mercoledì 7 dicembre 2022

Un partigiano di Zoagli fucilato a Taggia

Taggia (IM)

Taggia (IM): uno scorcio di Piazza Farini

Marco Bini (Squalo), appartenente al distaccamento di Gino Napolitano, individuato da una donna presso il mercato di Taggia in Piazza Farini e indicato alle Brigate Nere da questa come partigiano, cercò di nascondersi dentro la farmacia della piazza, ma fu catturato, torturato e fucilato il 16 novembre 1944 sul muro di cinta a sud del cimitero di Taggia.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, ed. in pr., 2020

n.d.r.: tra le pubblicazioni di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone, La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944-8 ottobre 1944), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016  ]
 
Il 16 novembre 1944 viene fucilato a Taggia (Località Ravallo) il garibaldino Mario Bini (Squalo) fu Emilio, nato a Zoagli il 20-9-1918, catturato in rastrellamento il giorno prima e torturato per una notte intera.
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura Amministrazione Provinciale di Imperia e con patrocinio 
IsrecIm, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977 
 
Taggia (IM): Salita Sforza

Taggia (IM): portici di Via Soleri (Pantan)

Taggia (IM): Piazza Cardinale Gastaldi

"Squalo" fu preso per colpa di una giovane, una certa Clerice Maranini, che incontrò in Piazza Farini a Taggia mentre vi si svolgeva il mercato frutticolo. Tra i due che già si conoscevano, si accese una discussione alquanto vivace. Nel frattempo passò un soldato tedesco (più che tedesco, polacco) e la Maranini, indicandogli il partigiano, gli disse: "Lui bandito, tu prendere prigioniero". Come se non gli avesse neanche parlato, il soldato polacco proseguì per la sua strada. La giovane piena di rabbia si rivolse a "Squalo" dicendogli "ti faccio prendere" e si avviò verso il Palazzo Spinola dove erano alloggiati un buon numero di fascisti "Brigate Nere". Il giovane la vide salire la scalinata del Palazzo, parlare con la sentinella ed entrare dove era il corpo di guardia, per uscirne poco dopo con un gruppo di fascisti e dirigersi verso la piazza. "Squalo", invece di scappare tra la gente del mercato per poi introdursi nel primo carrugio che gli capitava e salvarsi, entrò nella farmacia che si trovava nella piazza, nascondendosi dietro al bancone, ma venne scoperto subito dai fascisti e fatto prigioniero (il farmacista era uno squadrista della fu "marcia su Roma"). Non si è mai saputo perchè "Squalo" non si sia messo in salvo scappando, o pure perchè non abbia tentato di difendersi dal momento che aveva con sé due rivoltelle: forse non si aspettava un tiro così mancino della ragazza. "Squalo" veniva ucciso dietro il muro a sud del cimitero tra Taggia e Arma, dove vi erano delle piante di ulivo e tra queste, poco distante, vi si trovavano delle ragazze che raccoglievano le olive ed assistettero all'esecuzione del partigiano. Una di queste ragazze, Basso Angela, quindicenne, oggi mia moglie, ricorda ancora quel giorno anche perchè, dalla paura di aver visto uccidere "Squalo", le cascarono tutti i capelli, che per fortuna in seguito crebbero di nuovo, e, narrandomi il fatto, dice: 'Quel giorno arrivarono negli ulivi circa una ventina di fascisti assieme ad un ufficiale ed il prigioniero tra loro. Squalo aveva le mani legate dietro la schiena, venne messo con le spalle al muro e gli misero una benda sugli occhi mentre l'ufficiale gli concedeva l'ultima sigaretta accendendogliela. Non gli concessero nemmeno il tempo di fumarla che gli spararono quasi subito, infine l'ufficiale gli diede il solito colpo di grazia, con la rivoltella, alla testa'. Il corpo del povero "Squalo" fu trasportato dentro la camera mortuaria su di una scala di legno a pioli dal becchino Anfossi Bartolomeo e da un giovane, un certo Garino Giovanni che aveva assistito all'esecuzione di nascosto. Naturalmente il becchino trovò crudele l'uccisione del giovane e lo manifestò ai fascisti, i quali per poco non lo arrestarono. Il becchino aveva due figli nei partigiani uno dei quali, il più giovane, Anfossi Luigi di 16 anni, venne in seguito fucilato a Sanremo nel castello Devachan il 5 marzo del 1945 con altri 15 compagni. Tornando alla ragazza che fece la spia a "Squalo" facendolo prendere dai fascisti, dopo questa bravata si mise sotto la protezione dei tedeschi, standosene sempre chiusa nel comando delle "SS" che si trovava a Taggia nella casa del generale Fornara in piazza Gastaldi. Lei ormai sapeva cosa le sarebbe aspettato se fosse stata catturata da noi partigiani. Dopo circa un mese dal caso "Squalo" mi incontrai con la Maranini all'angolo del tabaccaio di via Soleri: ero assieme a mio cugino Romano e scendevamo dalla Salita Sforza. Come al solito andavamo a controllare se vi fossero novità da parte dei nazisti in paese, mentre lei invece andava a trovare i suoi genitori che abitavano a metà salita. Quando ci incontrammo, io e lei voltammo l'angolo allo stesso momento urtandoci di fianco, ma come se nulla fosse stato continuammo ciascuno per la nostra strada. Con Romano ci intendemmo subito con uno sguardo, tornammo subito a casa mia a prendere la rivoltella che tenevo nascosta sotto una grossa cassapanca e infilandomela nella cintura sotto la giacca tornammo alla Salita Sforza con l'intento di prelevare la spia, portandola direttamente in montagna dai miei compagni. Purtroppo arrivammo tardi: la ragazza era già andata via. Credo che quando io e lei ci urtammo nel voltare l'angolo del tabaccaio, si sia accorta del mio turbamento e avendo pensato al peggio per lei se ne sia andata subito. Delusi dell'azione fallita, ce ne ritornammo a casa passando sotto i portici di Via Soleri e per quelli di Piazza Gastaldi, ed è di lì sotto a questi portici che vedemmo la Maranini che lavorava all'uncinetto da una finestra del comando tedesco; lei a sua volta vedendoci ci sorrise con fare di scherno come per dire: "ve l'ho fatta". Io dissi a Romano "scappiamo o per noi finisce male", visto che poteva anche farci prendere dai tedeschi. La Maranini è stata une delle tre "spie" che si salvarono a guerra finita perché andarono via da Taggia prima del 25 aprile 1945, evitando la giustizia partigiana.
Il partigiano Giuseppe Alosi (Tempesta) insieme ad altri compagni crearono la canzone "Squalo":
Da Fontane scendeva un partigiano
un giovin pieno di grande fantasia
che aveva nel cuore la malinconia
perchè lontano aveva il suo grande amor.
Da lungo tempo lui non lo vedeva il grande amore di egli
lo pensava era lo splendore di tutta la sua vita
ma il destino così l'abbandonò.
Lo disse al capo l'informatore in pianto
Squalo è caduto da grande partigiano
sono i vil militi che l'hanno trucidato
Squalo non torna non tornerà mai più.
Grida vendetta il battaglion di Gino
grida vendetta il suo grande amor
o caro Squalo tu sarai sempre con noi
e di questi cuor tu sarai un grande eroe
.
Natale Massai (Mompracem), La morte di "Squalo",
documento IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 
Sono passati 72 anni e oltre da quella gelida mattina del 16 novembre 1944 nella quale, dopo una notte passata a reggere gli spasmi e a reprimere gli urli conseguenti alle brutali torture infertegli, un giovane di 26 anni veniva trascinato da alcuni scherani in camicia nera davanti ad una roggia della campagna di Ravallo, prossima ad Arma di Taggia, ed ivi falciato con una raffica di mitra. Solo sei anni più tardi riuscirà alla madre, Anna Bortolani, di traslarne i resti nel luogo natale.
Quel giovane si chiamava Mario Bini, ma negli ambiti da lui frequentati a quel tempo tutti lo conoscevano come “Squalo”, giacché questo era il nomignolo di copertura affibbiatogli dai compagni di lotta con i quali condivideva il comune impegno ideale di partigiano militante teso ad opporsi con ogni mezzo alle soperchierie d'un sistema illiberale e tiranno, ben supportato, peraltro, dalle forze armate d'un alleato invasore.
La storia di Mario Bini non è dissimile da quella di tanti altri fuorusciti o ex militari disertori del decomposto Regio Esercito Italiano finiti ai confini della Storia e della comune condizione umana con una scelta un poco temeraria ma convinta. Egli, nato a Zoagli nel Settembre del 1918 e, in seguito, tipografo di professione, era stato richiamato alle armi nel 1940 e assegnato in qualità di Furiere al 26° Reggimento delle Guardie di Frontiera con il quale aveva operato in Slovenia e Croazia, prima, e a San Casciano d'Isonzo più tardi, ottenendo in ultimo i gradi di Sergente.
Dopo l'epocale ribaltone dell'8 Settembre del 1943, la neonata Repubblica Sociale di Salò lo aveva comandato nei ranghi di Marina e, presumibilmente, trasferito presso un Comando nell'Imperiese. Ma, per nulla intenzionato a battersi per un regime, quello fascista, che aborriva, egli era salito in montagna raggiungendo la compagine garibaldina al comando di Gino (Luigi Napolitano).
Dopo la sua cattura, avvenuta ai margini d'un sanguinoso rastrellamento, e dopo la sua morte, la formazione di prima appartenenza dovette sciogliersi a seguito delle gravose perdite subite e Gino fu nominato Com.te del rinato 1° Btg. “Mario Bini” della V Brg. “Luigi Nuvoloni” inquadrata nella Divisione “Cascione”: una nomina e un esito luminosi dopo una così infausta fine. I suoi commilitoni gli dedicheranno persino un canto.
Ma è il finale che ha quasi qualcosa di epico pur nella sua ristrettezza territoriale ed evenemenziale: l'Amministrazione Comunale di Zoagli, una volta appresi per bocca di Vittorio Civitella, curatore storico della ricerca affidatagli dai familiari, i contorni di questa storia e nella consapevolezza che il concittadino Mario Bini è stato il primo e unico partigiano combattente di origini zoagliesi e insignito di “Certificato Alexander”, non ha esitato a indire per Sabato 22 aprile p.v. la cerimonia istitutiva e commemorativa insieme.
Consuelo Pallavicini, Zoagli: sabato il ricordo del partigiano Mario Bini, Levante News. La voce del Tigullio, 17 aprile 2017 


