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domenica 28 agosto 2022

Un sedicenne nato a Treviso, morto da partigiano, fucilato a Pieve di Teco

Monumento ai partigiani, Pieve di Teco (Imperia): lapide ai sei caduti con meno di vent'anni - fra cui il sedicenne Luciano  [Renato] Mantovani, nato a Treviso - Calderoni Ugo, 19; De Negri Lino, 16;  Ponzoni Mario, 18; Talluri Ettore, 19; Saldo Bartolomeo, 17 - (Pietre della Memoria): didascalia ed immagine qui riprese da Caduti Partigiani Treviso cit. infra

Colpiti dai rastrellamenti tra il 20 e il 23 gennaio 1945 otto partigiani della VI Divisione vennero catturati e trasferiti a Pieve di Teco (IM). Bruno Cavani, Walter Del Carpio, Giuseppe Lobba, Renato Luciano Mantovani, Oreste Medina, Ugo Moschi, Faustino Romano e Ettore Talluri vennero fucilati il 26 gennaio per ordine dei tedeschi. Secondo alcune fonti, Walter Del Carpio subì immediato e sommario processo da parte dei tedeschi il giorno stesso della cattura (20 gennaio) in quanto disertore della Divisione San Marco.
Rocco Fava, La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 
Il 20 gennaio 1945 un grande rastrellamento nazifascista investì il paesino di Degolla, Frazione del Comune di Ranzo (IM). Sul piccolo centro si diressero tre colonne nemiche, provenienti da Cesio, da Pieve di Teco e da Casanova Lerrone. Il nemico giunse nella zona alle sette del mattino. Nei pressi del paese era dislocata la squadra di Riccobono Calcedonio "Assassino", composta da dodici garibaldini, armata con un solo mitragliatore. I garibaldini, rimasti circondati, spararono fino all'ultimo colpo. Il caposquadra Riccobono cadde dilaniato da una bomba a mano. Anche Giuseppe Cognein (Giuseppe) di anni 20, commissario del Distaccamento "De Marchi", venne ucciso da una raffica mentre scagliava la sua arma vuota contro il nemico. Altri sette garibaldini - Ettore Talluri, Giuseppe Loba, Luciano Mantovani, Oreste Medina, Ugo Moschi, Valter Del Carpio - caddero vivi in mano al nemico. Dante Rossi rimase gravemente ferito, ma, pur catturato e portato all’ospedale di Pieve di Teco, riuscì a salvarsi con la fuga grazie ad uno stratagemma (utilizzando il cadavere di un anziano deceduto per morte naturale), attuato con la complicità di un infermiere tedesco, sacerdote cattolico.  
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, ed. in pr., 2020

[ n.d.r.: altri lavori di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944) (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, Edito dall'Autore, 2016 ]

Luciano Mantovani

Un primo esempio che proponiamo è quello di Renato Luciano Mantovani, nome di battaglia Balilla.
Questo giovane nato a Treviso il 16 dicembre 1928 e ucciso a Pieve di Teco (IM) il 26 gennaio 1945 aveva solo 16 anni. Il testo del suo ultimo messaggio dice:
Notizia ai genitori
“Sono accusato di appartenere alle bande comuniste, vi
domando perdono, ora mi fucilano”
Renato
Questa lettera sottolinea in modo evidente un tema tipico di questi documenti storici e che abbiamo evidenziato in rosso. I condannati a morte infatti spesso domandano perdono ai propri cari per il dolore che la loro morte avrebbe potuto causarli.
Giovanni Pietro Vitali, Insegnare la storia attraverso le ultime lettere e gli strumenti digitali, Seminario di aggiornamento per docenti "Il mio terzo mestiere. Primo Levi e gli studenti", 28 novembre 2019, Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore 


Renato Luciano Mantovani (Balilla). Di anni 16. Nato il 16 dicembre 1928 a Treviso. Studente iscritto al 2º anno della scuola di avviamento professionale. Nell’estate del 1944 si collega coi partigiani ed entra a far parte della 3ª Brigata della VI Divisione d’assalto Garibaldi-Liguria "Silvio Bonfante". Il 23 gennaio 1945 è sorpreso da un rastrellamento nazifascista mentre si trova a Degolla, una frazione di Ranzo (in provincia di Imperia). Catturato con altri 7 compagni d’armi (Bruno Cavani, Walter Del Carpio, Giuseppe Lobba, Oreste Medina, Ugo Moschi, Faustino Romano e Ettore Talluri), Mantovani è subito tradotto a Pieve di Teco (IM), dove viene fucilato senza processo il 26 gennaio 1945.
[...] Notizia ai genitori
"Sono accusato di appartenere alle bande comuniste, vi domando perdono, ora mi fucilano"
Renato
Ultima lettera di Renato Luciano Mantovani ai genitori
Igor Pizzirusso, Renato Luciano Mantovani (Balilla), Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza Italiana

26 gennaio 1945 - Sono le 8,30 e nel solito prato [di Pieve di Teco] gli otto sanmarchini già passati ai partigiani e catturati l'altro giorno nell'azione militare a Bosco vengono fucilati. Il paese terrorizzato è deserto - i pochi che vi si incontrano passano frettolosi per raggiungere le loro case -. Non una parola viene pronunciata da nessuno; si direbbero tutti ammutoliti dallo sgomento.                                          

27 gennaio 1945 - Uno dei sanmarchini superstiti, ferito al ventre, è morto alle 10,30 di stamane all'ospedale [n.d.r.: Barli non poteva certo saperlo, ma si trattava di Dante Rossi che, invece, riuscì a salvarsi mercé il sotterfugio descritto da Giorgio Caudano - vedere sopra - ].     

Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 1994

 

Certificato di morte di Luciano Renato Mantovani, rilasciato dal Comune di Pieve di Teco (IM). Immagine qui ripresa da Caduti Partigiani Treviso cit. infra


Mantovani Luciano di Adelchi, Treviso, classe 1928
Partigiano Combattente - 3. Brg. Bacigalupo - 6. Div. Bonfante
Caduto il 26 gennaio 1945, a Pieve di Teco
Dopo un aspro combattimento veniva arrestato il 23 gennaio, incarcerato, dopo tre giorni di stringenti interrogatori veniva fucilato.
Tipografo - 3. avv. professionale  (Elio Fregonese, 1997)
Ulteriori informazioni tratte dal foglio matricolare
Mantovani Luciano Renato, classe di leva 1928, matricola 56464 quater, Distretto di Treviso (28). / Figlio di Adelchi e di Florian Giovannina, nato il 16.12.1928 a Treviso.
«Considerato come arruolato nell’Esercito per aver fatto parte dal 1°.9.1944 al 26.1.1945 della formazione partigiana 6a Div. Bonfante, 3a Brig. Bacigalupo con la qualifica gerarchica partigiana: nessuna [...]
Timbro
Equiparato a tutti gli effetti (escluso il compimento degli obblighi di leva), per il servizio partigiano anzidetto, ai militari volontari che hanno operato in Unità regolari delle Forze Armate nella Lotta di
Liberazione (D.L. 6/9/1946 n. 93)
A penna
Deceduto nel Comune di Pieve di Teco, come risulta dall’atto di morte del Comune di Venezia in data 10.11.1958 - Partigiano Combattente Caduto (fucilato) - li 26 Genn. 1945)».
[...] Da segnalare come il padre, Adelchi Mantovani, fosse un ex socialista massimalista che nel 1924 entrò a far parte del partito comunista di Treviso. Lo veniamo a sapere dal partigiano e dirigente comunista trevigiano Nicola Paoli, a p. 134 dei suoi "Quaderni": «Cominciava la persecuzione, specie con gli intellettuali. Ghidetti [Vittorio, primo sindaco di Treviso dopo la Liberazione] allora faceva parte del gruppo di Serrati, i così detti “terzini", e fu lui, Oreste Bonaccina, Beppi Fiabon [marito di Teresa Menghi] e Adelchi Mantovani, che nel 1924 la frazione si fuse con noi. Ghidetti era alla camera del lavoro [...]»
[...]  Un piccolo eroe patriota
«Giunge notizia, da Venezia, che la salma del quindicenne Renato Mantovani di Adelchi e di Rina Florian, nato a Treviso, è stata trasportata dalla Liguria a Venezia nella camera ardente predisposta nella sede di S. Polo del P.C.I. Il piccolo Renato era fuggito da casa nel settembre 1943 alla insaputa dei genitori, i quali, dopo tante ricerche, avevano potuto solo stabilire che provvedutosi di uno zaino di marina aveva lasciato Venezia e nulla più. Improvvisamente, verso la metà di luglio, una breve comunicazione da Pieve di Teco faceva conoscere che Renato riposava nel cimitero di quel paese, poiché arrestato il 23 gennaio 1945 insieme ad altri sei patrioti, dopo tre giorni dall’arresto insieme a questi era stato fucilato dalle brigate nere. In un foglietto scritto di suo pugno, il piccolo eroico patriota mandava l’ultimo saluto ai genitori, alla sorella ed ai nonni chiedendo perdono per il dolore che procurava loro. I funerali di Renato Mantovani hanno avuto luogo a Venezia giovedì 26 corr. alle ore 10 dalla camera ardente per il cimitero di Venezia»
(Rinascita, Organo del Comitato di Liberazione Nazionale, Treviso, n. 10, 28.7.1945)                    
PS - La breve vita e la lettera ai genitori del partigiano Renato Mantovani sono ricordate anche nel libro di Eraldo Affinati "Vita di Vita", Mondadori, 2014 -
(Anteprima online su Google Libri - Consultazione: 14 agosto 2017)
Nota - Nella lapide del monumento di Treviso, la sua data di morte è stata scambiata con quella di Giacomo (o Jacopo) Mantovani Orsetti, di Renzo, nato nel 1924 e ucciso a Crespano del Grappa l'8 ottobre del 1944.
Fonte: Fregonese e la pagina Facebook "Studi storici Giovanni Anapoli" - 18-29 settembre 1944: Operazione “Piave” - “il massacro del Grappa” (Pedemontana e Massiccio del Grappa). 2^ PARTE - Le vittime  [scheda n. 157 - Consultazione: 14 agosto 2017]
[...] Redazione, [Renato] Luciano Mantovani, 1928-1945, I caduti partigiani del comune di Treviso, 12 novembre 2016

mercoledì 22 luglio 2020

Dal bando appariva chiara l'intenzione nemica di rastrellare in grande stile e di terrorizzare i civili

