T. di Porto Maurizio, 3 nativi di Modena, 1 di Marsiglia, che si erano presentati al comando della Brigata.
10 aprile 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della VI^ Divisione - Comunicava che il 7 aprile una squadra del Distaccamento "Giovanni Garbagnati" aveva ucciso 2 soldati della San Marco che, una volta catturati avevano tentato la fuga e che era stato passato per le armi un tedesco appartenente alle SS, riconosciuto come tale da un suo connazionale in forza al mentovato Distaccamento.
10 aprile 1945 - Da "Nemo" [Aldo Galvagno] alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che il presidio tedesco di Sarola si era diretto verso il Piemonte; che continuava "il lento deflusso tedesco lungo la strada 28 in direzione nord"; che a Chiusavecchia permanevano 30 soldati tedeschi, a Chiusanico 60, a Cesio 40, tra Villa Viani e Villa Guardia 140; che a Pontedassio 15 soldati tedeschi erano addetti all'ammasso dell'olio.
10 aprile 1945 - Da "K 20", prot. n°13, alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che continuava l'allarme dei tedeschi per un possibile sbarco alleato; che, tuttavia, rispetto al periodo dal 2 al 5 aprile, i tedeschi non erano più tutti nei "camminamenti e nelle postazioni"; che a Diano Marina "nella discesa del ponte San Pietro" era quasi ultimato il lavoro nemico di sbarramento anticarro, riguardante 6 "buche, ciascuna con 2 tronchi di binario che occupano i 3/5 della larghezza della strada; i binari sporgono inclinati per 90 cm; nella parte della strada ancora transitabile ci sono 4 buche riempite con un getto di cemento che ha un foro quadrato nel centro".
10 aprile 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando del Distaccamento "Angiolino Viani" - Stabiliva l'assunzione del nuovo garibaldino "Americano" presso il Distaccamento in indirizzo.
10 aprile 1945 - Dalla Divisione S.A.P. "Giacinto Menotti Serrati" alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] del Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Segnalava che a Capo Berta era stata piazzata una batteria antisbarco protetta dal filo spinato; che lungo l'argine destro del torrente Impero e in Castelvecchio ad Imperia erano in fase di preparazione alcuni sbarramenti fatti con pezzi di rotaie; che il giorno 7 era partita dalla Cava Rossa, diretta a nord, una colonna tedesca di 40 soldati, 8 carri grandi, 8 carri piccoli.
da documenti IsrecIm  in Rocco Fava, Op. cit.

martedì 10 agosto 2021

I partigiani passano più al sicuro dove lo si crede meno possibile

Caprauna (CN) - Fonte: Mapio.net

24 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 240 bis, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava che, appena ricevuto il secondo lancio alleato, aveva intenzione di reintegrare i Distaccamenti dei loro organici; che la zona destinata al secondo lancio aveva subito il 22 marzo un rastrellamento nemico; che erano state prese le misure "per fare fronte a diversi lanci ripetuti" nonostante le perplessità già espresse circa i "rischi legati ad azioni troppo ravvicinate"; che le radio richieste sarebbero state inviate al più presto.
24 marzo 1945 - Dal comando della II^ Brigata "Nino Berio" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Informava che il Distaccamento "Igino Rainis" era stato avvertito dalla popolazione di Caprauna (CN) circa la presenza di un paracadute ad oltre 2.000 metri dal campo di lancio e che il paracadute recuperato aveva recato munizioni e divise.
26 marzo 1945 - Dal Comando Operativo [comandante "Curto", Nino Siccardi] della I^ Zona Liguria al comando [comandante "Giorgio", Giorgio Olivero] della Divisione "Silvio  Bonfante" - Comunicava che per ordine del Comando Militare Unificato Regionale [CMURL] la Divisione veniva rinominata "VI^ Divisione d'assalto Garibaldi Silvio Bonfante" e chiedeva notizie sull'imminente riunione tra CLN e garibaldini.
28 marzo 1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - In considerazione del fatto che il campo di lancio scelto per la II^ Divisione offriva maggiori possibilità di ricezione per un grande lancio diurno, si reputava positivamente il fatto di trasferire per il momento parte della Divisione nella zona di lancio di Pian Rosso, mentre l'altra componente avrebbe dovuto attendere il lancio notturno già programmato [a Pian dell'Armetta nella zona di Caprauna (CN)]. Direttiva di effettuare sollecitamente il richiamato trasferimento, attesa l'imminenza del lancio.
31 marzo 1945 - Dal capo di Stato Maggiore ["Ramon", Raymond Rosso] della VI^ Divisione, prot. n° 19, al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Veniva comunicato che i preparativi per il primo lancio erano stati ottimi.
4 aprile 1945 - Dal capo di Stato Maggiore ["Ramon", Raymond Rosso] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 23, al comando della VI^ Divisione - Comunicava le modalità del secondo riuscito lancio alleato del 2 aprile 1945 a Caprauna: "alle ore 14.30 sento il messaggio. Parto in tromba, vado a Leverone e Aquila, salgo in Alto (CN) e metto tutti in moto visto che nessuno sa nulla. Passo da Fernandel [Mario Gennari, comandante della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" della VI^ Divisione], metto i suoi uomini in postazione a Passo San Giacomo, mentre dalle altre parti metto borghesi in guardia. Libero lo tengo sul campo. Meazza non viene: la staffetta borghese non l'ha avvistato. Alle 21.00 accendo i fuochi; alle 21.45, dopo essere passati 5 aereoplani, arriva il nostro. Ci fa il medesimo segnale Morse che facciamo noi, poi comincia la pioggia. Un solo apparecchio. Abbiamo tanta nebbia, però tutto procede bene. Ad un tratto danno l'allarme: hanno visto una luce. Faccio montare i bren, caricare i caricatori, idem per gli sten. I muli arrivano: sono immediatmanete caricati e spediti a Fernandel. Alle 24.00 avevamo sgomberato il campo... L'operazione é finita. Tutto ha funzionato bene... improvvisa faceva scattare l'allarme tra i partigiani. Avevo dato l'ordine di caricare in fretta i muli con gli Sten ed i Bren e le relative munizioni. Alle ore 24 il campo era completamente sgombero". Ramon concludeva chiedendo, data la penuria di armi e di munizioni, chiarimenti circa prossimi lanci. Allegava un elenco di materiale ricevuto, dove figuravano 13 mine, 200 bombe a mano, 4 Bren, 8 Sten, 19 bombe incendiarie, 17 detonatori e molte munizioni.
5 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione, prot. n° 310, al comando della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" - Emanate disposizioni per un nuovo lancio e per la condivisione, con la II^ Brigata "Nino Berio", del materiale ricevuto.
5 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione, prot. n° 311, al Comando della I^ Zona Operativa Liguria - Segnalato l'elenco del materiale ricevuto con un lancio alleato del 18 marzo: 1 mitragliatrice Breda, 9 Sten, 2 Bren e 23 sacchetti di plastico.
da documenti IsrecIm  in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

