mercoledì 26 marzo 2025

A Pontedassio la forza nemica variava da 70 a 150 tedeschi

Pontedassio (IM)

Pontedassio
(ab. 1807, cens. 1951)    
(con le frazioni Bestagno, Borgata Monti, Villa Guardia e Villa Viani)

L'8 settembre 1943, giorno dell'armistizio, era di presidio sul territorio del Comune un Battaglione di artiglieria del Regio Esercito, che si disperse all'arrivo dei tedeschi. Pochi giomi dopo, una ventina di giovani di Pontedassio si portavano in località Monti dove rimanevano circa due mesi, quindi si sbandavano: alcuni ritornavano a casa, altri raggiungevano i partigiani in Piemonte, altri ancora entravano a far parte della Divisione Garibaldi "F. Cascione".
Considerata la località strategicamente importante, i tedeschi organizzavano a Pontedassio un presidio, prima di un centinaio, poi di alcune centinaia di soldati con il Platzkommandantur agli ordini dell'ufficiale Schmidt. Piazzarono batterie antiaeree nel capoluogo, a Villa Guardia e a Bestagno, dove costruirono fortificazioni e trinceramenti. Circa cinquanta tedeschi occuparono Villa Viani e insediarono nei pressi di Pontedassio un grande autoparco dove custodire i numerosi mezzi che avevano in dotazione.
A fine dicembre 1943 si aggregava ai tedeschi una squadra di una ventina di fascisti di "Ordine Pubblico" al comando di Armando Carassale. Nel gennaio 1944 giungeva nel Comune un'altra formazione della Repubblica Sociale, detta "Battaglione Genio Italiano N.1" e comandata daI tenente colonnello Gisulfo.
Il 25 luglio i soldati della III Compagnia alpina tedesca compivano un grande rastrellamento nella zona, infierendo sulla popolazione di Villa Guardia e Villa Viani e rapinando bestiame, pollame, vino, biciclette, radio e così via. Furono anche prelevati venti ostaggi poi trasferiti ad Arma di Taggia, sottoposti a maltrattamenti e rilasciati dopo quarantacinquegiorni.
Nell'agosto 1944 la Piazza di Pontedassio era comandata dall'ufficiale Schmidt.
I tedeschi occupavano le scuole ed il Comune, dove istituivano una prigione. Altro duro rastrellamento il 25 agosto successivo, durante il quale venivano uccisi i civili Felice Dani e Valente Marvaldi. Nove militari del Capoluogo, quattro di Bestagno e due delle Ville subivano la deportazione nei campi di concentramento in Germania. Gravi danni causava il nemico alla popolazione: rapine nelle abitazioni, tre case distrutte, una dozzina di casoni di campagna incendiati, quindici muli e una ventina di bovini, nonché tutti gli animali da cortile, depredati.
Nonostante la forte pressione degli occupanti sul paese, la popolazione manifestò sempre a suo modo e con vari mezzi più o meno clandestini il suo appoggio alla Resistenza. Solo nel settembre 1944, tuttavia, poté costituirsi un vero CLN, composto da Carlo Pansieri (PSIUP), presidente, Leonardo Pansieri (indipente), Napoleone Zerbone (PCI) e Carlo Risso (Partito Repubblicano), i quali, pur nella precarietà della situazione, si impegnarono a fondo nell'aiuto ai partigiani combattenti e nella difesa della popolazione dalle misure vessatorie del nemico.
Continuarono invece ad agire al di fuori del CLN gli antifascisti Nino Verda, Albino Quarti, Francesco Aicardi ed altri, tra i quali il tenente colonnello Alberto Varusio, che tenne collegamenti con il Corpo Italiano di Liberazione operante al fianco delle armate alleate.
Alla Liberazione Pontedassio veniva occupato da partigiani del II Battaglione della IV Brigata "Elsio Guarrini". La Giunta della Liberazione risultò così composta: Francesco Aicardi, sindaco, con Nicola Anselmi e Albino Quarti, assessori.
Tredici i cittadini di Pontedassio, ivi compresi una donna ed il solo caduto [Armando Gerini (Armando)], riconosciuti partigiani combattenti. Felice Scotto (Gapon) fu commissario politico della IlI Brigata "E. Bacigalupo" (VI Divisione d'assalto Garibaldi "Silvio Bonfante).
Francesco Biga e Ferruccio Iebole (a cura di Vittorio Detassis), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. V, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016, pp. 124,125

Il 10 febbraio 1945 iniziarono a concentrarsi nella zona Pontedassio-Chiusavecchia truppe nemiche, principalmente uomini appartenenti alle Brigate Nere: una parte di questi partecipò ad un rastrellamento di quattro giorni dopo.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999  

Moro Pietro: nato a Pigna il 15 gennaio 1916, squadrista della Brigata nera “Padoan”
Interrogatorio del 13.7.45: [...] Rimessomi dalla ferita, alla fine del febbraio 1945, venni inviato a Pontedassio, in servizio all’UNSA, per il controllo del conferimento all’ammasso dell’olio dove rimasi fino a pochi giorni prima della liberazione.
[...] Lorenzi Giovanbattista: nato a Ventimiglia il 17 luglio 1890, maresciallo della Brigata Nera “Padoan” ad Imperia.
Interrogatorio del 17.11.1945: [...] Verso i primi di febbraio venni inviato al distaccamento di Cervo Ligure, in servizio al posto di blocco dove rimasi per più di un mese, dopodiché venni trasferito a Pontedassio, presso quel distaccamento, con l’incarico di controllo ai frantoi per il conferimento dell’olio agli ammassi. A Pontedassio sono rimasto fino alla vigilia della liberazione, in quanto venni rilevato con un camion e seguii la sorte dell’autocolonna dei fascisti fuggitivi. [...] Allorché mi trovavo in forza al distaccamento di Pontedassio presi parte all’azione di rappresaglia avvenuta in S. Lazzaro, poiché in detta località era stato prelevato dai partigiani un milite. Nel suddetto paese venne incendiata una casa e precisamente la prima a destra entrando in paese. L’azione di rappresaglia avvenne pochi giorni prima del nostro esodo dalla Liguria.
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione. Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia, StreetLib, Milano, 2019

