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martedì 7 settembre 2021

Il mese di luglio si chiuse per la II^ Divisione con la perdita complessiva di 42 partigiani

Garessio (CN) - Fonte: Mapio.net

Verso la metà di luglio  1944 gran parte della I^ Brigata "Silvano Belgrano", per ordine del comando (in quel periodo comandante era ancora Nino Siccardi, "Curto", in seguito responsabile della I^ Zona Operativa Liguria) della II^ Divisione "Felice Cascione", si spostò nell'Alta Val Tanaro, nella zona di Garessio (CN), a causa di varie incomprensioni sorte tra i partigiani badogliani delle brigate "Mauri" ed i partigiani garibaldini colà operanti.
Dopo la  tensione iniziale si raggiunse tra i garibaldini, i socialisti della "Matteotti" ed i monarchici delle brigate autonome, una linea comune che funzionò, anche se non perfettamente, nelle azioni belliche dei giorni successivi.
Il 25 luglio, in particolare, i tedeschi attaccarono San Bernardo di Garessio e Pievetta e dopo aspri combattimenti risultarono vincitori aprendosi la strada per la conquista di Garessio, importante centro di collegamento col Piemonte e la costa ligure. Raggiunto tale obiettivo i tedeschi per le 72  ore successive condussero nella zona una cruenta azione di rastrellamento ai danni della popolazione e delle abitazioni: numerosi i civili trucidati o deportati nei lager,  15 i partigiani  di varie brigate caduti.
Definitivamente perduta  Garessio, i partigiani della I^ Brigata "S. Belgrano" fecero ritorno nella loro   zona d'origine, riuscendo, nonostante la dura lotta, a conservare quasi intatto il proprio potenziale bellico: il mese di luglio si chiuse per la II^ Divisione con la perdita complessiva di 42 partigiani.
Nei primi giorni di agosto, i nazisti, volendo assicurarsi il controllo completo della strada Ceva-Oneglia, sferrarono un attacco alla "Volantina" di "Mancen" che era ritornata ad Evigno dopo  i fatti  di Pievetta.
I tedeschi si applicarono meticolosamente in questo compito poichè, prevedendo per il 5 agosto 1944 uno sbarco anglo-americano in un punto della costa tra Albenga e Ventimiglia, intendevano assicurarsi una via di ripiegamento verso nord libera da ostacoli.
L'attacco al distaccamento di Mancen ebbe inizio alle 3 del mattino del 2 agosto e si protrasse per le 12 ore successive; "le numerose truppe tedesche giunte nella notte dalla Valle Impero, dalla Valle Andora, dalla Valle Steria, dal Passo della Colla, dal Monte Ceresa, dal Colle del Lago e delle Chiappe" [50] colsero quindi di sorpresa i partigiani, che, tuttavia, nonostante la perdita di alcuni uomini riuscirono a sfuggire all'attacco ed a riunirsi nuovamente qualche giorno dopo nella Valle Arroscia.
[50] Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 - 1999

Il Bollettino (clandestino) n° 9 del 15 settembre 1944 del CLN Alta Italia riportava - per il periodo 22 giugno/27 agosto - notizie riprese dai Bollettini della Divisione "Cascione"