Monte Armetta - Fonte: Mapio.net

Dopo aver ricevuto due lanci aerei nella zona di Caprauna, che erano serviti a rifornire discretamente di munizioni per le armi automatiche individuali, in particolare di Sten Gun, e per i fucili delle formazioni, si dovettero evitare altri lanci nella stessa zona per la critica posizione del campo, e a causa del fatto che ad ogni lancio seguiva un attacco nemico con grave rischio per il materiale. In considerazione di ciò il Comando Operativo aveva ordinato alle due Divisioni, "Bonfante" e "Cascione", di radunarsi nella zona di Viozene. Per motivi di ordine operativo la "Bonfante" si portò nella zona con la I Brigata e mezza della II. Si sarebbero dovuti ricevere lanci in grande stile, invece, come è già stato fatto notare, i lanci furono di piccole proporzioni. Alla "Bonfante" furono destinati dieci mitragliatori Brent, una quindicina di Sten, quaranta fucili, alcune migliaia di colpi per armi automatiche, parecchi capi di vestiario. Prolungandosi il periodo di permanenza a Viozene, fu deciso alla fine di ritornare in Zona Operazioni, perché non ne valeva la pena per quanto si poteva ricevere dal cielo. Il ritorno non fu privo di rischi, poiché oltre trecento uomini con parecchi muli carichi di materiale dovettero attraversare la Statale 28 sotto Ormea, strada oramai strettamente sorvegliata. Nel viaggio verso Viozene si era attraversata la strada a Cantarana, ma i Tedeschi se ne erano accorti per cui ivi avevano messo una postazione con mitragliatrice quadrinata, pensando di impedire il ritorno agli uomini della "Bonfante". Anche questa volta i Tedeschi avevano dimenticato che i partigiani passano più al sicuro dove lo si crede meno possibile. Infatti dopo una estenuante marcia di sedici ore, uomini e materiale, munizioni e strumenti di sabotaggio ad  esplosivo, tutti i Distaccamenti furono rinviati alle loro basi con l'ordine di preparare l'attacco generale, intensificando le azioni contro il nemico. È quello che iniziarono a fare con ritmo intensissimo tutti i Distaccamenti, secondo i piani prestabiliti. Ma prima di descrivere l'offensiva finale della Divisione, riteniamo strategicamente importante riportare lo schema della dislocazione delle sue formazioni al primo aprile 1945:
Comando della Divisione Comando   Poggio Bottaro
Comando I Brigata "S. Belgrano"    Valle Merula (Andora)
Distaccamento "A.Viani"                Valle Merula
Distaccamento "F. Agnese"           Valle Steria (Cervo)
Distaccamento "G. Garbagnati"     Valle Steria (Cervo)
Distaccamento "F. Piacentini"      Valle Merula (Cervo)
Distaccamento "M. Agnese"         San Damiano (Andora)
Comando II Brigata "N. Berio"     Valle Arroscia
Distaccamento "F. Airaldi"          Valle Arroscia
Distaccamento "A. Amato"          Valle Arroscia
Distaccamento "G. Bortolotto"     Valle Pennavaira
Distaccamento "C. Brando"         Valle Pennavaira
Distaccamento  "I. Rainis"           Valle Pennavaira
Comando III Brigata "E. Bacigalupo"  Valle Pennavaira
Distaccamento "G. Catter"          Valle Pennavaira
Distaccamento "B. De Marchi"     Valle Pennavaira
Distaccamento "E. Castellari"      Valle Arroscia
Comando IV Brigata "D. Arnera"   Alta Val Tanaro  [n.d.r.: secondo altre fonti, questa Divisione ai primi di aprile 1945 veniva ancora indicata genericamente come "Val Tanaro"]
Distaccamento "M. Longhi"        Alta Val Tanaro
Distaccamento "G. Maccanò"       Alta Val Tanaro
Distaccamento "G. Carrara"       Alta Val Tanaro
Distaccamento "I. Ghirardi"       Alta Val Tanaro
Distaccamento "L. Fiorenza"      Alta Val Tanaro
Per le gravi perdite subite nel mese di marzo, il Distaccamento "M. Agnese", già comandato da Giovanni Trucco (Franco) caduto, viene sciolto e gli uomini superstiti sono distribuiti nei Distaccamenti della III Brigata. Il nuovo Distaccamento "S. Belgrano" della I Brigata assume il nome del caduto "M. Agnese". Vengono costituiti con vecchi e nuovi combattenti i Distaccamenti "A. Amato" della II Brigata, "G. Berio" e "L. Fiorenza" della IV Brigata "D. Arnera" [si veda precedente nota del redattore].
Il morale degli uomini è elevatissimo.
Il servizio informazioni partigiano (SIM) segnala che il nemico ha rinforzato le guarnigioni di Diano Marina, di Cervo, di San Bartolomeo e di Andora. Tutti i militari sono consegnati e rimangono nelle trincee da loro costruite quasi tutto il giorno. Il tempo è molto migliorato per cui si creano le condizioni per sviluppare con meno difficoltà le azioni contro il nemico, in particolare sulle strade costiere e sulla Statale n. 28 (Imperia, Pieve di Teco, Garessio). Cerchiamo ora di descrivere l'offensiva partigiana, che pensiamo rappresenti nel suo insieme l'ultima serie di attacchi contro il nemico, prima della Liberazione. Ma ciò non è stato facile e molte perdite dovranno ancora subire i civili  e i partigiani.
Mentre per cause sconosciute, il primo aprile 1945, a Pornassio i Tedeschi uccidono il civile Giacomo Frumento, e sarà l'inizio di un lungo stillicidio, il giorno stesso una squadra del Distaccamento "Brando C." attacca un pattuglione tedesco sulla Statale 28, quest'ultimo lascia sul terreno un morto e due feriti; all'alba, nei pressi di Garessio, altri partigiani, del Distaccamemto "I. Rainis" si scontrano con una pattuglia tedesca la quale perde quattro uomini; dello stesso Distaccamento, il giorno successivo a Calderara, con bombe al plastico, alcuni partigiani fanno saltare un carro tedesco trainato da cavalli.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV: Dal Primo Gennaio 1945 alla Liberazione, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005, pp. 264-266

