Ormea (CN): un vicolo. Fonte: mapio.net |
In base agli accordi presi a Casalecchio, nei pressi di Bologna, tra comandi supremi italiano e tedesco il 15 agosto 1943, la sostituzione del contingente italiano in Provenza con quello tedesco avrebbe dovuto ultimarsi entro il 9 settembre '43. Mentre le operazioni si stavano ultimando, giunse al comando dell'armata una comunicazione, "Memoria 44", in cui in previsione di una possibile aggressione tedesca veniva disposto che le divisioni Pusteria e Taro della IV armata fossero raccolte nelle valli Roja e Vermenagna "per interrompere le vie di comunicazione della Cornice..."
Mario Torsiello (a cura di), Le operazioni delle unità italiane nel settembre-ottobre 1943, Stato maggiore dell'Esercito, Ufficio storico, Roma, 1975
Imperia: un'immagine datata della Caserma Crespi |
A partire dal 25 luglio 1943, data della caduta di Mussolini e del fascismo, i tedeschi iniziarono ad attuare loro piani già pronti, facendo affluire truppe dal Brennero e dalla Francia, che si insediarono in seguito anche in provincia di Imperia.
Già dall'agosto 1943 a ridosso dei valichi appenninici e delle Alpi Liguri sono presenti le divisioni tedesche 76^ e 94^, appartenenti all'87° Corpo d'Armata.
Altre quattro divisioni tedesche, la 157^, la 356^, la 715^ e la 60^ Panzer, erano dislocate in Provenza [...]
Tuttavia sino all'armistizio di Cassibile non si ha notizia di truppe tedesche stanziate ad Imperia.
Per
quanto concerne le truppe italiane in provincia [alla vigilia dell'8
settembre] era operativo il I° Corpo d'Armata, composto dalle divisioni
costiere 223^, comandata dal generale Andreoli, 224^, agli ordini del
generale Bancale, e Taro, sotto il comando del generale Pedrazzoli.
A
partire dall'8 settembre la città di Imperia rappresentava un centro di
accoglimento delle forze italiane della IV^ Armata già stanziata in
Provenza.
Alla
data dell'8 settembre 1943 si trovavano in Imperia, alloggiati presso
la Caserma Crespi, tre battaglioni del 41° reggimento fanteria, di cui
uno reduce dalla Grecia.
Nella
caserma Siro di Imperia Porto Maurizio era presente un battaglione di
soldati delle classi 1903-04 richiamati alle armi solo alcuni giorni
prima. Altre truppe erano collocate in varie caserme di Imperia per un
complessivo di 4500 militari e 200 ufficiali. Ad Imperia era anche
presente il cacciatorpediere F.R. 34, in seguito catturato dai tedeschi e
ribattezzato T.A. 34.
Nella zona compresa tra Imperia ed Albenga era stanziato il 21° Battaglione Guardia Costiera agli ordini del tenente Fassani.
A
Diano Marina (IM) la Caserma U. Comandone fungeva da deposito del 15°
Reggimento Artiglieria di Corpo d'Armata, il quale era dotato di cannoni
semoventi corazzati.
Nella
parte occidentale della provincia presso la Caserma Umberto I di
Sanremo (IM) era accantonato un distaccamento del 90° Reggimento
Fanteria e nella Caserma Revelli di Taggia (IM) era collocato il centro
automobilistico del 15° Corpo d'Armata...
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999
A Imperia si trovavano quattro VAS della 5a Squadriglia, al comando del
tenente di vascello Ludovico Motta. L’8 settembre [1943], su
ordine del Comando Marina di Genova, Motta uscì con la VAS 214,
per dare la caccia a un sommergibile; fu raggiunto dalla VAS
237, uscita da Portofino. Alle sette del 9, la caccia al
sommergibile fu interrotta e le due unità rientrarono nei
porti di provenienza. Motta, giunto a Imperia alle 12:15, fu informato
dal comandante del porto (tenente colonnello delle
capitanerie di porto, Piaggio) della proclamazione
dell’armistizio; chiese istruzioni a Comar Genova, che gli
disse di dirigere per un qualsiasi porto a sud di Livorno.
Motta procedette alla distruzione dell’archivio segreto e, alle 17,
lasciò Imperia con le sue unità (214, 208, 219, 220). Le unità
procedettero a moderata velocità, date le precarie condizioni di
efficienza di alcune di loro, verso Capraia. [...] Scontri avvennero a
Villafranca e a Mentone, con perdite fra il personale della Marina.
