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giovedì 6 luglio 2023

Non appena la banda dei partigiani ebbe imboccato l'archivolto sembrò scatenarsi l'inferno

Sanremo (IM): uno scorcio di Via Escoffier (già Via Privata)

A primi di ottobre [1944] informatori del SIM del Comitato di Liberazione di San Martino [a Sanremo], funzionante provvisoriamente in luogo del CLN Comunale, tuttora allo stadio preparatorio, comunicarono che nella caserma di via Privata [n.d.r.: attuale Via Escoffier], già sede della Tenenza dei Carabinieri, erano stati condotti in stato di arresto quasi tutti i principali esponenti dell'antifascismo attivo Sanremese. Le informazioni dicevano che almeno una trentina di personalità cittadine, fra le quali il Dottor Donzella Marco, l'Avvocato Paolo Manuel Gismondi, il prevosto di San Siro don Luigi Boccadoro, il Dottor Ronga, Alfredo Cremieux e il Ragioniere Aldo Zoli, si trovavano rinchiusi nella caserma in attesa di un sommario giudizio e della fucilazione.
Le prime affrettate notizie risultarono grandemente esagerate, ma il C.L.N. diramò immediatamente istruzioni agli organi militari cittadini dipendenti perché si agisse senza indugio, allo scopo di salvare i detenuti, approfittando che la caserma, a differenza di altri luoghi di detenzione normalmente usati dai nazi-fascisti, si prestava ad essere facilmente attaccata di sorpresa, posta,com'era, al margine della città vecchia.
Istruzioni precise furono passate a Giorgio (Giuseppe Ferraroni) che si mise a contatto con Fifo (Adolfo Siffredi), il quale si era, in quel frattempo, trasferito dalla campagna in un luogo nascosto nel centro della città vecchia, perché questi, a sua volta, attraverso Pipì (Giuseppe Carbone) informasse Cichito (Aldo Baggioli) e Riccardo (Adriano Siffredri), rispettivamente Comandante e Commissario della Brigata GAP cittadina «Giacomo Matteotti», del progettato attacco e lo predisponessero nei suoi dettagli.
La risposta fu: «L'attacco è già in via di preparazione».
E, infatti, il Comando della Brigata, appena avuto sentore degli arresti, a mezzo dei suoi organi di collegamento con la città, Pier delle Vigne (Giuseppe Sughi) e Romeo (Archimede Gioffredi), aveva iniziato lo studio di un piano completo che doveva poi pienamente riuscire.
L'operazione, che si presentava difficile e piena di pericoli, veniva messa a punto, con accuratezza veramente geniale, da Cichito e da Riccardo. I due temuti capi del GAP ed alcuni dei loro uomini più audaci si riunirono un'ultima volta in casa del Professor Calvino. Dopo lunghe discussioni venne deciso di compiere l'attacco di sorpresa, con un numero limitato di uomini, tutti bene armati ed equipaggiati, in modo da assicurare la riuscita e permettere, nello stesso tempo, una discesa segreta in città ed una ritirata veloce. Venne pure deciso, ad evitare eventuali indiscrezioni che avrebbero potuto compromettere la riuscita del piano, di avvertire singolarmente gli uomini scelti per compiere l'operazione, senza per altro scoprire loro le ragioni della mobilitazione. Si studiò a lungo la lista dei partecipanti e vennero scelti molti partigiani, provati in combattimenti ed imboscate, giovani decisi a tutto osare e sulla cui fedeltà i capi non avevano alcun dubbio, fra cui: Grassadonna Salvatore, Bonfante Armando e suo fratello, Cazzolino Nando, Carbone Nino, «Negus», «Turiddu», Grignolio Sergio [Ghepeu], Gruttin Dario, «Tom», «Saetta».
Si fissò come luogo di adunata il forno di Ernesto Ivaldi in via S. Stefano, ora del convegno le 21.
Durante tutto il giorno continuò l'opera infaticabile delle staffette in montagna ed in città: nel tardo pomeriggio gli uomini designati erano stati tutti avvertiti di «riunirsi alla spicciolata da Ernesto per comunicazioni di estrema urgenza». Nello stesso tempo «Iolanda», che operava in qualità di staffetta ed informatrice della Brigata, prese contatto con due militi fascisti, soprannominati Totò e Negus, già da tempo collegati con Cichito e Riccardo, i quali si erano dichiarati disposti a facilitare ai nostri uomini il compito dì penetrare nell'edifizio senza dover usare le armi. Ormai le operazioni preliminari erano state portate a termine e si apriva la fase finale, la decisiva.
 

Sanremo (IM): un angolo della Pigna

Un po' prima delle 21 Cichito e Riccardo, scendendo per viottoli tortuosi e bui della Pigna, giunsero al forno dove Iolanda attendeva. Nella mezz'ora successiva singolarmente o a piccoli gruppi tutti gli altri erano adunati sul luogo.
 

Sanremo (IM): Palazzo Nota, già sede del Municipio

Le porte sbarrate, le luci velate, nel basso locale, a pochi passi dal Municipio [n.d.r.: all'epoca situato in Piazza Nota], la banda fu informata del progetto. Uno scoppio di entusiasmo fece eco alla proposta. Iolanda riferì che il colpo avrebbe dovuto essere eseguito all'una in punto, ora in cui i due militi amici avrebbero atteso i nostri per aprire loro la porta. Brevi e precise istruzioni furono impartite a tutti. La gioia era al colmo: attaccare una caserma ben munita, liberare i prigionieri, catturare il presidio con tutti i suoi magazzini, preziosi per uomini sempre «affamati» di armi e munizioni, significava eseguire il più bel colpo della storia della brigata, significava portare il terrore nel cuore stesso della città che si riteneva immune da ogni offesa, presiiata, com'era, da imponenti forze nemiche. I cuori tutti battevano, gli occhi brillavano d'entusiasmo. Ed Ernesto volle festeggiare il prossimo successo dell'impresa distribuendo vino e focacce. Si mangiò, si brindò in sordina alla riuscita dell'avventura, poi i giovani si distesero sul pavimento a riposare mentre Cichito e Riccardo rimanevano di guardia. Alle dodici e mezzo fu data la sveglia: vennero controllate le armi e distribuite le munizioni; i giovani si tolsero le scarpe e, ad uno ad uno, si uscì nella notte buia, silenziosa e nemica.
L'aria era immobile e greve. Una fosca nuvolaglia bassa nascondeva le stelle, rendendo più fitta l'oscurità non rotta da alcun lume. Ovunque intorno immobilità ed assoluto silenzio.
Ghepeu e due uomini armati di Sten e Winchester vengono inviati ad appostarsi all'angolo da Via Palazzo e Piazza Colombo, presso la foto Ceresani, allo scopo di poter sorvegliare la casa del fascio e le arterie sboccanti in Piazza Colombo, per una eventuale azione di disturbo nel caso non improbabile che sopravvenissero rinforzi da quella parte o dalla zona orientale della città.
 

Sanremo (IM): l'archivolto, denominato in Mario Mascia, Op. cit. infra, di Piazza Cassini

Gli altri, silenziosi come fantasmi, passano sotto l'archivolto di Piazza Cassini, scendono per via Palazzo e strisciando lungo i muri delle case addormentate, imboccano l'archivolto di via Privata e, in pochi minuti, sono davanti alla Caserma.
 

Sanremo (IM): il passaggio (archivolto) di Palazzo Roverizio tra Via Palazzo e Via Escoffier (già Via Privata)

Tutto procedeva ottimamente: si agiva nel silenzio più assoluto, con matematica precisione: non una parola, non un gesto inutile: soltanto il lieve fruscìo dei piedi nudi indicava la presenza dei giovani in marcia.
 

Sanremo (IM): Via Matteotti (già Via Vittorio), in prossimità di Piazza Colombo

Sanremo (IM): sullo sfondo, Via Palazzo in prossimità di Piazza Colombo

Riccardo e Cichito sussurrano i loro ordini: due uomini vengono inviati in perlustrazione, altri due si piazzano all'angolo di via Vittorio, presso la farmacia Salus, pronti a respingere un attacco eventuale da quella parte.
 