La Via Aurelia tra Santo Stefano al Mare (IM) e Cipressa

Dopo aver evidenziato gli episodi salienti del mese di agosto 1944, riassumiamo brevemente, in forma schematica, le numerose azioni effettuate dalle nostre formazioni nel territorio della I Zona Liguria.
- 1-8-1944 - Una squadra del distaccamento «G. Maccanò», al comando di Luigi Massabò (Pantera), tende un'imboscata ad una colonna nazista nei pressi di Garlenda; dopo un nutrito fuoco i Tedeschi abbandonano il combattimento riportando le seguenti perdite: quattro morti ed otto feriti.
Una squadra del distaccamento comandato da Renzo Merlino attacca il presidio di Pogli. Alcuni nemici rimangono uccisi e sei riportano ferite.
Il garibaldino «Trubeskoi» del 6° distaccamento «Libertas» uccide a colpi di pistola un tedesco nei pressi della Villa Fanny, alla periferia di Oneglia.
Un gruppo di garibaldini attacca i nazisti di stanza a Villa Romana, a tre chilometri da Cesio; un soldato germanico rimane ferito.
- 2-8-1944 - Una squadra del 2° battaglione della IV Brigata attacca un camion con otto Tedeschi. Di questi soltanto uno riesce a fuggire. Gli altri sono uccisi o feriti gravemente. I partigiani rientrano alla base al completo.
Tre garibaldini del distaccamento «Volante» uccidono tre Tedeschi spintisi tra la Statale n. 28 e la strada di Cosio d'Arroscia.
Alcuni garibaldini della V Brigata fanno saltare un tratto di strada ed un ponte nei pressi di Borgo San Dalmazzo.
Altri partigiani della stessa Brigata rendono inagibili tratti di carrozzabile presso Ceriana e tra Badalucco e Vignai.
- 4-8-1944 -Il distaccamento di Orano, guidato dal proprio Comandante, attacca i nazisti nella zona di Colle San Bartolomeo presso Cesio, infliggendo al nemico dure perdite: infatti i Tedeschi lasciano sul terreno alcuni morti.
Alle ore 24 alcuni garibaldini del 3° distaccamento della IV Brigata fanno saltare il secondo ponte della strada Taggia-Badalucco.
- 5-8-1944 - Il comandante «Cion» [Silvio Bonfante], con altri quattro uomini, attacca nuovamente nel pomeriggio i Tedeschi del presidio di Pogli che subiscono le seguenti perdite: due morti ed alcuni feriti.
Elementi del 9° distaccamento della IV Brigata fanno esplodere i fornelli da mina della strada Taggia-Badalucco ottenendo un'interruzione di circa dodici metri. Riescono pure a far saltare un ponte sulla strada militare che da Badalucco conduce a Baiardo.
Una pattuglia di garibaldini del 2° distaccamento «C. Repetto» della V Brigata alle ore 21 si porta sulla strada militare facendola saltare in località Carpi. Da monte Bignone una postazione tedesca apre il fuoco, ma la pattuglia rientra all'accampamento senza subire alcuna perdita.
- 6-8-1944 - Il comandante Merlino, con una squadra del suo distaccamento, attacca nuovamente una colonna tedesca tra Ponte Rotto e Pogli. Il nemico subisce alcune perdite ma apre il fuoco con i mortai costringendo i nostri a rientrare alla base.
- 7-8-1944 - Il 6° distaccamento «Sasso» della I Brigata, al comando di «Volpe», si porta lungo la linea ferroviaria ed intercetta un treno di Tedeschi diretto ad Ormea. Il distaccamento ritorna alla base senza riportare perdite mentre alcuni nemici rimangono feriti.
I garibaldini Enzo Squarcia (Marta) e Ludovico Fabbri (Pompiere), appartenenti al medesimo distaccamento, attaccano una decina di tedeschi intenti a piazzare un cannoncino, causando loro un morto e due feriti.
- 8-8-1944 - Quattro partigiani guidati dal comandante «Jacopo» uccidono due Tedeschi sulla via Aurelia nei pressi di Cipressa; non riescono però a ricuperare le armi perché rimaste su un carro trainato da due cavalli imbizzarriti dalla sparatoria.
In località Carcagnolo (Badalucco), un gruppo di partigiani con un attacco improvviso mette in fuga un plotone di Tedeschi.
- 9-8-1944 - Una pattuglia del 2° distaccamento «C. Repetto» della I^ Brigata, con la collaborazione di alcuni patrioti di Ceriana, si porta sulla strada Poggio-Baiardo e cattura due agenti dell'UPI.
- 10-8-1944 - Una squadra della «Volantina», guidata dal caposquadra «Cora», tende un'imboscata ai Tedeschi nei pressi di Pornassio ed infligge le seguenti perdite del nemico: tre morti e quattro feriti.
Quattro garibaldini del 6° distaccamento «Libertas», nelle prime ore del pomeriggio, si portano nei pressi di San Lorenzo al Mare (nei dintorni della regione Barbarossa), allo scopo di mitragliare le macchine in transito sulla via Aurelia. Verso le ore venti avvistano un drappello di militi del battaglione San Marco. I partigiani sparano alcune raffiche: cadono due militi, gli altri si disperdono.
I patrioti, a loro volta, vengono attaccati dai Tedeschi che si trovano nelle vicinanze, per cui ritornano al distaccamento.
Il garibaldino «Beppe», mentre assale una sentinella tedesca nella zona di Lenzari (Valle Arroscia), viene colpito a morte da un altro nemico accorso. È il primo caduto rimasto ignoto della I Brigata «S. Belgrano».
- 11-8-1944 - Il vice comandante Giorgio Olivero ed un nucleo di garibaldini della «Volante» entrano in Nava, presidiata dai Tedeschi. I partigiani devono però ritirarsi per la violenta sparatoria nemica.
Il garibaldino Giovanni Garbagnati (Gianni), in missione nella zona di Roncagli, viene catturato. Il giorno successivo verrà trucidato a Costa d'Oneglia.
Lungo la mulattiera del Torraggio, nella zona di Passo Muratone, il 5° distaccamento della V Brigata d'Assalto «L. Nuvoloni» impegna i Tedeschi, i quali rispondono con raffiche di mitragliatore; un partigiano rimane ferito; i Tedeschi contano alcuni morti.
Un distaccamento della V Brigata, comandato da Vittorio Guglielmo [Ivano, Vitò] e composto da soli trentadue uomini con due mitragliatori ed una mitragliatrice, con una brillante azione attacca circa duecento Tedeschi diretti in Francia dopo aver razziato il giorno precedente bestie e viveri ai pastori della zona di Marta. Dopo un breve combattimento i Tedeschi riescono a salvarsi con la fuga, abbandonando l'intero bottino. Il nostro distaccamento riesce così a recuperare 15 muli carichi di viveri e munizioni e 55 mucche che saranno restituite ai proprietari. Inoltre, si recuperano 50 fucili ta-pum, 25 mitra, 23 parabelli, 4 mitragliatori, 2 mitraglie ed armi varie.
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Prima pagina del citato Bollettino CLNAI


Notizie - sempre dal citato Bollettino - afferenti azioni della Divisione "Cascione", compiute il 7 e l'8 agosto 1944

Carlo Rubaudo
Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992

mercoledì 16 giugno 2021

Partigiani a Pian di Bellotto

La zona di Monte Ceresa, comprensiva di Pian di Bellotto (Cian de Belotto), al confine tra il Savonese e l'Imperiese - Fonte: giambi@wikiloc

