giovedì 24 settembre 2020

Tre giovani uccisi dai fascisti a Molini di Triora...

Dintorni di Molini di Triora (IM) - Fonte: Wikipedia
 
13 gennaio 1945 - Dal Comando Operativo della I^ Zona Liguria al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Si chiedevano informazioni sulla missione anglo-americana catturata dal nemico a Frabosa (CN).

14 gennaio 1945 - Da fonte imprecisata al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che la forza nemica di stanza a Pieve di Teco (IM) variava da 180 a 200 unità, che in tutta la zona di Ormea (CN) vi erano 200 tedeschi, i nomi di 3 presunte spie, il decesso del "povero Mario Ponzoni" [fucilato a Pieve di Teco l'11 gennaio].

15 gennaio 1945 - Dal Comando Militare Unificato della Liguria al comandante Curto [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria] - Venivano a firma di Renato Ferrero chiesti chiarimenti circa il fermo effettuato ai danni del capitano Bartali [Giovanni Bortoluzzi, già a capo a settembre 1943 di una prima banda di partigiani in Località Vadino di Albenga (IM), poi dirigente sapista in quella zona, capo missione della Divisione “Silvio Bonfante” presso gli Alleati, vicecapo della Missione Alleata nella I^ Zona nei giorni della Liberazione], ricordando che vi era stata l'unificazione di tutti i comandi combattenti della Liguria e che "nella Liguria la parte operativa viene riassunta nelle persone di Miro [Anton Ukmar], Ferrero e Balbi [Tenente Colonnello Giulio Bertonelli ]", e veniva intimato il rilascio del capitano Bartali.

16 gennaio 1945 - Dal comando della III^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Libero Briganti" della I^ Divisione "Gin Bevilacqua" [II^ Zona Operativa Liguria] 1945 al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava una risposta negativa alla richiesta di una fornitura di Sten avanzata dal comandante "Pantera" [Luigi Massabò, vice comandante della  Divisione Bonfante] dato che ne erano sprovvisti poiché il lancio era avvenuto nella zona della VI^ Brigata.

16 gennaio 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 1/50, al comando della Divisione - Trasmetteva le informazioni avute da "Dario" [Ottavio Cepollini] circa l'arresto dei fratelli "Giulio" e "Dek" e di altre 2 persone e segnalava che a Rezzo e a Mendatica si trovavano molti repubblichini.
 
16 gennaio 1945 - Da Dario [Ottavio Cepollini] al S.I.M. (Servizio Informazioni Militari) al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che era stati stati catturati due fratelli patrioti, indicava come probabile spia che aveva causato il detto arresto da parte del nemico il Sardo o Boll, avvisava che stava per essere affisso a Pieve di Teco (IM) un manifesto che minacciava l'uccisione di 10 civili per ogni tedesco morto in un agguato.

16 gennaio 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante" ai comandi di tutti i Distaccamenti - Sottolineava che, nonostante i ripetuti appelli, non erano giunte staffette a Roncagli [Frazione di Diano San Pietro (IM)].

17 gennaio 1945 - Relazione sulla morte [avvenuta in pari data a Villatalla Frazione di Prelà (IM)] di Milan (Carlo Montagna), comandante della IV^ Brigata "Elsio Guarrini"  della II^ Divisione "Felice Cascione", ex operaio di fabbrica e "vecchio combattente alla testa del movimento negli scioperi del marzo '43".

17 gennaio 1945 - Dal comando della Brigata S.A.P. "Walter Berio" al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante"- Richiesta di intervento per la cattura di nemici da tentare di scambiare con sappisti, caduti in mano al nemico il 9 gennaio [come riferito con questo articolo, che riporta anche alcune tappe della nefasta azione della spia fascista, detta "la donna velata"] e tra i quali risultavano Carlo Delle Piane, Adolfo Rino Stenca, Roberto Sordello, con la raccomandazione di mettere in campo azioni da affidare, data l'accresciuta sorveglianza contro i sappisti, ai Distaccamenti di Stalin [Franco Bianchi, comandante del Distaccamento "Giovanni Garbagnati" della I^ Brigata] e di Buffalo Bill [nei successivi atti ufficiali solo Bill, Giuseppe Saguato, comandante del Distaccamento "Francesco Agnese"].

17 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al capo di Stato Maggiore Divisionale [Ramon, Raimondo Rosso] - Veniva richiesto il pattugliamento notturno delle strade di Vessalico (IM) ed Ortovero (SV).

17 gennaio 1945 - Dal Comando Operativo di sottozona a Simon [anche Manes, Carlo Farini, Ispettore Generale al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Disposizioni sul trasferimento alla II^ Divisione del comandante Antonio.
 
18 gennaio 1945 - Da Dario al S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che continuava da parte dei nazisti l'interrogatorio di Giulio e di Dek, che Boll collaborava con i tedeschi, "spesso viene messo con gli arrestati e con il pretesto di essere anche lui caduto in trappola cerca di carpire loro notizie da riferire ai tedeschi", che si sarebbe cercato di fare eliminare Boll proprio dai nazisti, che i tedeschi stavano ricostruendo il ponte crollato a Pieve di Teco (IM).

18 gennaio 1945 - Dal comando della II^ Brigata "Nino Berio" al comando della VI^ Divisione - Veniva richiesto il da farsi dopo aver proceduto all'arresto di Corrado ex intendente della VI^ Divisione.

18 gennaio 1945 - Dal comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della II^ Divisione - Relazione militare sul rastrellamento [come già riportato in questo articolo] da parte nemica del giorno prima a Tumena, San Faustino [località di Molini di Triora (IM)], Ciabaudo [Frazione di Badalucco (IM)], Vignai [Frazione di Baiardo (IM)] e dintorni, in cui si affermava che le forze nemiche erano rappresentate dai granatieri di stanza a Molini di Triora e dai soldati dei presidi di Montalto Ligure [oggi comune di Montalto Carpasio (IM)], Badalucco (IM), Ceriana (IM e Baiardo (IM), per un totale di 300-350 unità e che "nei dintorni di Ciabaudo verso Tumena molti rustici sono stati incendiati".

19 gennaio 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della Divisione "Silvio Bonfante"  - Relazione su una spedizione tedesca ad Ubaghetta "che cercava di individuare il Comando della I^ Zona Operativa Liguria su segnalazione della spia 'Boll' che si è messo a lavorare per i tedeschi in un modo vergognoso e vile. Si apprende da fonte attendibile che ieri verso le 10 ad Alassio sono state sciolte per ordine del comando tedesco le Bande Nere. Risulta che gli ex appartenenti a questi reparti siano stati disarmati ed obbligati a svestirsi della divisa a causa delle malversazioni fatte patire alla popolazione".

da documenti Isrecim in Rocco Fava di Sanremo (IM), "La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945)" - Tomo II - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999
 
Il 13 gennaio 1945 un reparto dei Cacciatori degli Appennini rastrella sette giovani nella vicina borgata di Agaggio e li portano a Molini di Triora (IM) per sottoporli a processo. Tra i sette rastrellati ne scelgono tre. Questi sono condotti davanti al capitano Christin (1) e a due ufficiali dei Cacciatori e vengono condannati a morte. La sentenza viene eseguita nei pressi del cimitero del paese.
Giorgio Caudano
(1)  [ Ironia tragica della storia, Christin, del resto responsabile di altri massacri di partigiani e di civili a Molini di Triora, aveva combattuto a Porta San Paolo di Roma, episodio eclatante e fondativo della Resistenza. A quanto pare non ebbe rimorsi per le azioni da lui comandate nel ponente ligure, nè queste gli sono mai state addebitate da vecchi e nuovi granatieri. Del resto, Christin pensò bene in almeno un'occasione di uscirsene con la seguente frase, ripresa in modo acritico dalla rivista Il Granatiere (organo ufficiale della presidenza dell'Associazione Granatieri di Sardegna, n° 3 del 2017): "Il tempo trascorso per noi, gli avvenimenti succedutisi nella storia della nostra Patria, hanno smussato, nel ricordo, l’asprezza degli episodi di allora. Su tutto sembra essersi steso un velo che, pur non facendoci dimenticare nulla di quanto abbiamo patito e gioito, ha creato come un alone di leggenda attorno ai fatti allora accaduti e dei quali siamo stati valorosi e tenaci protagonisti" ]



venerdì 18 settembre 2020

Tra il 4 ed il 6 febbraio 1945 i partigiani della I^ Zona Liguria...