Contributo notevole alla ripresa avrebbe apportato un secondo lancio atteso da settimane e che supponevamo importante. Se poi, come si diceva, parecchi lanci si fossero susseguiti ogni notte, ed uno forse era già avvenuto ai primi di aprile, in breve l'armamento sarebbe stato formidabile e ciò avrebbe semplificato molti problemi.
Dove sarebbe avvenuto il lancio più grosso? A Caprauna? Era probabile, chè non c'erano altre zone sotto il nostro controllo che si prestassero per tale operazione; pure, dopo l'inutile attesa della terza decade di marzo, si andava diffondendo la voce che il Comando avrebbe provveduto altrimenti.
Ai primi di aprile il Comando divisione riunì quasi metà degli effettivi della Bonfante: una squadra per ogni banda della I Brigata e partì per ignota destinazione: aveva così inizio l'operazione L2.
Opinione comune a sud della Val d'Arroscia era che il secondo lancio sarebbe sceso ancora in Val Pennavaira perché le colonne di muli erano partite verso Nord.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, p. 229
 
Il mese di aprile 1945 si aprì per i tedeschi con un  prolungato allarme per il da tempo temuto sbarco nemico, dato che sul litorale erano stati avvistati diveersi natanti alleati.
I comandi nazisti irrigidirono la disciplina, consegnarono le truppe in caserma, addirittura nelle zone di Diano, Cervo ed Andora fecero dormire gli uomini nelle gallerie usate anche come depositi di munizioni. Fecero continuare i lavori di fortificazione dei presidi e ne fecero iniziare di nuovi, come per il posto di vedetta sul torrente Impero ad Imperia o per lo sbarramento anticarro sul ponte San Pietro a Diano Marina.
In caso di sbarco ostile le forze germaniche avrebbero abbandonato la costa per dirigersi su Ormea (CN) e poi nelle Langhe dove, easurita l'ultima resistenza, si sarebbero arrese agli alleati.
Dal 1° aprile e nei giorni successivi dai presidi di Cervo e di Pontedassio drappelli di soldati tedeschi incominciarono a dirigersi verso il Piemonte lungo la strada n° 28, dopo avere tagliato la linea telefonica, e smontato e poi caricato su mezzi ippotrainati centraline telefoniche e batterie antiaeree.
Il 1° aprile al comando di "Tamara" una squadra del Distaccamento "Igino Rainis" del Battaglione "Ugo Calderoni" della II^ Brigata "Nino Berio" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" uccideva in un'imboscata 4 soldati tedeschi a Garessio (CN)
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I

Andora (SV) - Fonte: Mapio.net

1 aprile 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 123, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed al comando della VI^ Divisione - Segnalava, rispetto al corso, di cui aveva già fatto cenno in un precedente rapporto, per la preparazione delle spie, istituto dalla Gestapo, che il medesimo era iniziato a metà marzo 1945, diretto dal capitano Maranzano; che partecipavano al corso Antonio Bracco, Gennaro Iacobone e Marchetti; che gli idonei al corso si sarebbero, poi, dovuti infiltrare nell'esercito alleato e prendere collegamenti con i tedeschi già insinuatisi in quelle file. Comunicava, inoltre, che la strada n° 28 era nelle mani dei tedeschi fino ai Ponti di Nava; che ad Aquetico i tedeschi avevano adibito molti uomini a lavori di trinceramento e di costruzione di fosse anticarro, che ad Andora (SV) l'Orstkommandatur aveva ceduto il posto a 30 repubblichini.
1 aprile 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 123 bis, al comando della VI^ Divisione ed al CLN di Alassio (SV) - Segnalava che il comando del Fascio Repubblicano era in possesso di un elenco di partigiani, consegnato dal maresciallo Gargano alle autorità repubblichine di P.S. e poi al Fascio e forniva i 29 nomi dei mentovati partigiani perché il CLN potesse avvertirli.
1 aprile 1945 - Da "Livio" [Ugo Vitali] responsabile S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della VI^ Divisione - Riferiva che ad Andora (SV) erano giunti 5 uomini, di cui forniva descrizioni fisiche e nomi, con il compito di indagare sui patrioti; trasmetteva le parole d'ordine del nemico valide per tutta la Liguria dal 1° al 16 aprile; comunicava i nomi di 3 soldati ricercati dai repubblichini in quanto disertori; avvertiva che due individui, appartenenti alle Brigate Nere e che parlavano bene francese, inglese e tedesco, erano partiti per la montagna con lo scopo di infiltrarsi tra i partigiani.
2 aprile 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della II^ Brigata "Nino Berio" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della VI^ Divisione - Nella relazione si affermava che nella notte precedente i soldati tedeschi avevano interrotto la strada in Località Fontana Calda tra Martinetto e Castelbianco (SV)...
3 aprile 1945 - Dalla Sezione S.I.M. della VI^ Divisione, prot. n° 126, al comando della VI^ Divisione - Si segnalava l'individuazione della spia Rina Boero a Gazzo [Frazione di Erli (SV)].
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II