Già dall'8 settembre 1943, Silvio BonfanteCion»] è pronto e presente alla lotta e, fin dall'inizio, rivela spiccate qualità di uomo destinato a diventare una guida trascinatrice. Il curriculum di combattente della montagna è più che garante della sua validità.
Nel mese di giugno del 1944 ha ormai percorso in lungo ed in largo i nostri monti e le nostre valli. Quante azioni portate a termine! Con ogni mezzo, tritolo o mitra, ha già inferto gravi colpi ai nazifascisti. Ma, ciò che più conta, ha messo a disposizione le sue doti d'organizzatore con cui ha contribuito, in uno sforzo comune con gli altri combattenti maggiormente dotati, a creare l'ossatura di un esercito che, pur affamato e scalzo, infliggerà a Tedeschi ed a fascisti perdite ingenti (4).
Mese di giugno 1944: «Cion» è capobanda della «Volante». Progetta le azioni più rischiose con pochi coraggiosi che, di volta in volta, si sceglie. Gli esiti sono sempre positivi e soddisfacenti. Egli possiede, innate, le doti del comando.
Alto ed atletico, colorito bruno, capelli nerissimi ondulati, baffetti sottili, occhi neri e vivissimi, ispira una fiducia illimitata in tutti i suoi uomini che lo seguono in ogni azione, consapevoli d'essere ben guidati da un uomo che sa valutare perfettamente l'eventualità di ogni insidia ed avvertire la necessità di non rischiare in modo temerario oltre il lecito.
«Cion» sa farsi amare ed ammirare, anche se i rapporti tra comandante e semplici volontari non sfociano mai nell'eccesso di confidenza che spesso rappresenta, nella lotta partigiana, un fattore negativo poiché intacca quei principi di obbedienza e disciplina necessari quando si agisce nei pericoli.
Progettata l'azione, non ne rivela ad alcuno i particolari onde evitare che la leggerezza, od eventuali delatori, procurino informazioni al nemico, pregiudicandone l'esito e determinando perdite nelle fila partigiane. Tale prudenza è segno di maturità e di saggezza, se si considera che consistente e continuo è l'afflusso alle formazioni garibaldine di uomini, a volte sconosciuti e dei quali s'ignorano identità e, non raramente, gli stessi nomi. All'arrivo, ognuno è interrogato sulle proprie intenzioni e, alla risposta di voler far parte delle bande partigiane, è accettato ed entra in formazione.
«Cion» sa che il modo più idoneo per creare buoni combattenti è il battesimo del fuoco; perciò, via via, alterna i giovani nelle azioni affinchè prendano gradualmente confidenza col pericolo.
All'inizio gli uomini della «Volante» sono una ventina, forse meno; garibaldini reduci dalla prima gloriosa formazione di Cascione e qualche badogliano uscito vivo dalla tragedia di Val Casotto (5). E' gente avvezza ai pericoli e provata dalla dura lotta. Alcuni sono reduci dai campi di battaglia d'Albania, d'Africa, o di Russia.
La «Volante» di «Cion» pare l'elemento apposito per creare altissimo l'entusiasmo; è diventata ormai la formazione perfettamente organizzata e guidata da un capo meraviglioso, in quella zona verdeggiante, irradiata dal sole d'una splendida primavera, a due passi dal mare d'Oneglia e d'Albenga.
Un senso di profondo cameratismo regna nella banda. La democrazia più autentica, quella non condizionata da alcun fattore, è l'elemento predominante. Il rispetto ed il senso umanitario reciproco hanno trovato il loro regno. Esempi a non finire di generosità e rinunce, d'amicizia autentica tra Comandante, Commissario ed i garibaldini. E' il luogo ideale per chi sogna la fraternità.
Un partigiano deve recarsi a Stellanello e chiede il permesso al Commissario che glielo concede. Ma non è ancora soddisfatto e dice: «Federico, ho i pantaloni rotti, mi secca andare così in paese». - Federico [Federico Sibilla]: «Tieni i miei, ma fa' presto che io ne resto senza!». E, nell'attesa del ritorno, si avvolge in una coperta (6).
Le notizie provenienti dai fronti di guerra con i Tedeschi in ritirata, il pensiero dell'imminente fine del conflitto e le sistematiche azioni partigiane a catena, sempre vittoriose sui nazifascisti, le gesta di «Cion» ingigantiscono la figura del condottiero garibaldino, e creano un senso di invulnerabilità e d'invincibilità della «Volante». L'ammirazione cresce e si diffonde ovunque nelle valli e, in tutti i paesi e città, il nome di «Cion» esalta e crea altissimo il morale sia tra i suoi uomini che nella popolazione. Scrive «Magnesia» [Gino Glorio]: "...  «Cion» fu il più noto, il migliore dei capobanda garibaldini. Con coraggio freddo progettava le imprese più spinte e le portava a termine con un pugno di ardimentosi. Aveva tutte le qualità del capobanda, sapeva ispirare fiducia negli uomini che andavano con lui sereni anche verso l'ignoto, consci di essere ben guidati, che il capo sarebbe andato innanzi a loro esponendosi di persona. Sapeva trascinare i combattenti con l'esempio ma valutava esattamente le situazioni e non arrischiava oltre il necessario ...".
Noi esitiamo a sottoscrivere in assoluto il concetto espresso all'inizio del passo citato perchè, nel proseguimento della lotta, altri fior di combattenti sorsero nelle fila; anzi, già c'erano, ma è certo che «Cion» fu nella ristretta cerchia dei migliori. Non c'è dubbio che Silvio Bonfante sia stato un riconosciuto e naturale erede di Cascione: infatti, la I^ Brigata, dopo la sua morte, diventerà nel dicembre 1944 la Divisione d'Assalto Garibaldi ed assumerà il suo glorioso nome.
I Tedeschi e tanto meno i fascisti non osano avventurarsi, da lunga data ormai, per uno scontro armato in montagna da quando un gruppo della Ettore Muti, inoltratosi fino alla località Rossi, era stato annientato interamente e  seppellito sotto i castagni.
Morale alle stelle, dunque, e cameratismo profondo tra i partigiani della «Volante» ed afflusso continuo, in primavera ed estate, di giovani dalle città e dai paesi alle bande armate. È vanto d'ognuno far parte della formazione di «Cion», partecipare alla lotta contro i nazifascisti, contribuire alla rinascita del paese.
Inoltre, tra le fila partigiane non si corre il rischio d'incorrere nei crudeli rastrellamenti che i Tedeschi operano tra i civili nelle città e di essere imprigionati o spediti in Germania, o essere costretti ad indossare la divisa della Repubblica di Salò, o inquadrati nell'organizzazione Todt con tutti i rischi e le conseguenze future.
L'afflusso dei nuovi venuti alle bande tocca il ritmo medio di cinque­dieci unità al giorno; cifra notevole se si considera, come già ricordato, che i partigiani non possiedono caserme, magazzini, grosse scorte, armi e, tanto meno, munizioni per poter far fronte a necessità che, col tempo, diventano sproporzionate rispetto alle obiettive possibilità (7).
Le imboscate partigiane alle colonne nemiche, l'assalto ai presidii, la distruzione di ponti e vie di comunicazione, i colpi di mano per procurare viveri e munizioni, l'eliminazione delle spie, sono all'ordine del giorno nel mese di giugno. «Cion» per ogni azione da compiere alterna gli uomini per formare nuovi combattenti, ed imparare a conoscere d'ognuno le qualità, i pregi, i difetti; quasi per selezione naturale, ognuno scopre in sé le attitudini per lo svolgimento delle mansioni adatte alle proprie possibilità.
La certezza regna sovrana: nessuna sorveglianza intorno all'accampamento, nessun turno di guardia neppure durante la notte. In definitiva, è convinzione radicata nei partigiani di essere assistiti dalla fortuna; non resta che la battaglia finale e la discesa per liberare definitivamente le Città.