Alcuni dei marinai italiani riuscirono a raggiungere la frontiera
svizzera e furono internati in tale Paese. [...] Il 9 settembre
caddero a Mentone il sottocapo infermiere Mario Acquisti e il
cannoniere Armando Alvino. [...] Anche in Francia alcuni marinai riuscirono ad allontanarsi e si mantennero alla macchia o raggiunsero la Resistenza francese. [...]
Giuliano Manzari, La partecipazione della Marina alla guerra di liberazione (1943-1945) in
Bollettino d'Archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare,
Periodico trimestrale - Anno XXIX - 2015, Editore Ministero della
Difesa
Anche il battaglione della Guardia di Finanza presente a Nizza aveva già ricevuto l'ordine di rimpatrio e nella giornata del 9 settembre da Ventimiglia raggiunse Cuneo e poi Torino, dove fu sciolto. Furono invece internati parte dei militari della compagnia di Finanzieri di Tolone, mentre quelli della compagnia dislocata in Corsica, dopo aver partecipato ai combattimenti intorno a Bastia, si trasferirono in Sardegna alla fine di ottobre.
Gabriele Bagnoli, La Guardia di Finanza nella seconda guerra mondiale, Tesi di laurea, Università degli Studi di Firenze, Anno Accademico 2013-2014
Anche il battaglione della Guardia di Finanza presente a Nizza aveva già ricevuto l'ordine di rimpatrio e nella giornata del 9 settembre da Ventimiglia raggiunse Cuneo e poi Torino, dove fu sciolto. Furono invece internati parte dei militari della compagnia di Finanzieri di Tolone, mentre quelli della compagnia dislocata in Corsica, dopo aver partecipato ai combattimenti intorno a Bastia, si trasferirono in Sardegna alla fine di ottobre.
Gabriele Bagnoli, La Guardia di Finanza nella seconda guerra mondiale, Tesi di laurea, Università degli Studi di Firenze, Anno Accademico 2013-2014
L'8 settembre 1943 il comando della Wehrmacht di stanza ad Acqui (AL) "alle ore 18.30 dalla radio inglese BBC ed alle ore 19 da quella italiana" precisa Francesco Biga (Il settembre 1943 nell'Imperiese, supplemento a "Storia e memoria", n° 2, 1993) "immediatamente allertava l'87° Corpo d'Armata tedesco: alle 22.25, infatti, il generale Rommel ordinava di disarmare le truppe italiane in base alle misure previste dal piano 'Achse' a iniziare dalle ore 5 del mattino del 9 settembre".
In
effetti prima delle 12 del 9 settembre 1943 i tedeschi avevano già
preso possesso militarmente della costa ligure tra Genova e Savona e si
erano lanciati all'inseguimento, nella parte occidentale della Liguria,
dell'Esercito Italiano.
La 76^ divisione tedesca, ricevuto l'ordine, si diresse verso Albenga lungo la Via Aurelia. La 94^ doveva marciare anch'essa verso la città ingauna, oltre che su Imperia, passando nell'entroterra da Carcare-Ceva-Garessio.
Il gruppo tattico della 94^, al comando del colonnello Lodowig, occupata Albenga a mezzogiorno senza incontrare veri e propri ostacoli, giunse in serata a Sanremo e a Ventimiglia, dove si congiunse con la 60^ divisione Panzer proveniente dalla Provenza...
La 76^ divisione tedesca, ricevuto l'ordine, si diresse verso Albenga lungo la Via Aurelia. La 94^ doveva marciare anch'essa verso la città ingauna, oltre che su Imperia, passando nell'entroterra da Carcare-Ceva-Garessio.
Il gruppo tattico della 94^, al comando del colonnello Lodowig, occupata Albenga a mezzogiorno senza incontrare veri e propri ostacoli, giunse in serata a Sanremo e a Ventimiglia, dove si congiunse con la 60^ divisione Panzer proveniente dalla Provenza...
Il
grosso della 94^ incontrò invece ostacoli sul suo cammino: il gruppo
tattico partito da Alessandria alle ore 6.30 del 9 settembre dovette
affrontare alle ore 14 presso Priola (CN) un conflitto a fuoco con
soldati italiani condotto rapidamente a proprio favore. "A Garessio alle ore 15" come chiarisce Carlo Gentile ("Notiziario dell'Istituto Storico della Resistenza in Cuneo e provincia", n° 3, 1991) "il
gruppo tattico si divise in due tronconi: una parte prese la direzione
del Colle di San Bernardo dove si imbattè nella colonna delle truppe
italiane provenienti da Albenga". Queste ultime erano reparti della
201^ Divisione Costiera - 5000 uomini - che in un primo tempo
rifiutarono di arrendersi, ma che dopo alcune trattative dovettero
cedere.
Rocco Fava, Op. cit.
Meno drammatica ma assai amara fu la vicenda che si consumò al Colle di San Bernardo, tra Albenga e Garessio.