20 gennaio 1945 - Dal comando della I^ Brigata al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Riferiva che una squadra del Distaccamento "Francesco Agnese" al comando di Moschin [Carlo Mosca] aveva attaccato ed ucciso 3 tedeschi il 9 gennaio sulla strada statale 28 nel tratto Pontedassio-Frantoio Biscialla.
10 febbraio 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni", prot. n° 279, al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Segnalava che negli ultimi giorni in ... Pontedassio e Chiusavecchia si erano concentrati molti nemici; che a Pontedassio vi erano 10 cannoni di grosso calibro, 1500 soldati nemici, 500 cavalli, 2 stazioni radio-trasmittenti...
14 febbraio 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" al comando della Divisione "Silvio Bonfante"  - Relazione sull'attività svolta a gennaio dai Distaccamenti dipendenti dalla Brigata, nella quale si riferiva che il 9 gennaio 1945 una squadra sulla strada 28 nei pressi di Pontedassio aveva attaccato una pattuglia tedesca, uccidendo 3 soldati e ferendone 2...
21 febbraio 1945 - Dalla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 1/65, al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - ... Aggiungeva la notizia che a Pontedassio si stavano concentrando molti soldati nemici con una motivazione, quella di effettuare delle esercitazioni, che poteva in realtà celare la preparazione di un rastrellamento a danno delle formazioni partigiane.
1 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Riferiva che ... il 28 febbraio erano transitati circa 400 tedeschi provenienti da Ventimiglia e diretti a Pontedassio, tutti giovani appartenenti alla FLAC...
12 marzo 1945 - Da un informatore non individuabile alla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che a Pontedassio la forza nemica variava da 70 a 150 tedeschi...
17 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante" ['Livio' Ugo Vitali, responsabile], prot. n° 1/96, al comando della Divisione "Silvio Bonfante" ['Giorgio' Giorgio Olivero, comandante] - Riportava le notizie ricevute il 12 aprile da un informatore ed aggiungeva che il maresciallo Grot, addetto al controspionaggio tedesco, era stato trasferito da Pieve di Teco a Pontedassio...
20 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM Fondo Valle della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della I^ Zona Operativa Liguria, alla Sezione SIM della II^ Divisione, alla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che... sulla strada n° 28 il movimento nemico era aumentato, ma limitato a spostamenti da un presidio ad un altro. Che in particolare i soldati si sposatvano verso Pontedassio e Pieve di Teco, dove continuava la preparazione di costruzioni difensive.
24 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 109, al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Riferiva che ... da Nava giungevano una volta a settimana a Pontedassio (IM) circa 10 carri che, dopo un pernottamento, ripartivano per il Piemonte con viveri procurati sulla costa, formando una colonna priva di scorta, mentre gli uomini addetti a quel trasporto erano quasi tutti polacchi, serbi, sloveni, russi.
24 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 110, al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Riportava quanto già reso noto con proprio documento prot. n° 1/85 del 10 marzo 1945 per quanto riguardava le forze tedesche che presidiavano la zona. Ribadiva il contenuto della segnalazione sulle Brigate Nere fatta con prot. n°1/91 del 13 marzo 1945. ... a Pontedassio 60 tedeschi con il compito di sorvegliare i magazzini viveri...
26 marzo 1945 - Dal comando della VI Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 248, al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" - Segnalava, come riferito da informatori, che ogni settimana arrivava a Pontedassio una colonna di carri nemici per caricare viveri da portare in Piemonte via Col di Nava...
13 aprile 1945 - Dalla Sezione SIM della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 133, al comando della VI^ Divisione - Comunicava che... a Pontedassio erano rientrati i tedeschi che il 2 aprile avevano abbandonato quel presidio.
da documenti IsrecIm  in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999  

[Franco Ghiglia] Era entrato giovanissimo nel Distaccamento "Walter Berio" della 4a Brigata Garibaldi della II Divisione "Felice Cascione". Le sue imprese gli valsero il nome di battaglia di "Gigante", ma una di queste (avvenuta l'8 gennaio 1945), gli fu fatale. "Gigante" e i suoi si erano scontrati con i nazifascisti nelle vicinanze di Costa d'Oneglia. Due tedeschi erano rimasti sul terreno e i partigiani, prima di allontanarsi, avevano sepolto i due caduti. A quello scontro seguì, dopo una settimana, un massiccio rastrellamento nella zona. Franco Ghiglia e i suoi riuscirono a sganciarsi, ma "Gigante" era stato raggiunto da un proiettile ad una gamba. Costretto all'immobilità e riparato con altri quattro patrioti in un fienile, il 7 marzo il giovane vi fu sorpreso dalle SS. Qualcuno si lasciò sfuggire dell'episodio di due mesi prima e per Ghiglia fu l'inizio tormentoso della fine [...]
Redazione, Franco Ghiglia, ANPI, 25 luglio 2010

6 aprile 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della II^ Divisione "Felice Cascione" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Segnalava che il giorno prima era stato impiccato a Pontedassio dai tedeschi il garibaldino "Gigante" [Franco Ghiglia]...
da documento IsrecIm  in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

lunedì 10 marzo 2025

Nell'Albergo Miramare è installato il Comando Tedesco della Piazza

Sanremo (IM): Miramare Palace

Anche Bussana viene coinvolta in tragici episodi: il 14 [marzo 1945] gruppi di fascisti giungono nella località con mezzi motorizzati, insediano un posticcio tribunale nel palazzo scolastico per giudicare il garibaldino Roberto Muratore. All'accusa di essere partigiano, questi risponde: "Sono un padre di famiglia che ha fatto una scelta, voi avete fatto la vostra, io ho scelto quella della libertà, dell'onore, dell'Italia libera". Il Muratore è condannato a morte dal tribunale che è presieduto da Aldo Vandone, maggiore della GNR. Condotto nel Parco della Rimembranza, dietro al monumento, è legato su una sedia e alle ore 13 una scarica lo uccide.
Il garibaldino Fulvio Vicàri (Lilli), era addetto allo svuotamento dei proiettili accattastati nella polveriera di Val Gavano: l'esplosivo ricavato veniva utilizzato dalle formazioni partigiane per opere di sabotaggio (distruzione di ponti, strade e così via). Purtroppo, durante il lavoro di ricupero, un proiettile esplode e lo uccide. Il tragico episodio si verifica il 15 marzo. Fulvio Vicàri era stato un bravo combattente tanto da venire insignito di medaglia d'argento al valor militare, alla memoria, per attività partigiana.
Il giorno 16, alcuni partigiani della V Brigata attaccano una carretta nemica che sta scendendo da Carmo Langan, due tedeschi subiscono gravi ferite; la carretta è di scorta ad una trentina di uomini diretti verso Pigna. A quanto pare, i rastrellamenti dovranno continuare perché a Sanremo giunge nuovamente il famigerato maggiore Kruemel, che già si era coperto di crimini nell'estremo ponente ligure. Nonostante ciò, il morale del nemico diventa sempre più basso e il CLN della città ne approfitta lanciando manifestini di propaganda, quasi quotidianamente, che giungono anche tra le forze armate nemiche tramite infiltrati. Inoltre questi manifestini sono lanciati anche a Bussana, Taggia, Ospedaletti, Bordighera ed in altre località costiere e del retroterra.
A metà mese, per ragioni tattiche e strategiche, il Comando I Zona Operativa Liguria, che doveva avere sempre presente un quadro della dislocazione e degli accantonamenti delle forze nemiche nella zona di operazioni della V Brigata, invitava il garibaldino Franco Bianchi (Brunero), responsabile del SIM della Brigata stessa, a compilare tale quadro il quale inseriamo in questo capitolo come testimonianza documentale di notevole importanza, poiché serve per avere una visione completa della lotta che si è svolta in quel periodo. Il "Brunero" comunica al Comando della I Zona una relazione la quale recita: "Ad Arma di Taggia non esiste alcun presidio nazifascista. Completamente vuota è la Caserma Revelli. A Taggia il presidio è composto da una trentina di Tedeschi e da una diecina di militi della Pubblica Sicurezza. Parte dei Tedeschi che componevano tale presidio, sono partiti per Imperia, in questi ultimi giorni, per proseguire poi per Genova. I rimasti avrebbero dovuto seguirli dopo pochi giorni. Invece, a causa di un contrordine, la partenza è stata rimandata. Sembra che ciò sia dovuto ad un probabile sbarco alleato nel tratto di costa tra Albenga e Savona. Nella Villa Cipollini, ubicata tra Arma e Taggia, opera il Comando Tedesco che comprende una trentina di militari, con armamenti automatici. In zona denominata "Borghi" è piazzata una batteria composta da quattro pezzi da 105/17, i quali sono dotati di circa 130 proiettili per pezzo. Nella stessa zona ad opera della impresa Paladino vengono eseguiti lavori militari consistenti in camminamenti, riservette, postazioni e così via. All'altezza del 4° chilometro della strada provinciale che da Arma porta a Triora, i nazifascisti stanno sempre costruendo delle postazioni. A Taggia è già pronto il materiale occorrente per la ricostruzione dei ponti della Valle Argentina, distrutti dai partigiani. Quanto prima questi lavori dovranno avere inizio. Badalucco, Montalto e Agaggio non sono presidiate da forze nemiche. Naturalmente, però, delle pattuglie eseguiscono delle puntate in dette località. Molini di Triora è presidiata da una trentina di fascisti e da una diecina di Tedeschi. Il comando del presidio trovasi nella casa del Municipio. Ad Andagna non esiste presidio. Le truppe di stanza a Sanremo e dintorni si posso valutare a circa duemila unità. Queste formerebbero la prima riserva per il fronte. Nell'Albergo Miramare è installato il Comando Tedesco della Piazza. Al Castello Devachan trovasi la SS tedesca. In detto castello dopo la tortura sono uccisi i partigiani catturati ed i civili in ostaggio. Nei giorni scorsi il castello è stato colpito durante un bombardamento aeronavale alleato. La Villa Hauber è adibita a prigione della SS tedesca. L'Albergo Mediterraneo è occupato da forze tedesche e la sua piscina è adibita a deposito di munizioni. A Madonna della Costa, nei Giardini Elena, sono piazzate tre batterie contraeree, due da 20 mm. ed una da 37 mm., due cannoni da 87 e due da 90. Sulla passeggiata Trento e Trieste sono stati costruiti quattro bunker con quattro cannoni. A Ceriana il presidio è composto da quattro capitani, tre tenenti, un sottotenente, due marescialli ed una quindicina di sergenti. Gli uomini di truppa della Repubblica Sociale ammontano ad una cinquantina, i Tedeschi ad una diecina. Baiardo, come è noto, è presidiata da trentasette bersaglieri ed alcuni Tedeschi. Pigna è presidiata da un centinaio di Tedeschi, così Isolabona. A Dolceacqua i nazifascisti hanno circa duemila uomini, e hanno in dotazione un numero notevole di quadrupedi. Carmo Langan è presidiata da settanta tedeschi i quali sono adibiti alla costruzione di postazioni. La strada Marta - Sanson - Grai è controllata dai nazifascisti. Nella valle di Vallecrosia si notano due batterie ed un centinaio di uomini. A Borghetto c'è un autoparco con una ventina di automezzi. Sulla spiaggia di Bordighera sono dislocati cinque siluri umani, di fronte al mercato del pesce. Allo sbocco dell'ultima galleria di Ospedaletti si trovano sempre due cannoni e due mitraglie. A Bordighera, presso Capo Ampelio, posto di blocco tedesco. Nell'ultima galleria verso Sanremo, è ricoverato il treno armato tedesco. Tutti i rifornimenti che arrivano in Val Nervia partono da Sanremo. Quasi giornalmente apparecchi alleati eseguiscono incursioni sulle zone di Sanremo, Ospedaletti e Bordighera. Nelle stesse zone frequenti si verificano bombardamenti navali degli Alleati. Forte attività aerea si nota pure nella zona Briga - San Dalmazzo".
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV: Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005, pp. 241-244