Terzorio (IM)
Terzorio (IM)

Dai primi di febbraio 1945 i comandi delle Divisioni Garibaldi della I^ Zona Operativa Liguria [comandante Curto Nino Siccardi] furono impegnati a riorganizzare le forze in conseguenza dei duri rastrellamenti subiti a fine gennaio 1945.
Il 4 febbraio uomini delle SS italiane arrestarono Bricò (Attilio Panattoni) e Passatempo (Emanuele Cichero), membri del CLN di Sanremo (IM). Nella mattinata del 5 febbraio 1945 nella zona di Diano San Pietro (IM) si svolse un rastrellamento nazifascista ai danni della I^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante". Nel pomeriggio del 5 febbraio l'VIII° Distaccamento del Battaglione "Marco Dino Rossi" della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione", posizionato a nord del paese di Agaggio (Frazione di Molini di Triora), avvistò una colonna tedesca che da Molini puntava su Rezzo (IM). Il comandante del Distaccamento, Giovanni Piacenza Giacobbi, ordinò agli uomini di nascondere le armi automatiche e di cercare di celarsi al nemico, che aveva iniziato a sparare contro di loro. Alcuni partigiani furono, tuttavia, arrestati. Tra questi vi erano 3 olandesi, Pablo, Domenica, Martedì: gli ultimi 2 indicarono dove era stato occultato l'armamento dei patrioti, per cui andarono perduti "un Breda con 3 caricatori, un Saint Etienne con 10 caricatori, un Ocis con 10 caricatori".
Il 6 febbraio 1945 una squadra del Distaccamento "Angiolino Viani" della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante" attaccò nei pressi di Molino Nuovo, Frazione di Andora (SV), 2 militi della San Marco, che erano partiti da Albisola (SV)  per procurarsi dell'olio, e catturò 2 fucili ta-pum, 1 pistola, 1 cavallo, 80 chili d'olio.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 - 1999

4 febbraio 1945 - [documento scritto su carta intestata al dopolavoro del PNF, il partito fascista della Repubblica di Salò] - Dal comando della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che il comando di Brigata era volante e ridotto a soli 3 uomini, "Gino", "Danko" [Giovanni Gatti] e "Lupo" [Gianfranco Giribaldi], in conseguenza di una grave imboscata in cui erano morti 3 partigiani ed erano stati persi molti documenti, che il I° Battaglione era composto da 65 uomini, che il II° Battaglione aveva 70 uomini dislocati parte a Rezzo parte nella Valle Carpasina, che il III° presentava 90 volontari; che il Distaccamento SAP "Folgore" aveva avuto 7 morti, il X° "Walter Berio" 15 caduti, di cui 10 in seguito ad arresto, e che si era quindi deciso di aggregare al I° Battaglione i superstiti; che le forze nemiche a Montalto Ligure ammontavano a 70 soldati e a 3 ufficiali; che una colonna mobile mista di soldati tedeschi e fascisti, forte di 100 uomini, stava svolgendo diverse puntate in Val Prino.

5 febbraio 1945 - Da "Citrato" [Angelo Ghiron del S.I.M. <Servizio Informazioni Militari> della Divisione "Silvio Bonfante"] al responsabile S.I.M. ["Livio", Ugo Vitali] della Divisione "Silvio Bonfante" - missiva scritta a mano - Testo: "Sono partiti dalla vallata di Cervo i duecento tedeschi che vi si trovavano. Essi avevano già in antecedenza spediti via i loro bagagli. Questi si sono fermati due giorni ad Albenga, e sono poi proseguiti per Garessio - Ceva. Gli ultimi tedeschi sono partiti stamane. Anche da Andora e vallata è partito il comando del Battaglione e parte delle truppe. Sembra sia rimasta una sola compagnia. Notevole è sempre il numero di truppe di stanza nella zona di Diano Marina e Capo Berta, truppe che effettuano quasi giornalmente puntate verso l'interno della vallata. (circa 300 uomini) Secondo informazioni da Imperia anche da quella zona vengono segnalati spostamenti di truppe. È soprattutto notevole il numero di carri trasportanti equipaggiamento, viveri e materiale verso Savona, e tornanti vuoti in direzione opposta. Il fatto che anche viveri vengano trasportati sembrerebbe indicare non corrispondenti a verità le voci secondo cui si tratterebbe di un sempice cambio di truppe. Se anche non è probabile per il momento il completo sgombero della Liguria, è pure ormai certo che è in corso una sistematica ed assai notevole diminuzione dei presidii nell'intera zona. Avevo parlato in un precedente rapporto di una donna pseudo-Francese spia fascista abitante ad Oneglia... A lei sono attribuiti numerosi arresti di compagni nostri. Essa è conosciuta per spia da membri del Comitato. Tedeschi e repubblicani si reputano ormai sicuri in questa zona dal pericolo di partigiani. Soprattutto i fascisti stanno esasperando la popolazione con il loro comportamento.  Spero di avere sabato prossimo da Marco [probabilmente Nino Agnese] l'indirizzo che ho richiesto di S. 22, per mettermi in contatto con lui. Ad ogni modo ho ora trovato informatori a Diano ed Oneglia. Essendosi spostata, a causa dei rastrellamenti, la I Brigata, non ho più potuto parlare con Federico [Federico Sibilla vice commissario della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante"] per l'affare di Faravelli, né so quindi a che punto sia giunto. Saluti. Citrato.
P.S. so ora che nella notte tra il 7 e l'8 sono transitati, diretti a Ventimiglia due treni carichi di munizioni. È quindi confermato che i tedeschi hanno sì intenzione di diminuire i presidii, ma non di evacuare la zona. I tedeschi ad Oneglia, avendo trovato delle munizioni in una ditta di costruzioni hanno trucidato il proprietario e 36 operai [notizia che non ha trovato riscontro]".

5 febbraio 1945 - Da "Mimosa" [Emilio Mascia, ufficiale della Brigata SAP "Giacomo Matteotti"] alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] del CLN di Sanremo - Comunicava che l'abitazione di Modena a Verezzo [Frazione di Sanremo (IM)] era stata svaligiata da sedicenti partigiani, che avevano asportato oro, preziosi e denaro in grande quantità, per cui occorreva investigare, tanto più che Modena era sempre stato simpatizzante della causa partigiana.

5 febbraio 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 270, al comando della V^ Brigata - Segnalava che il 4 febbraio erano stati arrestati dalle SS italiane "Passatempo" [Emanuele Cichero] e la staffetta "Bricò", i quali erano riusciti a distruggere i documenti che portavano, e che dalle SS tedesche era stato arrestato, invece, l'avv. Buzzi, che aveva un appuntamento, ormai da annullare, con "Curto".              

5 febbraio 1945 - Dal comando del Distaccamento "Francesco Agnese" della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante" al comando  della I^ Brigata - Segnalava un rastrellamento avvenuto nella zona di insediamento del Distaccamento stesso, un rastrellamento durante il quale un garibaldino era rimasto arso vivo e 4 partigiani erano stato fatti prigionieri [come già riportato con questo articolo].

5 febbraio 1945 - Da "Martino" al CLN di Imperia - Segnalava che ad Imperia si erano verificati molti arresti e che tra quelle persone erano stati fucilati 3 iscritti al PCI.

5 febbraio 1945 - Dal comando dell'VIII° Distaccamento del II° Battaglione "Marco Dino Rossi" della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della V^ Brigata - Informava che gli uomini del Distaccamento si trovavano in zona Agaggio [comune di Molini di Triora (IM), Alta Valle Argentina] quando, avvistata una colonna tedesca, si affrettavano a nascondere le armi e ad occultare loro stessi, ma che due partigiani olandesi, "Domenica" e "Martedì", venivano arrestati ed indicavano al nemico il luogo dove erano state celate le armi, 1 Breda con 3 caricatori, 1 Saint Etienne con 10 caricatori e 1 Ocis con 10 caricatori.