Sanremo (IM): lo sbocco (sotto Palazzo Roverizio) di Via Palazzo in Via Escoffier (già Via Privata)

Il grosso intanto si raduna nello stretto viottolo che da Via Privata conduce all'entrata della Caserma. Riccardo si fa alla porta e bussa tre volte, a brevi intervalli, come era stato convenuto. Gli altri si tengono guardinghi in posizione di sparo. Pochi istanti di angosciosa attesa: poi la porta cigola leggermente, uno spiraglio si apre ed una lama di luce si riflette sulla strada e sparisce. Un breve scambio dì frasi mormorate a fior di labbra. Poi metà degli uomini entra seguendo Totò e Negus, l'altra metà si apposta nel breve cortile esterno, nel viottolo ed all'imboccatura di Via Privata.
I giovani penetrano immediatamente nel magazzino impadronendosi di tutte le armi: due fucili mitragliatori, due mitra, una mitragliatrice pesante a nastro, quindici moschetti, venti rivoltelle, alcuni fucili da caccia e numerose munizioni.
Nella caserma nessuno si sveglia. Sempre scalzi, illuminati ad intervalli dai bagliori dì una lampadina elettrica, i nostri giovani salgono al primo piano. Qui, in due stanze, dormono quattordici militi di guardia. Incuranti della loro inferiorità numerica e fiduciosi nel loro coraggio e nel vantaggio che l'elemento sorpresa offre loro, Cichito e Riccardo, seguiti dagli altri, fanno irruzione in massa nei dormitori, urlando e brandendo minacciosi le armi. I nemici, svegliati improvvisamente, esterrefatti si arrendono: solo qualcuno tenta una debole quanto inutile resistenza: viene in breve sopraffatto e disarmato. Un uomo cerca, almeno così sembra ai nostri, di nascondersi fra le brande per fuggire alla cattura. Viene raggiunto, colpito ed atterrato. Scalcia come un animale preso in trappola, riesce a liberare la strozza da una stretta possente che lo strangolava e tossendo e sputando urla: «ma io non sono mica un milite... sono un prigioniero!» E' Turiddu, che seguì poi la banda in montagna trasportando in spalla la mitragliatrice fino a San Michele, che doveva, più tardi, perdere il senno sotto i colpi feroci dei nazi-fascisti.
Naturalmente il rumore della lotta aveva messo in subbuglio tutta la caserma. I prigionieri si erano destati: escono dalle loro stanze in abiti succinti, assonnati, increduli: sono il Dott. Marco Donzella, il Gen. Ninchi, l'Avvocatessa Ada Barbieri, il vice Parroco di San Giuseppe don Angelo Aprosio, ed alcuni altri sconosciuti, fra i quali un elegantissimo e compitissimo signore dal modi cortesi, ex gerarca fascista, che chiede di essere messo in libertà e viene immediatamente accontentato.    
A lungo si discute con gli ostaggi circa l'opportunità della loro liberazione e si conviene che, in vista della mancanza di prove specifiche a loro carico e quindi di un immediato pericolo e ad evitare rappresaglie contro le loro famiglie, è conveniente che essi non seguano il distaccamento nella sua ritirata e restino in caserma.
L'attacco era ormai pienamente riuscito: gli archivi in nostra mano, un ingente quantitativo di armi e munizioni catturato, tutti i militi, eccetto uno, fatti prigionieri. Quell'uno rimasto in libertà era un sergente delle SS italiane, delinquente pericoloso e brutale, che si aveva l'ordine di giustiziare. L'uomo si era barricato in una stanza armato, a quanto assicuravano i prigionieri, di mitra, pistola e bombe a mano. Malgrado il pericolo di sostenere forti perdite in un attacco frontale, Cichito aveva deciso di forzare l'uscio e di impadronirsi dell'uomo vivo o morto, quando uno dei nostri rimasto fuori giunse per avvertire che la città era ormai messa a rumore, che la nostra presenza era conosciuta e che occorreva affrettarsi se non si voleva che tutta la guarnigione nazi-fascista accorresse sul posto, circondasse il distaccamento e lo annientasse.
Si abbandonò il sergente al suo destino e si presero immediatamente disposizioni per compiere una ritirata rapida e sicura. I militi prigionieri vennero rinchiusi in una stanza, si pregarono gli ostaggi di tenersi al sicuro, le armi e le munizioni catturate furono distribuite agli uomini e l'archivio venne dato alle fiamme. Pochi istanti dopo il distaccamento, senza la perdita di un sol uomo, raggiungeva il gruppo di guardia fuori, conducendo con sé un milite delle SS colpevole di omicidio e spionaggio, il quale veniva più tardi passato per le armi in montagna. Negus, Totò e Turiddu si unirono ai nostri.
Non appena la banda ebbe imboccato l'archivolto sembrò scatenarsi l'inferno. Dalle finestre del pian terreno della caserma si alzavano le fiamme; urla venivano dai caseggiati vicini, colpi di fuoco risuonavano da per tutto e da Piazza Colombo giungeva l'eco di scariche nutrite e degli scoppi laceranti delle bombe a mano.
In verità, come si apprese il giorno dopo, il nemico, sorpreso e spaventato, non aveva tentato che un'azione molto debole che si esaurì in brevissimo tempo. La fucileria era stata aperta dai nostri e venne continuata dalle retroguardie anche quando il grosso aveva già raggiunto la vecchia città e risaliva la costa, contro i vigili del fuoco, alcuni dei quali venivano colpiti, accorrenti per estinguere le fiamme che sembravano dover consumare la caserma, e che erano stati scambiati, nell'oscurità, per nazi-fascisti.
Dieci minuti dopo l'evacuazione della caserma e l'inizio della ritirata anche le pattuglie di retroguardia ripiegavano verso la città vecchia e si riunivano al grosso sotto la Madonna della Costa.
Qui vi fu un breve scambio di fuoco con i soldati tedeschi addetti alle postazioni antiaeree dei Giardini Regina Elena e, alle tre del mattino, il distaccamento al completo col suo prigioniero, le nuove reclute, le armi e le munizioni catturate in parte raggiungeva i sicuri rifugi in collina, in parte rientrava nelle proprie case.
Ebbe così termine un azione temeraria, che costò al nemico non soltanto gravi perdite materiali, ma costituì oltre tutto un durissimo colpo per il prestigio suo e la cui vittoriosa riuscita resta un esempio mirabile di coraggio e di intuizione militare che onora i giovani capi che la diressero ed i valorosi che la eseguirono.
Mario Mascia, L'epopea dell'esercito scalzo, Ed. A.L.I.S., 1946, ristampa del 1975 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, pp. 265-269  

sabato 24 dicembre 2022

Li invio dalla SS germanica a prendere ordini in merito

Sanremo (IM): tratto iniziale della vallata lungo la quale si sale a Verezzo

Verbale d'interrogatorio
L'anno 1945 addì 27 del mese di maggio negli uffici della Questura di Savona, innanzi a noi sottoscritti Funzionari e agenti di P.S. si è fatto presentare il detenuto MACCAFERRI Edoardo di Gustavo e Hegji Magda, nato a Bordighera il 17/12/1929, ivi residente in Via L. Cadorna n. 15, ex milite della brigata nera di Imperia, il quale opportunamente interrogato dichiara quanto appresso:
"Il 21 gennaio 1945 presentai ad Alassio domanda per essere arruolato volontario nelle brigate nere e immediatamente fui assunto
[...] Ero a conoscenza del fatto che la brigata nera dipendeva direttamente dal comando SS Tedesche dal quale ricevevamo ordini in proposito".
Documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo 
 