Nella prima decade di giugno, la Volante ha tanti effettivi che Cion decide di scinderla e di creare un nuovo distaccamento. Nasce così la «Volantina», come figlia e sorella della «Volante», il cui comando è affidato a Massimo Gismondi (Mancen). Questi, di «Cion», è l'amico fraterno che sempre affiancherà in ogni luogo ed in ogni rischio.
«Mancen», per coraggio, a nessuno è secondo, neppure a Cion, tanto che il suo nome sarà altrettanto temuto ed odiato nel campo nazifascita. I due Comandanti si diversificano nel carattere, perché «Mancen» è, come si suol dire, più alla mano, più pronto alla battuta popolaresca, al vociare robusto, allo scherzo entusiasticamente infantile. Ma è un generoso. Un giorno si presenta in ritardo al Comando e si scusa spiegando di aver dovuto fare il percorso a piedi nudi perché ha dato in prestito le scarpe ad un suo partigiano partito in missione!
Che «Mancen» abbia un Santo protettore in cielo lo possono dimostrare decine di fatti di vita partigiana; ma li riassume tutti quello del 25 luglio 1944 che accadrà nel corso della battaglia di Pievetta: quando, all'improvviso, un tiro violento ed incrociato di armi automatiche tedesche si abbatte tempestoso sulla colonna partigiana e tutti, anche i più coraggiosi, sono inchiodati a terra nell'attesa di momenti... migliori, «Mancen», in piedi, osserva i movimenti del nemico! (8)
Non a caso, d'altronde, questo giovane venuto alla montagna dalla sua Oneglia nel mese di marzo del 1944, come «Cion», Nino Berio (altro valoroso combattente e martire) e tanta altra gioventù, sarà uno dei protagonisti di quella «Squadra d'Assalto» che sorprenderà i nazifascisti e li sgominerà, il 5 di settembre, nella fatidica battaglia di Montegrande, divenuta celebre anche fuori dell'ambito regionale.
Mancen, in seguito, ricoprirà l'incarico di Comandante della I^ Brigata Garibaldi «S. Belgrano».
Nel mese di giugno, con la costituzione della «Volantina», la «Volante» che nel maggio era a Stellanello si trasferisce a Pian di Bellotto (9). L'accampamento è composto da tre stanze con funzioni di dormitori, deposito armi e cambusa-viveri. Ci sono, inoltre, la tenda per il Comando, qualche altra tenda-dormitorio, ed una radio sempre tenuta ad alto volume ed udibile a lunga distanza, in segno di sicurezza e di sfida al nemico. Pian Bellotto è alle falde del ripido pendio del monte Ceresa ed è circondato, ai suoi fianchi, da boschi e rocce. Su una di queste è piazzata una mitragliatrice. La «Volante» possiede un discreto armamento; ma le sempre nuove esigenze ne rivelano l'insufficienza anche se attraverso le quotidiane azioni i garibaldini, via via, si procurano le armi sottraendole al nemico. Citiamo un fatto narrato da «Magnesia»: «Mi disse un partigiano: "Vedi quel fucile «Mauser» con cannocchiale? Il Calabrese ne desiderava uno; poi ha saputo che un Tedesco di Andora lo possedeva ed allora, l'altro giorno, è partito da solo. È ritornato con questo"».
Il vitto, per quanto i rifornimenti lo permettano, è cucinato all'aperto: poche pietre disposte a focolare protette da qualche ramo. Il cuoco non può mai conoscere in tempo il numero dei presenti essendovi sempre nella formazione un via vai di partigiani, di passaggio o in arrivo. Comunque, la quantità di cibo è sufficiente all'alimentazione degli uomini.
Il numero dei componenti la «Volante», a seguito della creazione del distaccamento affidato a «Mancen», è ridotto ad una quarantina; ma nuovi giovani continuano ad affluirvi.
Verso passo San Giacomo ha sede una banda di badogliani e sovente, la sera, s'odono degli spari d'esercitazione.
La «Volantina» di «Mancen» prende posizione alla base del monte Torre ma dalla parte opposta a quella della «Volante», cioè sul lato sud. La zona è quella già citata di «Fussai» ed è soprastante ad Evigno, nel comune di Diano Arentino. «Mancen» controlla, perciò, la zona dello Steria e dell'Impero. In caso d'attacco nemico, compito della «Volantina» è l'occupazione di Pizzo d'Evigno a protezione della postazione «Volante», sul monte Ceresa. Il piano prevede, dunque, il dominio delle alture da parte dei garibaldini.
Aggiungiamo ora qualche particolare sullo svolgimento dello scontro così ben sintetizzato, come abbiamo visto, dal bollettino di «Cion».
Alle 7 circa del mattino è dato l'allarme, con una lunga raffica di mitragliatrice, mentre parte dei partigiani, già svegli, sta facendo colazione. Tutti afferrano le armi e si raggruppano intorno al casone principale dell'accampamento per prendere ordini. A quanto è dato supporre dalle raffiche che si susseguono, i nemici si spingono verso Stellanello. Non è ancora possibile conoscere la consistenza delle forze nemiche, sia riguardo al numero, sia all'armamento, sia anche alla direzione in cui agiranno. Contrariamente al solito, però, si intuisce che stavolta la cosa si presenta seria; ma la fiducia nella loro forza e la coscienza dell'andamento favorevole degli avvenimenti fino a quel giorno, preparano i garibaldini ad una lotta da cui, come sempre, i nazifascisti usciranno sconfitti.
«Cion», con gli uomini armati, parte incontro al nemico, mentre i nuovi arrivati, in maggioranza ancora privi di armamento e, conseguentemente ancora inutili sul fronte dello scontro a fuoco, si disperdono nei boschi vicini con l'intenzione di svolgere funzioni di staffetta e di collegamento fra le varie postazioni partigiane combattenti, e di avvistamento del nemico. Un gruppo di essi raggiunge la vetta del monte Ceresa. Le notizie si fanno sempre più precise: un'imponente forza di circa milleduecento nazifascisti, disposta su varie colonne, si avvia all'assalto delle due bande partigiane partendo dalle varie direzioni di San Damiano, Testico, Stellanello, Chiusanico, Pairola.
La situazione dei garibaldini diventa rapidamente molto difficile poiché è esclusa ogni possibilità d'aiuto da altre formazioni.
«Cion» stima la vetta del Ceresa la posizione più opportuna per la difesa: lassù, il nemico concentrerà i suoi attacchi che potranno essere contenuti poiché «Mancen» occuperà la vetta del Pizzo d'Evigno, come previsto nei precedenti piani, e proteggerà di lassù il fianco sinistro della «Volante».
Ma, come abbiamo già riferito, la «Volantina» è impossibilitata all'appuntamento. Sicchè quando il gruppo dei partigiani di monte Ceresa è fatto segno di raffiche di mitragliatrice dalla vetta di Pizzo d'Evigno, si comprende allora che, in quel luogo ci sono i Tedeschi.
(4) Molta parte dell'azione di «Cion», nel periodo fino al giugno 1944, è riportata nel 1° volume della presente opera, di G. Strato.
(5) La tragedia di Val Casotto è avvenuta nel marzo l944.
(6) Dal diario di Gino Glorio.
(7) Per dare un'idea sull'afflusso di nuove reclute alle bande partigiane, riportiamo il breve rapporto inviato dalla Volante al Comando della IX Brigata:
"Comando della IX Brigata d'Assalto Garibaldi, Distaccamento N° 1 (Volante)
         lì, 18/6/44
Impossibile preparare servizio giornaliero.
Continuamente affluiscono uomini di tutte le classi.  
Distaccamenti al completo, possibilmente formarne altri da queste parti (attendiamo
ordini). Formato tre bande locali a nostra disposizione.
Totale uomini 20 a Pairola, Riva Faraldi, Testico.
Attualmente presenti a questo distaccamento 80 uomini.
Azione Santa Croce rimandata perché rinforzata. Facilmente lunedì o martedì.
F.to Commissario politico Federico"
(8) Testimonianza di partigiani presenti allo scontro.

Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992

In quel periodo si cominciava a parlare della Volante, che era una banda in attività permanente, e del Cion che la comandava: questa banda la comandava a modo suo con tutti che gli ubbidivano: era un modo tutto speciale che bisognava vedere.
Il Cion capobanda era un giovanotto di fegato, che di risposte ai fascisti dopo quei bandi di chiamata ne aveva già date parecchie, ma tutte precise, diventando famoso per la sveltezza che aveva.
Tanto per spiegare come facevano, eccoli: a Capo Berta, proprio in mezzo alle pattuglie e ai reticolari, una volta aveva mandato il Brilla caposquadra, che intanto andasse per un lavoretto veloce; siccome il Brilla sapeva tirare di boxe, per non fare rumore fece a pugni con la sentinella tedesca prepotente, che non voleva capirla prima degli spari; e così quando spararono, lui aveva già sgombrato il passaggio per conto suo.
Ai Rossi la Volante tutta insieme, che non li fermavano nessuno, se la prese con quelli della Muti, che si credevano i padroni del vapore su e giù per la vallata; questi qui della Muti saccheggiavano intorno nei paesi da prepotenti, cantando all'armi all'armi siam fascisti; e non cantarono più.
Col Mancen che era il vice Cion, a Casanova ne catturarono tredici di un reparto di camicie nere in un colpo solo di passaggio; e anche quelli non ci passeggiarono più su e giù per la vallata, facendo i bulli.
Poi, dopo tutti questi colpi che facevano, il Cion e i suoi uomini tornavano alla base che avevano nei casoni di Pian di Bellotto; e lì da strafottenti aprivano la radio a tutta birra, che la sentissero dappertutto.
Lo facevano apposta per farsi sentire che c'erano nei loro posti, e che se ne strafregavano, e che ci rimanevano eccome; venissero pure.
Osvaldo Contestabile, Scarpe rotte libertà. Storia partigiana, Cappelli editore, 1982, p. 44

Leo è nato ad Andora (SV) il 4.6.1925. Alla fine del 1943 saliva al Casone du Beu, nel comune di Testico, dove sostavano nascosti i primi partigiani comunisti comandati da Felice Cascione. Leo aveva raccolto poche cose di vestiario e qualche provvista alimentare in uno zaino tedesco, che lo zio Quinto reduce dalla Russia aveva portato a casa, e si era incamminato verso i monti, fiducioso di trovare i ribelli. Giunto con fatica all’accampamento era interrogato in modo stringente, sulla sua identità e sulla parentela, specie da parte del partigiano Felice Spalla (Felì) futuro caduto in battaglia e da un altro ribelle. Leo non capiva la brusca inquisizione, non aveva riflettuto sul messaggio comunicato dal suo sospettoso zaino. Chiarita la provenienza e la famiglia, conosciuta proprio da Felì, anch’esso reduce con lo zio di Leo dalla guerra russa, dopo due giorni di permanenza nel Casone du Beu era comunque invitato a tornare a casa. La breve esperienza a contatto con il gruppo Cascione aveva infiammato Leo che tornerà per vivere con Silvio Bonfante (Cion), l’erede di Felice Cascione, l’epopea di Cian de Bellottu, le prime battaglie contro i nazifascisti e dopo la presenza nella Volante; infine l’adesione al distaccamento di Nino Agnese (Marco) fino alla Liberazione.
Ferruccio Iebole, Leopoldo Fassio “Leo”, un partigiano, I Resistenti, ANPI Savona, n° 1 - Aprile 2019 

