Visualizzazione post con etichetta fucilati. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta fucilati. Mostra tutti i post

venerdì 4 giugno 2021

Sottoposto a barbare sevizie nulla svelava sul movimento partigiano

Moltedo, Frazione di Imperia - Fonte: Mapio.net

[...] Il giorno 22 luglio 1944 a Moltedo sono catturati dalle brigate nere tre partigiani della II Divisione Garibaldi F. Cascione. I partigiani Nino Gazzano di anni 19 e Elsio Guarrini di anni 18, appartenenti alla IV brigata, sono fucilati immediatamente sulla piazza del paese. Il partigiano Francesco Gazzano di anni 28, staffetta delle SAP che teneva i collegamenti con la IV brigata, è fucilato il giorno 23 nei pressi del cimitero di Porto Maurizio.
Nino Gazzano, era sceso dalla montagna il giorno prima per conoscere il fratello che era nato da pochi giorni e che non aveva ancora visto. Era sera e così, assieme al compagno Elsio Guarrini decidono di dormire in un fienile vicino al paese. La mattina seguente i due partigiani sono circondati dalle brigate nere e catturati. Vengono immediatamente portati sulla piazza di S. Caterina, in centro paese, e fucilati all’alba del 22 luglio.
La gloriosa IV brigata ha preso il nome di Elsio Guarrini, medaglia d’argento al Valor Militare.
Redazione, La Resistenza imperiese ricorda i Partigiani caduti per la libertà a Moltedo, Riviera24.it, 25 luglio 2015

Elsio Elsio Guarrini. Nato ad Imperia il 15 agosto 1925. Partigiano dal 24 settembre 1943. Vice comandante di Battaglione al momento della morte. A seguito di una delazione venne sorpreso nel sonno in un fienile; con lui venne catturato anche il compagno Nino Stella Gazzano. 
Guarrini e Gazzano chiesero ed ottennero la fucilazione nel petto dopo avere esclamato perché noi non siamo traditori e morirono gridando Viva i partigiani. Furono fucilati nella piazza della vicina Moltedo, Frazione di Imperia.
Furono fucilati dai militi Amleto Alunni - poi fucilato insieme al tenente Salerno alle Ferriere di Imperia il 29 aprile 1945 - e Antonio Cartonio - giustiziato a Castellamonte (TO) il 3 maggio 1945 -, entrambi protagonisti di altre esecuzioni, entrambi della Compagnia Ordine Pubblico (O.P.) Imperia, comandata dal famigerato capitano Giovanni Daniele Ferraris.
Nello stesso rastrellamento venne catturato anche il partigiano Francesco Bruna Gazzano (della S.A.P. locale, incaricato di mantenere i contatti con la IV Brigata, catturato a Moltedo il 22 luglio 1944, il quale fu condotto nella caserma Ettore Muti di Imperia Porto Maurizio, dove fu interrogato e torturato, prima di essere fucilato il 23 luglio 1944 in Via Artallo nei pressi del cimitero di Porto Maurizio. 
Elsio Guarrini venne decorato di Medaglia d'Argento al Valor Militare alla Memoria con la seguente motivazione: Giovane e fervente patriota, durante una pericolosa missione assieme ad un compagno di fede, si impegna in aspro combattimento contro preponderanti forze nemiche, finché, rimasto privo di munizioni, veniva sopraffatto e catturato. Sottoposto a barbare sevizie nulla svelava sul movimento partigiano. Condannato a morte, affrontava il plotone di esecuzione con eroica fermezza cadendo al grido di Viva l'Italia. Moltedo (Imperia), 22 luglio 1944
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I Caduti della Lotta di Liberazione nella I^ Zona Operativa Liguria, Edito dall'Autore, 2020  [ n.d.r.: altri lavori di Giorgio Caudano: Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944) (a cura di Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, Edito dall'Autore, 2016  ]

[...] Elenco delle vittime decedute
Gazzano Francesco Mario (nome di battaglia “Bruna”) di Francesco, nato a Moltedo superiore (Imperia) il 28.02.1916, anni 28, Partigiano, (II Div. “F. Cascione” IV Brig.) dall'01.05.1944 al 23.07.1944 n° dichiaraz. Integrativa 3034. Catturato a Moltedo il 22.07.1944 trasferito nella Caserma “Ettore Muti” di Imperia Porto Maurizio, torturato, fucilato il 23.07.1944 in Via Artallo nei pressi del Cimitero di Porto Maurizio (Imperia). Successivamente la salma sarà trasportata nel Cimitero di Moltedo e quivi seppellita con Guarrini Elsio e Gazzano Nino.
Gazzano Nino (nome di battaglia “Stella”) di Emilio, nato a Moltedo (Imperia) il 20.03.1925, anni 19, Partigiano, (II Div. “F. Cascione” IV Brig.) dal 10.05.1944 al 22.07.1944 n° dichiaraz. Integrativa 2529. A seguito di una delazione, mentre dorme in un fienile con il compagno Guarrini Elsio è sorpreso da una squadra di fascisti comandata dal Ferraris. Fucilato a Moltedo nella piazza Santa Caterina il 22.07.1944.
Guarrini (Guarini) Elsio (nome di battaglia “Elsio”) di Carlo, nato a Imperia il 15.08.1925, anni 18, Partigiano, Vice com.te Battaglione (II Div. “F. Cascione” IV Brig.) dal 24.09.1943 al 22.07.1944 n° dichiaraz. Integrativa 6160. A seguito di una delazione, mentre dorme in un fienile con il compagno Gazzano Nino è sorpreso da una squadra di fascisti comandata dal Ferraris. Fucilato a Moltedo nella piazza Santa Caterina il 22.07.1944. Decorato di Medaglia d'Argento al Valor Militare alla Memoria con la seguente motivazione:
“Giovane e fervente patriota, durante una pericolosa missione assieme ad un compagno di fede, si impegna in aspro combattimento contro preponderanti forze nemiche, finché, rimasto privo di munizioni, veniva sopraffatto e catturato. Sottoposto a barbare sevizie nulla svelava sul movimento partigiano. Condannato a morte, affrontava il plotone di esecuzione con eroica fermezza cadendo al grido di “Viva l'Italia”. Moltedo (Imperia), 22 luglio 1944
[...]
Durante il rastrellamento avvenuto a Moltedo (frazione di Imperia) il 22 luglio 1944 i militi Amleto Alunni e Antonio Cartonio della GNR Compagnia Ordine Pubblico Imperia (Comandata dal capitano Giovanni Daniele Ferraris) fucilano sulla piazza di Moltedo i partigiani Gazzano Nino e Guarrini Elsio. Sono caduti chiedendo la fucilazione nel petto “perché noi non siamo traditori” e morivano gridando “Viva i partigiani”.
Nello stesso rastrellamento viene catturato anche il partigiano Gazzano Francesco, condotto nella caserma “Ettore Muti” di Imperia Porto Maurizio, interrogato e torturato verrà fucilato il 23 luglio 1944 in via Artallo nei pressi del Cimitero di Imperia Porto Maurizio [...]
Roberto Moriani, Episodio di Moltedo - Artallo, Imperia, 22-23.07.1944, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia

Elsio Elsio Guarrini. Nato ad Imperia il 15 agosto 1925. Partigiano dal 24 settembre 1943.Vice comandante di Battaglione al momento della morte. A seguito di una delazione venne sorpreso nel sonno in un fienile; con lui venne catturato anche il compagno Nino Stella Gazzano. Furono entrambi fucilati nella piazza della vicina Moltedo, Frazione di Imperia, dai militi Amleto Alunni e Antonio Cartonio della G.N.R. (Compagnia Ordine Pubblico Imperia), comandata dal famigerato capitano Giovanni Daniele Ferraris. Chiesero ed ottennero la fucilazione nel petto perché noi non siamo traditori e morirono gridando Viva i partigiani. Nello stesso rastrellamento venne catturato anche il partigiano Francesco Bruna Gazzano, il quale fu condotto nella caserma Ettore Muti di Imperia Porto Maurizio, dove fu interrogato e torturato, prima di essere fucilato il 23 luglio 1944 in Via Artallo nei pressi del cimitero di Porto Maurizio. Elsio Guarrini venne decorato di Medaglia d'Argento al Valor Militare alla Memoria con la seguente motivazione: Giovane e fervente patriota, durante una pericolosa missione assieme ad un compagno di fede, si impegna in aspro combattimento contro preponderanti forze nemiche, finché, rimasto privo di munizioni, veniva sopraffatto e catturato. Sottoposto a barbare sevizie nulla svelava sul movimento partigiano. Condannato a morte, affrontava il plotone di esecuzione con eroica fermezza cadendo al grido di Viva l'Italia. Moltedo (Imperia), 22 luglio 1944 - Redazione, Arrivano i Partigiani, inserto "2. Le formazioni di montagna della I^ e della VI^ Zona Operativa Ligure che operavano nella provincia di Savona", I RESISTENTI, ANPI Savona, 2011

sabato 2 gennaio 2021

Uccidetemi, i miei compagni mi vendicheranno

Trovasta - Fonte: Mariojk66/Wikiloc

Il 28 marzo del 1945 muore fucilato a Pieve di Teco (Imperia) dopo essere stato lungamente torturato dai tedeschi ROBERTO DI FERRO (15 anni, nome di battaglia Baletta) apprendista meccanico e Partigiano.
Di Ferro nacque a Malvicino ( Alessandria) ed aveva quattro fratelli. I genitori si trasferirono per lavoro ad Albenga (Savona) e Roberto cominciò giovanissimo a lavorare come apprendista meccanico per aiutare la famiglia. Già dall’8 settembre 1943 a soli 13 anni decise d’interessarsi della Resistenza insieme al fratello più grande Guido e fu tra i primi a darsi alla macchia dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.
Anche se i genitori erano contrari vista la giovane età il 2 settembre 1944 Di Ferro inizia a collaborare fattivamente con i partigiani con il nome di battaglia Piccinen o Baletta che nel dialetto ligure è traducibile come pallina ed indica il comportamento tipico dell’età adolescenziale. Raggiunta una formazione partigiana sull’Appennino Ligure “Baletta” fu inizialmente impiegato come staffetta. Col passare dei mesi fu difficile impedirgli di partecipare anche alle più rischiose operazioni della sua formazione.
La Liberazione sembrava essere ormai imminente quando il 27 marzo 1945 una colonna motorizzata tedesca forte di duecento uomini irruppe nella zona di Tovrasta sopra Pieve di Teco (Imperia). Guidava gli uomini della Wermacht un delatore. Un gruppo di partigiani del distaccamento “Marco Agnese” appartenente alla Brigata “Silvano Belgrano” (VI Divisione Garibaldi d’assalto “Bonfante”) fu colto di sorpresa. Nell’impossibilità di rompere l’accerchiamento i partigiani si difesero sino all’ultimo. Il loro comandante GIOVANNI TRUCCO fu ucciso con altri suoi compagni nel conflitto. “Baletta“ con nove superstiti fu catturato dai tedeschi.
Gruppo Laico di Ricerca

Nelle prime ore del 27 marzo 1945, accompagnati dalla spia Angela Bertone di Pieve di Teco, già fidanzata con uno dei partigiani destinato a morire in seguito all'agguato qui descritto, una colonna tedesca di duecento uomini si inoltrava nella zona di Trovasta, Frazione di Pieve di Teco (IM), per catturare un piccolo presidio partigiano. Il casone era la sede provvisoria del Distaccamento “Marco Agnese” della VI° Divisione “Silvio Bonfante”. Pochi giorni prima una squadra del Distaccamento era stata inviata in missione, mentre dodici uomini rimasero nel casone. Mentre gli uomini in servizio di sentinella davano l'allarme ai compagni, la colonna nemica si era già divisa in tre gruppi per giungere al casone da diverse direzioni. Vista l’impossibilità di sganciarsi, il comandante Giovanni Trucco "Franco" [n.d.r.: vice commissario della II^ Brigata "Nino Berio"], ordinava di difendersi con ogni mezzo possibile, ma cadeva per primo, seguito dal garibaldino Angelo Volpari "Sceriffo" e da Antonio De Negri (un civile, padre di Nino e Lino: era salito nella notte per avvisare del pericolo incombente). Tutti gli altri nove, finivano presto le munizioni e si dovevano arrendere. Condotti a Pieve di Teco dove la mattina del 28, otto di loro, Lino De Negri Nino De Negri (Nino) fratelli Elio Galvani (Elio) Antonio Lancella (Caramba) Luciano Saldo (Bab) Giovanni Saldo (Naia) fratelli Giuseppe Moraca (Zai) Giovanni Saldo (Faen), vengono fucilati a Prato Sertorio e Prato San Giovanni sulla sponda destra del torrente Arroscia. Il giovane partigiano Roberto Di Ferro (Baletta) non fu subito fucilato con i suoi compagni, ma interrogato tutto il pomeriggio dal Maresciallo tedesco Kroth. In serata venne messo sopra un carretto, portato in Prato San Giovanni, e passato per le armi.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, ed. in pr., 2020  