24 dicembre 1944 XXIII
Si fa l'azione di rastrellamento in Montà Magnan Collabella [a Sanremo] alla casa di Zoccarato ed a quella più sotto alla distanza di 10-15 metri dalla prima. Questa ultima è la sede abituale della banda Borgogno (figlio) di cui fa pure parte il padre. Si tratta di un complesso di una decina di banditi che infettano la Villetta, S. Pietro, Verezzo. Sono gli stessi che hanno spogliato il camerata Rubi Tullio di ogni suo avere, nella casa di Verezzo dove trovasi sfollato. Partecipano all'azione anche otto soldati germanici al Comando di un maresciallo. L'operazione si svolgerà secondo il piano precedentemente studiato dal vicecomandante Ravina sui dati forniti dal Rubi e altro contadino che vuole conservare l'incognito. Per raggiungere maggiore efficacia e rendere la sorpresa più perfetta, gli uomini avvolgeranno le scarpe chiodate con stracci e bende onde evitare ogni rumore. Sarà di guida il milite n.n. I Legionari partono alle 19 circa. Giunti all'altezza della strada Magnan incrocio Via Goethe sopra le Carmelitane, un ribelle, evidentemente di guardia, dà l'alt ai nostri uomini, ma subito dopo se la dà a gambe, inseguito a tutto fiato. La pattuglia giunge così sul luogo d'un baleno e circonda le case. Dalle fasce circostanti sbucano due banditi e fuggono, ma vengono freddati con raffiche brevi di mitra (1). Altri due seguono la stessa sorte, colpiti dai tedeschi (2). E così altri due, uno dei quali prelevato in casa. Si tratta del Borgogno padre (3) [n.d.r.: seguono, in corsivo, le note originali in fondo alla pagina del brogliaccio] (1) Sono i fratelli Zoccarato. (2) Uno è Barbieri, il fratello dell'Avvocatessa. (3) Uno di questi non è stato identificato ancora e così un sesto. Tutti avevano rivoltelle e, parecchi, bandoliere di cuoio stile artiglieria. Avevano anche barbe lunghe e zazzere alla nuca come si usa tra ribelli, segni e caratteristiche inconfondibili. In casa sono pure state trovate varie donne e molta refurtiva, tra cui tutti gli oggetti rubati la notte prima al camerata Rubi, spogliati a Verezzo. Alte le urla e le imprecazioni delle donne. Tutti, banditi e invitate, avrebbero dovuto, stando all'evidenza dei preparativi riscontrati in casa, consumare un lauto banchetto a base di maiale e di agnello. L'operazione ha potuto avere un esito quasi insperato per i seguenti fattori: 1°. La rapidità dello spostamento degli uomini che non hanno dato tempo alle sentinelle avanzate di dare l'allarme alla banda. 2°. Il silenzio con cui hanno operato per via dell'involto di stracci applicati alle calzature, sì che anche a distanza di pochi metri dal covo dei banditi questi non si sono accorti della presenza dei nostri Legionari. 3°. La estrema decisione e precisione del tiro, soprattutto dei mitra dimostratisi eccellenti per operazioni del genere. 4°. Il chiarore lunare che ha permesso di individuare con relativa facilità i bersagli mobili anche se fra gli alberi. Tutti i documenti personali dei banditi uccisi sono stati raccolti dai germanici e portati al loro comando. Il maresciallo tedesco che ha diretto l'azione si è complimentato ripetutamente coi nostri Legionari. Gli uomini sono rientrati alle 22,45 senza avere subito alcuna perdita. Molto probabilmente i germanici torneranno sul posto domattina presto forse anche per prelevare le donne, non foss'altro per interrogarle e ricavarne dati preziosi sulle altre bande di banditi coi quali la banda Borgogno doveva necessariamente essere collegata. Il Vice Comandante, Aldo Ravina - Visto, il Comandante Angelo Mangano  
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan, Documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo

I Tedeschi, invece, con il metodo delle puntate improvvise continuavano le loro azioni. Il 20 dicembre, giunti a San Romolo con automezzi, rastrellano nuovamente il paese appiccando il fuoco a due ville e il 24 dicembre 1944 fucilano a San Remo, nei pressi della loro abitazione, in presenza della madre e delle sorelle, i fratelli Ugo (Attilio) e Giovanni (Giovanni) Zoccarato, rispettivamente di anni 22 e 20, componenti della brigata cittadina, catturati in rastrellamento.
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977
 
La zona di Sanremo più prossima al Rondò Garibaldi - cit. infra - dal lato di levante, in un rilievo topografico realizzato dalle SAP alla vigilia della Liberazione. Fonte: Augusto Miroglio, La Liberazione in Liguria, Forni, Bologna, 1970

Interrogatorio di domenica 26 maggio 1945
Si domanda al sig. Rubbi [Rubi] se  è mai stato alla villa Fiorentina.
Egli nega.
A.D.R.: Nega di aver denunciato il prelevamento di vestiario alle brigate nere.
A nuova richiesta se lui ha denunciato il prelevamento nega sempre.
A domanda se conosce un contadino che ha denunciato ai tedeschi e fascisti il gruppo Borgogno, lui nega sempre.
In seguito a domanda se ha ancora la ricevuta rilasciatagli dal Renatino dice di averla stracciata. Tale ricevuta (dice la signorina Anna Borgogno [n.d.r.: su cui si torna infra, sorella di Renatino Borgogno e figlia di G.B. Borgogno] che fu mostrata nella villa Fiorentina dai tedeschi). Ammette di aver avuto la ricevuta dal Borgogno.
"Ammetto che Tito è stato il primo a venirmi a dire che ero stato derubato. L'unica persona a saperlo in un primo tempo era il Tito Calvini, in quanto la merce fu consegnata dal Calvini stesso al Borgogno" [n.d.r.: corsivo e virgolette - non presenti nell'originale - intorno alle parole pronunciate dal Rubi, per una maggiore scorrevolezza del testo].
Di fronte alle persistenti negazioni del Rubbi viene chiamato a confronto Pelucchini Dario.
Il Pelucchini ammette che durante il pomeriggio del 24 Dicembre Mangano diceva: "Quel belinon insiste perché vada a fare un rastrellamento e io non ne ho voglia, perché oggi vigilia di Natale non si deve andare a fare azioni".
"La sera del 24 verso le ore 18,30 mentre ci radunavamo come solito alla Villa Diana trovammo tutto un picchetto di tedeschi che evidentemente attendevano il nostro ritorno. Vidi il Rubbi nella caserma Diana accanto ai tedeschi. Mangano telefonò subito alla Villa Giulia perché gli mandasse un milite. Poco dopo arrivò questo milite di cui non conosco il nome ma che se dovessi rivedere lo riconoscerei. Il Rubi era presente mentre si preparava la spedizione che doveva concludersi con l'uccisione del Borgogno e dei fratelli Zuccherato [n.d.r.: Zoccarato: non l'unico milite fascista a storpiare il cognome di questi martiri partigiani]. Verso le ore 20 ci incaminammo verso il Rondò Garibaldi. Di fianco il giardino delle Carmelitane iniziammo la stradetta che sale fino Via Goethe e dopo pochi passi sentimmo il 'chivalà'. La squadra che di punta andava avanti era composta di tedeschi con Siri e Nicò. Rimanemmo indietro io, Rubi e due tedeschi. E Luciani Bartolomeo [n.d.r.: invece si trattava, in tutta evidenza, di Bartolomea Luciano, Ausiliaria S.A.F., in forza alla richiamata Brigata Nera "Padoan", che venne poi fucilata dai partigiani presso il cimitero della Foce di Sanremo il 26 aprile 1945 insieme - si può ritenere - ad Ambrogio Carlo Nicò, detto "Gin Mano Nera" e ad altri ex militi]. Ad un certo momento sentimmo in lontananza alcuni spari. Noi si proseguì ancora molto avanti. A un tal punto si sentì parlare. Ci fermammo e notammo un gruppo di gente i quali piangevano. Luciano e il maresciallo tedesco che erano con noi andarono a vedere cosa era successo e ritornarono dicendo "ci sono due morti che hanno la barba'. Vidi della gente di cui delle ragazze che piangevano. Ritornammo in Sanremo e al crocevia il Siri disse: 'sono ben dei delinquenti quei tedeschi'. Quando fummo dinanzi al Vittoria Roma il Rubi si fece accompagnare da un tedesco a casa. Affermo che fu il milite ad accompagnare la squadra al rastrellamento. Ne dedussi che lui conosceva i luoghi dove si rifugiavano i Borgogno e gli altri" [n.d.r.: virgolette e corsivo anche in questo caso nostri, per rimarcare le parole di Dario Pelucchini].
[n.d.r.: seguono le firme di Dario Pelucchini e di Anna Borgogno, che, fatta prigioniera sarà liberata con il "colpo partigiano" all'ospedale di Sanremo]
Io sottoscritto Rubi Tullio, ammetto che la deposizione del Pelucchini è vera e che io denunciai alle brigate nere il furto patito. Ammetto di essere stato insieme per tutta la durata della spedizione insieme al Pelucchini e al Bartolomeo Luciani [Bartolomea Luciano].
[n.d.r.: segue la firma di Tullio Rubi].
Documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo
 
