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domenica 19 marzo 2023

Pare che in prossimità di Cesio i partigiani abbiano iniziato un'azione contro i Muti

Cesio (IM). Fonte: mapio.net

Per ritorsione e per vendicare i compagni caduti, il 4 ottobre 1944 attaccammo il caposaldo nemico di Cesio.
Insieme ad alcuni altri, il mio compito era quello di trasportare a spalle una mitragliatrice pesante con relative munizioni. Camminammo da Colle San Bartolomeo fin quasi al paese di Caravonica da dove era possibile battere il presidio nemico di guardia ad un ponte minato. Ma il nemico era ben protetto e il nostro attacco ebbe scarso successo.
Sandro Badellino, Mia memoria partigiana. Esperienze di vita e vicende di lotta per la libertà di un garibaldino imperiese (1944-1945), edizioni Amadeo, Imperia, 1998  

Bisognerà muoversi, tenere moralmente i distaccamenti in efficienza bellica e, oltretutto, vendicare nel modo più efficace i compagni caduti nell'imboscata di Pieve di Teco.
Il 2 ottobre 1944, presa la decisione di attaccare il presidio nemico di Cesio composto da circa quaranta uomini, brigate nere del battaglione «Muti», uccisori dei compagni di Nino Berio, viene studiato nei minimi particolari il piano di annientamento (per spazzare quel triste covo), partendo dalla considerazione che il presidio in avamposto, molto isolato, distava all'incirca sette chilometri da quello più vicino di Chiusavecchia.
Appostata una squadra a sud di Cesio sulla statale 28 per bloccare eventuali rinforzi nemici proveniente da Chiusavecchia, altre squadre avrebbero portato un attacco concentrico al paese, supponendo che in esso e alla periferia fossero dislocate le postazioni nemiche. A forze pari il fattore sorpresa avrebbe dovuto giocare a favore dei partigiani, scelti tra i più coraggiosi della brigata.
Lasciata Piaggia alle ore 8, trentasei garibaldini del distaccamento d'assalto «G. Garbagnati» e una squadra del battaglione «Nino Berio» unitamente al vice comandante di divisione «Cion» [Silvio Bonfante], al vice comandante di brigata «Mancen» [Massimo Gismondi] ed al commissario «Mario» [Carlo De Lucis], giungono a Pieve di Teco nella mattinata del 3 ove procedono ad una retata di spie e pernottano nel paese.
Però la spia annidata nel Comando partigiano riesce ad informare del prossimo attacco i fascisti di Cesio che nel corso della notte raddoppiano gli effettivi. Conosciuto il fatto e la fallita sorpresa, «Cion» decide di attaccare ugualmente: è nel suo stile.
Prima dell'alba del giorno 4 i garibaldini partono verso Cesio. La marcia di avvicinamento si compie senza ostacoli ma termina con alquanto ritardo sul previsto.
Ormai è già chiaro ad oriente quando i partigiani si accingono, col fiato grosso per la marcia affrettata, ad appostarsi.
Dal colle San Bartolomeo si staccano due squadre: una di cinque uomini con una mitragliatrice pesante va a piazzarsi a sud del paese per stroncare un eventuale invio di rinforzi da Chiusavecchia e per battere contemporaneamente, con più ampio respiro, tutta la zona. L'altro nucleo cala su Cesio bloccandone la periferia. Nel contempo il grosso delle forze, raggiunto il passo omonimo e divisosi in tre squadre, piomba dai tre lati sopra il ponte rotto.
«Cion» urla (altra sua romantica qualità di guerrigliero latino): "Fascisti... siamo i compagni di Nino... siamo venuti a vendicarlo... difendetevi ...fuoco!" <1.
L'azione ha inizio con una mitragliatrice pesante «Breda», tre «Machinen-Gravers», due «Saint-Etienne», tre lanciagranate ed alcune armi automatiche individuali.
Sono le 7,30 precise; all'urlo di «Cion» i fascisti, che stanno facendo colazione e l'alza bandiera, capiscono e riescono a dileguarsi tra gli alberi di ulivo. Il fuoco inizia violentissimo, i garibaldini scendono all'attacco benché la conformazione della vallata impedisca loro di battere con precisione l'accampamento nemico ove regna panico e disorientamento.
In un primo tempo il fuggi fuggi tra i fascisti, che lasciano sul terreno un morto ed un ferito grave (il comandante del presidio ten. Lo Faro), é generale <2.
I loro baraccamenti sono crivellati e sconvolti dalle raffiche dei mitragliatori, dalle bombe a mano e dai colpi ben piazzati dei lancia granate.
Frattanto, raggiunte a fatica le loro vantaggiose posizioni, i «Muti» aprono un fuoco intenso con due mitragliatrici pesanti «Fiat», alcuni mitragliatori, fucili e mortai da 45 mm.
La lotta dura circa due ore; tra gli spari si odono gli ordini e le invettive dei comandanti nemici: "Raggiungi il «Sant-Etienne»". "Non posso, signor tenente, mi tirano addosso", poi le vecchie canzoni di lotta «Fiamma Nera» e «Giovinezza», echeggiano nella vallata tra gli ulivi e le raffiche di mitragliatrice, poi ancora insulti ed invettive: "Tirate meglio... fatevi sotto, fatevi vedere se avete del fegato" <3.                                                                              
Il nemico, convinto di essere circondato da forze preponderanti, resiste con tutta la sua disperazione, consapevole della sorte che l'attenderebbe se venisse sopraffatto.
È una lotta mortale; i garibaldini sparano con cieco furore, il pensiero dominante é vendicare Nino e gli altri compagni.
Però venuta a mancare per le ragioni suddette la sorpresa, il fuoco incrociato delle armi del nemico rende problematico e oltremodo temerario un assalto. Sarebbe follia e morte certa, tanto più che non si conosce con precisione l'esatta ubicazione delle postazioni nemiche. Nonostante ciò qualcuno vorrebbe tentarlo. Però non resta che la determinazione di continuare un violento duello di logoramento col nemico.
In questa fase dello scontro vengono uccisi alcuni brigatisti neri compreso un borghese delatore, alcuni altri rimangono feriti. Nessuna perdita da parte garibaldina <4.
Intanto richiamati dagli spari, giungono rinforzi autocarrati al nemico da Chiusavecchia.
Le squadre partigiane data l'esiguità delle loro forze, ritenendo foriera di perdite la tattica di snidare i «Muti» dalle loro munite e difficili postazioni, risalgono a Cesio ove compiono pulizia di tutto ciò che é segno di collaborazione e aiuto ai fascisti <5.
Viene sequestrato, tra l'altro, il materiale di cucina che serviva per l'alimentazione dei «Muti» (marmitte, pentole, viveri ecc.) e completamente requisita o resa inutilizzabile la dotazione di un albergo che usava ospitare i fascisti e i loro famigliari (materassi, coperte, effetti, ecc.).
I fascisti giunti di rinforzo riescono a tagliare fuori del grosso una squadra del distaccamento «Marco Agnese» comandata da «Trucco» che, però, infiltratasi tra le maglie nemiche, miracolosamente raggiunge i compagni oltre il colle San Bartolomeo.
Il tenente Lo Faro, ferito, ordina ai suoi uomini di andare in paese per prelevare alcuni ostaggi da fucilare; la sentenza non viene eseguita ma sono fatte saltare alcune case e fienili ed é catturato un giovane presunto partigiano. L'azione non ha dato i risultati sperati. Il gruppo, ad eccezione del comandante «Boscia» <6 che con otto garibaldini rimane a Pieve di Teco per ragioni di servizio, nel tardo pomeriggio raggiunge Mendatica ed il giorno 5 perviene a Piaggia, mentre il distaccamento «F. Airaldi» riprende posizione nella casermetta del Tanarello.
Intanto il 5 di ottobre «Simon» [Carlo Farini] aveva avuto un colloquio con Giovanni Parodi (Michele) membro del Triunvirato Insurrezionale per la Liguria delle brigate Garibaldi, e con Baldini (Matteo) segretario della federazione del P.C.I. di Imperia e addetto ai collegamenti con la città, in cui si era discusso sulla formazione delle Giunte Popolari, presenti i candidati Sindaci di quasi tutti i Comuni della valle Impero.
Il 6 di ottobre riuniva in due casoni posti di fronte a Carpasio il Comando della IV brigata e tutti i comandanti e i commissari di distaccamento per discutere le cause che avevano determinato i precedenti sbandamenti garibaldini in seguito ai rastrellamenti nemici ed il ripiegamento in alta montagna (Piaggia) della I brigata.
Nel contempo emanava direttive per una maggiore disciplina ed un più stretto contatto tra i distaccamenti ed il comando e disponeva che la IV brigata rimanesse sulle sue posizioni (funzioni di collegamento tra la costa e l'alta montagna).
Nel pomeriggio il vice commissario della I brigata Osvaldo Contestabile (Osvaldo) era nominato commissario della V brigata ed il garibaldino Beniamino Miliani (Miliano) assumeva l'incarico lasciato libero da «Osvaldo».
Finite le riunioni, «Simon» rientrava al Comando divisione a Piaggia incalzato dalle notizie del rastrellamento tedesco iniziato nella valle Argentina e a Pigna contro la V brigata e del ripiegamento di questa sulle posizioni della I. A causa di questi precipitosi spostamenti a piedi o a dorso di mulo, «Simon» si ammalava di broncopolmonite. Il 12 di ottobre sembrava segnare un inizio di miglioramento, ma era mera illusione.
[NOTE]
1 Dal diario di Gino Glorio (Magnesia).
2 Dal diario di Luigi Massabò (Pantera).  
3 Dal diario di Gino Glorio (Magnesia).
2 Dal diario di Luigi Massabò (Pantera).                                            
4 Le perdite inflitte al nemico risultano nella relazione n. 330 di protocollo, del 4.10.1944, inviata dallo Stato Maggiore al Comando divisionale nel pomeriggio stesso della giornata dello scontro.
5 Nelle postazioni «Muti» di Cesio si trovava tutto il marciume della gioventù fascista e filotedesca della riviera, da Oneglia a Ventimiglia. Da lì partivano le rappresaglie contro i civili, le azioni di disturbo ed i rastrellamenti effettuati nelle zone adiacenti.
6 Il comandante Franco Bianchi (Stalin) aveva anche il nome di battaglia «Boscia».

Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. La Resistenza nella provincia di Imperia da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza di Imperia, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977, pp. 141-144 

3 ottobre 1944
Questa notte forti contingenti di partigiani, provenienti dai pressi di Acquetico, sono transitati per Pieve di Teco, diretti versi il Colle S. Bartolomeo.
A quanto si vocifera, pare che in prossimità di Cesio i partigiani abbiano iniziato un'azione contro i Muti. Intanto è da ieri che Pieve è bloccata dalla parte di Imperia.
Questa mattina, con una macchina da turismo proveniente da Albenga, sono giunti sei o sette tedeschi per la misurazione dei ponti demoliti.
Sono le 18 e non si sa ancora niente di preciso circa ciò che sia accaduto verso Cesio.
Sono le 5 e si lancia «la grida» che, per ordine del Commissario Prefettizio, il coprifuoco è stabilito dalle ore 8 di stasera alle 5 di domani; il lanciatore proclama: «Le pattuglie spareranno su tutti quelli che dopo le ore 8 si troveranno fuori di casa».
Queste pattuglie sono formate da patrioti e tale grida l'hanno fatta lanciare per loro maggiore sicurezza.
Questi partigiani a Cesio hanno combattuto dall'albafino alle ore 10.
- All'una erano già a Pieve.
4 ottobre 1944
Si dice che nel combattimento svoltosi ieri a Cesio i repubblichini abbiano avuto perdite assai gravi e che in parte sono state danneggiate dal fuoco parecchie case - Però sono sempre notizie incerte. Mentre scrivo parecchi di questi partigiani vanno in cerca di uomini per farli andare alla Paperera al di là del ponte rotto ove, trovandosi un camion con un carico di viveri, vorrebbero farlo trasbordare per Pieve.
E tutto per non lasciarlo proseguire per Vessalico ove sono una quarantina di tedeschi al lavoro per la ricostruzione di quel ponte.
Questa notte io e mia moglie abbiamo pernottato nel Barcheto nella villa.
Questa decisione fu consigliata dallo strano caso delle cose incombenti e per assicurare tranquillità a mia moglie che vive sempre sotto l'incubo della drammatica notte del mio arresto.
5 ottobre 1944
L'azione a Cesio ha effettivamente dato luogo a rappresaglie da parte tedesca.
Si dice che in Vessalico siano giunti altri tedeschi di rinforzo per affrettare la riparazione del ponte.
6 ottobre 1944
Giornata d'acqua a dirotto - L'Arroscia è in piena e tutti si augurano che cresca maggiormente onde ostacolare ai tedeschi le riparazioni ai ponti - Si nota fin da stamattina un'insolita attività di patrioti: ve ne è una vera invasione.
L'acqua ha diminuito di intensità, ma piove sempre.
Manca totalmente la farina - Oggi si è ancora distribuito un etto e mezzo di pane procapite, ma si dice che domani non sarà più possibile alcuna distribuzione.
Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, tip. Dominici Imperia, 1994,  pp. 123,124

domenica 12 febbraio 2023

Un giovane della provincia di Bari fucilato da partigiano a Sanremo

Fonte: Giuseppe Basile, art. "Leggi Noci" cit. infra

Ancora il 12 febbraio 1945 a Sanremo presso Villa Junia vennero uccisi mediante fucilazione i garibaldini Renato Borgogno (Caminito), Francesco Donchio (Franz) [n.d.r.: nuove fonti sostengono che si trattava di Francesco D'Onghia; altri documenti partigiani sostengono che fosse stato fucilato sempre a Sanremo, ma il 2 marzo 1945], mutilato ad un braccio, e il civile Silvestro Polizzi.
I loro corpi finirono in una fossa comune. Sulla tragica fine di 'Franz' dalla Memoria del partigiano Gian Cristiano 'Gianburrasca' Pesavento (conservata nell'archivio ISRECIm sez. III cartella 24 bis) si apprende che "era privo di una mano. Così gli aguzzini gli strapparono i vestiti, finchè il moncherino non fosse scoperto e su quel moncherino infierirono con una frusta".
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945). Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste,  Anno Accademico 1998-1999 

Francesco D'Onghia. Fonte: Giorgio Caudano, op. cit. infra

Francesco D’Onghia dal giugno 1944 alla morte presta servizio effettivo come partigiano combattente nel III° battaglione della IV^ brigata “E. Guarrini” della II^ divisione d’Assalto Garibaldi “F. Cascione”. D’Onghia viene catturato con altri due garibaldini nei pressi di Pompeiana (IM) e sottoposto invano a torture perché fornisca informazioni sui suoi compagni. Così il 12 febbraio 1946 a Sanremo (Villa Junia) viene fucilato insieme al civile Silvestro Polizzi ed al partigiano Bergogno Renato (Caminito).
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, ed. in pr., 2020

[ n.d.r.: altri lavori di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944) (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016

Elenco delle vittime decedute
Borgogno Renato (nome di battaglia “Caminito”) fu Giobatta, nato a Sanremo il 24.11.1924, anni 20, tapezziere, Partigiano, Com.te Squadra (II Div. “F. Cascione” V Brig.) dal 15.04.1944 al 12.02.1945 n° dichiaraz. Integrativa 3218, fucilato a Villa Junia il 12.02.15.
D'Onghia (Donchio) Francesco (nome di battaglia “Franz”) di Domenico, nato a Noci (Bari) l'1.02.1923, anni 21, contadino, Partigiano, (II Div. “F. Cascione” V Brig.) dal 18.06.1944 al 2.03.1945 n° dichiaraz. Integrativa 19396,
[...] Nel giorno 12 febbraio 1945 a Sanremo (villa Junia) vengono fucilati i garibaldini Francesco Donchio (Franz) (trattatasi di D'Onghia Francesco) mutilato ad un braccio, Borgogno Renato (Caminito) e il civile Polizzi Silvestro. I loro corpi finiscono in una fosse comune.
da Vol. IV “Storia della Resistenza Imperiese di F. Biga pag. 172 e da Memoria del partigiano G. Pesavento conservata nell'archivio ISRECIm sez. III cartella 24 bis
[...] Monumenti/Cippi/Lapidi:
Edicola in marmo: lapide in marmo riferita a rastrellamento e fucilazione (del 24.01.45 e 12.002.45) iscrizione:ba perenne ricordo dei Garibaldini (inseriti anche i nomi dei 2 partigiani e del civile) ... che al sacro ideale della libertà immolarono le loro vite generose vittime del furore nazifascista ….. - situata in Corso Inglesi a Sanremo
Edicola in laterizio: lapide in marmo riferita a fucilazione (del 24.01.45 e 12.002.45) (inseriti anche i nomi dei 2 partigiani e del civile - Edicola in marmo: lapide in marmo riferita a rastrellamento e fucilazione (del 24.01.45 e 12.002.45) iscrizione: a perenne ricordo dei Garibaldini (inseriti anche i nomi dei 4 partigiani di Baiardo) ... che al sacro ideale della libertà immolarono le loro vite generose vittime del furore nazifascista ….. - situata in Corso Inglesi a Sanremo
Edicola in laterizio: lapide in marmo riferita a fucilazione (del 24.01.45 e 12.002.45) (inseriti anche i nomi dei 4 partigiani di Baiardo) - Situata presso Villa Junia - Sanremo) - Situata presso Villa Junia - Sanremo. [...] Commemorazioni
Ogni anno nei primi giorni di marzo l'ANPI sez. di Sanremo organizza una commemorazione presso Villa Junia per ricordare i caduti del 24.01.45 e del 12.02.45.  