Il colonnello Gerolamo Pittaluga decise di trasferire verso i monti del Cuneese le forze schierate tra Ventimiglia ed Albenga <15. Partita il pomeriggio del 9, la lunga colonna si sfilacciò tra sbandamenti e diserzioni per poi attestarsi sul Colle di San Bernardo; ma la mattina dopo Garessio era già occupata da ingenti forze germaniche. Vista la mala parata, non restava che trattare la resa. I tedeschi promisero la libertà in cambio del disarmo; poi, con tipico senso dell’onore militare, deportarono tutti ad Acqui Terme <16, e da lì in Polonia nei tristemente noti stalag. Pochi furbi riuscirono a dileguarsi fra le montagne: a Garessio si contarono 3000 prigionieri e un ingente bottino di armi leggere e pesanti <17.
[NOTE]
15 Ibidem, vol. I, pp. 31 - 32. Le peripezie della colonna che da Albenga risalì verso Garessio sono narrate in R. Lucifredi, Rottami, Oneglia, Dominici, 1982
16 Vedi R. Lucifredi, op. cit., capp. III - IV.
17 G. Gimelli, Cronache militari della Resistenza in Liguria, Farigliano (CN), Milanostampa, 1965-69, vol. I, p. 32.
Stefano d’Adamo, "Savona Bandengebiet - La rivolta di una provincia ligure ('43-'45)", Tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 1999/2000
Rocco Fava, Op. cit.
Il colonnello Gerolamo Pittaluga decise di trasferire verso i monti del Cuneese le forze schierate tra Ventimiglia ed Albenga <15. Partita il pomeriggio del 9, la lunga colonna si sfilacciò tra sbandamenti e diserzioni per poi attestarsi sul Colle di San Bernardo; ma la mattina dopo Garessio era già occupata da ingenti forze germaniche. Vista la mala parata, non restava che trattare la resa. I tedeschi promisero la libertà in cambio del disarmo; poi, con tipico senso dell’onore militare, deportarono tutti ad Acqui Terme <16, e da lì in Polonia nei tristemente noti stalag. Pochi furbi riuscirono a dileguarsi fra le montagne: a Garessio si contarono 3000 prigionieri e un ingente bottino di armi leggere e pesanti <17.
[NOTE]
15 Ibidem, vol. I, pp. 31 - 32. Le peripezie della colonna che da Albenga risalì verso Garessio sono narrate in R. Lucifredi, Rottami, Oneglia, Dominici, 1982
16 Vedi R. Lucifredi, op. cit., capp. III - IV.
17 G. Gimelli, Cronache militari della Resistenza in Liguria, Farigliano (CN), Milanostampa, 1965-69, vol. I, p. 32.
Stefano d’Adamo, "Savona Bandengebiet - La rivolta di una provincia ligure ('43-'45)", Tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 1999/2000
Con l’annuncio radiofonico della capitolazione ad opera del maresciallo Badoglio, la sera dell’8 settembre, la situazione divenne caotica, poiché elementi della 201ª divisione costiera, che stazionavano nella zona di Mentone, ripiegarono in disordine su Ventimiglia [...] De Castiglioni, prima di raggiungere il colle di Nava, provò ad organizzare a Imperia una difesa anticarro sulla via Aurelia, ma il generale Bancale, comandante del XV° CA, gli ordinò di abbandonare i cannoni dopo averli neutralizzati; il 9 settembre alle 7.30 si trovava al colle di Nava, dove una dozzina di carabinieri intercettarono gli sbandati venuti dalla Francia; alle 18, i tedeschi si avvicinarono a Ormea, dove si combatté fino alle 22, prima di imboccare la pista del Passo Tanarello, dove arrivò con un migliaio di uomini alle 9 del giorno 11 <44. Quanto al generale Operti, intendente della 4ª Armata a Beaulieu, decise di rimpatriare rapidamente i fondi in suo possesso per mezzo di due convogli di camion: uno, contenente la cassa principale di Beaulieu (42.696.000 lire e 204.905.000 franchi, più cinque quintali di monete d’argento) raggiunse Savona e successivamente proseguì verso Alba, perdendo lungo la strada qualche veicolo di scorta fermato dai tedeschi a Savona; il secondo, che conteneva la cassa sussidiaria di Mentone (16 milioni di franchi e lire), venne invece catturato a Savona <45.