[ n.d.r.: tra le pubblicazioni di Giorgio Caudano: a cura di Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone, La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016;  Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016  ]


Il 26 marzo 1945 il Distaccamento "Marco Agnese" della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante", Distaccamento comandato da "Franco" [Giovanni Trucco], il quale era impossibilitato a muoversi a causa di una slogatura ad un piede, catturò 2 tedeschi. I tedeschi per rappresaglia catturarono 3 persone tra cui il fratello di "Franco".
Nelle prime ore del 27 marzo 1945, accompagnata da una spia, "una colonna tedesca di 200 uomini si inoltrava nella zona di Trovasta [Frazione di Pieve di Teco (IM)] per catturare il piccolo presidio (momentaneamente composto da 12 garibaldini, in quanto altri 10 erano in missione) partigiano. La pattuglia preposta per il servizio di vigilanza avvistava una colonna, in quanto il nemico qualche centinaio di metri prima del paese si era suddiviso in tre parti, per entrare da diverse direzioni. Il comandante Trucco Giovanni, vista l'impossibilità di sganciarsi, iniziò con tutte le armi un furioso combattimento... caddero sul campo dell'onore il comandante Trucco Giovanni ed il partigiano Volpari Angelo. Gli altri 10 partigiani, fra i quali il quattordicenne Di Ferro Roberto, esaurite le munizioni, vennero catturati dal nemico e condotti a Pieve di Teco" (da una relazione senza data del comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria). Il casone nel quale si erano asserragliati i 12 uomini del Distaccamento "Marco Agnese" era lo stesso nel quale tre mesi prima era stato arrestato il comandante "Menini": un rifugio inadatto ad accogliere i garibaldini perché visibile da tutte le parti. Secondo quanto sosteneva l'informatore dei partigiani "Giglio", Antonio e Lino De Negri (padre e figlio) avevano cercato di avvisare "Franco" dell'imminente attacco tedesco, ma era stati prima intercettati. E "Giglio" avanzò l'ipotesi che i tedeschi fossero stati indirizzati per vendetta dalla concubina di Lino De Negri. Il 28 aprile "Basco" ["Blasco", Giacomo Ardissone], "Ramon" e "Biscio" tentarono di intavolare una trattativa con i tedeschi cercando di scambiare i garibaldini prigionieri con due sergenti tedeschi trattenuti da "Basco". Tutti i tentativi si dimostrarono inutili ed i partigiani arrestati vennero fucilati il 28 aprile alle ore 20 a Pieve di Teco: De Negri Antonio, De Negri Lino, De Negri Nino, Trucco Giovanni, Saldo Giovanni, Saldo Luciano, Galvani Elio, Langella Antonio, Monaco Giuseppe, Volpari Angelo e Di Ferro Roberto (Baletta, medaglia d'oro alla memoria al valor militare).
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

Roberto di Ferro, "Baletta"

[Roberto Di Ferro] nato a Malvicino (Alessandria) il 7 giugno 1930, trucidato a Pieve di Teco (Imperia) il 28 marzo 1945, operaio, Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria. È, con Filippo Illuminato, uno dei più giovani partigiani decorati di Medaglia d’Oro al Valor Militare. La motivazione della ricompensa alla memoria di “Baletta”, questo il nome di battaglia di Roberto Di Ferro, suona: “Primo fra i primi nelle più audaci e rischiose imprese, ardente di fede ed animato dal più puro entusiasmo, appena quattordicenne partecipava alla dura lotta partigiana, emergendo in numerosi fatti d’arme per slancio leonino e per supremo sprezzo del pericolo. Dopo strenuo combattimento contro preponderanti forze nazifasciste, in cui ancora una volta rifulse il suo indomito valore, esaurite le munizioni, veniva catturato e condotto dinanzi ad un giudice tedesco. Benché schiaffeggiato e minacciato di terribili torture, si manteneva fiero e sereno non paventando le barbare atrocità dell’oppressore. Le sue labbra serrate in un tenace e sprezzante silenzio, nulla rivelarono che potesse nuocere ai compagni di fede ed alla causa tanto amata. Condannato a morte rispondeva: «Uccidetemi, i miei compagni mi vendicheranno». La brutale rabbia nemica stroncava la sua giovane esistenza interamente dedicata alla liberazione della Patria. Magnifico esempio di valore e di giovanile virtù”. Il ragazzo lavorava già nonostante la giovanissima età, per aiutare la famiglia che si era trasferita dall’Alessandrino ad Albenga e fu tra i primi a darsi alla macchia dopo l’armistizio. Raggiunta una formazione partigiana sull’Appennino Ligure, “Baletta” fu, inizialmente impiegato come staffetta. Col passare dei mesi, fu difficile impedirgli di partecipare anche alle più rischiose operazioni della sua formazione. La Liberazione sembrava essere ormai imminente quando, il 27 marzo 1945, una colonna motorizzata tedesca, forte di duecento uomini, irruppe nella zona di Tovrasta, sopra Pieve di Teco. Guidava gli uomini della Wermacht un delatore. Un gruppo di partigiani del distaccamento “Marco Agnese”, appartenente alla Brigata “Silvano Belgrano” - VI^ Divisione d’Assalto Garibaldi “Silvio Bonfante“ - fu colto di sorpresa. Nell’impossibilità di rompere l’accerchiamento, i partigiani si difesero sino all’ultima cartuccia. Il loro comandante, Giovanni Trucco, fu ucciso nel conflitto, con altri suoi compagni. “Baletta”, con nove superstiti, fu catturato dai tedeschi. Inutile il tentativo del vicecomandante della VI^ Divisione Garibaldi, Luigi Massabò, di salvarli: la proposta di uno scambio con due ufficiali nazisti fu respinta dai tedeschi, che trucidarono i dieci prigionieri. La memoria della giovane Medaglia d’oro della Resistenza è ancora molto viva nell’Alessandrino, nell’Imperiese e nel Savonese. Un importante contributo a non dimenticare il ragazzo partigiano di Albenga è stato dato da Daniele La Corte col suo libro Diventare uomo - La Resistenza di Baletta (prefazione di Alessandro Natta), che nel 2006 è giunto, per i tipi della Totalprint di Genova, alla terza ristampa.
Redazione, Roberto di Ferro "Baletta", I RESISTENTI, Anno VIII, n° 1/2015, ANPI Savona
 
A Malvicino nacque Roberto Di Ferro “Baletta”, giovanissimo partigiano, crudelmente ucciso dai tedeschi, a soli 14 anni, il 28 marzo 1945, a Pieve di Teco, nell’Imperiese. Di Ferro, trasferitosi ad Albenga con la famiglia, dopo l’Armistizio aderì subito ai gruppi partigiani, dapprima come staffetta, per la sua giovane età. Col passare dei mesi, però fu difficile impedirgli di partecipare anche alle più rischiose operazioni della sua formazione, nel corso delle quali si distinse per entusiasmo, determinazione e coraggio.
Il 27 marzo 1945, una munita colonna nazifascista, irruppe nella zona Pieve di Teco e “Baletta”, in forza al Distaccamento “Agnese” della VI^ Divisione Garibaldi “Bonfante”, combattè sino all’esaurimento delle munizioni. Catturato, con altri 9 compagni, sebbene percosso e torturato, nulla rivelò al nemico. La proposta di uno scambio con due ufficiali nazisti, prigionieri dei ribelli, fu respinta dai tedeschi, che trucidarono tutti i partigiani, riservando al ragazzino acquese il supplizio della crocifissione sulla pubblica piazza. 


Roberto di Ferro è una delle più giovani Medaglie d’Oro al Valor Militare della lotta di Liberazione. Nato a Malvicino in Provincia di Alessandria il 7 giugno del 1930, è stato fucilato dai nazi-fascisti a Pieve di Teco (Imperia) il 28 marzo 1945: a Roberto mancavano tre mesi per compiere quindici anni.
Nel 1943 la famiglia si era trasferita ad Albenga dove Roberto aveva completato l’obbligo scolastico ed aveva iniziato a cercare lavoro. Ad Albenga, dopo l’8 settembre 1943, aveva conosciuto il movimento di resistenza e vi aveva aderito con l’incarico di staffetta. Poi, nell’estate del 1944, era entrato a far parte di una formazione partigiana dell’entroterra savonese, come combattente ed aveva assunto lo pseudonimo di “Balletta” che in dialetto locale vuoi dire “pallina”, in considerazione della sua giovane età e della vivacità atletica del suo comportamento.
Malgrado i ripetuti richiami dei genitori, che lo avrebbero voluto con loro e da loro protetto, restò con i suoi amici, manifestando la ferma volontà di opporsi all’invasore e la speranza di un avvenire di giustizia e libertà. Con questo animo partecipò a diversi scontri a fuoco.
Nella notte tra il 24 e il 25 marzo 1945, Roberto e altri dieci partigiani vennero attaccati da preponderanti forze nazi-fasciste e, dopo forte resistenza, finite le munizioni, furono catturati.
Dieci di loro furono immediatamente trucidati. Roberto fu risparmiato nella speranza che rivelasse posizioni ed entità della sua formazione e condotto nel Municipio di Pieve di Teco. Qui, per tre giorni, fu sottoposto ad interrogatori e torture ma non parlò. Vista inutile ogni violenza, fu trascinato sulla riva di un torrente e nelle prime ore del 28 marzo 1945 (a meno di un mese dalla fine del secondo conflitto mondiale) fu fucilato.
IL NASTRO AZZURRO, n° 3-2007

Sul luogo del martirio di Baletta - Fonte: ANPI Milano

Mancava meno di un mese alla Liberazione, Roberto Di Ferro venne fucilato e poi crocefisso dai nazisti, non aveva ancora 15 anni. Nel numero di ANPI news 157 del 31 marzo-7 aprile è stata pubblicata la nota del Presidente Smuraglia, che qui sotto riportiamo e vogliamo tenere in evidenza, per tenere a mente il sacrificio suo e quello dei tanti partigiani che ci hanno donato Libertà. Repubblica e Costituzione, soprattutto ora che si avvicina il 70° della Liberazione.
Smuraglia già una volta concluse una commemorazione ufficiale a Pieve di Teco con queste parole “ Io a vent’anni ho dovuto compiere una scelta: o fare parte della repubblica di Salò o scegliere la via delle montagne. Ho fatto una scelta che non fu difficile e io spero che non sia mai difficile per un giovane una scelta del genere perché a mio parere un giovane a vent’anni dovrebbe essere istintivamente rivolto verso la libertà e non verso la dittatura e mi auguro che i nostri giovani, in futuro, se si troveranno a dovere fare scelte diverse, sappiano sempre scegliere la strada giusta, che è quella della libertà e quella della democrazia. Da ANPI news: 'Si trattava di un ragazzo che già era impegnato nel lavoro e che si unì subito ai partigiani, “pretendendo” fermamente di essere impiegato come combattente. E così avvenne: il ragazzo dimostrò coraggio e ardimento; quando fu sorpreso, a seguito di una delazione, con altri, e fu arrestato e sottoposto a violenze e torture perché, parlasse, sopportò tutto con la fermezza di un adulto, e fu barbaramente fucilato dai componenti di una colonna motorizzata di tedeschi. Il ricordo di “Baletta” è vivissimo ancora oggi, tant’è che gli sono stati dedicati libri, c’è un cippo che lo ricorda, assieme ad un monumento, che riguarda anche altre vittime della ferocia nazista. Ogni anno la memoria viene attivata con una serie di manifestazioni, che poi culminano in una pubblica celebrazione ed un corteo nelle vie di Pieve di Teco. Anche domenica scorsa, c’è stata la celebrazione, particolarmente partecipata da gente venuta anche dal savonese e dall’imperiese, ancora una volta commossa nel ricordo di quel ragazzo a cui fu attribuita una medaglia d’oro al valor militare, con una bellissima motivazione, che esalta il coraggio, l’ardimento e la fermezza di quel “magnifico esempio di valore e di giovanile virtù' [...] Roberto Di Ferro: il più giovane fucilato d’Italia è una delle più giovani Medaglie d’Oro al Valor Militare della lotta di Liberazione. Nato a Malvicino in Provincia di Alessandria il 7 giugno del 1930, è stato fucilato dai nazi-fascisti a Pieve di Teco (Imperia) il 28 marzo 1945: a Roberto mancavano tre mesi per compiere quindici anni. Nel 1943 la famiglia si era trasferita ad Albenga dove Roberto aveva completato l’obbligo scolastico ed aveva iniziato a cercare lavoro. Ad Albenga, dopo l’8 settembre 1943, aveva conosciuto il movimento di resistenza e vi aveva aderito con l’incarico di staffetta. Poi, nell’estate del 1944, era entrato a far parte di una formazione partigiana dell’entroterra savonese, come combattente ed aveva assunto lo pseudonimo di “Baletta” che in dialetto locale vuoi dire “pallina”, in considerazione della sua giovane età e della vivacità del suo comportamento. Nella notte tra il 24 e il 25 marzo 1945, Roberto e altri dieci partigiani vennero attaccati da preponderanti forze nazi-fasciste e, dopo forte resistenza, finite le munizioni, furono catturati. Dieci di loro furono immediatamente trucidati. Roberto fu risparmiato nella speranza che rivelasse posizioni ed entità della sua formazione e condotto nel Municipio di Pieve di Teco. Qui, per tre giorni, fu sottoposto ad interrogatori e torture ma non parlò. Vista inutile ogni violenza, fu trascinato sulla riva di un torrente e nelle prime ore del 28 marzo 1945 (a meno di un mese dalla fine del secondo conflitto mondiale) fu fucilato e crocefisso.
ANPI Milano, 4 aprile 2015