Roberto Moriani, Episodio di Villa Junia, Sanremo, 12.02.1945, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia

Come ha avuto modo di scrivere anche il professor Vito Antonio Leuzzi, presidente dell’IPSAIC (Istituto Pugliese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea) di Bari, la Puglia, subito dopo la Sicilia, è stata la regione del Sud con il maggior numero di partigiani caduti in combattimento, fucilati e deportati. Gli aderenti alla lotta di liberazione, originari della Provincia di Bari furono oltre cinquecento, il numero più alto tra le provincie meridionali. Anche Noci ha contribuito alla Liberazione dell’Italia dai nazi-fascisti. Tra i partigiani nocesi vi è Francesco D’Onghia: la militanza partigiana e le sue notizie biografiche, che saranno illustrate durante l’incontro del 26 settembre, sono venute alla luce soltanto recentemente.
Giuseppe Basile, Settembre in Santa Chiara: Franz. Il partigiano Francesco D'Onghia, Noci Gazzettino, 25 settembre 2019

[...] Francesco D’Onghia. A quest’ultimo dal 31 luglio 1984 è intestata una strada nell’abitato di Noci, nonostante all’epoca si avessero solo frammentarie e imprecise notizie circa la drammatica vicenda dello sfortunato nocese. Grazie a recenti ricerche effettuate anche da una pronipote, Marica D’Aprile, sono ora disponibili maggiori notizie sul nostro sfortunato e valoroso concittadino.
Francesco D’Onghia nasce a Noci da Domenico e Anna Pugliese. Contrae matrimonio il 15/11/1942 nella chiesa di S. Maria Assunta di Valsinni (Matera) con la diciannovenne casalinga valsinnese Rosa Montemurro. Francesco sembra avviato, come tanti coetanei, a una vita di lavoro e sacrifici per mantenere la sua famiglia con il duro e onesto lavoro di contadino, come riportato in alcuni documenti, e/o di carbonaio, come dichiarato nell’atto di matrimonio. Durante il secondo conflitto mondiale viene però chiamato alle armi. Al momento del proclama dell’armistizio dell’8 settembre 1943 egli è in servizio nella 2a Compagnia di Sanità presso l’ospedale militare di Alessandria.
Il giovane Francesco, approfittando dello sbandamento generale, potrebbe abbandonare le armi e tornarsene a casa, come fa la maggior parte dei soldati, oppure aderire all’Esercito nazionale repubblicano; invece, per un’innata aspirazione alla libertà, preferisce avvicinarsi alle prime spontanee formazioni partigiane, nelle quali assume il nome di battaglia di “Franz”, e prendere parte attiva alla Resistenza e alla lotta di liberazione.
È documentato che dal 18/6/1944 alla morte presta servizio effettivo come partigiano combattente nel III battaglione della IV brigata “E. Guarrini” della II divisione d’assalto Garibaldi “F. Cascione”. Il 24/1/1945 durante uno scontro con i nazi-fascisti è catturato presso Pompeiana (Imperia) e sottoposto invano a torture perché fornisca informazioni sui suoi compagni garibaldini. In precedenza era stato gravemente ferito, presumibilmente in uno scontro con il nemico, tanto che gli era stata amputata la mano o parte del braccio sinistro [...]
Giuseppe Basile, Il partigiano nocese Francesco D’Onghia che perse la vita per la libertà, Leggi Noci, 25 aprile 2020

Secondo alcune fonti Franz è fucilato il 12/2/1945 a Villa Junia, presso Sanremo. Un testimone ricorda che egli “era privo di una mano. Così gli aguzzini gli strapparono i vestiti finché il moncherino non fosse scoperto e su quel moncherino inferirono con una frusta”.
In altri documenti, tra i quali l’atto di morte trascritto presso il Comune di Valsinni, è riportata la data di morte del 2/3/1945.
La famiglia di Francesco D’Onghia è informata della morte del congiunto dal comando del terzo battaglione della brigata “E. Guarrini” il 22/5/1945 con la seguente comunicazione:
“È col più vivo rimpianto che dobbiamo annunciarVi che il caro Compagno FRANCESCO ci ha abbandonato quando già ci arrideva la vittoria.
Ha appartenuto fin dai primi giorni del Giugno 1944 alle nostre formazioni ed ha dato prova di un’onestà e sagacia tali da essere stimato e amato da tutti i Superiori come un vero fratello.
È caduto, colpito dal piombo del nemico nazi-fascista, dopo lunghi giorni di prigionia sopportati con uno stoicismo tale che il nemico stesso dovette ammettere di aver giustiziato un Eroe.
Il vile nazi-fascista non è riuscito a piegare la sua volontà ed egli, pur di fronte alla morte, seppe conservare, dignitoso e sprezzante, la calma dei forti.
Tutti i Garibaldini del III Battaglione rimangono a Voi uniti nel dolore e nel proposito di vendicare il Compagno gloriosamente Caduto per un Ideale di GIUSTIZIA E LIBERTÀ”.
I resti mortali di Francesco D’Onghia quasi certamente riposano in pace nell’ossario del Sacrario dei Caduti partigiani del cimitero di Valle Armea in Sanremo, dove a cura della sezione sanremese dell’A.N.P.I., il suo nome è stato aggiunto in calce ai nominativi già esistenti.
Il nome di Francesco Donchio è riportato anche, con quelli di altri partigiani, su una lapide in un’edicola situata in Corso Inglesi presso Villa Junia a Sanremo.
Nel 1984 il Consiglio comunale di Noci intesta a Francesco D’Onghia l’ultima traversa a destra di via Tommaso Siciliani, prima dell’ingresso al Parco giochi.
Giuseppe Basile, Franz, il partigiano Francesco D'Onghia, Noci24, 24 settembre 2019

sabato 9 luglio 2022

Il 2 febbraio 1945 erano stati arrestati 10 giovani, forse appartenenti alla banda dell'avvocato Buzzi

Sanremo (IM): una vista sul Porto Vecchio

Il I° febbraio del 1945 Emilio Mascia (Mimosa), responsabile del Sim (Servizio informazioni militari), concluse la sua relazione sull'avvocato Buzzi di San Remo, persona, quest'ultima, entrata in contatto, verso fine novembre del '44, con gli ambienti legati alla Resistenza, come riferisce lo stesso "Mimosa" nella parte iniziale della sua inchiesta: "Come è noto l'individuo in intestazione generalizzato iniziò a farsi notare nell'ambiente sanremese del movimento di liberazione nazionale nella prima quindicina del novembre scorso, quando lo scrivente, per supposti convegni che lo stesso Buzzi avrebbe avuto con elementi antifascisti inviati, secondo incontrollate indiscrezioni, da Genova per promuovere sul posto un piano di riorganizzazione dell'antifascismo sanremese, ebbe ad occuparsi in modo particolare del caso di cui trattasi".
Per la precisione, il primo documento in nostro possesso in cui viene menzionato l'avvocato Buzzi è datato 28 novembre 1944 e porta la firma del segretario del Cln di San Remo, Mario Mascia (Cammeo). L'oggetto della lettera (inviata al Comando della IV Brigata e per conoscenza al Comando della Divisione "Cascione") tratta di informazioni generali sul dottor Samà, alias avvocato Buzzi: «Circa questo signore, che si firma anche avvocato Buzzi e che si serve di altri individui, quali l'Abbondanza Mario, di cui ad un vostro precedente rapporto trasmessoci per competenza, le informazioni che abbiamo potuto raccogliere sul suo conto sono molto imprecise. Parrebbe che, prima dell'8 settembre abbia fatto parte dell'Ovra: certo è che non si conoscono esattamente i suoi mezzi di esistenza, pur vivendo egli abbastanza agiatamente senza avere un'occupazione. Nelle scorse settimane il Samà si è interessato, per conto di elementi probabilmente badogliani e legati alla monarchia, di costituire illegalmente organizzazioni. Lo abbiamo diffidato, poiché il nostro lavoro risulta intralciato dalla sua azione. In un secondo momento, poiché egli era in rapporti con il compagno "Pucci" e sembrava intenzionato a fornire indicazioni, peraltro abbastanza note, gli abbiamo consigliato di tenersi in contatto con il compagno "Pucci", fornendo a noi, essendo egli nella zona di nostra competenza, le informazioni di cui egli possa venire a conoscenza. In ogni modo, almeno per il momento, vi raccomandiamo di diffidare di lui, ordinandogli, in ogni caso, di tenersi in contatto col nostro Sim attraverso il compagno "Pucci".»
Romano Lupi, L'attività del Comitato di liberazione nazionale di San Remo nel 1944-1945 e il mistero de "La Giustiziera", Bollettino di Villaregia, Comunità di Villaregia, Via N. Bixio 69, Riva Ligure (IM), XIII-XIV- XV (2002-2003-2004) NN. 13-14-15 
 
