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domenica 1 novembre 2020

Nei primi di ottobre 1943 Erven dopo varie peripezie raggiunge la sua abitazione a Taggia

Taggia (IM): uno scorcio

Bruno "Erven" Luppi. Nato a Novi di Modena l'8 maggio 1916. Figlio di un antifascista, fin da ragazzo prese parte alla lotta clandestina contro il regime fascista e, nel 1935, venne arrestato e incarcerato a Modena.  Trasferitosi a Taggia (IM), si inserì nell'organizzazione comunista clandestina di Sanremo (IM). L'8 settembre 1943 era ufficiale dell'esercito quando venne catturato dai tedeschi. Riuscì però a fuggire a Roma dove partecipò ai combattimenti di Porta San Paolo. Tornato nuovamente in Liguria, fu tra gli organizzatori della lotta armata ed entrò a far parte del C.L.N. di Sanremo. Per incarico della Federazione Comunista di Imperia il 20 giugno 1944 organizzò, con altri dirigenti del partito, la prima formazione regolare partigiana del ponente ligure, la IX^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione", con sede nel bosco di Rezzo (IM), la quale diventò a luglio 1944 la II^ Divisione "Felice Cascione".  Il 27 giugno 1944 da comandante di Distaccamento venne gravemente ferito nella battaglia di Sella Carpe tra Baiardo (IM) e Badalucco (IM). Per mesi riuscì avventurosamente, ancorché costretto alla macchia pur nelle sue tragiche condizioni di salute, a sottrarsi alla cattura da parte del nemico. In seguito, appena guarito, assunse la carica di vice commissario della I^ Zona Operativa Liguria.  Vittorio Detassis su Isrecim

Nei primi di ottobre 1943 [Bruno Erven Luppi] dopo varie peripezie raggiunge la sua abitazione a Taggia per prendere contatto con i vecchi compagni e con i quali organizza a monte della città, in località Beusi, una prima banda armata composta da una ventina di giovani, in gran parte militari sbandati. Ma la banda ha vita breve poiché si scioglie nel novembre successivo. In quel periodo entra a far parte del Comitato di Liberazione di Sanremo, come rappresentante insieme al Farina del PCI, con l’incarico di addetto militare. Organizza pure il CLN di Taggia e una cellula del PCI ad Arma, coadiuvato dai compagni Mario Cichero, Candido Queirolo, Mario Guerzoni e Mario Siri. Con i Sanremesi dà vita ad un giornale  clandestino quindicinale dal titolo "Il Comunista Ligure", ciclostilato nel retro del negozio del Cichero stesso. Il gruppo prende pure contatto con la banda armata di Brunati [n.d.r.: Renato Brunati, arrestato il 6 gennaio 1944, deportato a Genova e fucilato dalle SS il 19 maggio 1944 sul Turchino], dislocata a Baiardo e con altre formatesi in Valle Argentina.  
Francesco Biga, Ufficiali e soldati del Regio Esercito nella Resistenza imperiese in Atti del Convegno storico LE FORZE ARMATE NELLA RESISTENZA di venerdì 14 maggio 2004, organizzato a Savona, Sala Consiliare della Provincia, dall'Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea della provincia di Savona (a cura di Mario Lorenzo Paggi e Fiorentina Lertora)
 
Erven... È della preparazione del movimento partigiano che voglio parlare, cioé di quello che é stato prima. Il C.L.N. venne costituito solo nel novembre 1943. Vi era il C.L.N. a Taggia (IM) che era formato dal senatore Anfossi, da Aliprandi, da altri che adesso non ricordo e da me. Poi c'era un C.L.N. a Sanremo (IM), nel quale figuravano tra gli altri Maifré, Bobba, Farina, Nuvoloni, Ferraroni... Nell'ottobre 1943 a Taggia c'erano due gruppi di partigiani in formazione, uno in una vallata dietro il cimitero ed un secondo in regione Beusi. Con questi gruppi avevo anch'io dei rapporti. Ricordo che si era associato anche il maresciallo Genova. Erano una ventina, ma non erano organizzati... E nei suoi ricordi appare Arma di Taggia. Anche ad Arma di Taggia si formava un C.L.N. con Candido Queirolo, Mario Cichero, Mario Siri, Mario Verzoni. Quest'ultimo andrà poi a Milano e là proseguirà la sua azione partigiana. Candido Queirolo si spingerà sino a Firenze e vi rimarrà per un lungo periodo di tempo. 
don Ermando MichelettoLa V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di Domino nero - Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975
 
Fra gli antifascisti di Taggia egli ["Erven", Bruno Luppi ] aveva conosciuto, ancora prima della guerra, il veterinario Giovanni Neri, già sopra menzionato. Ora il Neri mette in contatto Erven col farmacista di Molini di Triora, anch'egli antifascista. Dietro indicazione del farmacista di Molini, Erven va da un negoziante di Sanremo, per avere denari per l'organizzazione delle bande, e il negoziante lo manda da un certo Parodi, già membro del Gran Consiglio del fascismo, e residente in Sanremo, in Corso Matteotti. Erven non sa se vi sia stato uno sbaglio da parte del negoziante, oppure da parte sua. Egli si presenta, fa la sua richiesta, e il Parodi lo minaccia e gli intima di presentarsi immediatamente, come ufficiale, al Comando tedesco. Erven esce; ma subito ritorna, dice di avere avvertito i suoi amici, che lo aspettavano in fondo alla scala, i quali lo vendicheranno, se gli verrà fatto del male; afferra quindi l'apparecchio telefonico del Parodi, e lo rompe, buttandolo a terra.
Dopo il Congresso fascista di Verona (14 novembre 1943), i fascisti avevano fatto venire dalla Francia dei militi, giovani quasi tutti dai 15 ai 17 anni, che dicevano essere figli di emigrati italiani. Questi militi fascisti, assai numerosi, avevano preso sede nella Caserma Revelli di Arma di Taggia.
Dopo vario tempo, vi erano stati degli arresti fra gli antifascisti: in Taggia erano stati arrestati l'avv. Secondo Anfossi e Vivaldi Giacomo, verso la fine del dicembre '43.
Altri antifascisti erano stati costretti a fuggire.
Viene arrestato il Brunati, che era specialmente in rapporti di amicizia con Calvini G.B. e con la sig.na Meiffret.
Vi sono degli arresti anche fra i membri del già citato Comitato interpartitico che teneva le sue riunioni nel palazzo della sig.na Meiffret, e di cui faceva parte Erven.
Sono arrestati l'avv. Nino Bobba (poi rilasciato) e Calvini G.B.
Erven, mentre era di passaggio in Sanremo con armi nascoste nelle pieghe degli abiti, incontra in un bar il figlio di Umberto Farina, il quale lo informa di alcuni arresti, e gli raccomanda di avvertire Calvini G.B.
Erven va da Calvini G.B. in Bussana, a tarda sera, forse intorno alle 20,30-21, gli dice che vi sono stati degli arresti, e lo esorta a fuggire. Calvini, tuttavia, pensa che il pericolo non sia imminente, non fugge subito, e la notte stessa viene arrestato.
Frattanto Erven, dopo avere avvertito il Calvini, attraversando la campagna si porta in una località sotto Beusi, dove pernotta presso un piccolo gruppo alla macchia da lui precedentemente costituito.
Da un po' di tempo Erven aveva costituito il suddetto gruppo, formato di otto o dieci giovani. Erven, in genere, pernotta presso il gruppo stesso, mentre di giorno, sia pure con cautela, continua a svolgere il suo lavoro organizzativo in città.
In detto gruppo vi era pure, con un figlio e col genero, il maresciallo del disciolto esercito Genova Carmelo (chiamato «Radio» per nome di battaglia). Il maresciallo Genova aveva aiutato Erven per il fatto della farina presa in Taggia, nei magazzini dei Del Pietro. Insieme col genero, il maresciallo Genova fu ucciso dai nazifascisti durante la guerra partigiana: la moglie e la figlia del Genova rimasero ciascuna con alcuni figli assai piccoli.
Altre persone, allora presso Beusi, e più tardi cadute per mano dei nazifascisti, sono: Candido Queirolo, di cui si tornerà a parlare fra poco, e Lanteri Francesco (Chiccò), nella casa del quale i giovani alla macchia solevano riunirsi.
I fatti, che sopra sono stati riferiti, portano un certo rallentamento, e qualche pausa, nell'azione dei gruppi dei quali faceva parte Erven; e, da un certo momento in poi, l'azione organizzativa e l'attività in generale verranno intensificate dal gruppo di Arma di Taggia, fra i componenti del quale vi erano: Bruno Luppi (o «Erven»), Mario Cichéro (o «Peccivò»), Mario Guerzoni, Mario Siri, Candido Queirolo («Marco»), nonché i fratelli Lantrua Francesco e Giuseppe, che avevano il servizio delle corriere nella Valle Argentina.
Tale gruppo si pose specialmente il compito di mandare aiuti di viveri e di altri generi vari al farmacista di Molini di Triora, affinché li recapiti al gruppo partigiano di Vittò [Giuseppe Vittorio Guglielmo] e di Tento; Simi Domenico, invece, quando gli era possibile venire in Taggia, teneva specialmente i contatti fra il fondo valle e il gruppo presso Beusi, nel quale vi era Onorato Anfossi.
Pare opportuno, a questo punto, fare un passo indietro nel tempo. Erven, che fin dall'inizio della sua attività dopo l'8 settembre '43 si era adoperato per creare gruppi in montagna, aveva incontrata una certa difficoltà, che - in sostanza - si riscontrava un poco dovunque; fra i giovani, fuggiti in montagna subito dopo l'armistizio, alcuni erano tornati in città, dopo una breve permanenza alla macchia; altri si limitavano a tenersi nascosti ma non erano disposti a formare gruppi di combattimento; altri ancora erano scettici circa la possibilità di creare un'organizzazione efficiente.
Erven, infine, aveva fatto puntate nei villaggi; e a persone fidate aveva dato l'incarico di informarlo, qualora nella loro zona si fossero formati dei gruppi, con i quali trattare.
Dopo qualche attesa, il farmacista di Molini di Triora aveva comunicato a Erven che finalmente un gruppo deciso si era formato in montagna, presso Triora (poi risultò essere il gruppo di Vittò e di Tento). Tale comunicazione fu fatta direttamente a Erven dal farmacista di Molini, probabilmente nel gennaio del '44, verso la fine del mese (il farmacista di Molini di Triora scendeva in Taggia ogni settimana per prendere farmaceutici e altra roba varia, e si recava anche da Erven).
Erven, per esortare maggiormente il farmacista di Molini di Triora, aveva alquanto esagerato nel descrivere la consistenza e l'efficienza dell'organizzazione militare in generale; in verità, i mezzi erano pochi. Tuttavia il Comitato di Arma di Taggia, appoggiato dai comunisti di Sanremo, si mette all'opera, per reperire aiuti, e mandarli a Tento e a Vittò, pur non avendo ancora avuto diretti contatti con essi. Come già detto, il materiale sarà inviato al farmacista di Molini di Triora, per mezzo delle corriere Lantrùa; il farmacista di Molini farà avere il materiale a Vittò e a Tento.
Gli aiuti suddetti, però, dapprima erano assai limitati; e cominciarono ad essere più consistenti dopo qualche tempo.
Nel marzo '44 sorgono nuove difficoltà. Luigi Nuvoloni è costretto a fuggire, perché ricercato dalla Gestapo. Fugge con una carta di identità falsa, e con un libretto di commerciante ambulante, il tutto fatto da Erven, con materiale e con timbri del Comune di Taggia.
Nuvoloni non salirà ancora in montagna; si recherà in altra zona, pare nella zona di Andora, presso una famiglia amica, e continuerà a lavorare per il Partito. Erven lo ritroverà solo nella seconda quindicina di giugno, durante la battaglia di Carpenosa. Partito Nuvoloni, delle persone, che erano state specialmente in contatto con lui, erano rimaste, fra gli altri: Ferraroni, Farina Umberto, Manetti Oreste, Pippo Anselmi. Nuvoloni cadrà il 24-6-44 nel bosco di Rezzo.
Anche Candido Queirolo (Marco), nei primi giorni del marzo '44 lascia la zona di Imperia, e va per qualche tempo a Firenze, dove aveva un fratello, Mario.
In questo periodo Erven era solito pernottare ancora presso Beusi, mentre di giorno operava in città, col gruppo di Arma di Taggia e con quello di Sanremo.
Frattanto Erven, per incarico del Partito (PCI), si era incontrato con Curto [Nino Siccardi]. L'incontro, con espedienti vari per il reciproco riconoscimento, era avvenuto in Artallo [Frazione di Imperia], dopo un primo appuntamento mancato a causa di un disguido.
Durante l'incontro si era stabilito che Curto avrebbe preso contatto specialmente con i gruppi di montagna dislocati nella zona di Imperia, mentre Erven viene specialmente incaricato di prendere contatto con gli eventuali gruppi dislocati nella Valle Argentina.
Col gruppo di Vittò e Tento, Erven - come si è detto - aveva già presi contatti indiretti, tramite il farmacista di Molini di Triora, prima del ferimento di Vittò, avvenuto nella battaglia di Gavano del 26-3-44.
Dopo il ferimento di Vittò, Curto, che era già stato informato dal Partito e da Erven dell'esistenza di quel gruppo, ritiene che si debba prendere diretto contatto con Vittò e con Tento, e ne dà incarico a Erven.                                                                                                                                                        Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, pp. 268-272

