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giovedì 11 agosto 2022

I comandanti partigiani Giorgio e Boris tornarono confermati nei loro incarichi

Il Castello di Alto (CN). Fonte: Riviera dei Fiori TV

Ero a Pairola [n.d.r.: Frazione di San Bartolomeo al Mare (IM)] per Natale [n.d.r.: del 1944], quando era giunta la notizia della controffensiva tedesca sul fronte belga. Le notizie come al solito erano state ingrandite, si diceva cbe i tedeschi avessero sfondato e puntassero sul mare e su Parigi che avanzassero anche sul nostro fronte ed avessero ripreso Nizza, che avessero impiegato nuove armi misteriose e decisive.
«Che farai, figlio? - mi chiese mia madre portandomi queste belle notizie - se i tedeschi vinceranno ci sarà sicuro qualche amnistia e tu potrai tornare a casa». Sentii un brivido interno. In tanti mesi non avevo mai considerato l'ipotesi di una  vittoria tedesca.
«Vedremo - risposi - non è ancora detto che vincano. Una sola cosa posso dirti fin d'ora, se dovessero vincere: a casa non ci torno, mai più. Cercheremo di sconfinare in Francia, piomberemo su Oneglia e ci impadroniremo di qualche nave per andare in Corsica, ma la resa mia e dei miei compagni non l'avranno mai». Sentivo che se non proprio tutti, la maggioranza l'avrebbe pensata come me.
Il nostro morale malgrado tutto era ancora abbastanza saldo per non considerare la possibilità di una resa. Certo, senza il bando emesso nelle vallate, molti partigiani sarebbero tornati alla vita civile, si sarebbero confusi con i giovani che lavoravano nei paesi, ma finito il pericolo, forse dopo soli pochi giorni, sarebbero riaccorsi nelle bande. Il nemico ci aveva tolto anche questa possibilità, contribuendo a mantenerci uniti, armati e vigilanti.
Il nemico fu sorpreso di non scontrarsi con uno schieramento difensivo, di non subire un contrattacco organizzato: i Cacciatori degli Appennini erano un corpo specializzato in rastrellamenti: era la prima volta, dicevano, che i  partigiani non reagivano. Un nostro contrattacco fu temuto a lungo, ciò impedì al nemico di aumentare il numero dei presidi a scapito della loro forza numerica, di operare in colonne più numerose, ma meno forti, di disperdere sentinelle e pattuglie a tutti gli incroci, sui passi, nei passaggi obbligati, occultandole e tendendoci agguati.
Il nemico comprese che i colpi che ci aveva inflitto avevano eliminato due o al massimo tre squadre e che tutte le altre nostre bande erano intatte ed inafferrabili. Non comprese la nostra tragica debolezza, la mancanza di capi, di armi e di collegamenti.
Certo che se avessimo usato di tutte le nostre forze, se tutte le bande, le squadre ed i partigiani isolati avessero sempre agito con freddezza e coraggio come i quattro di Cappella Soprana ed avessimo attaccato il nemico ad ogni occasione, avremmo potuto infliggergli duri colpi se avesse commesso l'imprudenza di lasciare nuclei esigui ed isolati. Ciò lo indusse alla prudenza e contribuì alla nostra salvezza.
Il nemico volle attaccarci contemporaneamente alla Cascione per impedire uno spostamento, un appoggio reciproco che in pratica non sarebbero stati possibili: ciò ridusse gli effettivi impiegati.
Questo il giudizio che è possibile dare del rastrellamento di gennaio, atteso da molti mesi come il colpo di grazia della Bonfante.   
In conclusione le nostre possibilità di resistenza avevano superato le previsioni.