giovedì 19 novembre 2020

Piombano nella zona i Tedeschi che avevano pernottato a Dolcedo

Una vista da Villatalla

Tra il 16 ed il 17 dicembre 1944 è notte di convegno garibaldino. Il Comando della II^ Divisione d'assalto Garibaldi «F. Cascione», radunato nella valle appresso, in un casone ubicato tra gli uliveti a sud di Villa Talla [frazione del comune di Prelà (IM)], deve decidere in modo concreto la costituzione della nuova divisione garibaldina «Silvio Bonfante» ed il Comando della I^ Zona Liguria.
Sono presenti il comandante Nino Siccardi (Curto), il vicecomandante Giorgio Olivero (Giorgio), il commissario divisionale Carlo De Lucis (Mario), il commissario politico di zona Lorenzo Musso (Sumi), l'addetta al Comando Bianca  Novara  (Rossana), l'addetto alla tipografia del C.L.N. provinciale (già dislocata in un pollaio sotto la strada di Villa Talla) Giovanni Acquarone (Barba) e qualche altro capo partigiano.
Disgraziatamente, nell'oscurità della notte, «Mario» cade da un muro di una «fascia» alto quattro metri, si spacca il cranio e va in coma, non risponde ai richiami, è cosa ardua rintracciarlo.
Come se ciò non bastasse, il nemico investe all'alba la vallata di Villa Talla. Alcune spie gli avevano fornito vaghe indicazioni, ma fortunatamente non erano in possesso di dati precisi sulla dislocazione del Comando garibaldino  e  della tipografia.
Piombano nella zona i Tedeschi che avevano pernottato a Dolcedo: una colonna di dodici autocarri, giunta da Molini di Prelà, blocca di sorpresa il paese di Tavole, mentre altre due colonne di Tedeschi appiedati marciano per le mulattiere a monte e a valle dell'agglomerato di case; due furgoni della Croce Rossa seguono le truppe.
Rapidamente piazzano le armi pesanti nelle «fasce» sotto Tavole e mitragliano con intensità Villa Talla e tutti i casoni nei dintorni: gravemente danneggiata rimane la casa «Costa», una trentina di proiettili colpiscono la casa canonica. Quindi le colonne si mettono in movimento e una di esse, assai numerosa, sale dal fondovalle verso il paese per la mulattiera Prelà-Villa Talla.
Appena vi giunge chiude in chiesa, ove deruba i paramenti sacri, tutti i civili che cattura (uomini, donne, bambini), saccheggia le case e vi appicca il fuoco con spezzoni incendiari.
Così, già incendiata il 2 di luglio durante il rastrellamento di Triora e il 4 di settembre alla vigilia della battaglia di monte Grande, il 17 di dicembre Villa Talla brucia ancora e perciò risulteranno incendiate settantaquattro case,  compreso l'oratorio di San Giovanni.
Proseguendo il cammino, parte della colonna raggiunge il passo omonimo ove si scontra con una pattuglia del 6° distaccamento (2° battaglione, IV brigata) che, tuttavia, riesce a sganciarsi e a portarsi in postazioni sul versante destro di valle Carpasina.
La situazione del Comando partigiano, nascosto tra gli ulivi sotto il paese in fiamme, di fronte a Tavole, diventa insostenibile; i componenti, sperando di uscire dall'accerchiamento, decidono di muoversi e, disteso il commissario ferito sopra una scala, scendono guardinghi in direzione di Prelà con la speranza di trovare un dottore per curarlo.
«Mario» è esanime e ormai si dispera di salvarlo. Per caso il gruppetto scansa una colonna nemica che sale dal fondovalle. È necessario dividersi, non si può proseguire uniti.
Nascosto il moribondo in un casone con la speranza che non venga scoperto, e, fermatasi presso di lui «Rossana» per pietosamente assisterlo, il gruppetto si disperde (10).
Dopo aver arrestato alcune persone, a mezzogiorno i Tedeschi sgombrano la zona.
Una colonna composta di un centinaio di soldati proveniente da Valloria scende nel primo pomeriggio a Lecchiore sparando alcune raffiche per intimorire le persone rimaste in paese.
Altre colonne raggiungono Dolcedo all'imbrunire, ove smontano la radio campale che vi avevano installata, e proseguono verso la costa.
Vengono fucilati i civili Giovanni Revello e Carlo Oreggia di Tavole.
A Villa Talla ormai la popolazione è terrorizzata dai Tedeschi e dalla presenza della tipografia del C.L.N. celata nel gallinaio, ove funziona dall'agosto 1944 (la tipografia della II^ divisione «F. Cascione» era nella canonica di Realdo in valle Argentina). Di conseguenza, per rasserenare un po' gli animi troppo angosciati, viene smontata il 20 di dicembre, spostata per mezzo di muli a Pianavia e piazzata in una cisterna sotterranea, sita nel sottofondo dell'abitazione di Giobatta Calzamiglia (Bacì). Il 28 sarà rimessa in funzione dal tipografo «Barba» e il 4 gennaio 1945, come vedremo, smetterà per sempre di funzionare a causa di un altro pesante rastrellamento.
Come per Villa Talla, Pietrabruna e Torre Paponi, anche per Badalucco il martirio non è finito: durante la giornata del 17 la zona circostante il paese è rastrellata dai Tedeschi del Comando di Villa Cipollini di Taggia, il 18 è bombardata da apparecchi alleati che, sganciate alcune bombe, distruggono delle case e provocano, purtroppo, morti e feriti.
L'ira e lo sdegno della popolazione è al colmo (11).
Mentre Torre Paponi e Villa Talla bruciavano e da Verona giungeva a San Remo il colonnello delle S.S. Strupel, specialista in rastrellamenti, con trecento suoi accoliti, Mussolini in balia dei Tedeschi parlava a Milano, promettendo ancora una volta, perduto ormai il senso della realtà storica, giustizia e libertà al popolo italiano.

(10) «Mario» verrà portato all'ospedale partigiano di Tavole e quindi in quello di Arzéne. Guarito, riprenderà la lotta come commissario della Divisione Garibaldi «Silvio Bonfante», costituita il 19-12-1944 e dislocata nella zona d'operazioni ad est della strada statale n° 28.
(11) Da una relazione di Franco Bianchi (Brunero), agente S.I.M., al Comando della IV Brigata, del 20.12-1944, prot. n. 291.
Le vittime civili del bombardamento alleato di Badalucco furono dodici.


Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977

giovedì 24 settembre 2020

Tre giovani uccisi dai fascisti a Molini di Triora...

Dintorni di Molini di Triora (IM) - Fonte: Wikipedia
 
13 gennaio 1945 - Dal Comando Operativo della I^ Zona Liguria al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Si chiedevano informazioni sulla missione anglo-americana catturata dal nemico a Frabosa (CN).

