giovedì 16 aprile 2020

... i fascisti scappando abbandonarono 2 muli

Badalucco (IM)
 
Il 6 gennaio 1945 ebbe luogo un vasto rastrellamento a danno dei garibaldini della II^ Divisione  "Felice Cascione" nei pressi del Passo della Verna.
La "befana" di quell'anno fece trovare nella calza degli imperiesi un'abbondante nevicata, che non impedì agli uomini del II° Distaccamento "Novella" del I° Battaglione "Carlo Montagna" della IV^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Elsio Guarrini" di riuscire a sganciarsi dal nemico in Località Binelle del comune di Montalto Ligure [oggi Comune di Montalto Carpasio (IM)].
I patrioti trovarono difficoltà a mimetizzarsi tra gli spogli tronchi dei castagneti, ma avevano dalla loro la cancellazione delle impronte in cagione della bufera che imperversava.
I due austriaci che avevano disertato dal Distaccamento probabilmente avevano indicato la via ai nazisti, ma di loro non si seppe più nulla.
Sempre il 6 gennaio ebbe luogo un altro rastrellamento, in Valle Argentina.
Tre colonne nemiche provenienti da Molini di Triora, Diano Marina ed Imperia si concentrarono intorno a Badalucco.
Erano composte in massima parte da fascisti e repubblichini, quasi tutti liguri, molti dei paesi vicini alla zona di queste azioni. Pochi i tedeschi. Prima di arrivare bruciarono quasi tutte le case incontrate sui tragitti percorsi.
I nazifascisti cercavano di individuare nei pressi di Montalto l'abitazione di Fedè, che fungeva  da recapito della II^ Divisione. E trucidarono a Badalucco tre civili sorpresi per strada.
Rocco Fava di Sanremo (IM), "La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945)" - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999   
 
... ultimo rastrellamento tedesco-fascista in Valle Argentina. Esso fu stroncato dalla nostra artiglieria al mattino dell'Epifania: per la prima volta usammo cannoni provvisti di congegno di puntamento.
Andrea (partigiano, al momento ancora ignoto, con ruolo di rilievo in seno alla V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione), Lettera dei primi del 1945 indirizzata ad un dirigente del Partito d'Azione a Milano, documento oggi in Fondazione Gramsci
 
6 gennaio 1945 - Da CORPO VOLONTARIO DELLA LIBERTA' ADERENTE AL C.L.N.,  Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni", prot. n° 253, al comando della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione" e p.c. al comando della V^ Brigata - Informazioni militari: "Oggi forze nazifasciste hanno effettuato un rastrellamento a Badalucco. Si calcola siano stati impiegati per detto rastrellamento più di Cinquecento uomini, i quali hanno occupato il paese con manovra avvolgente, provenienti da Molini di Triora, Diano Marina ed Imperia valicando Passo Veina, S. Remo, Ceriana seguendo la via del Passo S. Bernardo.
I nazifascisti hanno bruciato quasi tutte le case di campagna che hanno incontrato sul loro cammino.  Le forze provenienti da Molini, arrivate al ponte rotto di Montalto che era ancora notte, cercarono della casa di Fedè (Recapito della Divisione).
Verso le ore 9.30 i nazifascisti sono entrati in Badalucco dove sono andati di casa in casa cercando munizioni. È stata bruciata una casa dove è stato trovato un moschetto, un'altra  dove è stata trovata della munizione ed è stata fatta saltare... Tre individui borghesi sorpresi per la via sono stati vilmente trucidati. Alle ore 15 pomeridiane i primi reparti di nazifascisti hanno lasciato Badalucco diretti verso Taggia. In questo primo gruppo ho contato 160 uomini. 4 gruppi di 25 o 30 uomini, i rimasti, lasciavano il paese, diretti, parte verso Taggia, parte verso Carpasio e parte verso Molini di Triora. Questi ultimi sono stati attaccati da squadre di Garibaldini della V Brigata. Durante tale attacco i repubblichini perdevano un mortaio da 81 mm.
Alle ore 16.30 una pattuglia composta di 7 uomini, gli ultimi rimasti, lasciava Badalucco e si congiungeva con un gruppo di 50 uomini che attendevano subito fuori il paese.
Al detto dei fascisti che hanno preso parte all'azione, dovevano circondare Badalucco sino dalle 5 del mattino. Tutto ciò è fallito perché al passo di Veina hanno smarrito la strada.
Si è notato che la forza adoperata per questo rastrellamento era composta in massima parte da fascisti e repubblichini, quasi tutti liguri e dei paesi a noi vicini. Pochi erano i tedeschi. il responsabile S.I.M. di BRIGATA (Brunero) [Franco Bianchi]"
da un documento Isrecim in Rocco Fava di Sanremo (IM), Op. cit. - Tomo II

[ n.d.r.: quasi tutti i documenti partigiani, anche se scritti nelle condizioni difficili che ben si possono immaginare, anche quelli vergati a mano, riportavano la dicitura Corpo Volontari della Libertà (costituitosi il 19 giugno '44)  ]
 
Taggia (IM): uno scorcio

Gli attaccanti si diressero subito dopo a Taggia, a Carpasio e a Molini di Triora.
La colonna nemica, forte di 40 unità, che tornava a Molini di Triora, fu avvistata dai Distaccamenti Mia e Serpe.
I garibaldini si attestarono allora sotto Glori, Frazione di Molini di Triora (IM), facendo un fuoco incrociato, che obbligò i repubblichini prima a disperdersi, cercando rifugio anche nei tombini, e quindi a scappare.
I patrioti recuperarono due muli, uno carico di un mortaio da 81 mm e relative munizioni, l'altro di... dolci già pronti per la befana fascista.
"... i fascisti scappando abbandonarono 2 muli, uno carico di un mortaio da 81 mm e rispettive munizioni, l'altro di dolci per festeggiare la befana fascista" così, in effetti, lasciò scritto in una sua relazione al comando partigiano Giovanni Jeannot/Monaco Rebaudo *, partecipe anch'egli di quello scontro del 6 gennaio 1945 contro i militi fascisti del Battaglione Monterosa di stanza a Molini di Triora.
Dalla testimonianza di Pippo Rebaudo, conservata presso l'Archivio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, si ottiene la conferma dell'episodio dei muli abbandonati e si apprende che il giorno dopo lo scontro testé rammentato il comandante del presidio fascista di Molini di Triora avrebbe detto alla popolazione: "Ho compiuto molti rastrellamenti  in Croazia, ma non ho mai avuto paura come ieri".
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I

* Giovanni Rebaudo [famiglia di Pigna (IM), poi residente a Ventimiglia dalla Liberazione sino alla morte], nato a Monaco Principato il 29 novembre 1921. Militò nella Resistenza in seguito ai bandi di arruolamento della R.S.I. del 24 giugno 1944. Come molti altri giovani preferì combattere per la libertà, anziché al servizio dell'occupante tedesco. Entrò a far parte del Distaccamento di Buggio [Frazione di Pigna (IM)] comandato da Carlo Cattaneo "Carletto", di Ventimiglia, Distaccamento che operava nella zona di Carmo Langan [Comune di Castelvittorio (IM)]. Dopo una settimana, il 2 luglio 1944 ebbe il suo battesimo del fuoco con la battaglia di Castelvittorio. Dopo il relativo sbandamento si ricompose a Cima Marta un distaccamento comandato da Basilio Mosconi [Moscone, in seguito comandante del II° Battaglione "Marco Dino Rossi" della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni"]. Con questo partecipò a numerose ed importanti azioni: a fine luglio 1944 distruzione del ponte della "Bunda" di Pigna [n.d.r.: si trattava in effetti di un altro ponte, sito più a valle, prossimo ad Isolabona] per tagliare i rinforzi ai tedeschi; a Passo Muratone e Monte Lega con la cattura di un cannone nemico, che venne poi usato contro la caserma di Dolceacqua (IM); presa di Pigna e difesa della sua Repubblica Partigiana. Tra l'8 e il 18 Ottobre 1944 partecipò con tutta la II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione" alla ritirata su Fontane [Frazione di Frabosa Soprana (CN)] passando da Viozene [Frazione di Ormea (CN)]. In novembre ci fu il rientro in Liguria a riprendere i territori abbandonati, ricostituendo le Brigate. A marzo andò in missione a Pigna per ricostituire una formazione: qui subì il rastrellamento del 10 marzo 1945 che portò alla cattura di numerosi ostaggi ed alla fucilazione di 14 suoi compagni partigiani a Latte [Frazione di Ventimiglia (IM)]. Il 24 aprile 1945 era con tutta la  II^ Divisione "Felice Cascione" a Baiardo (IM) quando il Comandante Vitò [Vittorio Giuseppe Guglielmo] dispose il piano di occupazione della costa...   
Vittorio Detassis 

sabato 11 aprile 2020

Lo spettacolo del nostro esercito che si dissolve è impressionante

Ormea (CN): un vicolo. Fonte: mapio.net

In base agli accordi presi a Casalecchio, nei pressi di Bologna, tra comandi supremi italiano e tedesco il 15 agosto 1943, la sostituzione del contingente italiano in Provenza con quello tedesco avrebbe dovuto ultimarsi entro il 9 settembre '43. Mentre le operazioni si stavano ultimando, giunse al comando dell'armata una comunicazione, "Memoria 44", in cui in previsione di una possibile aggressione tedesca veniva disposto che le divisioni Pusteria e Taro della IV armata fossero raccolte nelle valli Roja e Vermenagna "per interrompere le vie di comunicazione della Cornice..."
Mario Torsiello (a cura di), Le operazioni delle unità italiane nel settembre-ottobre 1943, Stato maggiore dell'Esercito, Ufficio storico, Roma, 1975 
 