Il suo soprannome era Baletta, pallina, perchè si muoveva velocemente. Ma il suo nome era Roberto di Ferro, che a soli 14 anni fu fucilato dai tedeschi a Pieve di Teco, il 28 marzo 1945, perchè partigiano.
Riviera Time ha incontrato sua sorella Wanda, che ci ha raccontato la storia di Roberto.
Nel 2016 è stato pubblicato un fumetto della storia di Baletta, il partigiano Di Ferro.
Daisy Parodi, Riviera Time, 30 Ottobre 2017

Fonte: Patria Indipendente art. cit. infra

La genesi della graphic novel dedicata alla breve vita e alla fulminea morte di Roberto Di Ferro, uno dei più giovani resistenti, decorato con Medaglia d’Oro al Valor Militare, è un esempio di collaborazione che ha coinvolto l’intera comunità di Albenga per non far cadere nell’oblio e relegare a un nome su una targa l’inaudita vicenda. Tutto nasce da un libro del giornalista e scrittore Daniele La Corte che nel 1999 la riporta alla luce indagando le fonti locali della Resistenza nel Ponente ligure.
[...] Invece la storia del partigiano “Baletta” (‘pallina’, come si chiamano i ragazzini da quelle parti) è presto detta, purtroppo. Nato nel 1930, Roberto termina la scuola dell’obbligo e inizia l’apprendistato da meccanico. Nel ’43, dopo l’8 settembre, il fratello maggiore Guido prende contatto con i resistenti e l’anno dopo, quattordicenne, malgrado la contrarietà dei genitori, lui stesso inizia ad operare come staffetta, partecipando poi anche alle azioni più rischiose di sabotaggio ai nazifascisti. Nella notte tra il 24 e il 25 marzo ’45, tre colonne motorizzate della Wermacht, guidate da una spia fascista, accerchiano un casolare sopra Pieve di Teco: dopo una strenua difesa, esaurite le munizioni, i partigiani sopravvissuti sono fatti prigionieri, alcuni fucilati sul posto, Roberto portato via, interrogato e torturato. Non parla e tre giorni dopo è condotto sul greto di un fiume e fucilato. Doveva ancora compiere i suoi primi 15 anni e mancava meno di un mese al 25 aprile.
[...] Settant’anni dopo, anniversario della Liberazione, il Presidente dell’ANPI Carlo Smuraglia ha ricordato la sua “scelta non isolata, che lo unisce, assieme a tanti altri che hanno partecipato alla Resistenza, benché giovanissimi, agli ‘scugnizzi’ delle Quattro Giornate di Napoli”.
 

Fonte: Patria Indipendente art. cit. infra

E guardando il visetto biondo e bellissimo di Roberto Di Ferro, come lo ha ricreato la matita di Frank Gallo, la mente va veloce a un altro volto angelico del neorealismo, quello del bambino di Germania anno zero che nella città distrutta decide di volar giù dal palazzo sventrato che è diventato la sua casa.
[...] Hanno scritto gli alunni di Albenga, pensando a Roberto: “Sì, io voglio fare del mio meglio per fare in modo che i diritti siano universali” (Marco, II C), “La Resistenza per me significa: aria pulita-libertà-fine dei soprusi e della corruzione” (Gaetano Calabrese, III B).
Daniele De Paolis, 15 anni, fucilato: il resistente di Albenga, Patria Indipendente, 31 ottobre 2016

25 aprile, la storia del partigiano Baletta: torturato a 14 anni, morì per i suoi compagni a un mese dalla Liberazione.
Alberto Marzocchi, Il Fatto Quotidiano, 24 aprile 2018

Caduti in seguito ai fatti di Trovasta
TRUCCO GIOVANNI Franco Acquetico 3/12/22 + Pieve di T./Trovasta combattimento 27/3/45
VOLPARI ANGELO Sceriffo Ticengo CR 17/12/24 + Pieve di T./Trovasta combattimento 27/3/45
DE NEGRI LINO Pieve di Teco 24/3/28 + Pieve di Teco fucilato 28/3/45
DE NEGRI NINO Acquetico 23/7/24 + Pieve di Teco fucilato 28/3/45
DI FERRO ROBERTO Baletta Malvicino AL 7/6/30 + Pieve di Teco fucilato 28/3/45
GALVANI ELIO Bondeno FE 18/2/06 + Pieve di Teco fucilato 28/3/45
LANGELLA ANTONIO Caramba Torre del Graco NA 8/11/19 + Pieve di Teco fucilato 28/3/45
MORACA GIUSEPPE Zaj S.Mango d’Aquino CZ 10/1/06 + Pieve di Teco fucilato 28/3/45
SALDO GIOVANNI Faen Pieve di Teco 26/9/18 + Pieve di Teco fucilato 28/3/45
SALDO GIOVANNI Naia Pieve di Teco 2/9/19 + Pieve di Teco fucilato 28/3/45
SALDO LUCIANO Bab Pieve di Teco 15/9/20 + Pieve di Teco fucilato 28/3/45
DE NEGRI ANTONIO (Civile) + Pieve di T./Trovasta combattimento 27/3/45
Giorgio Caudano, Op. cit.

27 marzo 1945 - Da "Pantera" [Luigi Massabò, vice comandante della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava ... che in Val Tanaro era forte la presenza garibaldina; che proponeva di sciogliere il Distaccamento "Giuseppe Maccanò" "facendo defluire gli uomini parte a 'Fra Diavolo' [Giuseppe Garibaldi] parte a 'Franco' [Giovanni Trucco]"...

27 marzo 1945 - Dal comando [comandante "Giorgio" Giorgio Olivero] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 252, al comando della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" - Ordinava di rintracciare e fare rientrare il Distaccamento di "Franco" [Giovanni Trucco], che si trovava nella zona di Moano. Stabiliva di fare aggregare quel Distaccamento al Distaccamento di "Libero"...

27 marzo 1945 - Da "Violetta" alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava le sue scuse per la precedente sospensione del servizio informativo, dovuta alla delazione della spia "Boll"; che il giorno prima a Trovasta era stata catturata da tedeschi provenienti da Acquetico, Pieve di Teco e Nava l'intera banda di "Franco" [Giovanni Trucco], in un agguato che aveva visto cadere sul campo due garibaldini; che si poteva tentare di salvare i 10 prigionieri minacciando rappresaglie contro il presidio di Pieve di Teco; che ad Acquetico il nemico aveva prelevato 3 ostaggi tra i quali il fratello di "Franco"; che quell'azione nemica forse era stata condotta in conseguenza della "sparizione di 2 tedeschi" per opera della banda di "Franco".
               
senza data - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Relazione sul combattimento di Trovasta del 27 marzo 1945

senza data - Testimonianza di "Blasco" [anche Basco, Giacomo Ardissone, vice comandante della II^ Brigata "Nino Berio"] sui fatti di Trovasta - Relazionava di avere catturato il 26 marzo 1945 due tedeschi che aveva poi tentato di scambiare con i 13 prigionieri partigiani in mano al nemico; che al diniego ricevuto aveva tentato uno scambio di 1 a 1; che gli venne rifiutata anche questa proposta; che venne fucilato uno dei due tedeschi fatti prigionieri, perché si era annotato di nascosto tutti i nomi dei garibaldini incontrati; che l'altro tedesco venne giustiziato dopo i fatti di Ginestro del 15 aprile 1945 quando il comando della VI^ Divisione diede l'ordine di liberarsi dei prigionieri tedeschi.

28 marzo 1945 - Da "Pantera" [Luigi Massabò, vice comandante della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che forse la spia "Carletto" era stata misteriosamente uccisa ad Albenga; che i tedeschi con un attacco [nella zona di Trovasta, Frazione di Pieve di Teco (IM)] al Distaccamento "Marco Agnese" avevano ucciso dei garibaldini, forse 3, e ne avevano catturati 10; che, dato che il comandante "Basco" [Giacomo Ardissone, vice comandante della II^ Brigata "Nino Berio"] teneva prigionieri 2 sergenti tedeschi, aveva chiesto a "Ramon" [Raymond Rosso, capo di Stato Maggiore della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] di tentare uno scambio di questi prigionieri con quelli in mano ai nazisti.

28 marzo 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Relazione relativa alla proposta di assegnazione della medaglia d'oro al valor militare al caduto Roberto di Ferro, nato a Malvicino (AL) il 7 giugno 1930. Motivazione: "la sera del 26 u.s. il Dst. "M. Agnese" partiva in missione per minare un tratto della strada n° 28 compresa tra Pieve di Teco e Ponti di Nava. Un piccolo gruppo di 12 uomini rimaneva nel casone di Trovasta [Frazione di Pieve di Teco (IM)]. All'alba del giorno successivo, accompagnata da una spia, una colonna tedesca si dirigeva verso il casone. Avvistati i nemici che provenivano da tre direzioni diverse, scattava l'allarme, ma, impossibilitati a sganciarsi, il comandante "Trucco" ordinava di resistere. Caddero sul campo il comandante "Trucco" ed il partigiano "Sicilia". Gli altri 10 uomini venivano portati, esaurite le munizioni, a Pieve di Teco. Tra questi si trovava Roberto di Ferro che, interrogato senza rispondere nulla, alla notizia della propria condanna a morte rispondeva 'uccidetemi, i miei compagni mi vendicheranno'. Il giorno 28 a Pieve di Teco venivano fucilati i 10 partigiani".

29 marzo 1945 - Da "Biscio" alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che dopo la cattura degli uomini di "Franco" aveva chiamato un interprete "cercando di intercedere presso i tedeschi, ma non c'è stato nulla da fare: il 28 u.s. ne furono fucilati 9 alle ore 20"...

30 marzo 1945 - Da "G. 20" al SIM della VI^ Divisione - Informativa sull'arresto della banda di "Franco" [Giovanni Trucco], avvenuto il 27 marzo: "il casone nel quale sono stati sorpresi i garibaldini [della costituenda IV^ Brigata "Domenico Arnera" della VI^ Divisione] è lo stesso in cui fu arrestato 'Menini'. Il casone è da tutti i punti di vista inadatto per il soggiorno delle bande perché visibile da tutti e quattro i punti cardinali. Lino De Negri ed il padre Antonio, avendo saputo da un tedesco dell'imminente rastrellamento, partirono per avvertire i compagni, ma furono anche loro sorpresi. 'Franco' e Antonio De Negri furono uccisi sul posto, mentre gli altri furono fucilati a Pieve di Teco. Pare che i tedeschi siano stati indirizzati dalla concubina di Lino De Negri, che voleva vendicarsi di quest'ultimo".