14 gennaio 1945 - Da fonte imprecisata al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che la forza nemica di stanza a Pieve di Teco (IM) variava da 180 a 200 unità, che in tutta la zona di Ormea (CN) vi erano 200 tedeschi, i nomi di 3 presunte spie, il decesso del "povero Mario Ponzoni" [fucilato a Pieve di Teco l'11 gennaio].

15 gennaio 1945 - Dal Comando Militare Unificato della Liguria al comandante Curto [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria] - Venivano a firma di Renato Ferrero chiesti chiarimenti circa il fermo effettuato ai danni del capitano Bartali [Giovanni Bortoluzzi, già a capo a settembre 1943 di una prima banda di partigiani in Località Vadino di Albenga (IM), poi dirigente sapista in quella zona, capo missione della Divisione “Silvio Bonfante” presso gli Alleati, vicecapo della Missione Alleata nella I^ Zona nei giorni della Liberazione], ricordando che vi era stata l'unificazione di tutti i comandi combattenti della Liguria e che "nella Liguria la parte operativa viene riassunta nelle persone di Miro [Anton Ukmar], Ferrero e Balbi [Tenente Colonnello Giulio Bertonelli ]", e veniva intimato il rilascio del capitano Bartali.

16 gennaio 1945 - Dal comando della III^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Libero Briganti" della I^ Divisione "Gin Bevilacqua" [II^ Zona Operativa Liguria] 1945 al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava una risposta negativa alla richiesta di una fornitura di Sten avanzata dal comandante "Pantera" [Luigi Massabò, vice comandante della  Divisione Bonfante] dato che ne erano sprovvisti poiché il lancio era avvenuto nella zona della VI^ Brigata.

16 gennaio 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 1/50, al comando della Divisione - Trasmetteva le informazioni avute da "Dario" [Ottavio Cepollini] circa l'arresto dei fratelli "Giulio" e "Dek" e di altre 2 persone e segnalava che a Rezzo e a Mendatica si trovavano molti repubblichini.
 
16 gennaio 1945 - Da Dario [Ottavio Cepollini] al S.I.M. (Servizio Informazioni Militari) al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che era stati stati catturati due fratelli patrioti, indicava come probabile spia che aveva causato il detto arresto da parte del nemico il Sardo o Boll, avvisava che stava per essere affisso a Pieve di Teco (IM) un manifesto che minacciava l'uccisione di 10 civili per ogni tedesco morto in un agguato.

16 gennaio 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante" ai comandi di tutti i Distaccamenti - Sottolineava che, nonostante i ripetuti appelli, non erano giunte staffette a Roncagli [Frazione di Diano San Pietro (IM)].

17 gennaio 1945 - Relazione sulla morte [avvenuta in pari data a Villatalla Frazione di Prelà (IM)] di Milan (Carlo Montagna), comandante della IV^ Brigata "Elsio Guarrini"  della II^ Divisione "Felice Cascione", ex operaio di fabbrica e "vecchio combattente alla testa del movimento negli scioperi del marzo '43".

17 gennaio 1945 - Dal comando della Brigata S.A.P. "Walter Berio" al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante"- Richiesta di intervento per la cattura di nemici da tentare di scambiare con sappisti, caduti in mano al nemico il 9 gennaio [come riferito con questo articolo, che riporta anche alcune tappe della nefasta azione della spia fascista, detta "la donna velata"] e tra i quali risultavano Carlo Delle Piane, Adolfo Rino Stenca, Roberto Sordello, con la raccomandazione di mettere in campo azioni da affidare, data l'accresciuta sorveglianza contro i sappisti, ai Distaccamenti di Stalin [Franco Bianchi, comandante del Distaccamento "Giovanni Garbagnati" della I^ Brigata] e di Buffalo Bill [nei successivi atti ufficiali solo Bill, Giuseppe Saguato, comandante del Distaccamento "Francesco Agnese"].

17 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al capo di Stato Maggiore Divisionale [Ramon, Raimondo Rosso] - Veniva richiesto il pattugliamento notturno delle strade di Vessalico (IM) ed Ortovero (SV).

17 gennaio 1945 - Dal Comando Operativo di sottozona a Simon [anche Manes, Carlo Farini, Ispettore Generale al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Disposizioni sul trasferimento alla II^ Divisione del comandante Antonio.
 
18 gennaio 1945 - Da Dario al S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che continuava da parte dei nazisti l'interrogatorio di Giulio e di Dek, che Boll collaborava con i tedeschi, "spesso viene messo con gli arrestati e con il pretesto di essere anche lui caduto in trappola cerca di carpire loro notizie da riferire ai tedeschi", che si sarebbe cercato di fare eliminare Boll proprio dai nazisti, che i tedeschi stavano ricostruendo il ponte crollato a Pieve di Teco (IM).

18 gennaio 1945 - Dal comando della II^ Brigata "Nino Berio" al comando della VI^ Divisione - Veniva richiesto il da farsi dopo aver proceduto all'arresto di Corrado ex intendente della VI^ Divisione.

18 gennaio 1945 - Dal comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della II^ Divisione - Relazione militare sul rastrellamento [come già riportato in questo articolo] da parte nemica del giorno prima a Tumena, San Faustino [località di Molini di Triora (IM)], Ciabaudo [Frazione di Badalucco (IM)], Vignai [Frazione di Baiardo (IM)] e dintorni, in cui si affermava che le forze nemiche erano rappresentate dai granatieri di stanza a Molini di Triora e dai soldati dei presidi di Montalto Ligure [oggi comune di Montalto Carpasio (IM)], Badalucco (IM), Ceriana (IM e Baiardo (IM), per un totale di 300-350 unità e che "nei dintorni di Ciabaudo verso Tumena molti rustici sono stati incendiati".