Pieve di Teco (IM) - Fonte: Wikipedia
 
Nella notte tra il 19 e il 20 gennaio 1945 i tedeschi, partendo da Cesio (IM) cercarono di portare un duro colpo alla Divisione Bonfante, iniziando un rastrellamento che interessò soprattutto le località di Bosco, Degolla, Ubaghetta, Alto, Nasino, Casanova. A Bosco [n.d.r.: Frazione del Comune di Casanova Lerrone (SV)] riuscirono a circondare un casone che ospitava un gruppo di partigiani. Dopo un aspro combattimento i dodici uomini che si trovavano dentro il casone ruppero l'accerchiamento. Qualcuno evitò la cattura, ma caddero sul campo il sovietico Gospar, Rolando Martini (Indusco), William Bertazzini (Rosa), Gino Bellato (Gino). Bartolomeo Vio (Tron) della banda locale di Vendone che, in servizio notturno, mentre stava controllando attentamente le strade, veniva ferito ad una caviglia, riuscì a salvarsi con una fuga a perdifiato. Vennero catturati e fucilati i civili Amedeo Bolla, di anni 41, e Matteo Favaro di anni 23. A Marmoreo venne ucciso il civile Settimio Testa.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, edit. in pr., 2020
 
[ Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016  ]

La notte tra il 19 e il 20 gennaio 1945 sembra tranquilla, ma lo è solo in apparenza, perchè il nemico è già in movimento.
I tedeschi dislocati a Cesio (IM) partono, raggiungono il Passo del Ginestro e quindi puntano sul paese di Vellego [Frazione di Casanova Lerrone (SV)], che raggiungono rapidamente.
Avvisati dalle sentinelle borghesi, i giovani si mettono in salvo, a Degna, il paese successivo sulla carrozzabile [n.d.r.: anche Degna è Frazione del Comune di Casanova Lerrone in provincia di Savona], non giunge subito la grave notizia.
Dopo un'ora è anch'esso investito, ma i nazifascisti non sembrano avere idee bellicose, cercando solo una guida per farsi condurre in Valle Arroscia.
I giovani del paese, chiusi in casa, sentono il rumore delle armi, degli zoccoli dei muli e delle scarpe chiodate; non possono uscire, non possono andare ad avvisare gli uomini del Comando della “Bonfante”, mentre la colonna nemica passa a circa duecento metri di distanza dallo stesso.
Sapranno del passaggio del nemico nella tarda mattinata, quando ritornerà indietro la guida borghese che aveva accompagnato la colonna sulla cresta della montagna.
La colonna [nazifascista] diretta a Bosco [Frazione di Casanova Lerrone (SV)] è accompagnata dalla ormai spia famosa “Carletto”.
Il Comando della “Bonfante” non ha alcuna possibilità di avvisare i garibaldini dislocati a Bosco.
Ormai è tardi.
Sperano che le sentinelle del luogo abbiano potuto avvistare il nemico che stava avvicinandosi.
Si spera che anche questa azione sia una puntata isolata e non faccia parte di un momento del grande rastrellamento previsto.
Il comando della Divisione si sposta a Degna per esaminare la situazione più da vicino.
Quanti erano gli armati, con muli o senza, perchè la guardia borghese non ha funzionato?
In Val Lerrone la situazione si mantiene calma, ma che avviene di là?
Se il nemico, come probabile, tornerà alla base per la carrozzabile della Valle Arroscia, sarà possibile agganciarlo?
Sembra che al di là della cresta gli avvenimenti siano più gravi di quanto si temesse.
Un borghese, che si è spinto in cresta, riferisce che le colonne di fumo si levano da Degolla [Frazione di Ranzo (IM)] e da Costa Bacelega [Frazione di Ranzo (IM)], segno che il nemico non si è limitato alla puntata su Bosco.
Lunghe raffiche di mitraglia indicano che la lotta è ancora in corso. Le ore passano lente, uguali. Verso mezzogiorno giunge a Segna uno sbandato da Bosco. Aveva i pantaloni strappati e lo sguardo inquieto dell'animale braccato. Racconta che con i suoi era sveglio da qualche minuto, aveva rimesso al fuoco le castagne e si preparava a lavarsi, quando vede a breve distanza i Tedeschi che scendono tra gli ulivi. Urla “I tedeschi!”, e via senza voltarsi. Quelli sparano ma il fuggiasco non vede più niente, e non sa cosa sia successo agli altri. Erano quasi circondati e la resistenza si presentava impossibile. Dopo una corsa selvaggia tra i rovi e gli ulivi, si era trovato fuori tiro senza armi ma con l'asciugamano in mano.
Da mezzogiorno fino a sera nessuna novità. A sera una colonna tedesca scende dalla cresta verso Degna. 
L'allarme è portato in paese dalla figlia di Bartolomeo Barbero (Bertumelin) contadino del luogo che aiutava molto i garibaldini. 
In pochi istanti borghesi e partigiani spariscono tra gli alberi, mentre i tedeschi, preannunciati da una raffica di mitragliatrice, entrano in paese. 
Dopo mezzora Degna è di nuovo libera. Il nemico ha proseguito per Cesio (IM).
Si spera sia tutto finito.
Il giorno 21 niente di nuovo in Val Lerrone.
Il comandante Giorgio Olivero (Giorgio) e Gustavo Berio (Boris) lasciano la Divisione, vanno oltre la strada statale 28 in cerca del Comando I^ Zona Operativa Liguria, per appellarsi alla sua autorità, poiché non riescono più a controllare la situazione.
La Divisione rimane così affidata al commissario Osvaldo Contestabile e al vicecomandante Luigi Massabò (Pantera).
Cosa era avvenuto a Bosco? A Bosco, per la scarsità di munizioni, ai partigiani era stato dato l'ordine di adoperare le armi automatiche soltanto nelle situazioni più critiche. Si accendono combattimenti violentissimi a Bosco, a Degolla [borgata di Ranzo (IM)], a Ubaghetta [Borghetto d'Arroscia (IM)], ad Alto (CN), a Nasino (SV), a Casanova ed in altre località.
Tre colonne nemiche di circa cinquanta uomini ciascuna, partite rispettivamente da Cesio (IM), da Villanova di Albenga (SV) e da Leca [Frazione di Albenga (SV)], si dirigono sul piccolo centro abitato di Bosco. I garibaldini non riescono a sganciarsi. Impugnano le armi e si dispongono alla difesa. Oramai sono circondati perchè il nemico ha individuato il casone dove erano accampati.
Dopo aspro combattimento i dodici uomini riescono a rompere il cerchio di fuoco e qualcuno evita la cattura.
Cadono sul campo il sovietico Gospar, che si sente rantolare, dire qualche cosa nella sua lingua prima di morire; Rolando Martini (Indusco), di anni 20; William Bertazzini (Rosa) di anni 20; Gino Bellato (Gino) di anni 20.
Sono catturati e fucilati sul posto i civili Amedeo Boli, di anni 41, e Matteo Favaro di anni 23. A Marmoreo [Frazione di Casanova Lerrone (SV)] è ucciso il civile Settimio Testa. I garibaldini che sono riusciti a sottrarsi alla cattura, raggiungono le altre squadre del distaccamento. Tremenda l'avventura del garibaldino “Umegu” che, catturato due volte, e due volte messo davanti al plotone di esecuzione, riesce a fuggire incolume, benchè soggetto a raffiche di armi automatiche.
Le case di Bosco sono date alle fiamme.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005