Sanremo (IM): ex Parco delle Carmelitane

25 dicembre 1944 XXIII
Vengono al Comando due donne e un uomo per chiedere di coprire e se possibile rimuovere il cadavere del Borgogno che giace nella strada a pochi metri dinanzi all'ingresso della loro casa.
Li invio dalla SS germanica a prendere ordini in merito. Questo Comando non può dare disposizioni essendo l'azione stata diretta dal Comando Tedesco.
Il Vice Comandante, Aldo Ravina - Visto, il Comandante Angelo Mangano
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan, Documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo
 
Bronda Aldo, abitante a Sanremo in via Corradi, 20
Interrogatorio del 28 maggio 1945 davanti ad un Vice Commissario di Polizia in Sanremo: Un giorno o due prima di Natale venne all'Ufficio della brigata nera Rubi Tullio sfollato a Verezzo a riferire che in detta zona vi erano dei banditi, i quali avevano commesso diverse rapine, anche a lui, e che andavano in Verezzo a fare delle feste; e che sapeva di certo che la vigilia di natale avrebbero fatto una baldoria in una casa, credo che sia stata la casa di Borgogno G.Batta. (Andateli a prendere perché se no io provvedo diversamente) [n.d.r.: frase pronunciata nell'occasione da Tullio Rubi]. La sera della vigilia di Natale vennero sei o otto tedeschi i quali chiesero due uomini armati e furono destinati Pelucchini e Niccò (Gin mano nera) armati di mitra; per precauzioni e per ordine dei tedeschi si fasciarono le scarpe di stracci ed andarono insieme ai tedeschi. Il giorno dopo ho scritto a macchina la relazione dell'operazione compiuta la sera del dicembre e tra l'altro c'era [scritto] che dietro informazioni di Rubbi Tullio due uomini della Brigata Nera insieme ai tedeschi avevano compiuto rastrellamenti nella zona Villetta Verezzo, sorprendendo dei partigiani che mangiavano in una casa; sentirono scappare, spararono dietro e sentirono un grido il quale dette l'allarme e gli altri scapparono inseguiti dalle scariche delle armi della pattuglia. Sono stati uccisi Borgogno Gio Batta - due fratelli Zoccarato e il fratello dell'Avv. Barbieri. Altri tre morti si trovano nel Boschetto a nord della casa.
Documento
in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo
 
Sanremo (IM): in primo piano la zona urbana subito a levante del Rondò Garibaldi

Gradi Elio, nato a Vallecrosia il 30 gennaio 1923, residente a Sanremo, in Via Bussana Vecchia n. 1, floricoltore, cannoniere della X Mas
Interrogatorio del 10 giugno 1945
nell'Ufficio del Nucleo di P.G. di Sanremo: [...] La sera della vigilia di Natale 1944, mentre rientravo da un breve permesso fruito presso la famiglia, ho visto nella sede della Brigata Nera di Sanremo, e precisamente all'Albergo Diana, 5 o 6 tedeschi i quali hanno preso con loro i militi PELUCCHINI Dario e "Gin Mano Nera", di cui non conosco il nome vero [n.d.r.: che era Ambrogio Carlo Nicò, Nicco in altri documenti, milite del distaccamento di Sanremo della brigata nera, fucilato insieme ad altri fascisti dai partigiani il 26 aprile 1945 nei pressi del cimitero della Foce di Sanremo], e sono usciti tutti completamente armati. Il giorno appresso ho saputo dai miei colleghi che i suddetti, la sera prima, si erano recati in regione Villetta (Verezzo), per effettuare un rastrellamento durante il quale erano stati uccisi i fratelli Zuccherato [Zoccarato].
Documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo 

Modena Giovanni, nato a Sanremo l'8 febbraio 1914.
Interrogatorio del 18 giugno 1945 nell'Ufficio del Nucleo di P.G. di Sanremo: La sera del 24 dicembre 1944, sarà stata l'una di notte, mentre mi trovavo nella Caserma di Villa Giulia, dove aveva sede il nostro reparto di G.N.R., venni chiamato al telefono dal comandante le brigate nere, Mangano, il quale mi disse di recarmi da lui immediatamente. Feci presente che non stavo bene, ma in seguito alle sue insistenze mi armai e ubbidii alle richieste. Giunto alla sede delle brigate nere il Mangano mi disse: "Tu che sei capace, bisogna andare a fare un rastrellamento in regione Magnan". Gli risposi che non stavo bene, ma ciononostante volle egualmente che eseguissi l'ordine. Vi erano pronti circa una quindicina di militari tedeschi e tre o quattro elementi delle brigate nere ed un borghese che conosco soltanto di vista il quale diresse l'operazione del rastrellamento. Anche gli uomini delle brigate nere mi sono noti solo di vista.
Il borghese che ci accompagnava corrisponde ai seguenti connotati: robusto, statura piuttosto alta, età circa 50 anni, colorito bruno, capelli leggermente brizzolati, barba rasa, parlava italiano.
Partimmo tutti assieme e li accompagnai fino a strada Magnan ivi mi fermai con un tedesco e gli altri proseguirono per l'operazione. Dopo circa una mezz'ora udimmo il crepitio delle armi ed al ritorno tra di noi della spedizione dissero che ne avevano ammazzati cinque, invece risultò poi che erano stati uccisi soltanto tre.
Finita così l'operazione rientrammo tutti nella sede di Sanremo delle brigate nere e di lì senza che io mi presentassi neppure al comandante Mangano rincasai presso la mia caserma di Villa Giulia.
Nel rientrare in sede, il borghese del quale ho dato i connotati, che secondo me guidava la spedizione, mi disse che era stato lui ad andare dal comando tedesco ed ottenere il rastrellamento che si era compiuto. Mi soggiunse persino che se non fosse stato per lui che era conosciuto dai tedeschi questi non avrebbero ordinato il rastrellamento. Gli uccisi durante la notte erano i fratelli Zuccherato [Zoccarato] ed uno di Baiardo. Quest'ultimo non lo conoscevo affatto, mentre i primi due erano dei miei amici.
Non ho altro da aggiungere.
Documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo 
 
Pelucchini Dario, nato a Città di Castello (Perugia) il 18 agosto 1920.
Interrogatorio del 18 giugno 1945 nell'Ufficio del Nucleo di P.G. di Sanremo: Allora il maresciallo tedesco divise le forze in due gruppi, uno avanti sempre con il Modena in testa, ed io con gli altri nel gruppetto di retroguardia.
[...] Dopo circa un quarto d'ora di strada udimmo delle donne piangere e così intuimmo che cosa era avvenuto e infatti ci rendemmo conto dell'accaduto. Notammo che a terra vi erano alcuni morti.
[...] Il Rubbi [Rubi] era rimasto sempre con me nel secondo gruppetto.
Giunti in Sanremo, come ho già deposto, il Rubbi si fece accompagnare da un tedesco a casa sua, gli altri tedeschi rincasarono per conto loro, io, il Modena, e gli altri due militi Luciano Bartolomeo [Bartolomea Luciano] e Siri G.Batta, e Nico Ambrogio proseguimmo ancora un poco assieme e poi il Siri e il Bartolomeo [la Bartolomea Luciano] si avviarono per conto proprio. Gli altri andammo direttamente dal Comandante Mangano che dormiva nel suo letto presso il comando delle brigate nere. Svegliatosi ci presentammo al suo cospetto ed il Modena fece una relazione verbale del come il rastrellamento era avvenuto, raccontando minuziosamente ogni particolare. Disse precisamente che aveva accompagnato i tedeschi e che giunti a un certo punto videro della gente scappare e spararono contro di loro uccidendone alcuni. Nella circostanza ricordo che anche Nico Ambrogio disse che anche lui aveva sparato contro quelli che scappavano. Precisò di aver riconosciuto uno dei morti nella persona di certo Barbieris.
Finita la relazione, il Mangano elogiò i presenti e disse di accompagnare il Modena con due militi, ma questo rifiutò di essere accompagnato e si avviò da solo.
Documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo 
 