30 marzo 1945 - Da "G. 20" al SIM della VI^ Divisione - Riferiva ancora sugli avvenimenti del 27 marzo: "la famiglia De Negri ha subito la perdita del padre e di due figli; la consorte di 'Elio' [Elio Galvani] e la famiglia di Trucco versano in condizioni economiche disastrose. Si prega il comando divisionale di elargire almeno 10.000 lire per ogni famiglia".

30 marzo 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 259, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Segnalava che "il Distaccamento 'M. Agnese' è stato travolto a Trovasta. Esiste la possibilità che sotto tortura qualche garibaldino possa far trapelare notizie relative al lancio" e con questa motivazione e con quella del maltempo chiedeva di far fare nella sua zona un unico lancio, seguito da eventuali lanci più piccoli.

2 aprile 1945 - Da "Violetta" alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Chiedeva di provvedere finanziariamente alle tre famiglie dei partigiani [catturati a Trovasta ed uccisi a Pieve di Teco] già segnalate da "Giglio" ["G. 20"] perché versavano in condizioni economiche disastrose.

2 aprile 1945 - Da "Violetta" alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava... che sussistevano gravi indizi a carico della concubina del commissario "Franco" [Giovanni Trucco], signora Angiolina, che era con i tedeschi a San Luigi.

6 aprile 1945 - Da "Giglio" [G.B. Vento] alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava... che la squadra di "Franco" [Giovanni Trucco] era stata avvisata del pericolo incombente [riferimento all'eccidio di Trovasta del 28 marzo]; che la sottovalutazione del monito ricevuto era costata la vita a quei partigiani; che la signorina Angiolina [Angela Bertone, ex fidanzata di "Franco", Giovanni Trucco] si trovava a Pornassio, trattata bene dai tedeschi.

7 aprile 1945 - Da "Biscio" alla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che dopo la cattura degli uomini del Distaccamento di "Franco", Angiolina [Angela Bertone], ex fidanzata di "Franco", aveva accompagnato i tedeschi in una puntata su Vergana con la quale i nemici avevano bruciato 25 case, tra cui quella di "Ilda" [Gilda Piana], la quale aveva già subito un arresto sempre per opera della ricordata Angiolina...

8 aprile 1945 - Da "Dario" [Ottavio Cepollini] alla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che ... era stato realizzato il soccorso alle famiglie dei patrioti caduti a Trovasta.

da documenti IsrecIm  in Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II

mercoledì 5 agosto 2020

Il rastrellamento nazifascista di Besta

Diano San Pietro (IM): Monumento ai Caduti in Guerra - Fonte: Mapio.net

Nella mattinata del 5 febbraio 1945 nella zona di Diano San Pietro (IM) si svolse un rastrellamento nazifascista ai danni della I^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante". Le forze nemiche erano divise in 3 colonne "una partita da Pairola, via Colletto, un'altra proveniente da Diano Castello, via Diano San Pietro, che puntavano sulla frazione Besta [località nel territorio del comune di Diano San Pietro (IM)] sede della I^ squadra, mentre una terza proveniente da Chiusavecchia cercava di chiudere la via verso l'interno", come recita un documento garibaldino.
La squadra del Distaccamento "Francesco Agnese" riuscì a sganciarsi quasi al completo, tranne 5 uomini che cercarono di nascondersi in rifugi già predisposti... secondo quanto sostiene il professor F. Biga... Franco Raspin Piacentini [nato ad Alessandria il 21 novembre 1923] si suicidava per non cadere in mano ai nemici...
Due giorni dopo si seppe che i nemici durante il  rastrellamento di Diano San Pietro avevano ucciso 2 civili sessantenni, perché trovati al lavoro.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 
5 febbraio 1945 - Dal comando del Distaccamento "Francesco Agnese" della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante" al comando  della I^ Brigata - Segnalava un rastrellamento avvenuto nella zona di insediamento del Distaccamento stesso, un rastrellamento durante il quale un garibaldino era rimasto arso vivo e 4 partigiani erano stato fatti prigionieri.
5 febbraio 1945 - Dal comando del Distaccamento "Francesco Agnese" al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante" - Completava il precedente rapporto aggiungendo che i garibaldini prigionieri erano stati portati verso Chiusavecchia e che tra i fascisti che li avevano catturati erano stati riconosciuti il capitano Borro, il guardacaccia Musso ed Emanuele il ciclista, tra i tedeschi il capitano Winter.
da documenti Isrecim in Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II

Franco Raspin/Raspen Piacentini - Fonte: ANPI Savona
 
Pare che a seguito all'abbaiare insistente di un cane, sia individuato il posto in cui è nascosto Piacentini il quale, dalla testimonianza dei compagni nascosti nell'altro rifugio, anziché arrendersi, spara un colpo di rivoltella contro un brigatista nero della compagnia del capitano Ferraris, ferendolo ad una mano. Dopo aver gettato nel rifugio qualche bomba a mano, i fascisti estraggono il corpo di Raspin e lo bruciano. I quattro compagni di Piacentini (Emilio <Zari o Stendal, di Milano> Zari, Luigi <Luis di Andora (SV)> Vaghi, Giorgio Parmeggiani <Joe di Bologna; sulla lapide a Chiusavecchia (IM) Parmiggiani>, Antonio <Villa> Gioffrè) sono portati a Chiusavecchia e trucidati. Nel testo Diano e Cervo nella Resistenza, l'autore, Francesco Biga, scrive che Piacentini, rifiutandosi di darsi prigioniero, si toglie la vita nel rifugio con un colpo di pistola. Piacentini Franco è decorato alla memoria con medaglia d’argento al valor militare. A Franco Piacentini è intitolato un Distaccamento della Brigata "Silvano Belgrano" - Divisione d’assalto Garibaldi "Silvio Bonfante". 
Redazione, Arrivano i Partigiani, inserto "2. Le formazioni di montagna della I^ e della VI^ Zona Operativa Ligure che operavano nella provincia di Savona", I RESISTENTI, ANPI Savona, 2011
 
Il giorno 3 di febbraio 1945 tre colonne di nazifascisti effettuano un grande rastrellamento a Diano San Pietro (zona di Besta): si scontrano con un gruppo di garibaldini del distaccamento “F. Agnese” e sorprendono cinque garibaldini in un rifugio antirasteallamento. Mentre Franco Piacentini (Raspin), rifiutandosi di darsi prigioniero, si toglie la vita nel rifugio con un colpo di pistola, dove i tedeschi ne bruciano il corpo, gli altri quattro, Zari E., Vaghi L., Parmeggiani G. e Gioffrè A., condotti prigionieri a Chiusavecchia, saranno fucilati il giorno dopo.
Notizie tratte da Francesco Biga, Vol. IV della “Storia della Resistenza imperiese”, pagg. 131,132,133 e da Francesco Biga,, “Dalle valli al mare. Diano e Cervo nella Resistenza”, pagg. 207,208,209,210
Sabina Giribaldi, Episodio di Chiusavecchia, 03-04.02.1945Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia
 
Giorgio Parmeggiani - Fonte
 
Parmeggiani Giorgio, «Joe», da Primo ed Ermelinda Bracci; n. il 28/3/1924 a Bologna; ivi residente nel 1943.
Licenza elementare. Ferroviere. Prestò servizio militare in marina sino all'8/9/43.
Catturato dai tedeschi dopo l'armistizio, venne deportato in Germania.
Arruolatosi in un reparto della RSI, disertò appena rientrato in Italia e militò nella 1ª brg Garibaldi Liguria della 6ª div Bonfante.
Catturato durante un combattimento a Chiusavecchia (IM), fu costretto ad assistere all'esecuzione sommaria di un compagno di lotta. Dopo essere stato a lungo torturato, venne fucilato il 4/2/1945 a Diano S. Pietro (IM).
Riconosciuto partigiano dal 14/9/44 al 4/2/45.
Gli è stata conferita la medaglia di bronzo alla memoria con la seguente motivazione: «Rientrato dalla Germania dove era stato deportato, si univa alle locali formazioni partigiane dimostrando in ogni occasione sprezzo del pericolo, ardimento e spirito combattivo. Catturato in rastrellamento, tradotto incatenato in un centro abitato della zona, costretto ad assistere all'esecuzione sommaria di altro partigiano, sottoposto ad atroci sevizie durante interminabili estenuanti interrogatori, non svelava nulla che potesse danneggiare il movimento della resistenza ed affrontava serenamente il supremo sacrificio per il bene della Patria.». Diano S. Pietro, Chiusavecchia (Imperia), 2-4 febbraio 1945.
(a cura di) Alessandro Albertazzi, Luigi Arbizzani, Nazario Sauro Onofri, Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel Bolognese (1919-1945), Vol. IV, Dizionario biografico M - Q, Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea nella provincia di Bologna "Luciano Bergonzini", Istituto per la Storia di Bologna, Comune di Bologna, Regione Emilia Romagna, 1985-2003 
 
Era il 5 febbraio 1945. Al sorgere dell'alba ci incamminammo verso Diano San Pietro. Eravamo giunti quasi nel paese quando sentimmo raffiche di mitra. Ci attirò l'attenzione una colonna di soldati tedeschi che, scendendo da Diano Castello, veniva verso di noi. Ci portammo rapidamente al passo della Erbarea, che portava verso Pairola, e ci appostammo in quel punto in quanto potevamo vedere nelle due vallate di Diano e di Cervo (Valle Steria) l'avvicinarsi di soldati nemici. Sentimmo diverse sparatorie proveniente dai luoghi ove erano ubicati i nostri rifugi nella zona di Besta e poi, silenzio totale. Preoccupati per i nostri compagni nascosti nei rifugi, ci avviammo in quella direzione. Quando giungemmo quasi sul luogo, avvertii un acre odore di carne bruciata; lo feci notare ai miei compagni di viaggio dicendo loro che, probabilmente, i tedeschi avevano bruciato qualcuno dei nostri compagni. Al che Germano e Mancen mi risposero: "Sandro, sei sempre lo stesso, vedi pericoli in ogni luogo,adesso senti anche odore di carne bruciata, piantala di fare in ogni occasione il pessimista". Dopo qualche decina di metri l'odore si fece più forte ed anche i miei compagni convenirono che qualche cosa era successo. Quando in un piccolo spiazzo, distante da noi una cinquantina di metri, notammo delle fiammelle, ci dirigemmo in quella direzione. Giunti sul posto, trovammo un corpo umano quasi completamente carbonizzato e notammo delle fiammelle ancora sopra una spalla e sopra un piede.
Attraverso alcuni brandelli di indumenti non bruciati identificammo il corpo del povero Franco Piacentini Raspen. Poi venimmo a sapere che gli altri quattro compagni (Emilio Zari, Luigi Vaghi, Giorgio Parmeggiani, Antonio Giuffrè) si erano arresi. Invece l'altro rifugio che si trovava nei pressi non venne individuato e gli occupanti (tra cui Peccenen e tre soldati russi), salvatisi, ci raccontarono che i nostri compagni erano stati quasi massacrati di botte [...] che Raspen si era rifiutato di arrendersi sparando dal rifugio un colpo di rivoltella contro il brigatista nero della compagnia Ferraris (tra le bande fasciste, la più sanguinaria), probabilmente ferendolo ad una mano. Allora i nemici avevano gettato nel rifugio qualche bomba a mano; non sentendo più alcun rumore, da sopra il rifugio avevano scavato, finchè non erano riusciti ad estrarre il corpo del povero compagno che, collocato sopra un mucchio di fascine, era stato bruciato, dando fuoco ad un liquido infiammabile.
Per il momento non ci rimase altro da fare che dare pietosa sepoltura nel cimitero di Diano San Pietro ai poveri resti (dopo la Liberazione, io, Germano e Frattini, li portammo ad Alessandria, sua città natale). I quattro che si arresero furono portati a Chiusavecchia, torturati per una notte intera e, all'alba del giorno dopo, fucilati.