22 gennaio 1945 - [...] Sono le 2 e dalla Valle Arroscia giunge un forte gruppo di repubblichini recando seco 8 partigiani catturati a Bosco in un'azione militare. Di essi, due sono feriti e vengono trasportati all'ospedale, gli altri 6 sono rinchiusi in un fondo della caserma S. Manfredi.
23 gennaio 1945 - Giungono altri repubblichini, tutti venuti con un buon numero di rastrellati in Vessalico. Ve ne sono di tutte le età. Si tratta di operazioni fatte un po' a casaccio perché questi individui che, per i tempi che corrono, sono tutti muniti di documenti, e cioé della carta di identità, non appena passano al controllo del Comando tedesco, finiscono poi col ritornare quasi sempre alle loro case. Si presume, però, che tali operazioni siano fatte per secondi fini, come quello di terrorizzare le popolazioni e renderle così succubi della loro volontà.
Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 1994
 
La Val di Diano è ancora sgombera, la I^ Brigata ["Silvano Belgrano"] chiede cosa debba fare. Non possiamo dare ordini perché Giorgio [Giorgio Olivero, comandante della Divisione "Silvio Bonfante"] e Boris [Gustavo Berio, vice commissario della Divisione Bonfante] sono al di là della «28», di Pantera [Luigi Massabò, vice comandante della Divisione "Silvio Bonfante"] ignoriamo la sorte, il S.I.M. è ormai isolato e disperso, siamo senza notizie  delle altre due Brigate. Se la staffetta riuscirà a tornare indietro potrà solo riferire la situazione portando le esortazioni di Osvaldo [Osvaldo Contestabile] per la I^ Brigata: che si tenga pronta perché il nemico può irrompere nella Valle di Diano da un momento all'altro.
A noi che conviene fare? Attendere Pantera può essere inutile e diventare pericoloso. Rimanendo potremmo ancora servirci deirifugi, ma se la situazione si aggravasse  ancora potremmo sempre contare che i borghesi possano rifornirci?  
A Degna poi molti credono che qui ci sia l'intero Comando divisionale, se un civile tradisse, e dopo le recenti esperienze non possiamo escluderlo, il nemico può piombarci sopra con forze ingenti.
Attendere così passivamente la sorte mentre il nemico scorazza impunemente nella zona crea in noi una situazione morale sempre più penosa che avrebbe potuto prolungarsi per chi sa quanto tempo: l'esempio della Cascione e del rastrellamento di Fontane ci indicava che i rastrellamenti invernali erano assai lunghi. La Val di Diano è ancora libera, forse anche parte della valle di Cervo. Se fossimo partiti ieri anche la via sarebbe stata aperta, ora invece...  Però la staffetta era riuscita a passare; a stento, ma era passata.
Sì, ma al ritorno?... Al ritorno forse il nemico avrà aumentata la sorveglianza e chissà se si potrà ancora?... Con la neve che nei versanti in ombra è ancora alta c'è il rischio di essere scoperti da lontano dovendo percorrere lunghi tratti allo scoperto. Il dubbio è assillante, qui penso che il nostro compito sia ormai finito: bisogna provvedere alla nostra salvezza e solo quando il rastrellamento sarà finito ognuno riprenderà i suoi compiti se il movimento riuscirà a sopravvivere.
Il giomo 24 il nucleo del Comando di Segua [n.d.r.: Segua è Frazione del Comune di Casanova Lerrone in provincia di Savona] si scioglie: in Val Lerrone il Comando italo-tedesco ha pubblicato un bando invitando tutti coloro che, obbedendo alla falsa propaganda nemica, hanno cercato rifugio sui monti, a presentarsi entro le quarantotto ore. «A coloro che si presenteranno si fa garanzia della vita, gli altri saranno passati per le armi; uguale sorte avranno i borghesi che presteranno loro aiuto o che verranno trovati in possesso di roba  militare,  anche vestiario o coperte. Le loro case verranno incendiate».
Dal bando appariva chiara l'intenzione nemica di rastrellare in grande stile e di terrorizzare i civili.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, p. 140 
 