Terminato il rastrellamento, il Comando cercò di prendere in mano la Divisione. Giorgio [Giorgio Olivero] e Boris [Gustavo Berio] tornarono dal territorio della Cascione confermati nei loro incarichi. In base a quali elementi il Comando Zona abbia operato la sua scelta non saprei dire. E' probabile che abbia tenuto conto che le difficoltà erano sorte in massima parte proprio per la decisione di Giorgio di rendere operanti le circolari e le disposizioni del Comando Zona; sostituirlo avrebbe minato per sempre l'autorità dei comandi superiori. Giorgio, Boris e Pantera [Luigi Massabò] si unirono al S.I.M. nella sede di Poggiobottaro che d'ora in avanti sarà la nuova base clandestina del Comando della Bonfante. Osvaldo [Osvaldo Contestabile], ancora malato, venne ricoverato a Meneso presso privati e sostituito da Mario [Carlo De Lucis] che, appena rimessosi dalla caduta, raggiungerà la nuova sede: l'opera dell'antico commissario del Cion [Silvio Bonfante] ci sarà preziosa.
Era necessario anzitutto formare i nuovi quadri dei comandi brigata, perché Fra' Diavolo [Giuseppe Garibaldi] ed Ivan [n.d.r.: Giacomo Sibilla, già comandante di una delle prime bande partigiane dell'imperiese, poi comandante del Distaccamento Inafferrabile] erano dimissionari da prima del rastrellamento.
Sarebbe stato però forse necessario allontanarli materialmente dalle bande dove le loro dimissioni erano considerate una pura formalità. Giorgio decise di operare direttamente e da solo per consolidare il prestigio del Comando divisionale. Andò in Val Pennavaira, ad Alto dove Fra' Diavolo ed Ivan avevano occupato il castello del conte Cepollini con una cinquantina di partigiani. Giorgio prese contatto con Turbine che lo informò degli ultimi dettagli della situazione e si incaricò di far venire in paese il [Distaccamento] Catter che da Diano era tornato alla propria base in Val Pennavaira.
Un'azione di autorità era opportuna, un'azione di forza no. Giorgio lasciò la propria pistola automatica a Turbine ed entrò nel castello solo e disarmato. Psicologicamente era superiore ai suoi avversari e lo sapeva.
Presentandosi armato avrebbe potuto provocare una reazione istintiva che avrebbe potuto avere conseguenze incalcolabili per lui e per tutto il movimento, perché un suo assassinio non sarebbe potuto restare impunito. Andando disarmato dimostrava la propria sicurezza, coraggio ed autorità ed evitava gesti inconsulti.
Trovò i partigiani, quasi tutti ex S. Marco, che seduti ascoltavano le parole di Fra' Diavolo. All'entrata di Giorgio regnò di colpo il silenzio. Giorgio ordinò: «In piedi!». Fu ubbidito. Ingiunse a Fra' Diavolo ed a Ivan di uscire e di  andare al Comando Zona a giustificarsi dal Curto [n.d.r.: Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria]. Non vi fu reazione alcuna. Gino [Giovanni Fossati] e Domatore [Domenico Trincheri] vennero chiamati a comandare rispettivamente la II e la III  Brigata e stenteranno a lungo ad imporsi alle bande, senza mai raggiungere l'ascendente e l'autorità necessari per operazioni in grande stile.
Ivan scomparve, Fra' Diavolo fu mandato in Val Tanaro con una nuova banda.
Le nomine di Gino alla II e di Domatore alla III erano avvenute all'insaputa di Ramon [Raymond Rosso]. Domatore dopo qualche tempo verrà sostituito da Fernandel [Mario Gennari].
Vi fu in Giorgio il timore che Fra' Diavolo passasse ai badogliani come era avvenuto in autunno con Pelassa [altrimenti detto Arturo Pelazza] e King Kong [Secondo Bottero], ma Fra' Diavolo era di altra pasta. Era comunista e la sua lealtà verso il Curto era indubbia. Non era uomo da portare rancore e quando vedrà che Giorgio dimostrerà buone doti di comandante di divisione, collaborerà lealmente anche con lui. Quanto alla capacità di Fra' Diavolo di esser qualcosa di più che un capobanda la dimostrerà in marzo ed  aprile, creando con i partigiani che accorreranno sotto di lui la IV Brigata «Arnera Domenico». La cosa era particolarmente difficile operando in Val Tanaro a contatto con un comandante come Martinengo [n.d.r.: appartenente agli autonomi comandati da Enrico Martini, Mauri] di indubbio prestigio.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp.166-169