La lapide rammentata da Sandro Badellino, op. cit. infra. Fonte: pietre della memoria
 
Una lapide, ivi collocata, con i nomi dei quattro e di altri partigiani uccisi nel medesimo luogo, ricorda il loro martirio.
Sovente ripenso che, se il comandante Giuseppe Saguato ("Pippo") [n.d.r.: anche Buffalo Bill o Bill, comandante del Distaccamento "Francesco Agnese" della I^ Brigata] non mi avesse portato con sé nella casa della Tassi in località Sant'Anna, sarei rimasto nel rifugio dove era Raspen. Sulla lapide di Chiusavecchia indubbiamente oggi ci sarebbe anche il mio nome.
Sandro Badellino, Mia memoria partigiana. Esperienze di vita e vicende di lotta per la libertà di un garibaldino imperiese (1944-1945), edizioni Amadeo, Imperia, 1998
 

mercoledì 22 luglio 2020

Dal bando appariva chiara l'intenzione nemica di rastrellare in grande stile e di terrorizzare i civili

Pieve di Teco (IM) - Fonte: Wikipedia
 
Nella notte tra il 19 e il 20 gennaio 1945 i tedeschi, partendo da Cesio (IM) cercarono di portare un duro colpo alla Divisione Bonfante, iniziando un rastrellamento che interessò soprattutto le località di Bosco, Degolla, Ubaghetta, Alto, Nasino, Casanova. A Bosco [n.d.r.: Frazione del Comune di Casanova Lerrone (SV)] riuscirono a circondare un casone che ospitava un gruppo di partigiani. Dopo un aspro combattimento i dodici uomini che si trovavano dentro il casone ruppero l'accerchiamento. Qualcuno evitò la cattura, ma caddero sul campo il sovietico Gospar, Rolando Martini (Indusco), William Bertazzini (Rosa), Gino Bellato (Gino). Bartolomeo Vio (Tron) della banda locale di Vendone che, in servizio notturno, mentre stava controllando attentamente le strade, veniva ferito ad una caviglia, riuscì a salvarsi con una fuga a perdifiato. Vennero catturati e fucilati i civili Amedeo Bolla, di anni 41, e Matteo Favaro di anni 23. A Marmoreo venne ucciso il civile Settimio Testa.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, edit. in pr., 2020
 
[ Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016  ]

La notte tra il 19 e il 20 gennaio 1945 sembra tranquilla, ma lo è solo in apparenza, perchè il nemico è già in movimento.
I tedeschi dislocati a Cesio (IM) partono, raggiungono il Passo del Ginestro e quindi puntano sul paese di Vellego [Frazione di Casanova Lerrone (SV)], che raggiungono rapidamente.
Avvisati dalle sentinelle borghesi, i giovani si mettono in salvo, a Degna, il paese successivo sulla carrozzabile [n.d.r.: anche Degna è Frazione del Comune di Casanova Lerrone in provincia di Savona], non giunge subito la grave notizia.
Dopo un'ora è anch'esso investito, ma i nazifascisti non sembrano avere idee bellicose, cercando solo una guida per farsi condurre in Valle Arroscia.
I giovani del paese, chiusi in casa, sentono il rumore delle armi, degli zoccoli dei muli e delle scarpe chiodate; non possono uscire, non possono andare ad avvisare gli uomini del Comando della “Bonfante”, mentre la colonna nemica passa a circa duecento metri di distanza dallo stesso.
Sapranno del passaggio del nemico nella tarda mattinata, quando ritornerà indietro la guida borghese che aveva accompagnato la colonna sulla cresta della montagna.
La colonna [nazifascista] diretta a Bosco [Frazione di Casanova Lerrone (SV)] è accompagnata dalla ormai spia famosa “Carletto”.
Il Comando della “Bonfante” non ha alcuna possibilità di avvisare i garibaldini dislocati a Bosco.
Ormai è tardi.
Sperano che le sentinelle del luogo abbiano potuto avvistare il nemico che stava avvicinandosi.
Si spera che anche questa azione sia una puntata isolata e non faccia parte di un momento del grande rastrellamento previsto.
Il comando della Divisione si sposta a Degna per esaminare la situazione più da vicino.
Quanti erano gli armati, con muli o senza, perchè la guardia borghese non ha funzionato?
In Val Lerrone la situazione si mantiene calma, ma che avviene di là?
Se il nemico, come probabile, tornerà alla base per la carrozzabile della Valle Arroscia, sarà possibile agganciarlo?
Sembra che al di là della cresta gli avvenimenti siano più gravi di quanto si temesse.
Un borghese, che si è spinto in cresta, riferisce che le colonne di fumo si levano da Degolla [Frazione di Ranzo (IM)] e da Costa Bacelega [Frazione di Ranzo (IM)], segno che il nemico non si è limitato alla puntata su Bosco.
Lunghe raffiche di mitraglia indicano che la lotta è ancora in corso. Le ore passano lente, uguali. Verso mezzogiorno giunge a Segna uno sbandato da Bosco. Aveva i pantaloni strappati e lo sguardo inquieto dell'animale braccato. Racconta che con i suoi era sveglio da qualche minuto, aveva rimesso al fuoco le castagne e si preparava a lavarsi, quando vede a breve distanza i Tedeschi che scendono tra gli ulivi. Urla “I tedeschi!”, e via senza voltarsi. Quelli sparano ma il fuggiasco non vede più niente, e non sa cosa sia successo agli altri. Erano quasi circondati e la resistenza si presentava impossibile. Dopo una corsa selvaggia tra i rovi e gli ulivi, si era trovato fuori tiro senza armi ma con l'asciugamano in mano.
Da mezzogiorno fino a sera nessuna novità. A sera una colonna tedesca scende dalla cresta verso Degna. 
L'allarme è portato in paese dalla figlia di Bartolomeo Barbero (Bertumelin) contadino del luogo che aiutava molto i garibaldini. 
In pochi istanti borghesi e partigiani spariscono tra gli alberi, mentre i tedeschi, preannunciati da una raffica di mitragliatrice, entrano in paese. 
Dopo mezzora Degna è di nuovo libera. Il nemico ha proseguito per Cesio (IM).
Si spera sia tutto finito.
Il giorno 21 niente di nuovo in Val Lerrone.
Il comandante Giorgio Olivero (Giorgio) e Gustavo Berio (Boris) lasciano la Divisione, vanno oltre la strada statale 28 in cerca del Comando I^ Zona Operativa Liguria, per appellarsi alla sua autorità, poiché non riescono più a controllare la situazione.
La Divisione rimane così affidata al commissario Osvaldo Contestabile e al vicecomandante Luigi Massabò (Pantera).
Cosa era avvenuto a Bosco? A Bosco, per la scarsità di munizioni, ai partigiani era stato dato l'ordine di adoperare le armi automatiche soltanto nelle situazioni più critiche. Si accendono combattimenti violentissimi a Bosco, a Degolla [borgata di Ranzo (IM)], a Ubaghetta [Borghetto d'Arroscia (IM)], ad Alto (CN), a Nasino (SV), a Casanova ed in altre località.
Tre colonne nemiche di circa cinquanta uomini ciascuna, partite rispettivamente da Cesio (IM), da Villanova di Albenga (SV) e da Leca [Frazione di Albenga (SV)], si dirigono sul piccolo centro abitato di Bosco. I garibaldini non riescono a sganciarsi. Impugnano le armi e si dispongono alla difesa. Oramai sono circondati perchè il nemico ha individuato il casone dove erano accampati.
Dopo aspro combattimento i dodici uomini riescono a rompere il cerchio di fuoco e qualcuno evita la cattura.
Cadono sul campo il sovietico Gospar, che si sente rantolare, dire qualche cosa nella sua lingua prima di morire; Rolando Martini (Indusco), di anni 20; William Bertazzini (Rosa) di anni 20; Gino Bellato (Gino) di anni 20.
Sono catturati e fucilati sul posto i civili Amedeo Boli, di anni 41, e Matteo Favaro di anni 23. A Marmoreo [Frazione di Casanova Lerrone (SV)] è ucciso il civile Settimio Testa. I garibaldini che sono riusciti a sottrarsi alla cattura, raggiungono le altre squadre del distaccamento. Tremenda l'avventura del garibaldino “Umegu” che, catturato due volte, e due volte messo davanti al plotone di esecuzione, riesce a fuggire incolume, benchè soggetto a raffiche di armi automatiche.
Le case di Bosco sono date alle fiamme.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005

22 gennaio 1945 - [...] Sono le 2 e dalla Valle Arroscia giunge un forte gruppo di repubblichini recando seco 8 partigiani catturati a Bosco in un'azione militare. Di essi, due sono feriti e vengono trasportati all'ospedale, gli altri 6 sono rinchiusi in un fondo della caserma S. Manfredi.
23 gennaio 1945 - Giungono altri repubblichini, tutti venuti con un buon numero di rastrellati in Vessalico. Ve ne sono di tutte le età. Si tratta di operazioni fatte un po' a casaccio perché questi individui che, per i tempi che corrono, sono tutti muniti di documenti, e cioé della carta di identità, non appena passano al controllo del Comando tedesco, finiscono poi col ritornare quasi sempre alle loro case. Si presume, però, che tali operazioni siano fatte per secondi fini, come quello di terrorizzare le popolazioni e renderle così succubi della loro volontà.
Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 1994
 
La Val di Diano è ancora sgombera, la I^ Brigata ["Silvano Belgrano"] chiede cosa debba fare. Non possiamo dare ordini perché Giorgio [Giorgio Olivero, comandante della Divisione "Silvio Bonfante"] e Boris [Gustavo Berio, vice commissario della Divisione Bonfante] sono al di là della «28», di Pantera [Luigi Massabò, vice comandante della Divisione "Silvio Bonfante"] ignoriamo la sorte, il S.I.M. è ormai isolato e disperso, siamo senza notizie  delle altre due Brigate. Se la staffetta riuscirà a tornare indietro potrà solo riferire la situazione portando le esortazioni di Osvaldo [Osvaldo Contestabile] per la I^ Brigata: che si tenga pronta perché il nemico può irrompere nella Valle di Diano da un momento all'altro.
A noi che conviene fare? Attendere Pantera può essere inutile e diventare pericoloso. Rimanendo potremmo ancora servirci deirifugi, ma se la situazione si aggravasse  ancora potremmo sempre contare che i borghesi possano rifornirci?  
A Degna poi molti credono che qui ci sia l'intero Comando divisionale, se un civile tradisse, e dopo le recenti esperienze non possiamo escluderlo, il nemico può piombarci sopra con forze ingenti.
Attendere così passivamente la sorte mentre il nemico scorazza impunemente nella zona crea in noi una situazione morale sempre più penosa che avrebbe potuto prolungarsi per chi sa quanto tempo: l'esempio della Cascione e del rastrellamento di Fontane ci indicava che i rastrellamenti invernali erano assai lunghi. La Val di Diano è ancora libera, forse anche parte della valle di Cervo. Se fossimo partiti ieri anche la via sarebbe stata aperta, ora invece...  Però la staffetta era riuscita a passare; a stento, ma era passata.
Sì, ma al ritorno?... Al ritorno forse il nemico avrà aumentata la sorveglianza e chissà se si potrà ancora?... Con la neve che nei versanti in ombra è ancora alta c'è il rischio di essere scoperti da lontano dovendo percorrere lunghi tratti allo scoperto. Il dubbio è assillante, qui penso che il nostro compito sia ormai finito: bisogna provvedere alla nostra salvezza e solo quando il rastrellamento sarà finito ognuno riprenderà i suoi compiti se il movimento riuscirà a sopravvivere.
Il giomo 24 il nucleo del Comando di Segua [n.d.r.: Segua è Frazione del Comune di Casanova Lerrone in provincia di Savona] si scioglie: in Val Lerrone il Comando italo-tedesco ha pubblicato un bando invitando tutti coloro che, obbedendo alla falsa propaganda nemica, hanno cercato rifugio sui monti, a presentarsi entro le quarantotto ore. «A coloro che si presenteranno si fa garanzia della vita, gli altri saranno passati per le armi; uguale sorte avranno i borghesi che presteranno loro aiuto o che verranno trovati in possesso di roba  militare,  anche vestiario o coperte. Le loro case verranno incendiate».
Dal bando appariva chiara l'intenzione nemica di rastrellare in grande stile e di terrorizzare i civili.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, p. 140 
 
26 gennaio 1945 - Sono le 8,30 e nel solito prato [di Pieve di Teco] gli otto sanmarchini già passati ai partigiani e catturati l'altro giorno nell'azione militare a Bosco vengono fucilati. Il paese terrorizzato è deserto - i pochi che vi si incontrano passano frettolosi per raggiungere le loro case -. Non una parola viene pronunciata da nessuno; si direbbero tutti ammutoliti dallo sgomento.
27 gennaio 1945 - Uno dei sanmarchini superstiti, ferito al ventre, è morto alle 10,30 di stamane all'ospedale [n.d.r.: Barli pensava a Dante Rossi, che, invece, riuscì a salvarsi con l'aiuto di un infermiere tedesco, sacerdote cattolico, che fece passare per Rossi il cadavere di una persona anziana deceduta di morte naturale]. Sono le 11,30: i due patrioti rastellati in Rezzo, trasportati in Pieve e condannati a morte, non sono ancora stati fucilati.
28 gennaio 1945 - Stamattina alle 9,30 ho parlato col Commissario Provinciale della Croce Rossa, Dott. Amoretti, dentista di Oneglia, e col rappresentante della Federazione di Imperia, affinché si interessino per ottenere un trattamento meno disumano in Pieve. Mi hanno dato assicurazione in merito.
29 gennaio 1945 - Sono partiti gli alpini repubblichini (Monte Rosa) ma, da Triora son giunti i granatieri repubblichini già inviati colà per operazioni di rastrellamento.
Nino Barli, Op. cit.