lunedì 5 dicembre 2022

Sulla costa si sentiva parlare di partigiani

Imperia: il ponte stradale della Via Aurelia sul torrente Impero

Già nel febbraio del 1944 il mio carissimo amico Giovanni Berio (Tracalà) mi aveva esortato a salire in montagna tra i partigiani. Lui aveva già partecipato alla battaglia di Alto avvenuta il 27 gennaio 1944, durante la quale aveva trovato eroica morte il comandante Felice Cascione ("u Megu", che era dottore in medicina) e, a causa dello scioglimento della banda, si trovava sbandato. Al tempo stesso mi aveva fatto capire che la mia permanenza nella TODT (ditta militarizzata che costruiva bastioni antisbarco per conto dei tedeschi) non era cosa giusta e non era cosa ben vista.
Mi trovavo nella TODT per evitare di essere arruolato nell'esercito della Repubblica Sociale di cui avevo già ricevuto la cartolina precetto (sono della classe 1924).
Feci notare a Giovanni che ben poca cosa si sapeva del movimento partigiano e che qualcuno con il quale avevo parlato mi aveva sconsigliato di salire in montagna, poiché era ancora una iniziativa incerta. Comunque mi misi d'accordo con lui: saremmo partiti verso la metà di febbraio. Quando venne il giorno prestabilito e dissi a mia madre che avevo deciso di partire e che mi necessitavano indumenti pesanti e un paio di scarponi (che non avevo).
La poveretta si mise a piangere convulsamente pregandomi di posticipare la partenza di almeno due mesi in attesa della bella stagione. Durante l'attesa avrebbe provveduto a procurarmi il vestiario necessario. Mio padre invece non aprì bocca. Non manifestò alcun parere. Però capii che la mia decisione non gli sarebbe dispiaciuta.
Alla fine, impressionato dalla manifesta disperazione di mia madre, con Giovanni convenni di rimandare la partenza per la montagna di qualche tempo.
Alcuni di noi già dal 25 luglio 1943 (quando cadde Mussolini) si erano iscritti alle cellule segrete del PCI. Avevano ricevuto l'incarico dal partito di sorvegliare gli ex fascisti, notare se si riunivano segretamente e se tentavano di riorganizzarsi (qualcuno ci consegnò anche la pistola per convincerci che avevano rotto ogni rapporto col fascismo risorgente sotto l'egida dei tedeschi). Il nostro capo cellula era Nello Bruno ("Merlo", caduto in montagna nel gennaio del 1945). La cellula era composta da Tino Moi ("Tino"), che cadrà anche lui il 25 luglio 1944, da Bruno Denardi, da un altro compagno di cui non ricordo più il nome e dallo scrivente.
In agosto il governo Badoglio, succeduto a quello di Mussolini, non agevolò indubbiamente gli antifascisti, anzi rese loro la vita dura vietando ogni manifestazione ed ogni iniziativa che avesse una parvenza di democrazia.
Poi, come è noto, l'8 del settembre successivo, in occasione dell'armistizio, i tedeschi occuparono militarmente il nostro paese e diedero vita all'esercito fantoccio della repubblica di Salò, mobilitando vecchi e nuovi fascisti.
Allora Cascione ed altri imperiesi più compromessi con l'antifascismo, tra cui Nello Bruno, Eolo Castagno ("Garibaldi"), Nino Berio e diversi altri, presero la via della montagna, e noi, meno compromessi e più giovani, restammo, in attesa di significativi eventi.
Sulla costa si sentiva parlare di partigiani, di uno scontro con il risorto esercito, ma di stampo fascista, nel territorio di Colla Bassa (Montegrazie). Gli episodi venivano ingigantiti dalla fantasia popolare e in noi aumentava la volontà di raggiungere i nostri amici in montagna per compiere la nostra doverosa parte di combattenti per la libertà.
Apprendemmo che, dopo la dolorosa morte di Felice Cascione, la sua banda si era sbandata per tale motivo, ma anche per l'inclemenza del tempo e per la non ancora perfetta organizzazione della vita in montagna. Qualcuno tornò a casa, qualcun altro si rifugiò presso i partigiani badogliani che si stavano organizzando e che già ricevevano aiuti militari dagli inglesi attraverso lanci aerei.
Ma nella primavera del 1944 quasi tutti gli imperiesi ridiscesero sulla costa dove si stavano organizzando bande garibaldine, rinforzate da coloro che, non ubbidendo ai bandi fascisti di richiamo alle armi, avevano preferito raggiungere i compagni per combattere contro i nazifascisti.
La situazione era diventata critica: ci si poteva intrufolare nella TODT come avevo fatto io, o presentarsi ai Comandi fascisti per essere arruolati nell'esercito della Repubblica Sociale, o salire in montagna. Questa ultima soluzione a moltissimi sembrò la migliore.
Alfine giunse anche il momento della mia partenza. Chi organizzava coloro che avevano intenzione di partire era Bruno Denardi che, anche lui, aveva deciso di rientrare in banda. Alle ore 6 del mattino (ultimi giorni di maggio 1944) ci trovammo in sei in località "Ergi", presso il cimitero di Diano Gorleri [n.d.r. Frazione del comune di Diano Marina (IM)]: De Nardi, Duccio, Tenni, lo scrivente, ed un altro che credo fosse Carlo detto "U Gallu du Bimbu".
Ci dirigemmo verso il Pizzo d'Evigno dove speravamo di incontrare una banda detta "volante" comandata dall'onegliese Silvio Bonfante ("Cion"), banda che aveva già incorporato Germano Belgrano ("Germano"), Massimo Gismondi ("Mancen"), "Cigrè", "Sardena", "Tino" e tanti altri già miei compagni di gioventù.
Giunti nei pressi di Diano Arentino sentimmo delle raffiche di mitragliatrice provenienti dalla vallata di Stellanello, il che ci costrinse a cambiare direzione. Denardi disse che probabilmente si trattava di un rastrellamento: se avessimo proseguito, probabilmente saremmo finiti in bocca ai nazifascisti. Decidemmo di ritornare sui nostri passi, per portarci nella vallata di Dolcedo attraverso Borgo d'Oneglia e Sant'Agata, in cerca di altre bande partigiane.
Trascorremmo la notte in modo precario in una centralina elettrica, a monte della strada statale 28, nei pressi del ponte del borgo. Il mattino seguente, dopo una ulteriore discussione, Denardi ci convinse che era più opportuno incamminarci verso Tavole e Villatalla in quanto era certo che anche là dovevano trovarsi delle bande partigiane.
In seguito, se avessimo voluto, potevamo trasferirci nella zona di Stellanello, già nostra prima meta.
Giunti nei pressi di Pianavia [n.d.r.: frazione del comune di Vasia (IM)], sentimmo molto distante un'altra sparatoria. La gente del paese ci informò che partigiani si trovavano a Villatalla [n.d.r.: frazione del comune di Prelà (IM)] verso cui ci incamminammo.
Sulla piazza principale del paese incontrammo un gruppo di armati intenti a pulire patate e verdura presso una fontana. Preparavano il rancio. Tra i cuochi riconobbi Angelo, mio vecchio compagno di scuola, ed alcuni altri.
Ci accompagnarono in una stanza dove aveva sede il Comando. Ivi incontrai Rinaldo Rizzo (Tito) e Gustavo Berio (Boris). Questi ci salutarono e ci destinarono al distaccamento che era dislocato a Pianavia, comandato da Angelo Setti (Mirko) e che aveva per commissario Nello Bruno. Il distaccamento era composto da circa quaranta uomini e tra questi riconobbi dei miei amici di antica data, tra i quali alcuni con i quali ero cresciuto nella mia prima giovinezza (avevamo fatto il premilitare insieme). Ricordo "Nino u fransese", "Nani u careté", "U pastissé" ed altri.
Ad essere sincero, da questi non ebbi una affettuosa accoglienza: sapevano che ero stato nella TODT per cui rimasero un poco freddi.
Qualcuno mi disse: «Era ora che ti decidessi a venire su in montagna». Cercai di giustificarmi e tutto finì lì.
Dopo oltre quarant'anni "U pastissé" mi disse che qualcuno avrebbe voluto fucilarmi per la mia permanenza nella TODT, ma non mi disse chi aveva espresso questo parere. Sono sicurissimo che, se questo intendimento arrivò nelle orecchie di "Merlo", lui non trattò certamente bene coloro che desideravano la mia morte. Sapeva che io facevo parte di una cellula di giovani del Pci. Rileggendo una memoria riguardante un colpo che avevamo fatto nella caserma Siffredi ad Oneglia, mi venne in mente il nome di colui che voleva sempre uccidere tutti (a parole). Forse era costui che desiderava anche la mia morte.
La prima notte che trascorsi nell'accampamento, mi misero di guardia ma, non avendo esperienza e un po' di paura, scambiai un albero che ondeggiava a causa di un po' di vento per un nemico. Preoccupato, andai a svegliare "Nino u fransese", il compagno con il quale avevo più confidenza. Egli venne, gli feci vedere l'ombra sospetta e lui subito si diresse in quella direzione.
Dopo un po' mi chiamò e mi disse: «Guarda che bell'albero... se in ogni albero scorgi un nemico, questa notte non dorme più nessuno». Ci rimasi male e il giorno successivo venni "sfottuto" un poco da tutti.
Sandro Badellino, Mia memoria partigiana. Esperienze di vita e vicende di lotta per la libertà di un garibaldino imperiese (1944-1945), edizioni Amadeo, Imperia, 1998

mercoledì 30 novembre 2022

I Tedeschi da San Bartolomeo salgono a Villa Faraldi

Villa Faraldi (IM). Fonte: Oggi Cronaca

La battaglia delle Fontanelle, a monte di Villa Faraldi: questi è un piccolo Comune di montagna nella Valle Steria, sovente sede di Distaccamenti partigiani; con tutta la sua popolazione partecipa alla lotta armata contro i nazifascisti dall'ottobre 1943 alla Liberazione. Inoltre fu centro di rifornimenti e informazioni militari. Talmente indomiti gli abitanti che il nemico dovette porvi un presidio dal novembre 1944 al marzo 1945. Furono mesi di perquisizioni, fame, razzie e sofferenze inaudite. E nell'ora decisiva della battaglia scatenatasi l'11 e il 12 aprile, quale conseguenza di una rappresaglia tedesca, come un solo uomo la popolazione insorse, in collaborazione di due Distaccamenti partigiani, per scacciare il nemico e non mollò più, fino al vicino giorno della Liberazione. Ma vediamo da vicino gli avvenimenti: il giorno 10 tre garibaldini dell'Intendenza ("Lolli", "Gambetta" , "Pieren"), venuti a conoscenza che Tedeschi (un ufficiale e un soldato), armati di m.p. e di Mauser, erano a San Bartolomeo al Mare, presso un laboratorio di sartoria, decidono di disarmarli. Dopo una baruffa rimane ucciso l'ufficiale e gravemente ferito il soldato. I tre partigiani riescono ad allontanarsi mentre sopraggiunge una pattuglia di un presidio nemico dislocato a un centinaio di metri di distanza. In seguito a questa azione il nemico reagisce iniziando con una rappresaglia sulla popolazione civile di San Bartolomeo, per cui il mattino del giorno successivo fucilano i civili che incontrano per la strada. Cadono sotto il piombo nemico Angelo Arimondo di anni 32, Emanuele Arimondo di anni 34, Giovanni Elena di anni 20, Giordano Sesto di anni 19, Luciano Grosso di anni l6 e Andrea Regolo di anni 32.
Quindi, ricevuti rinforzi, i Tedeschi da San Bartolomeo salgono a Villa Faraldi, distante circa cinque chilometri dal mare. Entrano nelle case con la forza trascorrendovi la notte. All'alba del giorno 12 salgono guardinghi verso la montagna, ma quando raggiungono la cappella di San Bernardo, sono investiti dal primo fuoco partigiano. Sotto i colpi dei fucili lanciagranate, sono obbligati a indietreggiare, mentre i garibaldini del Distaccamento "Garbagnati" sono riparati in trincee in località Fontanelle, affiancati da una diecina di giovani di Villa Faraldi. I Tedeschi, ricevuti rinforzi (circa duecento uomini), attaccano nuovamente.
La battaglia si riaccende e dura fino alle ore quattordici circa, dopo di che, mancate le munizioni e a causa dei colpi di mortaio nemico, il "Garbagnati" è obbligato a ritirarsi, affiancato dal Distaccamento "Piacentini", il quale era giunto di rinforzo. I garibaldini si ritirano a Stellanello in Valle Andora dove riordinano le file, e dove trovano il comandante Massimo Gismondi (Mancen) con un gruppo di combattenti.
Il nemico, visto fallito il proprio intento, pensando di attuare una dura rappresaglia, riunisce tutta la popolazione di Villa Faraldi sulla piazza della chiesa, davanti ad una mitragliatrice pesante puntata contro di essa. Però, all'ultimo momento sospendono il previsto massacro e con una dozzina di ostaggi si avviano verso Imperia, compreso il parroco Michele don Ghiglione, che finisce nelle carceri a disposizione delle SS.
Il 24 aprile 1945, gli ostaggi e Don Ghiglione saranno liberati da alcuni guardiani delle carceri e da partigiani scesi dalle montagne circostanti per dare la libertà a molti detenuti politici.
Il giorno 12 aprile, a causa dell'uccisione di un sott'ufficiale tedesco a Cerisola, il comando nemico di Albenga ordina una rappresaglia facendo fucilare i civili Nano Giobatta, Clemente Rota e Alfredo Brancher. Una ventina di Tedeschi giunti a Borghetto d'Arroscia perquisiscono alcune case ed arrestano il dottor Lavaggi, segretario comunale il quale, accusato di essere in combutta con i partigiani, in località San Pantaleo lo fucilano e gettano il corpo esanime nel torrente sottostante. Il commissario "Andrea", del Distaccamento "Piacentini", accompagnato da un garibaldino, mentre va in missione a Oneglia, si scontra con una pattuglia tedesca nei pressi di Diano Serreta: caso singolare, entrambe le parti non subiscono perdite.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV: Dal Primo Gennaio 1945 alla Liberazione, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005 