Imperia: un'immagine datata della Caserma Crespi

A partire dal 25 luglio 1943, data della caduta di Mussolini e del fascismo, i tedeschi iniziarono ad attuare loro piani già pronti, facendo affluire truppe dal Brennero e dalla Francia, che si insediarono in seguito anche in provincia di Imperia.
Già dall'agosto 1943 a ridosso dei valichi appenninici e delle Alpi Liguri sono presenti le divisioni tedesche 76^ e 94^, appartenenti all'87° Corpo d'Armata. 
Altre quattro divisioni tedesche, la 157^, la 356^, la 715^ e la 60^ Panzer, erano dislocate in Provenza [...]
Tuttavia sino all'armistizio di Cassibile non si ha notizia di truppe tedesche stanziate ad Imperia.
Per quanto concerne le truppe italiane in provincia [alla vigilia dell'8 settembre] era operativo il I° Corpo d'Armata, composto dalle divisioni costiere 223^, comandata dal generale Andreoli, 224^, agli ordini del generale Bancale, e Taro, sotto il comando del generale Pedrazzoli.
A partire dall'8 settembre la città di Imperia rappresentava un centro di accoglimento delle forze italiane della IV^ Armata già stanziata in Provenza.
Alla data dell'8 settembre 1943 si trovavano in Imperia, alloggiati presso la Caserma Crespi, tre battaglioni del 41° reggimento fanteria, di cui uno reduce dalla Grecia.
Nella caserma Siro di Imperia Porto Maurizio era presente un battaglione di soldati delle classi 1903-04 richiamati alle armi solo alcuni giorni prima. Altre truppe erano collocate in varie caserme di Imperia per un complessivo di 4500 militari e 200 ufficiali. Ad Imperia era anche presente il cacciatorpediere F.R. 34, in seguito catturato dai tedeschi e ribattezzato T.A. 34.
Nella zona compresa tra Imperia ed Albenga era stanziato il 21° Battaglione Guardia Costiera agli ordini del tenente Fassani.
A Diano Marina (IM) la Caserma U. Comandone fungeva da deposito del 15° Reggimento Artiglieria di Corpo d'Armata, il quale era dotato di cannoni semoventi corazzati. 
Nella parte occidentale della provincia presso la Caserma Umberto I di Sanremo (IM) era accantonato un distaccamento del 90° Reggimento Fanteria e nella Caserma Revelli di Taggia (IM) era collocato il centro automobilistico del 15° Corpo d'Armata...
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999
 
A Imperia si trovavano quattro VAS della 5a Squadriglia, al comando del tenente di  vascello  Ludovico  Motta.  L’8  settembre [1943],  su  ordine  del  Comando  Marina  di  Genova,  Motta  uscì  con la VAS  214, per dare la caccia a un sommergibile; fu raggiunto dalla VAS 237, uscita da Portofino. Alle sette del 9, la  caccia  al  sommergibile  fu  interrotta  e  le  due  unità  rientrarono  nei  porti  di  provenienza. Motta, giunto a Imperia alle 12:15, fu informato dal comandante del porto   (tenente colonnello delle capitanerie di porto, Piaggio) della proclamazione dell’armistizio; chiese  istruzioni a  Comar  Genova,  che  gli  disse  di  dirigere  per  un  qualsiasi  porto  a  sud  di  Livorno.  Motta  procedette alla distruzione dell’archivio segreto e, alle 17, lasciò Imperia con le sue unità (214, 208, 219, 220).  Le  unità  procedettero a moderata  velocità,  date  le  precarie  condizioni di efficienza di alcune di loro, verso Capraia. [...] Scontri avvennero a Villafranca e a Mentone, con perdite fra il personale della Marina. Alcuni dei marinai italiani riuscirono a raggiungere la frontiera svizzera e furono internati in tale Paese. [...]  Il  9  settembre  caddero  a  Mentone  il  sottocapo  infermiere  Mario  Acquisti  e  il  cannoniere Armando Alvino. [...] Anche in Francia alcuni marinai riuscirono ad allontanarsi e si mantennero alla macchia o raggiunsero la Resistenza francese. [...]
Giuliano Manzari, La partecipazione della Marina alla guerra di liberazione (1943-1945) in Bollettino d'Archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare, Periodico trimestrale - Anno XXIX - 2015, Editore Ministero della Difesa 

Anche il battaglione della Guardia di Finanza presente a Nizza aveva già ricevuto l'ordine di rimpatrio e nella giornata del 9 settembre da Ventimiglia raggiunse Cuneo e poi Torino, dove fu sciolto. Furono invece internati parte dei  militari della compagnia di Finanzieri di Tolone, mentre quelli della compagnia dislocata in Corsica, dopo aver partecipato ai combattimenti intorno a Bastia, si trasferirono in Sardegna alla fine di ottobre.
Gabriele Bagnoli, La Guardia di Finanza nella seconda guerra mondiale, Tesi di laurea, Università degli Studi di Firenze, Anno Accademico 2013-2014

L'8 settembre 1943 il comando della Wehrmacht di stanza ad Acqui (AL) "alle ore 18.30 dalla radio inglese BBC ed alle ore 19 da quella italiana" precisa Francesco Biga (Il settembre 1943 nell'Imperiese, supplemento a "Storia e memoria", n° 2, 1993) "immediatamente allertava l'87° Corpo d'Armata tedesco: alle 22.25, infatti, il generale Rommel ordinava di disarmare le truppe italiane in base alle misure previste dal piano 'Achse' a iniziare dalle ore 5 del mattino del 9 settembre".
In effetti prima delle 12 del 9 settembre 1943 i tedeschi avevano già preso possesso militarmente della costa ligure tra Genova e Savona e si erano lanciati all'inseguimento, nella parte occidentale della Liguria, dell'Esercito Italiano.
La 76^ divisione tedesca, ricevuto l'ordine, si diresse verso Albenga lungo la Via Aurelia. La 94^ doveva marciare anch'essa verso la città ingauna, oltre che su Imperia, passando nell'entroterra da Carcare-Ceva-Garessio.
Il gruppo tattico della 94^, al comando del colonnello Lodowig, occupata Albenga a mezzogiorno senza incontrare veri e propri ostacoli, giunse in serata a Sanremo e a Ventimiglia, dove si congiunse con la 60^ divisione Panzer proveniente dalla Provenza...
Il grosso della 94^ incontrò invece ostacoli sul suo cammino: il gruppo tattico partito da Alessandria alle ore 6.30 del 9 settembre dovette affrontare alle ore 14 presso Priola (CN) un conflitto a fuoco con soldati italiani condotto rapidamente a proprio favore. "A Garessio alle ore 15" come chiarisce Carlo Gentile ("Notiziario dell'Istituto Storico della Resistenza in Cuneo e provincia", n° 3, 1991) "il gruppo tattico si divise in due tronconi: una parte prese la direzione del Colle di San Bernardo dove si imbattè nella colonna delle truppe italiane provenienti da Albenga". Queste ultime erano reparti della 201^ Divisione Costiera - 5000 uomini - che in un primo tempo rifiutarono di arrendersi, ma che dopo alcune trattative dovettero cedere.
Rocco Fava, Op. cit.

Meno drammatica ma assai amara fu la vicenda che si consumò al Colle di San Bernardo, tra Albenga e Garessio.
Il colonnello Gerolamo Pittaluga decise di trasferire verso i monti del Cuneese le forze schierate tra Ventimiglia ed Albenga <15. Partita il pomeriggio del 9, la lunga colonna si sfilacciò tra sbandamenti e diserzioni per poi attestarsi sul Colle di San Bernardo; ma la mattina dopo Garessio era già occupata da ingenti forze germaniche. Vista la mala parata, non restava che trattare la resa. I tedeschi promisero la libertà in cambio del disarmo; poi, con tipico senso dell’onore militare, deportarono tutti ad Acqui Terme <16, e da lì in Polonia nei tristemente noti stalag. Pochi furbi riuscirono a dileguarsi fra le montagne: a Garessio si contarono 3000 prigionieri e un ingente bottino di armi leggere e pesanti <17.
[NOTE]
15 Ibidem, vol. I, pp. 31 - 32. Le peripezie della colonna che da Albenga risalì verso Garessio sono narrate in R. Lucifredi, Rottami, Oneglia, Dominici, 1982
16 Vedi R. Lucifredi, op. cit., capp. III - IV.
17 G. Gimelli, Cronache militari della Resistenza in Liguria, Farigliano (CN), Milanostampa, 1965-69, vol. I, p. 32.