[…] uno scritto che dietro mia richiesta è stato gentilmente preparato dal dottor Ilo Martini, ex ufficiale dell’esercito, nominato Comandante della Divisione SAP “G.M. Serrati”. Lo scritto ciclostilato è intitolato Appunti, memorie e ricordi del Comandante Ilo Martini (Rolando) e porta la data dell’ottobre 1969: […] In primavera [del 1944] mi recai verso Arma di Taggia ove, tramite il CLN provinciale e quello locale, era stato fissato un incontro con il comandante ed il commissario di quel gruppo di azione partigiana […] Era importante prendere accordi sul piano operativo, coordinando le azioni con il CLN locale, il CLN provinciale, il Comando di zona delle formazioni partigiane e il nostro Comando Divisione “G.M. Serrati” […] Insistetti sulla necessità dei collegamenti zonali e settoriali, oltreché centrali, e diedi le istruzioni per prendere contatto con le formazioni di Sanremo, Bordighera, Ventimiglia, Riva e San Lorenzo, sino ad Imperia. Diedi incarico di organizzare un incontro con il Comando delle formazioni SAP di Sanremo e con quello di Bordighera e di Ventimiglia-confine. Fu anche ipotizzato un incontro con le forze operanti sulla costa francese di Mentone e Villafranca sino a Nizza […]” 
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992

venerdì 4 settembre 2020

Il comandante partigiano Erven racconta...

Il comandante partigiano Erven
Erven, il prof. Bruno Luppi [già incarcerato nel 1935 a Modena per attività clandestina antifascista; iscritto al partito comunista clandestino a Sanremo (IM); ufficiale durante la guerra, partecipò, appena sfuggito alla cattura da parte dei tedeschi, il 10 settembre 1943 ai combattimenti di Porta San Paolo a Roma; riuscì a rientrare in provincia; da comandante del 16° distaccamento della V^ Brigata venne gravemente ferito il 27 giugno 1944 nella battaglia di Sella Carpe (tra Baiardo e Badalucco); mesi dopo, appena guarito, diventò vicecommissario della I^ Zona Operativa Liguria] dice...
È della preparazione del movimento partigiano che voglio parlare, cioé di quello che é stato prima. Il C.L.N. venne costituito solo nel novembre 1943. Vi era il C.L.N. a Taggia (IM) che era formato dal senatore Anfossi, da Aliprandi, da altri che adesso non ricordo e da me. Poi c'era un C.L.N. a Sanremo (IM), nel quale figuravano tra gli altri Maiffret [Lina Meiffret, arrestata con Renato Brunati, deportata in Germania, riuscì a fuggire prima di essere condotta in un lager], Bobba, Farina, Nuvoloni, Ferraroni.
don Ermando Micheletto,  La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di Domino nero - Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975

Un gruppo, che confluì dopo la guerra nel partito socialista ma che sorse autonomo intorno al 1939 ed ebbe come centro Bordighera, fu quello che fece capo a Guido [Hess] Seborga, un giovane il quale cominciò a osteggiare il fascismo fin dalla guerra d'Abissinia (lo disse ai compagni di scuola e fu "pestato" per tali sentimenti "anti-patriottici"). Attorno a Seborga si raccolsero numerosi giovani: Renato Brunati (poi garibaldino e trucidato dai tedeschi), Lina Mayfrett (deportata in campo di concentramento), Peppe Porcheddu (il quale si suicidò nel '47 per la delusione che l'assetto politico scaturito dalla Resistenza provocò in lui). Questo gruppo lavorava anche in contatto con i torinesi  Alba Galleano, Giorgio Diena, Vincenzo Ciaffi, Domenico Zucàro, Raffaele Vallone, Luigi Spezzapan, Umberto Mastroianni, Carlo Mussa e altri. Il gruppo svolse soprattutto attività di propaganda di collegamento tra le regioni, di diffusione di libri proibiti e, quando giunse il momento della lotta aperta, i suoi principali esponenti, allora "azionisti", militarono nelle formazioni partigiane di "Giustizia e Libertà" e della "Matteotti".
Ruggero Zangrandi, Il lungo viaggio attraverso il fascismo, Garzanti, 1971

Uno scorcio del centro storico di Taggia (IM)

Una vista dalla Via Aurelia, all'altezza di Arma di Taggia, sino alle prime colline

A lui interessava rendermi edotto di quanto era a sua conoscenza prima che salisse sui monti e si arruolasse nelle bande di Vitò ["Ivano", Giuseppe Vittorio Guglielmo, da luglio 1944 comandante della V^ Brigata Garibaldi "Luigi Nuvoloni" e dal 19 Dicembre 1944 comandante della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione"].
Nell'ottobre 1943 a Taggia c'erano due gruppi di partigiani in formazione, uno in una vallata dietro il cimitero ed un secondo in regione Beusi. Con questi gruppi avevo anch'io dei rapporti. Ricordo che si era associato anche il maresciallo Genova. Erano una ventina, ma non erano organizzati...
E nei suoi ricordi appare Arma di Taggia.
Anche ad Arma di Taggia si formava un C.L.N. con Candido Queirolo, Mario Cichero, Mario Siri, Mario Verzoni. Quest'ultimo andrà poi a Milano e là proseguirà la sua azione partigiana. Candido Queirolo si spingerà sino a Firenze e vi rimarrà per un lungo periodo di tempo.
Erano, come si nota dai ricordi di Erven, tentativi sporadici non ancora organizzati...
Io ero a Taggia. Abbiamo fatto con il mio gruppo una prima azione partigiana. Prelevammo dal forno di Del Pietro una certa quantità di farina e la mandammo ad una banda Brunati [Renato Brunati, arrestato il 6 gennaio 1944, deportato a Genova e fucilato dalle SS il 19 maggio 1944 nella strage del Turchino], che era sopra Baiardo (IM)... Nel mese di novembre 1943, quando Felice Cascione aveva organizzato il primo gruppo operativo, in tutta la zona dell'Imperiese si formarono spontanei gruppi di ufficiali, di soldati e di civili, che operavano separatamente e senza una condizione prestabilita. Si sciolsero però davanti ai primi ostacoli come neve al sole.
Anche Erven ammette l'inconsistenza delle prime organizzazioni partigiane sorte per entusiasmo momentaneo...
Nei gruppi spontanei si facevano solo discussioni... un tentativo di prelevare delle macchine da scrivere sotto il tribunale di Sanremo... in seno al C.L.N. fui delegato dal P.C.I. essendo ufficiale militare. 
don Ermando MichelettoOp. cit.

Il farmacista di Molini di Triora (dott. Alfonso Vallini), antifascista (PSIUP) e membro del Comitato locale di Resistenza, ha segnalato agli antifascisti del Fondovalle (Erven) la presenza del gruppo di Vittò e di Tento; e con questo gruppo prende contatto Mario Cichero, comunista, prima per ordine del suo Partito, e poi anche per incarico del Comitato resistenziale di Arma di Taggia, di cui fa parte insieme ad Erven e con altri.
Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia

Purtroppo i primi gruppi si erano sciolti. Solo Vitò e la sua banda nutrivano le speranze, perché costituivano una entità salda e duratura. È da questo momento che tutti gli sguardi si puntano sui monti di  Loreto e Cetta [Frazioni di Triora (IM)]. Lassù si faceva sul serio e nessuno ancora nei C.L.N. pensava a sovvenzionare. Sarà il dott. Neri, veterinario di Taggia, a segnalare il gruppo di Vitò. E il dott. Neri era in contatto con il farmacista di Molini di Triora (IM), dott. Vallini: questo il primo contatto con Vitò...
In merito ai Lantrua, i fratelli che gestivano in proprio le corriere della Valle Argentina non è mai stato detto... favorivano con il loro servizio i nostri trasporti destinati al gruppo di Vitò...
Per opera di Stefano [Leo] Carabalona, che nella Val Nervia e precisamente a Rocchetta Nervina  aveva organizzato una banda si resero più efficienti i C.L.N. di Ventimiglia, di Vallecrosia, di Bordighera. Dopo le tristi peripezie del gruppo di Felice Cascione, si sono radunati nella casa di un certo Pastorelli, situata sulla strada per Carpasio [oggi nel comune di Montalto Carpasio (IM)], i rappresentanti di vari C.L.N. che stabilirono l'organizzazione ufficiale della IX^ Brigata Garibaldina, ancora senza nome, e decisero la sovvenzione dei gruppi armati organizzati...
Da questo momento, primavera del 1944, nei mesi di marzo ed aprile, si costituisce un C.L.N. sul piano regionale...
Nasce veramente l'organizzazione partigiana...
I C.L.N. erano l'espressione di tutti i ceti sociali, ormai convinti della fallita politica fascista...
Così ha chiarito Erven...
don Ermando Micheletto *,  Op. cit. 
* ... Don Micheletto per tutta la guerra si adoperò per i partigiani, generalmente in contatto con i gruppi di Vitò, che accompagnò spesso nei loro spostamenti. Esplicherà la sua attività specialmente nell'assistenza e per captare messaggi radio. 
Giovanni Strato, Op. cit. 