domenica 23 febbraio 2025

I più dei suoi paesani credono che l'inizio del suo essere perseguitato sia stata la notte in cui di cattiva voglia recò il bottino partigiano della B.2

Andagna, Frazione di Molini di Triora (IM). Fonte: Pro Loco di Andagna

L'uomo Saluzzo e la sua odissea
Uomo dal comportamento fiero, dall'incedere solenne, quando lo conobbi era carico di anni; alquanto curvo, portava un logoro capello nero: era amico di mio padre Francesco ma freddo verso di noi. Ancora oggi sono alla ricerca di ricordare un suo gesto grazioso o un frutto donato. Facoltoso a non dirsi per i tempi che correvano, fratello del vecchio parroco defunto don Saluzzo e del padre Scolopio Francesco, cantore assiduo nella parrocchiale. Coltivava le terre - buona la vigna -, e frequentava le fiere. In vallata aveva fama di attento sensale ma, nel contempo, di uomo dal giudizio facile e pretenzioso. Con il tempo mi convincerò che origine delle sue disavventure sia stata la troppa avidità nel chiedere e l'avarizia nel dare.
Alcuni lo chiamavano l'ebreo, altri Pepin u Brugu - nomignolo a camicia - poiché il brugo è un virgulto che si spezza ma non si piega. La sua vita si spezzò quando volle il Buon Dio: morì nel suo letto all'annosa età di anni novantatre e mesi cinque. Vide per anni ancora i falliti carnefici; forse rise loro in volto.
I più dei suoi paesani credono che l'inizio del suo essere perseguitato sia stata la notte in cui di cattiva voglia recò il bottino della B.2 [n.d.r.: i partigiani avevano prelevato un mitragliatore, sei moschetti, casse di munizioni, dinamite, viveri, una macchina da scrivere nella santa barbara repubblichina, sita nelle vicinanze di Andagna e denominata B.2] ad ignota destinazione; altri perché era egli il padre di un ispettore di Dogana in Genova e ufficiale della milizia in Torino poi. Perché non indagare per trovare il vero, alla ricerca di qualche sgarro fatto dal Saluzzo con deliberata volontà in Triora o in Molini nel suo contrattare?
Quella notte, per strade impervie e ricercate deviazioni, giunse a destinazione; scaricato il bottino, armi sotto il naso, ricevette l'avvertimento per un silenzio tombale o fossa sicura. Fece ritorno per sentieri insoliti; giunto al paese si chiuse in volontario ritiro nella sua casa. Solamente Bianca, la moglie, usciva per le necessarie commissioni.
Un giorno lo colsi nel vano dell'uscio. Lo salutai e quasi in brontolio mi disse: "Nino! Attenzione nella vita. I figli dei tuoi più cari amici possono tradirci". Alcuni anni dopo mi confesssò che, in tanto frangente, in quella notte, aveva conosciuto Ivano [Giuseppe Vittorio Guglielmo] di Loreto della famiglia dei Bacciali e due lontani suoi parenti di Triora della famiglia Saluzzo.
Ho conosciuto il Saluzzo nel bene e nel male. Bollarlo di vigliaccheria o di tradimento sarebbe indegna cosa. Né dubito che sapesse (la mia famiglia aveva casa affiancata alla sua) che mio fratello Marcello si era dato alla macchia poche ore prima di una perquisizione da parte dei Tedeschi; e, come lui, altri cinque giovani avevano scelto la strada dei monti.
Era consapevole anche del mio categorico diniego di lasciare gli studi ecclesiastici all'offerta di suo figlio che mi avrebbe avviato ad una certa e brillante carriera nella ricostituita milizia. E non era forse in un secondo tempo a conoscenza della mia attività di staffetta e del mio essere amico di Vitò [Giuseppe Vittorio Guglielmo], di Moscone [Basilio Mosconi, comandante di un Distaccamento, poco tempo dopo comandante del II° Battaglione "Marco Dino Rossi", della V^ Brigata, II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione"] e di Figaro [Vincenzo Orengo, in seguito comandante del I° Battaglione "Mario Bini" della V^ Brigata]?
Nel mese di luglio del 1944, tempo della fienagione ai campi in regione Sciorella, una mattina lungo il percorso mi unii al Saluzzo che, cavalcando una mula dal pelo lucido, si recava nella masseria della Sciorella Superiore per smontare un pagliaio di fieno e deporlo nel fienile. Era la sua una masseria di un certo valore, tenuta in ordine: due casolari, una fresca fontanella, due alberi di ciliegi. Nelle tre fasce sottostanti l'abitato, segala e piantagione di patate. Poco lontano il Passo della Mezzaluna e, più oltre, tra ombrosi faggi, un bivacco e distaccamento di partigiani giunti da Imperia.
Giunto alla fontana dei Confursi salutai il Saluzzo; con breve e svelto percorso giunsi all'ovile. Mio padre era con il gregge nel bosco della Faea. Depositati nella madia i sali e fatta raccolta di alcuni formaggi e pani di ricotta, feci ritorno al paese.
II giorno seguente, erano le tre di un accaldato pomeriggio, con la cugina Francesca e amiche si blaterava del più e del meno all'ombra del portico del Pegiunrin quando sbucò dalla strada della Costa, barcollante, il Saluzzo. Era un'ombra, diafana. Privo di scarpe, con la mano sollevata pressava una straccio rossastro sull'orecchio sinistro.
Feci atto di soccorso. Sfuggì al mio tentativo e brontolando frasi incomprensibili si chiuse la porta di casa alle spalle.
Restò uccello di gabbia per una settimana. Sceso al paese il pastore Emilio Porta, suo vicino alla montagna, narrerà dell'accorso. Erano le otto del mattino quando, fattosi il Porta sulla sponda della piazzola dell'ovile, udì forti parole; vide il Saluzzo che con gesto minaccioso inveiva contro due partigiani venuti dalla Mezzaluna a chiedere olio e sale. Farlo prigioniero e togliergli le scarpe fu un tutt'uno.
Iniziarono ad andare verso l'accampamento. Giunto alle Rocce, svelto come lince il Saluzzo si buttò sotto strada e si rotolò a riccio nel rirano accompagnato da una lunga raffica di sten. Viene ferito all'orecchio sinistro. Ferito sanguinante, scalzo ma in vita. Mai avrebbe pensato essere questa avventura seme di ben altra avventura.
Erano trascorsi solo due mesi che una notte cinque partigiani provenienti dalla Goletta, alle due, bussarono alla porca del Saluzzo. Inutile fu il chiedersi per quale ragione ancora il Saluzzo. Fortuna fu che fosse ancora sveglio e al primo sferragliare alla porta, intuito il pericolo, salito sul vicino tetto, divelta una rete, penetrò nella camera dei miei genitori. Vi rimase muto e pietrificato per tutto il tempo che gli improvvisati visitatori rivoltarono la casa in cerca di denaro. Fu una ricerca infruttuosa. Uno dei cinque partigiani racconterà che, abbattuto un muro di apparente fresca costruzione, si trovò in una piccola stanza ricca all'apparenza di ogni bene: vesti da suora e sogole, libri di preghiere e un grosso malloppo tintinnante, e piccoli quadri di santi, eccetera. Aperto il malloppo, a giorno pieno, un numero di medaglie con l'effigie di Santa Rita e Santa Brigida. Nella foga si era portato fuori campo. Cose che accadono allorché si opera in fretta e al buio in casa non propria.