Stefano d’Adamo, "Savona Bandengebiet - La rivolta di una provincia ligure ('43-'45)", Tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 1999/2000
 
Con l’annuncio radiofonico della capitolazione ad opera del maresciallo Badoglio, la sera dell’8 settembre, la situazione divenne caotica, poiché elementi della 201ª divisione costiera, che stazionavano nella zona di Mentone, ripiegarono in disordine su Ventimiglia [...] De Castiglioni, prima di raggiungere il colle di Nava, provò ad organizzare a Imperia una difesa anticarro sulla via Aurelia, ma il generale Bancale, comandante del XV° CA, gli ordinò di abbandonare i cannoni dopo averli neutralizzati; il 9 settembre alle 7.30 si trovava al colle di Nava, dove una dozzina di carabinieri intercettarono gli sbandati venuti dalla Francia; alle 18, i tedeschi si avvicinarono a Ormea, dove si combatté fino alle 22, prima di imboccare la pista del Passo Tanarello, dove arrivò con un migliaio di uomini alle 9 del giorno 11 <44. Quanto al generale Operti, intendente della 4ª Armata a Beaulieu, decise di rimpatriare rapidamente i fondi in suo possesso per mezzo di due convogli di camion: uno, contenente la cassa principale di Beaulieu (42.696.000 lire e 204.905.000 franchi, più cinque quintali di monete d’argento) raggiunse Savona e successivamente proseguì verso Alba, perdendo lungo la strada qualche veicolo di scorta fermato dai tedeschi a Savona; il secondo, che conteneva la cassa sussidiaria di Mentone (16 milioni di franchi e lire), venne invece catturato a Savona <45.
[NOTE]
44 Ibidem, Cartella 2121/A/3/2, testimonianza del generale Gazzale.
45 R. OPERTI, Il tesoro della 4ª Armata, Torino 1946, pp. 60-62.

Jean-Louis Panicacci, Le ripercussioni dell’occupazione italiana in Francia nella provincia di Imperia, Intemelion, n° 18 (2012)
 
Il secondo gruppo della 94^ Divisione tedesca, che da Garessio (CN) aveva seguito la strada 28 verso Imperia, ad Ormea (CN) venne in contatto con truppe italiane decise a non arrendersi. Ne seguì un duro scontro al termine del quale i tedeschi sgominarono gli italiani.
All'alba del 10 settembre le truppe tedesche lasciarono Ormea e, passando per Pieve di Teco (IM), alle 10.30 raggiunsero Imperia. "Nel corso della medesima giornata disponevano le truppe a presidio della costa" (Gentile).
Emblematico risulta il caso di Ormea (CN), un comune ed un circondario intorno al quale operarono spesso in seguito i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria, segnatamente la VI^ Divisione "Silvio Bonfante". Di Ormea e di quanto vi accadde nel drammatico settembre 1943 scrisse in un diario-memoriale (Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, tip. Dominici Imperia, 1994), che riguarda la zona Ormea-Pieve di Teco per tutto il periodo che va dall'8 settembre alla Liberazione, Nino Barli, podestà di Ormea dopo il 25 luglio 1943, ma subito dimessosi dopo i tragici avvenimenti, qui di seguito riportati con le sue parole. "Fin dal mattino del 10 incominciarono a giungere ininterrottamente dalla costa ligure colonne di militari italiani, anche marinai,  mentre gli ufficiali già in Ormea davano disposizioni per organizzare un poderoso centro di difesa". Venne posto un camion sul ponte dell'Armella ostruendo completamente il passaggio e, come precisò il Barli, "furono posizionate mitragliatrici sulla piazza della Chiesa Parrocchiale, oltreché nei vigneti sovrastanti la Statale 28. Molti soldati, armatissimi e con zaini di bombe a mano, vennero dislocati nelle case private". La popolazione, spaventata per tutto questo muoversi di truppe e temendo il peggio, fuggì in gran numero portandosi dietro quello che poteva.[...]
Di fronte ad un tale dispiegamento di armi e armati, la popolazione, invitata dai generali Bancale, Gonzales, da un altro ufficiale e da un colonnello dello Stato Maggiore, a chiudersi in casa, presa dal panico, già dalle ore 14 aveva incominciato ad abbandonare il paese, portando con sé quello che poteva. Il pomeriggio trascorse in un continuo aumento di tensione per le notizie per le notizie che giungevano e che annunciavano prossimo l’arrivo dei tedeschi.
Ad un tratto lungo la strada si scorse l’avvicinarsi di una grossa colonna nemica proveniente da Garessio, si udì la  prima  raffica di mitragliatrice nei pressi di San Rocco. 

Da quel momento il fuoco andò sempre aumentando di intensità. 
Il fragore era tremendo, l’azione durò due ore e un quarto: dalle 19 alle 21,30, ora in cui gli italiani si arresero.
All’inizio dell’attacco i soldati tedeschi  si  erano divisi  in  tre  colonne: una marciò verso il centro dell’abitato, l’altra s’inoltrò a monte dello stesso,  passando  attraverso  i vigneti, per il sentiero del Rio Arozzo, che porta alla Cappella di San Moro e  la terza, avanzando lungo il Tanaro, raggiunse il così detto Ponte dei Sospiri. In tal modo l’abitato venne a trovarsi sotto un intensissimo fuoco incrociato, le cui conseguenze lasciarono il  segno per molto tempo.
Una volta arresisi gli italiani, i tedeschi  iniziarono uno spietato saccheggio che si protrasse per tutta la notte dell’11 settembre, convinti che la popolazione in massa avesse appoggiato i nostri soldati, lanciando bombe dalle finestre ed azionando mitragliatrici dalle case private. 
Durante i combattimenti caddero cinque nostri soldati ed un ufficiale,  una  decina  di  feriti  furono ricoverati nell’Ospedale.
Correva voce che i tedeschi avessero perduta una trentina di uomini tra morti e feriti, falciati dalla mitragliatrice piazzata in località San Rocco, mentre su autocarri scoperti giungevano  da  Garessio. Ma niente fu possibile appurare. Nei pressi della Chiesa Parrocchiale,  il  tenente delle  SS  che  comandava  la  colonna  di  centro,  ebbe  il braccio destro fratturato in due punti da pallottole, e perciò fu ricoverato  nell’Albergo delle Alpi; al tempo stesso diede ordine che tutta la popolazione maschile dai 18 ai 35  anni venisse deportata in Germania, convinto che avesse appoggiato i  soldati italiani.  
Il  paese  trascorse  qualche ora di terrore ma poi,  grazie all’intervento di una signora tedesca, moglie di un ufficiale, nella zona da più giorni per raccogliere informazioni, fu evitata la deportazione. 
Il giorno 11 settembre, alle ore 10, giunse in Ormea una lunga colonna  di  soldati  italiani  ed  una trentina  di  ufficiali,  fatti  prigionieri durante la notte lungo la Statale 28, tra Cesio e Nava. Erano  settecento circa, affiancati da soldati tedeschi armati di mitragliatori, ed erano avviati ad accamparsi nel campo sportivo.  
La  popolazione  tutta  gareggiò nel provvedere loro viveri, indumenti,  medicine ed  altro. Il Comune  fornì  in  abbondanza  altre provvigioni. I prigionieri bivaccarono  tutta  la notte nel campo, ma il mattino del12, alle ore 8, con una lunga e lenta  tradotta  furono  fatti  partire  per Alessandria.
In Ormea rimasero una  trentina  di  tedeschi a custodia del  deposito del  90°  Reggimento Fanteria,  fornito di una grande quantità di materiale militare che i tedeschi, con cinque torpedoni della ditta Fava di Imperia, trasportarono allo scalo  ferroviario,  caricandolo  poi  su  sessantacinque  vagoni, che avevano per destinazione una località ignota (forse Alessandria).
In previsione di giorni drammatici il Comune di Ormea riuscì a farsi consegnare dall’ufficio dell’ammasso di Ceva circa quattromila quintali di grano che, con l’aiuto degli amministratori della  cartiera, furono ammassati nel Comune e quindi distribuiti alla popolazione. Fu un saggio provvedimento perché, dove si agì diversamente, enormi quantità di grano furono deviate in Germania, con gravi conseguenze per la popolazione... (Barli)
Nei  giorni  successivi  al  12,  i  tedeschi organizzarono una serie di capisaldi; dopo il 15 il gruppo tattico Reich assunse la seguente dislocazione: il Comando a Borgomaro, in Valle Impero; il  Comando del reparto esploratori  della  94a Divisione ad Oneglia, con a capo il capitano  Kohler;  il  2° Squadrone  dello stesso reparto, a Bordighera. Invece ad  Albenga  fu  dislocato  il  Comando del reparto esplorante della 76a Divisione, con uno squadrone ad Alassio. L’artiglieria del 451° gruppo, diviso in due sezioni, prese posizione a Leca di Albenga e nella Caserma U.  Comandone  di  Diano Castello.
Il senso di sbandamento che assaliva la popolazione in seguito all'occupazione tedesca è reso percettibile da un testimone oculare di quei drammatici giorni, Vincenzo Calzia, all'epoca segretario comunale di Borgomaro (IM). Calzia annotò nel suo diario, conservato presso l'Archivio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia: "9 settembre 1943: lo spettacolo del nostro esercito che si dissolve è impressionante". Più avanti Calzia si riferisce alle truppe tedesche "fanno presto a prendere possesso dell'Italia; non li aspettavo. Confesso che ho provato un senso di paura, seguito da un moto di ribellione". Il senso di impotenza e di sconforto trasuda dalle pagine dello stesso diario il 15 settembre 1943 "... la popolazione è terrorizzata: vive sotto l'incubo del peggio. Come si sta male a sentirci soli, senza una protezione, separati dalla nostra gente, vedere la nostra patria annientata!". Il 20 settembre Calzia sottolinea l'arrivo del grosso delle truppe tedesche che "si sono sistemate senza tante cerimonie".
Il comando tedesco il 20 settembre 1943 pubblica un'ordinanza diretta a tutta la popolazione ed ai soldati italiani, che intima la consegna immediata delle armi: tale ordine, tuttavia, sarà completamente ignorato.
Tra le località in cui la popolazione accennò un tentativo di ribellione figura Castellaro (IM), in cui la cittadinanza sabotò i cannoni di una batteria abbandonata dal Regio Esercito.
In alcune località i tedeschi occuparono i presidi militari già del Regio Esercito, ma giungendo dopo che i cittadini avevano già messo al sicuro le armi, come nel caso di Sanremo e di Ventimiglia (IM).
I nazisti ritennero vitale dal punto di vista strategico la Strada Statale 28 Imperia-Ceva e, per tale ragione, insediarono due centri tattici importanti a Pieve di Teco e a Borgomaro (IM). Tali presidi furono creati per fronteggiare un imminente sbarco alleato in Liguria, sbarco che avvenne invece solo il 15 agosto 1944, ma in Provenza.
Rocco Fava, Op. cit., Tomo I
 