27 gennaio 1945
Vicino alla casa di Marsaglia, bruciata due settimane fa, c'è una casa di Piombo. Il padrone, Piombo, ha la lebbra e la moglie si chiama "Santina". In quella casa ci vanno i ribelli [...] Taggiasco ed altri non di Borello. Ci stanno di giorno. Verso le 12 - 12,30 sono lì nel cortile della casa.
Urge prendere il nipote di Sughi Pietro che si chiama "Nini" e abita dal tabacchino di Battistotti (S. Bartolomeo). Ha 16-18 anni. Lui sa dove sta lo zio "Pier de le Vigne" (Sughi Pietro). Ha detto alla mamma di D.B.: "Gliel'ho detto che scappasse. E' uno stupido! Se ne doveva andare su".
Quella tale lettera a macchina consegnata da D.B. a me è stata mandata a D.B. da questo "Nini" al quale l'ha data lo zio Pier de le Vigne. Quest'ultimo l'ha avuta dal comando di Divisione "F. Cascione".
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan,  documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo

30 gennaio 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 238, all'ispettore della I^ Zona Operativa Liguria ed al comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Segnalava l'arresto da parte dei tedeschi di alcuni appartenenti alla "banda Buzzi", tra i quali figuravano "Borgogno" e "Taganoff" [n.d.r.: Ernesto Lanteri, furiere di battaglione nella V^ Brigata], e l'uccisione di "Tripodi". "Mentre ci riserviamo farvi tenere completo rapporto a riguardo della banda dell'avvocato Buzzi entro la settimana, v'informiamo che, in questi ultimi giorni, alcuni membri della banda Buzzi sono stati arrestati dai tedeschi o dai membri delle Brigate nere. Come già comunicatovi il nominato Tripodi, membro della banda Buzzi, venne ucciso una decina di giorni or sono a San Martino, mentre si recava a compiere un'azione di prelevamento fondi. Un altro membro, Renatuccio Borgogno, figlio di G.B. Borgogno, ucciso unitamente ai fratelli Zoccarato dalle Brigate nere alla vigilia di Natale, è stato arrestato pochi giorni or sono. Sembra, infine, che un terzo membro, "Taganoff", già appartenente alle vostre formazioni, e da qualche tempo nascosto nelle vicinanze di San Remo, sia stato arruolato dal Buzzi la settimana scorsa. Anche il "Taganoff" venne misteriosamente sorpreso dalle brigate nere alcuni giorni or sono e arrestato".
7 marzo 1945 - Dalla Federazione provinciale di Imperia del PCI al Triumvirato Insurrezionale del PCI per la Liguria - Comunicava che ... l'autorità fascista era in crisi  e lamentava "una mancanza di comando coerente"; che il prefetto, pur "consapevole dei suoi crimini, continua sulla solita linea, non affiancato dal questore, che si mantiene neutrale"; che a Sanremo il capo delle Brigate Nere, Mangano, si vantava di aver formato il suo gruppo esclusivamente con ex partigiani e che ciò era vero perché si trattava di uomini delle vecchie SAP rastrellate, inseriti nelle squadre fasciste...
da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), "La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945)" - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 
Moretta Eugenia: nata a Torino il 28 agosto 1908, ausiliaria nella Brigata Nera "Padoan"
Interrogatorio del 28.5.45:
Sono stata nella ausiliarie negli ultimi 4 mesi e più precisamente dal 22/2/1945. Riconosco le seguenti nominate come appartenenti alle ausiliarie: Botto Angela, Minoccio Rosa (Vice Comandante), Bosso Maria anni 18 di Torino, Santinon Amalia, anni 25 timbro virile, denti guasti, Matteoni Bianca, fidanzata del Comandante Musso, grassoccia, 21 anni, sempre armata. Non ricordo di aver detto ciò che afferma il Ten. Folgore che io dissi, a villa Magnolie [n.d.r.: di Sanremo, sede della G.N.R.], che avrei avuto piacere a partecipare a rastrellamenti contro i patrioti che io consideravo delinquenti. Io prestavo servizio negli uffici del comando della brigata nera ad Imperia dove sono rimasta fino all’ultimo giorno [...]
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione. Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia, StreetLib, Milano, 2019 