[NOTE]
44 Ibidem, Cartella 2121/A/3/2, testimonianza del generale Gazzale.
45 R. OPERTI, Il tesoro della 4ª Armata, Torino 1946, pp. 60-62.
Jean-Louis Panicacci, Le ripercussioni dell’occupazione italiana in Francia nella provincia di Imperia, Intemelion, n° 18 (2012)
[NOTE]
44 Ibidem, Cartella 2121/A/3/2, testimonianza del generale Gazzale.
45 R. OPERTI, Il tesoro della 4ª Armata, Torino 1946, pp. 60-62.
Jean-Louis Panicacci, Le ripercussioni dell’occupazione italiana in Francia nella provincia di Imperia, Intemelion, n° 18 (2012)
Il secondo gruppo della 94^ Divisione tedesca, che da
Garessio (CN) aveva seguito la strada 28 verso Imperia, ad Ormea (CN)
venne in contatto con truppe italiane decise a non arrendersi. Ne seguì
un duro scontro al termine del quale i tedeschi sgominarono gli
italiani.
All'alba
del 10 settembre le truppe tedesche lasciarono Ormea e, passando per
Pieve di Teco (IM), alle 10.30 raggiunsero Imperia. "Nel corso della medesima giornata disponevano le truppe a presidio della costa" (Gentile).
Emblematico risulta il caso di Ormea (CN), un comune ed un circondario intorno al quale operarono spesso in seguito i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria, segnatamente la VI^ Divisione "Silvio Bonfante". Di Ormea e di quanto vi accadde nel drammatico settembre 1943 scrisse in un diario-memoriale (Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, tip. Dominici Imperia, 1994), che riguarda la zona Ormea-Pieve di Teco per tutto il periodo che va dall'8 settembre alla Liberazione, Nino Barli, podestà di Ormea dopo il 25 luglio 1943, ma subito dimessosi dopo i tragici avvenimenti, qui di seguito riportati con le sue parole. "Fin dal mattino del 10 incominciarono a giungere ininterrottamente dalla costa ligure colonne di militari italiani, anche marinai, mentre gli ufficiali già in Ormea davano disposizioni per organizzare un poderoso centro di difesa". Venne posto un camion sul ponte dell'Armella ostruendo completamente il passaggio e, come precisò il Barli, "furono posizionate mitragliatrici sulla piazza della Chiesa Parrocchiale, oltreché nei vigneti sovrastanti la Statale 28. Molti soldati, armatissimi e con zaini di bombe a mano, vennero dislocati nelle case private". La popolazione, spaventata per tutto questo muoversi di truppe e temendo il peggio, fuggì in gran numero portandosi dietro quello che poteva.[...]
Di fronte ad un tale dispiegamento di armi e armati, la popolazione, invitata dai generali Bancale, Gonzales, da un altro ufficiale e da un colonnello dello Stato Maggiore, a chiudersi in casa, presa dal panico, già dalle ore 14 aveva incominciato ad abbandonare il paese, portando con sé quello che poteva. Il pomeriggio trascorse in un continuo aumento di tensione per le notizie per le notizie che giungevano e che annunciavano prossimo l’arrivo dei tedeschi.
Ad un tratto lungo la strada si scorse l’avvicinarsi di una grossa colonna nemica proveniente da Garessio, si udì la prima raffica di mitragliatrice nei pressi di San Rocco.
Da quel momento il fuoco andò sempre aumentando di intensità.
Il fragore era tremendo, l’azione durò due ore e un quarto: dalle 19 alle 21,30, ora in cui gli italiani si arresero.
All’inizio dell’attacco i soldati tedeschi si erano divisi in tre colonne: una marciò verso il centro dell’abitato, l’altra s’inoltrò a monte dello stesso, passando attraverso i vigneti, per il sentiero del Rio Arozzo, che porta alla Cappella di San Moro e la terza, avanzando lungo il Tanaro, raggiunse il così detto Ponte dei Sospiri. In tal modo l’abitato venne a trovarsi sotto un intensissimo fuoco incrociato, le cui conseguenze lasciarono il segno per molto tempo.
Una volta arresisi gli italiani, i tedeschi iniziarono uno spietato saccheggio che si protrasse per tutta la notte dell’11 settembre, convinti che la popolazione in massa avesse appoggiato i nostri soldati, lanciando bombe dalle finestre ed azionando mitragliatrici dalle case private.
Durante i combattimenti caddero cinque nostri soldati ed un ufficiale, una decina di feriti furono ricoverati nell’Ospedale.
Correva voce che i tedeschi avessero perduta una trentina di uomini tra morti e feriti, falciati dalla mitragliatrice piazzata in località San Rocco, mentre su autocarri scoperti giungevano da Garessio. Ma niente fu possibile appurare. Nei pressi della Chiesa Parrocchiale, il tenente delle SS che comandava la colonna di centro, ebbe il braccio destro fratturato in due punti da pallottole, e perciò fu ricoverato nell’Albergo delle Alpi; al tempo stesso diede ordine che tutta la popolazione maschile dai 18 ai 35 anni venisse deportata in Germania, convinto che avesse appoggiato i soldati italiani.