Bonfante, Silvio, (Cion)
Arruolato, nel luglio 1941, nella Regia marina per obbligo di leva, viene destinato al deposito Crem di La Spezia e in seguito al distaccamento Marinai di Roma. Dopo l'armistizio rifiuta l'arruolamento nell’ esercito della Rsi e ad ottobre, rientrato in Liguria, si unisce ai primi partigiani dell'imperiese. Dopo aver operato nelle formazioni cittadine, nel febbraio 1944 entra a far parte del gruppo Cascione, ricostituitosi dopo la morte del suo comandate. E’ nominato comandante del 1° e poi del 3° distaccamento, entrambi dislocati al bosco di Rezzo. Nel giugno 1944 gli viene affidato il comando del 1° distaccamento Volante della 9ª brigata d'assalto Garibaldi, dislocato prima a Testico e poi a Rossi. Nel combattimento di Pizzo d'Evigno del 19 giugno, sostenuto interamente dal suo distaccamento, respinge l'assalto di una colonna tedesca, infliggendo al nemico pesanti perdite. A luglio, alla costituzione della divisione Cascione, ottiene il comando della 1ª brigata Silvano Belgrano. Guida numerosi attacchi contro presidi germanici e di Brigate nere a Ceva, Cesio, Pogli, Case di Nava e contro convogli della Wehrmacth sulla strada di Diano Marina e a Ponti di Nava. Comanda un attacco contro quattro postazioni della divisione San Marco che porta alla cattura di numerosi militari nella zona di Chiappa (val Steria), Roccà e Pairolo. Nella battaglia di monte Grande del 5 settembre guida l'assalto contro il reparto germanico che tiene la vetta, costringendolo a ritirarsi. Il 12 settembre gli viene affidato l'incarico di vicecomandante della Cascione. L'8 ottobre tenta, con un piccolo gruppo di uomini, l'impresa di catturare il contingente tedesco di stanza nel presidio di Vessalico. Rimasto ferito, viene ricoverato in un ospedale partigiano in località Valcona (Piaggia). Il 15 ottobre, nel corso di un grande rastrellamento della Wehrmacht, viene trasferito in barella, insieme ai feriti radunati a Vessalico e a quelli di Pigna, nell'ospedale da campo allestito a Upega. Due giorni dopo l'ospedale viene circondato dai tedeschi che, dopo aver attaccato San Bernardo di Mendatica, avevano puntato su Upega. Cion, per non cadere vivo nelle loro mani, si uccide sparandosi al petto. Nel dicembre 1944 gli viene intitolata la 6ª divisione d'assalto Garibaldi. Medaglia d'oro al valor militare.
(a cura di) F. Gimelli e P. Battifora, Dizionario della Resistenza in Liguria, De Ferrari, Genova, 2008 

venerdì 24 gennaio 2020

La IX^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione"


Con la creazione della IX Brigata d'Assalto Garibaldi, del Corpo Volontari della Libertà, posta sotto la guida del comandante Nino Siccardi (il Curto) - commissario Libero Briganti (Giulio) - forte di una decina di distaccamenti e di numerosi nuclei autonomi ad essi aggregati, viene definitivamente realizzata l'unità d'azione patriottica nella nostra provincia e si pongono le premesse organizzative per la susseguente creazione di una vera e propria formazione combattente di montagna, provvista di quadri regolari e di un comando accertato [...]  il riconoscimento concesso dal Comando regionale alla IX Brigata garibaldina quale formazione armata regolarmente inclusa nel complesso del grande esercito partigiano che si batteva nell'Italia centro-settentrionale, significava che la nostra guerriglia non era più da considerarsi un movimento indipendente, quasi anarchico, avulso dal quadro generale della lotta per la liberazione, ma una parte integrante della lotta stessa, provvisto di uno status legale.                              
Mario Mascia, L'epopea dell'esercito scalzo, Ed. A.L.I.S., 1946, ristampa del 1975 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, p. 109

Verso la fine della prima quindicina del giugno '44 i gruppi più o meno direttamnete dipendenti da Curto arrivano a comprendere circa 1.500 uomini. Sempre nella prima quindicina dello stesso mese (14 giugno) questi gruppi si collegano ufficialmente in una sola unità, che prende il nome di IX Brigata d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione", la quale, poi, entrerà a sua volta a far parte del Corpo Volontari della Libertà (costituitosi il 9 giugno '44). Comandante della Brigata è Nino Siccardi (Curto) e commissario è Libero Briganti (Giulio).
Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia
 