27 gennaio 1945 - Dal comando del Distaccamento "Giovanni Garbagnati" al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante" - Relazione sull'attacco subito nelle vicinanze di Ginestro dalla II^ e III^ squadra, attacco condotto da reparti della Divisione Monterosa e dalla Divisione Muti.
31 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Relazione sui rastrellamenti subiti il 10 ed il 20 gennaio 1945 "nelle valli di Caprauna, Arroscia, Lerrone e Andora. Dopo l'arresto del comandante Menini ebbe inizio l'atteso rastrellamento nelle valli suddette. Il 10 gennaio una colonna di tedeschi, partita da Pieve di Teco, circonda Gavenola e rastrella il paese, catturando il garibaldino 'Carletto', il quale ha tradito i propri compagni facendo giungere i tedeschi presso la sede del capo di Stato Maggiore ma con esito per loro sfavorevole. Il giorno 20 gennaio avveniva il temuto rastrellamento a catena ad opera di forze della RSI e di alcuni reparti tedeschi. Furono attaccate formazioni della II^ e della III^ Brigata; a Bosco il nostro presidio venne dopo una battaglia catturato quasi al completo. Dei 16 garibaldini arrestati, 12 riuscivano a fuggire, evitando la fucilazione. Contemporaneo a questo attacco vi fu quello di Degolla, in cui i garibaldini ebbero 3 morti, 1 ferito e 8 uomini presi prigionieri. A Gazzo un'altra colonna, guidata dall'ex garibaldino 'Boll', catturò l'intera famiglia di 'Ramon' [Raymond Rosso], non riuscendo a sorprendere il nostro capo di Stato Maggiore. A Nasino il Distaccamento "Giannino Bortolotti" infliggeva alcune perdite al nemico e poteva ritirarsi. Il 26 gennaio il commissario di Brigata [III^ Brigata "Ettore Bacigalupo"] 'Gapon' [Felice Scotto] veniva attaccato dai soldati della RSI, ma infliggeva loro la perdita di 6 uomini. I soldati repubblicani occupavano Alto, Nasino, Borgo Ranzo, Borghetto d'Arroscia, Ubaga e Ubaghetta; il 21 gennaio occupavano altresì Casanova Lerrone, Marmoreo, Garlenda, Testico, San Damiano, Degna e Vellego. Il 22 gennaio il nemico abbandonava Borghetto d'Arroscia, Ubaga e Ubaghetta. Il 27 gennaio le forze avversarie attaccavano una squadra la quale riportava la perdita di 2 garibaldini. Durante il rastrellamento il capo di Stato Maggiore della Divisione insieme ai comandanti 'Cimitero' [Bruno Schivo] e 'Meazza' [Pietro Maggio] con 2 Distaccamenti attaccavano in più punti il nemico infliggendo la perdita di 13 uomini e subendo l'uccisione di un solo partigiano".
31 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" allegato n° 24 circa le perdite subite nel mese di gennaio 1945: "il giorno 1 perirono Badano Ezio, Menini Lionello e Valduna Giovanni ad Armo; il 2 Emilio Zamboni, nativo di Dernis (Jugoslavia); il 3 Lorenzo Gracco; il 15 Italo Menicucci; il 20, a Bosco, Gino Bellato, William Bertazzini, Gospar, soldato russo, Rolando Martini e perirono in altre località Antonino Amato, Giuseppe Cognein *, Mario Miscioscia, Attilio Obbia, Franco Riccolano *; il 22 a Pogli Giuseppe Caimarini e Settimio Vignola; il 23 Germano Cardoletti (1); il 26 Ettore Talluri, Bruno Cavalli, Walter Del Carpio, Giuseppe Lobba, Oreste Medica, Ugo Moschi, Luciano Mantovani, Fausto Romano, tutti deceduti a Degolla [n.d.r.: in effetti, Renato Luciano Mantovani, Balilla, un sedicenne nato a Treviso, residente a Venezia, risulta - da fonti successive, quindi, non da questo dispaccio scritto in guerra sotto l'incalzare degli eventi - fucilato a Pieve di Teco]; e a Cappella Soprana Renzo Orbotti; il 27 a Ginestro Mario Longhi (Brescia) e Silvio Paloni (Romano)
   * Proposte assegnazione medaglia d'argento alla memoria a Giuseppe Cognein e a Franco Riccolano * morti il 20 gennaio 1945. * Descritti anche da Don Giacomo Negro, arciprete di Bacelega al C.O. I^ Zona.
   (1) 'Redaval' Germano Cardoletti ex San Marco - IV^ Brigata "Domenico Arnera" - ucciso il 23 gennaio 1945 ai Piani di Ubaghetta dai Cacciatori degli Appennnini
2 febbraio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Relazione sui fatti di Ginestro e di Testico del 27 gennaio 1945, quando vennero attaccate 2 squadre del Distaccamento "Garbagnati" e rimasero uccisi "Brescia" [Mario Longhi] e "Romano" [Silvio Paloni].
da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999

Mario Longhi. Fonte: ANPI Savona cit. infra

Mario Longhi, Brescia. Sorpreso a Ginestro durante un rastrellamento, sprezzante del pericolo non ascolta l’invito a ripararsi: una prima raffica gli frantuma l’arma; una seconda lo colpisce al ventre. E’ il 27 gennaio 1945.
A Mario Longhi è intitolato un Distaccamento della Brigata “Arnera” - Divisione d’assalto Garibaldi “Silvio Bonfante”.
Redazione, Arrivano i Partigiani, inserto "2. Le formazioni di montagna della I^ e della VI^ Zona Operativa Ligure che operavano nella provincia di Savona", I RESISTENTI, ANPI Savona, 2011   




Immagini del funerale del partigiano Mario Longhi. Fonte: vedere art. cit. infra

Mario Longhi partigiano della brigata Garibaldi nato a S. Eufemia nel 1924 e ucciso dai tedeschi in provincia di Savona nel gennaio del 1945 (insignito della croce al valor militare alla memoria)
Redazione, Funerale Mario Longhi 13/04/1947, era sant'eufemia della fonte  

mercoledì 29 gennaio 2020

La "donna velata", spietata spia fascista

Pontedassio (IM). Fonte: Wikipedia
 
Per vendicare la scomparsa di due soldati tedeschi avvenuta l’8 [secondo altre fonti il 7] gennaio 1945 "lungo il tratto di strada Castelvecchio-Pontedassio… non essendo ritornati ed avendo avuto comunicazione che i due soldati furono bestialmente uccisi, sono apparsi davanti al tribunale militare germanico ... I suddetti fuorilegge appartenevano tutti a bande partigiane e vennero fatti prigionieri in azioni di rastrellamento. Quindici dei quali furono disarmati in combattimento. In seguito a tale fatto il comando germanico rivolge ancora una volta l’intimidazione ai banditi di abbandonare volontariamente le loro bande e presentarsi ai Comandi Militari, sia germanici che italiani. Si fa presente che coloro i quali ritorneranno di loro spontanea volontà non andranno incontro a nessuna punizione …", (così recitava il manifesto fatto affiggere dal comando tedesco, un documento conservato presso l'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia) tra i partigiani catturati in Val Prino o arrestati il 9 gennaio o direttamente prelevati dalle carceri di Oneglia ad Imperia dove erano stati condotti in diverse date, 10 garibaldini furono fucilati da soldati tedeschi del 34 I.D. Grenadier-Regiment 80 il 31 gennaio 1945 lungo la salita di Capo Berta, che unisce Oneglia a Diano Marina (IM).
Altri 4 patrioti processati dal tribunale tedesco, Adler Oscar Brancaleoni, della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione", Doriano Mizar Carletti, della IV^ Brigata, Matteo Stella Cavallero, della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione, Ernesto Austriaco/Deri Deri, della IV^ Brigata, Biagio Biagio Giordano, nato a Monreale (Palermo) il 18.05.1925, della V^ Brigata, furono fucilati il 15 febbraio 1945 dietro il cimitero di Oneglia.
Responsabile in larga misura di questi eccidii e di altri, che si verificarono da gennaio 1945 alla fine della guerra, fu una donna, la cui identità rimase a lungo celata, tanto che fu conosciuta con lo pseudonimo di "donna velata": Maria Concetta Zucco.
Per l'importanza che questa spia ricoprì nella storia della I^ Zona Operativa Liguria, risulta necessario tracciare un breve sunto delle vicende di cui fu protagonista.
Da ricerche effettuate e dalle risultanze del processo a suo carico, che si svolse nell'immediato periodo post-bellico, si può affermare che il suo arrivo in provincia di Imperia avvenne nell'estate del 1944, per alcune fonti il 15 agosto, allorchè era accompagnata, insieme ad un'altra donna, Elisabetta Rossi, da un certo Domenico Valli o Viale (o Domenico Valle o ancora Dominic Villani: le testimonianze in proposito, come su altri aspetti che circondano la figura di questa donna, sono confuse e discordanti). Passò dalla Francia, dove prima faveva fatto parte delle formazioni fasciste Azione Nizzarda e poi era stata reclutata dallo spionaggio fascista perché incaricata di infiltrarsi nel movimento partigiano, nell'imperiese attraverso Ventimiglia (IM). Arrestati dai nazifascisti nei pressi di Alassio (SV), le donne e l'uomo vennero liberati da partigiani della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante". Da Alassio si spostarono ad Imperia, dove in qualche modo li nascose Salvatore Cangemi, direttore del carcere di Oneglia, ma segretamente antifascista, tanto da essere un dirigente clandestino delle Brigate SAP a Oneglia, (tanto è vero che aveva già avuto un forte ruolo nell'assecondare la liberazione, a luglio 1944, dei detenuti politici dal suo stesso carcere). Lo stesso Cangemi li condusse poi a Sant’Agata, dove presero contatto diretto con i partigiani del posto. E le due donne furono inquadrate nella I^ Brigata S.A.P. "Walter Berio" della Divisione S.A.P. "Giacinto Menotti Serrati".
La donna velata entrò dunque a fare parte di gruppi partigiani della I^ Zona Operativa Liguria. Poté così vedere i volti ed apprendere le generalità ed i nomi di battaglia di molti patrioti. Ma anche memorizzare le sedi di comando di molte formazioni, luoghi di incontro tra le staffette cittadine e i combattenti di montagna e, soprattutto, generalità ed abitazioni dei civili, che appoggiavano i partigiani prestando loro molte forme di aiuto. Maria Zucco, per dare più peso alla sua finzione di essere una patriota, prese parte con grande energia ad alcune azioni di guerriglia, come quella che portò alla liberazione - con la complicità del già detto Gangemi, direttore del reclusorio - dal carcere di Oneglia del garibaldino Eraldo Guasco (K. 13), comandante di un Distaccamento della IV^ Brigata "Elsio Guarrini". Nei primi giorni di novembre del 1944 la donna velata, dicendo di essere sospettata dalle autorità nemiche, chiese ai comandi partigiani di poter tornare nella Francia del sud, dove sosteneva di avere alcuni parenti.I partigiani confidarono nella buona fede della Zucco, per cui le venne concesso "dal capo del S.I.M. Adolfo Stenca (Rino) di sistemarsi con l'amica in casa della staffetta partigiana Giuseppe Mela (Sacchetto) [della IV^ Brigata "Elsio Guarrini"]. All'alba le due donne, accompagnate da quest'ultimo, vengono da lui affidate in Villatalla [Frazione di Prelà (IM)] al partigiano Chicù [che era] alle dipendenze di Rinaldo Risso (Tito R.) dopo di che di banda in banda giungono alla frontiera", come scritto in Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III.: Da settembre a fine anno 1944, a cura Amministrazione Provinciale di Imperia e patrocinio Isrecim, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977.
Rocco Fava, La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945). Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