Ancora nella mattinata del 20 gennaio 1945 una colonna tedesca, guidata dalla spia Boll, tentava nuovamente di catturare Ramon, Raymond Rosso, capo di Stato Maggiore della Divisione "Silvio Bonfante", già gravato dalla cattura di tutta la famiglia.
I Distaccamenti "Filippo Airaldi" della II^ Brigata "Nino Berio", "Giannino Bortolotti" della II^ Brigata, e "Giuseppe Catter" della III^ Brigata, tutte della Divisione "Silvio Bonfante", riuscivano a sganciarsi senza perdite dalla zona di Ranzo (IM), Nasino (SV), Alto CN), Aquila.
Il 21 gennaio 1945 il comandante Giorgio Giorgio Olivero ed il vice commissario Gustavo Boris Berio lasciarono la sede della Divisione "Silvio Bonfante", per provare a fare il punto della tragica situazione al comando di Zona, lasciando la formazione affidata al vicecomandante Luigi Pantera Massabò.
Il 21 gennaio la divisione repubblichina Monte Rosa occupava Casanova Lerrone (SV), Marmoreo, Frazione di Casanova Lerrone (SV), Garlenda (SV), Testico (SV), San Damiano, Frazione di Stellanello (SV), Degna, Frazione di Casanova Lerrone (SV), e Vellego, Frazione di Casanova Lerrone (SV), dopo avere già occupato il giorno prima Alto (CN), Borgo di Ranzo (sede comunale di Ranzo), Borghetto d'Arroscia (IM), Ubaga e Ubaghetta, Frazioni di Borghetto d'Arroscia (IM). A Marmoreo il nemico uccise il civile Settimio Testa.
Nei tre giorni successivi le formazioni della Divisione "Silvio Bonfante" sfuggirono ai rastrellamenti  nemici di San Damiano, Rossi, Frazione di Stellanello (SV) e Marmoreo, Frazione di Casanova Lerrone (SV).
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 - 1999