5 febbraio 1945 - Da "Jean" [Giovanni Carosi?] al CLN di Sanremo - Comunicava che in seguito ad un rastrellamento nella zona di Baiardo erano stati arrestati alcuni partigiani, che ignorava eventuali uccisioni e che per intervento del tenente dei bersaglieri, tuttavia, non era stata bruciata nessuna casa del paese. 
 
5 febbraio 1945 - Dall'ispettore ["Simon",  Carlo Farini] della I^ Zona Operativa Liguria al comando del III° Battaglione "Orazio 'Ugo' Secondo" della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Chiedeva informazioni sui fatti di Arma di Taggia del 24 gennaio per i quali furono rinvenuti i cadaveri di 7 uomini della SAP di Arma di Taggia, tutti appartenenti al Distaccamento comandato dall'ex brigadiere Gastone Lunardi ed ordinava di svolgere un'inchiesta sull'insieme delle circostanze.

5 febbraio 1945 - Dall'ispettore della I^ Zona Operativa Liguria al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Invitava a processare presso il Tribunale della Divisione Gastone Lunardi, già sospettato per la sparizione di 19 quintali di farina, per appurare sue responsabilità nell'uccisione di 7 uomini della sua squadra SAP, strage avvenuta ad Arma di Taggia il 24 gennaio, e sollecitava, oltre che l'inoltro della dislocazione delle formazioni dipendenti dalla Divisione, altresì l'invio allo scrivente di notizie relative a quei caduti.

6 febbraio 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che partigiani del Distaccamento di "Fernandel" [Mario Gennari] avevano arrestato Corrado Zanazzo sotto l'imputazione di spionaggio, che l'arrestato aveva fatto parte delle formazioni di "Cion" [Silvio Bonfante] con il nome di "Corrado" e che su Zanazzo sarebbero state chieste informazioni più precise ai responsabili della II^ Divisione ["Felice Cascione"].

6 febbraio 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che reparti tedeschi stavano organizzando un rastrellamento nella zona di Caprauna [comune della provincia di Cuneo situato nella parte terminale della Val Pennavaira nel versante marittimo-ligure delle Alpi].
 
7 febbraio 1945 - Da "Gea" a... - Comunicava che "Bricò", staffetta partigiana, era stato liberato mentre non si sapeva nulla di "Passatempo".

da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II
 
Il 24 gennaio i fascisti rastrellano la vallata di Montegrazie ed anche la zona di Terzorio dove purtroppo viene catturato il partigiano Renato Giusti (Baffino); sorpreso in un fienile (per causa di spie) dove solevano dormire dei partigiani è portato al comando tedesco di Santo Stefano al Mare (Villa Dea). Strada facendo è percosso duramente con il calcio del fucile. Gli viene intimato di rivelare il luogo dove si nascondono i suoi compagni altrimenti non avrebbe più visto la moglie e il figlio. Accompagnato per diversi giorni nelle località notoriamente consciute come frequantate dai partigiani non ottengono da lui nessuna informazione. Successivamente è trasferito a Sanremo (Villa Fiorentina) dove subisce ulteriori torture. Da quel momento non si è saputo più niente. Quando furono recuperate cinque salme irriconoscibili probabilmente tra queste c'era anche quella di "Baffino".
Francesco Biga (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Grafiche Amadeo, 2005, p. 149
 
Le nostre azioni purtroppo al momento erano in forte ribasso. Sorprese fatali accadevano di continuo, triste bilancio che l'inverno esigeva. Anche Baffino [Renato Giusti], in transito per Terzorio, all'alba del famoso mattino [24 gennaio 1945] era stato catturato nell'operazione congiunta effettuata nei due paesi della valle; quasi irriconoscibile per le percosse e sevizie subite, era stato portato da militi repubblicani, seduto sopra una sedia, come un trofeo per le vie di Pompeiana, triste sfilata di un uomo giunto alla fine del suo percorso.
Renato Faggian (Gaston), I Giorni della Primavera. Dai campi di addestramento in Germania alle formazioni della Resistenza Imperiese. Diario partigiano 1944-45, Ed. Cav. A. Dominici, Imperia, 1984  

Il 24 gennaio venne fucilato anche Renato Giusti (Baffino), che era stato catturato durante il rastrellamento di Terzorio (IM) avvenuto tre giorni prima. “Baffino” lavorava nell’organizzazione “Todt” di Porto Maurizio, da cui riuscì a far fuggire diversi patrioti che si diressero in montagna; già scoperto ed incarcerato una volta, ma in seguito liberato dai garibaldini, era stato incorporato nelle formazioni della II^ Divisione “Felice Cascione”.  Rocco Fava, Op. cit., Tomo I

sabato 12 settembre 2020

Lo scontro del 15 aprile 1945 tra partigiani e bersaglieri repubblichini a Pietrabruna (IM)

Pietrabruna (IM) - Fonte: Wikipedia

Lo stesso giorno 15 [aprile 1945] saputa la presenza di forze repubblicane della 6^ Compagnia bersaglieri in Pietrabruna, dove avevano già colpito a morte il garibaldino Antonio Castello, squadre dei Distaccamenti I e II della IV ^ Brigata ["Elsio Guarrini", della II^ Divisione "Felice Cascione"] partono per prendere posizione sulla carrozzabile Pietrabruna - Torre Paponi.
Francesco Biga (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Grafiche Amadeo, 2005, p. 288 
 
La nostra squadra, l'unica in possesso di un mitragliatore, attendeva ai bordi del campo le ultime disposizioni e la via libera per l'attuazione di una missione già discussa la sera precedente con Italo [Maurizio Massabò], ma l'ordine tardava a venire; poco prima era giunta una trafelata staffetta, che si sentiva ancora parlare animatamente nella stanza adibita a comando, da cui uscì qualche minuto dopo in compagnia di Italo. Nella valle era stato avvistato un reparto repubblicano. Venne quindi annullato qualsiasi programma precedentemente disposto. L'informatore assicurava la presenza avversaria [...] l'intero distaccamento si allontanò rapido [...] all'inizio si imboccarono sentieri che vennero abbandonati alla prima biforcazione, nell'intento di produrre la sensazione di un percorso poco chiaro, per confondere eventuali osservatori e questo fino a raggiungere il fondo valle, dove l'itinerario venne modificato assumendo un indirizzo preciso [...] per la prima volta dal lontano autunno il distaccamento si trovava raggruppato al completo per affrontare la verifica d'uno scontro, di armi e di coraggio. Le ore scorrevano lentamente, esasperati dalla mancanza di cognizioni precise, mancanza che faceva prevedere il vuoto di un'inutile attesa. Il battito del tempo, suonato dai campanili della valle [...] il reparto repubblicano con un percorso imprecisato era giunto a Pietrabruna, da cui sarebbe presumibilmente partito verso la fine del giorno; nessun altro reparto, inoltre, operava in congiunzione allo stesso; a completare il quadro della segnalazione seguirono notizie di violenze perpetrate a carico di civili, fra cui l'uccisione del vecchio sagrestano, il quale, fortemente debole di vista, aveva scambiato i fascisti per noi. Dopo un breve conciliabolo, la decisione raccolse l'approvazione di tutti: attaccare il reparto in un diverso luogo che, pur presentando maggiore pericolo, sapeva offrire adeguate possibilità di sorpresa [...] L'agguato prese forma quasi al termine della discesa a una curva della strada che, dal centro del paese, calava con un susseguirsi di tornanti fino al fondo della valle; il breve rettilineo scelto, postofra due curve, venne bloccato quasi interamente dal nostro dispositivo; uno sperone roccioso, simile a un torrione, ricoperto di cesspugli e situato al disopra della curva in basso, raccolse l'appostamento della quasi totalità dei garibaldini, fornendo loro una posizione frontale che permetteva un tiro d'infilata sulla colonna avversaria, riservando nel caso lo scontro avesse assunto un andamento a noi favorevole, la possibilità di un facile disimpegno; alla curva in alto, allo scopo di chiudere alle spalle il reparto, si appostò uno sparuto gruppetto, in una posizione che non offriva alcuna via di scampo. Il comandante Italo e il russo Ivan si posero agli inizi della svolta per controllare i movimenti della colonna; un poco più in basso io e Konrad, armati del mitragliatore; a completare l'operazione una squadra di Veloce [Ermanno Sebastiano Martini, comandante del III° Battaglione "Orazio 'Ugo' Secondo"] di passaggio nella nostra valle bloccò qualche chilomentro a sud la strada del mare, nell'ipotesi di eventuali riforzi. Ed ebbe inizio la nuova attesa [...]
Renato Faggian (Gaston), I Giorni della Primavera. Dai campi di addestramento in Germania alle formazioni della Resistenza Imperiese. Diario partigiano 1944-45, Ed. Cav. A. Dominici, Imperia, 1984, pp. 135-137