19 gennaio 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della Divisione "Silvio Bonfante"  - Relazione su una spedizione tedesca ad Ubaghetta "che cercava di individuare il Comando della I^ Zona Operativa Liguria su segnalazione della spia 'Boll' che si è messo a lavorare per i tedeschi in un modo vergognoso e vile. Si apprende da fonte attendibile che ieri verso le 10 ad Alassio sono state sciolte per ordine del comando tedesco le Bande Nere. Risulta che gli ex appartenenti a questi reparti siano stati disarmati ed obbligati a svestirsi della divisa a causa delle malversazioni fatte patire alla popolazione".

da documenti Isrecim in Rocco Fava di Sanremo (IM), "La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945)" - Tomo II - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999
 
Il 13 gennaio 1945 un reparto dei Cacciatori degli Appennini rastrella sette giovani nella vicina borgata di Agaggio e li portano a Molini di Triora (IM) per sottoporli a processo. Tra i sette rastrellati ne scelgono tre. Questi sono condotti davanti al capitano Christin (1) e a due ufficiali dei Cacciatori e vengono condannati a morte. La sentenza viene eseguita nei pressi del cimitero del paese.
Giorgio Caudano
(1)  [ Ironia tragica della storia, Christin, del resto responsabile di altri massacri di partigiani e di civili a Molini di Triora, aveva combattuto a Porta San Paolo di Roma, episodio eclatante e fondativo della Resistenza. A quanto pare non ebbe rimorsi per le azioni da lui comandate nel ponente ligure, nè queste gli sono mai state addebitate da vecchi e nuovi granatieri. Del resto, Christin pensò bene in almeno un'occasione di uscirsene con la seguente frase, ripresa in modo acritico dalla rivista Il Granatiere (organo ufficiale della presidenza dell'Associazione Granatieri di Sardegna, n° 3 del 2017): "Il tempo trascorso per noi, gli avvenimenti succedutisi nella storia della nostra Patria, hanno smussato, nel ricordo, l’asprezza degli episodi di allora. Su tutto sembra essersi steso un velo che, pur non facendoci dimenticare nulla di quanto abbiamo patito e gioito, ha creato come un alone di leggenda attorno ai fatti allora accaduti e dei quali siamo stati valorosi e tenaci protagonisti" ]



lunedì 31 agosto 2020

Il partigiano Lionello Menini, protagonista della battaglia di Montegrande


La croce di vetta del Monte Grande - Fonte: Monti Liguri

Nei primi giorni di settembre 1944 nella I^ Zona Liguria i comandi partigiani avevano già predisposto tutte le loro formazioni per attaccare i principali centri della costa, come supporto ad un attacco alleato proveniente dalla Francia: questo era dato già per avvenuto da Radio Londra, che il 1 settembre trasmetteva: "truppe alleate sono già a 8 Km oltre frontiera in territorio italiano. Le prime formazioni partigiane hanno preso contatto con gli alleati..." (così in Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, ed. Amministrazione Provinciale di Imperia e patrocinio IsrecIm, Milanostampa, 1977).
Purtroppo la notizia si dimostrò falsa e i partigiani dovettero lottare per altri 8 mesi.
Le formazioni tedesche e fasciste, appurata la non veridicità della notizia appena descritta, organizzarono una ennesima operazione di rastrellamento ai danni dell'estremo ponente ligure: l'obiettivo era quello di accerchiare i partigiani attaccando dalla Val Prino e dalla Valle Argentina.
I garibaldini, venuti a conoscenza del piano d'attacco tedesco, appurarono che la forza nemica era enorme: circa 8.000 unità.
L'azione a vasto raggio coinvolse la I^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Silvano Belgrano" e la IV^ Brigata "Elsio Guarrini"della II^ Divisione "Felice Cascione", che aveva la propria sede comando nel bosco di Rezzo (IM).
Il giorno 4 settembre [1944] i soldati tedeschi e fascisti, avanzando da varie direttrici, "si spingono su Borgomaro, occupano la zona di Moltedo, raggiungono il paese di Carpasio e dilagano nella vale di Triora. Da Pieve di Teco si spingono su Pornassio e su San Bernardo di Mendatica" (Francesco Biga, Op. cit.).
Alle 5 del mattino del giorno successivo iniziò l'attacco nazifascista. Il passo Teglia fu il teatro dove caddero i primi garibaldini. Conquistato anche il Monte Grande, i tedeschi obbligarono i partigiani a ripiegare.
Il comando della Divisione prese allora una decisione rischiosa ma necessaria: attaccare il Monte Grande [prossimo a San Bernardo di Conio, Frazione del comune di Borgomaro (IM)].
"Mancen" Massimo Gismondi fu prescelto per questa rischiosa azione. Accompagnato da altri 12 garibaldini, riuscì a risalire il ripido pendio e prendere alle spalle i nazisti che, colti di sorpresa, fuggirono lasciando armi e munizioni sul luogo.
L'obiettivo garibaldino era stato centrato. In questo modo si poteva procedere allo sganciamento degli uomini, all'occultamento del materiale bellico e delle salmerie, in ciò anche con l'aiuto di una situazione meteorologica favorevole.
Il giorno successivo gli 8.000 tedeschi non trovarono, pertanto, i garibaldini. Questi si erano nascosti nel territorio che conoscevano bene.
Così terminò il grande rastrellamento, che aveva tuttavia causato la perdita di dieci vite tra civili e partigiani.
Cessata la tempesta, il Comando Divisionale tornò nel bosco di Rezzo a riorganizzare le proprie fila.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999

Il 4 settembre  del  44,  al  mattino  presto era arrivato dalla strada di Andagna un “prete“, cioè un  uomo vestito da prete, ed era stato fermato da tre partigiani della postazione di guardia e  accompagnato al Comando di Distaccamento, a Passo Teglia di Fenaglia, dove il comandante era Germano Belgrano (Giuda) e il Commissario era Bruno Brilla (Padoan), fratello maggiore di  Francesco. Poi  il  prete  veniva  trasferito  ulteriormente  al Comando di  brigata che si trovava a S. Bernardo di Conio sul piazzale. Lì sostavano Nino Siccardi (U Curtu), Carlo Farini (Simon), Silvio Bonfante (Cion) e il “prete” subiva uno stringente interrogatorio. Non essendo emerso nulla di compromettente, era rilasciato e riaccompagnato a Passo Teglia, quindi veniva considerato un vero prete. Nel pomeriggio  costui  essendo  sostato  a  Passo  Teglia, aveva parlato nuovamente con Bruno Brilla e gli altri partigiani di sorveglianza, potendo quindi osservare bene  dove  era  situato il  posto  di guardia del Comando di distaccamento. In realtà il prete era una spia; non scoperto, aveva informato dettagliatamente i tedeschi  della collocazione del posto di blocco a Passo Teglia. Occorre precisare che due giorni prima erano arrivati circa una quarantina di ex Sanmarchini (gruppo Menini) con  i  mortai  a  rimpinguare  il  raggruppamento  ed  una  ulteriore  ventina  di  partigiani  venivano  mandati a posizionarsi in questo distaccamento di Passo Teglia. Bruno Brilla per prudenza non ambiva dormire con i nuovi arrivati nel casone, preferiva  dormire  fuori,  all’aria  aperta  nonostante le incipienti notti fresche, riparato precariamente sotto un carro. Al mattino, alle ore cinque e trenta sentiva con stupore una breve raffica di machine pistole, armi simili non erano assolutamente in  dotazione  ai  partigiani. Infatti era accaduto che una pattuglia di tedeschi, conoscendo il luogo della postazione di guardia  (rivelata  dal  finto  prete)  erano  arrivati in pieno silenzio e avevano eliminato i tre partigiani di guardia. Padoan dava immediatamente l’allarme a tutti i ribelli presenti, che si mobilitavano rapidamente; inoltre mandava subito una staffetta a Conio al Comando Brigata per comunicare che la zona era infestata dai tedeschi. Sede ANPI di Imperia Oneglia, 31 Ottobre 2017, intervista a Francesco Brilla
Marina Siccardi, figlia di Nino Siccardi “U Curtu”, Comandante della I^ Zona partigiana Liguria. in ANPI Resistenti, ANNO XII N° 1 - aprile 2019, di ANPI Savona