La moglie del Saluzzo, Bianca, quella notte era rimasta in casa. Non una molestia né una minaccia usarono gli invasori. Era la Bianca, da sempre, moglie e donna silenziosa. Richiesta della chiave della stalla e della cantina, fu premurosa ad indicarla appesa al chiodo della vicina parete. Due partigiani si recano nella sottostante stalla; staccano la mucca Bianchina. Si cerca la strada del ritorno. Docile, silenziosa, la Bianchina li segue, ignara del suo destino. Il suo manto a chiazze bianche e marrone sarà trovato penzolante da una quercia nel torrente sotto Realdo. Il manto della Bianchina sarà oggetto di serrate inquisizioni, di pericolosa prigionia e di percosse.
"Mi spezzo ma non mi piego"
Tre fascisti, in pattuglia verso le ore undici, terminata l'ispezione al bivio delle Ferriere, percepiscono un lamento di uomo e un chiedere aiuto. Accosciato al riparo di un parapetto un uomo dal volto insanguinato tende una mano. È il Saluzzo: individuo a loro ben noto. Implora di essere condotto in Molini al Comando.
Narrerà al Capitano Cristin [n.d.r.: Francesco Christin dei Granatieri Repubblichini (1)] , che verbalizzerà, come, prelevato dai ribelli in campagna e condotto bendato in regione Gratino prima e ai Fontanin poi, venisse percosso, accusato di spionaggio, processato e condannato alla morte.
Giunto sul luogo con l'arma puntata alla schiena fu costretto a scavarsi la fossa, e a metà lavoro gli fu esploso, all'improvviso, un colpo di rivoltella alla nuca. Afflosciatosi sull'orlo della fossa fu creduto morto, e il carnefice si allontanò alla ricerca di aiuto per coprire il cadavere.
Fu miracolo che il proiettile penetrasse a lato nella mascella, spappolasse due denti e, perforando la guancia, ne fuoriuscisse al lato destro. Non fu ferita mortale. Passarono minuti, forse una mezz'ora. Il Saluzzo prese conoscenza, sanguinante si lanciò verso la carrozzabile. Alla Ferriera, indebolito, si accasciò...
Rimase in infermeria militare un mese e, quando la ferita iniziò a cicatrizzare, chiese d'essere inviato a Torino presso il figlio. Un plotone di Camicie Nere gli fece scorta nel percorso di avvicinamento, portandolo incolume sino alla ferrovia di Ceva in Piemonte.
La permanenza nella città di Torino, alle Molinette, fu lunga e protetta. Disfatte la bende, uccello redivivo, si reca a Taggia presso la Colonia agricola di don Truffa. Lavora in attesa che si plachino i venti. Farà rientro ad Andagna. Lo ghermirà la morte alla bella età di novantatre anni e mesi cinque.
Don Nino Allaria Olivieri, Seconda parte: Andagna - Fatti e Misfatti (1944-1945), in Aa.Vv., Memorie. Diari 1940-1945 , Alzani Editore, 2011, pp. 71-74


(1) Ironia tragica della storia, Christin aveva combattuto il 10 settembre 1943 a Porta San Paolo di Roma. A quanto pare non ebbe rimorsi per le efferate azioni da lui comandate come ufficiale repubblichino nel ponente ligure. Francesco Christin scrisse un libro, Con gli alamari nella RSI. Storia del 1° Battaglione Granatieri di Sardegna 1943/45 (Edizioni Settimo Sigillo), recensito in seguito sulla rivista Il Granatiere (organo ufficiale della presidenza dell'Associazione Granatieri di Sardegna), nel n° 3 del 2017, con un articolo che riporta anche la seguente considerazione dell'autore: "Il tempo trascorso per noi, gli avvenimenti succedutisi nella storia della nostra Patria, hanno smussato, nel ricordo, l’asprezza degli episodi di allora. Su tutto sembra essersi steso un velo che, pur non facendoci dimenticare nulla di quanto abbiamo patito e gioito, ha creato come un alone di leggenda attorno ai fatti allora accaduti e dei quali siamo stati valorosi e tenaci protagonisti". Qui di seguito altre frasi estrapolate dall'articolo in questione: "L’autore era il Comandante di quel battaglione. Mi aspettavo un maggiore ricorso alla retorica fascista, invece da ogni parola si percepisce l’orgoglio delle proprie idee e la dignità per un dovere compiuto con onestà e grande senso di responsabilità. Il reparto dei Granatieri della RSI era una unità militare non politica. Come tale si comportò in ogni circostanza evitando gli eccessi tipici della spietata guerra civile. I racconti sono legati a quel tipo di conflitto, di guerriglia e controguerriglia, con pause prolungate e violenti e improvvisi scontri a fuoco. Un aspetto che mi ha colpito è che i molti Ufficiali dei Granatieri, spesso provenienti dai Corsi dell’Accademia Militare, mantennero i loro gradi per la maggior parte del periodo [...] Il Capitano Christin comandava il battaglione pur non essendo un Ufficiale superiore. I partigiani sono descritti come guerriglieri “mordi e fuggi” ma senza giudizi di disprezzo o odio. Erano italiani che militavano nella parte avversaria. L’epilogo è storia. Il 4 maggio 1945 il battaglione si arrese ai partigiani piemontesi. Non ci furono rappresaglie ai danni dei Granatieri, segno che non potevano essere accusati di violenze o comportamenti fuori dalle leggi di guerra. Furono portati in vari campi di prigionia per repubblichini per poi venire liberati nell’autunno del 1945. Tutti si integrarono nel nuovo Stato e contribuirono alla ricostruzione e rinascita dell’amata Patria. Il Tenente Chiti venne riammesso nell’Esercito Italiano fino a divenire Generale per poi farsi frate francescano [...] Ne consiglio la lettura". Sin qui la rivista Il Granatiere. Ma altro - e di altro tenore - si era già scritto sul Christin. "[...] Il Cristini, latitante, ha trovato dalla sua il tribunale che l'ha assolto. E' rimasto insoluto e da svelare il mistero di quel bando emesso, proprio dall'allora presidio repubblichino di Molini, di cui era comandante l'assolto capitano Cristini. In quel bando, dopo aver resa pubblica l'avvenuta esecuzione dei fucilati, si minacciava di uguale castigo tutti coloro che non si fossero presentati a servire la repubblichetta di Salò, estendendo la minaccia ai familiari dei contravventori e la confisca dei loro beni. Nonostante le richieste del P.M. per una condanna a trenta anni il processo si è concluso in una assoluzione per insufficienza di prove. Perché non si è sentito il parroco di Molini, che, a detta dei testimoni escussi, doveva essere il più importante testimone? Misteri della legge!": così scriveva l'Unità, organo del Partito comunista italiano, il 21 marzo 1947, riportando la notizia - "Francesco Cristini assolto" - che il Tribunale di Sanremo aveva prosciolto il capitano Christin, il cui cognome il giornalista aveva italianizzato - chissà perché - in Cristini. Adriano Maini