12 aprile 1945 - Da "K 20", prot. n° 14, alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Sosteneva che: "L'allarme sbarco continua; nelle valli di Cervo e Diano Marina i nemici hanno intensificato il servizio di guardia dopo i fatti di San Bartolomeo al Mare del 10 u.s. Il coprifuoco è stato anticipato alle ore 18.00. La popolazione nutre un senso di sfiducia verso la fine della guerra".
13 aprile 1945 - Dal comando della Divisione SAP "Giuseppe Mazzini" [di Albenga (SV)] al Rappresentante [Robert Bentley, capitano del SOE britannico, ufficiale di collegamento alleato con i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] dell'Alto Comando Alleato ed al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava che come da accordi presi iniziava il servizio informazioni; che i tedeschi avevano asportato dal forte di Zuccarello tutte le munizioni; che facevano la stessa operazione dai magazzini situati nei pressi di Albenga; che l'11 aprile era transitato "da est ad ovest un camion con rimorchio carico di 70 fusti pieni di benzina"; che nella galleria tra Ceriale e Borghetto vi era un treno blindato, armato con 4 pezzi da 120 e con 2 mitragliatrici da 20 mm; che il nemico aveva intensificato la sorveglianza nelle valli vicine ad Albenga sino ad istituire un nuovo posto di blocco sulla strada Arnasco-Albenga-Coasco [Frazione di Villanova d'Albenga (SV)].
13 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" ai comandi della II^ Brigata "Nino Berio" e della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" - Comunicava che "tutti gli sforzi futuri dovranno essere orientati all'eleminazione delle infiltrazioni nemiche". Disponeva che la II^ Brigata sorvegliasse la Valle Arroscia e disturbasse di continuo con pattuglie e fucilieri ogni movimento nemico. Ordinava che la III^ Brigata si portasse su nuove posizioni per liberare la Val Lerrone: il comando di Brigata ed il Distaccamento "Giuseppe Catter" [comandante "Gino" Giuseppe Gennari] a Testico, il Distaccamento "Elio Castellari" a Marmoreo, il Distaccamento "Gian Francesco De Marchi" a Casanova Lerrone.
13 aprile 1945 - Dal comando della II^ Brigata "Nino Berio" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" ai comandi dei Distaccamenti dipendenti - Comunicava che, per vari motivi, quali la morte del vice commissario "Franco" [Giovanni Trucco, caduto in combattimento a Trovasta il 27 marzo 1945] ed il passaggio a comandante della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" di "Fernandel" [Mario Gennari], il nuovo organico di comando della Brigata era così composto: comandante "Gino" [Giovanni Fossati] commissario "Athos" [Pellegrino Caregnato] vice commissario "Tino" [Agostino Salvo] capo di Stato Maggiore "Sirio" [Antonio Di Stefano] responsabile politico "Gigi" [Giuseppe Alberti].
15 aprile 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della VI^ Divisione - Informava che nella mattinata del 14 aprile il comandante ["Mancen", Massimo Gismondi] con una squadra del Distaccamento "Franco Piacentini" aveva attaccato in località Colletto di Moglio [comune di Alassio (SV)] 8 tedeschi e 2 fascisti e che il nemico aveva reagito sparando 3 colpi di mortaio contro i partigiani, che non avevano potuto, a causa della presenza di campi minati, avvicinarsi troppo.
15 aprile 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della VI^ Divisione - Avvisava che in quella mattinata si erano sentite, provenienti da Testico (SV), alcune raffiche di mitra; che il comandante ["Mancen", Massimo Gismondi] era subito partito con una squadra del Distaccamento "Angiolino Viani" per "portare aiuto in caso di necessità"; che i garibaldini si erano disposti nel seguente modo: una squadra del Distaccamento "Angiolino Viani" sotto il cimitero di San Gregorio per fermare i tedeschi in caso di fuga, il Distaccamento "Franco Piacentini" a difesa del Passo del Merlo e del Passo dei Pali, il Distaccamento "Francesco Agnese" rimaneva a San Damiano; che l'azione dei tedeschi era durata 2 ore.
15 aprile 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" ai comandi del Distaccamento "Marco Agnese", del Distaccamento "Giovanni Garbagnati", del Distaccamento "Franco Piacentini" e del Distaccamento "Angiolino Viani" - Disponeva che una squadra del Distaccamento "Franco Piacentini" si portasse alle ore 23 di quel giorno a Testico (SV) per fare brillare un ponte, con la collaborazione di una squadra del Distaccamento "Angiolino Viani" e del garibaldino "Pirata" del Distaccamento "Giovanni Garbagnati", ed al comando del capo di Stato Maggiore ["Cis", Giorgio Alpron] e che il giorno dopo, 16 aprile, alle ore 4 dovessero trovarsi in Testico a disposizione del comando della Divisione "30 garibaldini ben armati". da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 - 1999

venerdì 25 novembre 2022

Un lancio alleato che non era stato destinato ai partigiani imperiesi

Rifugio Mongioie. Fonte: Mapio.net

Il mattino del 16 [novembre 1944] lasciammo Viozene [Frazione di Ormea (CN)]. Discutemmo un po' sulla via da tenere. La strada della Fascette era la più breve, ma forse era gelata. Pure parecchi di noi avrebbero voluto passare per Upega a salutare le tombe di Cion, Giulio e di tanti compagni noti ed ignoti. Scegliemmo infine l'altra via, quella del varco del Tanarello. Marciammo fino al pomeriggio, conoscevo la strada per averla fatta il 13 agosto. Pure quel giorno mi parve più lunga e più triste. Anche qui, come già oltre il Mongioie, alberi spogli e cumuli di foglie, fango gelato, ghiaccio e squallore.
Superato il varco del Tanarello trovammo una colonna di muli che bloccava il sentiero: erano le bestie che le popolazioni di Pigna, Langan, Triora avevano affidato alla V^ Brigata quando i tedeschi avevano cacciato i partigiani dalle retrovie del fronte francese. Erano sessanta muli che ci avevano seguito nella ritirata: «Se un giorno tornerete ci ridarete le nostre bestie. Se saranno morte pazienza, tanto se restano qui le prenderanno i tedeschi...», avevano detto i contadini di Pigna, ma ora i partigiani della V^ tornavano con i muli verso il sud. Chissà per dove erano passati? Forse per Val Casotto, non certo per il Bocchino. Anche la strada del Tanarello era in qualche punto impraticabile per i muli, solo le pecore vi passavano facilmente. Quelli della V^ vi si erano inoltrati restando bloccati. Dovemmo così lasciare la strada più breve ed inerpicarci sulla mulattiera di Baussun, il percorso era così allungato di qualche ora. Salimmo con la colonna fino in cresta, poi l'abbando­ nammo per scendere lungo il ripido pendio e raggiungere di nuovo il fiume. Passammo da Baussun dove in settembre c'era Battaglia con i suoi; ora i casoni erano deserti. Il tetto sfondato, la paglia fradicia.
Marciammo ancora a fondovalle per raggiungere Piaggia, intorno sempre lo stesso abbandono: fuochi spenti, carbonaie abbandonate, casolari deserti: dove i mesi scorsi ferveva la vita ora il freddo sole invernale stentava a fondere i ghiaccioli che ogni notte sulle rive del fiume si riformavano più spessi. Solo i partigiani si aggiravano ormai tra i rami stecchiti ed i pascoli brulli: il vento gelido delle cime ha spinto pastori e boscaioli verso il mare.
Ecco un gruppo di uomini che viene verso di noi sul nostro sentiero. Chi sono? Partigiani. Li abbiamo riconosciuti subito perché ci siamo accorti della loro presenza a breve distanza: il sentiero corre nel bosco.
Sono uomini di Martinengo, ci salutiamo, poi continuiamo il cammino. Ho già visto il primo di loro da qualche parte, non ricordo dove, poi marciando rammento: è lui, Nasone, il commissario di una banda della V che per conto di Turbine avevo cercato a Case di Nava [nel territorio del Comune di Pornassio (IM)] il 10 luglio. Giungiamo a Piaggia alle tre, troviamo Curto, Boris, Achille e qualche altro del comando divisionale. Pantera e gli altri del comando I^ Brigata erano partiti qualche istante prima verso la Val di Triora alla ricerca del gruppo di Osvaldo e Pablo. Scorgemmo il gruppo di Pantera che saliva rapido per la mulattiera che portava alla cima del Frontè, non ci sarebbe stato possibile raggiungerlo, eravamo stanchi e Pantera aveva un particolare motivo per sbrigarsi: i contadini, che avevano visto le giacche militari dei partigiani della V Brigata che erano con noi, gli avevano segnalato che un forte nucleo di tedeschi o repubblicani si avvicinava a Piaggia.
Sostammo a Piaggia. Poco dopo di noi giunse il dottore e comunicò di aver visto nel bosco dei paracadute impigliati nei rami. Era bene mandare degli uomini a controllare ed in caso a recuperare il materiale.
Perché gli alleati avevano effettuato un lancio in quella zona deserta? A chi era diretto? E' possibile che qualche fuoco acceso da sbandati abbia tratto in inganno gli aerei. Comunque quello era per noi il primo lancio! Qualche illusione, qualche speranza, ma per poco: non c'era niente di utile per noi, solo bombe di mortaio di un tipo inglese. Le seppellimmo, avremmo avvertito i badogliani, forse avremmo potuto combinare con loro qualche scambio, poi recuperammo i paracadute.
Curto e Boris partirono anche loro verso Triora. Noi restammo ancora. Era inutile inseguirci l'un l'altro, non ritenevamo probabile che il gruppo Osvaldo fosse in Val di Triora, fuori della zona della I^ Brigata: fin quando non avessimo saputo con precisione dove fossero ambedue i nuclei del comando I^ Brigata non ci saremmo mossi da Piaggia.
Il 15 passammo il Mongioie, il 16 rimanemmo a Viozene, il 17 giungemmo a Piaggia, il 18 partì Curto. Poco prima della partenza di Curto anche il dottor Caduceo e Cobra l'infermiere ci lasciarono. Ne avevano avuto autorizzazione dal Curto. Motivi di salute, hanno detto, in realtà le incognite della situazione e lo spostarsi in zone a loro poco note avevano fiaccato il loro morale. Caduceo sarebbe tornato a Viozene dove la popolazione mancava di dottori, Cobra lo avrebbe accompagnato. Non erano i primi e non sarebbero stati nemmeno gli ultimi compagni a lasciarci. Cobra mi affidò una valigetta con pochi medicinali. Io gli diedi una mia giacca, ci abbracciammo.
Eravamo stati buoni compagni perché rari erano gli studenti fra i garibaldini e la sua partenza mi rattristò. De Marchi e Gazzelli erano morti, Caduceo ci lasciava, la I^ Brigata restava così senza dottori, solo con Libero che era ancora uno studente di medicina, ma nessuno d'ora in poi sarebbe rimasto con noi se non per sua volontà. Purtroppo anche lasciando le formazioni partigiane gli ex San Marco non cancellavano il loro passato, venivano solo a perdere l'appoggio che, malgrado tutto, eravamo ancora in grado di dare con la nostra organizzazione e le nostre povere armi. Cobra e Caduceo si fermarono nell'alta Val Tanaro sperando di trovarvi una relativa sicurezza. Fu un errore che avrebbero scontato amaramente.
Passarono altri cinque partigiani, avevano lasciato la loro banda a Montegrosso di Mendatica, anche loro abbandonavano la lotta: la Cascione si andava lentamente sfaldando.
Un gruppo di noi era ancora occupato nel bosco col materiale del lancio quando scese la sera. A Piaggia eravamo rimasti in tre: Luigi, Cappello ed io.
Luigi era anziano, l'avevo conosciuto la sera del 2 luglio nel bosco di Rezzo quando ci eravamo presentati al comando garibaldino; Luigi quella sera aveva cantato la nostra canzone Katiuscia che io udivo allora per la prima volta. Chissà se se ne ricordava. Luigi si sarebbe fermato a Piaggia dove aveva delle conoscenze, Cappello ed io esitammo. L'ambiente di Piaggia era già freddo in ottobre; al nostro ritorno poi erano sorte divergenze col Curto per la scomparsa di zucchero ed altro materiale di Faravelli che prima dell'ultimo rastrellamento era stato affidato a civili. La popolazione, che, come abbiamo visto, si era allarmata credendoci tedeschi, pareva in quei giorni angustiata dalla nostra presenza: pure non avrebbe dovuto preoccuparsi per rappresaglie tedesche. Non ne aveva subite in ottobre per quanto il nemico avesse scoperto che era stata sede del nostro comando. Un contadino infatti era stato preso con un permesso di circolazione del comando della Cascione. Interrogato aveva portato i tedeschi all'albergo Saccarello dove il lasciapassare gli era stato consegnato. Le SS che occupavano il paese si erano limitate ad arrestare Pastorelli, proprietario dell'albergo ed a condannarlo a morte per un ordine del comando geoerale che prevedeva tale pena per tutti coloro che ospitavano partigiani. Anche Pastorelli si salvò, perché le SS lasciarono il paese ed il reparto di fanteria subentrato si convinse che l'albergo poteva esser stato da noi occupato senza il consenso del proprietario. Al posto del padre arrestarono il tredicenne figlio Pietro. Lo portarono nelle caserme di Tanarello nella neve e poi di nuovo a Piaggia a pelare patate fino allo sgombero del paese. Cosa la gente di Piaggia abbia pensato dell'imprevedibile contegno tedesco non saprei, era però evidente che aveva paura di noi e così prendemmo un po' di riso e di farina, resti di quella nascosta prima del rnstrellamento, e partimmo per Valcona dove avremmo trovato una famiglia amica che già in passato ci aveva accolto.
La strada per Valcona era coperta di uno strato di ghiaccio, il sentiero percorso decine di volte al buio o con la pioggia era diventato insidioso in pieno giorno. Rivedemmo Seppà dove era stato il comando della I^ in agosto: i due casoni erano deserti, gli usci scardinati. Ecco: lì erano state le stalle, qui il dormitorio; c'era ancora un po' di paglia, e lassù erano gli uffici: c'era ancora il rustico parapetto di legno costruito da noi. Sulla strada la fontana gettava sempre acqua, solo la vasca era in più punti gelata.
Proseguimmo, il rumore dei nostri passi era l'unico suono nel freddo crepuscolo. Anche a Valcona silenzio: che fossero partiti tutti?
Ecco il nostro ospedale, vediamo che ne è stato. La villetta esiste ancora, non l'hanno bruciata. Lì ci fermammo con Turbine il 4 luglio durante il temporale, lì sostai dal 1 al 9 settembre quando De Marchi vi curava i feriti. Ora De Marchi è nel cimitero di Upega. Che ne sarà stato della moglie di Curto e di quell'altra ragazza bionda che ci curavano? Come si chiamava? Silvana mi pare; doveva essere un'infermiera diplomata tanto era brava ed attiva.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980