[...] in concomitanza con l'aumentata pressione nazifascista, dal 28 marzo 1944 i maggiori gruppi partigiani, originati dalla "banda Cascione", vennero posti sotto il comando di Curto [Nino Siccardi], che [...] riuscì a contattare anche le bande di "Tento", Pietro Tento, e di "Vitò" [Giuseppe Vittorio Guglielmo], le quali agivano nella parte occidentale della provincia di Imperia in Alta Valle Argentina con base alla Goletta di Triora (IM) [...] A fine maggio 1944 il Comando Generale per l'Alta Italia del Corpo Volontari della Libertà mandò disposizioni per la creazione in Liguria di un Comando unificato. Sorse così il primo Comando Militare Unificato Regionale Ligure (CMURL). La Liguria venne suddivisa in 4 zone in ottemperanza alle direttive impartite dal Comando Generale Alta Italia: I^ Zona Operativa, dalla Valle del Roia, estremo ponente della provincia di Imperia, a quella dell'Arroscia [...] Attorno al 13-14 giugno 1944, in considerazione del crescente numero di combattenti che agivano nel territorio, venne riconosciuta alle forze della Resistenza imperiese una nuova unità operativa, la IX^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione".
Rocco Fava di Sanremo (IM), L
a Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999 

venerdì 29 maggio 2020

Venne bruciato il fienile del patriota


Taggia (IM): la Chiesa Parrocchiale di Arma di Taggia

... la sera del 23 gennaio 1945 circa cento SS, armate anche con due mortai, circondavano casa Ghersi ad Arma di  Taggia (IM). I quattro garibaldini,  appartenenti al Distaccamento “Folgore” del Battaglione “Orazio 'Ugo' Secondo” della IV^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Elsio Guarrini” della II^ Divisione “Felice Cascione”, che si trovavano nell’abitazione, vennero immediatamente immobilizzati e torturati. Dei partigiani che si trovavano all’interno del casone il solo Luigi Franco Ghersi, incitato dal fratello Giacomo "Pino" a farlo, riuscì, pur ferito, quando i due fratelli, legati, erano ormai trascinati per strada verso l'esecuzione, a fuggire "perché un tedesco stava per sparargli al capo con una pistola. Infatti fuggì e, nonostante le raffiche di MG 42 e inseguito come una bestia selvaggia, benché ferito riuscì a mettersi in salvo". Venne bruciato il fienile del patriota Raffaele "Lello" Politi. Dopo di che, seguendo una lista fornita da qualche delatore, continuarono gli arresti. I tedeschi si portarono sulla Via Aurelia. Sulla strada si trovarono i cadaveri di tre garibaldini, Vincenzo Morto Pistone, Ermanno Biondo Gazzolo e Mario Nico Cichero, che erano già stati fucilati.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 - 1999

25 gennaio 1945 - Dal C.LN. di Sanremo, prot. n° 225/SIM, al Comando [comandante Curto Nino Siccardi] della I^ Zona Operativa, al comando della II^ Divisione [comandante "Vittò", Giuseppe Vittorio Guglielmo] ed al comando della V^ Brigata [comandante "Fragola Doria", Armando Izzo] - Relazione militare: [...] ad Arma di  Taggia erano stati trucidati da SS italiane e tedesche 7 patrioti.
5 febbraio 1945 - Dall'ispettore ["Simon",  Carlo Farini] della I^ Zona Operativa Liguria al comando del III° Battaglione della IV^ Brigata della II^ Divisione - Chiedeva informazioni sui fatti di Arma di Taggia del 24 gennaio per i quali furono rinvenuti i cadaveri di 7 uomini della SAP di Arma di Taggia, tutti appartenenti al Distaccamento comandato dall'ex brigadiere Gastone Lunardi ed ordinava di svolgere un'inchiesta sull'insieme delle circostanze.
5 febbraio 1945 - Dall'ispettore della I^ Zona Operativa Liguria al comando della II^ Divisione - Invitava a processare presso il Tribunale della Divisione Gastone Lunardi, già sospettato per la sparizione di 19 quintali di farina, per appurare sue responsabilità nell'uccisione di 7 uomini della sua squadra SAP, strage avvenuta ad Arma di Taggia il 24 gennaio, e sollecitava, oltre che l'inoltro della dislocazione delle formazioni dipendenti dalla Divisione, altresì l'invio allo scrivente di notizie relative a quei caduti.
da documenti Isrecim in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II

I tragici fatti di Arma di Taggia avvenuti intorno al 23 gennaio 1945 vennero riassunti, finita la guerra, in una relazione, un documento oggi Isrecim, anche questo studiato in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II; più precisamente un rapporto del 17 maggio 1945 del comando del IX° Distaccamento "Bianchi" del III° Battaglione della IV^ Brigata della II^ Divisione, inviato al comando del III° Battaglione, che, tra l'altro, riportava: "... Alle ore 20 circa del 23 gennaio 1945 reparti delle SS tedesche e italiane provenienti da Imperia e guidati da una spia procedevano all'arresto in Arma di Taggia ed in regione Castelletti dei garibaldini Giacomo Ghersi, Mario Cichero, Vincenzo Pistone, Vincenzo De Maria, Raffaele Politi, Guglielmo Bosco, Luigi Ghersi ed Ermanno Gazzolo. Tutti i fermati appartenevano al Distaccamento 'Folgore'. Alcuni giorni prima garibaldini del Distaccamento 'Peletta' avevano, su indicazione di Pino Faustini, perquisito la casa dei Ghersi e, dopo un chiarimento, avevano capito che essi erano garibaldini sinceri, mentre Faustini era un individuo 'torbido' che aveva in odio i Ghersi stessi. La sera del 23, quindi, mentre il comandante del Distaccamento si trovava assente... reparti delle SS tedesche e italiane (circa 100 uomini) con due mortai, circondavano casa Ghersi facendovi irruzione. Erano guidati da un borghese con faccia mascherata in parte, cappello calato sugli occhi e bavero del cappotto rialzato. In quel momento si trovavano in casa Ghersi Giacomo e Luigi ed anche Guglielmo Bosco e Vincenzo De Maria. Furono bestialmente percossi, senza alcuna pietà, perché non vollero rivelare la località dove erano nascoste le loro armi con le munizioni e i nomi degli altri partigiani componenti il Distaccamento. Essi sopportarono con coraggio e fermezza la tortura senza pronunciare una sola parola che potesse essere di nocumento ai compagni. Anche i genitori dei Ghersi furono minacciati e malmenati affinché parlassero. Il nipote del Ghersi di anni 11 alle domande rivoltegli dal borghese rispondeva fieramente di nulla sapere, invitando la spia a togliersi la maschera. Altri elementi delle SS appiccavano il fuoco alla baracca di Raffaele Politi il quale, costretto dal fumo e dalle fiamme, dovette uscire all'aperto e arrendersi, fu percosso e seviziato a lungo... un gruppo di SS partì per andare ad arrestare altri i cui nomi erano in una lista in loro possesso. Dopo aver completamento depredato la casa... legati insieme i fratelli Ghersi... i nazifascisti si portarono in Arma di Taggia, sulla Via Aurelia di fronte alla Chiesa. Lungo la strada giacevano già i cadaveri dei garibaldini Vincenzo Pistone, Ermanno Gazzolo e Mario Cichero. Al garibaldino Gazzolo, perché parlasse, furono cavati i denti con le pinze da fabbro, ma nonostante la sofferenza non pronunciò una parola di delazione e si lasciò massacrare. Il Pistone subì la stessa sorte. Alla vista dei compagni morti, accortisi di essere portati nei pressi, Giacomo Ghersi, che era stato slegato dal fratello Luigi, incitava quest'ultimo a fuggire perché un tedesco stava per sparargli al capo con una pistola. Infatti fuggì e, nonostante le raffiche di MG 42 e inseguito come una bestia selvaggia, benché ferito riuscì a mettersi in salvo. Gli altri prigionieri, ormai agli estremi per i tormenti subiti, non potevano tentare la fuga e vennero barbaramente trucidati. Dei loro cadaveri fu fatto scempio". 
Adriano Maini

La sera del 23 gennaio u.s. in Arma di Taggia e regione "Castelletti" 30 militari della S.D. germanica e otto militi dell'U.P.I. effettuavano un rastrellamento per la cattura dei componenti la banda "Folgore".
Sono stati arrestati sette banditi, di cui cinque fucilati sul posto dai germanici, uno trattenuto in arresto e tale Luigi Ghersi evaso.
Venivano recuperati sei moschetti mod. 91, una pistola e sedici bombe a mano, nonché il ruolino completo della banda "Folgore".
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del 20 febbraio 1945, pp. 27,28. Fonte: Fondazione Luigi Micheletti     

martedì 19 maggio 2020

I nazifascisti erano già in allarme


Un antico ponte sul torrente Pennavaira nei pressi di Nasino (SV) - Fonte: Wikipedia
 
...  a Magaietto... verso la metà di novembre [1943] venne stabilito il primo nucleo di comando [della banda di Felice Cascione]. Gli armati - circa una sessantina - furono divisi in piccole squadre, "Libertà", Matteotti", Prometeo", e vennero costituite le prime staffette per sorvegliare gli scarsi rifornimenti che giungevano da Imperia ed espletare il servizio informazioni. I nazifascisti erano già in allarme: puntate di pattuglie tedesche venivano eseguite di continuo ed il servizio di spionaggio nemico cominciava a funzionare. D'altra parte l'invasore aveva ancora scarsi effettivi sul posto e non si arrischiava in azioni decisive non conoscendo la vera forza delle bande, forza che la voce pubblica esagerava enormemente, talvolta ad arte.  
Mario Mascia, L'Epopea dell'Esercito Scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia

In conseguenze della numerosa presenza di bande e di gruppi di partigiani, si fece pressante la richiesta di una maggiore coordinazione tra i patrioti combattenti in montagna.
Erano già presenti nell'autunno del 1943 diversi comitati locali nei principali centri, ma ancora troppo deboli sul piano politico-militare. Nella zona di Imperia esisteva già un Comitato di Unione, cui aderivano i tre principali partiti, il Partito Comunista, il Partito Socialista, la Democrazia Cristiana. Altri minori comitati furono quello di Sanremo, quello di Taggia, quello di Bordighera.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999