Nei giorni immediatamente successivi all’8 settembre 1943 un gruppo di cittadini sanremesi guidati dal dottor Giovanni Cristel, coadiuvato da Antonio Canessa e Alfredo Esposito, raggiunsero un accordo con il maggiore Ferrari e il dottor Samà per poter prelevare armi e munizioni dal Presidio di via Lamarmora, che era stato abbandonato dai militari il 9 settembre, mentre altri armi furono asportate da un deposito di corso Garibaldi e consegnate a Michele Silvestri, che faceva parte di un gruppo operante a Verezzo, da dove sarebbero state riportate in città con la collaborazione del già ricordato Canessa, il quale le fece portare in un luogo più sicuro per evitare che finissero nelle mani di tedeschi o fascisti.
Nel corso del 1944 il già citato partigiano Michele Silvestri (Milano), coadiuvato anche dalla giovanissima figlia Dilanda, organizzò i primi gruppi di resistenza a Verezzo, dove costituì una propria banda, facente parte dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica), che il 1° ottobre 1944 sarebbe stata inclusa nelle formazioni cittadine SAP.
Durante la guerra di Liberazione il distaccamento GAP di Verezzo operò diversi colpi di mano grazie ai quali furono recuperati denaro, indumenti e viveri poi inviati alle formazioni partigiane di Gino Napolitano e Vincenzo Orengo.
Da segnalare inoltre che il 4 dicembre 1944, nei pressi di Verezzo, un gapista uccise un soldato tedesco che voleva arrestarlo.
(fonti: testo di Andrea Gandolfo...)
Redazione, Storia di Verezzo, Sanremo. Storia e Tradizioni 
 
Nel frattempo Avogadro, in veste di collaboratore dell’intelligence britannica, per allacciare col Piemonte un servizio informativo alle dipendenze degli inglesi si era recato in Liguria, dove l’Arma «aveva perso molto terreno in seguito alla condotta degli ufficiali di quella Legione che in massa avevano aderito alla repubblica» <14. Riconoscendo improba l’impresa di impiantare un’organizzazione clandestina, per le sue forze e per la limitatezza delle sovvenzioni, riuscì a raggruppare una cinquantina di carabinieri nella zona tra Imperia e Sanremo, affidati alle cure del pretore di Taggia, il giudice Alessandro Savio, insieme al quale incontrò un comandante di una banda in costituzione (probabilmente Michele Silvestri “Milano”, comandante del distaccamento Gap di Verezzo, confluito poi nelle Sap di Imperia), ma i contatti con gli uomini di questo territorio furono saltuari per il resto della guerra.
Enrico Pagano, “A favore dell’Arma”. L’attività nel periodo clandestino di Rodolfo Avogadro di Vigliano, questore di Vercelli nominato dal Cln, l’impegno, a. XXXV, nuova serie, n. 2, dicembre 2015, Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia
 
9 gennaio 1944 - XXIII
(Relazione trascritta in ritardo)
Ci giunge un'informazione secondo la quale in Via Goethe, 16 (ultimo piano) presso Modena (frantoiano con frantoio al Roglio) esiste la stamperia clandestina della Brigata Cittadina (ciclostili, carta, ecc.).
Anzi, si sa persino che dev'essere in composizione un manifesto contro il Comandante Mangano.
Fatta l'azione di sorpresa, al mattino del 5 gennaio, al Comando personale del Comandante Mangano, unitamente al V. Com.te Ravina ed ai legionari Nicò, Pelucchini, Borea, Albanini, Cottali, nulla è stato trovato, nulla rintracciato neppure indizi né carta da ciclostile.
In casa sono stati trovati tre individui... Samà... noti come accaparratori di sterline e trafficanti in borsa nera.
Perlustrati il mulino e le cantine, nulla è stato trovato.
Ripetere il tentativo di notte?
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan. Documento in Archivio di Stato di Genova, copia di Paolo Bianchi di Sanremo
 
9 gennaio 1944 - XXIII (Relazione trascritta in ritardo) [...] Gino Napoletano [Gino Napolitano] che comanda la banda di Bussana (?) [n.d.r.: il punto interrogativo è nel brogliaccio] è a S. Remo.
Investigare sulla cosiddetta "Brigata Cittadina" (organizzazione rossa, comunista) che opera in S. Remo. La comanda l'Avv. Buzzi... [...] Informazioni passate alle SS germaniche
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan. Documento in Archivio di Stato di Genova, copia di Paolo Bianchi di Sanremo

Furono poi eseguiti diversi confronti [n.d.r.: di Antonio Capacchioni, partigiano attivo nel Gruppo Sbarchi Vallecrosia, catturato casualmente a metà gennaio 1945] fra i quali uno con certo Samà, alias Buzzi, ma che non portò ad alcun risultato.
Ernest Schifferegger (altoatesino, interprete, ex sergente SS) in un verbale degli interrogatori subiti, confluiti in un documento del 2 giugno 1947 redatto dall’OSS statunitense
 
30 gennaio 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 238, all'ispettore della I^ Zona Operativa Liguria ed al comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Segnalava l'arresto da parte dei tedeschi di alcuni appartenenti alla "banda Buzzi", tra i quali figuravano "Borgogno" e "Taganoff" [n.d.r.: Ernesto Lanteri, furiere di battaglione nella V^ Brigata], e l'uccisione di "Tripodi". "Mentre ci riserviamo farvi tenere completo rapporto a riguardo della banda dell'avvocato Buzzi entro la settimana, v'informiamo che, in questi ultimi giorni, alcuni membri della banda Buzzi sono stati arrestati dai tedeschi o dai membri delle Brigate nere. Come già comunicatovi il nominato Tripodi, membro della banda Buzzi, venne ucciso una decina di giorni or sono a San Martino, mentre si recava a compiere un'azione di prelevamento fondi. Un altro membro, Renatuccio Borgogno, figlio di G.B. Borgogno, ucciso unitamente ai fratelli Zoccarato dalle Brigate nere alla vigilia di Natale, è stato arrestato pochi giorni or sono. Sembra, infine, che un terzo membro, "Taganoff", già appartenente alle vostre formazioni, e da qualche tempo nascosto nelle vicinanze di San Remo, sia stato arruolato dal Buzzi la settimana scorsa. Anche il "Taganoff" venne misteriosamente sorpreso dalle Brigate nere alcuni giorni or sono e arrestato".
1 febbraio 1945 - Dal CLN di Sanremo,
prot. n° 250, Sezione SIM, all'ispettore della I^ Zona Operativa Liguria - Relazione sulla figura dell'avvocato Buzzi: "elemento unanimente descritto a fosche tinte, come losco, astuto, privo di scrupoli, provocò una generale diffidenza, tanto più che indagini esperite sommariamente su di lui davano la certezza trattarsi di un ex-agente dell'OVRA. Tale constatazione, unitamente ad altri accertamenti circa la sua oscura attività di affarista senza scrupoli, di trafficante di dubbia specie e di antifascista sui generis, fece sì che venne formalmente diffidato ad inserirsi subdolamente nelle organizzazioni di influenza del CLN di San Remo".
da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945). Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

Durante i rastrellamenti [di fine gennaio 1945] opera anche la banda fascista del comandante Buzzi; però alcuni membri di tale banda sono arrestati dai Tedeschi e dai brigatisti neri perché sospettati di intelligenza con la Resistenza. Un membro della banda, un certo Tripodi, viene ucciso dai partigiani in uno scontro, così succede per certi Borgogno e Taganò.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV: Dal Primo Gennaio 1945 alla Liberazione, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005 
 