venerdì 25 novembre 2022

Un lancio alleato che non era stato destinato ai partigiani imperiesi

Rifugio Mongioie. Fonte: Mapio.net

Il mattino del 16 [novembre 1944] lasciammo Viozene [Frazione di Ormea (CN)]. Discutemmo un po' sulla via da tenere. La strada della Fascette era la più breve, ma forse era gelata. Pure parecchi di noi avrebbero voluto passare per Upega a salutare le tombe di Cion, Giulio e di tanti compagni noti ed ignoti. Scegliemmo infine l'altra via, quella del varco del Tanarello. Marciammo fino al pomeriggio, conoscevo la strada per averla fatta il 13 agosto. Pure quel giorno mi parve più lunga e più triste. Anche qui, come già oltre il Mongioie, alberi spogli e cumuli di foglie, fango gelato, ghiaccio e squallore.
Superato il varco del Tanarello trovammo una colonna di muli che bloccava il sentiero: erano le bestie che le popolazioni di Pigna, Langan, Triora avevano affidato alla V^ Brigata quando i tedeschi avevano cacciato i partigiani dalle retrovie del fronte francese. Erano sessanta muli che ci avevano seguito nella ritirata: «Se un giorno tornerete ci ridarete le nostre bestie. Se saranno morte pazienza, tanto se restano qui le prenderanno i tedeschi...», avevano detto i contadini di Pigna, ma ora i partigiani della V^ tornavano con i muli verso il sud. Chissà per dove erano passati? Forse per Val Casotto, non certo per il Bocchino. Anche la strada del Tanarello era in qualche punto impraticabile per i muli, solo le pecore vi passavano facilmente. Quelli della V^ vi si erano inoltrati restando bloccati. Dovemmo così lasciare la strada più breve ed inerpicarci sulla mulattiera di Baussun, il percorso era così allungato di qualche ora. Salimmo con la colonna fino in cresta, poi l'abbando­ nammo per scendere lungo il ripido pendio e raggiungere di nuovo il fiume. Passammo da Baussun dove in settembre c'era Battaglia con i suoi; ora i casoni erano deserti. Il tetto sfondato, la paglia fradicia.
Marciammo ancora a fondovalle per raggiungere Piaggia, intorno sempre lo stesso abbandono: fuochi spenti, carbonaie abbandonate, casolari deserti: dove i mesi scorsi ferveva la vita ora il freddo sole invernale stentava a fondere i ghiaccioli che ogni notte sulle rive del fiume si riformavano più spessi. Solo i partigiani si aggiravano ormai tra i rami stecchiti ed i pascoli brulli: il vento gelido delle cime ha spinto pastori e boscaioli verso il mare.
Ecco un gruppo di uomini che viene verso di noi sul nostro sentiero. Chi sono? Partigiani. Li abbiamo riconosciuti subito perché ci siamo accorti della loro presenza a breve distanza: il sentiero corre nel bosco.
Sono uomini di Martinengo, ci salutiamo, poi continuiamo il cammino. Ho già visto il primo di loro da qualche parte, non ricordo dove, poi marciando rammento: è lui, Nasone, il commissario di una banda della V che per conto di Turbine avevo cercato a Case di Nava [nel territorio del Comune di Pornassio (IM)] il 10 luglio. Giungiamo a Piaggia alle tre, troviamo Curto, Boris, Achille e qualche altro del comando divisionale. Pantera e gli altri del comando I^ Brigata erano partiti qualche istante prima verso la Val di Triora alla ricerca del gruppo di Osvaldo e Pablo. Scorgemmo il gruppo di Pantera che saliva rapido per la mulattiera che portava alla cima del Frontè, non ci sarebbe stato possibile raggiungerlo, eravamo stanchi e Pantera aveva un particolare motivo per sbrigarsi: i contadini, che avevano visto le giacche militari dei partigiani della V Brigata che erano con noi, gli avevano segnalato che un forte nucleo di tedeschi o repubblicani si avvicinava a Piaggia.
Sostammo a Piaggia. Poco dopo di noi giunse il dottore e comunicò di aver visto nel bosco dei paracadute impigliati nei rami. Era bene mandare degli uomini a controllare ed in caso a recuperare il materiale.
Perché gli alleati avevano effettuato un lancio in quella zona deserta? A chi era diretto? E' possibile che qualche fuoco acceso da sbandati abbia tratto in inganno gli aerei. Comunque quello era per noi il primo lancio! Qualche illusione, qualche speranza, ma per poco: non c'era niente di utile per noi, solo bombe di mortaio di un tipo inglese. Le seppellimmo, avremmo avvertito i badogliani, forse avremmo potuto combinare con loro qualche scambio, poi recuperammo i paracadute.
Curto e Boris partirono anche loro verso Triora. Noi restammo ancora. Era inutile inseguirci l'un l'altro, non ritenevamo probabile che il gruppo Osvaldo fosse in Val di Triora, fuori della zona della I^ Brigata: fin quando non avessimo saputo con precisione dove fossero ambedue i nuclei del comando I^ Brigata non ci saremmo mossi da Piaggia.
Il 15 passammo il Mongioie, il 16 rimanemmo a Viozene, il 17 giungemmo a Piaggia, il 18 partì Curto. Poco prima della partenza di Curto anche il dottor Caduceo e Cobra l'infermiere ci lasciarono. Ne avevano avuto autorizzazione dal Curto. Motivi di salute, hanno detto, in realtà le incognite della situazione e lo spostarsi in zone a loro poco note avevano fiaccato il loro morale. Caduceo sarebbe tornato a Viozene dove la popolazione mancava di dottori, Cobra lo avrebbe accompagnato. Non erano i primi e non sarebbero stati nemmeno gli ultimi compagni a lasciarci. Cobra mi affidò una valigetta con pochi medicinali. Io gli diedi una mia giacca, ci abbracciammo.
Eravamo stati buoni compagni perché rari erano gli studenti fra i garibaldini e la sua partenza mi rattristò. De Marchi e Gazzelli erano morti, Caduceo ci lasciava, la I^ Brigata restava così senza dottori, solo con Libero che era ancora uno studente di medicina, ma nessuno d'ora in poi sarebbe rimasto con noi se non per sua volontà. Purtroppo anche lasciando le formazioni partigiane gli ex San Marco non cancellavano il loro passato, venivano solo a perdere l'appoggio che, malgrado tutto, eravamo ancora in grado di dare con la nostra organizzazione e le nostre povere armi. Cobra e Caduceo si fermarono nell'alta Val Tanaro sperando di trovarvi una relativa sicurezza. Fu un errore che avrebbero scontato amaramente.
Passarono altri cinque partigiani, avevano lasciato la loro banda a Montegrosso di Mendatica, anche loro abbandonavano la lotta: la Cascione si andava lentamente sfaldando.
Un gruppo di noi era ancora occupato nel bosco col materiale del lancio quando scese la sera. A Piaggia eravamo rimasti in tre: Luigi, Cappello ed io.
Luigi era anziano, l'avevo conosciuto la sera del 2 luglio nel bosco di Rezzo quando ci eravamo presentati al comando garibaldino; Luigi quella sera aveva cantato la nostra canzone Katiuscia che io udivo allora per la prima volta. Chissà se se ne ricordava. Luigi si sarebbe fermato a Piaggia dove aveva delle conoscenze, Cappello ed io esitammo. L'ambiente di Piaggia era già freddo in ottobre; al nostro ritorno poi erano sorte divergenze col Curto per la scomparsa di zucchero ed altro materiale di Faravelli che prima dell'ultimo rastrellamento era stato affidato a civili. La popolazione, che, come abbiamo visto, si era allarmata credendoci tedeschi, pareva in quei giorni angustiata dalla nostra presenza: pure non avrebbe dovuto preoccuparsi per rappresaglie tedesche. Non ne aveva subite in ottobre per quanto il nemico avesse scoperto che era stata sede del nostro comando. Un contadino infatti era stato preso con un permesso di circolazione del comando della Cascione. Interrogato aveva portato i tedeschi all'albergo Saccarello dove il lasciapassare gli era stato consegnato. Le SS che occupavano il paese si erano limitate ad arrestare Pastorelli, proprietario dell'albergo ed a condannarlo a morte per un ordine del comando geoerale che prevedeva tale pena per tutti coloro che ospitavano partigiani. Anche Pastorelli si salvò, perché le SS lasciarono il paese ed il reparto di fanteria subentrato si convinse che l'albergo poteva esser stato da noi occupato senza il consenso del proprietario. Al posto del padre arrestarono il tredicenne figlio Pietro. Lo portarono nelle caserme di Tanarello nella neve e poi di nuovo a Piaggia a pelare patate fino allo sgombero del paese. Cosa la gente di Piaggia abbia pensato dell'imprevedibile contegno tedesco non saprei, era però evidente che aveva paura di noi e così prendemmo un po' di riso e di farina, resti di quella nascosta prima del rnstrellamento, e partimmo per Valcona dove avremmo trovato una famiglia amica che già in passato ci aveva accolto.
La strada per Valcona era coperta di uno strato di ghiaccio, il sentiero percorso decine di volte al buio o con la pioggia era diventato insidioso in pieno giorno. Rivedemmo Seppà dove era stato il comando della I^ in agosto: i due casoni erano deserti, gli usci scardinati. Ecco: lì erano state le stalle, qui il dormitorio; c'era ancora un po' di paglia, e lassù erano gli uffici: c'era ancora il rustico parapetto di legno costruito da noi. Sulla strada la fontana gettava sempre acqua, solo la vasca era in più punti gelata.
Proseguimmo, il rumore dei nostri passi era l'unico suono nel freddo crepuscolo. Anche a Valcona silenzio: che fossero partiti tutti?
Ecco il nostro ospedale, vediamo che ne è stato. La villetta esiste ancora, non l'hanno bruciata. Lì ci fermammo con Turbine il 4 luglio durante il temporale, lì sostai dal 1 al 9 settembre quando De Marchi vi curava i feriti. Ora De Marchi è nel cimitero di Upega. Che ne sarà stato della moglie di Curto e di quell'altra ragazza bionda che ci curavano? Come si chiamava? Silvana mi pare; doveva essere un'infermiera diplomata tanto era brava ed attiva.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980

giovedì 17 dicembre 2020

Consistenza delle forze nazifasciste nel ponente ligure al 24 marzo 1945

Una vista dalla collina della Cipressa sino ad Imperia e a Capo Berta

24 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 109 [responsabile Livio Ugo Vitali], al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Riferiva che ad Ortovero (SV) si trovavano un ufficiale, 5 sottoufficiali e 54 militari nemici, oltre a 40 cavalli e 15 carri e che da Nava giungevano una volta a settimana a Pontedassio (IM) circa 10 carri che, dopo un pernottamento, ripartivano per il Piemonte con viveri procurati sulla costa, formando una colonna priva di scorta, mentre gli uomini addetti a quel trasporto erano quasi tutti polacchi, serbi, sloveni, russi.
 