26 gennaio 1945 - Sono le 8,30 e nel solito prato [di Pieve di Teco] gli otto sanmarchini già passati ai partigiani e catturati l'altro giorno nell'azione militare a Bosco vengono fucilati. Il paese terrorizzato è deserto - i pochi che vi si incontrano passano frettolosi per raggiungere le loro case -. Non una parola viene pronunciata da nessuno; si direbbero tutti ammutoliti dallo sgomento.
27 gennaio 1945 - Uno dei sanmarchini superstiti, ferito al ventre, è morto alle 10,30 di stamane all'ospedale [n.d.r.: Barli pensava a Dante Rossi, che, invece, riuscì a salvarsi con l'aiuto di un infermiere tedesco, sacerdote cattolico, che fece passare per Rossi il cadavere di una persona anziana deceduta di morte naturale]. Sono le 11,30: i due patrioti rastellati in Rezzo, trasportati in Pieve e condannati a morte, non sono ancora stati fucilati.
28 gennaio 1945 - Stamattina alle 9,30 ho parlato col Commissario Provinciale della Croce Rossa, Dott. Amoretti, dentista di Oneglia, e col rappresentante della Federazione di Imperia, affinché si interessino per ottenere un trattamento meno disumano in Pieve. Mi hanno dato assicurazione in merito.
29 gennaio 1945 - Sono partiti gli alpini repubblichini (Monte Rosa) ma, da Triora son giunti i granatieri repubblichini già inviati colà per operazioni di rastrellamento.
Nino Barli, Op. cit.

27 gennaio 1945 - Dal comando del Distaccamento "Giovanni Garbagnati" al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante" - Relazione sull'attacco subito nelle vicinanze di Ginestro dalla II^ e III^ squadra, attacco condotto da reparti della Divisione Monterosa e dalla Divisione Muti.
31 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Relazione sui rastrellamenti subiti il 10 ed il 20 gennaio 1945 "nelle valli di Caprauna, Arroscia, Lerrone e Andora. Dopo l'arresto del comandante Menini ebbe inizio l'atteso rastrellamento nelle valli suddette. Il 10 gennaio una colonna di tedeschi, partita da Pieve di Teco, circonda Gavenola e rastrella il paese, catturando il garibaldino 'Carletto', il quale ha tradito i propri compagni facendo giungere i tedeschi presso la sede del capo di Stato Maggiore ma con esito per loro sfavorevole. Il giorno 20 gennaio avveniva il temuto rastrellamento a catena ad opera di forze della RSI e di alcuni reparti tedeschi. Furono attaccate formazioni della II^ e della III^ Brigata; a Bosco il nostro presidio venne dopo una battaglia catturato quasi al completo. Dei 16 garibaldini arrestati, 12 riuscivano a fuggire, evitando la fucilazione. Contemporaneo a questo attacco vi fu quello di Degolla, in cui i garibaldini ebbero 3 morti, 1 ferito e 8 uomini presi prigionieri. A Gazzo un'altra colonna, guidata dall'ex garibaldino 'Boll', catturò l'intera famiglia di 'Ramon' [Raymond Rosso], non riuscendo a sorprendere il nostro capo di Stato Maggiore. A Nasino il Distaccamento "Giannino Bortolotti" infliggeva alcune perdite al nemico e poteva ritirarsi. Il 26 gennaio il commissario di Brigata [III^ Brigata "Ettore Bacigalupo"] 'Gapon' [Felice Scotto] veniva attaccato dai soldati della RSI, ma infliggeva loro la perdita di 6 uomini. I soldati repubblicani occupavano Alto, Nasino, Borgo Ranzo, Borghetto d'Arroscia, Ubaga e Ubaghetta; il 21 gennaio occupavano altresì Casanova Lerrone, Marmoreo, Garlenda, Testico, San Damiano, Degna e Vellego. Il 22 gennaio il nemico abbandonava Borghetto d'Arroscia, Ubaga e Ubaghetta. Il 27 gennaio le forze avversarie attaccavano una squadra la quale riportava la perdita di 2 garibaldini. Durante il rastrellamento il capo di Stato Maggiore della Divisione insieme ai comandanti 'Cimitero' [Bruno Schivo] e 'Meazza' [Pietro Maggio] con 2 Distaccamenti attaccavano in più punti il nemico infliggendo la perdita di 13 uomini e subendo l'uccisione di un solo partigiano".
31 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" allegato n° 24 circa le perdite subite nel mese di gennaio 1945: "il giorno 1 perirono Badano Ezio, Menini Lionello e Valduna Giovanni ad Armo; il 2 Emilio Zamboni, nativo di Dernis (Jugoslavia); il 3 Lorenzo Gracco; il 15 Italo Menicucci; il 20, a Bosco, Gino Bellato, William Bertazzini, Gospar, soldato russo, Rolando Martini e perirono in altre località Antonino Amato, Giuseppe Cognein *, Mario Miscioscia, Attilio Obbia, Franco Riccolano *; il 22 a Pogli Giuseppe Caimarini e Settimio Vignola; il 23 Germano Cardoletti (1); il 26 Ettore Talluri, Bruno Cavalli, Walter Del Carpio, Giuseppe Lobba, Oreste Medica, Ugo Moschi, Luciano Mantovani, Fausto Romano, tutti deceduti a Degolla [n.d.r.: in effetti, Renato Luciano Mantovani, Balilla, un sedicenne nato a Treviso, residente a Venezia, risulta - da fonti successive, quindi, non da questo dispaccio scritto in guerra sotto l'incalzare degli eventi - fucilato a Pieve di Teco]; e a Cappella Soprana Renzo Orbotti; il 27 a Ginestro Mario Longhi (Brescia) e Silvio Paloni (Romano)
   * Proposte assegnazione medaglia d'argento alla memoria a Giuseppe Cognein e a Franco Riccolano * morti il 20 gennaio 1945. * Descritti anche da Don Giacomo Negro, arciprete di Bacelega al C.O. I^ Zona.
   (1) 'Redaval' Germano Cardoletti ex San Marco - IV^ Brigata "Domenico Arnera" - ucciso il 23 gennaio 1945 ai Piani di Ubaghetta dai Cacciatori degli Appennnini
2 febbraio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Relazione sui fatti di Ginestro e di Testico del 27 gennaio 1945, quando vennero attaccate 2 squadre del Distaccamento "Garbagnati" e rimasero uccisi "Brescia" [Mario Longhi] e "Romano" [Silvio Paloni].
da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999