3 febbraio 1945 - Da "Mercurio" alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] del CLN di Sanremo - Comunicava che l'avvocato Buzzi era in contatto [n.d.r.: vedere infra Ferrari in documento OSS] con un ex maggiore dell'89° Reggimento fanteria, sulla cui identità si stava indagando.
3 febbraio 1945 - Da "Amerigo" [Adalgiso Rovelli] al CLN di Sanremo - Comunicava che alle ore 8.30 era stata vista un'automobile delle SS tedesche fermarsi davanti alla casa dell'avvocato Buzzi in Via Lamarmora; che erano scesi l'avvocato e due individui in borghese, i quali, una volta entrati, dopo 10 minuti erano usciti con una valigia di medie dimensioni.
3 febbraio 1945 - Dalla Sezione SIM del CLN di Sanremo alla Sezione SIM della V^ Brigata - Segnalava che il membro del Comitato, di espressione del Partito d'Azione, era stato arrestato e che il 2 febbraio erano stati arrestati 10 giovani, forse appartenenti alla banda dell'avvocato Buzzi.
12 febbraio 1945 - Da "Rina" alla Sezione SIM del CLN di Sanremo - Riferiva che l'ufficiale visto parlare in diverse occasioni con l'avvocato Buzzi quasi di sicuro era il maggiore Ferrari già dell'amministrazione del 90° Reggimento fanteria.
13 febbraio 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] del CLN di Sanremo, prot. n° 284/SIM, al comando della I^ Zona Operativa Liguria - ... Segnalava che l'avvocato Buzzi era ancora trattenuto e che la posizione di costui rimaneva oscura, in quanto sembrava che nella sua abitazione fossero stati ritrovati gioielli, 'forti quantitativi di denaro' e titoli...
2 marzo 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. 354, alla Sezione SIM della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni"  della II^ Divisione "Felice Cascione" ed all'Ispettorato della I^ Zona Operativa Liguria - Segnalava che... in Sanremo agivano 7 persone che si erano autodichiarate partigiani, possedevano tesserini indebitamente rilasciati dall'avvocato Buzzi a nome di una sedicente Brigata "La Giustiziera", avevano svaligiato la casa di un sostenitore dei partigiani, "distruggendo per vandalismo ciò che era asportabile", ed "insidiavano donne e bambini"; che era necessario provvedere all'arresto dei richiamati elementi, "anche per evitare che tutti gli sforzi fatti per creare il movimento siano resi vani"...
10 marzo 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 412, alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" - Segnalava che un gruppo di 8-10 persone continuava a razziare nei dintorni di San Romolo, campo golf e Borgo. Aggiungeva che si trattava "dei resti della Banda Buzzi i quali sono recalcitranti a rientrare in formazione". Chiedeva a quel punto quali misure dovessero essere adottate.
10 marzo 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 334, al comando della II^ Divisione - Sottoponeva all'attenzione del comando di Divisione una comunicazione del CLN di Sanremo su di un certo capitano Ferrari che voleva prendere "il posto dell'avv. Buzzi al comando della non riconosciuta [banda partigiana] 'La Giustiziera'". Aggiungeva che il Ferrari era un "individuo losco già appropriatosi di materiale destinato alla montagna". Sosteneva che occorreva,
per capire se si trattava di persona che voleva "redimersi dai suoi trascorsi" oppure di un agente provocatore, indagare sul Ferrari, il quale era in contatto con il maresciallo dei carabinieri Picchio, un individuo pericoloso.
da documenti IsrecIm in Rocco FavaOp. cit. Tomo II
 
Dal Panettoni il RAITER voleva sapere se certo SAMA', arrestato in precedenza, si identificava nel partigiano che portava il nome di battaglia di BUZZI.
Il PANETTONI, dopo diverse percosse dategli dal RAITER, disse che se si volevano avere notizie esatte del BUZZI bisognava rivolgersi alla signorina BORGOGNO Anna Maria, che in quel periodo si trovava ricoverata all'ospedale di S.Remo.
A quest'ultima infatti il PANETTONI aveva consegnato un pacco da recapitare al SAMA'.
Io ed il RAITER, accompagnati dall'autista MARTINOIA, ci recammo allora all'ospedale, ma la signorina negò recisamente ogni addebito.
Ritornammo all'ufficio ed il giorno seguente facemmo ritorno all'ospedale portando con noi il PANETTONI per un confronto.
Egli ripeté alla Borgogno come egli le avesse consegnato un pacco da recapitare al BUZZI e la pregò anche di dire tutto quello che sapeva, ma la BORGOGNO fu irremovibile e negò di avere ricevuto un pacco da consegnare al SAMA' o BUZZI che dir si voglia.
Vista l'insistenza della BORGOGNO e la sua ormai probabile complicità con i partigiani, il RAITER dichiarò in arresto la stessa e la fece piantonare durante la permanenza all'ospedale.
Dopo due o tre giorni, il PANETTONI fu rilasciato.
Dopo circa un mese la BORGOGNO uscì dall'ospedale e fu riportata al carcere.
Rimase detenuta circa 15 giorni, indi si ammalò e fu nuovamente ricoverata all'ospedale.
Di qui però, dopo solo una settimana, fu liberata da alcuni partigiani, che liberarono pure altri due detenuti, nonché catturarono i due militari che li sorvegliavano.
Ricordo che il PANETTONI venne rilasciato dietro impegno di denunciare il BUZZI qualora lo avesse identificato con certezza, facendo conoscere alle SS il luogo e dove quando egli si sarebbe fatto vedere in S. Remo.
Circa il particolare che io avrei dato due schiaffi alla signorina BORGOGNO quando ci recammo all'ospedale per il confronto con il PANETTONI non sono in grado di dare un'esatta spiegazione.
Comunque nego di avere schiaffeggiato la signorina in parola.
Ernest Schifferegger, doc. OSS cit.

A Sanremo un altro ufficio della Sicherheitspolizei e SD si occupava principalmente di repressione delle bande partigiane, dei reati di natura politica e di repressione del mercato nero: ne era a capo l’Oberschführer Josef Reiter [n.d.r.: riportato come Raiter nel documento OSS in precedenza menzionato], che non mancava di inserirsi a gamba tesa anche nelle attività di altri servizi germanici. Reiter era alle dirette dipendenze del comando di Genova, retto da Friedrich Wilhelm Konrad Sigfrid Engel (Warnau am der Havel 11/2/1909 - Amburgo 4/2/2006), il quale venne condannato all’ergastolo in contumacia per le stragi del Turchino, della Benedicta, di Portofino e di Cravasco, nelle quali nel complesso furono fucilati duecentoquarantotto tra partigiani e antifascisti. 
Giorgio Caudano
 
[ n.d.r.: altri lavori di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021;  La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944) (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone), Comune di Pigna,  IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I Caduti della Lotta di Liberazione nella I^ Zona Operativa Liguria, Edito dall'Autore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, Edito dall'Autore, 2016  ]
 
Ferrari, ex ufficiale dell'esercito, informatore di Josef Reiter a Sanremo. In seguito per falsa denuncia fu arrestato dalle SS. Età anni 40, alto 1,64, corporatura snella, capelli: completamente calvo.
Considerazioni dei verbalizzatori in documento OSS cit.

 
Nell'archivio dell'Istituto Storico della Resistenza di Imperia non c'è documento che testimoni un'eventuale inchiesta sul Maggiore Ferrari, colui che si era presentato come il successore di Buzzi alla guida de "La Giustiziera". L'aspetto più strano delle relazioni da noi consultate è costituito dal fatto che, tanto con riguardo al Buzzi quanto al Ferrari, per entrambi non compaia mai il nome proprio ma soltanto il cognome, particolare abbastanza insolito per delle relazioni di un servizio di informazioni. In base al materiale da noi consultato, inoltre, non si è riusciti a sapere più nulla sul conto del Buzzi stesso. I personaggi di questa storia sembrano essere spariti nel nulla, portando assieme a loro il segreto de "La Giustiziera".
Romano Lupi, L'attività del Comitato di liberazione nazionale di San Remo nel 1944-1945 e il mistero de "La Giustiziera", Bollettino di Villaregia, Comunità di Villaregia, Via N. Bixio 69, Riva Ligure (IM), XIII-XIV- XV (2002-2003-2004) NN. 13-14-15 
 
Una pagina del documento OSS citato

SAMA': arrestato come partigiano ed essendo stata questa sua qualifica corroborata da una lettera trovata in un rastrellamento effettuato dal comando della 34^ divisione [di fanteria tedesca] fu accompagnato alla Casa dello Studente a Genova [...] 76°) SAMA'. Civile italiano, arrestato dalle SS di S. Remo [...] 97°) SAMA', alias BUZZI. Arrestato durante la permanenza del soggetto [Ernest Schifferegger] a S. Remo e trasportato alla casa dello studente.
Considerazioni dei verbalizzatori in documento OSS cit.
 

mercoledì 26 agosto 2020

Febbraio 1945 iniziò con la morte di due bambini a causa dello scoppio di una bomba tedesca