Il 14 settembre 1943 venne rastrellata la val Roja, nella quale, in base ai risultati della ricognizione aerea dovevano trovarsi ancora elevati contingenti delle truppe del XV corpo d'armata italiano provenienti dalla Francia.  Non furono tuttavia i soldati di Peiper a ricevere quest'incarico.
Il battaglione si era frazionato nel corso della sua marcia e aveva lasciato reparti a presidio delle città occupate del basso Piemonte - Alessandria, Asti, Alba, Bra, Mondovì, Cuneo - diventando troppo debole per accollarsi ancora questo compito.
... All'alba del 14 settembre, il reparto esplorante (Aufklärungs-Abteilung) divisionale fu messo in marcia da Chivasso alla volta di Cuneo allo scopo di provvedere al rastrellamento della val Roja.
Giunto a Cuneo verso le 9 del mattino, il reparto proseguì attraverso la Vermenagna, passò in val Roja dove catturò a Tenda e a Briga Marittima i resti dei tre battaglioni del 7° reggimento alpini e il 5° reggimento di artiglieria alpina e si spinse fino a Breil.
Qui, dove la strada era stata fatta saltare dai soldati del Regio Esercito in ritirata, fu preso contatto con un reparto della divisione Feldherrnhalle che proveniva dal Nizzardo.
Già il giorno seguente, il grosso del reparto esplorante fu fatto rientrare quasi completamente a Chivasso.
Rimasero nel Cuneese solo alcune aliquote incaricate di effettuare ulteriori operazioni di disarmo in direzione del confine francese.
Vediamo la comunicazione del 15 settembre: "Il disarmo si avvia alla conclusione. Il raggiungimento delle aree periferiche ha portato i seguenti risultati: strada Cuneo, Breglio, nessun ulteriore accertamento del nemico. Aliquote dell'A[ufklärungs] A[bteilung] "LSSAH" inviate da Cuneo verso ovest hanno disarmato a Demonte 30 ufficiali e 20 uomini, a Vinadio 30 ufficiali e 300 uomini della G.A.F. [Grenzjäger].  Le moderne fortificazioni del confine sono libere..."
Carlo Gentile, Settembre 1943. Documenti sull'attività della divisione "Leibstandarte-SS-Adolf Hitler" in Piemonte, in Il presente e la storia: rivista dell'Istituto storico della Resistenza in Cuneo e provincia
 
Ultima categoria a ripiegare nella Riviera dei Fiori fu quella degli ebrei, fino ad allora protetti nella zona di occupazione italiana. Tra loro alcune decine riuscirono a raggiungere la provincia di Imperia il 9 settembre e si stabilirono nei dintorni di Sanremo. Si trattava di Hélène Saulnier e delle famiglie Viterbo, Tarica, Sciarcon, Modiano, Avigdor e Tilche <46.
46 P. VEZIANO, Sanremo. Una nuova comunità ebraica nell’Italia fascista, 1937-1945, Reggio Emilia 2007, pp. 171-178.
Jean-Louis Panicacci, art. cit.

Doc. 33 (BA-MA, RS 2-2/27)
Comunicazioni del Quartiermeister (sezione dello stato maggiore addetta, tra l'altro, ai rifornimenti ed all'amministrazione dei prigionieri di guerra) del II. SS-Panzerkorps all'Heeresgruppe B.
17-9-43: "Lungo la strada Cuneo - Ventimiglia, catturati al Colle di Tenda un btg. ed a Briga due btg. del 7° regg. Alpini. I cannoni del 5° regg. art., in posizione in montagna, privi dei serventi. A Saorgio, il ponte stradale e quello ferroviario fatti saltare [...]".
Carlo Gentile, Op. cit.
 
10.9.1943. Cartolina postale da Ormea a Marina 999 di Tolone, però indirizzata a Nizza. La cartolina non potè essere recapitata per il precipitare degli eventi e venne rispedita AL MITTENTE, reindirizzata a Savigliano ove la signora si era trasferita. Fonte: Riccardo Bertolotto, art. cit. infra

“Ormea 10 sett. 1943
Dario mio, Sebbene sia quasi sicura che non ti giunga questa mia te la invio ugualmente per farti conoscere le nostre buone condizioni di salute. Fino a ieri ho sempre sperato di vedere in mezzo ai numerosi marinai e soldati venuti da tutte le parti della Francia, anche te, purtroppo invece nulla, possibile che ci si debba rassegnare a questa dura sorte. Che disperazione Dario mio! Non per fartene un rimprovero, ma se avessi ascoltato il nostro consiglio!! Io lo sentivo che finiva così. Speriamo che Dio e la Madonna non ci abbandonino del tutto e ci proteggano. Anche noi qui sentiamo le conseguenze e faccio conto di rientrare prima del previsto a Savigliano ove credo sarò più tranquilla. Sta bene, Dario caro, e di buon animo che le cose si aggiusteranno speriamo presto. Ricordi e baci infiniti da Giorgio e da me tua Maria.
Maria Barla. Villa De Michelis. Ormea.”
Riccardo Bertolotto (da IL FOGLIO dell'U.F.S. n. 173), Spigolature, armistizio su due fronti, Il Postalista
 

mercoledì 8 aprile 2020

Attendo i messaggi per i lanci



8 gennaio 1945 - Dal C.L.N. di Sanremo, prot. n° 197/CL, al comando della V^  Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Il dispaccio riferiva sul capitano "Franco", definito un disgregatore, e sul capitano "Umberto" [Candido Bertassi, già comandante di una formazione partigiana denominata Brigata Alpina, operante tra Baiardo (IM) e Ceriana (IM), che, prima di venire sciolta intorno al 20 settembre 1944, aveva sporadicamente collaborato con i garibaldini e aveva anche momentaneamente incorporato Italo Calvino]; aggiungeva che il capitano "Umberto" aveva rotto con il C.L.N. e sembrava cercare contatti con "Mauri" [maggiore Enrico Martini, comandante del gruppo divisioni alpine autonome] in funzione di contrasto con i garibaldini di "Curto" [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria]; avanzava la richiesta di svolgere accurate indagini circa l'accusa di saccheggi effettuati dalla Brigata.

9 gennaio 1945 - Dal Comando Operativo della I^ Zona al Comando Regionale Liguria - Nella missiva "Mario" [Ottavio Siri, segretario del Comando della I^ Zona] scriveva a "Michele" circa un prossimo incontro e si dichiarava d'accordo con l'interlocutore a non trattare con i nemici. "Hanno preso Luna [Sergio Conterio, verso la fine della guerra quadro del III° Battaglione "Candido Queirolo" della V^ Brigata]. Parlerà? Attendo i messaggi per i lanci. C'è da fidarsi? Se mi prendono, ha tutto mio papà o mia mamma". 

9 gennaio 1945 - Dal comando [comandante Vitò/Ivano Giuseppe Vittorio Guglielmo] della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della V^  Brigata - Con la lettera venivano confermati comandante e commissario del I° Battaglione "Mario Bini" rispettivamente "Danko" [Giovanni Gatti] e "Gino" [Luigi Napolitano di Sanremo (IM)] e veniva destituito "Peletta" [Giovanni Alessio], che doveva passare ad un altro Battaglione come garibaldino semplice a seguito di insubordinazione verso il Comando.

9 gennaio 1945 - Dalle forze garibaldine ai funzionari di polizia [della Repubblica Sociale] - Nel volantino risulta scritto: "È da traditori perquisire e opprimere i patrioti. Mussolini non resisterà un'ora alla fine di Hitler".