Il 15 aprile una staffetta avvisava il I° Distaccamento "Angelo Perrone" del I° Battaglione "Carlo Montagna" della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" che "a Pietrabruna si trovavano 17 bersaglieri i quali erano venuti allo scopo di asportare bestie da soma. Il comandante 'Italo' [Maurizio Massabò] chiedeva rinforzo al II° Distaccamento, andando a prendere immediata posizione con 12 uomini sotto Pietrabruna" sulla carrozzabile Pietrabruna-Torre Paponi. Dopo un paio d'ore, i bersaglieri, che appartenevano alla VI^ compagnia di stanza tra Riva Ligure e San Lorenzo al Mare, mentre ritornavano con un bottino di 16 muli, venivano attaccati, subendo l'uccisione di 10 soldati, la cattura di altri 2 e la perdita di materiale bellico, consistente in un mitragliatore Breda, un mitragliatore Saint Etienne, un mitra Beretta, cinque moschetti con relative munizioni, tre pistole e cinque bombe a mano. I bersaglieri, che riuscirono a fuggire, diedero l'allarme. Da un dispaccio garibaldino: "da Imperia partiva prontamente, per portare rinforzo, un automezzo con a bordo una quarantina di Brigate Nere ed un cannoncino da 75 mm. Anche questi venivano attaccati in due riprese e subirono la perdita di 6 uomini".
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999
 
Appena le forze avversarie giungono a tiro sono investite con un fuoco intensissimo. Quindici repubblicani cadono e altri due, fatti prigionieri, sono giustiziati la sera stessa. Prevedendo il sopraggiungere di rinforzi, i garibaldini si appostano un'altra volta: giungono dei camion nemici che sono anch'essi attaccati a distanza ravvicinata. Armi catturate al nemico [...] Ma vediamo come raccontano l'episodio alcuni protagonisti: "... i bersaglieri pensarono allora di agire di prepotenza saccheggiando tutte le case che gli capitavano sottomano, mentre molti abitanti del paese fuggivano ed alcuni di quanto stava accadendo andarono ad avvisare i partigiani che in quei giorni erano numerosi nella zona del Monte Faudo. Correndo affannosamente raggiunsero la località Ravanin dove era accampata la banda di Maurizio Massabò (Italo) ... Il partigiano Vento è appostato dietro un tronco di quercia con il mitragliatore MG 42. Su un ponticello scorre ben visibile la carrozzabile, più in là una curva toglie la visibilità del transito. Giacomo Corradi (Pancio) e Maurizio Massabò (Italo), comandanti dei due Distaccamenti, avevano dato ordine di sparare solo quando tutta la colonna fosse stata vicina, sotto di loro. I fascisti per precauzione avevano portato con loro due civili, Giuseppe Pirero e Silvano Zucarato, come ostaggi, a cavalcioni di due muli ... Quando la colonna viene a trovarsi sotto tiro una lunga scarica violenta di armi automatiche la investe causando in essa paurosi vuoti. In quel momento un bersagliere spara con la pistola nella schiena del civile Giuseppe Pirero, che rimane ucciso, ma si inciampa nei rovi, è obbligato a fermarsi, viene falciato da una raffica ... un bersagliere, benché ferito, riesce ad arrivare a San Lorenzo al Mare per avvertire il suo comando dell'imboscata subita. In quella drammatica confusione il partigiano Vento si sente chiamare per nome da una voce proveniente da sotto il ponte già menzionato: è l'ostaggio Silvano Zucarato, che era riuscito a mettersi al riparo, e con lui sono due soldati che gli si erano arresi ... Transitando per Pietrabruna gli abitanti pretendono che vengano loro consegnati i due prigionieri per linciarli. Invece questi sono portati al coando di Brigata dove, a seguito di processo regolamentare, sono condannati a morte e fucilati ... prima del tramonto giunge al bivio di Boscomare un autocarro con militi della Brigata Nera, i quali sparano alcuni colpi di mortaio sul paese di Pietrabruna, uccidendo una suora, quindi si avviano in ordine sparso ... il partigiano Barba, piazzato il mitragliatore, dà il 'chi va là'. Il capitano nemico, che forse non pensava ad un secondo agguato, risponde dichiarandosi ... Barba, senza esitare, apre il fuoco con il mitragiatore ... dopo un'ora giunge sul posto una autoambulanza con bandiera biana issata sul cofano, con lo scopo di portare via tutti i caduti. I partigiani sospendono ogni iniziativa  e concedono la tregua al nemico..."
Francesco Biga, Op. cit., pp. 288-290
 
Il giorno seguente nella tarda mattinata riposavo ancora in un sonno profondo [...] quando uno scoppio fortissimo mi destò di soprassalto [...] al primo colpo ne erano seguiti altri, indiscutibili cannonate, i cui rimbombi legati dall'eco formavano un ininterrotto fragore che rimbalzava cupo all'interno dei crinali [...] Pietrabruna era diventata bersaglio dei cannoni tedeschi. Nell'aria limpida del mattino nitido giungeva il sibilo delle granate in arrivo, che fortunatamente esplodevano per la maggior parte nelle campagne circostanti; i colpi, sparati da una batteria installata ai confini della valle raggiunsero il solo scopo di terrorizzare gli abitanti del borgo [...]  ritenemmo prudente rimanere in stato d'allerta; preoccupazione che in serata si rivelò fortunatamente inutile, poiché nella valle quel giorno nessuna formazione avversaria si presentò. Il bombardamento, durato circa un'ora, non conseguì risultati significativi: nessun ferito e danni irrilevanti, a parte la croce del campanile [...]
Renato Faggian (Gaston), Op. cit., p. 139

16 aprile 1945 - Dal comando del I° Battaglione "Carlo Montagna" [comandante "Peletta", Giovanni Alessio - commissario politico "Sferra", G.B. Pastorelli] della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della IV^ Brigata - Segnalava che il giorno prima il comando del I° Distaccamento "Angelo Perrone" era stato informato che a Pietrabruna si trovavano 17 bersaglieri che stavano requisendo animali da soma; che il comandante "Italo" [Maurizio Massabò], chiesti rinforzi al II° Distaccamento, aveva fatto aprire il fuoco contro i bersaglieri quando transitavano con 18 muli sotto il paese; che i garibaldini avevano ucciso 10 nemici e fatto 2 prigionieri; che "il bottino incamerato" corrispondeva a 2 mitragliatori, 1 mitra, 5 moschetti, 10 bombe a mano; che al termine del citato scontro erano sopraggiunti militi delle bande nere contro i quali vi era stato un altro scontro a fuoco; che questi repubblichini avevano ucciso un civile, che stava tentando la fuga, e 2 muli; che i garibaldini erano riusciti a restituire gli altri 16 muli ai proprietari. 

16 aprile 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" [responsabile, "Brunero" Francesco Bianchi], prot. n° 395, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed al comando della II^ Divisione - Inviava le informazioni sulla situazione di Taggia ricevute dal III° Battaglione "Candido Queirolo" [comandante "Gori", Domenico Simi; vice comandante "Cipriano", Raffaele Alberti] e quelle sullo scontro di Pietrabruna del giorno prima ricevute dal I° Battaglione "Carlo Montagna" [comandante "Peletta", Giovanni Alessio - commissario politico "Sferra", G.B. Pastorelli] della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione. 

17 aprile 1945 - Dal comando [comandante "Peletta", Giovanni Alessio - commissario politico "Sferra", G.B. Pastorelli] del I° Battaglione "Carlo Montagna" della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della IV^ Brigata - Comunicava che la sera del 16 aprile una squadra del I° Distaccamento "Angelo Perrone" aveva tentato di attaccare dei soldati repubblichini a Pietrabruna, e che, non essendo riuscita l'azione, si era portato sulla via Aurelia dove aveva attaccato a tre riprese carriaggi tedeschi diretti a Genova.

da documenti dell'Istituto Storico della Resistenza di Imperia in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II


venerdì 4 settembre 2020

Il comandante partigiano Erven racconta...