Il paese trascorse qualche ora di terrore ma poi, grazie all’intervento di una signora tedesca, moglie di un ufficiale, nella zona da più giorni per raccogliere informazioni, fu evitata la deportazione.
Il giorno 11 settembre, alle ore 10, giunse in Ormea una lunga colonna di soldati italiani ed una trentina di ufficiali, fatti prigionieri durante la notte lungo la Statale 28, tra Cesio e Nava. Erano settecento circa, affiancati da soldati tedeschi armati di mitragliatori, ed erano avviati ad accamparsi nel campo sportivo.
La popolazione tutta gareggiò nel provvedere loro viveri, indumenti, medicine ed altro. Il Comune fornì in abbondanza altre provvigioni. I prigionieri bivaccarono tutta la notte nel campo, ma il mattino del12, alle ore 8, con una lunga e lenta tradotta furono fatti partire per Alessandria.
In Ormea rimasero una trentina di tedeschi a custodia del deposito del 90° Reggimento Fanteria, fornito di una grande quantità di materiale militare che i tedeschi, con cinque torpedoni della ditta Fava di Imperia, trasportarono allo scalo ferroviario, caricandolo poi su sessantacinque vagoni, che avevano per destinazione una località ignota (forse Alessandria).
In previsione di giorni drammatici il Comune di Ormea riuscì a farsi consegnare dall’ufficio dell’ammasso di Ceva circa quattromila quintali di grano che, con l’aiuto degli amministratori della cartiera, furono ammassati nel Comune e quindi distribuiti alla popolazione. Fu un saggio provvedimento perché, dove si agì diversamente, enormi quantità di grano furono deviate in Germania, con gravi conseguenze per la popolazione... (Barli)
Nei giorni successivi al 12, i tedeschi organizzarono una serie di capisaldi; dopo il 15 il gruppo tattico Reich assunse la seguente dislocazione: il Comando a Borgomaro, in Valle Impero; il Comando del reparto esploratori della 94a Divisione ad Oneglia, con a capo il capitano Kohler; il 2° Squadrone dello stesso reparto, a Bordighera. Invece ad Albenga fu dislocato il Comando del reparto esplorante della 76a Divisione, con uno squadrone ad Alassio. L’artiglieria del 451° gruppo, diviso in due sezioni, prese posizione a Leca di Albenga e nella Caserma U. Comandone di Diano Castello.
Emblematico risulta il caso di Ormea (CN), un comune ed un circondario intorno al quale operarono spesso in seguito i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria, segnatamente la VI^ Divisione "Silvio Bonfante". Di Ormea e di quanto vi accadde nel drammatico settembre 1943 scrisse in un diario-memoriale (Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, tip. Dominici Imperia, 1994), che riguarda la zona Ormea-Pieve di Teco per tutto il periodo che va dall'8 settembre alla Liberazione, Nino Barli, podestà di Ormea dopo il 25 luglio 1943, ma subito dimessosi dopo i tragici avvenimenti, qui di seguito riportati con le sue parole. "Fin dal mattino del 10 incominciarono a giungere ininterrottamente dalla costa ligure colonne di militari italiani, anche marinai, mentre gli ufficiali già in Ormea davano disposizioni per organizzare un poderoso centro di difesa". Venne posto un camion sul ponte dell'Armella ostruendo completamente il passaggio e, come precisò il Barli, "furono posizionate mitragliatrici sulla piazza della Chiesa Parrocchiale, oltreché nei vigneti sovrastanti la Statale 28. Molti soldati, armatissimi e con zaini di bombe a mano, vennero dislocati nelle case private". La popolazione, spaventata per tutto questo muoversi di truppe e temendo il peggio, fuggì in gran numero portandosi dietro quello che poteva.[...]
Di fronte ad un tale dispiegamento di armi e armati, la popolazione, invitata dai generali Bancale, Gonzales, da un altro ufficiale e da un colonnello dello Stato Maggiore, a chiudersi in casa, presa dal panico, già dalle ore 14 aveva incominciato ad abbandonare il paese, portando con sé quello che poteva. Il pomeriggio trascorse in un continuo aumento di tensione per le notizie per le notizie che giungevano e che annunciavano prossimo l’arrivo dei tedeschi.
Ad un tratto lungo la strada si scorse l’avvicinarsi di una grossa colonna nemica proveniente da Garessio, si udì la prima raffica di mitragliatrice nei pressi di San Rocco.
Da quel momento il fuoco andò sempre aumentando di intensità.