Mario Longhi. Fonte: ANPI Savona cit. infra

Mario Longhi, Brescia. Sorpreso a Ginestro durante un rastrellamento, sprezzante del pericolo non ascolta l’invito a ripararsi: una prima raffica gli frantuma l’arma; una seconda lo colpisce al ventre. E’ il 27 gennaio 1945.
A Mario Longhi è intitolato un Distaccamento della Brigata “Arnera” - Divisione d’assalto Garibaldi “Silvio Bonfante”.
Redazione, Arrivano i Partigiani, inserto "2. Le formazioni di montagna della I^ e della VI^ Zona Operativa Ligure che operavano nella provincia di Savona", I RESISTENTI, ANPI Savona, 2011   




Immagini del funerale del partigiano Mario Longhi. Fonte: vedere art. cit. infra

Mario Longhi partigiano della brigata Garibaldi nato a S. Eufemia nel 1924 e ucciso dai tedeschi in provincia di Savona nel gennaio del 1945 (insignito della croce al valor militare alla memoria)
Redazione, Funerale Mario Longhi 13/04/1947, era sant'eufemia della fonte  

venerdì 19 giugno 2020

I partigiani ed i civili, mercé il suo sacrificio, poterono abbandonare il paese celati al nemico...


Degna, Frazione di Casanova Lerrone (SV) - Fonte: Wikipedia
 
Il 17 gennaio 1945 iniziarono altri rastrellamenti dei nazifascisti contro i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria.
[...] Il 19 gennaio una squadra del Distaccamento "Angiolino Viani" della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante", al comando di Ti Frego o Tifrego Calogero Caramazza, già aviere della Regia Aeronautica, pose una mina anticarro sulla Statale 28 del Col di Nava, riuscendo a colpire un autocarro tedesco carico di soldati, dei quali 7 rimasero uccisi.
A tarda sera del 19 gennaio giunse al Comando della Divisione "Silvio Bonfante" la notizia di una prossima puntata nemica nella parte orientale della  I^ Zona Liguria, a cavallo tra le province di Imperia e di Savona.
Il 20 gennaio 1945 ebbero inizio duri rastrellamenti ai danni soprattutto della I^ Brigata e della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo", della Divisione "Silvio Bonfante", segnatamente nelle valli di Caprauna (CN), dell'Arroscia, di Lerrone (SV), Andora (SV) e Cervo (IM).
I nazifascisti impiegarono tre battaglioni della famigerata Divisione repubblichina Monte Rosa al comando del generale Mario Carloni e quattro compagnie tedesche.
Il preannunciato attacco a catena, con conseguente occupazione dei paesi di passaggio, iniziò alle 4. Tre colonne nemiche, una accompagnata dalla spia Carletto (Amleto De Giorgi, un ex partigiano passato alle dipendenze della Feldgendarmerie di Albenga: conosce strade e sentieri diceva un successivo documento partigiano), ciascuna di 50 uomini circa, partite rispettivamente da Cesio (IM), Villanova d'Albenga (SV) e da Leca, Frazione di Albenga (SV), conversero su Bosco, Frazione di Casanova Lerrone (SV).
A Bosco vennero catturati 16 garibaldini. Al momento di essere fucilati i patrioti tentarono la fuga e 12 di loro riuscirono a salvarsi, raggiungendo poi il loro Distaccamento.
Perirono in quel 20 gennaio 1945 i garibaldini Gino Gino Bellato, William Rosa Bertazzini, Rolando Indusco Martini, quest'ultimo di Serravalle Pistoiese (PT), ma residente a Ventimiglia (IM), tutti della III^ Brigata e tutti di 20 anni di età, ed il russo Gospar, il quale ultimo venne sentito dire qualcosa nella sua lingua prima di morire.
Vennero dal nemico fucilati, come ricordato in seguito, una volta finita la guerra, in una comunicazione ufficiale del 13 agosto 1945 da parte del comune di Casanova Lerrone (SV), due agricoltori, dediti alle loro pacifiche mansioni, Matteo Favaro e Amedeo Boli, di 41 anni.