Il comandante partigiano Erven
Erven, il prof. Bruno Luppi [già incarcerato nel 1935 a Modena per attività clandestina antifascista; iscritto al partito comunista clandestino a Sanremo (IM); ufficiale durante la guerra, partecipò, appena sfuggito alla cattura da parte dei tedeschi, il 10 settembre 1943 ai combattimenti di Porta San Paolo a Roma; riuscì a rientrare in provincia; da comandante del 16° distaccamento della V^ Brigata venne gravemente ferito il 27 giugno 1944 nella battaglia di Sella Carpe (tra Baiardo e Badalucco); mesi dopo, appena guarito, diventò vicecommissario della I^ Zona Operativa Liguria] dice...
È della preparazione del movimento partigiano che voglio parlare, cioé di quello che é stato prima. Il C.L.N. venne costituito solo nel novembre 1943. Vi era il C.L.N. a Taggia (IM) che era formato dal senatore Anfossi, da Aliprandi, da altri che adesso non ricordo e da me. Poi c'era un C.L.N. a Sanremo (IM), nel quale figuravano tra gli altri Maiffret [Lina Meiffret, arrestata con Renato Brunati, deportata in Germania, riuscì a fuggire prima di essere condotta in un lager], Bobba, Farina, Nuvoloni, Ferraroni.
don Ermando Micheletto,  La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di Domino nero - Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975

Un gruppo, che confluì dopo la guerra nel partito socialista ma che sorse autonomo intorno al 1939 ed ebbe come centro Bordighera, fu quello che fece capo a Guido [Hess] Seborga, un giovane il quale cominciò a osteggiare il fascismo fin dalla guerra d'Abissinia (lo disse ai compagni di scuola e fu "pestato" per tali sentimenti "anti-patriottici"). Attorno a Seborga si raccolsero numerosi giovani: Renato Brunati (poi garibaldino e trucidato dai tedeschi), Lina Mayfrett (deportata in campo di concentramento), Peppe Porcheddu (il quale si suicidò nel '47 per la delusione che l'assetto politico scaturito dalla Resistenza provocò in lui). Questo gruppo lavorava anche in contatto con i torinesi  Alba Galleano, Giorgio Diena, Vincenzo Ciaffi, Domenico Zucàro, Raffaele Vallone, Luigi Spezzapan, Umberto Mastroianni, Carlo Mussa e altri. Il gruppo svolse soprattutto attività di propaganda di collegamento tra le regioni, di diffusione di libri proibiti e, quando giunse il momento della lotta aperta, i suoi principali esponenti, allora "azionisti", militarono nelle formazioni partigiane di "Giustizia e Libertà" e della "Matteotti".
Ruggero Zangrandi, Il lungo viaggio attraverso il fascismo, Garzanti, 1971

Uno scorcio del centro storico di Taggia (IM)

Una vista dalla Via Aurelia, all'altezza di Arma di Taggia, sino alle prime colline

A lui interessava rendermi edotto di quanto era a sua conoscenza prima che salisse sui monti e si arruolasse nelle bande di Vitò ["Ivano", Giuseppe Vittorio Guglielmo, da luglio 1944 comandante della V^ Brigata Garibaldi "Luigi Nuvoloni" e dal 19 Dicembre 1944 comandante della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione"].
Nell'ottobre 1943 a Taggia c'erano due gruppi di partigiani in formazione, uno in una vallata dietro il cimitero ed un secondo in regione Beusi. Con questi gruppi avevo anch'io dei rapporti. Ricordo che si era associato anche il maresciallo Genova. Erano una ventina, ma non erano organizzati...
E nei suoi ricordi appare Arma di Taggia.
Anche ad Arma di Taggia si formava un C.L.N. con Candido Queirolo, Mario Cichero, Mario Siri, Mario Verzoni. Quest'ultimo andrà poi a Milano e là proseguirà la sua azione partigiana. Candido Queirolo si spingerà sino a Firenze e vi rimarrà per un lungo periodo di tempo.
Erano, come si nota dai ricordi di Erven, tentativi sporadici non ancora organizzati...
Io ero a Taggia. Abbiamo fatto con il mio gruppo una prima azione partigiana. Prelevammo dal forno di Del Pietro una certa quantità di farina e la mandammo ad una banda Brunati [Renato Brunati, arrestato il 6 gennaio 1944, deportato a Genova e fucilato dalle SS il 19 maggio 1944 nella strage del Turchino], che era sopra Baiardo (IM)... Nel mese di novembre 1943, quando Felice Cascione aveva organizzato il primo gruppo operativo, in tutta la zona dell'Imperiese si formarono spontanei gruppi di ufficiali, di soldati e di civili, che operavano separatamente e senza una condizione prestabilita. Si sciolsero però davanti ai primi ostacoli come neve al sole.
Anche Erven ammette l'inconsistenza delle prime organizzazioni partigiane sorte per entusiasmo momentaneo...
Nei gruppi spontanei si facevano solo discussioni... un tentativo di prelevare delle macchine da scrivere sotto il tribunale di Sanremo... in seno al C.L.N. fui delegato dal P.C.I. essendo ufficiale militare. 
don Ermando MichelettoOp. cit.

Il farmacista di Molini di Triora (dott. Alfonso Vallini), antifascista (PSIUP) e membro del Comitato locale di Resistenza, ha segnalato agli antifascisti del Fondovalle (Erven) la presenza del gruppo di Vittò e di Tento; e con questo gruppo prende contatto Mario Cichero, comunista, prima per ordine del suo Partito, e poi anche per incarico del Comitato resistenziale di Arma di Taggia, di cui fa parte insieme ad Erven e con altri.
Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia

Purtroppo i primi gruppi si erano sciolti. Solo Vitò e la sua banda nutrivano le speranze, perché costituivano una entità salda e duratura. È da questo momento che tutti gli sguardi si puntano sui monti di  Loreto e Cetta [Frazioni di Triora (IM)]. Lassù si faceva sul serio e nessuno ancora nei C.L.N. pensava a sovvenzionare. Sarà il dott. Neri, veterinario di Taggia, a segnalare il gruppo di Vitò. E il dott. Neri era in contatto con il farmacista di Molini di Triora (IM), dott. Vallini: questo il primo contatto con Vitò...
In merito ai Lantrua, i fratelli che gestivano in proprio le corriere della Valle Argentina non è mai stato detto... favorivano con il loro servizio i nostri trasporti destinati al gruppo di Vitò...
Per opera di Stefano [Leo] Carabalona, che nella Val Nervia e precisamente a Rocchetta Nervina  aveva organizzato una banda si resero più efficienti i C.L.N. di Ventimiglia, di Vallecrosia, di Bordighera. Dopo le tristi peripezie del gruppo di Felice Cascione, si sono radunati nella casa di un certo Pastorelli, situata sulla strada per Carpasio [oggi nel comune di Montalto Carpasio (IM)], i rappresentanti di vari C.L.N. che stabilirono l'organizzazione ufficiale della IX^ Brigata Garibaldina, ancora senza nome, e decisero la sovvenzione dei gruppi armati organizzati...
Da questo momento, primavera del 1944, nei mesi di marzo ed aprile, si costituisce un C.L.N. sul piano regionale...
Nasce veramente l'organizzazione partigiana...
I C.L.N. erano l'espressione di tutti i ceti sociali, ormai convinti della fallita politica fascista...
Così ha chiarito Erven...
don Ermando Micheletto *,  Op. cit. 
* ... Don Micheletto per tutta la guerra si adoperò per i partigiani, generalmente in contatto con i gruppi di Vitò, che accompagnò spesso nei loro spostamenti. Esplicherà la sua attività specialmente nell'assistenza e per captare messaggi radio. 
Giovanni Strato, Op. cit. 