Il Castello di Alto (CN). Fonte: Riviera dei Fiori TV

Ma quello che mi indisponeva veramente erano i morti di Degolla e Bosco. Ancora oggi si cerca di darmi la responsabilità per quei morti. Glorio Gino (Magnesia) nel suo secondo volume "Alpi Marittime" riferisce che io mi difesi per quanto successo adducendo l'attenuante che gli uomini erano privi di scarpe. Ciò è completamente infondato: i Distaccamenti che eseguirono gli ordini del Comando Brigata ebbero un ferito nello scontro a fuoco a Ubaga (il povero Redaval, poi catturato e fucilato a Borghetto d'Arroscia), mentre le squadre di Bosco e Degolla, che contrariamete agli ordini si erano sistemati nei paesi, furono sorpresi nel sonno.
Avevo informato il Comando Divisione che il comandante dei partigiani di stanza a Degolla e Bosco non pernottava con gli uomini, e che questi, contrariamente alle mie disposizioni, dormivano e vivevano nei paesi. Avevo chiesto l'autorizzazione a prendere provvedimenti che mi sarebbero sembrati necessari, ma mi venne risposto che il Comando Divisione avrebbe provveduto da sé a fare rispettare gli ordini del Comando Brigata.
Poco dopo incontrai Giorgio e Boris davanti al castello di Alto (e non certamente dentro il castello come dice Gino Glorio). Alla presentazione da parte del Comandante divisionale del nuovo commissario "Boris", risposi che non lo riconoscevo come tale e per questo davo le dimissioni da Comandante di Brigata. Il Commissario mi chiese di consegnargli le armi, ma io risposi come avrebbe fatto qualunque altro partigiano nella mia situazione: no. Con Lello [Raffaele Nante, che di lì a breve sarebbe diventato il Commissario della nuova Brigata "Val Tanaro", comandata da Giuseppe Garibaldi, Fra Diavolo], Firenze [Marino Mancini] e pochi altri rimasi ad Alto.
[...] Il Vice Commissario di Brigata Calzolari e il vicecomandante avevano seguito il Comando Divisione. Ma eravamo sempre troppi, così si allontanò anche Pantera (Luigi Massabò): prima di lasciare il paese venne a salutarmi e, stringendomi la mano, mi fece i migliori auguri.
[...] Il giorno seguente, alla sera, arrivò ad Alto Viveri, un rappresentante del Comitato di Liberazione di Albenga che gà conoscevo e stimavo. Si informò di ogni cosa e mi raccomandò di non prendere decisioni affrettate. Non capii cosa avesse inteso dirmi, fino a quando non giunsero altri esponenti del CLN di Albenga e a tutti raccontai quanto accaduto.
Giuseppe Garibaldi (Fra Diavolo), Dalla Russia all'Arroscia. Ricordi del tempo di guerra, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 1994, pp. 164-166

Un vero e proprio passaggio è quello che interessa il gruppo di Arturo Pelazza. Fino alla fine di settembre [1944], la banda, che opera nella zona intorno a Ormea, fa parte delle formazioni garibaldine dell'Imperiese, presumibilmente della Divisione “F. Cascione”. Da una comunicazione di “Mauri” a Ezio Aceto, comandante della IV divisione Alpi, si evince che Pelazza ha chiesto direttamente al secondo di poter entrare a far parte delle autonome. “Mauri” non ha nulla in contrario, ma, come nel caso di “Bacchetta” e di Montefinale, agisce con prudenza nei confronti dei comandi garibaldini. Gli uomini del Pelazza possono essere inquadrati purché dichiarino che intendono passare a far parte delle formazioni “Autonome” e abbiano il nullaosta del Comando Garibaldino.
Giampaolo De Luca, Partigiani delle Langhe. Culture di banda e rapporti tra formazioni nella VI zona operativa piemontese, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2012-2013 
 