9 gennaio 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 97, al C.O. della I^ Zona - Veniva trasmessa la situazione delle Brigate dipendenti dalla Divisione: la I^ Brigata "Silvano Belgrano" "Mancen" [Massimo Gismondi, comandante] con dei problemi; nella II^, "Nino Berio",  "Ivan" [Giacomo Sibilla] e "Gigi" [Giuseppe Alberti, commissario] non molto idonei agli incarichi; nelle altre "Fra Diavolo" [anche Garibaldi, Giuseppe Garibaldi, poi comandante della IV^ Brigata "Domenico Arnera"] e "Giorgio" [forse Italo Acquarone] assolvevano in modo adeguato i loro incarichi.

9 gennaio 1945 - Dal comando della II^ Divisione al comando della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" ed al comando della V^ Brigata - Direttiva: "Tutti coloro che hanno fatto parte delle formazioni garibaldine e che non siano stati espulsi dalle file per sentenza del Tribunale di Brigata o di Divisione devono tuttora considerarsi parte delle Brigate d'Assalto Garibaldi". Ogni garibaldino doveva pertanto regolarizzare la sua posizione rientrando al suo reparto o ai G.T.A.G. (Gruppi Territoriali d'Assalto Garibaldi). Gli inadempienti sarebbero stati considerati disertori e deferiti al Tribunale Militare di Divisione.

9 gennaio 1945 - Dal comando della I^ Brigata al comando della VI^ Divisione - Comunicava che una Squadra del Distaccamento "Francesco Agnese" al comando di "Moschin" [Carlo Mosca] aveva attaccato sulla strada statale 28 [del Col di Nava] una pattuglia tedesca nel tratto Pontedassio-Frantoio Biscialla e che erano probabili alcune perdite nemiche [nota di Fava: appurati in seguito 3 morti e 2 feriti].



da documenti Isrecim in Rocco Fava di Sanremo (IM), "La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945)" - Tomo II - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999



venerdì 3 aprile 2020

La divulgazione tra i partigiani imperiesi di un telegramma di Togliatti


Circolare partigiana per la divulgazione di un telegramma di Togliatti - Fonte: Fondazione Gramsci

3 gennaio 1945 - Dal comando [comandante "Giorgio", Giorgio Olivero] della Divisione "Silvio Bonfante" a tutti i reparti dipendenti - Comunicava che "la zona in cui si opera è di immediato retrofronte, per cui serve gente convinta, mettendo al bando ogni forma di disfattismo. Occorre reagire agli atti di vandalismo del nemico". 

3 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della III^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Ettore Bacigalupo” - Direttiva: "Occorre provvedere, nei paesi in cui non vi sono garibaldini, ad inquadrare i giovani nelle squadre di riserva locali. Queste dovranno sorvegliare i passi durante la notte. Si ricorda che l'adesione ha carattere volontario. Il comando di tali squadre spetta al vice comandante di Brigata".

3 gennaio 1945 - Da Curto [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria] a Simon [Carlo Farini, ispettore della I^ Zona Operativa Liguria] - Relazione sulla visita del comandante Curto alla Divisione Bonfante.

3 gennaio 1945 - Dal Comando Operativo della I^ Zona Liguria a Simon - Comunicava che "qualche elemento della Divisione Bonfante si è  presentato ai tedeschi, guidandoli in qualche azione di rastrellamento".

3 gennaio 1945 - Dal comando della IV^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 46, ai comandi dei Battaglioni ["Carlo Montagna", "G.B. Rodi" e "Orazio 'Ugo' Secondo"]: Trasmissione dell'ordine di sorvegliare attentamente la zona di appartenenza. Ricordati i doveri del capopattuglia. Consiglio di continuare l'addestramento all'uso delle armi ed alla guerriglia. Raccomandazione di fornire precise informazioni militari sulle formazioni nemiche.

3 gennaio 1945 - Dal Comando Operativo della I^ Zona Liguria, prot. n° 49, al comando della II^ Divisione ed al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante": Comunicazione del contenuto del telegramma di Ercoli (Palmiro Togliatti) del 1° novembre 1944. Monito a combattere ed a coinvolgere nella lotta i contadini.

3 gennaio 1945 - Dal Comando Operativo della I^ Zona Liguria al comando della II^ Divisione: Incarico ad alcuni partigiani di sgombrare determinati campi minati con il conseguente recupero di ordigni esplosivi.

3 gennaio 1945 - Dal comando della VI^ Divisione ai comandi dipendenti: Precisati i compiti delle varie intendenze.

4 gennaio 1945 - Dal Comando Operativo della I^ Zona Liguria al comando della II^ Divisione ed al comando della VI^ Divisione: Il massimo di spesa giornaliera per le missioni era fissato in 100 lire. Tutti gli oggetti di valore requisiti dovevano pervenire al Comando di Zona con apposita documentazione.

4 gennaio 1945 - Dal comando del I° Battaglione "Mario Bini" [comandante Gino Napolitano] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni", prot. n° 33, al comando della V^ Brigata: Relazione militare: presenti a Pigna (IM) 60 tedeschi equipaggiati con armi leggere; artiglierie nemiche nel frattempo spostate da Pigna a Passo Muratone, Gouta e Margheria dei Boschi [località di Pigna (IM)].

4 gennaio 1945 - Dal comando della V^ Brigata, prot. n° 250, al comando della II^ Divisione: Trasmessa la relazione militare del I° Battaglione ricevuta con prot. n° 31

4 gennaio 1945 - Dal comando del I° Battaglione al comando della V^ Brigata: Comunicato che il comandante Gino [Luigi Napolitano, poi vicecomandante della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni"], Danko [Giovanni Gatti, comandante di un Distaccamento] e le loro squadre chiedevano chiarimenti sul comportamento dell'ex comandante Peletta [Giovanni Alessio], che si era nuovamente autodefinito comandante del I° Battaglione.

4 gennaio 1945 - Dal comando del I° Battaglione, prot. n° 32, al comando della V^ Brigata: Relazione militare: a Isolabona (IM) presenti 200 tedeschi; 200 tedeschi anche ad Apricale (IM); 300 a Dolceacqua (IM); a Perinaldo (IM) una squadra di 20 tedeschi per riparare la strada Perinaldo-San Romolo; da Sanremo (IM) 2 M.A.S., con a bordo uomini della X^ Flottiglia disertori dalle fila repubblichine, forse diretti alla costa francese. A Baiardo (IM) il tenente dei bersaglieri ben visto dalla popolazione perché per Natale aveva regalato sigarette e liquori. 

5 gennaio 1945 - Dal comando della IV^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Elsio Guarrini" al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" ed al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Si rendeva noto l'arrivo a Taggia (IM) di bersaglieri che avrebbero dovuto compiere rastrellamenti a Sanremo, Ceriana e Valle Argentina. Continuavano i lavori difensivi del nemico sul litorale e lungo la Valle Argentina.
 
5 gennaio 1945 - Dal comando del I° Battaglione "Mario Bini" al comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" - Relazione sul mese di dicembre 1944: "riorganizzati i 3 Distaccamenti dipendenti. Uccise 4 spie. Uccisi il 1° dicembre un capitano ed tenente tedeschi. Il 3 dicembre una squadra ha attaccato il presidio dei bersaglieri di Ceriana, uccidendone 20. Il 13 alcune mine provocavano la morte di 16 tedeschi. Il 20 dicembre morivano 2 garibaldini".

5 gennaio 1945 - Da "Nilo" [Quanito De Benedetti] al C.L.N. di Sanremo (IM) - Comunicava che nella notte era avvenuto uno scontro a fuoco tra partigiani e tedeschi nella zona di Madonna della Costa a Sanremo. 
 
6 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" [comandante "Giorgio" Giorgio Olivero] a tutti i reparti - Si comunicava che il comandante "Mario" [Carlo De Lucis, commissario della Divisione] era autorizzato a prelevare somme presso il C.L.N. ed i privati.

6 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" ai commissari delle Brigate dipendenti - Sollecito a fornire pensieri scritti da garibaldini per creare un giornale partigiano.

6 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione S.A.P. "Giacinto Menotti Serrati" al C.L.N. di Imperia - Richiesta di autorizzazione a prelievo forzato di merci varie a carico di 5 privati.

6 gennaio 1945 - Dal Distaccamento di "Pancho" [Giacomo Corradi] al comando del I° Battaglione "Carlo Montagna" della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che c'era stato un rastrellamento nemico al Passo della Verna ai danni del Distaccamento "Luigi Novella" del I° Battaglione "Carlo Montagna", ma che erano stati, tuttavia, catturati 2 tedeschi (o austriaci).

6 gennaio 1945 - Dal comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. N° 253, al comando della II^ Divisione - Comunicava un rastrellamento avvenuto nella zona di Badalucco da parte di 3 colonne nemiche, provenienti da Molini di Triora (IM), Diano Marina (IM) ed Imperia. Una colonna che lasciava Badalucco era stata attaccata dalla V^ Brigata, che aveva recuperato un mortaio da 81 mm. La forza attaccante era composta in massima parte da fascisti e repubblichini, quasi tutti liguri: pochi i tedeschi.