Una vista da Cervo su Diano Marina
 
1° febbraio 1945 - Giunge notizia che in Diano Marina per lo scoppio di una bomba tedesca sulla Piazza della Chiesa Parrocchiale sono rimasti uccisi i due figli di Lino Trucco, pievese, ma colà residente, ove esercita commercio di mobilio. Tale sciagura, veramente straziante, è accaduta mentre la truppa tedesca faceva esercitazione di tiro e sarebbe dipesa, pare, da un errore di calcolo - così il Comando tedesco ha cercato di giustificare il tragico episodio. I due bambini vennero trasportati in Pieve [di Teco (IM)] e deposti nella tomba di famiglia.
2 febbraio 1945 - Il tenente Dexeimer tedesco, comandante la Piazza di Pieve, ormai da due mesi e mezzo alloggiato nella villa del defunto Comm. Gandolfo e oggi del genero Rissone, ha lasciato questa residenza. Anche il terribile maresciallo Grot tedesco è partito. Si dice che sia andato in Francia.
Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, tip. Dominici Imperia, 1994
 
Nella notte fummo svegliati dal solito aereo solitario, soprannominato "Pippetto", il quale sganciò una bomba (forse per colpire i tedeschi del "Ciapasso") molto vicino a noi. Ci venne da pensare che non solo avevamo contro i nazifascisti, ma anche gli alleati angloamericani.
Il giorno successivo sentimmo dei colpi di mortaio che i tedeschi sparavano dal "Ciapasso"; un colpo finì davanti alla Chiesa di Diano Marina uccidendo tre bambini e ferendo alcune persone.
Sandro Badellino, Mia memoria partigiana. Esperienze di vita e vicende di lotta per la libertà di un garibaldino imperiese (1944-1945), edizioni Amadeo, Imperia, 1998

Il 2 di febbraio un manipolo di fascisti al comando del capitano Borro dopo aver girovagato per la campagna alle ore undici giunge nella borgata Novelli (Tavole) [Tavole è Frazione del comune di Prelà (IM)] [...] Nel pomeriggio i militi prelevano Carlo Oreggia, panettiere, detto "Ristorante". Caricandolo di botte lo portano con loro. Giunti in località "Vigne" presso il cimitero di Valloria [altra Frazione del comune di Prelà (IM)] è freddato con alcune raffiche e gettato nella scarpata sottostante. Gli tolgono le scarpe e il portafoglio. Per fargli un vile scherno gli ficcano la pipa in bocca e gli mettono una pagnottella in mano. Era accusato di fornire pane ai partigiani.
Francesco Biga  (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Grafiche Amadeo, 2005

Ai primi di febbraio le Brigate Nere effettuarono un rastrellamento nella zona di Baiardo (IM) che portò all'arresto di alcuni uomini. Solo per l'intervento del tenente del presidio dei bersaglieri del paese le case non subirono danni.
Il comando della II^ Divisione "Felice Cascione" comunicò a quello della I^ Zona l'uccisione di 7 garibaldini avvenuta il 2 febbraio presso Villa Verrone a Sanremo. Di questi, 4 rimasero ignoti, mentre degli altri 3 si fornirono le seguenti notizie: "uno è un toscano ferito ad una gamba, sposato a Pompeiana, di circa 30 anni, con un figlio. Un certo Modena di circa 30 anni che si era presentato alla guardia repubblicana di San Remo. Uno di Pompeiana che aveva perso un braccio per lo scoppio di una bomba a mano".
Sempre il 2 febbraio  gli uomini del presidio nemico di Borgo di Ranzo [comune di Ranzo (IM)] "effettuano un rastrellamento nella zona di Gazzo-Gavenola [Frazioni di Borghetto d'Arroscia (IM)] ed Aquila [Aquila di Arroscia (IM)] per rapinare bestiame e viveri alla popolazione".
Nella notte successiva "Ramon" (Raymond Rosso), capo di Stato Maggiore della Divisione "Silvio Bonfante", accompagnato da un garibaldino attaccò "due carri tedeschi accompagnati da 8 militari. Quattro cavalli uccisi, un soldato ucciso ed alcuni feriti più o meno gravi".
Il giorno 3 il commissario prefettizio di Albenga (SV), su ordine della Feldgendarmerie ordinò ai podestà dei comuni limitrofi di far affluire alla locale Brigata Nera tutti i giovani che già si erano presentati ai comandi tedeschi.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

2 febbraio 1945 - Dal comando [comandante "Gori", Domenico Simi] del III° Battaglione "Candido Queirolo" al comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che il traffico sulla strada Sanremo-Poggio-Ceriana era limitato al transito dei carriaggi per viveri e della "solita motocicletta" o vettura del presidio nemico di Ceriana (IM).
3 febbraio 1945 - Da "Mercurio" [Bruno Moro?] alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] del CLN di Sanremo - Comunicava che era stato visto partire per Genova su di un camion tedesco "Grigua".
3 febbraio 1945 - Da "Nilo" [Quanito De Benedetti] al CLN di Sanremo - Comunicava che a Baiardo erano stati uccisi la moglie ed il figlio di "Bacucco" e che il rastrellamento nemico in corso stava continuando.
3 febbraio 1945 - Da "Amerigo" [Adalgiso Rovelli] al CLN di Sanremo - Comunicava che alle ore 8.30 era stata vista un'automobile delle SS tedesche fermarsi davanti alla casa dell'avvocato Buzzi in Via Lamarmora; che erano scesi l'avvocato e due individui in borghese che una volta entrati dopo 10 minuti erano usciti con una valigia di medie dimensioni.
3 febbraio 1945 - Dalla Sezione SIM del CLN di Sanremo alla Sezione SIM della V^ Brigata - Segnalava che il membro del Comitato di espressione del Partito d'Azione era stato arrestato e che il 2 febbraio erano stati arrestati 10 giovani, forse appartenenti alla banda dell'avvocato Buzzi.
3 febbraio 1945 - Dal commissario prefettizio di Albenga (SV) ai podestà di Ortovero, Villanova d'Albenga, Casanova Lerrone, Vendone, Nasino, Castelbianco, Castelvecchio, Zuccarello, Cisano sul Neva e Garlenda - Trasmetteva l'ordine della Feldgendarmerie di fare rientrare nella Brigata Nera di Albenga le giovani reclute che, appena arrivate all'arruolamento, si erano allontanate dalla caserma, perché passibili di fucilazione come "banditi".
da documenti Isrecim in Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II

martedì 5 maggio 2020

I partigiani alla battaglia di Sella Carpe ed il ferimento del comandante Erven

Sella Carpe
Sul finire del giugno 1944, protagonista il 16° distaccamento della neo costituita IX^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione", ebbe luogo una battaglia combattuta all'altezza del bivio di Sella Carpe, da cui partono le ramificazioni che conducono l'una a Monte Ceppo, l'altra a Vignai e Badalucco.
I garibaldini che si accingevano ad attaccare alcuni camion tedeschi diretti a Carmo Langan [località di Castelvittorio (IM)], erano divisi in due squadre nascoste nel fitto bosco a pochi metri dal bivio.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999

La battaglia di Sella Carpe segna l'inizio d'una serie di dieci giorni tempestosi per tutta la Resistenza della nostra provincia.
In modo particolare, l'uragano di ferro e di fuoco nazifascista s'abbatte sulle formazioni partigiane della IX Brigata e sugli abitanti del territorio occidentale della provincia, dalla valle dell'Impero fino al confine francese. 
 
Ventisette giugno [1944]: nella zona i Tedeschi si trovano in difficoltà. La loro sola guarnigione stabile è localizzata sul monte Ceppo, che domina Carmo Langan; ma ogni via d'accesso è chiusa o minacciata dalle forze garibaldine, ed i nazisti non intendono rimanere in quella precaria situazione.
Il 16° distaccamento, costituito fresco fresco, si trova a Pian Colombo, vicino a Vignai [Frazione di Baiardo (IM)]; ma, in quel mattino, è ridotto rispetto al numero dei suoi effettivi perché, sul far dell'alba, un gruppo, composto dal capo squadra tenente Giulio Ferrari (Burdelusu) e dai garibaldini «Milano» e «Lingera», aveva accompagnato Candido Bertassi (Capitano Umberto) [di una formazione autonoma] dal comandante «Vittò» [Ivano/Vitò, Giuseppe Vittorio Guglielmo]. 
Un'altra squadra è in missione, alla volta della Maddalena. 
Una terza, infine, è partita il giorno precedente per far saltare il ponte di Isolabona. 

Il lavoro non manca, dunque, per questa nuova formazione tanto che nell'accampamento sono presenti in tutto circa venti­cinque uomini.