La faccenda dei nomi di battaglia è un po' lunga da spiegarsi, se uno la vuole capire bene come succedeva a quei tempi.
Un nome di battaglia o ce l'aveva di nascita o se lo guadagnava di prepotenza o se lo teneva quando glielo davano, ma non se lo poteva inventare all'atto pratico.
Così Giorgio [Giorgio Olivero], quando arrivò in banda dalla città, che nessuno lo conosceva e in montagna non l'avevano ancora visto, continuò a chiamarsi Giorgio come prima, niente da fare.
Lui parlava sempre in italiano perchè il dialetto non lo sapeva; e con quel modo di fare che aveva, si capiva bene che non era come gli altri; eppoi, avendo già fatto l'ufficiale prima dell'armistizio, con tutte quelle menate che gli avevano insegnato, di confidenza ne dava poca.
Epperò, lì dov'era capitato, non gli restituivano manco quella essendo che avevano soltanto l'istruzione elementare; ma i partigiani perdio sì che lo sapevano fare, altro che dargli il nome di battaglia.
Il fatto sta che gli uomini della Volante dove lo avevano mandato, subito non ci fecero caso; ma alla sera, quando si misero sdraiati, lo sentirono parlare mentre anche lui frugava nella paglia per dormire, e così capirono com'era. Allora il Mancen cominciò a guardargli ben bene gli scarponi, come fa uno che se li vuole misurare se gli vanno giusti per tenerseli, e non gli disse niente.
Cosicchè anche gli altri della banda, gli guardarono sul serio scarponi giubbotto nuovo braghe di panno maglia di lana, e tutto il resto che aveva e gli serviva.
Guardandogli ste cose, tenevano la lingua di fuori, quasi per provare a mettersele, e sentirsele come gli stavano.
Dalle parti di Garessio dov'erano in quei giorni, dovevano guardarsi specialmente dalle spie che ce n'era dappertutto; dovevano guardarsi bene in giro, essendo posti nuovi che non conoscevano ancora; eppertanto adesso questo qui chissà, parlando bene educato, cominciò a vedersela brutta per le occhiate che gli davano di riffa o di raffa; lo guardavano male, quando magari andavano in giro di qua o di là; e c'era sempre uno che se lo sentiva dietro le spalle.
Cosicchè e dai e dai, Giorgio cominciò a capire che prima o poi, al momento giusto si capisce fuori mano, ti vedo e non ti vedo, bona né, non se ne parla più.
Essendo a quel modo smandrappati, dopo tutti quei rastrellamenti con tutto il bisogno di vestiario che avevano, ti lascio dire com'era in quei posti, doversene andare all'avventura senza mai sapere dov'erano i nazifascisti; siccome, poi gli toccava ancora di andarsene a ramengo per chissà quanto tempo in quei posti del vaccamondo, ti lascio dire se non poteva capitare per fare più presto, che chi t'ha visto t'ha visto bona né.
Andando ancora avanti, Giorgio si accorse sempre di più delle occhiate storte che si davano, bisbigliando tra loro che lui non sentisse, sempre così.
A un certo punto, si accorse che la faccenda si metteva male; ma proprio tanto male da sembrargli impossibile seguitare a quel modo, facendo finta di niente.
Allora Giorgio con la scusa di un bisogno urgente che aveva, scantonò un poco tra il lusco e il brusco oltre la cunetta tra gli alberi; fuori tiro, si mise a camminare di corsa sempre bene al coperto, finchè arrivò al comando con l'affanno. Lì col nervoso e il mal di milza che aveva, si mise fermo sull'attenti a spiegargli com'era capitato all'improvviso con tutta quella fretta; come qualmente cioè, nonostante la diffidenza, anche sembrando troppo militare regio esercito, lui aveva tutte le carte in regola lo stesso e verificassero pure, va bene?
Ma bisognava dirglielo subito a quelli del Mancen, che anche con la diffidenza, lui non era disponibile a fare la fine a quel modo; voglio dire a quel modo sbrigativo, come aveva sentito dire in banda - uno in più uno in meno, porca la miseria non si può mica rischiare?
Dunque glielo dicessero subito al Mancen, che soltanto perchè parlava italiano con un bel paio di scarponi nuovi e un po' di panno buono addosso, non glielo doveva dire di andare al comando e chi s'è visto s'è visto, bona né.
Adesso invece lui, si sentiva sul serio un ribelle, anche parlando l'italiano; e piuttosto cercava di imparare il dialetto, mettendocela tutta per impararlo in fretta senza sbagliarsi.
- Ma brutto mondo ladro - diceva, - rimetterci la ghirba da gabibbo proprio in questo modo, assolutamente no.
Successe poi che, andando avanti col tempo e l'istruzione che aveva con un po' di pratica militare; hai voglia dire che sono tutte balle i gradi per fare i gagà, ma serve sempre, anche se uno nella naia c'è stato soltanto di complemento; e così Giorgio dopo un po', diventò il comandante dei garibaldini.
I galloni però, non se li mise subito, perchè era proibito e poi perchè bisognava fare diverso dai badogliani.
Ma venne il tempo sissignori, che gli ordini alla fine li diede lui eccome, anche al Mancen, che pure era diventato un partigiano famoso, niente da dire; li diede anche agli altri comandanti tutti in regola con i nomi di battaglia e senza, girando come un padreterno per i distaccamenti, con la sua roba buona addosso.
Girava sempre con un mascinpistole nuovo, di quelli perfezionati ultimo modello, che se l'era guadagnato proprio alla maniera giusta; e cioè se l'era andato a prendere dov'era, ed era tornato con un mucchio di sammarchini armi e bagagli munizioni muli bardature e soldi delle paghe, tutto compreso.
Dunque perdio il mascinpistole adesso gli toccava punto e basta, va bene? Gli toccava perchè lui sì che ormai il partigiano lo faceva eccome, anche senza il nome di battaglia; inutile guardarlo ancora di traverso da strafottenti, come per dire che lì c'era da fare i gagà; e poi lui in più sapeva leggere le carte militari al venticinquemila, come Pantera capo di stato maggiore. Ma gli altri, anche famosi col nome di battaglia, com'erano tutti smandrappati analfabeti o quasi, no.
Osvaldo Contestabile, Scarpe rotte libertà. Storia partigiana, Cappelli editore, 1982, pp. 72-76