Nei primi di ottobre 1943 (Bruno Erven Luppi) dopo varie peripezie raggiunge la sua abitazione a Taggia per prendere contatto con i vecchi compagni e con i quali organizza a monte della città, in località Beusi [Beuzi], una prima banda armata composta da una ventina di giovani, in gran parte militari sbandati. Ma la banda ha vita breve poiché si scioglie nel novembre successivo. In quel periodo entra a far parte del Comitato di Liberazione di Sanremo, come rappresentante insieme al Farina del PCI, con l’incarico di addetto militare. Organizza pure il CLN di Taggia e una cellula del PCI ad Arma, coadiuvato dai compagni Mario Cichero, Candido Queirolo, Mario Guerzoni e Mario Siri. Con i Sanremesi dà vita ad un giornale  clandestino quindicinale dal titolo “Il Comunista Ligure”, ciclostilato nel retro del negozio del Cichero stesso. Il gruppo prende pure contatto con la banda armata di Brunati [Renato Brunati, arrestato il 6 gennaio 1944, deportato a Genova e fucilato dalle SS il 19 maggio 1944 sul Turchino], dislocata a Baiardo e con altre formatesi in Valle Argentina. 
Prof. Francesco Biga in Atti del Convegno storico LE FORZE ARMATE NELLA RESISTENZA di venerdì 14 maggio 2004, organizzato a Savona, Sala Consiliare della Provincia, dall'Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea della provincia di Savona (a cura di Mario Lorenzo Paggi e Fiorentina Lertora)]

In una frazione di Vendone (SV) in una casupola si era fermato dopo l'8 settembre Luigi Peruzzi, ex combattente in Spagna, che alimentava e manteneva i primi rudimentali collegamenti con la banda Cascione ed i contadini della zona. Da lui fu avviato quando dovette lasciare la città mio fratello Sergio Alpron [Capitano Gabbia] e vi fu accompagnato da Pippo Mazzotti di Albenga. Tempo dopo, a seguito di una riunione avuta fra lui, io e Cascione ed altri, Sergio passò in Piemonte facendo tappa prima a Garessio e recandosi poi presso le formazioni di Mondovì e a Frabosa dove fu anche raggiunto da mio padre. Anche io vi feci alcune puntate per essere ragguagliato appunto sulle attività locali. Fra l'altro, sotto il comando del col. Rossi... A mio fratello fu affidato il comando della zona di Garessio...
Giorgio Cis Alpron, già capo di Stato maggiore della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante

Secondo Erven il C.L.N. provinciale era già sorto, come conseguenza della visita di Pajetta, a novembre 1943. Secondo Strato [Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia] e Mascia [Mario Mascia, Op. cit.] il primo febbraio 1944.
In ogni caso l'unione effettiva delle forze partigiane, come si vedrà in seguito, avverrà soltanto nella tarda primavera del 1944.
Non ritenendo più sicura la posizione di Bestagni-Magaietto, la formazione di Cascione si spostò poi al Casone di Votagrande, in Località  Passu du Beu sulle alture di Andora (SV).
Rocco Fava, Op. cit.

Li chiamano casoni, sono ricoveri per il bestiame, per gli attrezzi agricoli o per una breve sosta dei contadini quando sono al lavoro. Sono un posto adatto per nascondere i partigiani, sulle colline sempre più aspre dove gli ulivi lasciano il posto ai castagni, prima che sui prati scoscesi ci siano soltanto rocce e arbusti. Il casone dei Crovi, cioé dei corvi, ha un tetto spiovente dal lato a monte, a coprire il fienile, e un muretto davanti alla porticina sulla facciata della casa vera e propria. Te lo trovi di fronte oltre un prato verdissimo, uscendo dall'ombra degli alberi lungo il sentiero che poi continua verso la cima del monte. Castell'Ermo, si chiama quel monte. Unisce o divide due vallate, l'Arroscia e la Pennavaire, alle spalle di Albenga. Una montagna sacra, per le antiche popolazioni ingaune: quassù c'erano dei dolmen, vi si praticavano riti propiziatori. Ma i ragazzi della banda di Megu [Felice Cascione] non lo sanno, o comunque non stanno cercando suggestioni antiche; lì sono arrivati salendo di fretta, due giorni e due notti attraversando il costone del Pizzo d'Evigno. C'è stato lo scontro a Montegrazie, ci sono i due fascisti prigionieri da sorvegliare, c'è il rischio che le Brigate Nere, adesso, vadano a cercare le loro famiglie giù a casa. Allora l'ordine del comando cospirativo è stato quello di cambiare aria. Si svuota in fretta il casone della Vota Grande al Passo du Beu - il passo del bove - le coperte, gli zaini e le armi sulle spalle, quasi sessanta chili a testa per ogni ragazzo; e ci sono Pampurio e Gina, i due muli, carichi che di più non potrebbero neanche fare un passo. Tonino, che guida Pampurio a conclusione della colonna, sa bene quanta fatica comporti tenere il mulo sul sentiero per i due giorni dello spostamento, e soprattutto controllare che non cada nulla, perché c'è poco di tutto e tutto è prezioso.
Donatella Alfonso, Fischia il vento. Felice Cascione e il canto dei ribelli, Castelvecchi editore, 2015

Uno dei primi alassini a salire ad Alto [provincia di Cuneo, alta Val Pennavaira], veramente agli albori e cioé verso fine di settembre 1943 era Giuseppe Arimondo (Pippo o Elio o Mingo o D 33), ex ufficiale di artiglieria reduce da Trieste dopo il fatidico 8 settembre. Aveva trovato rifugio nella cascina Quan, in località Costabella ad Alto, mentre l'altro alassino Giovanni Sibelli (Sergio), anch'egli fuggito da Trieste dal 34° Reggimento artiglieri "Sassari", era nella cascina di Ettore in località Ferraia. Sibelli ritornerà dopo qualche tempo ad Alassio per aggregarsi al CLN e per dare il suo notevole contributo al locale PCI clandestino. Ad Alto, Sergio collaborava con Giorgio Alpron (Giorgio I o Cis)... Emozionante era stato per Pippo l'incontro con Felice Cascione (U Megu) e Vittorio Acquarone nella trattoria di Adelina, quando i due imperiesi tentavano di stabilire i primi collegamenti con gli albenganesi animati dalla comune fede comunista. Un episodio significativo era stata la ricerca di tre ufficiali jugoslavi prigionieri, evasi dal campo di concentramento di Garessio e rifugiatisi sul Monte Galero, saltuariamente soccorsi da Rina Bianchi di Nasino [in provincia di Savona, Val Pennavaira]. Pippo Arimondo con alcuni albenganesi... coronavano la ricerca, aggregando i tre slavi Milan R. Milutinovic (Mille), Obren L. Savic (Vincenzo) e Mihajlo Kavagenic (Michele o Dabo) al distaccamento ribelle. I tre jugoslavi combatteranno con i partigiani fino alla fine del conflitto. Arimondo (Pippo) nel gennaio 1944 scendeva ad Alassio per organizzare, come detto, il trasporto di armi e di munizioni. Nella sosta di alcuni giorni in Riviera incontrava in una casa privata di via Diaz, assieme a Virgilio Stalla, Angelo Martino e Giovanni Sibelli, il dirigente comunista Giancarlo Pajetta (Nullo o Mare), ispettore militare in viaggio lungo la costa ligure per coordinare le prime squadre partigiane comuniste, le Stelle Rosse. Avuto l'assenso per la disponibilità degli armamenti, Pippo ritornava ad Alto per riferire l'esito della missione. A quel punto Viveri (Umberto) e il comando partigiano rimandavano Pippo ad Alassio... Nel frattempo da Alto arrivava la tragica notizia della morte di Felice Cascione e la conseguente dispersione dei garibaldini verso il Piemonte.
Francesco Biga e Ferruccio Iebole (a cura di Vittorio Detassis), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. V, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016

venerdì 15 maggio 2020

Altri sette partigiani cadono vivi in mano al nemico


Ubaghetta Costa - Fonte: Google
 
18 gennaio 1945 - Ore 10 passaggio in formazione di grandi quadrimotori - Il secondo gruppo, giunto all'altezza di Pieve [di Teco], esegue un fittissimo lancio di manifestini, incitanti alla resistenza e a non rispondere alle chiamate dei tedeschi e dei repubblichini.
19 gennaio 1945 - Questa mattina un centinaio di tedeschi, verso le 5, sono partiti per operazioni di rastrellamento per Moano e Colla Domenica [rispettivamente una Frazione ed una località del comune di Pieve di Teco (IM)]; sono scesi a Gazzo [nel comune di Borghetto d'Arroscia (IM)], ove hanno rastrellato 60 civili, fra i quali il Tenente Cassia e il Tenente Renzo Merlino. Li hanno portati tutti in Pieve e rinchiusi nel teatro Civico. Ivi hanno trascorso tutto il pomeriggio e la notte, al freddo e alla fame.
Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, tip. Dominici Imperia, 1994
 
19 gennaio 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della Divisione "Silvio Bonfante"  - Relazionava su una spedizione tedesca ad Ubaghetta, Frazione di Borghetto d'Arroscia (IM), Valle Arroscia, che aveva cercato di individuare la sede del Comando della I^ Zona Operativa Liguria e sulla spia Boll "che si è messo a lavorare per i tedeschi in un modo vergognoso e vile", aggiungendo che si apprendeva da fonte attendibile che "ieri verso le 10 ad Alassio sono state sciolte per ordine del comando tedesco le Bande Nere. Risulta che gli ex appartenenti a questi reparti siano stati disarmati ed obbligati a svestirsi della divisa" a causa delle malversazioni fatte patire alla popolazione.

20 gennaio 1945 - Dalla Sezione S.I.M. della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Veniva comunicato che i tedeschi di stanza a Badalucco (IM) si erano diretti a Carpasio [oggi comune di Montalto Carpasio (IM), Alta Valle Argentina] e che a Taggia (IM) erano giunti 20 agenti di P.S. che avrebbero dovuto tentare di infiltrarsi tra i partigiani. A Sanremo era arrivato un Battaglione [repubblichino] della San Marco adibito ai rastrellamenti.

20 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" ai comandi delle Brigate, I^, "Silvano Belgrano", II^, "Nino Berio", III^, "Ettore Bacigalupo" - Venivano inviate due circolari. Una recante il modello per le rendicontazioni finanziarie. L'altra afferente l'obbligo di comunicare al comando di Divisione ogni prelievo in denaro effettuato.

20 gennaio 1945 - Da C.11 al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che una colonna tedesca proveniente da Mondovì (CN) aveva fatto sosta a Garessio (CN) e che sembrava confermata la voce secondo cui le autovetture tedesche della Croce Rossa trasportassero armi.

20 gennaio 1945 - Da Elio [Giuseppe Arimondo] al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Inviava i nominativi di 3 spie di Cisano sul Neva (SV) e di Campochiesa (SV), di cui 2 donne ed 1 uomo. Tornava sullo scioglimento della Brigata Nera ad Alassio (SV) scrivendo che "gli ex appartenenti alla San Marco, che avevano precedentemente disertato e che ora si sono presentati, saranno, per ordine del comando tedesco, fucilati perché, avendo prestato giuramento a Hitler, sono appartenenti alla giurisdizione tedesca".