[...] in concomitanza con l'aumentata pressione nazifascista, dal 28 marzo 1944 i maggiori gruppi partigiani, originati dalla "banda Cascione", vennero posti sotto il comando di Curto [Nino Siccardi], che [...] riuscì a contattare anche le bande di "Tento", Pietro Tento, e di "Vitò" [Giuseppe Vittorio Guglielmo], le quali agivano nella parte occidentale della provincia di Imperia in Alta Valle Argentina con base alla Goletta di Triora (IM) [...] A fine maggio 1944 il Comando Generale per l'Alta Italia del Corpo Volontari della Libertà mandò disposizioni per la creazione in Liguria di un Comando unificato. Sorse così il primo Comando Militare Unificato Regionale Ligure (CMURL). La Liguria venne suddivisa in 4 zone in ottemperanza alle direttive impartite dal Comando Generale Alta Italia: I^ Zona Operativa, dalla Valle del Roia, estremo ponente della provincia di Imperia, a quella dell'Arroscia [...] Attorno al 13-14 giugno 1944, in considerazione del crescente numero di combattenti che agivano nel territorio, venne riconosciuta alle forze della Resistenza imperiese una nuova unità operativa, la IX^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione".
Rocco Fava di Sanremo (IM), L
a Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999 

lunedì 31 agosto 2020

Il partigiano Lionello Menini, protagonista della battaglia di Montegrande


La croce di vetta del Monte Grande - Fonte: Monti Liguri

Nei primi giorni di settembre 1944 nella I^ Zona Liguria i comandi partigiani avevano già predisposto tutte le loro formazioni per attaccare i principali centri della costa, come supporto ad un attacco alleato proveniente dalla Francia: questo era dato già per avvenuto da Radio Londra, che il 1 settembre trasmetteva: "truppe alleate sono già a 8 Km oltre frontiera in territorio italiano. Le prime formazioni partigiane hanno preso contatto con gli alleati..." (così in Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, ed. Amministrazione Provinciale di Imperia e patrocinio IsrecIm, Milanostampa, 1977).
Purtroppo la notizia si dimostrò falsa e i partigiani dovettero lottare per altri 8 mesi.
Le formazioni tedesche e fasciste, appurata la non veridicità della notizia appena descritta, organizzarono una ennesima operazione di rastrellamento ai danni dell'estremo ponente ligure: l'obiettivo era quello di accerchiare i partigiani attaccando dalla Val Prino e dalla Valle Argentina.
I garibaldini, venuti a conoscenza del piano d'attacco tedesco, appurarono che la forza nemica era enorme: circa 8.000 unità.
L'azione a vasto raggio coinvolse la I^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Silvano Belgrano" e la IV^ Brigata "Elsio Guarrini"della II^ Divisione "Felice Cascione", che aveva la propria sede comando nel bosco di Rezzo (IM).
Il giorno 4 settembre [1944] i soldati tedeschi e fascisti, avanzando da varie direttrici, "si spingono su Borgomaro, occupano la zona di Moltedo, raggiungono il paese di Carpasio e dilagano nella vale di Triora. Da Pieve di Teco si spingono su Pornassio e su San Bernardo di Mendatica" (Francesco Biga, Op. cit.).
Alle 5 del mattino del giorno successivo iniziò l'attacco nazifascista. Il passo Teglia fu il teatro dove caddero i primi garibaldini. Conquistato anche il Monte Grande, i tedeschi obbligarono i partigiani a ripiegare.
Il comando della Divisione prese allora una decisione rischiosa ma necessaria: attaccare il Monte Grande [prossimo a San Bernardo di Conio, Frazione del comune di Borgomaro (IM)].
"Mancen" Massimo Gismondi fu prescelto per questa rischiosa azione. Accompagnato da altri 12 garibaldini, riuscì a risalire il ripido pendio e prendere alle spalle i nazisti che, colti di sorpresa, fuggirono lasciando armi e munizioni sul luogo.
L'obiettivo garibaldino era stato centrato. In questo modo si poteva procedere allo sganciamento degli uomini, all'occultamento del materiale bellico e delle salmerie, in ciò anche con l'aiuto di una situazione meteorologica favorevole.
Il giorno successivo gli 8.000 tedeschi non trovarono, pertanto, i garibaldini. Questi si erano nascosti nel territorio che conoscevano bene.
Così terminò il grande rastrellamento, che aveva tuttavia causato la perdita di dieci vite tra civili e partigiani.
Cessata la tempesta, il Comando Divisionale tornò nel bosco di Rezzo a riorganizzare le proprie fila.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999

Il 4 settembre  del  44,  al  mattino  presto era arrivato dalla strada di Andagna un “prete“, cioè un  uomo vestito da prete, ed era stato fermato da tre partigiani della postazione di guardia e  accompagnato al Comando di Distaccamento, a Passo Teglia di Fenaglia, dove il comandante era Germano Belgrano (Giuda) e il Commissario era Bruno Brilla (Padoan), fratello maggiore di  Francesco. Poi  il  prete  veniva  trasferito  ulteriormente  al Comando di  brigata che si trovava a S. Bernardo di Conio sul piazzale. Lì sostavano Nino Siccardi (U Curtu), Carlo Farini (Simon), Silvio Bonfante (Cion) e il “prete” subiva uno stringente interrogatorio. Non essendo emerso nulla di compromettente, era rilasciato e riaccompagnato a Passo Teglia, quindi veniva considerato un vero prete. Nel pomeriggio  costui  essendo  sostato  a  Passo  Teglia, aveva parlato nuovamente con Bruno Brilla e gli altri partigiani di sorveglianza, potendo quindi osservare bene  dove  era  situato il  posto  di guardia del Comando di distaccamento. In realtà il prete era una spia; non scoperto, aveva informato dettagliatamente i tedeschi  della collocazione del posto di blocco a Passo Teglia. Occorre precisare che due giorni prima erano arrivati circa una quarantina di ex Sanmarchini (gruppo Menini) con  i  mortai  a  rimpinguare  il  raggruppamento  ed  una  ulteriore  ventina  di  partigiani  venivano  mandati a posizionarsi in questo distaccamento di Passo Teglia. Bruno Brilla per prudenza non ambiva dormire con i nuovi arrivati nel casone, preferiva  dormire  fuori,  all’aria  aperta  nonostante le incipienti notti fresche, riparato precariamente sotto un carro. Al mattino, alle ore cinque e trenta sentiva con stupore una breve raffica di machine pistole, armi simili non erano assolutamente in  dotazione  ai  partigiani. Infatti era accaduto che una pattuglia di tedeschi, conoscendo il luogo della postazione di guardia  (rivelata  dal  finto  prete)  erano  arrivati in pieno silenzio e avevano eliminato i tre partigiani di guardia. Padoan dava immediatamente l’allarme a tutti i ribelli presenti, che si mobilitavano rapidamente; inoltre mandava subito una staffetta a Conio al Comando Brigata per comunicare che la zona era infestata dai tedeschi. Sede ANPI di Imperia Oneglia, 31 Ottobre 2017, intervista a Francesco Brilla
Marina Siccardi, figlia di Nino Siccardi “U Curtu”, Comandante della I^ Zona partigiana Liguria. in ANPI Resistenti, ANNO XII N° 1 - aprile 2019, di ANPI Savona