venerdì 18 novembre 2022

Gli acquazzoni si susseguono incessanti per tutta la giornata e i garibaldini sono bagnati fino alle ossa

Carnino Superiore, Frazione di Briga Alta (CN). Fonte: Mapio.net

Dopo monte Vetta è perduto il passo Muratone; il distaccamento comando della V brigata è obbligato a indietreggiare da Carmo Langan e a ritirarsi su Triora. Il Comando brigata si prefigge, nell'eventualità di una ritirata, di seguire la direttrice Triora-Piaggia per raggiungere il Comando divisione.
Il distaccamento di "Moscone" [comandante "Moscone", Basilio Mosconi] che si trovava a Cima Marta per proteggere Pigna dal lato di Briga e che, esaurito il suo compito, attendeva ordini precisi, alle 11 del giorno 9 [ottobre 1944] è messo in allarme dalle vedette: una colonna tedesca sale da Briga, il distaccamento si mette in postazione e l'attacca con raffiche di mitraglia per rallentare la marcia e permettere alla colonna dei muli diretta a Bregalla di guadagnare terreno e mettersi al riparo. Gli acquazzoni si susseguono incessanti per tutta la giornata e i garibaldini sono bagnati fino alle ossa; camminano stanchi e taciturni, quasi abbiano paura di parlare. Bregalla è raggiunta nelle prime ore della notte e gli uomini cercano riposo nei casoni presso monte Castagna insieme a un gruppo del distaccamento di "Lilli", confortati dalle castagne bollite, in attesa dell'alba.
[...] Circa 400 Tedeschi si piazzano a Collardente e 300 nella zona di Pigna; altre truppe con cannoni aprono il fuoco su Buggio nel tentativo di annientare reparti del 4° distaccamento posto a difesa della zona.
Oltre 200 Tedeschi si dispongono in offensiva nella zona di Graj. Si delinea il grave pericolo dello sbarramento della via di ritirata Triora-Piaggia.
Il comandante "Vittò" [anche "Ivano", Giuseppe Vittorio Guglielmo] col suo Stato maggiore cerca di studiare un nuovo schieramento facendo perno su Triora con utilizzazione del 3° del 1°, e di metà del 5° distaccamento, in posizione nella zona sopra Bregalla; il 2°, il 6° e il distaccamento comando sono già a Triora da dove cercano di richiamare l'8° distaccamento di "Gori".
Informata dalla situazione, la I brigata pone vigilanza alla strada che da Collardente porta alla galleria del Garezzo ove sono già in perlustrazione pattuglie avanzate tedesche.
Il distaccamento di Gino Napolitano (Gino) che, trovatosi imbottigliato da sud-ovest del monte Ceppo, si era portato a Baiardo, di lì a Carmo-Langan e poi a Buggio, subìto lo sbandamento riesce a riordinarsi a Triora insieme a gli altri reparti.
Nei giorni 10 e 11 la calma si ristabilisce. Il nemico sembra abbia subito una battuta d'arresto; sembra stia ordinando le proprie fila, preparando nuovi piani d'attacco. Le perdite garibaldine sono gravi, molti gli sbandati e le armi perdute.
Durante questa tregua il distaccamento di "Gino" ritorna a Carmo-Langan con lo scopo di proteggere il ripiegamento della brigata da un eventuale pericolo di sorpresa. Il lavoro dei commissari, provvisoriamente interrotto, viene riattivato a Triora; si curano i migliori elementi per porli candidati ai tre battaglioni della brigata in via di ricostituzione.
In questo precario periodo di vita della V brigata i garibaldini hanno dimostrato grande compattezza e massimo affiatamento coi Comandi; ciò verrà confermato nei giorni seguenti con l'ulteriore spostamento a Piaggia, poi a Carnino e infine a Fontane in Piemonte.
[...] Intanto il distaccamento di "Franco" raggiunge Piaggia il 12 assieme ad una quindicina di garibaldini di "Leo". Da Ventimiglia giungono notizie che i Tedeschi stanno risalendo la valle Roja in forze, lasciando sulla costa solo elementi della marina, mentre a Oneglia pattuglie formate da nazisti e brigate nere partono per perlustrare le strade che danno accesso alle vallate.
La situazione diviene nuovamente critica.
I Tedeschi, distruggendo e incendiando case e fienili per la campagna, compaiano nei dintorni di Triora e la banda locale di Molini si sbanda.
Anche la IV brigata si prepara al peggio: il 7° distaccamento di "Veloce" si tiene pronto a partire per spostarsi sotto monte Ceppo sperando di venirsi a trovare alle spalle dello schieramento nemico, qualora questi operasse verso sud in valle Argentina; nella notte sotto il monte giungono garibaldini sbandati del distaccamento di "Gino" attaccato in mattinata a Langan. Molini è investita da colonne di nazifascisti che riprendono l'offensiva il mattino del 13.
Le prime raffiche prolungate si odono di fronte all'accampamento del distaccamento di "Moscone"; colonne di fumo s'innalzano dai tetti delle case di campagna in località Goletta, il nemico dà fuoco a tutto quello che scorge, compresa la casa ove era stato posto il Comando della V brigata.
Il distaccamento riesce a prendere posizione sul monte Castagna e a rimanervi per quatto ore. Al tramonto, ricevuto l'ordine da "Vittò" di spostarsi, dopo una marcia notturna sotto lo scrosciare incessante della pioggia e per sentieri invisibili ed infangati, raggiunge il paese di Piaggia sul fare dell'alba.
I Tedeschi avevano annunciato il loro arrivo a Triora con una breve sparatoria su Langan, dopo aver attraversato il bosco di Tenarda; come abbiamo accennato, incendiati i casoni della Goletta, scendono per i castagneti di Mauta e giunti in località La Besta non proseguono sulla via maestra ma deviano per una scorciatoia che porta alla Noce, indizio evidente che qualche conoscitore dei luoghi li stava guidando.
Giunti nel luogo detto Casin sparano al campanile del capoluogo, come avviso del loro arrivo.
Ondate di soldati tedeschi si susseguono per tutta la giornata. Si fermano nel paese occupando le case private Tamagni, Capponi, Bonfanti, Ausiello, Costa, Moraldo, ecc. L'artiglieria sosta sotto i portici dell'asilo e dell'ospedale; ivi sostano pure le cucine della truppa, mentre la sanità viene sistemata in casa di Lina Novaro (La Baracca) ed i cavalli nella scuderia del "Casermone".
Intanto tutta la V brigata è in ripiegamento verso Piaggia. Avviene in modo ordinato e con calma. Al tramonto del 13 tutti i distaccamenti sono nella zona in attesa di una sistemazione provvisoria. In due giorni la formazione viene riorganizzata con gli effettivi rimasti in efficienza comprendenti 350 garibaldini.
Mancano ancora i distaccamenti di "Gino" che, rimasto tagliato fuori, riuscirà in seguito a raggiungere Piaggia attraverso il passo della Mezzaluna e la galleria del Garezzo, scansando le colonne nemiche, e l'8° distaccamento di "Gori" (4), in posizione avanzata a Beusi, a monte di Taggia, ove rimarrà per tutto il mese appoggiato a levante dal 3° battaglione di "Artù" della IV brigata.
[...] Anche le forze garibaldine si erano preparate per collaborare allo sbarco alleato.
A Piaggia il comandante "Simon" [Carlo Farini], dopo l'amara delusione subita i primi giorni di settembre, cercava di rendere efficiente al massimo la II Divisione Garibaldi "F. Cascione" a cui era assegnato il compito di scendere sulla costa per occupare il capoluogo e San Remo.
A tale proposito il 26 di settembre "Curto" [Nino Siccardi] aveva dato istruzioni a tutti i S.I.M. di raccogliere tutte le informazioni possibili sulla dislocazione delle forze nemiche, sul loro armamento, sull'ubicazione delle sedi dei Comandi, dei posti di blocco, delle postazioni, dei magazzini, ecc.; sulla consistenza delle forze e dei trasporti militari.
Vennero preparati due piani, uno generale e l'altro dettagliatissimo, per l'occupazione del capoluogo (1).
Il piano generale venne trasmesso il 6 ottobre da "Curto" e dal Capo di S.M. ai Comandi della I, IV e V brigata e prevedeva il concentramento dei distaccamenti nel modo seguente:
I Brigata: tra Cesio e Pieve di Teco.
IV Brigata: tra Borgomaro e Carpasio.
A disposizione, per l'occupazione di San Remo:
Battaglione "Artù" (3° battaglione della IV Brigata)
Distaccamento "Gino" (della V Brigata)
Distaccamento "Gori" (della V Brigata)
Quindi, la formazione di colonne-trasferimento con i seguenti itinerari:
I Brigata: Cesio-monte Arosio-monte Torre-Evigno-Diano Arentino-Costa d'Oneglia.
IV Brigata: Borgomaro-passo delle Ville San Pietro-Colla Bassa-Borgo Sant'Agata.
V Brigata: monte Faudo-Lecchiore-Dolcedo.
Il Comando divisione avrebbe dovuto marciare con la I brigata.
Prima di procedere all'occupazione delle due località di Porto Maurizio e di Oneglia, la divisione avrebbe dovuto attestarsi sulla seguente linea:
V Brigata: Poggi-Caramagna-Cantalupo-Artallo.
IV Brigata: Borgo Sant'Agata-Borgo d'Oneglia.
I Brigata: Costa d'Oneglia-Gorleri-capo Berta.
Comando divisione a Costa d'Oneglia.
Inoltre, nel piano facevano seguito le disposizioni per i successivi obbiettivi da raggiungere, e le disposizioni varie che si ricollegavano a quelle del piano dettagliatissimo composto da nove pagine dattiloscritte, con tredici allegati e tre piantine relative ai collegamenti, agli eventuali ripiegamenti, al servizio sanitario, ecc (2).
Intanto le S.A.P. avevano preparato venti squadre di difesa cittadina composte ognuna da circa dieci combattenti, in gran parte membri delle cellule del Partito comunista italiano.
Ma fu lunga l'attesa; lo sbarco alleato non avvenne e tutto precedette come prima: rastrellamenti, rappresaglie, incendi, a cui si  contrapponeva la Resistenza di un popolo e delle sue formazioni garibaldine in armi. Così fino alla liberazione.
(1) Progetto occupazione Imperia del 6.10.1944, prot. n° 762/R/24.
(2) Ordine di operazioni n° 1, del 28.10.1944.
 