Con questi suoi amici passa di banda in banda, fino a raggiungere il confine.
Ma mentre essi proseguono per Nizza, la Zucco, portata ormai a termine la sua scaltra azione di infiltrazione nel movimento resistenziale, tradendo in modo vile i compagni che le hanno dato aiuto fraterno, si ferma in Italia e diventa preziosa collaboratrice dei nazifascisti...
Attilio Mela, Qualcosa della Resistenza: ricordi personali, episodi, interviste, contributi vari, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 1995 

Durante questo tentativo, il 3 gennaio 1945, a Ventimiglia, [Maria Zucco] veniva fermata e arrestata dalla Gnr locale, insieme a Elisabetta R. Riportava il comandante Salvatore N. nel verbale di fermo della donna: "Si è proceduto al fermo delle nominate in oggetto, espatriate volontariamente dalla Francia in seguito allo sbarco Anglo americano, la prima perché appartenente al Fronte Popolare Francese [n.d.r.: leggasi, invece, Partito Popolare Francese], la seconda perché appartenente alla Milizia Francese. Le suddette si sono presentate a questo Comando dichiarando di voler oltrepassare il fronte di guerra per raggiungere i loro parenti nella Francia occupata. Spontaneamente hanno fatto dichiarazioni sul Comitato di Liberazione di Imperia, sulla banda 'Pelletta' come da accluse dichiarazioni scritte".
Francesca Gori, Ausiliarie, spie, amanti. Donne tra guerra totale, guerra civile e giustizia di transizione in Italia. 1943-1953, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2012/2013

Per rendere più agevole la sua opera di delazione venne trasferita dai fascisti in un'abitazione, attentamente sorvegliata da loro, ad Oneglia, in pieno centro cittadino di Imperia.
Nel tentativo di non essere riconosciuta cambiò abbigliamento, coprendosi il volto con velo o cappuccio - da cui in seguito la definizione di donna velata - ed occhiali, spesso vestendo la divisa repubblichina delle Brigate Nere.
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I

Nel gennaio 1945 assume, con il grado di Capitanessa, il comando del Corpo Ausiliario, costituito da alcune decine di donne imperiesi, figlie di immigrati, che si era costituito nel dicembre dell'anno precedente. Da questo momento Maria Zucco diventa la "Donna Velata", la famigerata "Donna Velata", terrore per mesi delle nostre vallate, dove seminerà lutti e sangue a piene mani. Veste la divisa delle Brigate Nere e per non farsi riconoscere dalle vittime, nasconde il viso con un cappuccio e un paio di occhiali scuri...   
Attilio Mela, Op. cit.

La Zucco iniziò allora subito la ricerca di coloro che aveva conosciuto in montagna, come ricordò Gerolama Mela in un documento garibaldino (Gerolama Mela vedova Zanchi rilasciò una dichiarazione con la quale sosteneva che la "donna velata" aveva fatto arrestare suo marito, garibaldino, e che le aveva inoltre intimato di svelare dove si trovasse "Rino" Adolfo Stenca - documento IsrecIm).
La "donna velata" vestiva la divisa  e, per non farsi riconoscere delle vittime, nascondeva il volto con un cappuccio ed un paio di occhiali scuri. Diventò l'anima della lotta antipartigiana, instancabile nei rastrellamenti, sadica torturatrice, sempre a fianco dei figuri fascisti più tristementi noti, il capitano Borro, i tenenti Vannucci e Lo Faro, il capitano Giovanni Ferraris.
 
Imperia: una vista su Oneglia e su Capo Berta da Porto Maurizio

Tra l'8 e il 9 gennaio 1945 vennero catturati una ventina di uomini, che furono esaminati dalla spia Zucco, che riconobbe in loro diversi partigiani, ma non in un primo momento Adolfo Rino Stenca.
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I

La Zucco Maria nel corso di un’incursione  in  casa  mia,  ingrata  e  disonesta  nella  forma  più  schifosa, insinuava  al  maresciallo  della Gnr [n.d.r.: Guardia Nazionale Repubblicana] T.,  altro  delinquente  e  raffinato  rapinatore,  di  procedere all’arresto  di  mia  moglie,  anche  se  in  istato  di  avanzata  gravidanza  e  se  i  miei  cinque  teneri bambini sarebbero  rimasti  in  balia  di  se  stessi,  ritenendo  che  tale  provvedimento  potesse finalmente indurre mia moglie a dire quanto non avevano sino a quel momento ottenuto[...]  belva più  che donna,  perché  resasi  in brevissimo volgere  di  tempo,  in  Imperia  e  paesi limitrofi,  responsabile  in  modo  diretto  e  non  equivoco,  di  feroci  assassini,  rapine,  persecuzioni violente, torture e sevizie a sangue in cui essa “passionaria” fece sottoporre e sottopose una schiera interminabile di giovani e giovane innocenti [...]
Denuncia di Salvatore Cangemi, 14 agosto 1945, b. 36, f. Maria Zucco, ff. 7 e segg., documento dell'Archivio di Stato di Genova citato in Francesca Gori, Op. cit.

In particolare l’11 gennaio avveniva un rastrellamento nella zona S. Lucia-Budamà, durante il quale venivano fermati alcuni uomini, poi portati alla caserma della Gnr, interrogati e percossi. In  particolare il ricercato principale era Salvatore C. [Salvatore Cangemi], che però riusciva a fuggire e a nascondersi in un rifugio sotterraneo. Maria Z. e gli altri militi della Gnr, arrivati nella sua abitazione, trovavano soltanto la signora Lucia I., la donna che per prima aveva ospitato Maria al suo arrivo in Italia, a letto perché degente dopo aver subito un’operazione chirurgica. La donna veniva trasportata all’ospedale di Oneglia dove veniva sottoposta alle prime torture e, successivamente, nonostante il parere contrario del medico, veniva portata alla caserma della Gnr. Riprendevano così gli interrogatori, durante i quali la “donna velata”, coadiuvata dal tenente V. e da altri militi, percuoteva la vittima e la seviziava con scudisci, bastoni, corde, le bruciava vari parti del corpo, tra cui gli organi genitali e il seno, e le veniva fatto ingoiare un liquido che le provocava problemi viscerali. Nella stessa occasione veniva  anche fermata e arrestata la moglie di Salvatore C., successivamente rilasciata, e nella sua abitazione venivano requisiti oggetti vari. [...] 14 gennaio, Maria Z. [Maria Zucco] partecipava a un rastrellamento nella zona di S. Agata condotto da italiani e tedeschi insieme. Uomini e donne venivano prelevati dalle proprie abitazioni e portati sulla piazza della chiesa, dove a uno a uno erano interrogati con i soliti metodi brutali. Giovannina M., che aveva conosciuto Maria Z. personalmente durante la sua permanenza tra i partigiani nel novembre 1944 e a cui aveva confidato che il proprio fidanzato, Carlo M., era un partigiano, per esempio dichiarava: "Dopo circa due mesi e precisamente il 14 gennaio durante un rastrellamento effettuato in Sant’Agata, mi rividi nella mia abitazione, mentre mi trovavo a letto, la donna velata, la quale avvicinatasi al mio letto nell’impormi di alzarmi mi diede uno schiaffo. Poi, dietro il fatto della mia confidenza fattale, come sopra ho detto, essa donna velata mi chiese dov’era il mio fidanzato. Dopo averle risposto negativamente essa mi portò unitamente ad elementi nazifascisti nella Piazza della Chiesa, ove venni ancora interrogata e di nuovo picchiata dalla donna velata, dal tenente F. e da alcuni tedeschi. Dopo di ciò fui portata nella caserma 'Muti' di Porto Maurizio ove rimasi rinchiusa per circa una settimana ed in seguito liberata". Raccontava anche Ernesto R., sfollato nel comune di Sant'Agata: "Dopo che siamo stati riuniti sulla piazza, ad uno ad uno venivamo chiamati in disparte e dopo un breve interrogatorio venivamo picchiati a sangue dai sopraddetti dirigenti l’operazione di rastrellamento. Quando fu la mia volta, fui interrogato dalla Z. Maria, la quale insisteva perché le dessi i nomi dei partigiani del paese. Alle mie risposte negative, che d’altronde dichiaravo di non conoscere nessuno del paese essendo ivi sfollato, la Z. Maria mi percuoteva a sangue sul viso con la pistola che essa teneva, gridandomi in faccia che lassù eravamo tutti ribelli e che nessuno voleva confessarlo. Finito il rastrellamento io e altro gruppo di circa quindici rastrellati fummo condotti a Imperia nella Caserma della Gnr ove parte di noi venne nuovamente interrogata e malmenata. Dopo circa un’ora io ed altre sei persone fummo rilasciati mentre gli altri venivano avviati alle carceri". 
Francesca Gori, Op. cit.

Ammetto di aver fatto parte nell'autunno 1944 nella Brigata Cittadina [S.A.P.] G. Matteotti, e di essere poi andato in seguito nella Compagnia Provinciale [GNR repubblichina] agli ordini del Tenente Crippa. Passai in forza di tale Compagnia il 17 novembre 1944 e vi rimasi fino al 25 Aprile (giorno della Liberazione).
Partecipai a diversi rastrellamenti tra i quali quello in S. Agata dove andai insieme al Crippa e a tale Maria Zucco. Vi furono tre o quattro arresti tra i quali un Tenente di Marina.
Pietro Renzo, verbale di interrogatorio per il processo davanti alla Cas (Corte d'Assise Straordinaria) in data 3 giugno 1945, Ufficio di Commissariato di P.S. di Sanremo, documento in Archivio di Stato di Genova
 
Per trovare Stenca il 14 gennaio venne effettuato un rastrellamento a Sant'Agata, Frazione di Imperia, guidato dalla stessa donna velata, nel corso del quale fu tratto in arresto Faustino Zanchi, Libero, comandante di distaccamento della I^ Brigata S.A.P. "Walter Berio". Gli andò incontro la Zucco urlandogli "Tu sei Rino Stenca. Ti abbiamo preso!" e, tiratolo per il bavero, gli spaccò una guancia con il calcio di una pistola.
I fascisti intendevano conoscere il luogo dove si nascondeva Stenca.
Stenca venne riconosciuto per caso, proprio dalla donna velata, in un gruppo di patrioti catturato in precedenza.
Rino venne condotto alla caserma della Muti da dove fu prelevato per essere condotto alla fucilazione.
La Zucco condusse nuovamente i fascisti a Sant'Agata il 17 gennaio 1945.
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I




[ n.d.r.: si riproduce qui sopra un dispaccio partigiano, relativo all'arresto di Stenca ed indirizzato a Curto, Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria. L'Orsini citato dovrebbe corrispondere ad Agostino Bramè, commissario della V^ Brigata, Lenin invece Bruno Massignan, nato a Verona l'01/06/1925, anche lui della V^ Brigata ]

Mi portano ora vicino ad un fuoco che i fascisti si erano accesi sotto una lapide dei caduti.
Qui continuano a chiedermi di Sacchetto [Giuseppe Mela, padre di Attilio], di Rino, del Curto, di Bancarà [Angelo Perrone].
La Donna Velata sa perfettamente dei nostri rapporti con tutte queste persone.
Ma io continuo ostinato nella parte che ormai ho fatto mia: non ricordo, non so niente!
"E neppure di Zanchi non sai niente?" mi chiede la Donna Velata. "Non mi dirai che non ti ricordi che siamo andati assieme a casa sua a prendere il riso perchè tua madre potesse farci cena!".
Continua a parlare francese, che è più famigliare dell'italiano anche per me, che ho da poco finito i miei studi in Francia.
Essa mi parla e mi tiene continuamente sotto la minaccia della sua pistola.
Ad un certo punto, un energumeno, un pezzo di alemanno di due metri, con un pugno come una mazzata, che vuol rendere l'interrogatorio più convincente, sta per colpirmi.
Mi sento perduto. Se mi colpisce, mi uccide. Lo sento!
Con uno scatto improvviso, suggeritomi certamente dall'istinto di conservazione, incurante della sua pistola, abbranco la Donna Velata che mi sta di fronte e me ne faccio scudo!
Tra l'uno e l'altro riusciamo a deviare il colpo micidiale!
Il tedesco sta per riprovarci, ma la Donna Velata interviene perchè non insista con simili "gentilezze".
Ora l'interrogatorio si fa perfino monotono, con le stesse domande e le stesse risposte. Ho capito che fare il tonto può essere la mia carta vincente.
Ma il martellamento della Donna Velata non è fatto di parole soltanto.
Ora, con la pistola, una P.38, ha preso a percuotermi, con metodo, sulla spalla.
Evita deliberatamente la testa per non crearmi guai troppo seri, che non sarebbe neppure funzionali ai suoi fini, ma mi percuote con insistenza, sempre sulla stessa spalla, con un movimento ossessivo.
E mi fa male, veramente male!...  
Pierino Mela (Sacchettin) in Attilio Mela, Op. cit.