Contro Degolla, Frazione di Ranzo (IM), alle 7 si diressero tre colonne nemiche, provenienti da Cesio, Pieve di Teco (IM) e Casanova Lerrone (SV). A Degolla era dislocata la squadra di Franco Riccolano (Franco) con 12 uomini armati di moschetti e di un M.G.: rimasero uccisi in combattimento Franco e ed il commissario politico del Distaccamento "Gian Francesco De Marchi" della III^ Brigata, Giuseppe Giuseppe Cognein, circostanza riferita per iscritto al comando della I^ Zona anche da Don Giacomo Negro, arciprete di Costa Bacelega, Frazione di Ranzo (IM).
Sempre il 20 gennaio veniva ucciso a Ubaghetta, Frazione di Borghetto d'Arroscia (IM), il partigiano Michele Miscioscia (Mario), nato il 3 novembre 1921 a Lavello (PZ) in Basilicata. Il giorno prima era stato incaricato di portare dei viveri nella zona di Marmoreo. Al ritorno, verso Ubaghetta, trovò il passaggio sbarrato dal nemico. Si lanciò all'attacco con una bomba a mano, sacrificandosi, ma permettendo agli uomini dell'intendenza della Divisione e del Distaccamento "Gian Francesco De Marchi" di sganciarsi incolumi da Ubaghetta, dove erano stati attestati. ... il 19 gennaio era stato incaricato di portare dei viveri nella zona di Marmoreo; mentre rientrava alla base avvistò una colonna nazi-fascista che si dirigeva verso Ubaghetta: impossibilitato a sorpassare il nemico senza farsi scorgere... non esitava a lanciare una bomba a mano... I partigiani ed i civili, mercé il suo sacrificio, poterono abbandonare il paese celati al nemico... con queste parole la morte di Miscioscia veniva ricordata in una successiva comunicazione del Distaccamento "Angiolino Viani" alla I^ Brigata (che, ad ulteriore conferma del momento drammatico vissuto da quelle formazioni partigiane, aggiungeva "Il 20 gennaio 1945 si è assentato il polacco Valter senza fare più ritorno. Da ultime informazioni risulta che attualmente si trovi presso il Distaccamento di "Domatore" della III^ Brigata...").
Altre perdite umane della Divisione "Silvio Bonfante" in quell'infausto 20 gennaio furono quelle di Antonino Bagatto Amato, caduto in combattimento a Ranzo (IM), e di Attilio Tamburino Obbia, fucilato a Barbigioni nel comune di Ortovero (SV).
Ancora nella mattinata del 20 gennaio 1945 una colonna tedesca, guidata dalla spia Boll, tentava nuovamente di catturare Ramon, Raymond Rosso, capo di Stato Maggiore della Divisione "Silvio Bonfante", già gravato dalla cattura di tutta la famiglia.
I Distaccamenti "Filippo Airaldi" della II^ Brigata "Nino Berio", "Giannino Bortolotti" della II^ Brigata, e "Giuseppe Catter" della III^ Brigata, tutte della Divisione "Silvio Bonfante", riuscivano a sganciarsi senza perdite dalla zona di Ranzo (IM), Nasino (SV), Alto CN), Aquila.
Il 21 gennaio 1945 il comandante Giorgio Giorgio Olivero ed il vice commissario Gustavo Boris Berio lasciarono la sede della Divisione "Silvio Bonfante", per provare a fare il punto della tragica situazione al comando di Zona, lasciando la formazione affidata al vicecomandante Luigi Pantera Massabò.
Il 21 gennaio la divisione repubblichina Monte Rosa occupava Casanova Lerrone (SV), Marmoreo, Frazione di Casanova Lerrone (SV), Garlenda (SV), Testico (SV), San Damiano, Frazione di Stellanello (SV), Degna, Frazione di Casanova Lerrone (SV), e Vellego, Frazione di Casanova Lerrone (SV), dopo avere già occupato il giorno prima Alto (CN), Borgo di Ranzo (sede comunale di Ranzo), Borghetto d'Arroscia (IM), Ubaga e Ubaghetta, Frazioni di Borghetto d'Arroscia (IM). A Marmoreo il nemico uccise il civile Settimio Testa.
Nei tre giorni successivi le formazioni della Divisione "Silvio Bonfante" sfuggirono ai rastrellamenti  nemici di San Damiano, Rossi, Frazione di Stellanello (SV) e Marmoreo, Frazione di Casanova Lerrone (SV).
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999
 