[...]
"Relazione di Curto sui fatti di Upega
Alla Segreteria della I Zona Liguria
Dal Comando II Divisione d'Assalto Garibaldi "F. Cascione"
Zona, 2 novembre 1944, n. 34/Q/15 di prot.
Oggetto: Relazione sui fatti di Upega.
Alla Segreteria I Zona.                                                                               
Con l'occupazione di Ormea si delineava la minaccia di un attacco ai distaccamenti della I brigata e così pure a quelli della V rifugiatisi presso il Comando di divisione in Piaggia.
Si predispongono imboscate lungo la 28, da Ormea a Ponte di Nava e Forti di Nava sino a S. Bernardo di Mendatica. La sera del 15 forze tedesche attaccano S. Bernardo che viene evacuata rapidamente dalle nostre formazioni. Già nella giornata l'ospedale di Valcona era stato sgomberato ed i feriti che si trovavansi in Piaggia erano stati trasportati con barelle a Upega decidendo di lasciarli in questo paese con l'assistenza medica ed il minimo di personale indispensabile.
Delineatosi l'attacco su S. Bernardo, tutti i distaccamenti della I e V brigata ricevettero l'ordine di ritirarsi in direzione di Carnino, considerando già l'eventualità di un ulteriore spostamento su Fontane in caso di necessità.
Il giorno 16 una parte delle forze raggiungeva Carnino mentre un'aliquota minore arrivava solo a Upega. Io arrivavo a Upega nella mattinata del 16 e vi facevo fermare le forze che ancora vi si trovavano perchè potessero assolvere un conveniente servizio di guardia ed eventuale difesa. Furono predisposte due postazioni con mitragliatrici, una a Colla Bassa, l'altra sulla strada che proviene da Piaggia.
In giornata mi recavo a Carnino ove facevo fermare e dislocare i distaccamenti quivi arrivati; quindi ritornavo a Upega per avere informazioni sullo sviluppo dell'attacco a S. Bernardo.
Le notizie sembravano favorevoli, in quanto pareva che i Tedeschi non fossero arrivati neppure a Piaggia.
Stando così le cose e nella speranza di evitare, fin che fosse possibile, un ulteriore ripiegamento fino a Fontane, decido di organizzare in Upega il Comando di divisione dandone immediata disposizione. Difatti il giorno dopo, verso mezzogiorno, i componenti del Comando arrivano provenienti da Carnino. Il mattino del 17 pensiamo, d'accordo col dott. De Marchi, di trasportare i feriti da Upega a Carnino, ma poiché in Upega non ci sono gli uomini necessari, dobbiamo mandare a chiedere 50 uomini a Carnino che sarebbero dovuti arrivare il 18 mattino per provvedere al fabbisogno.
Come misura di sicurezza, alle due postazioni sopradette aggiungiamo una pattuglia avente lo scopo di sorvegliare la strada militare che attraversa il bosco delle Navette sopra Upega. Pare che i due uomini inviati di pattuglia, raggiunta la casa dei cacciatori vi si siano rifugiati, mettendovisi a dormire; furono così sorpresi da una colonna di Tedeschi proveniente da Briga Marittima e trucidati. I Tedeschi poterono così avvicinarsi ad Upega senza che venissero segnalati, e nelle prime ore del pomeriggio veniva dato l'allarme quando già si trovavano nelle immediate vicinanze del paese. Mentre la popolazione del paese ed i nostri uomini scappano per mettersi in salvo, assieme a "Giulio"
[Libero Remo Briganti] do ordine di provvedere per i feriti e quindi ci rechiamo nella direzione dei Tedeschi, colla speranza di poterli trattenere un po' per dar modo di porre in salvo i feriti nella vicina cappella del cimitero, come già convenuto in caso di bisogno. Ma purtroppo i Tedeschi sono ormai a non più di 50 metri da noi, mentre "Giulio" rimane subito mortalmente ferito da una pallottola che gli perfora il ventre.
Cerco allora di porre in salvo "Giulio" e miracolosamente possiamo raggiungere un nascondiglio, ove dopo circa due ore e mezza, e precisamente alle 17,40 "Giulio" decedeva. Lascio il cadavere e mi reco a Carnino ove decidiamo di avvicinarci al passo del Bocchin d'Aseo con tutte le forze che ancora trovansi tra Carnino e Viozene, per attraversare il giorno dopo il passo stesso e riparare a Fontane, ciò che è avvenuto regolarmente.
In Upega oltre all'eroica morte del commissario "Giulio", trovava pure gloriosa morte "Cion"
[Silvio Bonfante], che si sparava un colpo di pistola al cuore, quando vide l'impossibilità di sottrarsi alla cattura da parte dei Tedeschi e dopo che il dott. De Marchi, che assieme ad altri tre garibaldini portava la barella di "Cion", era caduto mortalmente colpito da una raffica di Mayerling. Pure a fianco di "Cion" era caduto "Vittorio il Biondo" che fino all'ultimo momento non aveva voluto abbandonare il proprio comandante. Anche "Lensen di Artallo" veniva colpito mentre tentava di porsi in salvo (1).
Infine anche il "meghetto" Franco, che già era riuscito a guadagnare il passo di Colla Bassa, cadeva fulminato da una raffica.
Furono pure fatti dai Tedeschi quattro o cinque prigionieri dei quali purtroppo si ignora ancora la sorte.
Il comandante di divisione
Curto
"
1 Dopo circa un mese si venne a sapere che "Vittorio il Biondo" era ancora vivo.      

Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. La Resistenza nella provincia di Imperia da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza di Imperia, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977

sabato 12 novembre 2022

Il fiuto del comandante partigiano Fra Diavolo per traditori e spie

Vessalico (IM). Fonte: Mapio.net

In quel periodo Milan [Carlo Montagna], con Bruno Battaglia, Bacistrasse [Giobatta Gustavino] ed altri valorosi, entrò [19 luglio 1944] nelle carceri di Imperia Oneglia e liberò i prigionieri politici e comuni, accompagnandoli al sicuro in territorio partigiano. Al Comando Divisione ne arrivarono cinque: un professore grassoccio chiamato subito Prof [Giuseppe Della Valle], che si dichiarò comunista da sempre e che, a suo dire, era in carcere per le sue convinzioni politiche, Vengo, di Sanremo, che era stato torturato brutalmente e ancora ne portava i segni su tutto il corpo, un romano già anziano detenuto comune, ed infine altri due che erano con i prigionieri comuni: Walter e Boll [
Pietro Secci] (due spie dei tedeschi, come il professore). Feci notare ai componenti del comando lo stato di Vengo, e quello del Prof. Lo stato di salute del secondo era splendido: ben pasciuto, senza un segno di percossa (quando tutti ben sapevamo come venivano trattati i sospettati di simpatie comuniste dai tedeschi e dai fascisti) perciò, a mio avviso, dovevamo diffidare di lui. Ma fu tutto inutile; il Prof. fu nominato addirittura Presidente del tribunale divisionale per il suo scilinguagnolo e il suo ruffianesimo e incominciai a vederne i risultati quasi subito. [...]
Giuseppe Garibaldi (Fra Diavolo), Dalla Russia all'Arroscia. Ricordi del tempo di guerra, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 1994, pp. 92-93
 
Intanto giunse a Fontane, Frazione di Frabosa Soprana (CN), Val Corsaglia [dove erano confluiti la maggior parte dei partigiani della I^ Zona Liguria per sfuggire al tremendo rastrellamento tedesco dell'ottobre 1944] l'ex sottotenente tedesco Otto Trostel, da tempo collaboratore dei garibaldini, che portò con sé le prove del tradimento di Giuseppe Della Valle (Prof), il quale da presidente del tribunale della Divisione "Felice Cascione" aveva provocato la morte di diversi giovani patrioti il 9 agosto 1944 a nord di Pieve di Teco, il 5 settembre a San Bernardo di Conio, il 19 settembre nel bosco di Rezzo, ancora il 17 ottobre ad Upega. Della Valle, riconosciuto colpevole dal tribunale militare partigiano, venne fucilato il 4 novembre 1944 a Fontane. Il 24 ottobre analoga sorte era già stata riservata alla moglie del "Prof", che aveva fatto da tramite tra il marito ed i nazisti.
Rocco Fava di Sanremo (IM), "La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945)" - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 - 1999  
 