Pontedassio (IM): strada statale n° 28 del Col di Nava

24 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 110, al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Riportava quanto già reso noto con proprio documento prot. n° 1/85 del 10 marzo 1945 per quanto riguardava le forze tedesche che presidiavano la zona. Aggiungeva:
"Oggetto: Dislocazione delle forze tedesche e fasciste.
Fascia costiera:
24° divisione tedesca “Renana” (su 3 reggimenti);
107° reggimento che presidia da Ventimiglia a Sanremo;
203° reggimento che presidia da Sanremo a Imperia;
80° reggimento che presidia da Imperia ad Albenga:
Di questo ultimo, un battaglione è schierato tra Albenga e Alassio con una forza di quattro compagnie. Altro battaglione denominato “Winter”, anch’esso su quattro compagnie, è schierato da Alassio fino a Imperia. Ciascun battaglione ha un seguito di artiglieria, flak, mortai, panzerfaust.
Brigata Nera:
I compagnia - tra Cervo (posto di blocco) e San Lorenzo;
II compagnia - tra San Lorenzo e Sanremo;
III compagnia - tra Ospedaletti e Ventimiglia.
Ogni compagnia ha un organico di circa 105 uomini ed è suddivisa in squadra e plotoni. Ogni squadra ha a disposizione un mitra, ogni plotone una mitragliatrice pesante. Armamento individuale: moschetto 91 T.S (tipo cavalleria).
Battaglione di bersaglieri:
Compagnia comando a Bordighera.
3 compagnie dislocate al fronte tra Ventimiglia-Latte ed il Grammondo.
2 compagnie in copertura (riposo) tra San Lorenzo e Riva Santo Stefano.
Armamento come quello della brigata nera. Ogni compagnia dispone di 5 mortai.
Guardia Nazionale Repubblicana:
una compagnia - tra Ventimiglia e Sanremo;
una compagnia - tra Sanremo e Imperia;
una compagnia - ad Imperia addetta all’ordine pubblico;
una compagnia - ad Imperia, come compagnia provinciale dell’esercito.
Armamento come le precedenti. Organico sui 105 uomini.
Dislocamento delle truppe nemiche nel retroterra:
- Pieve di Teco: dai 250 ai 300 tedeschi. Quartier generale nella Villa “Faravelli” a Nava
- Muzio: circa 30 tedeschi pionieri per la riattivazione del ponte di Vessalico
- Cesio: circa 40 tedeschi. Continuano i lavori per la costruzione di camminamenti e trincee nonché postazioni anticarro. Colle San Bartolomeo sorvegliato.
- Chiusanavecchia: (Chiusanavecchia, Sarola, Bestagno, Villa Viani, Villa Guardia) con presidi aventi una forza a volte fissa ed a volte variabile (circa 200 uomini).
- Pontedassio: circa 60 tedeschi adibiti ai lavori dei magazzini viveri.
- Diano Marina: OrstKommandatur lungo la via Aurelia. In località “Chiapasso” comando della 7° compagnia. In regione Cava a Poggiolo vi è una postazione di due mortai.
- [n.d.r.: fatta eccezione per Capo Berta e Cervo, le notizie che qui seguono si riferiscono a località del ponente della provincia di Savona, comunque di competenza della I^ Zona Operativa Liguria] Andora: OrstKommandatur e comando della 5° compagnia (villa del Marchese) la truppa è dislocata nelle vicinanze di Andora.
- Capo Rollo (Villa Genta): 15 tedeschi di guardia alle mine della strada.
- Capo Berta: batteria da 75/27 con organico di circa 100 uomini.
- Capo Santa Croce: batteria da 75/27 con organico di circa 100 uomini.
- Capo Mele. 25 tedeschi con 4 mitragliere da mm 20; stazione radio trasmittente e ricevente.
- Molino Nuovo: posto di blocco costituito da 5 tedeschi (1 Majerling, 1 Ta-pum automatico, 1 machinen-pistole, 4 ta-pum).
- Cervo: posto di blocco costituito da 22 italiani e 6 tedeschi (3 mitra, 17 moschetti e bombe a mano).
- Vegliasco: circa 35 tedeschi in comunicazione con Villa Chiappa ove trovasi radio-trasmittente.
- Garlenda: circa 40 tedeschi con altrettanti cavalli.
- Cisano, Salea, Leca, Bastia: forza dislocata, circa 300 tedeschi. Batteria in postazione
- Ortovero. 60 tedeschi con carri e cavalli"
Il responsabile SIM Livio".
 
24 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 357, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed al comando della II^ Divisione - Riferiva le notizie avute il 22 marzo dal CLN di Sanremo prot. n° 485/SIM: "a partire dal 25 p.v. 400 soldati tra tedeschi e Brigate Nere partiranno per tre giorni per effettuare un rastrellamento tra Beusi e Ciabaudo [Frazione di Badalucco (IM)]".

24 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 358, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed al comando della II^ Divisione - Segnalava che il CLN di Sanremo comunicava che era necessario fissare una riunione tra "R.C.B." [capitano Robert Bentley], il Comando Operativo della I^ Zona Liguria, il comando della II^ Divisione, il commissario ed il responsabile SIM della V^ Brigata, gli organi militari ed il SIM del richiamato CLN, indicando come data possibile il 28 marzo.
 
24 marzo 1945 - Da "Leandro" della Federazione del PCI di Imperia al comandante "Curto" [Nino Siccardi] - Comunicava che erano 15 i rifugi segreti in cui erano stati celati i materiali ricevuti con aviolanci alleati su Pian Rosso; che in seno al CLN di Imperia si erano formate le commissioni per l'alimentazione e per il trasporto; che i tecnici avevano chiesto un colloquio con il CLN di Cuneo, evenienza che poteva essere favorita da "Curto" stesso; che Cuneo probabilmente sarebbe stata l'unica provincia su cui quella di Imperia avrebbe potuto fare affidamento per le riserve alimentari e per i trasporti, visto che Alessandria avrebbe dovuto provvedere a Savona ed a Genova; che quelli appena riferiti erano progetti per il futuro che "servono a ribadire agli alleati-amici che il CLN di Imperia ha serie intenzioni per l'avvenire".
 
25 marzo 1945 - Dal comando della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che erano 15 i rifugi segreti in cui erano stati celati i materiali ricevuti a Pian Rosso [Località di Viozene, Frazione di Ormea (CN)] con l'aviolancio alleato del giorno prima.
 
25 marzo 1945 - Dal capo di Stato Maggiore ["Gianni Ro", Giuseppe Viani] del Comando Operativo della I^ Zona Liguria alle formazioni SAP - Affermava che per ragioni non dipendenti dal mittente non avevano "avuto un fruttuoso seguito" gli accordi raggiunti il 27 dicembre 1944 tra il comando SAP ed il Comando Operativo della I^ Zona Liguria; che, pertanto, la collaborazione operativa si sarebbe attuata con azioni dimostrative e dirette, "predeterminate con le formazioni" garibaldine che avrebbero provveduto a fornire le munizioni da usare; che la "collaborazione attiva" era in quel momento "ostacolata dalla mancanza di munizioni e armi"; che, tuttavia, potevano essere raggiunti "ottimi risultati nel campo informativo, vitale per l'attuazione della guerriglia"; che i sapisti, "svolgendo la loro normale attività", erano a stretto contatto con il nemico; che era necessario estendere a tutta la provincia la rete di informatori; che servivano notizie riguardo al nemico sulle postazioni, sulle fortificazioni, sui lavori campali, sui presidi, sui magazzini, sui movimenti; che il servizio informazioni doveva essere esteso a tutti i sapisti e non lasciato al solo SIM [Servizio Informazioni Militari]; che ad ogni squadra doveva essere assegnato un territorio; che per "il reperimento delle notizie" si era dimostrato fruttuoso il sistema adottato dalla Brigata SAP di Diano Marina, il cui commissario passava giornalmente dai suoi informatori a raccogliere le notizie; che un commissario di Brigata SAP aveva l'incarico "di vagliare le notizie ricevute vagliandone l'importanza"; che dopo il predetto vaglio le informazioni dovevano essere trasmesse ai livelli competenti delle formazioni partigiane; che era ormai vitale instaurare uno stretto collegamento tra ogni Brigata SAP con una formazione garibaldina.