venerdì 24 gennaio 2025

E così in quell'anno, 1943, i giorni di autunno calarono rapidi nei paesi più grigi

Il Col di Nava. Foto: Mauro Marchiani

Non mancarono, comunque, i distaccamenti che tentarono di fermare i germanici o che resistettero con le armi alle loro intimazioni di resa.
Iniziando dall’estremo ponente, i principali fatti d’armi furono i seguenti: - battaglia di Ormea (in provincia di Cuneo ma al confine con la Liguria) sulla statale 28 del colle di Nava che da Imperia porta a Fossano, combattuta tra le 19 e le 21,30 del 9 settembre tra le forze tedesche che cercavano di raggiungere la costa e i reparti italiani che tentavano di bloccare la strada. Fu probabilmente il più grosso fatto d’armi ad aver interessato la regione in quei giorni. Un battaglione autotrasportato germanico dotato di mitragliatrici e mortai si scontrò con alcune migliaia di uomini armati con mitragliatrici e alcuni cannoni leggeri da campagna. Nonostante gli italiani avessero iniziato a sistemare a difesa il paese in mattinata, furono sopraffatti - dopo un violento scontro che causò perdite a entrambe le parti - dalla manovra aggirante dei tedeschi che, divisisi in tre colonne, presero Ormea e i suoi difensori con un pesante fuoco incrociato dai due lati dell’abitato. La mattina del 10 il battaglione nemico si mosse verso la costa mentre i prigionieri furono avviati verso Alessandria il giorno 12, assieme a circa 800 altri italiani catturati nella notte tra il 10 e l’11 sulla strada tra Cesio e Nava, sul versante imperiese della statale 28. La strada fu poi presidiata dai nazifascisti fino alla Liberazione, essendo considerata fondamentale per far affluire e defluire truppe in previsione del temuto sbarco degli Alleati in riviera <41; - mentre le truppe italiane che presidiavano Ventimiglia tentavano di raggiungere Cuneo, la notte tra il 9 e il 10 un nucleo di militari fece brillare una mina che interruppe la linea ferroviaria costiera all’altezza del vecchio confine di Stato, impedendo momentaneamente l’afflusso di truppe tedesche dalla Francia via ferrovia e costringendo le stesse a impiegare quasi una giornata per sgomberare le macerie <42 [...]
[NOTE]
41. Per gli eventi nella provincia di Imperia, cfr. Biga, 8 settembre nell’imperiese, cit.; idem, L’8 settembre nell’imperiese, in “Patria indipendente”, 19 settembre 2004, pp. 28-31.
42. Telegramma del prefetto di Imperia Guglielmo Froggio, al Gabinetto del Ministro dell’interno del 10 settembre (ore 11.20), in ACS, DGPS, AAGGRR, Ag, Categorie permanenti, A5G 2ª GM, b. 145, f. 221, sf. 2, ins. 28 Imperia.
Marco Pluviano, Dal 25 luglio all’8 settembre 1943 in Liguria: fine del fascismo, sfaldamento delle Forze armate, controllo del tessuto produttivo, conflittualità politica e sociale in "le porte della memoria" - Supplemento al n. 11/12 - 2023 di Liberi