Nei giorni successivi la donna velata partecipò ai rastrellamenti di Andora (SV), Stellanello (SV) e di gran parte dei paesi della Val Prino e della Val Impero...
L'identità della donna rimase avvolta nel mistero, in quanto inavvicinabile, poiché, come già scritto, "abita in una villa a fianco dell'Opera Balilla insieme a due ufficiali fascisti".
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I

[...] si ripartì verso la località concordata al momento della fuga, situata sempre nella valle di Pietrabruna nell'incolto tratto situato tra l'omonimo comune e quello di Boscomare [Boscomare è invero Frazione di Pietrabruna]. Erano tutti seduti all'intorno [...] oltre alla ventilata soffiata di un informatore, la vera sorpresa consisteva nella presenza di un nuovo fatto venutosi ad inserire nel sottofondo del dramma locale: era comparsa una nuova interprete, la "donna velata", così venne chiamata. Giungeva a fianco delle milizie, agghindata con un pizzico di teatralità, interamente vestita di nero e con un fitto velo che le copriva completamente il volto, silenziosa in presenza dei paesani, ma sicura e decisa nei gesti, nell'indicare luoghi e cose. Un nuovo interrogativo ci veniva posto, ma al momento non si sapeva dare alcuna risposta, una sola considerazione risultava evidente, la delazione e la paura erano dovunque, nel piccolo e nel grosso paese, una minaccia subdola e continua viveva a contatto con noi, e si era soltanto ai primi di febbraio [1944]. Le nuove e pericolose realtà introdottesi ci obbligarono ad effettuare una strategia di continuo movimento, allo scopo di confondere i piani dell'avversario [...]
Renato Faggian (Gaston), I Giorni della Primavera. Dai campi di addestramento in Germania alle formazioni della Resistenza Imperiese. Diario partigiano 1944-45, Ed. Cav. A. Dominici, Imperia, 1984

31 gennaio 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] "Fondo Valle" della II^ Divisione all'Ufficio informazioni e spionaggio della I^ Zona Operativa Liguria - Relazionava che "... nella giornata in corso sono stati fucilati 10 garibaldini prigionieri lungo la salita di Capo Berta come rappresaglia all'uccisione di 2 tedeschi. Il mio cuore sanguina troppo per commentare. La causa di tutto è la famosa donna che ben conoscete..."
31 gennaio 1945 - Dalla Sezione SIM della II^ Divisione "Felice Cascione" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava che "... a Capo Berta sono stati uccisi 11 partigiani prigionieri, Stenca, De Marchi, Manodi, Ansaldo, Garelli, Bosco, Bertelli, Agliata, Ardigò, Noschese, Delle Piane, arrestati il 9 gennaio su indicazione della donna velata, che era stata con loro in montagna...".
1 febbraio 1945 - Da "Citrato" [Angelo Ghiron] alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava... gli arresti di alcuni esponenti della Resistenza e del PCI di Imperia, avvenuti dietro intervento di una spia detta "La Francese" o "Primula Rossa", una donna italiana, che era stata tra i partigiani e che parlava bene il francese... 
da documenti Isrecim in Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II  

Imperia: il lato di levante di Piazza Roma

I partigiani, prima, quindi, della fine di gennaio 1945, ma sempre troppo tardi per tentare di evitare le stragi dei loro compagni cui si é accennato, iniziarono ad intuire l'esistenza di una donna per loro pericolosa, detta "la francese" o "Primula Rossa", che effettuava delazioni contro di loro e che, come sottolinea un documento partigiano, "dice di essere francese anche se è sarda [in effetti calabrese]; la donna è di statura media ha la fonte bassa [per alcune fonti era anche brutta], porta i pantaloni e ha circa 30 anni".
Si può leggere ancora in un altro documento garibaldino, conservato presso l'Archivio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, quanto segue: 5 febbraio 1945 - Da "Citrato" [Angelo Ghiron] al responsabile SIM [Livio, Ugo Vitali] della Divisione "Silvio Bonfante" - missiva scritta a mano - Testo: "... Avevo parlato in un precedente rapporto di una donna pseudo-Francese spia fascista abitante ad Oneglia. Costei risulta essere una Sarda, non ne è possibile conoscere il nome. Abita in Piazza Roma in una villa a fianco dell'Opera Balilla, insieme a due ufficiali fascisti - è circa 30nne, veste sempre pantaloni - usa tenere i capelli sciolti, ha una fronte bassa ed è di media statura. Ecco la pianta della Piazza [n.d.r.: Ghiron lasciò tracciato, in effetti, anche uno schizzo della piazza con le seguenti indicazioni: in alto, da sinistra la villa, il cancello, un orto, l'Opera Balilla, una sentinella; sotto, da sinistra una rampa, le scuole, Brigata Nera, ... d'Italia]. Come si vede dalla pianta è però troppo difficile coglierla in casa. Tuttavia essa risulta essere una delle spie fasciste più pericolose, molto stimata tra i fascisti stessi ed animata da un odio feroce verso i partigiani. A lei sono attribuiti numerosi arresti di compagni nostri. Essa è conosciuta per spia da membri del Comitato...".
E si cita ancora un documento, conservato nel già richiamato Archivio: <10 febbraio 1945 - Dalla Federazione del PCI di Imperia al Prefetto - Annuncio di pesanti rappresaglie se non cessavano le atrocità commesse dai fascisti ai danni di civili, soprattutto l'attività "di una donna che denuncia chi vuole cagionandone indicibili torture... trarre in arresto la donna, pena l'incolumità del personale dell'ente in indirizzo...">.
Il 16 febbraio 1945 la V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" segnalava la presenza di questa donna nella zona di Sanremo (IM):  Dal comando della V^ Brigata, prot. n° 286, al Comando della I^ Zona Operativa Liguria "... una spia pericolosa al servizio dei tedeschi: corporatura robusta, bruna, vestita con pantaloni, si è diretta verso Monte Bignone".
Ed il SIM della V^ Brigata in data 3 marzo 1945, con prot. n° 316, indirizzato al SIM della Divisione "Felice Cascione" e a 3 Brigate della Divisione "Silvio Bonfante", I^ Brigata "Silvano Belgrano", II^ Brigata "Nino Berio", III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" avvertiva "... partita da Imperia verso Monte Bignone con l'intento di incontrare i partigiani una donna: si tratta di una pericolosa spia... meridionale, bruna, tarchiata e parla bene il francese".
Ai primi di aprile in Località Campi di Taggia (IM) la Zucco accompagnava i nazifascisti quando questi uccidevano i patrioti Oris e Fil di ferro [Licindo Mosconi]...
A Carpasio [oggi nel comune di Montalto Carpasio (IM)] l'8 aprile 1945 la donna velata guidò il rastrellamento compiuto, mentre molti abitanti andavano verso la chiesa per ascoltare la Messa del giorno di Pasqua, anche con saccheggio del paese da militi repubblichini e da tedeschi. Nella triste occasione vennero uccisi 3 civili, Silvio Bonfiglioli, Vincenzo Invernizzi e Mario Cotta, barbaramente trucidati nelle vicinanze del cimitero, e ferirono altre 10 persone, come riportato il 9 aprile 1945 in un dispaccio inviato dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] del CLN di Sanremo, con prot. n° 379/SIM, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria e quello del 10 aprile,  Dal comando della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava... che l'8 aprile 70 SS tedesche avevano "effettuato una puntata ad Arzene-Costa di Carpasio-Carpasio, uccidendo 3 borghesi prima di fare ritorno a Castelvittorio passando per S. Bernardo di Conio".
A Liberazione avvenuta, una relazione della I^ Brigata SAP "Walter Berio" riconobbe che a gennaio-febbraio 1945 l'attività della Brigata aveva subito un brusco rallentamento a causa degli arresti provocati dalla "donna velata".
E, come ha scritto Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese - Vol. III, la Zucco "nei giorni della liberazione riuscì a fuggire ad Alessandria, ma lassù fu raggiunta dai partigiani imperiesi e riportata ad Oneglia, dove il tribunale la condannò a morte. Ma poi qualche persona interessata disse che era incinta, così non venne giustiziata, anzi, come quasi tutti i criminali fascisti, fu liberata".
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I
 
È entrata in campo anche una donna, Maria Zucco, detta "la francese" o "la donna velata", ex-militante del Fronte Popolare Francese, un'associazione che si collega ai principi della 'rivoluzione nazionale' propugnata dal maresciallo Pétain. La Zucco si presenta nell'Imperiese, partecipa ad azioni di guerriglia urbana con i ribelli e poi, quando ritiene di conoscere bene la struttura dei banditi della zona, passa al servizio dei tedeschi e delle Brigate Nere. Le vittime saranno molte decine, e forse anche un centinaio. La donna, che indossa abiti maschili e si copre il volto con velo e occhiali, guida con la rivoltella in pugno le azioni di cattura o rastrellamento, e sembra gioire  di fronte alle torture inflitte ai prigionieri. La promuovono capitano delle ausiliarie e riesce a distruggere tutta l'organizzazione cospirativa di Oneglia e di buona parte della provincia. L’8 aprile 1945 si mette alla testa di 300 rastrellatori e giunge a Carpasio, un paese dell’entroterra: qui fa saccheggiare o bruciare diverse case e fucilare i civili Silvio Bonfiglioli, Mario Cotta e Vincenzo Invernizzi. Altri dieci paesani presi come ostaggi vengono poi battuti prima di essere rilasciati. Una scia di sangue accompagna le sue azioni, e tuttavia riuscirà poi a salvare la vita ed a ritornare clandestinamente in Francia.
Ricciotti Lazzero, Le Brigate Nere, Rizzoli, 1983
 
L'8 aprile 1945 Carpasio subiva il più duro rastrellamento nei venti mesi di lotta. Tedeschi e fascisti, guidati dalla brigatista Maria Zucco, la cosiddetta “donna velata”, saccheggiavano Carpasio. Mentre la gente si incammina verso la chiesa per ascoltare la Santa Messa della Pasqua si sente una paurosa sparatoria: sono Tedeschi e fascisti che portano terrore e scompiglio. I civili Silvio Bonfiglioli, Vincenzo Invernizzi e Mario Cotta vengono catturati. Tentata la fuga verso Montalto Ligure, sono fermati da uno sbarramento di fuoco di armi automatiche e devono ritornare indietro. Condotti sotto il Cimitero vennero barbaramente trucidati e spogliati di quanto possedevano.
Sabina Giribaldi, Episodio di Carpasio, 08.04.1945, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia

Forse si sarebbero potute evitare tante sciagure se si fosse dato credito ad una comunicazione trasmessa in ottobre [1944] al comandante partigiano Giovanni Alessio (Peletta) dal tenente della brigata nera Leopardi, informatore, con la quale chiariva il vero ruolo assunto dalla Z.M. [Maria Zucco] nei confronti della Resistenza imperiese [...]
Francesco Biga, Op. cit.

Maria Concetta Zucco prese parte a rastrellamenti, interrogatori e torture, con la divisa delle Brigate Nere, nascondendo il volto con cappuccio e occhiali scuri. I giornali nei giorni del processo la descrissero in questo modo: "Ed ecco, un giorno, cominciano i rastrellamenti e le persecuzioni: Maria Zucco veste da uomo e si mette gli occhiali neri e un velo sul viso. È la figura stessa della rovina. Nero il viso nascosto; ella è la morte senza volto, lo sterminio senza discriminazione... [in tribunale] Maria Zucco ha il volto duro, gli occhi immutabili...". Suscitava interesse l'attaccamento, così maschile, alle armi, a quella Mauser usata dalla donna come strumento di tortura: "Non è più vestita alla maschia, con la grossa Mauser alla cintura, quella Mauser che le piaceva tanto maneggiare impugnandola per la canna, facendo del calcio il più efficace mezzo per colpire le teste, i visi, le bocche, quelle stesse bocche di ragazzi che oggi parlano contro di lei... A lungo si è cercato di far luce su questa donna straordinariamente inumana e cinicamente insensibile..."...
Cecilia Nubola, Fasciste di Salò. Una storia giudiziaria, Editori Laterza, 2016