[...] Dice Wan Stiller [Primo Cei, già commissario di squadra della I^ Brigata "Silvano Belgrano della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"]: "alla prima raffica eravamo rotolati giù, lungo il pendio, ma Cion (Silvio Bonfante) in piedi, aveva individuato sul Monte Grande i tedeschi, quindi aveva iniziato a sparare e li aveva impegnati subito con raffiche continue. Nel frattempo aveva chiamato Lionello Menini (Menini), comandante (1) dei mortaisti (erano degli ex Sanmarchini) che Cion aveva reclutato soltanto due giorni prima a Chiappa e a Molino Nuovo (Andora). Li aveva convinti a passare dalla  nostra  parte, questi ex  marò avevano due  mortai da 81 in dotazione. Cion interpellava il comandante degli ex soldati dicendo: fammi vedere cosa hai imparato durante l’addestramento in Germania! Menini aveva due  squadre, una di tre e una di  quattro militi che utilizzava per piazzare i due mortai nel declivio della collina. Sopra la collina c’era e c’è tutt’ora una chiesetta. I mortai dovevano essere piazzati in  posizione asimmetrica, uno sottostante all’altro, ma non sulla stessa verticale perché le vibrazioni del primo avrebbero disturbato la stabilità del secondo. Il terreno era scosceso, umido e scivoloso, ma Menini, da provetto esperto riusciva a creare con la zappa due  piattaforme piane, rinforzate verso valle con sassi e terra;  il bipiede del mortaio aveva una staffa con l’incastro per bloccare il mortaio quando rinculava. Venivano apprestati due gradini, uno sopra e uno sotto. Quello inferiore più avanti per non far scendere l’arma. I mortai erano privi del telemetro e si avvalevano di due bastoncini alti 1 metro, (le cosi dette paline) dipinti con anelli bianchi e rossi per traguardare l’oggetto  da  colpire. Il proiettile doveva essere sparato in linea retta tra la prima e la seconda palina. Menini per la prima prova aveva messo una carica supplementare per evitare errori e per valutare eventuali modifiche  da  apportare.  Eseguivauna  prova  supplementare  per i due mortai e iniziava a sparare sul nemico contemporaneamente al fuoco di Cion. Quattro partigiani erano dedicati ad un mortaio e quattro all’altro. Menini aveva magistralmente stabilito l’esatta in-clinazione della canna del mortaio,  poi ordinava: Spara!  Spara!  Si  avvertiva  così  uno  sparo  dopo  l’altro, sia del primo che del secondo mortaio in sequenza.  Quindi  nell’aria  potevano  esserci  contemporaneamente anche due o tre proiettili a seconda dell’aumento della carica. I tedeschi sorpresi  dagli scoppi  arretravano subito,  quindi bisognava aumentare potenza e gettata per allungare il tiro. Menini controllava sempre con i binocoli  la  lunghezza  e  le conseguenze del  tiro.  I tedeschi erano sconcertati, sbigottiti perché non immaginavano che  i  partigiani  potessero avere due mortai in dotazione e che fossero così precisi nei colpi sparati. Tutto avveniva in brevissimo tempo, e vista la situazione favorevole Cion pro-nunciava risolutamente la frase: ragazzi bisogna andare lassù... [...] Gli impavidi componenti delle squadre erano: Giobatta Acquarone (Fulmine), Attilio Alquati (Alquati),  Giuseppe Bergamelli (Gnek), Mario Longhi (Brescia), Primo Cei (Wan Stiller), Carlo Cerrina (Cigrè), Felice Ciccione (Felì), Bartolomeo Dulbecco (Cristo), Alfredo Giovagnoli (Alfredo il toscano), Calogero Madonia (Carlo siciliano) e Silvio Paloni Ruman). Non dovevano intralciarsi o rischiare di spararsi addosso pur essendo oggetto di tiro nemico dall’alto: se si saliva troppo velocemente c’era anche il rischio di essere colpiti dalla mitragliatrice e dai  mortai,  che  a  loro  volta  sparavano  sulla  cima. Quindi le due squadre di assalitori potevano in caso di sfortuna essere colpite dal basso (fuoco amico), ma Cion e Menini calcolavano bene e prudentemente il dislivello tra i partigiani in basso e il nemico in alto. Tenevano anche conto dei rapidi spostamenti partigiani che balzavano verso l’alto, inoltre le due squadre di 6 e 7 uomini si alternavano nella corsa anche di traverso. Quindi si incrociavano, anche se in tempi diversi, sulla  stessa  porzione  di monte: avevano perciò un occhio rivolto verso il nemico e contemporaneamente un occhio all’amico. I tedeschi sparavano verso il basso e solo verso i partigiani arrembanti. Conta delle armi dei partigiani nell’episodio: due mortai di Menini, Machine Gaver di Alquati, Machine Gaver di Brescia (che morirà a Ginestro vicino a Testico nel gennaio 1945). Presente alla lotta partigiana in un altro distaccamento, vi era anche il comandante Umberto Bonomini  (Brescia), che non va confuso con questo Brescia, cioè Mario Longhi. La battaglia durava più di due ore, con il risultato positivo di nessun ferito fra i partigiani. Menini con i mortai aveva fatto una sola prova, poi col binocolo vedeva i tedeschi che si allontanavano terrorizzati, allora aumentava la carica supplementare per il prolungamento del tiro. Forse aumentava anche il peso della carica. Tutto avveniva molto velocemente, come arma ulteriore Alfredo il toscano utilizzava un mitragliatore Saint Etienne. I partigiani salivano a zig-zag contro il sole. Gli ufficiali tedeschi venivano dalla scuola militare e  comandavano dei soldati ben addestrati. I partigiani si capivano con gli sguardi; Franco Bianchi (Stalin) e Massimo Gismondi (Mancen) avevano due mitra, fucili semiautomatici catturati ai tedeschi. Silvio Bonfante (Cion) era stato un seminarista ad Albenga, Stalin [Franco Bianchi] infermiere marinaio, Brescia soldato, Alquati soldato, Wan Stiller studente, Mancen camallo ad Oneglia. Anche un partigiano, forse Giuseppe Cortellucci (Carabinè), girava a Ruggiu, al passo della  Mezzaluna vestito da carabiniere; se lo prendevano lo uccidevano subito. La grande vittoria con la fuga dei tedeschi era maturata per la notevole bravura di Menini e dei suoi uomini; altresì grande era stata la fiducia, non gli  ordini  di Cion,  ma complici risolutivi solo gli sguardi. [...]
Questa è stata la testimonianza di Wan Stiller che io ho avuto l’occasione di raccogliere. Diano Marina 30 Ottobre 2017.
Marina Siccardi, figlia di Nino Siccardi “U Curtu”, Comandante della I^ Zona partigiana Liguria, in ANPI i resistenti, ANNO XII N° 1 - aprile 2019, di ANPI Savona
 