Il fragore era tremendo, l’azione durò due ore e un quarto: dalle 19 alle 21,30, ora in cui gli italiani si arresero.
All’inizio dell’attacco i soldati tedeschi si erano divisi in tre colonne: una marciò verso il centro dell’abitato, l’altra s’inoltrò a monte dello stesso, passando attraverso i vigneti, per il sentiero del Rio Arozzo, che porta alla Cappella di San Moro e la terza, avanzando lungo il Tanaro, raggiunse il così detto Ponte dei Sospiri. In tal modo l’abitato venne a trovarsi sotto un intensissimo fuoco incrociato, le cui conseguenze lasciarono il segno per molto tempo.
Una volta arresisi gli italiani, i tedeschi iniziarono uno spietato saccheggio che si protrasse per tutta la notte dell’11 settembre, convinti che la popolazione in massa avesse appoggiato i nostri soldati, lanciando bombe dalle finestre ed azionando mitragliatrici dalle case private.
Durante i combattimenti caddero cinque nostri soldati ed un ufficiale, una decina di feriti furono ricoverati nell’Ospedale.
Correva voce che i tedeschi avessero perduta una trentina di uomini tra morti e feriti, falciati dalla mitragliatrice piazzata in località San Rocco, mentre su autocarri scoperti giungevano da Garessio. Ma niente fu possibile appurare. Nei pressi della Chiesa Parrocchiale, il tenente delle SS che comandava la colonna di centro, ebbe il braccio destro fratturato in due punti da pallottole, e perciò fu ricoverato nell’Albergo delle Alpi; al tempo stesso diede ordine che tutta la popolazione maschile dai 18 ai 35 anni venisse deportata in Germania, convinto che avesse appoggiato i soldati italiani.
Il paese trascorse qualche ora di terrore ma poi, grazie all’intervento di una signora tedesca, moglie di un ufficiale, nella zona da più giorni per raccogliere informazioni, fu evitata la deportazione.
Il giorno 11 settembre, alle ore 10, giunse in Ormea una lunga colonna di soldati italiani ed una trentina di ufficiali, fatti prigionieri durante la notte lungo la Statale 28, tra Cesio e Nava. Erano settecento circa, affiancati da soldati tedeschi armati di mitragliatori, ed erano avviati ad accamparsi nel campo sportivo.
La popolazione tutta gareggiò nel provvedere loro viveri, indumenti, medicine ed altro. Il Comune fornì in abbondanza altre provvigioni. I prigionieri bivaccarono tutta la notte nel campo, ma il mattino del12, alle ore 8, con una lunga e lenta tradotta furono fatti partire per Alessandria.
In Ormea rimasero una trentina di tedeschi a custodia del deposito del 90° Reggimento Fanteria, fornito di una grande quantità di materiale militare che i tedeschi, con cinque torpedoni della ditta Fava di Imperia, trasportarono allo scalo ferroviario, caricandolo poi su sessantacinque vagoni, che avevano per destinazione una località ignota (forse Alessandria).
In previsione di giorni drammatici il Comune di Ormea riuscì a farsi consegnare dall’ufficio dell’ammasso di Ceva circa quattromila quintali di grano che, con l’aiuto degli amministratori della cartiera, furono ammassati nel Comune e quindi distribuiti alla popolazione. Fu un saggio provvedimento perché, dove si agì diversamente, enormi quantità di grano furono deviate in Germania, con gravi conseguenze per la popolazione... (Barli)
Nei giorni successivi al 12, i tedeschi organizzarono una serie di capisaldi; dopo il 15 il gruppo tattico Reich assunse la seguente dislocazione: il Comando a Borgomaro, in Valle Impero; il Comando del reparto esploratori della 94a Divisione ad Oneglia, con a capo il capitano Kohler; il 2° Squadrone dello stesso reparto, a Bordighera. Invece ad Albenga fu dislocato il Comando del reparto esplorante della 76a Divisione, con uno squadrone ad Alassio. L’artiglieria del 451° gruppo, diviso in due sezioni, prese posizione a Leca di Albenga e nella Caserma U. Comandone di Diano Castello.
Il
senso di sbandamento che assaliva la popolazione in seguito
all'occupazione tedesca è reso percettibile da un testimone oculare di
quei drammatici giorni, Vincenzo Calzia, all'epoca segretario comunale di Borgomaro (IM). Calzia annotò nel suo diario, conservato presso l'Archivio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia:
"9 settembre 1943: lo spettacolo del nostro esercito che si dissolve è
impressionante". Più avanti Calzia si riferisce alle truppe tedesche "fanno
presto a prendere possesso dell'Italia; non li aspettavo. Confesso che
ho provato un senso di paura, seguito da un moto di ribellione". Il senso di impotenza e di sconforto trasuda dalle pagine dello stesso diario il 15 settembre 1943 "...
la popolazione è terrorizzata: vive sotto l'incubo del peggio. Come si
sta male a sentirci soli, senza una protezione, separati dalla nostra
gente, vedere la nostra patria annientata!". Il 20 settembre Calzia sottolinea l'arrivo del grosso delle truppe tedesche che "si sono sistemate senza tante cerimonie".