6 gennaio 1945 - Dal II° Battaglione "Marco Dino Rossi" [comandante "Moscone" Basilio Mosconi] al comando della V^ Brigata - Comunicava che i Distaccamenti "Mia" e "Serpe" avevano effettuato uno scontro a fuoco contro i nemici vicino a Glori [località di Molini di Triora (IM), in Valle Argentina] e  recuperato un mortaio da 81 mm abbandonato dal nemico in fuga.

6 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione S.A.P. "Giacinto Menotti Serrati" al comando della I^ Brigata S.A.P. "Walter Berio" - Si chiedeva, dato che l'8° Distaccamento aveva prelevato senza autorizzazione 40 kg. di olio d'oliva, che poi distribuì alla popolazione, una verifica della correttezza della distribuzione così effettuata e si diffidava dal compiere altre iniziative personali di tale genere.

7 gennaio 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] di Fondo Valle della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della II^ Divisione - Si avvertiva di un prossimo rastrellamento ad opera della compagnia O.P. del capitano Ferrari di concerto con tedeschi di stanza a Taggia (IM) o nella Val Tanaro. "I 100 uomini della O.P. hanno morale alto e sono forniti di armamento automatico. Ad un milite è stato chiesto il motivo per cui osavano avventurarsi in così  pochi in zone infide". La risposta era stata che potevano per l'appunto contare sul supporto di forze tedesche.

7 gennaio 1945 - Dalla II^ Divisione al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Sulla risposta di giovani alla chiamata alle armi della Repubblica Sociale si opina che "coloro che si sono presentati sono i giovani imboscati di sempre; gli ex garibaldini si contano sulla punta delle dita e sono quasi tutti presi [si contava probabilmente sulla possibilità che questi ultimi facessero da infiltrati]. Da rammentare ai giovani quanto accaduto a Baiardo "dove i giovani presentatisi vennero in parte fucilati ed in parte inviati in Germania. Fenomeno, comunque, da circoscrivere a Molini di Triora, l'unica che ha sempre una netta ostilità contro il movimento partigiano".

da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), "La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945)" - Tomo II - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999




lunedì 30 marzo 2020

Noi di Langan avevamo un mortaietto da 45 mm, due mitragliatrici pesanti ed un mortaio da 81


Castelvittorio (IM): Carmo Langan. Fonte: Il Rifugio

Nella primavera del 1944 mio cugino Giacomo Rebaudo, che era venuto in contatto con i partigiani, mi disse che dovevamo entrare nella milizia per spiare i fascisti di Ventimiglia, così andammo ad arruolarci. Un mese più tardi, tuttavia, per non dover partecipare ai rastrellamenti, decidemmo di scappare. Dalla costa, attraverso Seborga e Perinaldo, arrivammo a piedi a Castelvittorio, poi salimmo a Langan per raggiungere i partigiani di Vittò.
Italo Rebaudo in Marco Cassioli, Ai confini occidentali della Liguria. Castel Vittorio dal medioevo alla Resistenza, Comune di Castel Vittorio, Grafiche Amadeo, Chiusanico (IM), 2006
 
La presenza reale dei partigiani alla Goletta [località di Triora (IM)] era una voce che era giunta anche a me, che ero a Camporosso (IM). Io ero stato a Triora come viceparroco negli anni 1936-37, dove ero anche Rettore di Cetta e di Creppo. Conoscevo bene la gente e conoscevo i parenti di Vitò… Mi presentai a Langan [nel comune di Castelvittorio (IM)] a Vitò [Giuseppe Vittorio Guglielmo] il 13 giugno [1944], festa di Sant’Antonio, e gli presentai la mia cartolina precetto. Mi guardò meravigliato. Nella sua mente un fatto del genere non lo aveva previsto…
don Ermando Micheletto, La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di Domino nero Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975 
 
Con la metà di giugno 1944 iniziò per i garibaldini un periodo di aspri combattimenti.
In località Carpenosa [nel comune di Molini di Triora (IM)] era dislocato all'interno di una casermetta un presidio tedesco, già più volte attaccato dal 4° e dal V° distaccamento della IX^ Brigata.
Agiva con il medesimo intento anche il gruppo di Gino, Luigi Napolitano di Sanremo (IM), forte di una cinquantina di uomini, con lo scopo di ottenere una dignitosa sede, una volta espugnata la costruzione in oggetto.
Gino intimò la resa ai nazisti.
Il 18 giugno 1944, allo scadere dell'ultimatum dei patrioti, giunsero considerevoli rinforzi ai tedeschi.
Gino mandò una staffetta, Barbieri, in motocicletta a Carmo Langan [Castelvittorio (IM)] per chiedere rinforzi al comando del V° distaccamento.
"Vitò" [anche Vittò/Ivano, Giuseppe Vittorio Guglielmo, già combattente nelle Brigate Internazionali a difesa della Repubblica Spagnola, organizzatore di una delle prime bande partigiane in provincia di Imperia, poi comandante di un Distaccamento della IX^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione", dal 7 luglio 1944 comandante della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" e dal 19 Dicembre 1944 comandante della II^ Divisione "Felice Cascione"], il comandante, era, invece, assente, perché in missione a Pigna (IM).
Erven, Bruno Luppi, assunto provvisoriamente il comando, portò aiuto a Carpenosa anche con un mortaio da 81. Erven ricordò il fatto con queste parole in don Ermando Micheletto, La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di Domino nero Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975: "Noi di Langan avevamo un mortaietto da 45 mm, due mitragliatrici pesanti ed un mortaio da 81, che solo 3 giorni prima ci era stato portato dal Piemonte. Però era privo di piastra di basamento e di congegno di puntamento [...] caricammo sul camion le armi pesanti, quelle che noi chiamavano pesanti in rapporto a quelle che erano portate personalmente ed alcuni uomini".
Il sopraggiungere degli uomini di Erven e del mortaio da 81 diede nuove energie agli assedianti.
Una granata centrò il capannone in cui era situato il dispositivo per il brillamento del campo minato, predisposto dal nemico. Gli effetti della deflagrazione furono notevoli: i tedeschi fuggirono in camion ed il distaccamento di Gino si trasferì a Carpenosa.
[...]
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

In località San Martino di Soldano (IM) ci unimmo ad un gruppo di studenti di Sanremo che il C.L.N. aveva indirizzato verso noi per raggiungere Langan. Tra quei giovani credo ci fosse anche Italo Calvino [n.d.r.: di lì a breve tra i redattori del giornale “Il Garibaldino”, stampato a Realdo, Frazione di Triora (IM), di cui furono creatori ed animatori Fragola Doria ([Armando Izzo) e Silla, Ferdinando Peitavino, di Isolabona (IM), quest’ultimo in seguito, da fine gennaio 1945, vice commissario politico della II^ Divisione]. Non ne sono sicuro, ma dalle fotografie dello scrittore viste nel dopoguerra sono certo di aver riconosciuto un compagno con i quali trascorsi a Carmo Langan [località di Castelvittorio (IM)] i miei primi giorni da partigiano. Quando giungemmo sopra Castelvittorio (IM), ci venne incontro un partigiano, un militare unitosi alla resistenza dopo l’8 settembre 1943, tale Iezzoni “Argo[Altorino Iezzoni, nato ad Atri (TE), il 26/04/1914, già caporale del Regio Esercito, commissario di Distaccamento della neoformata IX^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Felice Cascione”], che ci accompagnò fino a Langan, dove c’era il “quartier generale” e dove si concentravano tutti i neo-partigiani. Salutandoci, il partigiano Iezzoni ci disse che l’indomani probabilmente sarebbero sbarcati gli alleati. Sarebbe stato, invece, il giorno della da noi famosa “notte dei bengala” del 21 giugno del 1944, quando tutti credevano e speravano nello sbarco degli alleati e invece ci fu solo un grande bombardamento. Otto giorni dopo [il 27 giugno 1944]Argo” moriva in un’operazione a Baiardo (IM). Fu il primo schiaffo che ricevetti dalla realtà della mia guerra di partigiano.Fummo segnati su un grosso registro e arruolati al comando di Vittò... Restammo a Langan un paio di giorni e depositammo le armi che ci eravamo procurati a Vallecrosia, tanto avevamo possibilità di averne altre, recuperandole tra quelle nelle caserme abbandonate o gettate dai soldati dell’armata italiana in rotta dal fronte francese dopo l’8 settembre. Con altri 6 o 7 scendemmo in Alpicella, vicino a Perinaldo (IM), dove c’era un rudere di caserma con i muri perimetrali, ma senza tetto. Qui si radunarono fino a più di 40 partigiani.
Renato Plancia Dorgia, in Gruppo Sbarchi Vallecrosia di Giuseppe Mac Fiorucci, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia <Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM) >, 2007
 
Ed ecco un'altra testimonianza della battaglia di Langan [Castelvittorio (IM)] e del rastrellamento [tedesco] dei primi giorni di luglio [1944].
don Ermando MichelettoOp. cit.