Solo il garibaldino Germano Cardoletti, Redaval, del Distaccamento “G. Maccanò”, di anni 21, rimane gravemente ferito da una gamba mentre tenta di fuggire. Riesce a nascondersi ma poi viene scovato; portato a Borghetto di Ranzo sopra una scala, riceve una superficiale medicazione, nonostante avesse riportato la frattura dell’osso. Adagliato su della paglia gli è data una coperta e per tre giorni è lasciato privo d’ogni altra cura. Solo un sergente maggiore della compagnia di uomini che si trovano in quel momento a Borghetto, mostra pietà di lui. Il maggiore, comandante di Battaglione, gli aveva detto che sarebbe stato portato all’ospedale di Pieve di Teco. Invece la sera del 22 giunge un tenente con i capelli grigi e dice al Cardoletti che si era riunito il Tribunale militare per decidere la sua sorte: è condannato a morte. Il parroco locale Don Casa e contadini del luogo, si offrono per portare il ferito a Pieve di Teco con la speranza di salvargli la vita. Niente da fare. Il giorno 23 il plotone di esecuzione fa fuoco sul ferito disteso a terra, sulla piazza del municipio. Con uno sforzo supremo grida al nemico: “Sparate! Questa è la fine che vi faranno fare i miei compagni”.
Al parroco è concesso il permesso dell’assistenza spirituale solo all’ultimo istante prima dell’esecuzione.
Da relazione del sacerdote E. Casa, economo spirituale, la quale termina così: “Non mi fu concesso che di poterlo vedere cinque minuti prima del l’esecuzione nonostante dalle 5,30 fossi ad attendere. Non mi fu possibile comprendere il nome di suo padre e di sua madre tanto era debole la sua voce. Appena ucciso ne ricomposi subito la salma nella cassa provvisoria di legno e fu sepolto nel nostro cimitero. Non mi fu possibile darne notizia ai parenti perché privo di qualsiasi documento avendoglieli ritirati i fascisti e già inviati a Pieve di Teco".
Francesco Biga  (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), Vol. IV. La Resistenza nella provincia di Imperia dal Primo Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005 
 
Germano Cardoletti (Redaval). Fonte: Anpi Voghera

Cardoletti Germano “Redaval”, operaio, partigiano della 60a Brigata “Bonfante”; nato a Redavalle il 16 novembre 1924 e residente a Gallarate (Varese); ferito e catturato in combattimento dai nazifascisti il 21 gennaio 1945, veniva fucilato due giorni dopo a Borghetto d’Arroscia (Imperia).
Ugo Scagni, "La Resistenza e i suoi caduti tra il Lesima e il Po", ed. Guardamagna, Varzi, 1995


18 gennaio 1945 - Da 'Dario' [Ottavio Cepollini] alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante" - Informava che "da parte dei tedeschi continua l'interrogatorio di 'Giulio' e 'Dek', 'Boll' collabora con i tedeschi, viene messo spesso con gli arrestati e con il pretesto di essere caduto anche lui in trappola cerca di carpire notizie utili da riferire ai tedeschi. Si cercherà di fare eliminare 'Boll' proprio dai tedeschi. I tedeschi a Pieve di Teco stanno ricostruendo il ponte crollato".
31 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Relazione sui rastrellamenti subiti il 10 ed il 20 gennaio 1945 "... Il giorno 20 gennaio avveniva il temuto rastrellamento a catena ad opera di forze della RSI e di alcuni reparti tedeschi. Furono attaccate formazioni della II^ e della III^ Brigata; a Bosco il nostro presidio venne dopo una battaglia catturato quasi al completo. Dei 16 garibaldini arrestati, 12 riuscivano a fuggire, evitando la fucilazione. Contemporaneo a questo attacco vi fu quello di Degolla, in cui i garibaldini ebbero 3 morti, 1 ferito e 8 uomini presi prigionieri. A Gazzo un'altra colonna, guidata dall'ex garibaldino 'Boll', catturò l'intera famiglia di 'Ramon', non riuscendo a sorprendere il nostro capo di Stato Maggiore. A Nasino il Distaccamento "Giannino Bortolotti" infliggeva alcune perdite al nemico e poteva ritirarsi..."
31 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", allegato n° 24, circa le perdite subite nel mese di gennaio 1945: "... il 20, a Bosco, Gino Bellato, William Bertazzini, Gospar, soldato russo, Rolando Martini e perirono in altre località Antonino Amato, Giuseppe Cognein *, Mario Miscioscia *, Attilio Obbia, Franco Riccolano *; il 22 a Pogli Giuseppe Caimarini e Settimio Vignola; il 23 Germano Cardoletti ...".
   * Proposta assegnazione medaglie d'argento alla memoria a Mario Miscioscia, caduto il 20 gennaio 1945 nel tentativo di avvertire i compagni dell'arrivo dei tedeschi, a Giuseppe Cognein e a Franco Riccolano.
2 febbraio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Relazione sui fatti di Ginestro e di Testico del 27 gennaio 1945, quando vennero attaccate 2 squadre del Distaccamento "Garbagnati" e rimasero uccisi "Brescia" [Mario Longhi] e "Romano" [Silvio Paloni].
da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II