Alcuni giorni prima di Natale [1944] si era presentato al Distaccamento partigiano, che era dalla parte di Ubaga, quel Walter, che aveva collaborato efficacemente coi tedeschi per tutta la Val d'Arroscia a danno dei partigiani.
Messo davanti alle sue responsabilità confessò ogni cosa, cercando di salvarsi e accusando il suo degno compare Bol; ma venne condannato a morte e fucilato. In quei giorni avevo saputo della morte, nell'eccidio di Torre Paponi, di un vecchio prete, Don De Andreis, parroco di Lingueglietta presso il quale da ragazzo ero andato a scuola. Caro e buon maestro: non ci aveva mai parlato di politica, ma nessuno di quei giovani che frequentarono la sua scuola fece mai parte delle formazioni repubblichine. Era stato bruciato vivo dalle SS, assieme ad un altro prete (Don...) e alla quasi totalità dei capi famiglia nel rogo di Torre Paponi, frazione di Pietrabruna. [p. 154]  [...] Una sera, nei primi giorni del gennaio 1945, mentre mi recavo da un nostro informatore, con il quale avevo appuntamento nei pressi del cimitero di Vessalico, incontrai Boll (il socio di Walter che avevamo fucilato) il quale, non avendo notizie del suo compare, veniva a cercarlo.
Non volevo ucciderlo senza fargli un regolare processo e così gli dissi che non potevo portarlo in azione con me perché era disarmato, ma che l'avrei fatto accompagnare al Distaccamento da Libero. Incaricai un partigiano che era con me di accompagnarlo, mi allontanai, e lui seguì l'uomo incaricato da me di fargli da guida. Forse aveva già intuito dal mio comportamento che sospettavo di lui: il fatto è che chiese al suo accompagnatore notizie di Walter e questi, con la più grande ingenuità, gli disse che lo avevamo processato e condannato a morte.
Boll capì di essere stato scoperto e, approfittando dell'oscurità, si allontanò dal suo accompagnatore, il quale solo allora capì la «fesseria» compiuta; ma ormai era cosa fatta.
Al mio rientro dall'incontro con l'informatore, fui informato di quanto era accaduto e ciò mi convinse che oramai i tempi erano maturi per un rastrellamento. Chiesi al Comando di Divisione l'autorizzazione provvisoria a lasciare la zona, proponendo alcune località dove avrei potuto spostare i miei Distaccamenti. L'autorizzazione non mi venne concessa: il Comando di Divisione non aveva nessuna segnalazione di rastrellamento imminente e riteneva che era meglio non fare circolare grossi gruppi di uomini con la possibilità che venissero segnalati al nemico. Ma il nemico ormai sapeva della nostra presenza: lo provavano l'arrivo di Walter e, dopo la fucilazione di quest'ultimo, quello di Boll, che io, come un principiante, m'ero fatto scappare.
Giuseppe Garibaldi (Fra Diavolo), Op. cit. , p. 156
 
5 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 92, ai comandi delle Brigate dipendenti - Si trasmetteva l'ordine ricevuto dal Comando della I^ Zona circa la necessità di comunicare tempestivamente qualsiasi azione intrapresa contro il nemico.
5 gennaio 1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della Divisione S.A.P. "Giacinto Menotti Serrati" - Venivano trasmesse le descrizioni fisiche di due spie da prelevare: il primo, zoppo, aveva circa 35-40 anni, l'altro, dai "piedi dolci", era di piccola statura.
6 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della I^ Brigata - Invito ad inviare uomini e muli ad Onzo (SV) per ritirare castagne secche e a mandare mine ed olio per fucili al Distaccamento di "Fra Diavolo" [Giuseppe Garibaldi].
8 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" - Il comando rispondeva negativamente alla richiesta di armi automatiche a causa della scarsità delle medesime e rimarcava che il comandante Fra Diavolo [Giuseppe Garibaldi] risultava irreperibile.
8 gennaio 1945 - Dal S.I.M. della I^ Zona Operativa Liguria al comando della Divisione "Silvio Bonfante" ed ai Distaccamenti di Fra Diavolo - Informazioni militari. Sul transito in Caramagna [Frazione di Imperia] di 2 camion con 40 tedeschi a bordo: 3 delatori (Musso, Ozenda ed un terzo di cui era solo indicata la descrizione fisica) avevano indicato la strada per Vasia (IM). Da Ceva (CN) erano giunti 60 fascisti a Porto Maurizio [Imperia]. Ad Albenga (SV) erano arrivati molti tedeschi: era probabile un rastrellamento nella zona ingauna.
10 gennaio 1945 - Dalla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante" [sezione comandata da "Livio", Ugo Vitali] al Comando della I^ Zona Operativa Liguria - Veniva fatto un elenco di 11 nominativi di spie, di cui 2 appartenenti alle Brigate Nere, 6 alla G.N.R. [Guardia Nazionale Repubblicana], 2 alle SS italiane ed 1 definito "squadrista della prima ora". 
18 gennaio 1945 - Da "Dario" [Ottavio Cepollini] alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante" - Informava che "da parte dei tedeschi continua l'interrogatorio di 'Giulio' e 'Dek'. 'Boll' collabora con i tedeschi, viene messo spesso con gli arrestati e con il pretesto di essere caduto anche lui in trappola cerca di carpire notizie utili da riferire ai tedeschi. Si cercherà di fare eliminare 'Boll' proprio dai tedeschi. I tedeschi a Pieve di Teco stanno ricostruendo il ponte crollato". 
31 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Relazione sui rastrellamenti subiti il 10 ed il 20 gennaio 1945 "... Il giorno 20 gennaio avveniva il temuto rastrellamento a catena ad opera di forze della RSI e di alcuni reparti tedeschi. Furono attaccate formazioni della II^ e della III^ Brigata; a Bosco il nostro presidio venne dopo una battaglia catturato quasi al completo. Dei 16 garibaldini arrestati, 12 riuscivano a fuggire, evitando la fucilazione. Contemporaneo a questo attacco vi fu quello di Degolla, in cui i garibaldini ebbero 3 morti, 1 ferito e 8 uomini presi prigionieri. A Gazzo un'altra colonna, guidata dall'ex garibaldino 'Boll', catturava l'intera famiglia di 'Ramon' [Raymond Rosso], ma non riusciva a sorprendere il nostro capo di Stato Maggiore. A Nasino il Distaccamento "Giannino Bortolotti" infliggeva alcune perdite al nemico e poteva ritirarsi..."
da documenti IsrecIm in Rocco Fava Op. cit. - Tomo II
 
Intorno al 20 gennaio 1945 era segnalato da Ottavio Cepollini (Dario) del SIM l'imminente rastrellamento affidato a "Cacciatori degli Appennini", Alpini del "Cadore", "Monterosa", sanmarchini, e Brigate Nere, che avrebbero setacciato anche i territori e le vallate circostanti Casanova Lerrone. Effettivamente, dietro la guida di spie ex partigiani voltagabbana, come ad esempio il sardo Pietro Secci (Boll), "Carletto il cantante" o il "Pisano", era attuata una sconvolgente bonifica fascista, fatta di omicidi, esecuzioni, furti e arresti.
Le consistenti somme lucrate dai traditori erano non poco allettanti per individui del genere, pronti a rinnegare il periodo ribelle fatto di stenti e privazioni per abbandonarsi a una vita molto più piacevole e remunerativa, specie in fatto di letti caldi e buona tavola. Vi era poi la soddisfazione, disponendo di molti soldi guadagnati senza fatica con le delazioni di ostentare un'eleganza vistosa e un contegno strafottente da sfoggiare nei ritrovi o nei caffè alla moda.
Francesco Biga e Ferruccio Iebole (a cura di Vittorio Detassis), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria) - vol. V, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016 
 
31 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Relazione sui rastrellamenti subiti il 10 ed il 20 gennaio 1945 "nelle valli di Caprauna, Arroscia, Lerrone e Andora. Dopo l'arresto del comandante Menini ebbe inizio l'atteso rastrellamento nelle valli suddette. Il 10 gennaio una colonna di tedeschi, partita da Pieve di Teco, circonda Gavenola e rastrella il paese, catturando il garibaldino 'Carletto', il quale ha tradito i propri compagni facendo giungere i tedeschi presso la sede del capo di Stato Maggiore ma con esito per loro sfavorevole...".
da documento IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit.  - Tomo II
 
Nel corso di un rastrellamento a Nasino (SV) il 20 marzo 1945 vennero uccisi Costante Brando (Rustida) e Francesco Pescatore. Brando era un ex sergente della Divisione San Marco che aveva disertato per entrare nelle file partigiane. Comandante del distaccamento De Marchi, tentò da solo di fermare i tedeschi per permettere ai suoi uomini di mettersi in salvo. Ferito gravemente da un colpo di mortaio, per non cadere in mano nemica, si sparò un colpo di pistola alla testa. Il rastrellamento condotto da militari tedeschi e militi della RSI aveva avuto come guida un ex-partigiano, Amleto De Giorgi, detto "Carletto il cantante", che li aveva indirizzati presso l'accampamento garibaldino sito in località “Scuveo”. Il De Giorgi venne ucciso dal boia di Albenga il 26 dello stesso mese.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, ed. in pr., 2020
 
[ n.d.r.: tra le pubblicazioni di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone, La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944-8 ottobre 1944), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016  ]
 

sabato 5 novembre 2022

Arrestate diciassette persone, imputate di approvvigionamento di bande fuori-legge

Cipressa (IM): Torre dei Marmi

Imperia.
Il 26 gennaio u.s. il Comando Provinciale della G.N.R. di Imperia denunciava al tribunale speciale per la difesa dello Stato 17 persone, tutte in istato di arresto, imputate di appartenenza ad associazione antinazionale e di approvvigionamento di bande fuori-legge.
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del giorno 4 marzo 1944, p. 16. Fonte:  Fondazione Luigi Micheletti 
 
Imperia: Monumento ai Caduti in Guerra  di Piazza della Vittoria

 
Cartolina franchigia Feldpost [indirizzata a Sanremo] con l'annullo muto di Heuberg (manoscritto) del 17.12.43 e bollo di reparto del campo. Nel testo il mittente scrive: "Sono incorporato nel nuovo esercito repubblicano reparto milizia…". Fonte: il postalista

Fantini Giorgio: nato a Bologna il 7 marzo 1923, milite del Raggruppamento Cacciatori degli Appennini.
Interrogatorio dell’1.11.1945: Mi sono arruolato volontariamente nella GNR il 7.10.43 quando mi presentai a Crema presso il Comando Cacciatori degli Appennini. A Crema rimasi due mesi in caserma ove si faceva solo servizio di guardia in caserma. Dopo venni trasferito a Ceva (CN) rimanendovi circa 15 giorni e poi trasferito a Millesimo dando il cambio agli altri che stavano lì di presidio, rimanendovi circa due mesi. Comandante il battaglione era il Maggiore Rosa di Venezia, comandante della compagnia era il Capitano Baricchi Adriano di Firenze, altri ufficiali della compagnia erano il Ten. Ranza, il Ten. Cazzardo ed il Ten. Mura di Como. In questi due mesi abbiamo fatto soltanto servizio di presidio. Rientrati a Ceva verso la fine di febbraio [1944] rimanemmo circa 15 giorni. Poi con la compagnia del Capitano Baricchi fummo trasferiti a Montalto Ligure: il nostro compito era quello di fare delle puntate nei dintorni ed in dette puntate una volta siamo stati attaccati dai partigiani al che noi reagimmo per qualche tempo e poi ci sganciammo. In dette puntate si provvedeva a requisire delle merci. Verso la fine di aprile siamo rientrati a Ceva [...]
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia, StreetLib, Milano, 2019
 
Ospedaletti (IM): un tratto di pista ciclopedonale, realizzata sul preesistente tracciato della linea ferroviaria

A seguito del Decreto del 18 Aprile risultano finora presentatisi 63 militari sbandati. Si presume che in questa provincia non si avranno numerose presentazioni di ribelli, i quali, pure essendo, per la maggior parte, propensi - a quanto viene riferito - a presentarsi, ne sarebbero impediti con minacce di morte dai capi di tendenze comuniste.
Ermanno Durante, Questore di Imperia, Relazione settimanale sulla situazione economica e politica della Provincia di Imperia, Al Capo della Polizia - Maderno, 22 maggio 1944. Documento <MI DGPS DAGR RSI 1943-45 busta n° 4> dell'Archivio Centrale dello Stato di Roma
 
Ermanno Durante, ex-Questore d’Imperia, torturatore di partigiani nel Campo di Fossoli
Daniel Degli Esposti, Episodio del Poligono del Cibeno, Fossoli, Carpi, 12.07.1944, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia 
 