8. Il grosso della IV armata si sbandò dopo l'8 settembre tra questi salienti alpini, e fu questione di ore lo sfacelo totale dei reparti abbandonati senza comandi.
Quando iniziò lo sbandamento fu una faccenda che non pareva vera né ai militari né ai borghesi, pareva impossibile.
Ce n'erano ancora tanti in giro che dicevano di quel generale fetente della Cosseria, già famoso dappertutto per le carognate che faceva - ma va a ramengo farabutto -: eraquello che sotto i portici di Oneglia durante l'oscuramento, ficcava a tradimento la pila sui soldati in libera uscita strappando lì per lì le licenze, anche quelle agricole.
Gliele strappava a chi aveva soltanto la giubba sbottonata o magari la bustina floscia senza stecca.
Ma su per i tornanti della 28, con tutta quella nebbia e il freddo nelle ossa, con quella tristezza nel petto, sentivano tutte le foglie accartocciate nel pietrisco, pestandole.
Erano lì a pestarle inutilmente essendo che ormai tutti avevano capito anche senza quel generale della Cosseria; e allora fu una rabbia ancora più bastarda in sequenza di automi scricchiolìo di salmerie mezzi cingolati e carriaggi semoventi, andandosene in malora; andavano avanti senza sapere dove con quel vuoto nello stomaco come di nausea e di umidità.
In andirivieni frettoloso gli ufficiali all'ultimo se la squagliavano, mentre uscivano dai paesi facendo i pesci balocchi, e travestendosi in fretta con la roba dei borghesi.
- Si capisce che è tutta una porcata, ma è così: non ci vedi adesso che tutto va a ramengo per la miseria, e così in fretta che non si è mai visto? Però a rimetterci anche le braghe sono sempre questi qui, scarpinando in grigioverde con le stellette della naia -, diceva la gente.
Subito dopo quel lungo scarpinare a vanvera da una curva all'altra, arrivarono due graduati tedeschi in sidcar, con mitra e pistola bene in vista.
Ripresero il possesso di tutta la statale 28 da Oneglia a Ormea, compresi i dintorni da una parte e dall'altra, per conto della Werhmacht in nome del feldmaresciallo Rommel che allora comandava tutto l'occidente: e così finì lo sbandamento da queste parti, nell'autunno del '43.
Però la gente non volle più aspettare né gli ordini né i contrordini, che tanto ormai a tutti gli girava l'elica; e nessuno ci capiva niente di come fosse la situazione, girala come vuoi che tanto era sempre uguale.
Dalle città dai paesi e dalle borgate, dappertutto, come non si era mai visto per la gran sveltezza, la gente cominciò a bottinare piglia chi piglia, e fecero così: entrarono subito nelle caserme frugando in cataste smontando autornni assalendo depositi e trafficndo ogni cosa velocemente.
Da Pieve di Teco in su, nelle cunette della 28 ad ogni curva, c'erano cassette di munizioni ancora intatte, con pile di bombe a mano ad ogni paracarro.
Nei fossi dei Forti di Nava c'erano quintali di tritolo appena arrivato ancora impacchettato in cumuli di saponette, buttato là alla rinfusa.
9. I semoventi e i traini li avevano fatti rotolare subito col si salvi chi può senza tante balle, giù per gli scoscendimenti di Montescio.
Bastarono pochi spintoni ben dati e qualche scrollata di spalle, per quelle arature tra i carpini, sempre più giù come valanghe dentro cespugli e prati fino in fondovalle.
Allora la gente cominciò ad avere paura alla vista di quella baraonda a quel modo, con tutto che andava di storto sempre di più; non c'era più nessuno a comandare ed era una vergogna, invece c'era quel gran disordine dello sbandamento militare.
Macché disciplina o rispetto dei gradi o logica del buon senso in questo crollo generale, alé tutto a buttemburgo e non  se ne parla più.
E così in quell'anno, 1943, i giorni di autunno calarono rapidi nei paesi più grigi, in soprassalti di sfacelo di disastro e di tradimento dappertutto.
Rimase a lungo nella gente lo squallore appiccicato alla pelle dalla prima pioggia, che durava senza poterselo togliere.    
Ma qualcuno fatto a modo suo ci fu ancora testardo come un mulo col sangue nelle vene, e rabbia sempre di più da stringere i denti; a qualcuno gli era rimasta l'idea bizzarra ben ficcata in testa come un chiodo, e così per la strada si impuntò non disarmando manco a morire.
- E forza dai, chissà come sarà o da soli o in compagnia; ma porcavacca poi si vedrà come sarà.
Non sembrava vero, sembrava impossibile voglio dire che dovesse finire a quel modo tutto di baracca, dopo quelle prepotenze guerresche; anche la gente di questi paesi già tutta intrigata, chissà non lo sapevano come succedeva - ma fa lo stesso perdio, ecco lì come si fa -, dicevano tutti d'accordo.
Diedero tutti insieme una mano, che fece anche bene al morale pensandola tutti uguale contro i nazifascisti; così cominciò la ribellione qui e nelle altre valli tutto intorno, che pareva fossero suonate le campane alla grande.
I tedeschi allora diventarono più diffidenti e subito si sistemarono ben bene nei bunker e nei posti di blocco, non si sa mai. Poi si impratichirono dei prelievi della roba a colpi sicuri con la prepotenza, raus raus kaputt, senza fermarsi entrando dappertutto; infine girarono per le valli con gli sputafuoco sempre in funzione, mettendosi gli ostaggi davanti nei rastrellamenti da un paese all'altro.
Ci andarono subito di brutto senza tante confidenze con gli estranei e nemmeno coi fascisti; gestapo SS e guastatori chiusi in plotoni sparavano a vista con molta facilità senza distinguere.
In questo modo non ci fu bisogno di spiegazioni: la nostra gente capì benissimo che anche qui era arrivata la malora; capì che si andava proprio a ramengo tutti insieme allo stesso modo in una volta sola e fino in fondo.
La gente lo capì senza scordarselo mai più nemmeno dopo; per la miseria se lo capì che quand'è così, in qualunque modo sia, è sempre così non potendosela cambiare: e dunque così sia.
Osvaldo Contestabile, Scarpe rotte libertà. Storia partigiana, Cappelli editore, 1982,  pp. 15-17

venerdì 10 gennaio 2025

Azioni partigiane a Badalucco, Pizzo d'Evigno, Caramagna, Carpenosa

Badalucco (IM)

Determinanti ai fini dell'inquadramento e della elaborazione tattica della Brigata [n.d.r.: IX Brigata "Felice Cascione"] furono i rapporti con il Comando della Delegazione Ligure delle Brigate Garibaldi e con il Comando Unificato Militare Ligure, rappresentati in zona dall'Ispettore Simon [n.d.r.: Carlo Farini].
Tra le prime iniziative riguardanti l'organico della Brigata il Comando stabilì - con circolare in data 13-6-'44 - che la forza degli effettivi di ogni distaccamento doveva essere fissata in 4 squadre di 10 uomini ciascuna più un capo squadra, due staffette e due infermieri, oltre al comandante e al commissario del reparto; ogni squadra venne suddivisa in due nuclei di 5 uomini.
Questo consentì anche lo snellimento di alcuni distaccamenti, la costituzione di nuovi e il completamento di altri.
Il comando curò anche la nomina di un Tribunale Militare di Brigata e la impostazione di un corso di addestramento per capisquadra, comandanti e commissari.
L'adozione di queste misure organizzative - come di altre a carattere disciplinare - era resa pressante soprattutto dal costante arrivo di nuovi volontari che particolarmente dalla seconda metà del mese di giugno [1944] avevano cominciato ad affluire numerosi presso i reparti della formazione appesantendone l'organico e creando sempre nuovi problemi pratici, come è possibile documentare:
Distaccamento n. 1 (Volante)
lì, 18/6/44
Impossibile preparare servizio giornaliero. Continuamente affluiscono uomini di tutte le classi.
Distaccamento al completo, possibilmente formarne altri da queste parti (attendiamo ordini). Formate 3 bande locali a nostra disposizione.
Totale uomini 20 a Pairola, Riva Faraldi, Testico.
Attualmente presenti a questo distaccamento 80 uomini.
Azione Santa Croce rimandata perché rinforzata. Facilmente lunedì o martedì.
F.to Commissario Politico «Federico» [n.d.r.: Federico Sibilla].
Esaminando la relazione inviata il 10-6-'44 al Comando delle Brigate d'Assalto Garibaldi (Liguria) dal Comando della IX Brigata possiamo inoltre rilevare come l'impostazione data all'inquadramento e alla preparazione degli effettivi fosse -    almeno in teoria - nettamente conseguente alle esigenze poste dal rapido sviluppo della formazione e alle condizioni belliche in cui la formazione stessa operava.
Le soluzioni adottate sono - a nostro giudizio - le uniche possibili del momento e coincidono, del resto, con le esperienze riscontrate nelle altre zone della regione:
1°) far partecipare uomini di tutti i reparti alle azioni di guerriglia (ne abbiamo già sottolineato la validità)
2°) proporzionare il numero e la portata degli attacchi alla preparazione degli effettivi
3°) data l'urgenza di disporre di ufficiali e graduati, orientare le nomine - in mancanza di elementi sufficienti di giudizio - sugli effettivi che dimostrino maggior decisione e coraggio nelle azioni, riservandosi ogni cambiamento
indicato da successive esperienze.
Azioni a pieno ritmo
L'attività bellica dei volontari imperiesi assunse conseguentemente un ritmo più veloce ed impegnato.
Un resoconto abbastanza organico delle azioni compiute dai reparti dipendenti dalla IX Brigata nei mesi estivi si trova nella relazione Rubaudo e nei documenti forniti dall'on. Carlo Farini.
Dal suddetto materiale si è potuto ricavare - per quanto riguarda le fasi più salienti della attività militare della formazione nei mesi di giugno, luglio e agosto [1944] - una cronaca sufficientemente particolareggiata che viene presentata a parte. Vi si può trovare la conferma al nostro giudizio circa la spinta combattiva presente fin dall'inizio nei reparti imperiesi, in misura notevole e spesso determinante, anche se ad essa non sempre corrispose un adeguato senso tattico.
Ciò può essere particolarmente accertato dall'esame degli scontri più rilevanti con le forze nemiche dei quali furono protagonisti - in questo stesso periodo - i distaccamenti della IX Brigata a Badalucco, Pizzo d'Evigno, Caramagna, Carpenosa e Sgureo [Sgorreto].
L'attacco al presidio germanico e fascista di Badalucco venne deciso dal Comando della formazione allo scopo di liberare un gruppo di giovani dello stesso paese che vi erano stati imprigionati quali ostaggi da fucilare per rappresaglia dopo un tentativo - effettuato il 31 maggio da uomini della banda locale appoggiati da una squadra del VI distacc. - di impadronirsi di un ingente quantitativo di armi depositate nella locale Chiesa degli Angeli.
Il dispositivo per l'operazione di Badalucco e la liberazione degli ostaggi prevedeva molto semplicemente l'impiego simultaneo e concentrico di quattro distaccamenti: il 3° e il 6° sarebbero entrati in azione ad est del paese (lato valle di Porto Maurizio); il quarto e il quinto ad ovest, mentre la banda locale avrebbe controllato la strada proveniente da Arma di Taggia per segnalare e contrastare l'eventuale arrivo di rinforzi nemici.
La scelta della data e dell'ora stabilite per l'attacco (l'11 giugno) non tenne però evidentememe conto della distanza che separava alcuni distaccamenti dalla zona di operazione: infatti, appena ricevuto l'ordine, il terzo e il 6° dovettero impegnarsi in una marcia forzata per raggiungere in tempo le posizioni loro assegnate, e per procedere più speditamente furono costretti a lasciare indietro il trasporto col mortaio da 45 mm.; intanto i distaccamenti 4° e 5°, per motivi diversi, trovavano difficoltà a raggiungere le loro posizioni.
Cosicché al momento dell'attacco i soldati tedeschi del presidio - che disponeva di postazioni ben munite e sopraelevate, fin sul campanile della chiesa - dovettero fronteggiare l'avanzata partigiana da un solo lato e, pur subendo perdite, la respinsero dopo poche ore di combattimento accanito nel corso del quale vennero feriti alcuni volontari tra cui lo stesso Mirko [n.d.r.: Angelo Setti], comandante del 6° distaccamento.
È evidente, nello stesso svolgimento di questa azione, il contrasto tra lo slancio combattivo degli ufficiali e degli effettivi partigiani e l'insufficiente coordinamento dei reparti impiegati.
Giorgio Gimelli, Cronache militari della Resistenza in Liguria - Volume II, Istituto Storico della Resistenza in Liguria, 1969, pp. 247-251