martedì 10 agosto 2021

I partigiani passano più al sicuro dove lo si crede meno possibile

Caprauna (CN) - Fonte: Mapio.net

24 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 240 bis, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava che, appena ricevuto il secondo lancio alleato, aveva intenzione di reintegrare i Distaccamenti dei loro organici; che la zona destinata al secondo lancio aveva subito il 22 marzo un rastrellamento nemico; che erano state prese le misure "per fare fronte a diversi lanci ripetuti" nonostante le perplessità già espresse circa i "rischi legati ad azioni troppo ravvicinate"; che le radio richieste sarebbero state inviate al più presto.
24 marzo 1945 - Dal comando della II^ Brigata "Nino Berio" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Informava che il Distaccamento "Igino Rainis" era stato avvertito dalla popolazione di Caprauna (CN) circa la presenza di un paracadute ad oltre 2.000 metri dal campo di lancio e che il paracadute recuperato aveva recato munizioni e divise.
26 marzo 1945 - Dal Comando Operativo [comandante "Curto", Nino Siccardi] della I^ Zona Liguria al comando [comandante "Giorgio", Giorgio Olivero] della Divisione "Silvio  Bonfante" - Comunicava che per ordine del Comando Militare Unificato Regionale [CMURL] la Divisione veniva rinominata "VI^ Divisione d'assalto Garibaldi Silvio Bonfante" e chiedeva notizie sull'imminente riunione tra CLN e garibaldini.
28 marzo 1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - In considerazione del fatto che il campo di lancio scelto per la II^ Divisione offriva maggiori possibilità di ricezione per un grande lancio diurno, si reputava positivamente il fatto di trasferire per il momento parte della Divisione nella zona di lancio di Pian Rosso, mentre l'altra componente avrebbe dovuto attendere il lancio notturno già programmato [a Pian dell'Armetta nella zona di Caprauna (CN)]. Direttiva di effettuare sollecitamente il richiamato trasferimento, attesa l'imminenza del lancio.
31 marzo 1945 - Dal capo di Stato Maggiore ["Ramon", Raymond Rosso] della VI^ Divisione, prot. n° 19, al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Veniva comunicato che i preparativi per il primo lancio erano stati ottimi.
4 aprile 1945 - Dal capo di Stato Maggiore ["Ramon", Raymond Rosso] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 23, al comando della VI^ Divisione - Comunicava le modalità del secondo riuscito lancio alleato del 2 aprile 1945 a Caprauna: "alle ore 14.30 sento il messaggio. Parto in tromba, vado a Leverone e Aquila, salgo in Alto (CN) e metto tutti in moto visto che nessuno sa nulla. Passo da Fernandel [Mario Gennari, comandante della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" della VI^ Divisione], metto i suoi uomini in postazione a Passo San Giacomo, mentre dalle altre parti metto borghesi in guardia. Libero lo tengo sul campo. Meazza non viene: la staffetta borghese non l'ha avvistato. Alle 21.00 accendo i fuochi; alle 21.45, dopo essere passati 5 aereoplani, arriva il nostro. Ci fa il medesimo segnale Morse che facciamo noi, poi comincia la pioggia. Un solo apparecchio. Abbiamo tanta nebbia, però tutto procede bene. Ad un tratto danno l'allarme: hanno visto una luce. Faccio montare i bren, caricare i caricatori, idem per gli sten. I muli arrivano: sono immediatmanete caricati e spediti a Fernandel. Alle 24.00 avevamo sgomberato il campo... L'operazione é finita. Tutto ha funzionato bene... improvvisa faceva scattare l'allarme tra i partigiani. Avevo dato l'ordine di caricare in fretta i muli con gli Sten ed i Bren e le relative munizioni. Alle ore 24 il campo era completamente sgombero". Ramon concludeva chiedendo, data la penuria di armi e di munizioni, chiarimenti circa prossimi lanci. Allegava un elenco di materiale ricevuto, dove figuravano 13 mine, 200 bombe a mano, 4 Bren, 8 Sten, 19 bombe incendiarie, 17 detonatori e molte munizioni.
5 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione, prot. n° 310, al comando della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" - Emanate disposizioni per un nuovo lancio e per la condivisione, con la II^ Brigata "Nino Berio", del materiale ricevuto.
5 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione, prot. n° 311, al Comando della I^ Zona Operativa Liguria - Segnalato l'elenco del materiale ricevuto con un lancio alleato del 18 marzo: 1 mitragliatrice Breda, 9 Sten, 2 Bren e 23 sacchetti di plastico.
da documenti IsrecIm  in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