A fine maggio 1944 il Comando Generale per l'Alta Italia del Corpo Volontari della Libertà mandò disposizioni per la creazione in Liguria di un Comando unificato. Sorse così il primo Comando Militare Unificato Regionale Ligure (CMURL).
La Liguria venne suddivisa in 4 zone in ottemperanza alle direttive impartite dal Comando Generale Alta Italia.
La I^ Zona Operativa Liguria copriva il territorio che va dalla Valle del Roia, estremo ponente della provincia di Imperia, a quella dell'Arroscia.
Attorno al 13-14 giugno 1944, in considerazione del crescente numero di combattenti che agivano nel territorio venne riconosciuta alle forze della Resistenza imperiese una nuova unità operativa, la IX^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione". 
La IX^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione" ebbe origine dall'aggregazione di 21 distaccamenti partigiani che già operavano in provincia di Imperia: il numero complessivo dei combattenti ammontava a circa 1500 unità.
I gruppi confluiti nella nuova formazione erano i seguenti: il I° Distaccamento "Volante" capeggiato da "Cion" Silvio Bonfante; il II° "Paradiso", comandato da "Tito" [Rinaldo Risso, in seguito vice comandante della II^ Divisione "Felice Cascione"]; il III° "Inafferrabile" comandato da "Ivan" [Giacomo Sibilla, in seguito comandante della II^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Nino Berio" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"]; il IV° capeggiato da Pietro Tento; il V° comandato da "Vittò" [Ivano, Giuseppe Vittorio Guglielmo, a fine 1944 comandante della II^ Divisione]; il VI° comandato da "Mirko" [Angelo Setti, da gennaio 1945 vice comandante della IV^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Elsio Guarrini" della II^ Divisione]; il VII° comandato da "Nettu" [Ernesto Corradi Nettù, Netu *]; l'VIII° comandato da "Macallé" [G.B. Scarella]; il Distaccamento di Vittorio Acquarone (Marino); quello di Carlo Cattaneo (Carletto) che agiva nella Val Nervia; quello di Umberto Cremonini (Folgore); il Distaccamento "Matteotti" comandato da Pasquale Muccia (Turbine); il Distaccamento "Stella" comandato da Alfredo Blengino (Spartaco), ma dal luglio da Stefano Carabalona (Leo); il Distaccamento comandato da Ermanno Martini (Veloce); il XVI° Distaccamento che operava nella media Valle Argentina; quello capeggiato da Mario Briatore; il Distaccamento comandato da Giovanni Arrigo (Romolo), che agiva nell'alta Valle Impero; il Distaccamento comandato da Giuseppe Garibaldi (Fra Diavolo) [in seguito comandante della IV^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Domenico Arnera" della VI^ Divisione]; il Distaccamento di tendenza cattolica, "Libertas", comandato da Sebastiano Verda (Grillo); infine, il Distaccamento "La Fenice" comandato da Tonino Siccardi.
La formazione della Brigata venne ufficializzata con una circolare del 14 giugno 1944, indirizzata a chi agiva clandestinamente in città.

Nino Curto Siccardi
Dal documento citato [prot. n. 5/A] emergono i nomi dei quadri direttivi: Nino Siccardi (Curto) [poi dal 7 luglio 1944 al 19 dicembre 1944 comandante della II^ Divisione "Felice Cascione", in seguito comandante della I^ Zona Operativa Liguria], comandante; Carlo De Lucis (Mario) [in seguito commissario della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"], vice comandante; Libero Briganti (Giulio), commissario politico; Luigi Nuvoloni (Grosso) vice commissario politico.
Come scrisse Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) Vol. II: Da giugno ad agosto 1944, volume edito a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992: Ogni unità ha le sue regole da osservare: numero dei componenti, suddivisioni in squdre minori, ripartizioni di compiti, scelta di una sede e di una zona d'operazioni.
Esisteva, poi, ancora, il fenomeno delle bande locali, piccoli nuclei, formati in maggioranza da contadini, che spontaneamente impugnarono armi od attrezzi di lavoro per difendere le proprie case. Tali bande risultarono in più occasioni necessarie: nel periodo tra giugno e settembre 1944 accolsero parte dei numerosi giovani che, avendo opposto un diniego all'ultimatum fascista del 25 maggio 1945, furono costretti a prendere la via della montagna.
L'afflusso di nuovi volontari verso le bande partigiane dell'entroterra ricevette un notevole impulso anche dalla notizia che Roma il 4 giugno 1944 era stata liberata dalle truppe alleate. I nuovi arrivati erano in prevalenza disertori, tra i quali carabinieri, pompieri, soldati, marinai, agenti di polizia, lavoratori civili impiegati nell'organizzazione tedesca Todt.
Le reclute si concentrarono in prevalenza nel bosco di Rezzo: in buona parte vennero inquadrate all'interno dei gruppi della IX^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione".

Un lasciapassare, firmato da Mario e da Cion
 
Il 1° distaccamento, "Volante", che era comandato, come già detto, da Silvio BonfanteCion”, aveva sede a Pian Bellotto ed operava al Pizzo d’Evigno, in Val Merula, in Valle Steria, in Bassa Valle Arroscia. Già nei primi giorni di giugno, in conseguenza del grande numero di effettivi, una parte del distaccamento venne da Bonfante affidata a Massimo Gismondi "Mancen" [in seguito comandante della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"]: fu così creata la “Volantina” con sede in località Fussai [...]
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste,  Anno Accademico 1998-1999
 
Con l’afflusso di nuove forze, nel mese di giugno del 1944 viene costituita la IX^ Brigata d’Assalto Garibaldi comprendente 21 distaccamenti.
Nel bosco di Rezzo vengono nominati i componenti il Comando della nuova unità operativa:
Comandante: Nino Siccardi “Curto”
Vice comandante: Carlo De Lucis “Mario”
Commissario: Libero Briganti “Giulio”
Vice commissario: Luigi Nuvoloni “Grosso”
Il 1° distaccamento chiamato “Volante” è comandato da Silvio Bonfante “Cion”, ha sede a Pian Bellotto ed opera al pizzo d’Evigno, Val Merula, Valle Steria, bassa Valle Arroscia. Già nel mese di giugno una parte del distaccamento viene affidata a Massimo Gismondi “Mancen”; è così creata la “Volantina” con sede in località Fussai.
La IX^ Brigata poco dopo si trasformerà nella II^ Divisione d’Assalto “Felice Cascione” suddivisa in tre Brigate.
Redazione, Arrivano i Partigiani. Inserto 2. "Le formazioni di montagna della I^ e della VI^ Zona Operativa Ligure che operavano nella provincia di Savona", I Resistenti, ANPI Savona, numero speciale, 2011
 