[...] Dice Wan Stiller [Primo Cei, già commissario di squadra della I^ Brigata "Silvano Belgrano della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"]: "alla prima raffica eravamo rotolati giù, lungo il pendio, ma Cion (Silvio Bonfante) in piedi, aveva individuato sul Monte Grande i tedeschi, quindi aveva iniziato a sparare e li aveva impegnati subito con raffiche continue. Nel frattempo aveva chiamato Lionello Menini (Menini), comandante (1) dei mortaisti (erano degli ex Sanmarchini) che Cion aveva reclutato soltanto due giorni prima a Chiappa e a Molino Nuovo (Andora). Li aveva convinti a passare dalla  nostra  parte, questi ex  marò avevano due  mortai da 81 in dotazione. Cion interpellava il comandante degli ex soldati dicendo: fammi vedere cosa hai imparato durante l’addestramento in Germania! Menini aveva due  squadre, una di tre e una di  quattro militi che utilizzava per piazzare i due mortai nel declivio della collina. Sopra la collina c’era e c’è tutt’ora una chiesetta. I mortai dovevano essere piazzati in  posizione asimmetrica, uno sottostante all’altro, ma non sulla stessa verticale perché le vibrazioni del primo avrebbero disturbato la stabilità del secondo. Il terreno era scosceso, umido e scivoloso, ma Menini, da provetto esperto riusciva a creare con la zappa due  piattaforme piane, rinforzate verso valle con sassi e terra;  il bipiede del mortaio aveva una staffa con l’incastro per bloccare il mortaio quando rinculava. Venivano apprestati due gradini, uno sopra e uno sotto. Quello inferiore più avanti per non far scendere l’arma. I mortai erano privi del telemetro e si avvalevano di due bastoncini alti 1 metro, (le cosi dette paline) dipinti con anelli bianchi e rossi per traguardare l’oggetto  da  colpire. Il proiettile doveva essere sparato in linea retta tra la prima e la seconda palina. Menini per la prima prova aveva messo una carica supplementare per evitare errori e per valutare eventuali modifiche  da  apportare.  Eseguivauna  prova  supplementare  per i due mortai e iniziava a sparare sul nemico contemporaneamente al fuoco di Cion. Quattro partigiani erano dedicati ad un mortaio e quattro all’altro. Menini aveva magistralmente stabilito l’esatta in-clinazione della canna del mortaio,  poi ordinava: Spara!  Spara!  Si  avvertiva  così  uno  sparo  dopo  l’altro, sia del primo che del secondo mortaio in sequenza.  Quindi  nell’aria  potevano  esserci  contemporaneamente anche due o tre proiettili a seconda dell’aumento della carica. I tedeschi sorpresi  dagli scoppi  arretravano subito,  quindi bisognava aumentare potenza e gettata per allungare il tiro. Menini controllava sempre con i binocoli  la  lunghezza  e  le conseguenze del  tiro.  I tedeschi erano sconcertati, sbigottiti perché non immaginavano che  i  partigiani  potessero avere due mortai in dotazione e che fossero così precisi nei colpi sparati. Tutto avveniva in brevissimo tempo, e vista la situazione favorevole Cion pro-nunciava risolutamente la frase: ragazzi bisogna andare lassù... [...] Gli impavidi componenti delle squadre erano: Giobatta Acquarone (Fulmine), Attilio Alquati (Alquati),  Giuseppe Bergamelli (Gnek), Mario Longhi (Brescia), Primo Cei (Wan Stiller), Carlo Cerrina (Cigrè), Felice Ciccione (Felì), Bartolomeo Dulbecco (Cristo), Alfredo Giovagnoli (Alfredo il toscano), Calogero Madonia (Carlo siciliano) e Silvio Paloni Ruman). Non dovevano intralciarsi o rischiare di spararsi addosso pur essendo oggetto di tiro nemico dall’alto: se si saliva troppo velocemente c’era anche il rischio di essere colpiti dalla mitragliatrice e dai  mortai,  che  a  loro  volta  sparavano  sulla  cima. Quindi le due squadre di assalitori potevano in caso di sfortuna essere colpite dal basso (fuoco amico), ma Cion e Menini calcolavano bene e prudentemente il dislivello tra i partigiani in basso e il nemico in alto. Tenevano anche conto dei rapidi spostamenti partigiani che balzavano verso l’alto, inoltre le due squadre di 6 e 7 uomini si alternavano nella corsa anche di traverso. Quindi si incrociavano, anche se in tempi diversi, sulla  stessa  porzione  di monte: avevano perciò un occhio rivolto verso il nemico e contemporaneamente un occhio all’amico. I tedeschi sparavano verso il basso e solo verso i partigiani arrembanti. Conta delle armi dei partigiani nell’episodio: due mortai di Menini, Machine Gaver di Alquati, Machine Gaver di Brescia (che morirà a Ginestro vicino a Testico nel gennaio 1945). Presente alla lotta partigiana in un altro distaccamento, vi era anche il comandante Umberto Bonomini  (Brescia), che non va confuso con questo Brescia, cioè Mario Longhi. La battaglia durava più di due ore, con il risultato positivo di nessun ferito fra i partigiani. Menini con i mortai aveva fatto una sola prova, poi col binocolo vedeva i tedeschi che si allontanavano terrorizzati, allora aumentava la carica supplementare per il prolungamento del tiro. Forse aumentava anche il peso della carica. Tutto avveniva molto velocemente, come arma ulteriore Alfredo il toscano utilizzava un mitragliatore Saint Etienne. I partigiani salivano a zig-zag contro il sole. Gli ufficiali tedeschi venivano dalla scuola militare e  comandavano dei soldati ben addestrati. I partigiani si capivano con gli sguardi; Franco Bianchi (Stalin) e Massimo Gismondi (Mancen) avevano due mitra, fucili semiautomatici catturati ai tedeschi. Silvio Bonfante (Cion) era stato un seminarista ad Albenga, Stalin [Franco Bianchi] infermiere marinaio, Brescia soldato, Alquati soldato, Wan Stiller studente, Mancen camallo ad Oneglia. Anche un partigiano, forse Giuseppe Cortellucci (Carabinè), girava a Ruggiu, al passo della  Mezzaluna vestito da carabiniere; se lo prendevano lo uccidevano subito. La grande vittoria con la fuga dei tedeschi era maturata per la notevole bravura di Menini e dei suoi uomini; altresì grande era stata la fiducia, non gli  ordini  di Cion,  ma complici risolutivi solo gli sguardi. [...]
Questa è stata la testimonianza di Wan Stiller che io ho avuto l’occasione di raccogliere. Diano Marina 30 Ottobre 2017.
Marina Siccardi, figlia di Nino Siccardi “U Curtu”, Comandante della I^ Zona partigiana Liguria, in ANPI i resistenti, ANNO XII N° 1 - aprile 2019, di ANPI Savona
 
3 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Relazione sul rastrellamento effettuato ad Armo e a Pieve di Teco il 30 dicembre 1944, durante il quale era avvenuto l'arresto di Lionello Menini (1).
3 gennaio 1945 - Tribunale Militare tedesco - Copia della sentenza di condanna a morte (1) per i garibaldini Lionello Menini, Ezio Badano, G.B. Valdora e Lorenzo Gracco.
da documenti Isrecim in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II 

(1) Lionello Menini, nato a Chatillon (AO) il 25 ottobre 1922 (nella sentenza di morte del comando tedesco Lionello Menini risulterebbe essere nato a Siena il 25 ottobre 1919), figlio di un capostazione di Torino; è arruolato e mandato in Germania per l’addestramento. Terminato il periodo, è destinato con i suoi commilitoni in Liguria, a Laigueglia. In terra tedesca aveva appreso il vero volto del fascismo; appena rientra in Italia, come molte altre giovani reclute, ipotizza di unirsi alle formazioni partigiane. Ai primi di giugno è avvicinato dai fratelli Scarati, già attivi nella Resistenza, collegati alla “Volante” di Massimo Gismondi “Mancen” e di Silvio Bonfante “Cion”. Intravvista la possibilità di abbandonare le forze fasciste, abbraccia la lotta resistenziale. A luglio 1944 è nella squadra d’assalto del Distaccamento “Viani”, e, dopo aver partecipato a numerose azioni, tra cui la battaglia di Pievetta (CN), viene promosso capo distaccamento.
Il 17 agosto 1944 è protagonista di un conflitto a fuoco ad Ormea contro i blindati tedeschi; il 5 settembre è a Montegrande nel distaccamento “Bacigalupo”, laddove l’azione dei mortaisti di cui è a capo, è determinante per aprire un varco tra le file nazifasciste, da cui defluiscono i partigiani. A fine dicembre Menini, ammalato, è ad Armo, in Alta Valle Arroscia, dove è dislocato un nucleo partigiano dell’Intendenza Divisionale.
Su indicazione di una spia il mattino del 31 dicembre un centinaio di tedeschi provenienti da Pieve di Teco investono la zona. Alcuni garibaldini sfuggono al rastrellamento, altri (tra cui tre austriaci disertori) cadono prigionieri. Menini riesce a far fuggire due suoi uomini, esponendosi all’arresto. Portato al comando di Pieve di Teco è riconosciuto come capo partigiano. Dopo tre giorni di percosse e un processo farsa in cui confessa di essere partigiano, è emessa per lui e per altri tre partigiani della II^ Brigata d’assalto “Sambolino” Divisione Garibaldi “Gin Bevilacqua” operante nella II^ Zona ligure (due savonesi: G.B. Valdora “Ferroviere” e Ezio Badano “Zio”, e un veneto Lorenzo Gracco) la sentenza di morte. Prima di morire riesce ad inviare un biglietto al suo Commissario, Giuseppe Cognein, per informarlo che gli austriaci avevano parlato e che non era dispiaciuto di morire per una causa giusta. L’esecuzione ha luogo il 3 gennaio 1945 al Prato San Giovanni.
Lionello Menini va incontro alla fucilazione cantando la canzone “La guardia rossa”. A lui viene intitolato un Battaglione della Brigata “Nino Berio” - Divisione d’assalto Garibaldi “Silvio Bonfante”.
Proposta alla memoria di Lionello Menini  la medaglia di bronzo con la seguente motivazione: “Fatto prigioniero dai Tedeschi durante un colpo di mano contro l’Intendenza Divisionale, essendosi attardato sino all’ultimo a dare ordini, si comportava sino alla sua ultima ora con la serenità dei forti, non smentendo la sua condotta da partigiano che lo aveva elevato a stima di tutti. Oltraggiato e seviziato, non mancò mai di incoraggiare i suoi compagni di sventura. Portato al luogo dell’estremo supplizio, attraversava la via di Pieve di Teco con la testa fieramente eretta, cantando le nostre canzoni. Avvicinato nella prigionia da elementi fidati, inviava informazioni utilissime. Lo stesso nemico ne elogiò la condotta. Pieve di Teco (Imperia) 30-12-1945"
Redazione, Arrivano i Partigiani. Inserto 2. "Le formazioni di montagna della I^ e della VI^ Zona Operativa Ligure che operavano nella provincia di Savona", I Resistenti, ANPI Savona, numero speciale, 2011