Monte Armetta - Fonte: Mapio.net

Dopo aver ricevuto due lanci aerei nella zona di Caprauna, che erano serviti a rifornire discretamente di munizioni per le armi automatiche individuali, in particolare di Sten Gun, e per i fucili delle formazioni, si dovettero evitare altri lanci nella stessa zona per la critica posizione del campo, e a causa del fatto che ad ogni lancio seguiva un attacco nemico con grave rischio per il materiale. In considerazione di ciò il Comando Operativo aveva ordinato alle due Divisioni, "Bonfante" e "Cascione", di radunarsi nella zona di Viozene. Per motivi di ordine operativo la "Bonfante" si portò nella zona con la I Brigata e mezza della II. Si sarebbero dovuti ricevere lanci in grande stile, invece, come è già stato fatto notare, i lanci furono di piccole proporzioni. Alla "Bonfante" furono destinati dieci mitragliatori Brent, una quindicina di Sten, quaranta fucili, alcune migliaia di colpi per armi automatiche, parecchi capi di vestiario. Prolungandosi il periodo di permanenza a Viozene, fu deciso alla fine di ritornare in Zona Operazioni, perché non ne valeva la pena per quanto si poteva ricevere dal cielo. Il ritorno non fu privo di rischi, poiché oltre trecento uomini con parecchi muli carichi di materiale dovettero attraversare la Statale 28 sotto Ormea, strada oramai strettamente sorvegliata. Nel viaggio verso Viozene si era attraversata la strada a Cantarana, ma i Tedeschi se ne erano accorti per cui ivi avevano messo una postazione con mitragliatrice quadrinata, pensando di impedire il ritorno agli uomini della "Bonfante". Anche questa volta i Tedeschi avevano dimenticato che i partigiani passano più al sicuro dove lo si crede meno possibile. Infatti dopo una estenuante marcia di sedici ore, uomini e materiale, munizioni e strumenti di sabotaggio ad  esplosivo, tutti i Distaccamenti furono rinviati alle loro basi con l'ordine di preparare l'attacco generale, intensificando le azioni contro il nemico. È quello che iniziarono a fare con ritmo intensissimo tutti i Distaccamenti, secondo i piani prestabiliti. Ma prima di descrivere l'offensiva finale della Divisione, riteniamo strategicamente importante riportare lo schema della dislocazione delle sue formazioni al primo aprile 1945:
Comando della Divisione Comando   Poggio Bottaro
Comando I Brigata "S. Belgrano"    Valle Merula (Andora)
Distaccamento "A.Viani"                Valle Merula
Distaccamento "F. Agnese"           Valle Steria (Cervo)
Distaccamento "G. Garbagnati"     Valle Steria (Cervo)
Distaccamento "F. Piacentini"      Valle Merula (Cervo)
Distaccamento "M. Agnese"         San Damiano (Andora)
Comando II Brigata "N. Berio"     Valle Arroscia
Distaccamento "F. Airaldi"          Valle Arroscia
Distaccamento "A. Amato"          Valle Arroscia
Distaccamento "G. Bortolotto"     Valle Pennavaira
Distaccamento "C. Brando"         Valle Pennavaira
Distaccamento  "I. Rainis"           Valle Pennavaira
Comando III Brigata "E. Bacigalupo"  Valle Pennavaira
Distaccamento "G. Catter"          Valle Pennavaira
Distaccamento "B. De Marchi"     Valle Pennavaira
Distaccamento "E. Castellari"      Valle Arroscia
Comando IV Brigata "D. Arnera"   Alta Val Tanaro  [n.d.r.: secondo altre fonti, questa Divisione ai primi di aprile 1945 veniva ancora indicata genericamente come "Val Tanaro"]
Distaccamento "M. Longhi"        Alta Val Tanaro
Distaccamento "G. Maccanò"       Alta Val Tanaro
Distaccamento "G. Carrara"       Alta Val Tanaro
Distaccamento "I. Ghirardi"       Alta Val Tanaro
Distaccamento "L. Fiorenza"      Alta Val Tanaro
Per le gravi perdite subite nel mese di marzo, il Distaccamento "M. Agnese", già comandato da Giovanni Trucco (Franco) caduto, viene sciolto e gli uomini superstiti sono distribuiti nei Distaccamenti della III Brigata. Il nuovo Distaccamento "S. Belgrano" della I Brigata assume il nome del caduto "M. Agnese". Vengono costituiti con vecchi e nuovi combattenti i Distaccamenti "A. Amato" della II Brigata, "G. Berio" e "L. Fiorenza" della IV Brigata "D. Arnera" [si veda precedente nota del redattore].
Il morale degli uomini è elevatissimo.
Il servizio informazioni partigiano (SIM) segnala che il nemico ha rinforzato le guarnigioni di Diano Marina, di Cervo, di San Bartolomeo e di Andora. Tutti i militari sono consegnati e rimangono nelle trincee da loro costruite quasi tutto il giorno. Il tempo è molto migliorato per cui si creano le condizioni per sviluppare con meno difficoltà le azioni contro il nemico, in particolare sulle strade costiere e sulla Statale n. 28 (Imperia, Pieve di Teco, Garessio). Cerchiamo ora di descrivere l'offensiva partigiana, che pensiamo rappresenti nel suo insieme l'ultima serie di attacchi contro il nemico, prima della Liberazione. Ma ciò non è stato facile e molte perdite dovranno ancora subire i civili  e i partigiani.
Mentre per cause sconosciute, il primo aprile 1945, a Pornassio i Tedeschi uccidono il civile Giacomo Frumento, e sarà l'inizio di un lungo stillicidio, il giorno stesso una squadra del Distaccamento "Brando C." attacca un pattuglione tedesco sulla Statale 28, quest'ultimo lascia sul terreno un morto e due feriti; all'alba, nei pressi di Garessio, altri partigiani, del Distaccamemto "I. Rainis" si scontrano con una pattuglia tedesca la quale perde quattro uomini; dello stesso Distaccamento, il giorno successivo a Calderara, con bombe al plastico, alcuni partigiani fanno saltare un carro tedesco trainato da cavalli.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV: Dal Primo Gennaio 1945 alla Liberazione, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005, pp. 264-266