lunedì 16 dicembre 2024

Le nostre azioni sono quasi esclusivamente concentrate in imboscate sulla Via Aurelia

La prima pagina della relazione del comandante Curto qui ampiamente citata. Fonte: Fondazione Gramsci

Nella settimana entrante aspetterò presso il comando a Villatalla [n.d.r.: frazione del comune di Prelà (IM)] l'annunciata visita del Comandante Simon [n.d.r.: Carlo Farini, a quella data comandante della I^ (provincia di Imperia) e della II^ (provincia di Savona) Zona Liguria]: se richiesto potrò farvi trovare anche gli altri componenti l'attuale Comando delle Brigate, cioé Giulio [Libero Remo Briganti], Mario [Carlo De Lucis] e Orsini [Agostino Bramè], che attualmente si trovano dislocati presso i Distaccamenti.
La citazione all'ordine del giorno dell'encomio solenne e l'ordine di trasformazione della 9^ Brigata [Felice Cascione] in Divisione "F. CASCIONE" sono per tutti noi un grosso e ambito premio che non mancherà certamente di incoraggiare e spronare tutti i nostri uomini a meritare sempre più l'attuale stima del Comando Divisione Brigate d'Assalto Garibaldi I^ e II^ Zona e del Comando Generale delle Brigate d'Assalto Garibaldi.
Le osservazioni [di Simon] circa il nostro effettivo controllo ed efficace direzione dei singoli distaccamenti sono purtroppo corrispondenti all'attuale nostra situazione
[...] specialmente in questi ultimi tempi, dato il rapido moltiplicarsi dei Distaccamenti, la mancanza di elementi direttivi e sperimentati, in particolare comandanti e commissari di distaccamenti, ed infine l'afflusso di elementi che non è stato ancora possibile vagliare e selezionare. Ora contiamo molto sulla formazione del Comando Divisionale per poter trovare gli elementi indispensabili per un buon lavoro organizzativo.
[...] proprio nei giorni scorsi ho dovuto consigliare al Vice Comandante ed al Vice Commissario di recarsi in tre zone distinte e prendere in mano l'effettivo controllo e direzione dei nostri Distaccamenti
[...] In conclusione è pacifico che il nostro esercito abbia come unica base la disciplina cosciente e volontaria che, possiamo assicurare, fa parte costante dei nostri sforzi e sappiamo benissimo che molto rimane ancora da farsi in questo senso.
Il caso di Marco [Candido Queirolo] credo che non sia completamente come l'espone uno della Banda, anche perché mi risulta che Marco stesso si è comportato lodevolmente in numerose azioni, specialmente contro colonne di tedeschi, ma purtroppo, recandomi io stesso a Triora, ebbi una poco buona impressione circa l'attuale stato di cose ed è stata precisamente questa visita che mi ha indotto a provvedere immediatamente per un più diretto controllo e direzione da parte del Comando di Brigata e ho inviato Giulio per sovrintendere alla zona tra Triora e Ventimiglia. Vittorio [n.d.r.: dovrebbe trattarsi di Giuseppe Vittorio Guglielmo, Vitò/Ivano, invero oggi la figura più popolare della Resistenza Imperiese], per quanto sia dall'inizio nelle nostre formazioni, non ha dato buona prova come compagno: era già stato destituito, poi riammesso al comando del Distaccamento, che pare si sia disgregato; attendo informazioni più precise e ho chiesto a Vittorio stesso un rapporto in proposito
[...] mi risultano piuttosto delle critiche per una nostra eccessiva magnanimità. È vero che finora le esecuzioni avvenivano dietro processo sommario fatto dal Comando di Distaccamento: il Tribunale di Brigata non ha ancora praticamente fatto l'entrata in funzione. Comunque non credo che i Distaccamenti abbiano fatto abuso di queste possibilità, al contrario, come ho già detto, si sono sempre comportati prudentemente e nei casi incerti chiedevano il nostro consiglio. Infine posso accertare in maniera formale e assoluta che le persone condannate sono sempre state giustiziate nelle maniere più corrette e seppellite, anzi mi pare ben strana ogni affermazione contraria.
[...] I nostri avversari hanno indubbiamente una fitta rete di spionaggio e penso che sia questa che li mette in grado di conoscere certi particolari delicati. Contro le spie ci difendiamo energicamente, ma siamo ancora ben lontani dalla loro totale distruzione. Provvederemo il più rapidamente possibile per l'arresto degli ufficiali inviati dal C.di L.N. A quanto risulta dovrebbe trattarsi di Bartali [Giovanni Bortoluzzi], Franco e un altro che l'accompagnava ed infine anche di Renato della Delegazione di Imperia [n.d.r.: in questo caso Curto <Nino Siccardi, comandante della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione", in seguito comandante della I^ Zona Operativa Liguria> e Simon avevano ricevuto informazioni sbagliate: nell'articolo qui collegato si può leggere anche dell'epilogo di questa vicenda, ma intanto si stralcia quanto segue "addirittura <Curto> lo fa arrestare e l'uomo <Bartali> viene liberato grazie all'intervento di Renato Martelli (Ferrero). Una volta giunto in val Tanaro..." e si aggiunge che Bartali, già a capo a settembre 1943 di una prima banda di partigiani in Località Vadino di Albenga (SV), poi dirigente sapista in quella zona, fu in seguito capo missione della Divisione “Silvio Bonfante” presso gli Alleati e vicecapo della Missione Alleata nella I^ Zona nei giorni della Liberazione. Si pubblica, poi, qui di seguito la copia di una missiva immediatamente successiva di Curto stesso, con cui il comandante riconosce l'errore compiuto nei confronti di Bartali]   
[...] Circa l'occupazione definitiva di località come da vostri ordini dati a me in data 4/7/44 i rastrellamenti effettuati in questi giorni in tutta la nostra zona dimostrano chiaramente che non siamo ancora in grado di occupare stabilmente una posizione qualsiasi [...] le nostre azioni sono quasi esclusivamente concentrate in imboscate sulla Via Aurelia, ma anche a questo scopo si avrebbe bisogno di un maggiore numero di armi automatiche, specialmente sten e mitra. Nelle zone di collegamento tra la IX e la XX Brigata [n.d.r.: in provincia di Savona. Giorgio Amico, Operai e comunisti. La Resistenza a Savona (1943-1945), GiovaneTalpa, 2004: «Con la bella stagione riprende vigore la lotta sulle montagne. Dal Distaccamento "Calcagno" prendono via via corpo i Distaccamenti "Astengo", "Maccari" e "Rebagliati" a formare la XX Brigata d'Assalto Garibaldi. Le forze partigiane sono ormai in grado di affrontare il nemico in campo aperto»] è stato inviato il Vice Commissario Orsini anche con lo scopo di provvedere ad un buon allacciamento. Data l'occupazione temporanea [nemica] delle località montane non ci è stato possibile insediarvi le amministrazioni popolari
[...] Ci atterremo strettamente alle disposizioni circa tutti coloro che si presentano a nome del C.di L.N. senza un regolare mandato. Il nostro Distaccamento inviato nella zona di Rialto era stato mandato colà per prendere collegamento con la XX Brigata e la località era stata scelta precisamente dall'ispettore Pio: provvederemo al suo ripiegamento nella zona di Erli e Zuccarello.
 