[...] i tedeschi si diressero verso Langan [Castelvittorio (IM)] tendendo all'accerchiamento di tutte le forze garibaldine che erano in ritirata dalla Valle Nervia e dalla Valle Argentina.
Vitò [Giuseppe Vittorio Guglielmo], che era capo delle bande partigiane che agivano nella zona interessata, convocò i comandanti dei vari distaccamenti invitandoli ad esprimere il proprio parere sulle misure da adottare.
Rocco Fava, Op. cit.

Leo il mortaista [n.d.r.: Vittorio Curlo, che poi diventerà Capo di Stato Maggiore della II^ Divisione "Felice Cascione"] era stato convocato insieme ad altri comandanti da Vitò [Giuseppe Vittorio Guglielmo]  il 2 luglio [1944]. Aveva aderito al pensiero del comandante di operare un ripiegamento, mentre altri, piuttosto fervorosi di battaglia, proclamavano di dover fare resistenza ad ogni costo.
Vitò finse di ascoltare anche questi, ma in cuor suo aveva già deciso il ritiro.
don Ermando Micheletto Op. cit.
 
A Langan i partigiani presero le mie generalità e mi diedero Rodi quale nome di battaglia. Nei giorni successivi, Bruno Luppi [Erven] costituì un distaccamento [il V° dell’allora IX^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Felice Cascione”, formata il 20 giugno 1944 e diventata il 7 luglio 1944 II^ Divisione “Felice Cascione”] di una trentina di uomini con base in un bosco vicino alla frazione Vignai, nel comune di Baiardo: il gruppo aveva lo scopo di isolare la postazione tedesca sul monte Ceppo, che impediva il transito da Baiardo a Langan. Io entrai a far parte del distaccamento in qualità di portaordini e il 26 giugno 1944 ricevetti il battesimo del fuoco. […]  già alla fine di luglio formammo un nuovo distaccamento agli ordini del comandante Mosconi [Basilio Moscone] e tornammo nei boschi intorno a Castel Vittorio. In settembre partimmo poi per Cima di Marta, con l’incarico di stare di vedetta per controllare che non arrivassero tedeschi dalla Val Roia. Là rimasi fino al rastrellamento dell’8 ottobre, quando Langan fu di nuovo occupata e noi dovemmo ritirarci a Piaggia (CN), poi alle falde del Mongioie, in Piemonte. […]  
Stefano Rodi Millo [conosciuto soprattutto come Mario], testimonianza in Marco Cassioli, Op. cit.

domenica 29 marzo 2020

Incursione dei partigiani nella caserma Siffredi


Dove sorgeva la caserma Siffredi oggi insiste il Tribunale di Imperia
 
Nella notte dal 28 al 29 giugno u.s. una trentina di partigiani asportarono dalla caserma "Siffredi" di Oneglia, adibita a dormitorio di operai della Todt, circa 40 moschetti nonché un quantitativo imprecisato di coperte, prelevando il custode.
Ermanno Durante, Questore di Imperia, Al capo della Polizia - Maderno, Relazione settimanale sulla situazione economica e politica della Provincia di Imperia, Imperia, 3 luglio 1944 - XXII° 
 
La prima azione importante cui partecipai fu quella dell'incursione nella caserma Siffredi in Via XXV Aprile [attuale nome dell'arteria ad Imperia Oneglia], dove erano accantonati i lavoratori della TODT, e dove in un magazzino era depositata una sessantina di fucili.
Fucili che ci sarebbero serviti perché nel nostro distaccamento non tutti erano in possesso di un'arma, compresi noi, ultimi arrivati. 

Comunicai a "Merlo" [n.d.r.: Nello Bruno caduto il 25 gennaio 1945 da commissario di un Distaccamento della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione Felice Cascione"]  la  notizia.
Egli mi disse: «Dove prenderesti questi fucili?». Risposi: «Alla caserma Siffredi».
"Merlo" fece una smorfia e mi chiese: «La caserma presso la stazione ferroviaria di Oneglia?».
Alla mia affermazione esclamò: «Ma tu sei matto?».
Io tacqui e lui si allontanò dicendomi: «Ne riparleremo». 
Il giorno successivo mi chiamò nel suo stanzino e mi disse: «Siediti e dimmi come organizzeresti questo colpo».
Gli spiegai il mio piano che per me era semplicissimo, conoscendo il luogo e la situazione.
Lui ascoltò con molta attenzione e, dopo essere rimasto qualche minuto soprappensiero, mi disse: «Prendi una decina di uomini, vai a compiere il recupero delle armi e... buona fortuna».

Il giorno successivo, forse il 28 o il 29 giugno 1944, partii con una decina di uomini comandati dal caposquadra Corradi "Battaia", che aveva qualche anno più di noi e, quindi, era più esperto.
Strada facendo, incontrammo il partigiano "Binello" il quale, vedendoci armati e provvisti di viveri, ci chiese dove eravamo diretti. Gli rispondemmo che andavamo a prendere dei fucili nella caserma Siffredi. "Binello" rimase un attimo senza parlare, poi sentenziò: «Ma dove volete andare! Sembrate una banda di profughi... date retta a me, ritornate indietro e andatevene a dormire!».

[...] in serata giungemmo presso il frantoio del "Bisciallo" [...] mi diressi verso Oneglia.
Ero abbastanza tranquillo poiché in tasca avevo ancora il tesserino bilingue della TODT.
Giunto a casa mia [...] mi recai nella caserma Siffredi per constatare se il guardiano del deposito era sempre il mio vecchio amico "Cassina", il milanese, e, soprattutto, se nel deposito vi erano ancora i fucili [...]
Il "Cassina", che era un gran brav'uomo [...]: «Sono quindici giorni che non ti vedo... come mai?».
[...]
Verso la mezzanotte mi recai al luogo dell'appuntamento presso la chiesetta delle Cascine (intitolata a San Luca), dove mi attendeva la squadra di "Battaia".
Fatti i segnali convenuti e ricevuta la risposta, io e tutta la squadra, attraverso scorciatoie, ci avviammo verso la caserma.

Una vecchia immagine della Caserma Siffredi

Quando giungemmo nell'attuale via XXV Aprile, dissi alla mezza dozzina di partigiani che mi erano vicini di stare attenti perché ad una cinquantina di metri (appena sopra all'allora ditta Isnardi) si trovava una scuderia dove i tedeschi tenevano sei cavalli e materiale bellico, e presso la quale sia di giorno che di notte vi erano sentinelle di guardia.
Per entrare nella caserma dovevamo attraversare la strada uno o due per volta, cercando di non farci scorgere dalle sentinelle.
Io, che ero il primo, mentre mi accingevo ad attraversare la strada, sentii delle voci vicinissime; mi schiacciai contro il muro di una rampa, sperando di non essere visto.
Un pensiero mi assalì: per essere in giro a quest'ora con il coprifuoco, questi debbono essere soldati o poliziotti, e allora fuggire indietro su per una piccola salita (eravamo in un sentiero vicino all'oleificio fratelli Calvi, che da anni non esiste più) voleva dire farsi sparare nella schiena.
Non andò come speravo perché le due persone che passavano ci videro (seppi poi che erano due guardie notturne in borghese, forse allora non usavano ancora le divise) e ci chiesero chi eravamo e che cosa facevamo in quel luogo a quell'ora.
Non risposi e non diedi loro il tempo di aggiungere altre parole, li tirai con forza in un vicoletto lì vicino e a voce bassa dissi: «State zitti o siete morti!».
Li perquisii: uno dei due, il capo, aveva una piccola pistola a tamburo che sembrava un giocattolo, l'altro non aveva alcuna arma.
Li mandai accompagnati da un partigiano in cima al viottolo per farli consegnare agli altri partigiani che erano in attesa che si compisse la nostra azione.

Due alla volta attraversammo la strada e ci portammo dentro la caserma.
[...]
Bussai alla porta dove all'interno dormiva il "Cassina".
Dovetti bussare una decina di volte, e sempre più forte, il guardiano aveva il sonno duro.
Presso la porta destra del deposito c'era un dormitorio, un lungo camerone nel quale dormiva un centinaio di lavoratori, ed alcuni di loro vennero sulla porta per vedere cosa stava succedendo.
Rimasero sorpresi di vedere sei uomini in borghese ed armati.
Mi rivolsi a loro invitandoli perentoriamente ad andare a dormire perché non c'era niente che potesse interessarli.
Intanto mi venne in mente che in fondo alla camerata vi erano i servizi igienici, compresa un'uscita che dava sul piazzale.
Pensai che, se qualcuno avesse voluto denunciarci, poteva uscire da quella porta.
Mandai un partigiano a controllare quella uscita. Dato un calcio alla porta, finalmente il guardiano si svegliò e chiese chi lo stava cercando.
Risposi: «Sono Badellino, vengo a ritirare la coperta».
Il pover'uomo venne subito, ma, quando aprì la porta rimase di stucco poiché si trovò davanti cinque giannizzeri armati e male in arnese (il partigiano "Olimpio" aveva per copricapo la fodera interna, in pelle, di un elmetto per cui sembrava un guerriero delle crociate).