3 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Relazione sul rastrellamento effettuato ad Armo e a Pieve di Teco il 30 dicembre 1944, durante il quale era avvenuto l'arresto di Lionello Menini (1).
3 gennaio 1945 - Tribunale Militare tedesco - Copia della sentenza di condanna a morte (1) per i garibaldini Lionello Menini, Ezio Badano, G.B. Valdora e Lorenzo Gracco.
da documenti Isrecim in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II 

(1) Lionello Menini, nato a Chatillon (AO) il 25 ottobre 1922 (nella sentenza di morte del comando tedesco Lionello Menini risulterebbe essere nato a Siena il 25 ottobre 1919), figlio di un capostazione di Torino; è arruolato e mandato in Germania per l’addestramento. Terminato il periodo, è destinato con i suoi commilitoni in Liguria, a Laigueglia. In terra tedesca aveva appreso il vero volto del fascismo; appena rientra in Italia, come molte altre giovani reclute, ipotizza di unirsi alle formazioni partigiane. Ai primi di giugno è avvicinato dai fratelli Scarati, già attivi nella Resistenza, collegati alla “Volante” di Massimo Gismondi “Mancen” e di Silvio Bonfante “Cion”. Intravvista la possibilità di abbandonare le forze fasciste, abbraccia la lotta resistenziale. A luglio 1944 è nella squadra d’assalto del Distaccamento “Viani”, e, dopo aver partecipato a numerose azioni, tra cui la battaglia di Pievetta (CN), viene promosso capo distaccamento.
Il 17 agosto 1944 è protagonista di un conflitto a fuoco ad Ormea contro i blindati tedeschi; il 5 settembre è a Montegrande nel distaccamento “Bacigalupo”, laddove l’azione dei mortaisti di cui è a capo, è determinante per aprire un varco tra le file nazifasciste, da cui defluiscono i partigiani. A fine dicembre Menini, ammalato, è ad Armo, in Alta Valle Arroscia, dove è dislocato un nucleo partigiano dell’Intendenza Divisionale.
Su indicazione di una spia il mattino del 31 dicembre un centinaio di tedeschi provenienti da Pieve di Teco investono la zona. Alcuni garibaldini sfuggono al rastrellamento, altri (tra cui tre austriaci disertori) cadono prigionieri. Menini riesce a far fuggire due suoi uomini, esponendosi all’arresto. Portato al comando di Pieve di Teco è riconosciuto come capo partigiano. Dopo tre giorni di percosse e un processo farsa in cui confessa di essere partigiano, è emessa per lui e per altri tre partigiani della II^ Brigata d’assalto “Sambolino” Divisione Garibaldi “Gin Bevilacqua” operante nella II^ Zona ligure (due savonesi: G.B. Valdora “Ferroviere” e Ezio Badano “Zio”, e un veneto Lorenzo Gracco) la sentenza di morte. Prima di morire riesce ad inviare un biglietto al suo Commissario, Giuseppe Cognein, per informarlo che gli austriaci avevano parlato e che non era dispiaciuto di morire per una causa giusta. L’esecuzione ha luogo il 3 gennaio 1945 al Prato San Giovanni.
Lionello Menini va incontro alla fucilazione cantando la canzone “La guardia rossa”. A lui viene intitolato un Battaglione della Brigata “Nino Berio” - Divisione d’assalto Garibaldi “Silvio Bonfante”.
Proposta alla memoria di Lionello Menini  la medaglia di bronzo con la seguente motivazione: “Fatto prigioniero dai Tedeschi durante un colpo di mano contro l’Intendenza Divisionale, essendosi attardato sino all’ultimo a dare ordini, si comportava sino alla sua ultima ora con la serenità dei forti, non smentendo la sua condotta da partigiano che lo aveva elevato a stima di tutti. Oltraggiato e seviziato, non mancò mai di incoraggiare i suoi compagni di sventura. Portato al luogo dell’estremo supplizio, attraversava la via di Pieve di Teco con la testa fieramente eretta, cantando le nostre canzoni. Avvicinato nella prigionia da elementi fidati, inviava informazioni utilissime. Lo stesso nemico ne elogiò la condotta. Pieve di Teco (Imperia) 30-12-1945"
Redazione, Arrivano i Partigiani. Inserto 2. "Le formazioni di montagna della I^ e della VI^ Zona Operativa Ligure che operavano nella provincia di Savona", I Resistenti, ANPI Savona, numero speciale, 2011