La lettera di Curto di metà luglio 1944 di chiusura del caso Bartali. Fonte: Fondazione Gramsci

Curto
[Nino Siccardi], Relazione (probabilmente indirizzata ad un dirigente del Partito Comunista) in data 8 luglio 1944, documento in Archivi della Fondazione Istituto Gramsci

sabato 30 novembre 2024

Il CLN di Albenga prese contatto con il CLN di Imperia

Entroterra di Albenga (SV)

I promotori della lotta resistenziale di Albenga sono i vecchi antifascisti che dal 25 luglio all’8 settembre 1943 avevano promosso un Comitato Antifascista, rimasto in clandestinità durante il periodo “badogliano”.
Durante il periodo della lotta armata il Comitato muta denominazione e diventa CLN comunale che, per prima cosa, prende contatto con il CLN di Imperia. Infatti il territorio ingauno durante la lotta resistenziale, pur trovandosi in provincia di Savona, è inserito nell’organizzazione patriottica imperiese.
Le ragioni di ciò possono essere ricercate in:
- maggiore vicinanza e facilità operativa,
- durante il ventennio fascista l’unica struttura clandestina organizzata è quella comunista la cui rete cospirativa non teneva conto delle ufficiali suddivisioni territoriali provinciali, ma ne aveva sue proprie.
- l’aspetto organizzativo della Chiesa: Imperia era ed è compresa nella Diocesi di Albenga.
Al CLN costituitosi ad Albenga viene riconosciuta per meriti in data 20 settembre 1944 e su decisione presa dal CLNP di Imperia, l’autonomia circondariale.
Riportiamo i documenti, tratti dal testo di Francesco Biga “Storia della Resistenza Imperiese”.
Vista e considerata la vasta opera di propaganda svolta dal CLN di Albenga in tutta la plaga compresa nell’ex sotto-prefettura; vista e considerata l’odierna instancabile attività per la creazione di nuovi comitati locali e la spinta impressa a quelli già esistenti per una maggiore attivazione dei suoi membri, delega il suddetto Comitato ad agire in nome del CLNP riconoscendo il titolo di CLN circondariale.
Con ciò ritiene di diritto giurisdizionale al detto comitato tutto il territorio facente parte dell’ex sotto-prefettura.
Con la sicurezza che ci deriva dalla vostra coscienza patriottica non esitiamo ad aderire a tutte le vostre richieste.
Sentitamente vi salutiamo.
CLNP - Imperia
In risposta a tale comunicazione, il CLN di Albenga:
Comitato di Liberazione Nazionale 1° settore circondariale N.27 di prot. li, 27/9/1944
Oggetto: riconoscimento di titolo circondariale
Al Comitato provinciale di Liberazione Nazionale - Imperia
e p.c. Alla Federazione di Imperia
La notifica da voi fattaci in data 20 corrente con la quale riconoscete il nostro CLN come Comitato circondariale ci è giunta molto gradita, e senz’altro abbiamo provveduto ad ampliare maggiormente la nostra attività che si era dovuta limitare da Alassio a Loano, compreso l’entroterra.
Perciò ora, avendo diritto giurisdizionale su tutto il territorio facente parte dell’ex sotto-prefettura ci estendiamo da Andora a Finale e relativo entroterra ed abbiamo subito provveduto ad organizzare la zona aggiunta.
Il Comitato di Liberazione Nazionale
1° settore circondariale"
Nella seduta del 7 dicembre 1944 il CLN di Savona approva lo schema organizzativo dei comitati di liberazione di zona. “… Il territorio della provincia di Savona viene diviso in cinque zone, lasciando alla giurisdizione di Albenga una funzione circondariale… Tenuto conto della particolare posizione geografica e del notevole numero di comitati di liberazione comunali organizzati dal comitato di liberazione circondariale di Albenga si dispone sia data a quest’ultimo piena autonomia deliberativa ed esecutiva…e inoltre sia ad esso concessa la libertà di contrarre rapporti di collegamento con le Zone viciniori compresa la provincia di Imperia, dei quali sarà data opportuna conoscenza al CLN provinciale di Savona. Per comporre tutte quelle questioni controverse che potranno sorgere fra il CLN provinciale di Savona e il CLN Circondariale di Albenga quest’ultimo avrà piena facoltà, qualora non si riesca a trovare una base di reciproco accordo, di ricorrere all’autorità del CLN Regionale…
In occasione del convegno di Beusi del 9 febbraio 1945 in cui il CLN di Albenga non è rappresentato, è riconfermata l’autorità sul circondario come da delega del CLN di Imperia.
Tale fatto gli permette di estendere ulteriormente la sua sfera operativa al territorio compreso nell’antica sotto Prefettura amministrativa.
In data 8 marzo 1945 il CLN per la Liguria invia ai CLN di Savona e di Albenga disposizioni sulla base delle quali i centri cospirativi delle due città sono tenuti ad allacciare più saldi legami e contatti tra loro. La decisione del CLN per la Liguria è evidentemente presa in previsione del dopo liberazione e nel fatto dell’appartenenza del territorio ingauno alla provincia di Savona.
La Brigata SAP “Giuseppe Mazzini”
Ad Albenga la brigata SAP “G. Mazzini”, con il riconoscimento della funzione del CLN circondariale ingauno, ottiene l’autonomia operativa sino alla fine del conflitto. Non risulta ufficialmente nell’organico della divisione imperiese “G.M. Serrati” anche se i rapporti con l’organizzazione a cui inizialmente faceva capo, non hanno avuto soste, e i contatti di collaborazione tra i combattenti imperiesi e i sapisti di Albenga sono ricorrenti.
Redazione, Arrivano i Partigiani, inserto "3. Le squadre di Azione Patriottica nel savonese (prima parte)", I RESISTENTI, ANPI Savona, 2001