Il "Cassina", tremante, mi guardò con uno sguardo interrogativo.
Gli dissi di non avere paura, che lo avremmo lasciato tranquillo e avremmo preso solamente i fucili accatastati che gli indicai con la mano.
Allargò le braccia, rassegnato.
Gli chiesi una decina di coperte e del filo di ferro per legare i fucili a mazzi. 
Il "Cassina" ubbidì immediatamente.
In ogni coperta, avvolgendoli, sistemammo sette od otto fucili, legandoli insieme.
In questo modo confezionammo sette od fasci, e ci preparammo ad uscire con i carichi sulle spalle.
Il "Cassina", pensando al poi, impaurito mi chiese: «Cosa faccio adesso, cosa dirò al lagerfuhrer (capocampo)?».
Pensai un attimo, quindi gli dissi di darmi un pezzo di corda per legarlo stretto alla branda. Così facemmo.
Lo imbavagliai con un asciugamano invitandolo a stare tranquillo almeno per un'ora.
Lo avvisai che, se non avesse rispettato il mio ordine, sarebbe stato ucciso da un partigiano che io avrei lasciato di guardia, facendogli presente che ciò mi avrebbe rattristato perché lo consideravo un amico.
Mi assicurò che così avrebbe fatto.

Noi uscimmo. Siccome di quell'uomo mi fidavo e gli involti delle coperte con i fucili pesavano, non lasciai l'uomo di guardia ed uscimmo sul piazzale diretti fuori della caserma.
Ma nel casamento a fianco si accese una luce ad una finestra ed io, sapendo che era proprio la stanza del capocampo, raccomandai ai miei compagni di camminare in silenzio.
"Olimpio" mi disse: "Se è la stanza del capocampo perché non andiamo ad ucciderlo?".
Risposi: «Guarda che al piano di sopra ci sono altri dieci o o quindici soldati tedeschi bene armati...».
Riattraversammo Via XXV Aprile, raggiungemmo alcuni uomini che avevo lasciato di guardia nel vicoletto, nel caso avessero dovuto coprirci la ritirata.
Ci aiutarono a portare le armi fino in cima allo stesso, dove sostavano altri uomini in attesa del nostro arrivo.
Dopo aver ridistribuito a più uomini (compresi i due prigionieri) i carichi dei fucili ci incamminammo verso Oliveto.
Da questa località volevamo raggiungere, attraverso il torrente Impero, il paese di Borgo d'Oneglia dove eravamo sicuri di trovare qualche mezzo per trasportare i fucili.
Appena sopra Oliveto, scorgemmo in basso, nei pressi della chiesetta delle Cascine, alcuni razzi illuminanti e sentimmo alcune raffiche di mitra lontane.
Cercammo di camminare in fretta, ma ci accorgemmo di girare a vuoto: nessuno di noi conosceva la strada e di notte era molto difficile rintracciarla.
In accordo con il caposquadra "Battaia" decidemmo di attendere l'alba in modo da orientarci meglio. Così facemmo.
All'alba ci portammo sulla stradina che da Costa d'Oneglia conduce sulla strada statale 28 e, facendo attenzione a non incappare in qualche mezzo in transito, attraversammo strada e torrente Impero due o tre per volta (mentre transitava un autocarro di tedeschi i quali, probabilmente, ci scambiarono per contadini al lavoro) e raggiungemmo Borgo d'Oneglia dopo una mezz'ora di marcia.
In questo paese la banda locale, che era efficientissima, dopo averci dato da bere del latte, mise a nostra disposizione un paio di muli su cui caricammo i fucili e dei viveri, incamminandoci poi verso Pianavia.
Preciso che nella caserma Siffredi, dove era alloggiato il capocampo, soggiornava anche un centinaio di tedeschi che dovevano, il giorno dopo, portarsi sopra un altro treno, oltre il ponte della ferrovia, interrotto da un bombardamento aereo, per cui, se avessimo attuato il consiglio di "Olimpio", è facile immaginare come sarebbe andata a finire.
Quando con "Battaia" decidemmo di lasciare liberi i due prigionieri, che non erano più ventenni, "Olimpio" ci rimproverò dicendo che, se avessero individuato qualcuno e noi, certamente lo avrebbero denunciato ai fascisti; secondo lui, sarebbe stato meglio farli fuori. Ma io non mi sbagliai: si comportarono bene, non fecero la spia, uno di loro continuò a salutarmi con simpatia dopo la liberazione, and negli anni nei quali divampò l'ostracismo contro i partigiani.
Forse "Olimpio" non era crudele come voleva apparire: probabilmente era solo un poco spavaldo. Che fosse coraggioso lo dimostrò quando in piazza del Duomo a Porto Maurizio sparò contro i brigatisti neri che avevano la caserma nelle vicinanze.
A proposito del partigiano "Binello", probabilmente fu armato anche lui con uno dei fucili che prelevammo nella caserma. [...]

Sandro Badellino *, Mia memoria partigiana. Esperienze di vita e vicende di lotta per la libertà di un garibaldino imperiese (1944-1945), edizioni Amadeo, Imperia, 1998

* Sandro Sandro Badellino. Entrò a far parte della Resistenza il 10 Maggio 1944, nella squadra comandata da Angelo Setti "Mirko", che operava nella zona del Monte Acquarone, tra la Valle Impero e la Val Caramagna. Quasi subito partecipò ad una prima fortunata azione alla Caserma "Siffredi" di Oneglia, che comportò un buon bottino di armi. In seguito passò nella formazione "Volante" di Silvio Bonfante "Cion" che agiva nella Val Steria (Testico, Rossi, Stellanello), e nella "Volantina" del Comandante "Mancen" Massimo Gismondi [in seguito comandante della I^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante"]. Ai primi di agosto 1944, durante uno scontro, Badellino subì varie ferite che lo costrinsero convalescente per un mese dopo essere sfuggito alla cattura. Costretto nuovamente alla fuga dal suo rifugio in seguito ad una spiata, raggiunse il Bosco di Rezzo nella circostanza del famoso rastrellamento che si concluderà con la Battaglia di Monte Grande. Sebbene ferito, vi partecipò affiancando la squadra di mortaisti che, colpendo le postazioni tedesche da San Bernardo di Conio [Borgomaro (IM)], ebbe un ruolo determinante nella riuscita dell’operazione. In seguito ricoprì l'incarico di intendente presso il Distaccamento "Comando" di Mancen. Il 25 Aprile 1945 scese ad Andora (SV) in qualità di Commissario di Brigata.
 Vittorio Detassis

venerdì 27 marzo 2020

Il primo caduto partigiano a Sant'Agata di Imperia


Il 20 novembre 1943 si ebbe il primo caduto partigiano, Walter Berio, ucciso a Sant'Agata, Frazione di Imperia [cfr: Nerina Neri Battistin, Caro Walter - Dal confino a Moliterno alla lotta Partigiana imperiese, Editore C.E.I.].
Venivano quel giorno fermati da due agenti fascisti in borghese tre giovani partigiani, Angelo Setti [Mirko, vice caposquadra del Distaccamento comandato da Felice Cascione, dal 19 maggio 1944 comandante del II° Distaccamento, dal 18 gennaio 1945 vice comandante della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione"Felice Cascione"], Rinaldo Risso [Tito R., in seguito vice comandante della II^ Divisione] e Walter Berio, che per fare acquisti di viveri, giunti al villaggio, mentre sono nella bottega di commestibili (negozio di Sasso Baciccia), due poliziotti, armati di pistola, chiedono i documenti. Berio e Tito sono arrestati, mentre Mirko riesce a fuggire e ritorna in banda ad avvertire gli altri... Intanto, Tito riesce a fuggire; uno dei poliziotti lo insegue e spara ma lo fallisce. Contemporaneamente Ivan scorge l'altro poliziotto con Berio e gli intima mani in alto; il poliziotto si accinge a sparare a Ivan, Berio gli si rivolta per disarmarlo, ma il poliziotto spara e colpisce Berio mortalmente... Giovanni  Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976].
Da un racconto di Setti, invece: ... Walter intanto, che si vede la pistola dell'agente puntata a bruciapelo contro il torace, anziché tentare la fuga come gli aveva suggerito "Tito", tenta di disarmarlo, ma l'agente gli esplode un colpo micidiale al cuore, prima di buttarsi anche lui a capofitto con il suo collega per la discesa e raggiungere in quattro salti il greto del fiume Impero...].

Setti e Risso riuscirono, dunque, fortunosamente a salvarsi.


Relazione sull'uccisione e sui funerali di Walter Berio, fatta da Giancarlo Luca Pajetta - Fonte: Fondazione Gramsci


Ai funerali di Walter Berio, che richiamarono molti partigiani dalle montagne, prese parte anche Pietro Rovere, che lasciò scritto in una testimonianza custodita presso l'Archivio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia quanto segue: ... la salma in entrambe le due notti fu vegliata da partigiani, che approfittavano dell'oscurità per scendere a valle (...) Il feretro venne seguito da una folla enorme... i picchetti armati della ricostituita milizia fascista, impressionati dalla piega che prendeva l'avvenimento, si schierarono ai lati della strada facendo sull'attenti il presentat'arm al passaggio del feretro, portato a spalle  dai compagni del caduto...

Appunti del 1° dicembre 1943 sull'organizzazione comunista di Imperia, stesi da Giancarlo Luca Pajetta - Fonte: Fondazione Gramsci

Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999