L'11 corrente, alle ore 15, in Imperia, elementi sconosciuti prelevavano il prof. GIOVANNI STRATO [n.d.r.: militante antifascista, democristiano, storico della Resistenza Imperiese] conducendolo seco per ignota destinazione.
L'11 corrente, alle ore 13, in Cantalupo, alcuni banditi catturarono il fascista repubblicano prof. Giuseppe Pisano, conducendolo seco per ignota destinazione.
Il mattino dell'11 corrente, in località Rocca Cruaria del comune di Ospedaletti elementi della G.N.R. rinvennero il cadavere del milite Donato Pesenti, appartenente alla 2^ compagnia ausiliaria e in servizio provvisorio al distaccamento di Pigna, presentante una ferita prodotta con arma da fuoco. In corso indagini.
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del giorno 21 giugno 1944, p. 21. Fonte:  Fondazione Luigi Micheletti  

10 luglio [1944]
Molini di Triora e Triora sono state distrutte dalla viltà tedesca e la popolazione è rifugiata nei boschi [...]
12 luglio
Mancano una decina di uomini di Sanremo che erano andati lassù per affari; sebbene le loro famiglie abbiano fatto ogni ricerca tutto finora è stato vano.
15 luglio
I soldati tedeschi vendono a prezzi irrisori la merce rubata nei paesi saccheggiati. La Villa Emma presso il Miramare è il luogo dove viene portata e venduta tutta la refurtiva. Oggetti nuovi di valore, indumenti, cose d'arredamento, tutto viene svenduto. Quello che più ci rattrista è che ci sia della gente che abbia il coraggio di comperarla pur sapendo perfettamente quale provenienza abbia. Questi poi la rivenderanno a borsa nera, come già successo, guadagnandosi denari alle spalle di quella disgraziata popolazione.
[n.d.r.: dal diario di una ragazza rimasta ignota, figlia di albergatori di Sanremo]
Renato Tavanti, Sanremo. "Nido di vipere". Piccola cronaca di guerra. Volume terzo, Atene Edizioni, 2006  
 
Attilio Pivetta (Tarzan), nato a Pasiano di Pordenone, l'11 novembre 1912. Partigiano appartenente alla V Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione". Il 31 luglio 1944 scende dalla montagna per una missione. A seguito di una delazione è catturato a Taggia dalla G.N.R. Sottoposto a ripetuti interrogatorio e sevizie. Il 20 agosto 1944 viene portato lungo la via Aurelia per essere impiccato in località Torre dei Marmi [n.d.r.: nel territorio del comune di Cipressa (IM)], all'imbocco della galleria ferroviaria presso San Lorenzo al Mare.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, ed. in pr., 2020

[ n.d.r.: altri lavori di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944) (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, Edito dall'Autore, 2016
 
Interrogatorio di Curti Valter (squadrista della Brigata Nera “Padoan”, distaccamento di Sanremo) del 28.5.1945: "[...] Ho partecipato ad un rastrellamento verso la fine di novembre, unitamente a reparti tedeschi, bersaglieri, marina tedesca e truppe del comando provinciale, nella zona di Ceriana. In tale occasione non venne operato nessun arresto, però il reparto della marina tedesca diede alle fiamme alcune case a ridosso del paese.
Leonardo Sandri, Op. cit. 
 
 
Un lasciapassare rilasciato dalle SS ad Imperia
 
Giunti all'ingresso della caserma si udivano colpi di arma da fuoco provenienti dal Corso E. Muti, Super Cinema, e si vide la fiammata del colpo in partenza sparato nella nostra direzione. Seguito da tutta la pattuglia m'inoltrai in detto Corso per vedere cosa fosse successo
[...] Non avendo riscontrato nulla di anormale disposi che quattro uomini con il mitra perlustrassero [...]
Come calcolato coloro che avevano sparato rimasero chiusi nella cerchia ed erano precisamente militi dell G.N.R. in servizio di pattuglia i quali per giustificarsi asserirono aver veduto muovere qualcheduno ed aprirono quindi il fuoco senza intimare il chivalà né l'altolà.
Da ciò ritengo necessario, a scanso di sgradevoli incidenti, richiamare l'attenzione della G.N.R. sul come si svolge il servizio di pattuglia e sulle formule di rito prima di aprire il fuoco.
Il capo pattuglia, Paolo Borea
S.Remo lì 30.11.44 - XXIII
Visto: il Comandante, Mangano
30 novembre 1944 - XXIII. Ore 20,30. Una telefonata del I° Capitano Medico Panizzi Francesco (Villa Igea) m'informa che il fascista Migliori Dino chiede l'intervento di una nostra pattuglia perché dei bersaglieri vogliono irrompere nel portone di casa sua, a nome della polizia.
M'avvio con sei uomini sul luogo (Via E. Muti, n...) e constato che una pattuglia di bersaglieri con un agente dell'S.S. perquisiscono la casa di Antellini Oddo, dove si presume siano delle armi.
Vedo anche alcuni agenti della P.S. chiamati sul luogo come me.
Chiarito l'equivoco e constatato il fatto, rientro alle 21 e 10.
Il V. Comandante, Aldo Ravina
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan, documento in Archivio di Stato di Genova, copia  di Paolo Bianchi di Sanremo
 
Interrogatorio di Curti Valter (squadrista della Brigata Nera “Padoan”, distaccamento di Sanremo) del 28.5.1945: "[...] In seguito alla segnalazione di un partigiano traditore, una sera verso le ore 21, ci siamo recati alla villa Impero [n.d.r.: di Sanremo (IM)] dove avremmo dovuto trovare elementi partigiani. Durante la perquisizione, venimmo fatti segno a colpi d’arma da fuoco che ferirono me ed il mio compagno Rubaudo Pietro. Il Capitano Mangano fece subito arrestare il padrone di casa ed un capitano ivi dimorante in servizio presso il tribunale militare. Il partigiano che diresse questa operazione, Impedovo Mario, nome di battaglia “Fernandel”, si arruolò subito nella brigata nera e divenne uno degli elementi più accesi data la sua conoscenza precisa dell’ubicazione dei partigiani" [...] Il Pelucchini ed il Nicco, assieme a reparti della SS, si resero colpevoli di tre delitti avvenuti nei pressi di Villetta [n.d.r.: sempre in Sanremo] alla vigilia del Natale del 1944. Sempre durante il periodo della mia degenza, seppi che reparti della brigata nera, unitamente a tedeschi, recatosi sulle alture di Verezzo, dopo un piccolo scontro, colpivano un partigiano che per mancanza di munizioni aveva gettato l’arma e si era arreso e lo finivano a colpi di pistola. Poiché il partigiano si manteneva ancora in vita, un tedesco avvicinatosi gli scaricò sulla testa la sua pistola. Dichiaro che il Pelucchini, l’Impedovo ed il Nicco erano in piena collaborazione con gli appartenenti alla SS Italiana, numerosi fra i quali si distinguevano elementi italiani residenti all’estero".
Interrogatorio di Maselli Pietro (squadrista della Brigata nera “Padoan”, distaccamento di Sanremo) del 14.7.1945: "[...] Nel febbraio del 1945 ho preso parte ad un rastrellamento effettuato in regione Pamparà di Ceriana. Dirigeva il servizio il Capitano Sainas della GNR. Io facevo parte della squadra del Capitano Bossolasco che aveva l’incarico di fermarsi nella valletta del torrente Armea, da dove, dopo circa un’ora dal nostro arrivo, sentimmo diversi colpi d’arma da fuoco. Ci siamo quindi poi spostati a Beusi dove ci riunimmo agli altri reparti. Qui venni a sapere che durante il rastrellamento erano stati uccisi i partigiani Moscone e Molosso, ma non seppi da chi".
Leonardo Sandri, Op. cit.
 
3 gennaio 1945 - XXIII
Entrando [in Sanremo] nel laboratorio dell'orologiaio Edmondo Pignotti (Piazzale pensile del mercato - presso l'Anagrafe) a sinistra c'è un apparecchio telefonico che intercetta le altre comunicazioni tramite innesti.
Provvedere ad un sopraluogo tecnico non appena saranno ripristinate le linee telefoniche.
[...]
9 gennaio 1945 - XIII
"A Imperia c'è un maggiore che fa il doppio gioco. È un maggiore della G.N.R. Attualmente non ne conosco il nome, ma posso dire in maniera categorica che sa molto sulla fuga di Moscone. Ha pure aiutato molto nella scarcerazione di Cavallero. Deve pure sapere l'attuale posizione di Moscone". Informatore Imp. M.
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan, documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca  di Paolo Bianchi di Sanremo 
 
24 gennaio 1945 - Bando dei Cacciatori degli Appennini - Invito ai renitenti alla leva [repubblichina] a costituirsi entro 48 ore pena l'applicazione della legge di guerra.
24 gennaio 1945 - Dal tenente Alfredo Molinari, comandante del presidio repubblichino di Nasino, al commissario prefettizio di quel comune - Comunicava che "... alle ore 18 è scaduto il termine per la presentazione. Nessuno ha ubbidito al bando. Peggio per loro. Per domani mattina alle 8 voi mi porterete l'elenco nominativo con tutti i dati anagrafici di tutti gli uomini interessati al bando. Non ammetto ritardi...".
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945). Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste,  Anno Accademico 1998-1999
 
Imperia.
Notizie sui fuori legge e dislocazioni delle bande.
In seguito alle recenti nevicate le bande si sono ritirate nelle valli appoggiandosi ai centri abitati di Mendatica e Montegrosso.
L'armamento è il seguente: mortai da 81 e 45, armi automatiche pesanti e leggere, cannoni da 75.
Le bande, di tendenza badogliana, sono comandate dai capitani Martinengo e Umberto.
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del giorno 18 gennaio 1945, p. 18. Fonte:  Fondazione Luigi Micheletti   
 
27 gennaio 1945
Il Comando dei bersaglieri [n.d.r.: la frase "dei bersaglieri" sembra cancellata con una riga] Settore di Via Fiorentina [n.d.r.: in Sanremo (IM)] ha richiesto i Legionari Nicò [n.d.r.: un cognome che in Leonardo Santi, Op. cit., forse appare come Nicco: comunque, si trattava di Gin o Gim Mano Nera, fucilato dai partigiani al cimitero della Foce di Sanremo il 26 aprile 1945], Pelucchini, Impedovo, Maselli. Sono andati verso le ore 19. Per informazioni?
Continua la pattuglia mista con la P.S. e la G.N.R. per servizio di notte.
In più, una pattuglia nostra in missione nella città vecchia.
28 gennaio 1945. In missione a San Bartolomeo [Frazione di Sanremo] per prelevare "Nini", nipote di Pier de la Vigna [...]
29 gennaio 1945
Siamo partiti 30 uomini, al comando personale del Comandante Mangano per Imperia, alla 32^ Brigata Nera, a piedi.
Partiti alle 22 del 28 gennaio siamo giunti alle 3,30 antimeridiane di oggi, 29 gennaio.
Senonché non siamo stati impegnati in altre operazioni e, senza altre novità, siamo tornati, parte in camion di fortuna (14 uomini) e parte in corriera (16 uomini).
Ha partecipato il Capo-Squadra Bossolasco.
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan, documento in Archivio di Stato di Genova, copia  di Paolo Bianchi di Sanremo

Il 23 febbraio 1945 veniva ucciso a Beusi il garibaldino Moscone [n.d.r.: purtroppo non diversamente identificato, in ogni caso da non confondere con il comandante partigiano Basilio Moscone Mosconi], il quale era già stato ferito cinque giorni prima a Bussana, Frazione di Sanremo, mentre tentava il recupero di materiale bellico insieme a "Cancello" (Guerrino Mosso). Moscone venne ricoverato presso un Distaccamento del III° battaglione "Candido Queirolo" "per essere curato dal medico del Battaglione mentre il sottotenente 'Cancello' rientrava al Distaccamento per riferire dell'accaduto. Il giorno 23 febbraio fu eseguito in Beusi un rastrellamento da parte dei nazi-fascisti. Il garibaldino Moscone fu sorpreso unitamente ad altri in un casone a dormire. Benché ferito si gettava sopra il primo milite... fu ucciso selvaggiamente e fattone scempio il suo corpo venne abbandonato in tale località "(relazione successiva del 7 maggio 1945 - Dal comando del IX° Distaccamento "Bianchi" del III° Battaglione "Orazio 'Ugo' Secondo" della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 7, al comando del III° Battaglione - documento Isrecim).
Rocco Fava di Sanremo (IM), Op. cit. Tomo I
 