Il
comando tedesco il 20 settembre 1943 pubblica un'ordinanza diretta a
tutta la popolazione ed ai soldati italiani, che intima la consegna
immediata delle armi: tale ordine, tuttavia, sarà completamente
ignorato.
Tra
le località in cui la popolazione accennò un tentativo di ribellione
figura Castellaro (IM), in cui la cittadinanza sabotò i cannoni di una
batteria abbandonata dal Regio Esercito.
In
alcune località i tedeschi occuparono i presidi militari già del Regio
Esercito, ma giungendo dopo che i cittadini avevano già messo al sicuro
le armi, come nel caso di Sanremo e di Ventimiglia (IM).
I
nazisti ritennero vitale dal punto di vista strategico la Strada
Statale 28 Imperia-Ceva e, per tale ragione, insediarono due centri
tattici importanti a Pieve di Teco e a Borgomaro (IM). Tali presidi
furono creati per fronteggiare un imminente sbarco alleato in Liguria,
sbarco che avvenne invece solo il 15 agosto 1944, ma in Provenza.
Rocco Fava, Op. cit., Tomo I
Il 14 settembre 1943 venne rastrellata la val Roja,
nella quale, in base ai risultati della ricognizione aerea dovevano
trovarsi ancora elevati contingenti delle truppe del XV corpo d'armata
italiano provenienti dalla Francia. Non furono tuttavia i soldati di
Peiper a ricevere quest'incarico.
Il battaglione si era frazionato nel corso della sua marcia e aveva lasciato reparti a presidio delle città occupate del basso Piemonte - Alessandria, Asti, Alba, Bra, Mondovì, Cuneo - diventando troppo debole per accollarsi ancora questo compito.
... All'alba del 14 settembre, il reparto esplorante (Aufklärungs-Abteilung) divisionale fu messo in marcia da Chivasso alla volta di Cuneo allo scopo di provvedere al rastrellamento della val Roja.
Giunto a Cuneo verso le 9 del mattino, il reparto proseguì attraverso la Vermenagna, passò in val Roja dove catturò a Tenda e a Briga Marittima i resti dei tre battaglioni del 7° reggimento alpini e il 5° reggimento di artiglieria alpina e si spinse fino a Breil.
Qui, dove la strada era stata fatta saltare dai soldati del Regio Esercito in ritirata, fu preso contatto con un reparto della divisione Feldherrnhalle che proveniva dal Nizzardo.
Già il giorno seguente, il grosso del reparto esplorante fu fatto rientrare quasi completamente a Chivasso.
Rimasero nel Cuneese solo alcune aliquote incaricate di effettuare ulteriori operazioni di disarmo in direzione del confine francese.
Vediamo la comunicazione del 15 settembre: "Il disarmo si avvia alla conclusione. Il raggiungimento delle aree periferiche ha portato i seguenti risultati: strada Cuneo, Breglio, nessun ulteriore accertamento del nemico. Aliquote dell'A[ufklärungs] A[bteilung] "LSSAH" inviate da Cuneo verso ovest hanno disarmato a Demonte 30 ufficiali e 20 uomini, a Vinadio 30 ufficiali e 300 uomini della G.A.F. [Grenzjäger]. Le moderne fortificazioni del confine sono libere..."
Carlo Gentile, Settembre 1943. Documenti sull'attività della divisione "Leibstandarte-SS-Adolf Hitler" in Piemonte, in Il presente e la storia: rivista dell'Istituto storico della Resistenza in Cuneo e provincia
Il battaglione si era frazionato nel corso della sua marcia e aveva lasciato reparti a presidio delle città occupate del basso Piemonte - Alessandria, Asti, Alba, Bra, Mondovì, Cuneo - diventando troppo debole per accollarsi ancora questo compito.
... All'alba del 14 settembre, il reparto esplorante (Aufklärungs-Abteilung) divisionale fu messo in marcia da Chivasso alla volta di Cuneo allo scopo di provvedere al rastrellamento della val Roja.
Giunto a Cuneo verso le 9 del mattino, il reparto proseguì attraverso la Vermenagna, passò in val Roja dove catturò a Tenda e a Briga Marittima i resti dei tre battaglioni del 7° reggimento alpini e il 5° reggimento di artiglieria alpina e si spinse fino a Breil.