20 gennaio 1945 - Dal comando della I^ Brigata al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che una squadra del Distaccamento "Francesco Agnese" al comando di Moschin [Carlo Mosca] il 9 gennaio aveva attaccato ed ucciso 3 tedeschi sulla strada statale 28 nel tratto Pontedassio-Frantoio Biscialla.

21 gennaio 1945 - Da Gianni del P.C.I. [dovrebbe essere stato Giuseppe Viani, capo di Stato Maggiore della I^ Zona Operativa Liguria] a Mancen [Massimo Gismondi, quadro della Divisione "Silvio Bonfante"] e Federico [Federico Sibilla, quadro della Divisione "Silvio Bonfante"] - Informava che un uomo a Deglio voleva uccidere il segretario comunale in nome dei partigiani ed aggiunbìngeva: "Vi ordino di fermare quel tizio dal commettere delitti. Noi patrioti non siamo assassini, ma vogliamo la liberazione dell'Italia".

21 gennaio 1945 - Dal Comando Operativo della I^ Zona al comando della II^ Divisione ed al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Ordinava di rendere difficoltoso il transito ai nemici sia per strada che per ferrovia. Veniva espressa perplessità sulla circostanza della ripresa di rastrellamenti tedeschi dopo che i nazisti avevano già fatto preparativi per l'evacuazione.

21 gennaio 1945 - Da Simon [Carlo Farini, ispettore della I^ Zona] al vicecommissario della II^ Divisione, Miliani [Beniamino Miliani, fucilato dal nemico a Sanremo il 25 marzo 1945] - Ricordava la sua circolare circa i rapporti tra cattolici e garibaldini, di cui occorreva, pertanto, prendere visione e sollecitava ad inviare relazioni sulle questioni importanti.

da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999
 
 
Il 20 gennaio un grande rastrellamento investe il piccolo paesino di Degolla. Sul paese si dirigono tre colonne nemiche, provenienti da Cesio, da Pieve di Teco e da Casanova Lerrone. Il nemico giunge nella zona alle sette del mattino. Nei pressi del paese è dislocata la squadra di Riccobono Calcedonio Assassino, composta da dodici garibaldini, armata con un MG. La squadra rimane circondata ed i suoi componenti sparano fino all'ultimo colpo. Il caposquadra Riccobono cade dilaniato da una bomba a mano. Anche Giuseppe Cognein (Giuseppe) di anni 20, commissario del Distaccamento "Gian Francesco De Marchi", viene ucciso da una raffica mentre scaglia la sua arma scarica contro il nemico. Altri sette garibaldini, Ettore Talluri, Giuseppe Loba, Luciano Mantovani, Oreste Medina, Ugo Moschi, Valter Del Carpio, cadono vivi in mano al nemico. Dante Rossi rimane gravemente ferito, ma, catturato e portato all'ospedale di Pieve di Teco, riesce a salvarsi utilizzando il cadavere di un anziano deceduto per morte naturale e con la complicità di un infermiere tedesco, sacerdote cattolico: fuggito dopo che è stato dichiarato deceduto.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, edit. in pr.
 
[ Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016  ]
 
25 gennaio 1945 - Giornata terribile - il professor Giurco, interprete dei tedeschi, qui piovuto non si sa come e per me molto sospetto perché è mia convinzione che faccia il doppio gioco, viene alle 3 pomeridiane per annunciarmi che Renzo [Merlino] è stato stamattina condannato a morte.
26 gennaio 1945 - Sono le 8,30 e nel solito prato gli otto sanmarchini, già passati ai partigiani e catturati l'altro giorno nell'azione militare a Bosco, vengono fucilati.
27 gennaio 1945 - Uno dei sanmarchini superstititi, ferito al ventre è morto alle 10,30 di stamane all'ospedale. Sono le 11,30: i due patrioti rastrellati in Rezzo, trasportati in Pieve e condannati a morte, non sono ancora stati fucilati.
Nino Barli, Op. cit.
 
I prigionieri, dopo varie tristi vicissitudini, sono condotti a Pieve di Teco (IM) e rinchiusi nella caserma "S. Siffredi".  
Saranno fucilati in Prato Sertorio [Pieve di Teco (IM) ] il 26 gennaio 1945.
Dante Rossi, invece, come era in lugubre uso, fu consegnato dai tedeschi all'ospedale di Pieve di Teco (IM) per farlo guarire e poi fucilarlo: la stessa cosa fu fatta in effetti ai suoi compagni. 
I medici e gli infermieri tentarono in tutti i modi di salvare questo ragazzo, prolungandone la guarigione. 
Ogni giorno un infermiere tedesco, che era anche sacerdote cattolico, veniva a prendere notizie del partigiano Dante Rossi di Parma.
Un giorno pensò di farlo sparire. La cosa avvenne in questo modo: morì un vecchio del ricovero e, mentre si componeva la salma nella bara, venne sparsa la notizia che era morto invece il partigiano. L'infermiere tedesco portò tale notizia al comando nazista e il ragazzo venne nascosto dal personale dell'ospedale nella corsia dei borghesi. Dopo tre mesi, il giorno della Liberazione, fu salutato come morto e risuscitato dai compagni increduli e poté tornare sano e salvo dalla propria famiglia. 
Le infermiere che salvarono la vita al giovane erano: Arrobbio Maria, Suor Emma - classe 1893 Viarigi (Asti); Zunino Maria, Suor Bianca - classe 1890 Varazze; Rossetti Adele, Suor Gemma - classe 1920 Marnate (Varese); Ferrari Benedetta, Suor Domitilla - classe 1892 Riva Ligure (IM).
Rocco Fava di Sanremo (IM), Op.cit., Tomo I

29 gennaio 1945 - ... Fino a questo momento Renzo [Merlino] è ancora in vita...
30 gennaio 1945 - Questa mattina alle ore 8 Renzo dal carcere è stato condotto ammanettato in Municipio e dopo pochi minuti è uscito a mani libere colla mantella sulle spalle. Era però scortato da 8 tedeschi armati ed è stato condotto ad Ormea...
31 gennaio 1945 - Renzo è sempre ad Ormea e la sua situazione continua ad essere un mistero. Oggi alle 2 è venuto da me il Capitano Bovolo, di ritorno dal Piemonte... in forma concitata mi narra che egli non aveva mai detto al comando tedesco di essere stato aggredito con la rivoltella in pugno da Renzo Merlino, capo banda, e cioé nel Maggio scorso. Tale accusa, egli mi dice, gli venne fatta in Ormea, dove tale notizia è di dominio pubblico...
Nino Barli, Op. cit.
 
[...] la situazione andò leggermente migliorando, finchè si giunse al marzo 1944. Ai primi di questo mese il comando tedesco di Imperia ordinava un vasto rastrellamento in tutta la zona, da Imperia ad Ormea. I partigiani provvedevano a contrastare l'avanzata del nemico, ma nonostante questi sforzi, nei quali cadeva il partigiano Roberto Sasso, e rifulse l'esempio del Ten. Renzo Merlino, i tedeschi riuscirono ad entrare in Ormea e ad occuparla saldamente. [...] Il 9 aprile viene rinvenuto il cadavere del Ten. Merlino, in un campo presso Rio Chiappino, di cui il giorno dopo viene celebrata affrettatamente la sepoltura.
Redazione, Guida di Ormea, a cura delle "Campane di San Martino", 1986 

6 febbraio 1945 - Questa mattina mi comunicano la morte di Renzo [Merlino] per fucilazione che, a quanto si sospetta, pare avvenuta in modo straziante e barbaro.
7 febbraio 1945 - [...] oggi mi si riferisce che Renzo non sarebbe stato ucciso, ma incorporato negli SS tedeschi. Come si vede, anche nelle cose più serie e delicate, le notizie non tralasciano d'essere incerte e spesso inesatte [...]
12 febbraio 1945 - [...] sorprendente il mistero di Renzo. Trasportato ad Ormea, ove giunse ammanettato e sotto scorta di otto tedeschi armati, dopo tre o quattro giorni è scomparso di nuovo [...] L'unica supposizione che ancora rimane è quella di immaginare che il poveretto sia stato destinato a qualche servizio segreto che, per sua natura, richieda il massimo riserbo. Ma è certo che le buone speranze si affievoliscono ogni giorno di più.
Nino Barli, Op. cit.

venerdì 1 maggio 2020

Dal rastrellamento nazi-fascista di Beusi alla strage del Castello Devachan di Sanremo

Uno scorcio del centro storico di Taggia (IM)
 
Verso le ore 11 del 17 febbraio 1945 "un gruppo di guardiafili del comando di Molini di Triora stava perlustrando la linea da Molini a Langan [località di Castelvittorio (IM)]. A metà strada, quasi al bivio della strada per San Giovanni dei Prati [Molini di Triora (IM)]" < così scrisse don Ermando Micheletto, La V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" (Dal Diario di "Domino nero" - Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975 >, gli 8 fascisti ed i 3 tedeschi che componevano la pattuglia vennero attaccati "dalle squadre dei comandanti Serpe [Isidoro Faraldi, comandante del IV° Distaccamento del II° battaglione "Marco Dino Rossi" della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione"] ed Olmo [Giobatta Moraldo, comandante del III° Distaccamento del I° Battaglione "Mario Bini" della V^ Brigata]; dopo una sparatoria di 15 minuti i nostri catturavano l'intera pattuglia con tutte le armi. Il numero delle armi automatiche è il seguente: 1 Mayerling, 1 Breda ed 1 Sten" (18 febbraio 1945 - Dal comando del II° Battaglione, prot. n° 3,  al comando della V^ Brigata - documento Isrecim).

I partigiani subito fucilarono (esecuzione segnalata dal comando della II^ Divisione al comando della I^ Zona Operativa il 18 febbraio - documento Isrecim) questi soldati nemici catturati.

Come rappresaglia a quest'ultima esecuzione i comandi militari tedeschi e fascisti portarono a morte 14 garibaldini (e due ex partigiani diventati spie nemiche) il 5 marzo 1945 nel Castello Devachan di Sanremo (IM).
Molte di queste vittime erano state catturate il 18 febbraio 1945 durante il rastrellamento condotto a Beusi e a Campi nel territorio di Taggia (IM).