Fonte: Giorgio Gimelli, Cronache militari della Resistenza in Liguria - Vol.  II, Istituto Storico della Resistenza in Liguria - Genova, 1969

Descritta la battaglia di Pizzo d'Evigno, è utile fare un breve cenno sulla situazione esistente nel periodo precedente lo scontro e sulle condizioni materiali e psicologiche in cui versano le formazioni garibaldine nella zona che hanno scelto come loro sede.
Sarà così facile rendersi conto delle cause e dei fattori originari della battaglia che sarà ancora arricchita di alcuni particolari.
A parte le nostre personali memorie, non ancora totalmente offuscate, ci corre in aiuto la preziosa consultazione del diario di Gino Glorio (Magnesia), fedele annotatore di ricordi della sua vita di partigiano, nel quale sono contenute numerose notizie, valida testimonianza sulla Resistenza nella nostra zona.
Già dall'8 settembre 1943, Silvio Bonfante è pronto e presente alla lotta e, fin dall'inizio, rivela spiccate qualità di uomo destinato a diventare una guida trascinatrice. Il curriculum di combattente della montagna è più che garante della sua validità.
Nel mese di giugno del 1944 ha ormai percorso in lungo ed in largo i nostri monti e le nostre valli. Quante azioni portate a termine! Con ogni mezzo, tritolo o mitra, ha già inferto gravi colpi ai nazifascisti. Ma, ciò che più conta, ha messo a disposizione le sue doti d'organizzatore con cui ha contribuito, in uno sforzo comune con gli altri combattenti maggiormente dotati, a creare l'ossatura di un esercito che, pur affamato e scalzo, infliggerà a Tedeschi ed a fascisti perdite ingenti (4) [...] All'inizio gli uomini della «Volante» sono una ventina, forse meno; garibaldini reduci dalla prima gloriosa fonnazione di Cascione e qualche badogliano uscito vivo dalla tragedia di Val Casotto (5). E' gente avvezza ai pericoli e provata dalla dura lotta. Alcuni sono reduci dai campi di battaglia d'Albania, d'Africa, o di Russia.
La «Volante» di «Cion» pare l'elemento apposito per creare altissimo l'entusiasmo; è diventata ormai la formazione perfettamente organizzata e guidata da un capo meraviglioso, in quella zona verdeggiante, irradiata dal sole d'una splendida primavera, a due passi dal mare d'Oneglia e d'Albenga.
Un senso di profondo cameratismo regna nella banda. La democrazia più autentica, quella non condizionata da alcun fattore, è l'elemento predominante. Il rispetto ed il senso umanitario reciproco hanno trovato il loro regno. Esempi a non finire di generosità e rinunce, d'amicizia autentica tra Comandante, Commissario ed i garibaldini. E' il luogo ideale per chi sogna la fraternità.
Un partigiano deve recarsi a Stellanello e chiede il permesso al Commissario che glielo concede. Ma non è ancora soddisfatto e dice:« Federico, ho i pantaloni rotti, mi secca andare così in paese». - Federico: «Tieni i miei, ma fa presto che io ne resto senza!». E, nell'attesa del ritorno, si avvolge in una coperta (6) [...] Morale alle stelle, dunque, e cameratismo profondo tra i partigiani della «Volante» ed afflusso continuo, in primavera ed estate, di giovani dalle città e dai paesi alle bande armate. È vanto d'ognuno far parte della formazione di «Cion», partecipare alla lotta contro i nazifascisti, contribuire alla rinascita del paese.
Inoltre, tra le fila partigiane non si corre il rischio d'incorrere nei crudeli rastrellamenti che i Tedeschi operano tra i civili nelle città e di essere imprigionati o spediti in Germania, o essere costretti ad indossare la divisa della Repubblica di Salò, o inquadrati nell'organizzazione Todt con tutti i rischi e le conseguenze future.
L'afflusso dei nuovi venuti alle bande tocca il ritmo medio di cinque­dieci unità al giorno; cifra notevole se si considera, come già ricordato, che i partigiani non possiedono caserme, magazzini, grosse scorte, armi e, tanto meno, munizioni per poter far fronte a necessità che, col tempo, diventano sproporzionate rispetto alle obiettive possibilità (7).
(4) Molta parte dell'azione di «Cion», nel periodo fino al giugno 1944, è riportata nel 1° volume della presente opera, di G. Strato.
(5) La tragedia di Val Casotto è avvenuta nel marzo l944.
(6) Dal diario di Gino Glorio.
(7) Per dare un'idea sull'afflusso di nuove reclute alle bande partigiane, riportiamo il breve rapporto inviato dalla Volante al Comando della IX Brigata:
"Comando della IX Brigata d'Assalto Garibaldi, Distaccamento N° 1 (Volante)
         lì, 18/6/44
Impossibile preparare servizio giornaliero.
Continuamente affluiscono uomini di tutte le classi.  
Distaccamenti al completo, possibilmente formarne altri da queste parti (attendiamo
ordini). Formato tre bande locali a nostra disposizione.
Totale uomini 20 a Pairola, Riva Faraldi, Testico.
Attualmente presenti a questo distaccamento 80 uomini.
Azione Santa Croce rimandata perché rinforzata. Facilmente lunedì o martedì.
F.to Commissario politico Federico
"

Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 1992

12/6/44 ... Ci aggreghiamo a quel gruppo e con loro raggiungiamo il Comando della banda a Costa di Carpasio... 13/6/44 ... vedo "Curto" (Nino Siccardi) che già conoscevo e che non sapevo fosse il comandante della Brigata [IX^ Brigata "Felice Cascione"]. C'è una riunione di capi partigiani: Ernesto [Nettu] Corradi è nominato capo banda e inviato al confine francese sul monte Grammondo... 
Giorgio Lavagna (Tigre), Dall'Arroscia alla Provenza - Fazzoletti Garibaldini nella Resistenza, Isrecim - ed. Cav. A. Dominici - Oneglia - Imperia, 1982