Ore undici: una staffetta giunge da Baiardo ed annuncia l'arrivo di quattro camion tedeschi. 
Gli uomini rimasti a Pian Colombo vengono divisi in due squadre dal comandante Bruno Luppi (Erven), che considera quell'arrivo come dei rinforzi nazisti destinati probabilmente alla guarnigione di monte Ceppo.
La prima squadra è agli ordini di Aldorino Iazzone (Argo) e la seconda sotto la guida di Carlo Peverello (Assalto).
Gli uomini partono dall'accampamento, a circa un quarto d'ora di cammino dal luogo stabilito, per attaccare gli automezzi tedeschi.
Il Comandante dispone gli uomini in luogo immediatamente soprastante il bivio della strada proveniente da Baiardo, da cui partono due ramificazioni che conducono l'una al monte Ceppo, l'altra a Vignai e Badalucco.

Il bivio è quello di Sella Carpe.

I partigiani fanno la strada in salita per raggiungere il punto stabilito prima dell'arrivo dei Tedeschi, i cui camion, ormai, sono vicini.
«Erven» ordina ad una squadra di appostarsi sopra la strada, a circa 150 metri dal bivio, sulla diramazione che porta al monte Ceppo. 
La squadra di «Argo» è allineata prima del bivio per proteggere quella appostata per l'agguato. In mezzo allo schieramento è piazzato il mitragliatore. Sono circa le dodici; spuntano i primi due camion, pieni zeppi di Tede­
schi, con le mitragliatrici pesanti sulla torretta.
Segnale d'attacco nel campo garibaldino. Una pioggia di bombe a mano e raffiche nutrite di armi automatiche. Un quarto d'ora di fuoco infernale.
Le perdite naziste sono ingenti, l'autista del primo automezzo è colpito a morte ed i Tedeschi, stipati nei camion, in parte sono uccisi o feriti, in parte sono colpiti mentre stanno a cavalcioni lungo le fiancate degli automezzi.
Qualcuno tenta l'ultima difesa, altri l'ultima fuga, ma ancora sono colpiti. I camion sono crivellati di colpi.
La battaglia prosegue accanita. Infine, anche gli ultimi Tedeschi soccombono scoraggiati.
Il garibaldino austriaco «Marx» intima la resa ai nazisti: una trentina di essi alza le mani.
I partigiani galvanizzati si precipitano sulla strada per impadronirsi dell'ingente armamento che è sui camion, tanto necessario alla formazione.
Con le armi conquistate, sette machinen-pistole, tre sputafuoco, un thompson, numerosi ta-pum, il distaccamento avrà risolto il problema dell'armamento, con l'orgoglio di esserselo procurato da solo.

Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) Vol. II: Da giugno ad agosto 1944, volume edito a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992

Verso le undici antimeridiane del 27 giugno, una vedetta arriva trafelata all’accampamento con l’annuncio che quattro grossi camions tedeschi stanno risalendo la strada proveniente da Baiardo. Erven raduna tutti i presenti; sono ventisette, li divide in due squadre: una al comando di Argo *, l’altra al comando di Assalto e con essa si dirige al bivio di Sella Carpe a circa un quarto d’ora dall’accampamento. Al bivio di Sella Carpe la strada proveniente da Baiardo si biforca in due direzioni: un ramo sale verso monte Ceppo, l’altro verso Vignai e Badalucco. È nell’intenzione di Erven appostarsi prima del bivio; ma quando egli, con i suoi uomini, giunge, è già troppo tardi: gli autocarri si stanno avvicinando. Erven sale allora per la strada di monte Ceppo e fa appostare i suoi garibaldini in un punto adatto, a circa centocinquanta metri dal bivio. Prima del bivio lascia la squadra di Argo per proteggere le spalle della postazione dell’arrivo di altri camions. Gli uomini si sono appena appostati, quando sulla strada appaiono i primi due autocarri stracarichi di tedeschi. Sono le undici e mezzo. Il momento è emozionante: non c’è tempo di attendere: un copioso getto di bombe a mano, un fitto rafficare di mitragliatrici investe i malcapitati invasori che, stipati nei camions, parte soccombono massacrati o feriti, parte tentano un’estrema resistenza e parte saltano giù e si danno alla fuga. Allora i garibaldini si arrampicano sui camions grondanti sangue per fare bottino. La conquista delle armi era il principale obbiettivo dei combattimenti, e i garibaldini della zona possono vantarsi di non avere atteso l’armamento come manna che piove dal cielo, ma d’esserselo saputo guadagnare in combattimento. Sette machine-pistole, tre sputafuoco, un Tompson e un numero imprecisato di Ta-Pum formano il bottino di quella azione. Ma, mentre i partigiani sono sui camions, intenti al rastrellamento delle armi, odono crepitare raffiche di mitraglia provenienti dal bivio. Gli altri autocarri tedeschi, che anziché due erano cinque, vinta la resistenza di Argo, battono con le loro mitragliatrici la strada di monte Ceppo, tagliando ai garibaldini le vie di ritirata. Argo, al secolo Arduino Jassone, è caduto da eroe alla testa dei suoi uomini. La situazione è grave: non resta che appostarsi nel fossatello che segue la strada dalla parte a monte e puntare i mitragliatori in modo da battere il bivio. I garibaldini che già avevano dato prova, durante l’attacco agli autocarri, di un coraggio e di un entusiasmo senza limiti, continuano a combattere con un valore difficilmente riscontrabile in un esercito regolare e militarmente addestrato. L’ardimento di Assalto, di Aldo Baggioli, di Marx, di Gigi, di Max, di Loré, di Sanremo, di Fiorista, di Maliacoff, di tutti insomma gli uomini di Erven, è quello degli uomini che sanno perchè combattono. […] Bisogna ad ogni costo eliminare le mitragliatrici che bloccano ogni via di scampo ai partigiani. […] Le sorti della battaglia sono ormai decise. Non resta ad Erven che dare ordine ai suoi uomini di ritirarsi individualmente.
La carrozzabile, in basso, con la fila dei tedeschi che sale guardinga, e il battito del cuore contro il calcio del mitragliatore, attendendo, e ogni cespuglio che fiorisce d’occhi in agguato. Poi un crepitare fitto che dà il via, un polverone dorato che s’alza sulla carrozzabile, sui tedeschi che s’abbattono, che si gettano fuori strada, comandi urlati dalle voci rauche dei capibanda che s’incrociano con quelli bestemmiati in tedesco, con le voci venete e lombarde dei bersaglieri, raffiche, ta-pum, bombe a mano, partigiani stracciati che dilagano sulla strada a far bottino verso gli autocarri grondanti di sangue.
Italo Calvino in Mario Mascia, L'epopea dell'esercito scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia

Ma la rovina è in agguato, presso il bivio. Sopravvengono di sorpresa altri cinque automezzi carichi di truppa, protetti da un'autoblinda.
La squadra di «Argo» tenta di fermarli: infine, deve ritirarsi. «Argo», che finora ha sparato col mitra, tenta di riparare il mitragliatore che si è inceppato, ma è colpito alla gola da una raffica di Majerling.
Un altro garibaldino, Giacomo Raineri (Rolando), è freddato da una pallottola di ta-pum.
La situazione è rovesciata e notevolmente aggravata.
Avviene una scena indescrivibile: ferro e fuoco tempestosi si rovesciano sui partigiani che si appostano, così come possono, in un fossatello e puntano i mitragliatori sul bivio stradale.
La lotta è furibonda: il piccolo gruppo di patrioti combatte furiosamente contro preponderanti forze tedesche, armate fino ai denti, appoggiate dal fuoco dell'autoblinda.
L'impegno di Massimo Porre (Max) e di Lodovico Millo (Sanremo), come di «Assalto» [Carlo Peverello, nato a Castelvittorio il 28 febbraio 1923], «Cichito», «Gigi», «Loré», «Fiorista», «Maliacoff», è al massimo.
«Marx» striscia lungo il fossato per insegnare ai compagni il funzionamento delle armi automatiche prese ai Tedeschi.
Questi, ora, giungono al bivio. Piazzano i mortai. Un fuoco infernale s'aggiunge a quello già fittissimo.
Altri Tedeschi s'arrampicano verso la strada: Renzo Barbieri (Bigi), studente in farmacia ed infermiere del distaccamento, segnala la loro presenza e spara col ta-pum.
«Erven» s'affaccia sul ciglio e, subito, una raffica di Majerling lo colpisce alla coscia, mentre alcune schegge gli si conficcano nel corpo. 
«Bigi» applica una fascia alla ferita.
Siamo all'epilogo dello scontro, ma non dell'odissea. Il Comandante ed otto partigiani sono feriti. Ordine di ritirarsi sparsi, strisciando alla ricerca dei cespugli per nascondersi ai nazisti.
«Erven» raggiunge, con l'ausilio di Renzo Barbieri [Bigi] e di Massimo Porre, un ginepraio e tenta di frenare l'emorragia stringendosi la coscia con una cinghia.
Vicino a lui è il fedelissimo «Max», studente di Sanremo, che segue il suo Comandante anche a rischio della morte, ed insieme, strisciano verso la vegetazione.
Ma a nord è una parete rocciosa, a sud il percorso è battuto dalle mitragliatrici naziste.
Ogni via di scampo sembra preclusa. All'improvviso, come per un miracolo, un banco di nebbia s'interpone fra i Tedeschi ed i partigiani.
Questi, lesti, attraversano il tratto e si pongono momentaneamente in salvo tra i cespugli.