Alcuni reparti, composti da tedeschi e da bersaglieri repubblichini, provenienti da Sanremo, Taggia, Ceriana (IM) e Baiardo (IM), durante le prime ore del 18 febbraio "condotti da spie circondavano il comando Battaglione ed il Distaccamento di Tito; attendevano l'alba e verso le ore 8,30 attaccavano improvvisamente e catturando una delle nostre sentinelle si portavano nei pressi dominanti ed aprivano il fuoco con armi automatiche" (così nella testimonianza di Cipriano, Raffaele Alberti, commissario di Battaglione).
I garibaldini tentarono la fuga, ma per molti di loro non vi fu scampo.
Ancora dal racconto di Cipriano: "il vice commissario divisionale Miliani venne catturato dai tedeschi, il furiere divisionale D'Artagnan ucciso dai tedeschi, il furiere del Distaccamento di Tito, Fiffa [Fifa, Domenico Lupi], e i garibaldini Alba, Luciana [Renato Dardanelli], Bulbo (ferito), catturati dai bersaglieri. I garibaldini Cinò [Benedetto Reghezza] ed Italo [Francesco Bergonzo] catturati dai tedeschi. Dispersi Torre [Antonio Torre], Baldo [Francesco Foca], più due da ritenersi catturati ed uno morto. Venivano, inoltre, catturati in Taggia, alla sera, i garibaldini Carlo [Secondo Lanteri], Radio [Carmelo Genova], Udine [Giuseppe Genova], Anguilla [Emilio Cesarone], la madre del garibaldino Mare, Fulmine ed il padre di Primavera. Venivano pure ricercati alcuni garibaldini che collaboravano con noi stando a Taggia".
Su indicazione di uno degli arrestati venivano asportati da parte dei bersaglieri 30 fucili del Distaccamento di Tito. Le spie conducevano, inoltre, i soldati fascisti verso gli accampamenti degli altri due Distaccamenti del Battaglione "Candido Queirolo", tuttavia abbandonati da circa una settimana. 

Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 - 1999

Taggia (IM): Monumento ai Partigiani Caduti

La mattina del 18 febbraio del 1945 Italo (Bergonzo Francesco) e Franco (Pastorino Francesco) erano di vedetta in località Campi Alti e sorvegliavano la zona andando avanti e indietro. Non accorgendosi che una pattuglia tedesca si stava avvicinando mentre le davano le spalle. Sentii un fruscio fra i cespugli e feci due o tre passi indietro, ed ecco comparire un tedesco che mi sparò un colpo di pistola, udii la pallottola fischiare vicino alle mie orecchie e scappai, scendendo verso i casoni dei Campi facendo segno al mio amico di seguirmi.  Invece lui fuggì dalla parte opposta dove c'erano le brigate nere che lo catturarono e lo pestarono a sangue. Lo seppi dall'americano a fine guerra. Io, dopo circa centocinquanta metri, mi voltai un attimo per vedere se Italo fosse dietro di me, e mi tirarono una bomba a mano tedesca; feci in tempo a buttarmi dietro un muro, che mi piovve addosso terra e pietre. Velocemente andai giù, arrivando in una casa di anziani dove sapevo esserci dei moschetti che lasciammo la sera prima, la coppia per fortuna, aveva già nascosto per bene le armi.
Continuai la mia fuga verso l'accampamento ed una raffica di mayerling sibilò sopra la mia testa, la cima di un albero cadde davanti a me, costringendomi a cambiare percorso, mi avviai così, verso la mulattiera che porta a Beusi e sentii delle voci! Vidi poi una pattuglia di brigate nere, mi nascosi guardando meglio,e scorsi anche una donna che conoscevo. Sentivo chiaramente i loro discorsi! Il comandante fascista voleva dare fuoco a tutto il bosco per stanarci, ma lei gli fece notare che era pericoloso anche per loro stessi [...] A notte fonda arrivano John (Giovanni Ubezio), Milan [questo nome di battaglia del comandante Miliani quasi di sicuro, tuttavia, dovrrebbe essere errato] (Beniamino Miliani) e anche Artiglio (Giuntini Pastorino). Ci abbracciammo nuovamente e le lacrime furono liberatorie. Quel tedesco sparandomi svegliò molti componenti della banda che dormivano nei casoni poco distanti che riuscirono così a fuggire. Purtroppo quel giorno nel bosco, il partigiano D'Artagnan (Egidio Sironi) di Imperia venne ucciso, Bulbo (Antonio Palmisano) venne ferito e fatto prigioniero insieme a Italo, ai due piloti americani, a Beniamino Miliani, al ribelle Jimmy e a l'ex prigioniero Alba. Carlo (Lanteri Secondo) venne arrestato dalle SS per la soffiata di una spia, mentre si trovava nascosto, malato con la febbre, in una casa in Castello (centro antico) a Taggia. I giovani (in tutto furono 15 i partigiani catturati) furono portati a Sanremo nel castello di Devachan... vennero tutti (tranne uno che si salvò) fucilati il 5 marzo 1945...
Rita Pastorino, Prendemmo la via dei monti (Racconti sulla resistenza dei fratelli Pastorino), 2016

20 febbraio 1945 - Dalla Sezione SIM della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni", del Corpo Volontario della Libertà aderente al CLN P. 5/11/44, prot. n° 292, al comando Operativo della I^ Zona, al comando della II^ Divisione "Felice Cascione", alla Sezione SIM della II^ Divisione e p.c. al comando della V^ Brigata - Testo scritto a mano: "Il giorno 18 c.m. forze nazi-fasciste, provenienti da S.Remo, Taggia, Ceriana e Baiardo, hanno effettuato un rastrellamento in località denominata Campi, nella vicinanza della quale erano dislocati i Distacc. del II Btg. "C. Queirolo". Detta forza nemica che sin dalle prime ore del mattino trovavasi appostata nelle vicinanze di detta località, favorita dalla foschia, aveva il modo cogliere alla sorpresa le nostre formazioni. Da ultime informazioni assunte risulta che il Garibaldino D'Artagnan [Egidio Sironi, nato a Sampierdarena il 3 giugno 1920] è rimasto ucciso ed altri otto Garibaldini venivano catturati tra cui Miliani Vice Commissario Divisionale. Ci consta che i Garibaldini Alba del Distacc. "Oddo A" non appena catturati abbiano indicato al nemico il nascondiglio dove erano celate le armi dello Stesso Distaccamento. Il garibaldino Cinò [Benedetto Reghezza], uno dei catturati, è stato visto a Taggia in compagnia di tedeschi  [spazio nella lettera]    faceva da guida per la ricerca delle famiglie dei Garibaldini che trovansi in licenza. In data odierna 12 tedeschi con 10 muli provenienti da Taggia hanno fatto una puntata in località Alboreo da dove hanno asporato del fieno. I Garibaldini catturati sembra siano stati portati al Castello Dewachan in S.Remo. Ho già interessato il C.L.N. di detta città, affinché s'informi della loro sorte. Il Resp. S.I.M. di Brigata. Brunero [Francesco Bianchi]".
documento Isrecim in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II

Quattro giorni dopo quel rastrellamento 62 tedeschi con 17 muli si recarono nuovamente a Campi e Beusi con l'intento dichiarato di asportare foraggio per i loro animali da soma: l'obiettivo vero era quello di ricercare la sede segreta della I^ Zona Operativa Liguria.
Il SIM della V^ Brigata (documento Isrecim) fece sapere che "una persona ha avuto l'incarico dal comando tedesco delle SS di presentarsi ai partigiani con il preciso intento di scoprire ove si nascondono 'Simon' [Carlo Farini, ispettore] e 'Curto' [Nino Siccardi, comandante]. Infatti sanno che i suddetti comandanti si trovano in zona segreta. Detta persona dovrebbe mettersi direttamente a contatto con i comandanti oppure corrompere con una grossa somma qualche garibaldino che ne è a contatto. Ci viene comunicato, inoltre, che un garibaldino fatto prigioniero avrebbe dichiarato che la zona segreta in cui si nascondono i due si trova tra la regione Campi e la regione Beusi in quel di Taggia". Ed aggiungeva la descrizione fisica del delatore.
Il 23 febbraio 1945 veniva ucciso a Beusi il garibaldino Moscone [purtroppo non diversamente identificato, in ogni caso da non confondere con il comandante partigiano Basilio Moscone Mosconi], il quale era già stato ferito cinque giorni prima a Bussana, Frazione di Sanremo, mentre tentava il recupero di materiale bellico insieme a "Cancello" (Guerrino Mosso). Moscone venne ricoverato presso un Distaccamento del III° battaglione "Candido Queirolo" "per essere curato dal medico del Battaglione mentre il sottotenente 'Cancello' rientrava al Distaccamento per riferire dell'accaduto. Il giorno 23 febbraio fu eseguito in Beusi un rastrellamento da parte dei nazi-fascisti. Il garibaldino Moscone fu sorpreso unitamente ad altri in un casone a dormire. Benché ferito si gettava sopra il primo milite... fu ucciso selvaggiamente e fattone scempio il suo corpo venne abbandonato in tale località "(relazione successiva del 7 maggio 1945 - Dal comando del IX° Distaccamento "Bianchi" del III° Battaglione "Orazio 'Ugo' Secondo" della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 7, al comando del III° Battaglione - documento Isrecim).
Il 5 marzo 1945 presso il Castello Devachan di Sanremo vennero fucilati 14 partigiani, in parte arrestati nel citato rastrellamento di Beusi e Campi del 18 febbraio, in parte catturati la sera stessa a Taggia. Vennero altresì fucilati i due ex partigiani, ormai spie del nemico, che avevano tradito i loro ex compagni di lotta.
Il giorno successivo all'alba "i 16 corpi straziati sono stati trasportati nel cimitero di Sanremo con un carro della nettezza urbana. È stata scavata una fossa comune ed i cadaveri vi sono stati scaricati alla rinfusa direttamente dal carro. Lo sdegno della popolazione è enorme. Noi provvediamo a che sia lanciato domani stesso un manifesto di cui vi invieremo copia", così diceva una comunicazione del CLN di Sanremo [documento Isrecim] al comando della I^ Zona Operativa Liguria.
Rocco Fava, Op. cit., Tomo I 

Bersaglieri repubblichini in Sanremo

18 febbraio 1945 - Dal comando del II° Battaglione "Marco Dino Rossi", prot. n° 3, al comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Relazionava che "il 17 u.s. le squadre dei comandanti Serpe [Isidoro Faraldi, comandante del IV° Distaccamento del II° battaglione "Marco Dino Rossi" della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione"] ed Olmo [Giobatta Moraldo, comandante del III° Distaccamento del I° Battaglione "Mario Bini" della V^ Brigata] attaccavano a Carmo Langan una pattuglia nemica composta da 8 fascisti e 3 tedeschi; dopo una sparatoria di 15 minuti i nostri catturavano l'intera pattuglia con tutte le armi. Il numero delle armi automatiche è il seguente: 1 Mayerling, 1 Breda ed 1 Sten...".

18 febbraio 1945 - Dal comando della II^ Divisione al comando della I^ Zona Operativa - Riferiva la comunicazione dello stesso giorno del II° Battaglione "Marco Dino Rossi" sullo scontro con il nemico del 17 febbraio ed aggiungeva la notizia dell'immediata esecuzione dei soldati nemici catturati.

20 febbraio 1945 - Dal comando del III° Battaglione "Candido Queirolo" [comandante 'Gori' Domenico Simi], al comando della V^ Brigata - Relazionava che "il 18 u.s. in località Campi-Beusi dalle 8.30 alle 12.30 reparti nemici, composti da tedeschi e bersaglieri, circondano il Battaglione in indirizzo ed il Distaccamento di 'Tito'. Non avendo avuto il tempo di reagire i garibaldini tentarono la fuga. E' rimasto ucciso 'D'Artagnan', mentre una decina di partigiani sono stati arrestati. Durante la sera dello stesso giorno, inoltre, sono stati catturati a Taggia altri 7 patrioti. Armi perse: 30 fucili appartenenti al Distaccamento di 'Tito'".