Alassio (SV)

20 gennaio 1945
- Da "Elio" al comando della Divisione "Silvio Bonfante"  - Inviava i nominativi di 3 spie di Cisano e di Campochiesa, di cui 2 donne ed 1 uomo e tornava sullo scioglimento della Brigata Nera ad Alassio affermando che "gli ex appartenenti alla San Marco, che avevano precedentemente disertato per unirsi alle formazioni partigiane e che ora si sono presentati, saranno, per ordine del comando tedesco, fucilati perché, avendo prestato giuramento a Hitler, sono appartenenti alla giurisdizione tedesca".
22 febbraio 1945 - Documento riservato con il quale ai quadri partigiani interessati si trasmetteva la descrizione fisica della spia Rina Bocio, del servizio informazioni del nemico: "alta 1,65 metri, bruna, capelli corti, molto scura in viso, ha un viso da uomo [sic!]".  
25 febbraio 1945 - Da "Cardinale" [Roberto Cortenova] al SIM della Divisione "Silvio Bonfante" - Relazionava che "Dino" aveva affermato l'intenzione di inviare un informatore ad Alassio per creare anche lì una rete di spionaggio. Il comandante del presidio fascista di Imperia aveva dichiarato che, siccome dal ministero era giunta comunicazione che nella ditta Paladino [n.d.r.: che aveva appalti dalla rete nazista Todt] lavoravano molti partigiani, da Alessandria erano in procinto di giungere molti gerarchi per effettuare rastrellamenti e di inviare delle ausiliarie nelle vallate per spiare i garibaldini. Un informatore fascista riferiva che molte lettere anonime pervenivano al suo comando, inviate da contadini, e specificanti i nomi dei partigiani ed i depositi di armi [...]
20 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM della II^ Divisione alla Sezione SIM della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione"ed alla Sezione SIM della V^ Brigata - Comunicava che in molti rastrellamenti le Brigate Nere di Imperia erano state guidate da un individuo soprannominato "il Bulgaro", un ex barbiere della città capoluogo, fratello di un facchino della ferrovia chiamato "Sì"; che l'ex garibaldino "Uccello", arrestato dalle SS italiane, aveva svelato al nemico molti nomi; che un "elemento" molto pericoloso era il maresciallo della polizia repubblichina Giagnolo; che era stata individuata un'altra spia nazi-fascista in un certo "Nildo" abitante a Vasia (IM).
22 marzo 1945 - Da... al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Segnalava che a Molini di Prelà abitava una spia conosciuta come "Coccodé", un uomo di 45 anni di età, mutilato di guerra, uso a recarsi spesso a Porto Maurizio per la sua attività, con la quale aiutava spesso anche il capitano Ferraris.
23 marzo 1945 - Da "Amerigo" del partito comunista di Sanremo alla segreteria comunista di Imperia - Comunicava che erano stati rilasciati dalle Brigate Nere, "cadute le accuse nei loro confronti", i compagni "Bricò" e figlio, oltre che "Modena", e che erano, invece, stati arrestati l'avvocato Gismondi ed il commerciante Cremieux, accusati di essere complici di "Martì". 
25 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM del CLN circondariale di Sanremo, prot. n° 496, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed alla Sezione SIM della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che a Baiardo, avendo messo posti di blocco e sbarramenti intorno all'accampamento, i 47 bersaglieri di guarnigione sembravano terrorizzati; che in montagna salivano spesso "Pisano" e "Rollero" [spie nemiche]; che era stata "a San Remo costituita di recente una squadra speciale composta da elementi già facenti parte delle SS tedesche in Francia: sono prevalentemente italiani e vestono con costumi da sciatori e con un fazzoletto rosso al collo. Il loro compito è quello di svolgere rastrellamenti rapidi e improvvisi: il 24 u.s. hanno arrestato ad Andagna 6 giovani e dopo averli torturati li hanno legati insieme ed uccisi con armi automatiche"
3 aprile 1945 - Dal Comando Operativo della I^ Zona Liguria alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della II^ Divisione "Felice Cascione", al comando della Divisione SAP "Giacinto Menotti Serrati", al CLN di Imperia - Inviava un elenco di 55 agenti di P.S. "al servizio del nemico", di cui risultavano iscritti al PFR per convinzione 9, per imposizione 33, per fanatismo 13.
da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit. Tomo II
 
Un tratto di Via Aurelia, all'altezza di Capo Nero, tra Ospedaletti e Sanremo

Un’ulteriore denuncia riguardò l’Ingegner Guido Piazzoli, titolare della ditta “Fr. Ing. Piazzoli” di Milano. In essa si dichiarò che l’ingegnere, al momento irreperibile, usava mettere a disposizione dei tedeschi le proprie risorse e la propria professionalità eseguendo lavori di fortificazioni, bunker, fori da mine nel tratto stradale [della SS Aurelia] Ventimiglia-San Remo, e che in più si vantava della ingente fortuna che queste attività gli avevano procurato <143. 
[...] Un altro personaggio di cui si hanno flebili tracce è Giorgio Pini (omonimo ma non parente del sottosegretario agli interni della RSI). Secondo un rapporto della polizia del 1947:
"Il Pini è stato iscritto al P.N.F. dal 1919, squadrista, sciarpa littorio, marcia su Roma, ed è stato arrestato nell’aprile del 1945 e denunciato per collaborazionismo col tedesco invasore per avere posteriormente all’8 settembre 1943 in provincia di Imperia e Genova aver appartenuto alla G.n.r. e successivamente alla SS Tedesca e tradito la fedeltà e la difesa dello Stato, ponendosi al servizio delle SS. Tedesche cui consegnò le armi del distaccamento del 6° alpini facendo da guida alle stesse SS nel rastrellamento delle armi e delle dotazioni del 6° alpini cui apparteneva, nascoste nei casolari". Lo stesso denunciava e faceva arrestare ebrei che poi faceva evadere e quindi riarrestare da parte delle SS tedesche da cui dipendeva in qualità di maresciallo autista ritraendo da tale attività illecito profitto.” <349
143 Archivio INSMLI, Fondo Cln Alta Italia, busta 59, fasc. 787.
349 Archivio di Stato di Roma, sezione distaccata di Galla Placidia, Regina Coeli, b.8, fasc. “Pini Giorgio”, rapporto della prefettura di Milano del 12 febbraio 1947.

Lucia Reggiori, Collaboratori e collaborazionisti a Salò. I processi per collaborazionismo nelle sentenze della Corte d'Assise Straordinaria di Milano (1945-1947), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Pisa, 2014
 
11 maggio 1945 - Dal comando del I° Battaglione "Carlo Montagna" [comandante "Peletta", Giovanni Alessio - commissario politico "Sferra", G.B. Pastorelli] della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" [comandante "Brescia", Umberto Bonomini - vice comandante, "Mirko", Angelo Setti - commissario "Falco", Mario Bruna] della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della II^ Divisione - Comunicava che il 18 marzo 1945 una pattuglia aveva ucciso nei pressi di Caramagna [Frazione di Imperia] lo squadrista repubblichino "Lupo" ed altri due garibaldini avevano arrestato e giustiziato la spia "Roggero", "entrando in possesso di 2 bombe a mano e di 1 moschetto con relative munizioni"; che il 16 aprile una pattuglia, dopo aver ricevuto precise informazioni dal S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] Fondo Valle, aveva catturato ed ucciso la spia Seccatore; ... che sempre il 16 aprile una pattuglia del III° Distaccamento "Nino Stella" [comandante "Italo" Maurizio Massabò] a Piani [Frazione di Imperia] aveva catturato insieme alla moglie il soldato "Romolo", nota spia, ed aveva passato entrambi per le armi.
da documento IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II
 
Magrini dr. Probo. Nato a Budapest il 18 aprile 1893. Laureato in Medicina e Chirurgia. Segretario Federale di Imperia (maggio 1934 - agosto 1938). La nomina avvenne mentre era a Budapest come concorrente per l’Italia di tiro al piattello. Era già stato campione nel 1928 e 1932. Fu segnalato per la nomina al Segretario Nazionale del P.N.F. dall’allora Segretario Federale Corrado Puccetti, al momento del suo trasferimento. Nominato prefetto di 2ª classe il 16 agosto 1938 e prefetto di 1ª classe il 2 settembre 1942. La nomina a prefetto coincise con l’avvio della campagna razziale ed il prefetto Magrini dovette compilare l’apposita “scheda razziale” nella quale non appose l’indicazione ebrea riferita alla consorte, convinto di potere “con il mio grado e con la mia rettitudine salvaguardare la famiglia”. Prefetto di Latina (ottobre 1940 - agosto 1941). Collocato a riposo per ragioni di servizio dal Governo fascista nel giugno 1944. Collocato a riposo per ragioni di servizio nell’agosto 1944. Deferito alla Commissione per l’epurazione nel novembre 1944 per avere, tra l’altro, preteso nel 1935 dalla Ditta Acquarone di Oneglia l’erogazione di una somma a favore della locale Federazione dei fasci o per avere nel periodo di formazione ad Imperia - in qualità di Presidente dell’Ente Nazionale del Turismo - avuto “relazioni con industriali e grandi commercianti, traendo da tali amicizie lauti guadagni”.
Alberto Cifelli, I prefetti del Regno nel ventennio fascista, Roma, Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno, 1999
 

[...] Giornale di riferimento per tutta l'area ligure rimase comunque Il Secolo XIX, tradizionale e mai troppo schierato col fascismo. Riprese le pubblicazioni in ritardo, il 14 dicembre 1943 e le cessò il 23 aprile 1945. Per pochi mesi diretto da Aldo Chiarini, il quotidiano fu poi condotto da Mario Rivoire fino all'ultimo. Redattore capo era il valente Metello Pescini, mentre tra le firme si ricordano Enzo Capaldo (nel dopoguerra esponente missino), e Bruno Romanelli che sarà vittima di un attentato partigiano nel gennaio 1945.
[...] La zona di Imperia era invece rappresentata da L'Eco della Riviera, che aveva la direzione a San Remo e usciva tre volte la settimana: lunedì, mercoledì e sabato. Buon professionista era il direttore Gino Cesare Mazzoni, che riuscì, tra mille difficoltà, a dare al foglio una cadenza giornaliera, tanto che gli cambiò nome in Il Quotidiano de L'Eco della Riviera. L'ultimo numero porta la data del 21 aprile 1945.
Particolare fu il fenomeno dei giornali di reparto, ovvero di quelle pubblicazioni destinate a circolare fra i membri di unità militari fasciste stanziate nel territorio. Questi giornali, talvolta, erano diffusi più o meno regolarmente nelle edicole della nostra regione. Da segnalare diversi di questi fogli: I nostri vent'anni, per i militi della 34ª Legione Gnr di Albenga; Piume al vento, dei bersaglieri del 2° Battaglione schierati a San Remo; Fiamme Bianche, dei giovani volontari imperiesi; Noi, a cura dell’Opera Balilla genovese, diretto da un certo Bisogni; Il Risoluto, diretto da Giorgio Melloni, stampato nella tipografia del Il Lavoro e destinato ai marò della X Mas genovese; Pale a prora!, un foglio creato nel '44 per i marinai della 1a Squadriglia Antisom e diretto dal guardiamarina Umberto Zanni; La Cambusa, nato a La Spezia nell'ottobre del 1943 per i volontari della formazione del principe Junio V. Borghese; Il Reduce, forse destinato a ex-militari. A ponente era letto San Marco, dai militari dell'omonima divisione [...]
Redazione, L’ultimo fascismo raccontato dai giornali liguri, Il Giornale, 20 aprile 2008