Qui, dove la strada era stata fatta saltare dai soldati del Regio Esercito in ritirata, fu preso contatto con un reparto della divisione Feldherrnhalle che proveniva dal Nizzardo.
Già il giorno seguente, il grosso del reparto esplorante fu fatto rientrare quasi completamente a Chivasso.
Rimasero nel Cuneese solo alcune aliquote incaricate di effettuare ulteriori operazioni di disarmo in direzione del confine francese.
Vediamo la comunicazione del 15 settembre: "Il disarmo si avvia alla conclusione. Il raggiungimento delle aree periferiche ha portato i seguenti risultati: strada Cuneo, Breglio, nessun ulteriore accertamento del nemico. Aliquote dell'A[ufklärungs] A[bteilung] "LSSAH" inviate da Cuneo verso ovest hanno disarmato a Demonte 30 ufficiali e 20 uomini, a Vinadio 30 ufficiali e 300 uomini della G.A.F. [Grenzjäger]. Le moderne fortificazioni del confine sono libere..."
Carlo Gentile, Settembre 1943. Documenti sull'attività della divisione "Leibstandarte-SS-Adolf Hitler" in Piemonte, in Il presente e la storia: rivista dell'Istituto storico della Resistenza in Cuneo e provincia
Ultima categoria a ripiegare nella Riviera dei Fiori fu quella degli ebrei, fino ad allora protetti nella zona di occupazione italiana. Tra loro alcune decine riuscirono a raggiungere la provincia di Imperia il 9 settembre e si stabilirono nei dintorni di Sanremo. Si trattava di Hélène Saulnier e delle famiglie Viterbo, Tarica, Sciarcon, Modiano, Avigdor e Tilche <46.
46 P. VEZIANO, Sanremo. Una nuova comunità ebraica nell’Italia fascista, 1937-1945, Reggio Emilia 2007, pp. 171-178.
Jean-Louis Panicacci, art. cit.
Doc. 33 (BA-MA, RS 2-2/27)
Comunicazioni del Quartiermeister (sezione dello stato maggiore addetta, tra l'altro, ai rifornimenti ed all'amministrazione dei prigionieri di guerra) del II. SS-Panzerkorps all'Heeresgruppe B.
17-9-43: "Lungo la strada Cuneo - Ventimiglia, catturati al Colle di Tenda un btg. ed a Briga due btg. del 7° regg. Alpini. I cannoni del 5° regg. art., in posizione in montagna, privi dei serventi. A Saorgio, il ponte stradale e quello ferroviario fatti saltare [...]".
Carlo Gentile, Op. cit.
46 P. VEZIANO, Sanremo. Una nuova comunità ebraica nell’Italia fascista, 1937-1945, Reggio Emilia 2007, pp. 171-178.
Jean-Louis Panicacci, art. cit.
Doc. 33 (BA-MA, RS 2-2/27)
Comunicazioni del Quartiermeister (sezione dello stato maggiore addetta, tra l'altro, ai rifornimenti ed all'amministrazione dei prigionieri di guerra) del II. SS-Panzerkorps all'Heeresgruppe B.
17-9-43: "Lungo la strada Cuneo - Ventimiglia, catturati al Colle di Tenda un btg. ed a Briga due btg. del 7° regg. Alpini. I cannoni del 5° regg. art., in posizione in montagna, privi dei serventi. A Saorgio, il ponte stradale e quello ferroviario fatti saltare [...]".
Carlo Gentile, Op. cit.
“Ormea 10 sett. 1943
Dario mio, Sebbene sia quasi sicura che non ti giunga questa mia te la invio ugualmente per farti conoscere le nostre buone condizioni di salute. Fino a ieri ho sempre sperato di vedere in mezzo ai numerosi marinai e soldati venuti da tutte le parti della Francia, anche te, purtroppo invece nulla, possibile che ci si debba rassegnare a questa dura sorte. Che disperazione Dario mio! Non per fartene un rimprovero, ma se avessi ascoltato il nostro consiglio!! Io lo sentivo che finiva così. Speriamo che Dio e la Madonna non ci abbandonino del tutto e ci proteggano. Anche noi qui sentiamo le conseguenze e faccio conto di rientrare prima del previsto a Savigliano ove credo sarò più tranquilla. Sta bene, Dario caro, e di buon animo che le cose si aggiusteranno speriamo presto. Ricordi e baci infiniti da Giorgio e da me tua Maria.
Maria Barla. Villa De Michelis. Ormea.”
Riccardo Bertolotto (da IL FOGLIO dell'U.F.S. n. 173), Spigolature, armistizio su due fronti, Il Postalista