21 febbraio 1945 - Dal comando della V^ Brigata, prot. n° 294, al comando della I^ Zona Operativa ed al comando della II^ Divisione - Riferiva che, provenienti da Taggia, 20 tedeschi con 10 muli si erano recati a Maberga, dove avevano scovato ed asportato numerosi sacchi di viveri custoditi dai garibaldini del III° Battaglione e che avevano preventivamente detto alla popolazione che, avendone assoluto bisogno, si sarebbero assentati per diversi giorni alla ricerca di foraggio.

22 febbraio 1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della II^ Divisione - Segnalava che "... Risulta che una lettera del defunto 'D'Artagnan' sia caduta nelle mani tedesche...".

22 febbraio 1945 - Dal comando della V^ Brigata, prot. n° 296, al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Riferiva anche che quella mattina 62 tedeschi con 17 muli si erano recati in località Campi di Taggia per asportare di nuovo del foraggio.

7 marzo 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 389/SIM,  alla Sezione SIM della V^ Brigata  - Comunicava, tra le altre notizie, che nei giorni precedenti erano stati uccisi i partigiani Moscone e 'Oris'.

15 marzo 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 437, al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Comunicava che ... rispetto alla strage del 5 marzo si era venuti a conoscenza del fatto che un partigiano era riuscito a fuggire ed a salvarsi.

da documenti Isrecim  in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II

lunedì 13 gennaio 2020

I partigiani fucilati al Castello Devachan di Sanremo

Sanremo (IM)

All'alba del 18 febbraio 1945, i nazifascisti, probabilmente guidati dalle spie Benedetto Reghezza “Cino”, un maestro di scuola, e Domenico Lupi “Fifa”, un "sempliciotto" nelle parole di Mompracem (Natale Massai, delle cui annotazioni su diario - conservato presso l'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia - si dirà dopo), ex partigiani precedentemente catturati in un rastrellamento dell'11 febbraio 1945 in località Beusi, Taggia (IM), rastrellarono ancora la zona di Beusi e dintorni, nonché Pamparà, Scumelin, Campi Alti e Campi du Beppe. Nei casoni di tali località si erano rifugiati gran parte dei garibaldini del III° Battaglione “Candido Queirolo” della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione", che per il freddo erano scesi dall'alta montagna. Accortisi della presenza nemica cercarono di nascondersi nel bosco. I tedeschi catturarono Bergonzo Francesco (Italo), Dardanelli Renato (Lucia), Foca Francesco (Baldo), Miliani Beniamino (Miliano), Palmisano Antonio (Burbo), Ricagno Luigi, Scarpari Riccardo.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 
Taggia (IM) vista da Castellaro

Ma rifacciamoci un poco a quanto ci ha raccontato Rosetta, figlia di Francesco Lanteri (Chicò): "... tramite la spia Armida Santini i nazifascisti venivano a conoscenza del fatto che la famiglia Lanteri Francesco (padre di sei figli) aiutava in tutti i modi i garibaldini del III battaglione della V brigata, comandato da Domenico Simi (Gori), ed il Comando della I Zona Operativa Liguria, composto da "Curto" [Nino Siccardi, comandante], "Simon" [Carlo Farini, ispettore], Lorenzo Musso (Sumi), il capitano inglese Robert Bentley, il suo radiotelegrafista Mc Dougall e Bianca Novaro (Rossana). Questo Comando era dislocato nella zona di Beusi, bosco del Pistorino, e Campi, a monte di Taggia. Nella notte del 18 febbraio 1945, guidati dalla spia, i nazifascisti, giunti presso la cascina del Lanteri, con i piedi fasciati di stracci per non fare rumore, la circondano. Sfondate le porte e catturata tutta la famiglia, dopo averla trascinata fuori, sullo spiazzo, le piazzano davanti tre mitragliatrici. Il capofamiglia, Lanteri Francesco, viene torturato per primo, dopo qualche minuto ha tutta la faccia livida e tumefatta, con un occhio che gli pende fuori dall'orbita. Il figlio tredicenne Idilio, staffetta presso il Comando I Zona, è brutalmente percosso, gli slogano completamente il braccio destro, gli uccidono il cane che abbaia ai Tedeschi. Ma nessuno parla. Il padre verrà fucilato il 5 marzo nel giardino del Castello Devachan a Sanremo. Gli altri familiari, condotti in prigione, saranno liberati in seguito. Dopo poco tempo, Angela, una delle figlie, morirà di crepacuore; Battistina, l'altra figlia, rimarrà permanenteente inferma per lo stesso motivo. La spia, che era sempre in divisa tedesca, alla Liberazione si salverà fuggendo a Genova. Giorno per giorno trasmetteva al nemico l'attività partigiana della famiglia Lanteri. Il Comando Zona pensò ad uno scambio di prigionieri, ma il tentativo non riuscì..." 
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV: Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005, p. 181
 
La mattina del 18 febbraio del 1945 Italo (Bergonzo Francesco) e Franco (Pastorino Francesco) erano di vedetta in località Campi Alti e sorvegliavano la zona andando avanti e indietro, non accorgendosi che una pattuglia tedesca si stava avvicinando mentre loro davano le spalle. Franco ricordava in seguito "Sentii un fruscio fra i cespugli e feci due o tre passi indietro, ed ecco comparire un tedesco che mi sparò un colpo di pistola. Udii la pallottola fischiare vicino alle mie orecchie e scappai, scendendo verso i casoni dei Campi facendo segno al mio amico di seguirmi. Invece lui fuggì dalla parte opposta dove c'erano le brigate nere che lo catturarono e lo pestarono a sangue: lo seppi dall'americano a fine guerra. Io, dopo circa centocinquanta metri, mi voltai un attimo per vedere se Italo fosse dietro di me, e mi tirarono una bomba a mano. Feci in tempo a buttarmi dietro un muro, quando mi piovvero addosso terra e pietre. Velocemente andai giù, arrivando in una casa di anziani dove sapevo esserci dei moschetti che avevamo lasciato la sera prima, ma la coppia per fortuna aveva già nascosto per bene quelle armi. Continuai la mia fuga verso l'accampamento ed una raffica di Mayerling sibilò sopra la mia testa, la cima di un albero cadde davanti a me, costringendomi a cambiare percorso. Mi avviai verso la mulattiera che porta a Beusi e sentii delle voci. Vidi poi una pattuglia di brigate nere, mi nascosi guardando meglio, e scorsi anche una donna che conoscevo. Sentivo chiaramente i loro discorsi! Il comandante fascista voleva dare fuoco a tutto il bosco per stanarci, ma lei gli fece notare che era pericoloso anche per loro stessi. 'Meglio sparare con il mitra', disse. Sapeva che eravamo accampati lì vicino, conosceva bene la zona! La spia!" (Questa signora ha un nome e cognome qui non scritto per rispetto alla famiglia totalmente diversa da lei, ma forse neanche la tipa si rese conto di quanto aveva fatto). "Mi sdraiai dietro un cespuglio e mi coprii la testa e lo stomaco con una pietra piatta che trovai vicino a me, sentivo le raffiche di mitra fischiare intorno alla mia postazione, chiusi gli occhi e iniziai a tremare. Dalla paura mi venne la dissenteria, e dopo un po' mi addormentai. Mi svegliò il rumore di qualche bomba a mano che scoppiava nei nostri casoni, che avevano bruciato, compreso quello di comando. Al buio mi avviai verso quella zona, per ritrovare speranzoso i miei compagni e soprattutto i miei fratelli. Per primo vidi Pedro (Lino Lanteri) con una coperta sulle spalle da cui mancava un angolo, mi disse che lo aveva mangiato per non tossire; dietro di lui c'era un altro che se l'era fatta addosso come me e dopo mezz'ora vedemmo arrivare mio fratello Tito (Giovanni Pastorino). Appena mi vide pianse e mi abbracciò, era disperato, pensava di essere l'unico superstite di noi tre fratelli. A notte fonda arrivano John (Giovanni Ubezio), Milan (Beniamino Miliani) ed anche Artiglio. Ci abbracciammo nuovamente e le lacrime furono liberatorie. Quel tedesco sparandomi aveva svegliato molti componenti della banda che dormivano nei casoni poco distanti e che così riuscirono a fuggire. Purtroppo quel giorno nel bosco venne ucciso il partigiano D'Artagnan (Egidio Sironi) di Imperia, Bulbo (Antonio Palmisano) venne ferito e fatto prigioniero insieme a Italo, ai due piloti americani, a Beniamino Miliani, al ribelle Jimmy ed a l'ex prigioniero Alba. Carlo (Lanteri Secondo) venne arrestato dalle SS per la soffiata di una spia mentre si trovava nascosto, malato con la febbre, in una casa in Castello (centro antico) a Taggia." I giovani (in tutto furono 15 i partigiani catturati) furono portati a Sanremo nel castello di Devachan e mentre i due piloti americani restarono prigionieri di guerra rimanendo in carcere fino al 25 aprile giorno della Liberazione, gli altri partigiani, invece, vennero tutti (tranne uno che si salvò) fucilati il 5 marzo 1945. Davanti al plotone di esecuzione Jimmy tentò, riuscendo, essendo l'ultimo della fila, a buttarsi nel grande roveto vicino al cortile delle tristi esecuzioni; nonostante le innumerevoli fucilate sparate a raffica nel cespuglio spinoso, nessuna gli fu fatale. Egli uscì dal suo nascondiglio tutto graffiato, con un braccio ferito e il mattino dopo di buon'ora lo vide una ragazza, che lo nascose per parecchio tempo nella propria casa, curandolo amorevolmente.
Rita Pastorino, Prendemmo la via dei monti (Racconti sulla resistenza dei fratelli Pastorino), 2016



Durante il rastrellamento sono catturati altri partigiani: dopo una breve pausa a casa propria, quando risalgono in montagna, Enrico Poggi (Sparviero) e Luigi Anfossi (Lio), cadono in mano ai tedeschi. Lino, fratello di Luigi, che era con loro in posizione arretrata riesce a salvarsi gettandosi in un  roveto sotto il sentiero, rimanendovi nascosto un giorno e una notte. Della cattura di Francesco Lanteri (Chicò), che aveva tre figli nei partigiani, e cosa fecero della sua famiglia e della sua casa abbiamo già scritto in precedenza. Purtroppo il Reghezza e il Lupi additano ai tedeschi anche i partigiani Guido Bendinelli (Toscano), che era sceso in missione in città, Secondo Lanteri (Carlo), che sostava in una vecchia casa di Taggia, ed infine in via Solaro [a Sanremo] Carmelo Genova  (Radio) con il genero Emilio Cesarone (Anguilla) e Pino figlio diciassettenne del Genova: sono catturati e condotti a Sanremo. Il Genova, già maresciallo dell'esercito, aveva in casa una radio trasmittente che faceva funzionare.  Il Pino ad un certo momento riuscì a fuggire ai Tedeschi grazie ad un allarme aereo, però i fascisti lo catturano, ma poi lo liberano perché dice di essere al servizio dei fascisti alla Villa Auber. Là giunto, riesce nuovamente a fuggire ed a salvarsi.