25 marzo 1945 - Dal comando della Divisione SAP "Giacinto Menotti Serrati" al CLN provinciale di Imperia - Segnalava che i tedeschi stavano usando "tutti i mezzi possibili per ammassare il maggior quantitativo di olio possibile; pare, addirittura, che ne vogliano portare via 60.000 quintali, anche se non ci riusciranno. Tuttavia, anche se ne asportassero solo qualche quintale sarebbe un grave danno per la già provata economia della zona che non ha altre risorse". Comunicava che i tedeschi avevano avuto diversi allarmi navali e che durante la notte precedente avevano "applicato le micce alle mine". Riferiva che in un incontro con "Giorgio" [Giorgio Olivero, comandante della Divisione "Silvio Bonfante"] era stato preso l'accordo di interrompere per brevi tratti sia la via Aurelia sia la ferrovia, ma che per motivi sconosciuti tali azioni concertate non erano state effettuate.
 
25 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] del CLN circondariale di Sanremo, prot. n° 496, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed alla Sezione SIM della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che a Baiardo, avendo messo posti di blocco e sbarramenti intorno all'accampamento, i 47 bersaglieri di guarnigione sembravano terrorizzati; che in montagna salivano spesso "Pisano" e "Rollero" [spie nemiche]; che era stata "a San Remo costituita di recente una squadra speciale composta da elementi già facenti parte delle SS tedesche in Francia: sono prevalentemente italiani e vestono con costumi da sciatori e con un fazzoletto rosso al collo. Il loro compito è quello di svolgere rastrellamenti rapidi e improvvisi: il 24 u.s. hanno arrestato ad Andagna 6 giovani e dopo averli torturati li hanno legati insieme ed uccisi con armi automatiche". Segnalava, inoltre, che "un gruppo di individui che si dice appartenente alla II^ Brigata [n.d.r.: "Nino Berio" della Divisione "Silvio Bonfante", in effetti ubicata molto più a nord-est] taglieggia le persone nei dintorni di San Remo" [...].
 
da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), "La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945)" - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 - 1999
 
Da inizio 1944, assegnato all'ArmeeAbteilung Von Zangen dell'Heeresgruppe C, l'Armee Korps LXXV ha avuto il compito di difendere l'arco alpino occidentale, anche quale Unità di pronto impiego, e fino a metà estate ha presidiato anche il Settore tra il Principato di Monaco e i territori di Imperia e Savona. Costituita il 2 agosto 1944 l'Armata Liguria, il LXXV Armee Korps ne entra a far parte con in organico la 5.Geb D (85.Reg e 100.Reg), oltre la 148.Reserve D e l'8.Geb.D. Queste ultime vengono sostituite. La prima il 22 novembre 1944 dalla 34.ID e dalla Div. Littorio che ha alle dipendenze Reparti minori, tra essi il Btg. Bassano (doc. D) e il Gr. Art. Vicenza ma non il Btg. Tirano (aggregato all'85. Reg) ambedue della Div. Monterosa, e la seconda l'11 febbraio 1945 dal grosso degli Alpini della Div. Monterosa, compresi i Servizi. La Div. San Marco, dal rimpatrio alle dipendenze dell'Armee Korps Lombardia (per sei mesi comprende anche la Div. Monterosa, impegnata in Garfagnana) ha avuto compiti di difesa costiera nel Ponente ligure senza essere schierata al Confine francese, mentre suoi Reparti hanno operato in Garfagnana Alpi Apuane (II Btg del 6.Rgt) e a Sud del Passo dell'Abetone (III Btg del 5.Rgt). La 5.Geb.D e la 34.ID hanno inserito nei Gruppi da Combattimento di prima linea Battaglioni e Gruppi di Artiglieria delle Divisioni della RSI.
39/45 MAGAZIN, Editions Heimdal, Bayeux, Normandia, n. 21, ottobre 1987
 

lunedì 6 gennaio 2020

Nello scontro di Fontanili vengono uccisi Pof, Mondre e Leone


Fontanili, Località di Carpasio, oggi unico comune di Montalto Carpasio (IM) - Foto: Gina De Guido

10 gennaio 1945 - P.C.I.: problemi di oggi: dieci pagine ciclostilate in cui erano riportate le discussioni avvenute nell'ultima conferenza del Triumvirato Insurrezionale [Triumvirato insurrezionale ligure, organo interno del PCI, il quale aveva sede in Genova ed era appunto l'organo supremo per la direzione politica e militare del Partito Comunista in Liguria... Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia].

10 gennaio 1945 - Dalla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante" [sezione comandata da Livio, Ugo Vitali] al Comando della I^ Zona Operativa Liguria - Veniva fatto un elenco di 11 nominativi di spie, di cui 2 appartenenti alle Brigate Nere, 6 alla G.N.R. [Guardia Nazionale Repubblicana], 2 alle SS italiane ed 1 definito "squadrista della prima ora".

10 gennaio 1945 - Dal comando della II^ Brigata "Nino Berio" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Relazione sull'attacco nemico dello stesso giorno a Gavenola [Frazione di Borghetto d'Arroscia (IM)]: "il nemico era già vicino quando alcuni contadini avvertirono del suo arrivo; solo un partigiano è stato arrestato e pare abbia "cantato"; il nemico, rientrando alla base, svaligiava una casa".

11 gennaio 1945 - Dalla sezione S.I.M. della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" [sezione comandata da Brunero, Francesco Bianchi] della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 260 S.I.M., al comando della II^ Divisione - Comunicava che a Sanremo (IM), Arma di Taggia e Taggia la forza nemica risultava invariata e che gli uomini di truppa nemica spostati da Carpasio a Montalto [oggi unico comune di Montalto Carpasio (IM)] erano 150.

11 gennaio 1945 - Dal comando del VI° Distaccamento al comando del II° Battaglione della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che in quel giorno nello scontro di Fontanili [località di Montalto Carpasio (IM)] erano stati uccisi "Pof" [o "Fol", Lucio Ferlisi], "Mondre" [Pasquale Nisco, nato a Partinico il 23 settembre 1923] e "Leone", che "Sicilia" [Salvatore Carubia, intendente di Battaglione] era riuscito a fuggire, che "Perto" era passato al nemico. [Un successivo documento del comando del II° Battaglione indirizzato al comando della IV^ Brigata informava che "Sicilia", preso dal nemico, cui si era offerto come ostaggio, aveva resistito senza tradire i compagni a 8 giorni di torture].

11 gennaio 1945 - Dal comando del II° Battaglione al comando della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione - Relazione... Per quanto concerneva l'episodio di Fontanili veniva precisato che una squadra comandata dal commissario Giulio [Luigi Fittipaldi, commissario di Distaccamento del II° Battaglione] era stata, mentre era in cerca di viveri, sorpresa da pattuglie fasciste, informate da delatori,  e che i garibaldini caduti, prima di essere uccisi, vennero torturati.

da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999

... val la pena di segnalare l’operazione antipartigiana, avvenuta tra il 6 e il 29 gennaio 1945 in provincia di Imperia, sotto il comando della 34ª divisione di fanteria; sul terreno furono impegnati l’80° reggimento granatieri e il gruppo di combattimento Klingelmann per i tedeschi; per i salodiani il raggruppamento Cacciatori degli Appennini. Il risultato sarebbe stato di 17 morti, 1 ferito, 14 prigionieri tra i partigiani, unitamente alla cattura di 200 renitenti alla leva.
Fiammetta Balestracci, Rastrellamenti e deportazione in KL nell’Italia occupata 1943-1945 in Il libro dei deportati, Vol. 4: L'Europa sotto il tallone di ferro. Dalle biografie ai quadri generali, Ugo Mursia Editore, 2015