Contributo notevole alla ripresa avrebbe apportato un secondo lancio atteso da settimane e che supponevamo importante. Se poi, come si diceva, parecchi lanci si fossero susseguiti ogni notte, ed uno forse era già avvenuto ai primi di aprile, in breve l'armamento sarebbe stato formidabile e ciò avrebbe semplificato molti problemi.
Dove sarebbe avvenuto il lancio più grosso? A Caprauna? Era probabile, chè non c'erano altre zone sotto il nostro controllo che si prestassero per tale operazione; pure, dopo l'inutile attesa della terza decade di marzo, si andava diffondendo la voce che il Comando avrebbe provveduto altrimenti.
Ai primi di aprile il Comando divisione riunì quasi metà degli effettivi della Bonfante: una squadra per ogni banda della I Brigata e partì per ignota destinazione: aveva così inizio l'operazione L2.
Opinione comune a sud della Val d'Arroscia era che il secondo lancio sarebbe sceso ancora in Val Pennavaira perché le colonne di muli erano partite verso Nord.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, p. 229
 
Il mese di aprile 1945 si aprì per i tedeschi con un  prolungato allarme per il da tempo temuto sbarco nemico, dato che sul litorale erano stati avvistati diveersi natanti alleati.
I comandi nazisti irrigidirono la disciplina, consegnarono le truppe in caserma, addirittura nelle zone di Diano, Cervo ed Andora fecero dormire gli uomini nelle gallerie usate anche come depositi di munizioni. Fecero continuare i lavori di fortificazione dei presidi e ne fecero iniziare di nuovi, come per il posto di vedetta sul torrente Impero ad Imperia o per lo sbarramento anticarro sul ponte San Pietro a Diano Marina.
In caso di sbarco ostile le forze germaniche avrebbero abbandonato la costa per dirigersi su Ormea (CN) e poi nelle Langhe dove, easurita l'ultima resistenza, si sarebbero arrese agli alleati.
Dal 1° aprile e nei giorni successivi dai presidi di Cervo e di Pontedassio drappelli di soldati tedeschi incominciarono a dirigersi verso il Piemonte lungo la strada n° 28, dopo avere tagliato la linea telefonica, e smontato e poi caricato su mezzi ippotrainati centraline telefoniche e batterie antiaeree.
Il 1° aprile al comando di "Tamara" una squadra del Distaccamento "Igino Rainis" del Battaglione "Ugo Calderoni" della II^ Brigata "Nino Berio" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" uccideva in un'imboscata 4 soldati tedeschi a Garessio (CN)
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I

Andora (SV) - Fonte: Mapio.net

1 aprile 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 123, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed al comando della VI^ Divisione - Segnalava, rispetto al corso, di cui aveva già fatto cenno in un precedente rapporto, per la preparazione delle spie, istituto dalla Gestapo, che il medesimo era iniziato a metà marzo 1945, diretto dal capitano Maranzano; che partecipavano al corso Antonio Bracco, Gennaro Iacobone e Marchetti; che gli idonei al corso si sarebbero, poi, dovuti infiltrare nell'esercito alleato e prendere collegamenti con i tedeschi già insinuatisi in quelle file. Comunicava, inoltre, che la strada n° 28 era nelle mani dei tedeschi fino ai Ponti di Nava; che ad Aquetico i tedeschi avevano adibito molti uomini a lavori di trinceramento e di costruzione di fosse anticarro, che ad Andora (SV) l'Orstkommandatur aveva ceduto il posto a 30 repubblichini.
1 aprile 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 123 bis, al comando della VI^ Divisione ed al CLN di Alassio (SV) - Segnalava che il comando del Fascio Repubblicano era in possesso di un elenco di partigiani, consegnato dal maresciallo Gargano alle autorità repubblichine di P.S. e poi al Fascio e forniva i 29 nomi dei mentovati partigiani perché il CLN potesse avvertirli.
1 aprile 1945 - Da "Livio" [Ugo Vitali] responsabile S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della VI^ Divisione - Riferiva che ad Andora (SV) erano giunti 5 uomini, di cui forniva descrizioni fisiche e nomi, con il compito di indagare sui patrioti; trasmetteva le parole d'ordine del nemico valide per tutta la Liguria dal 1° al 16 aprile; comunicava i nomi di 3 soldati ricercati dai repubblichini in quanto disertori; avvertiva che due individui, appartenenti alle Brigate Nere e che parlavano bene francese, inglese e tedesco, erano partiti per la montagna con lo scopo di infiltrarsi tra i partigiani.
2 aprile 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della II^ Brigata "Nino Berio" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della VI^ Divisione - Nella relazione si affermava che nella notte precedente i soldati tedeschi avevano interrotto la strada in Località Fontana Calda tra Martinetto e Castelbianco (SV)...
3 aprile 1945 - Dalla Sezione S.I.M. della VI^ Divisione, prot. n° 126, al comando della VI^ Divisione - Si segnalava l'individuazione della spia Rina Boero a Gazzo [Frazione di Erli (SV)].
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II