Castello Devachan. Fonte: la Riviera.it
 
Alla tragica alba del 5 marzo 1945 sedici dei rastrellati sono passati per le armi al castello Devachan, senza aver subito alcun processo o simulacro di giustizia [...] <5 I sedici corpi straziati sono trasportati, nella mattinata del 6, nel cimitero di Sanremo con un carro della nettezza urbana e scaricati alla rinfusa direttamente dal carro in una fossa comune. 
[NOTA]
5 Il Lupi e il Reghezza, che le SS avevano vestiti con le divise come le loro, pensavano di salvarsi facendo la spia. Invece, terminato il loro nefasto compito, venivano fucilati ugualmente e finivano nella fossa comune insieme ai partigiani.
 

Lo sdegno della popolazione è enorme. Il CLN di Sanremo lancia un manifesto ed un volantino che recitano:
CARNEFICI DEL NOSTRO POPOLO, UCCIDETE, MA TREMATE.
I vostri crimini avranno presto termine e la spada della giustizia calerà finalmente su di voi tutti. Il sangue dei nostri martiri non può restare invendicato. La voce straziante delle madri, delle spose, dei padri e dei figli non rimarrà senza eco. La giustizia del popolo sarà inesorabile. Ogni crimine verrà punito. Ma più terribile di ogni punizione è la maledizione di tutta quanta l'umanità che vi perseguiterà in eterno. Non crediate di poter arrestare o fuorviare il corso della giustizia: ovunque andiate sarete raggiunti poiché il marchio di Caino è sulle vostre fronti.
Tremate dunque, carnefici!
Tremino tutti coloro che di Villa Auber, del castello Devachan e di molti altri luoghi hanno fatto dei carnai. Tremino tutti coloro che, direttamente o indirettamente, hanno reso possibili gli eccidi commessi nelle nostre valli, sulle nostre montagne, nelle nostre città. La nemesi bussa, ormai alle vostre porte. Sarà giustizia divina, sarà giustizia di popolo.
CITTADINI DI SANREMO:
Nelle prime ore del mattino del 6 corrente mese un “autocarro della nettezza urbana”, infamia senza nome, trasportava al cimitero della nostra città i corpi straziati di 16 martiri. Una fossa comune fu la loro tomba. Inchiniamoci fratelli, davanti al loro sacrificio e facciamo voto di deporre le armi solo quando il mondo intero sarà liberato da così orrendi mostri. Solo allora i nostri martiri potranno riposare in pace. Solo allora potremo dire di averli vendicati. Il comitato circondariale di Liberazione di Sanremo


Il nemico giustificava il suo orrendo delitto con un volantino lanciato con una macchina in corsa, intitolato notificazione, di questo tenore: Con sentenza del 5 marzo 1945, il Presidente del Tribunale competente, riunitosi in Sanremo, ha condannato alla pena di morte mediante fucilazione i sottosegnati cittadini italiani, colpevoli di omicidio (seguono i nomi che abbiamo elencato). E' stata ordinata l'esecuzione immediata della sentenza come rappresaglia per l'assassinio di due soldati tedeschi e otto italiani, avvenuto presso Carmo [n.d.r.: Carmo Langan,  località in altura di Castelvittorio (IM)] nel febbraio 1945. Sanremo, 5 marzo 1945
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV: Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005, pp. 230-232

Taggia (IM): Piazza Eroi Taggesi

Il 5 marzo 1945 a Sanremo  presso il castello Devachan, sede delle SS nella zona del Berigo in Corso Inglesi, furono fucilati 14 partigiani e 2 ex partigiani, ormai spie dei nazi-fascisti, Benedetto Reghezza (Cinò) e Domenico Lupi (Fifa), che avevano tradito i loro ex compagni di lotta. I nomi di questi martiri della Libertà sono Luigi Anfossi (Lio), Guido Bendinelli (Toscano), Francesco Bergonzo (Italo), Emilio Cesarone (Anguilla), Renato Dardanelli (Lucia), Francesco Foca (Baldo), Carmelo Genova (Maresciallo), Francesco Lanteri, Secondo Lanteri (Bastian, Carlo), Beniamino Miliani (Miliano), vicecommissario della II^ Divisione "Felice Cascione", Enrico Poggi (Mare-Monti, Sparviero), Riccardo Scarpari.
Una parte dei garibaldini fucilati erano stati arrestati durante il rastrellamento di Beusi-Campi del 18 febbraio 1945.
Gli altri erano stati catturati durante un rastrellamento effettuato a Taggia sempre il 18 febbraio.
Il nome di Miliani non risultò nell'elenco del tribunale militare tedesco che condannò i garibaldini perché al momento della cattura indossava il cinturone del partigiano Attilio Alquati. Secondo quanto lasciò scritto in un documento [Isrecim] Mompracem (Natale Massai) "questi partigiani sono stati fucilati (e fa male al cuore doverlo dire) per colpa di due giovani compagni presi dai tedeschi durante un rastrellamento in montagna. Non si sa se è per la paura che hanno tradito oppure per le botte prese durante l'interrogatorio... quel giorno mi trovavo in Piazza Eroi Taggesi [nome attuale] all'angolo di Via Mazzini nord davanti al bar Gigi... ad un tratto arriva il tram di San Remo; alla fermata scendono per primi vestiti kaki i due partigiani liberi e subito dietro scesero parecchie SS anche loro in divisa kaki. I due erano Lupi Domenico e Reghezza Benedetto. Di questi, il primo era un giovane maestro di scuola, mentre il secondo era un po' sempliciotto e forse per questo i tedeschi ne approfittarono per farli parlare dando loro dei soldi che non gli lasciarono mai spendere. Sono rimasti anche loro uccisi il 5 marzo 1945 al Castello Devachan di San Remo insieme ad altri 14 garibaldini, questi quasi tutti catturati durante il rastrellamento di Beusi-Campi del 18 febbraio".
Un documento [IsrecIm] della V^ Brigata redatto il 20 febbraio 1945 aveva sottolineato che "il garibaldino 'Cinò' [Benedetto Reghezza] è stato visto a Taggia in compagnia di tedeschi; faceva da guida per la ricerca delle famiglie dei garibaldini che trovansi in licenza". Sempre il 20 febbraio una comunicazione del III° Battaglione "Candido Queirolo" firmata dal vice comandante 'Cipriano' [Raffaele Alberti] ed indirizzata al comando della V^ Brigata riportava che "il 18 u.s. in località Campi-Beusi dalle 8.30 alle 12.30 reparti nemici, composti da tedeschi e bersaglieri, circondano il Battaglione in indirizzo ed il Distaccamento di 'Tito' [Giovanni Pastorino]. Non avendo avuto il tempo di reagire i garibaldini tentarono la fuga. E' rimasto ucciso 'Dartagnan' [n.d.r.: o D'Artagnan, Egidio Sironi, nato a Sampierdarena il 3 giugno 1920], mentre una decina di partigiani sono stati arrestati. Durante la sera dello stesso giorno, inoltre, catturati a Taggia altri 7 patrioti. Armi perse: 30 fucili appartenenti al Distaccamento di 'Tito'".
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I
 
[...] Agli inizi del 1944, Miliani era stato arruolato nelle forze armate della repubblichetta di Salò ed era stato assegnato ad una batteria contraerea di Oneglia. Nel giugno dello stesso anno, il giovane, con alcuni suoi commilitoni, decise di disertare per unirsi alle forze della Resistenza.
Entrò così in una formazione partigiana e in breve tempo, per le sue capacità di direzione, divenne Vice commissario politico della Divisione Garibaldi Felice Cascione.
Caduto in un’imboscata e finito in mano ai tedeschi, fu eliminato a Sanremo.
Il 26 luglio 1944, Beniamino Miliani era riuscito a far recapitare alla madre una lettera nella quale scriveva: "Cara Mamma …Il 5 giugno sono riuscito a scappare di notte dalla batteria di Oneglia, trascinandomi dietro una dozzina di altri miei compagni delle stesse idee. Abbiamo portato ai partigiani una grande quantità di armi, munizioni, viveri. Un’impresa veramente grandiosa! I tedeschi arrabbiati hanno disarmato tutta la batteria e l’hanno portata via, dicono in Germania. Lo scopo che volevo è stato completamente raggiunto! Sto riscattando la vergogna di essermi dovuto presentare nella Repubblica…".
Redazione, 5 marzo 1945: A 21 anni il partigiano Beniamino Milani viene fucilato dai nazisti, Magazine Italia, 7 marzo 2019


CORPO VOLONTARIO DELLA LIBERTA' ADERENTE AL C.L.N.
COMANDO V BRIGATA D'ASS. GARIBALDI
"L.NUVOLONI"

                             Zona d'operaz. 14/3/45
P.llo 339

SEZIONE S.I.M.


Al Comando Operativo I Zona = Liguria
Al Comando II Div. D'Ass.Gar."F.CASCIONE"
Alla Sezione S.I.M. Divisionale
e p.c. Al Comando V Brigata D'ASS.GAR."L.NUVOLONI" 

OGGGETTO: Informazioni militari.

    Siamo conoscenza che a Taggia presidiano il paese una quindicina di tedeschi, alloggiati nel palazzo Spinola, ed una diecina di militi della P.S.
    Il Tribunale Speciale Militare si è trasferito da S.Remo a Bussana.
   Ci comunicano che ieri sono partiti da Molini verso Rezzo un centinaio di tedeschi. in detto paese è rimasto il solito presidio (Questi ultimi, da voci attendibili, sembra abbiano ricevuto oggi, ordine di partire).
    Carmo Langan, Marta, Grai e Sanson controllate da truppe tedesche.
    Il presidio di Baiardo dopo l'attacco effettuato il 10 c.m., è stato rinforzato da forze naziste. Durante detta azione, rimanevano feriti 4 bersaglieri e l'ufficiale comandante il presidio. Quest'ultimo è stato ricoverato all'ospedale di S.Remo.
     Corrono voci che il Comando tedesco abbia fatto affiggere dei manifesti, nei quali tra l'altro è detto:
             Partigiani! perchè continuate la lotta quando i vostri Capi vi tradiscono? Il Commissario Miliani e due americani da noi catturati ci hanno svelato i vostri segreti.

Ci interessiamo per sapere se ciò corrispone a verità ed in caso affermativo vi invierò copia di detto manifesto.

IL RESPONSABILE S.I.M. di BRIGATA
(Brunero) *

*[Francesco Bianchi, Responsabile S.I.M. (Servizio Informazioni Militari) della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni della II^ Divisione]   

15 marzo 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 437, al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Comunicava che... rispetto alla strage del 5 marzo si era venuti a conoscenza del fatto che un partigiano era riuscito a fuggire ed a salvarsi.     
 
da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II