mercoledì 26 agosto 2020

Febbraio 1945 iniziò con la morte di due bambini a causa dello scoppio di una bomba tedesca

Una vista da Cervo su Diano Marina
 
1° febbraio 1945 - Giunge notizia che in Diano Marina per lo scoppio di una bomba tedesca sulla Piazza della Chiesa Parrocchiale sono rimasti uccisi i due figli di Lino Trucco, pievese, ma colà residente, ove esercita commercio di mobilio. Tale sciagura, veramente straziante, è accaduta mentre la truppa tedesca faceva esercitazione di tiro e sarebbe dipesa, pare, da un errore di calcolo - così il Comando tedesco ha cercato di giustificare il tragico episodio. I due bambini vennero trasportati in Pieve [di Teco (IM)] e deposti nella tomba di famiglia.
2 febbraio 1945 - Il tenente Dexeimer tedesco, comandante la Piazza di Pieve, ormai da due mesi e mezzo alloggiato nella villa del defunto Comm. Gandolfo e oggi del genero Rissone, ha lasciato questa residenza. Anche il terribile maresciallo Grot tedesco è partito. Si dice che sia andato in Francia.
Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, tip. Dominici Imperia, 1994
 
Nella notte fummo svegliati dal solito aereo solitario, soprannominato "Pippetto", il quale sganciò una bomba (forse per colpire i tedeschi del "Ciapasso") molto vicino a noi. Ci venne da pensare che non solo avevamo contro i nazifascisti, ma anche gli alleati angloamericani.
Il giorno successivo sentimmo dei colpi di mortaio che i tedeschi sparavano dal "Ciapasso"; un colpo finì davanti alla Chiesa di Diano Marina uccidendo tre bambini e ferendo alcune persone.
Sandro Badellino, Mia memoria partigiana. Esperienze di vita e vicende di lotta per la libertà di un garibaldino imperiese (1944-1945), edizioni Amadeo, Imperia, 1998

Il 2 di febbraio un manipolo di fascisti al comando del capitano Borro dopo aver girovagato per la campagna alle ore undici giunge nella borgata Novelli (Tavole) [Tavole è Frazione del comune di Prelà (IM)] [...] Nel pomeriggio i militi prelevano Carlo Oreggia, panettiere, detto "Ristorante". Caricandolo di botte lo portano con loro. Giunti in località "Vigne" presso il cimitero di Valloria [altra Frazione del comune di Prelà (IM)] è freddato con alcune raffiche e gettato nella scarpata sottostante. Gli tolgono le scarpe e il portafoglio. Per fargli un vile scherno gli ficcano la pipa in bocca e gli mettono una pagnottella in mano. Era accusato di fornire pane ai partigiani.
Francesco Biga  (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Grafiche Amadeo, 2005

Ai primi di febbraio le Brigate Nere effettuarono un rastrellamento nella zona di Baiardo (IM) che portò all'arresto di alcuni uomini. Solo per l'intervento del tenente del presidio dei bersaglieri del paese le case non subirono danni.
Il comando della II^ Divisione "Felice Cascione" comunicò a quello della I^ Zona l'uccisione di 7 garibaldini avvenuta il 2 febbraio presso Villa Verrone a Sanremo. Di questi, 4 rimasero ignoti, mentre degli altri 3 si fornirono le seguenti notizie: "uno è un toscano ferito ad una gamba, sposato a Pompeiana, di circa 30 anni, con un figlio. Un certo Modena di circa 30 anni che si era presentato alla guardia repubblicana di San Remo. Uno di Pompeiana che aveva perso un braccio per lo scoppio di una bomba a mano".
Sempre il 2 febbraio  gli uomini del presidio nemico di Borgo di Ranzo [comune di Ranzo (IM)] "effettuano un rastrellamento nella zona di Gazzo-Gavenola [Frazioni di Borghetto d'Arroscia (IM)] ed Aquila [Aquila di Arroscia (IM)] per rapinare bestiame e viveri alla popolazione".
Nella notte successiva "Ramon" (Raymond Rosso), capo di Stato Maggiore della Divisione "Silvio Bonfante", accompagnato da un garibaldino attaccò "due carri tedeschi accompagnati da 8 militari. Quattro cavalli uccisi, un soldato ucciso ed alcuni feriti più o meno gravi".
Il giorno 3 il commissario prefettizio di Albenga (SV), su ordine della Feldgendarmerie ordinò ai podestà dei comuni limitrofi di far affluire alla locale Brigata Nera tutti i giovani che già si erano presentati ai comandi tedeschi.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

2 febbraio 1945 - Dal comando [comandante "Gori", Domenico Simi] del III° Battaglione "Candido Queirolo" al comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che il traffico sulla strada Sanremo-Poggio-Ceriana era limitato al transito dei carriaggi per viveri e della "solita motocicletta" o vettura del presidio nemico di Ceriana (IM).
3 febbraio 1945 - Da "Mercurio" [Bruno Moro?] alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] del CLN di Sanremo - Comunicava che era stato visto partire per Genova su di un camion tedesco "Grigua".
3 febbraio 1945 - Da "Nilo" [Quanito De Benedetti] al CLN di Sanremo - Comunicava che a Baiardo erano stati uccisi la moglie ed il figlio di "Bacucco" e che il rastrellamento nemico in corso stava continuando.
3 febbraio 1945 - Da "Amerigo" [Adalgiso Rovelli] al CLN di Sanremo - Comunicava che alle ore 8.30 era stata vista un'automobile delle SS tedesche fermarsi davanti alla casa dell'avvocato Buzzi in Via Lamarmora; che erano scesi l'avvocato e due individui in borghese che una volta entrati dopo 10 minuti erano usciti con una valigia di medie dimensioni.
3 febbraio 1945 - Dalla Sezione SIM del CLN di Sanremo alla Sezione SIM della V^ Brigata - Segnalava che il membro del Comitato di espressione del Partito d'Azione era stato arrestato e che il 2 febbraio erano stati arrestati 10 giovani, forse appartenenti alla banda dell'avvocato Buzzi.
3 febbraio 1945 - Dal commissario prefettizio di Albenga (SV) ai podestà di Ortovero, Villanova d'Albenga, Casanova Lerrone, Vendone, Nasino, Castelbianco, Castelvecchio, Zuccarello, Cisano sul Neva e Garlenda - Trasmetteva l'ordine della Feldgendarmerie di fare rientrare nella Brigata Nera di Albenga le giovani reclute che, appena arrivate all'arruolamento, si erano allontanate dalla caserma, perché passibili di fucilazione come "banditi".
da documenti Isrecim in Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II