È l'inizio di una lunga, travagliata odissea.

Intanto «Argo» * tenta di guadagnare, armato, l'accampamento. Ma la ferita alla gola è grave e ne esaurisce le energie. S'abbatte, esausto, presso un pino. Lo trova un Tedesco che lo finisce sparandogli un colpo alla tempia con la P 38.

L'autoblinda, dal bivio di Sella Carpe, vomita un fuoco di sbarramento col cannoncino da 47/32, accompagnato dallo schianto degli ordigni di mortai tedeschi da 82 mm.
Precedentemente all'azione, il garibaldino Pietro Schiappacasse (Pedro), partito dall'accampamento di Pian Colombo [località di Molini di Triora (IM)], era andato con due muli a reperire il tritolo destinato a fare saltare il ponte di Vignai allo scopo di impedire il passaggio di automezzi nemici. Quando ritorna, trova l'ac­campamento abbandonato. 
Giunge un altro garibaldino e gli riferisce dello scontro. 
Allora «Pedro» porta i due muli in un casone appartato dove deposita il tritolo.
Intanto, alcuni superstiti della battaglia giungono a Langan e chiedono rinforzi a «Ivano» [Vitò/Vittò. Giuseppe Vittorio Guglielmo].
Nella notte sono pronti circa trenta uomini: i resti del 16° distaccamento, integrati da elementi del 5°, denominato «La Valanga», calano da San Bernardino alla ricerca dei compagni rimasti feriti il giorno precedente.
Sono scoperti e li accoglie un uragano di fuoco: mitragliatrici, cannoncini, mortai, armi automatiche, tutto crepita e romba contro di loro.
Occorre ritirarsi per risparmiare altre vittime. S'odono ordini rabbiosi in lingua tedesca. Si scorge un bagliore seguito da un boato: l'osteria di Vignai è in preda alle fiamme.
Termina, così, la prima fase di un'odissea allucinante.
Per tutto il pomeriggio e la notte del 28, «Erven» è nel ginepraio con i due fedeli compagni «Max» e «Bigi», senza cibo, con la ferita sporca e sanguinante.
Sono lunghissime, interminabili ore diurne e notturne dominate da ansie, paure, angoscia.
Braccato come una lepre, il ferito vede sfilare davanti ai suoi occhi i calci dei fucili nemici.
Trattiene le urla laceranti che gli salgono dal petto per il terribile dolore.
Esausto, striscia sul terreno scosceso, si nasconde, digiuna, imbratta zolle e foglie del suo sangue, osserva il chiaro cielo della nostra Liguria.
I pensieri tortuosi s'accavallano, le idee si confondono, le prospettive sono nere, intorno tutto è buio.
Ma «Erven» è nella sua terra e sa che mille cuori battono per lui ed è certo che i suoi partigiani lo cercano notte e giorno e lo ritroveranno e lo porteranno al sicuro in un luogo ospitale presso la nostra gente, presso i nostri meravigliosi contadini [...] 

[...] ancora il campo di battaglia è tenuto dai Tedeschi. 
Non si possono, però, abbandonare i feriti al loro destino.
Ogni sacrificio dev'essere sopportato, ogni rischio affrontato. 
«Marussia» [anche Maruska, Mario Lantero] e «Burdelusu», capisquadra, con dodici volontari, alcuni del 16° distaccamento, partono ancora alla ricerca.
Verso le otto sono a San Bernardino e scrutano la strada e la montagna. 
Silenzio. La ricerca è lunga.
Giungono all'accampamento e trovano cinque partigiani che forniscono notizie: Erven, stremato e dissanguato, è stato portato nella zona «X» e si trova in pericolo di vita

Intanto altre squadre sono alla ricerca dei feriti: quella di «Vittò», scesa da Langan, e quella di «Assalto». 
Chiamano «Erven»; ma né lui, né altri osano rispondere per la presenza del nemico.
«Max» e «Pino» cercano di raggiungere Baiardo per chiedere rinforzi sebbene in quel paese ci siano i Tedeschi.
Finalmente, dopo tre notti e tre giorni trascorsi nei cespugli, lacero e sfinito, coperto di foglie da «Lorè» [forse Lorenzo Acquarone] durante il giorno per proteggerlo dai brucianti raggi del sole, quasi dissanguato, «Erven» è trovato da cinque uomini venuti da Baiardo.
Li capeggia Mario De Miglié (Piccun) e con loro è Pasquale Ormea (Lino) che ha combattuto la tragica battaglia di Sella Carpe.
«Erven» è a metà strada tra Baiardo e Carmo Langan.
«Burdelusu» e Mario Lantero (Marussia) scendono a trovarlo ed il ferito chiede notizie di tutti i suoi uomini, i suoi fratelli. 
Poi, ringrazia i garibaldini e si dichiara fiero di loro.
Quindi, è trasportato e medicato a Fontana Vecchia; poi a Castelvittorio, presso Caterina e Giovanni Orengo, è visitato dal prof. Moro che stima urgente un'operazione.
Con un viaggio di nove ore in barella, il ferito raggiunge l'ospedaletto di Triora, dove gli è praticata finalmente l'antitetanica.
[...] Dopo il ricovero e l'antitetanica, il dott. Giuseppe Bottari e il dott. Ferrero praticano al ferito l'ipodermoclisi.
Ma siamo al 2 di luglio, l'inizio di uno dei più vasti e feroci rastrellamenti nazifascisti nella nostra provincia.
Epicentro: Valle Nervia e Valle Argentina.
I pochi feriti gravi dell'ospedaletto di Triora, fra cui «Erven», sono portati in barella nel bosco del monte Trono... «Erven» [anni dopo scriverà] ... Nel primo mattino del 2 luglio 1944 i tedeschi in rastrellamento cominciarono a bombardare "con cannoni l'ospedale di Triora. Fu un fuggi, fuggi: in breve rimanemmo nell'ospedale solo cinque feriti gravi, il dottor Ferrero, il dottor Bottari, la Suora superiora dell'Ospedale e l'infermiere partigiano Battista. Il frastuono sempre più vicino delle armi tedesche, e le voci dei rastrellatori che già si udivano dal fondo valle dove Molini di Triora già era data alle fiamme...".

Carlo Rubaudo, Op. cit.

* Encomio alla memoria al garibaldino Aldorino Iazzone (Argo) [ma Altorino Iezzoni per Ilsrec, Altorino Iezzoni, nato ad Atri (TE), il 26/04/1914, già caporale del Regio Esercito, commissario di Distaccamento della neoformata (il 20 giugno) IX^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Felice Cascione”, o Arduino Jassone per Giovanni Strato]
Comandante di squadra, incaricato dal Comandante di distaccamento di proteggere a tergo gli uomini che attaccavano autocarri tedeschi su Sella Carpe, investito da un numero soverchiante di nemici, organizzava una accanita resistenza con pochi uomini a disposizione ed impugnava egli stesso il mitragliatore, infliggendo perdite sensibili al nemico e tenendolo a bada fino a che una raffica di mitraglia non lo colpiva mortalmente alla gola. Rimaneva impavido al suo posto ed invitava il suo portamunizioni a mettersi in salvo, ed indicava ancora il nemico che in numero soverchiante avanzava. (Combattimento del 27.6.1944 - Monte Ceppo).

… Quando giungemmo sopra Castelvittorio, ci venne incontro un partigiano, un militare unitosi alla resistenza dopo l’8 settembre, tale Iezzoni “Argo”, che ci accompagnò fino a Langan, dove c’era il “quartier generale” e dove si concentravano tutti i neo-partigiani. Salutandoci, il partigiano Iezzoni ci disse che l’indomani probabilmente sarebbero sbarcati gli alleati... Otto giorni dopo “Argo” moriva in un’operazione a Baiardo. Fu il primo schiaffo che ricevetti dalla realtà della mia guerra da partigiano…           
Renato Dorgia “Plancia” in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia <ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia - Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM)>