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martedì 7 maggio 2024

Per tedeschi e fascisti gennaio 1945 avrebbe dovuto segnare la fine dei "banditi" partigiani nel ponente ligure

Sanremo (IM): zona sovrastante Corso Imperatrice

I rastrellamenti, che hanno investito la IV Brigata "E. Guarrini" durante tutto il mese di gennaio 1945, vengono effettuati anche sul territorio della V Brigata "L. Nuvoloni". L'intento del nemico è quello di liberare completamente la zona occupata dai partigiani. Per questo scopo truppe nazifasciste partono da Imperia, da Savona e da Ventimiglia. Partecipano alle azioni anche formazioni dei "Cacciatori degli Appennini" (3). A Triora si installa un presidio composto da una compagnia di granatieri della Repubblica Sociale, comandata dal capitano Cristin, il quale pone il Comando in casa della famiglia Daneri.
[...] A Sanremo giunge una Compagnia della "San Marco" (Divisione della Repubblica Sociale), proveniente da Albissola. I cannoni piazzati in località Burghi (tra Arma e Taggia), vengono puntati contro la Valle Argentina. Gradatamente il nemico trasferisce le munizioni depositate nella polveriera di Bussana, in località Gazzelli (Valle Impero) (8). Il partigiano "Romeo", addetto al collegamento tra il CLN di Sanremo e la Divisione "F. Cascione", si disloca in località Grattino (Molini di Triora), ove viene raggiunto da Giuseppe Noberasco (Gustavo), proveniente da Genova, ispettore delle SAP liguri: ha il compito di riorganizzare quelle di Sanremo, insieme ad Antonio Gerbolini (del PCI, addetto militare, comandante le formazioni di città) (9).
Si costituisce così il Comando di due Brigate Cittadine ai suoi ordini: la vecchia Brigata "G. Matteotti", e la nuova "G. Anselmi". Il Comando SAP, oltre al Gerbolino, è composto da Bertino Rolando, ufficiale addetto. La Brigata "G. Matteotti" ha per comandante Fortunato Carretta, per vicecomandante Eugenio Carugati, per commissario Vincenzo Rivetta; la Brigata "G. Anselmi" ha per comandante Giovanni Trucchi, per vicecomandante Nino Roverio e per commissario Luigi Luppi (10).
Il 2 gennaio in Sanremo i nazifascisti fucilano Emilio Zamboni (Emilio), partigiano della V Brigata (11). Intanto la città viene tappezzata di manifestini i quali annunciano che il mese di gennaio segnerà la fine dei "banditi" partigiani. In Sanremo sono dislocati i Comandi nemici più importanti della zona. Per dare uno sguardo d'insieme alla situazione militare nella città, abbiamo ritenuto opportuno riportare in sintesi l'ubicazione di tali comandi. Nell'albergo Nizza sono accasermati una cinquantina di uomini della Brigata Nera "A. Padoan" con il loro comandante; ivi è pure il Comando della G.N.R. e una quarantina di uomini. Un centinaio di militari della X flottiglia MAS e cinquanta bersaglieri sono accasermati nell'albergo Corso. Invece il Comando generale tedesco ha preso alloggio nell'albergo Imperiale, ed ha a disposizione circa quattrocento uomini. A Coldirodi stanziano una ventina di bersaglieri, i quali compiono servizio di pattuglia nei dintorni del paese (12).
[...] Il presidio nemico di Molini di Triora viene rinforzato fino a raggiungere una ottantina di uomini i quali si recano quasi giornalmente di pattuglia nelle zone circostanti. Nell'estremo Ponente Ligure anche il presidio nemico di Apricale viene fortemente rinforzato per timore di forti puntate alleate. Giungono nella località alcune centinaia di uomini con molti quadrupedi (13).
Continua lo stillicidio di perdite della Resistenza: a Ciabaudo il 3 gennaio durante un rastrellamento cade sotto il piombo nemico il partigiano Nicolò Sardo (Scibrò).
Come ad Apricale i nemici rinforzano le loro difese a Isolabona con duecento uomini che hanno con loro molti cavalli, a Dolceacqua con circa trecento uomini. A Perinaldo con una ventina di zappatori col il compito di riparare la strada Perinaldo - San Romolo, a Baiardo con una Compagnia di bersaglieri, a Ceriana con centocinquanta soldati, compreso un Comando di Battaglione. A Bussana venti civili (a turno) lavorano alla polveriera, sorvegliati da alcuni Tedeschi; ogni notte le armi prelevate dalla stessa sono caricate su due vagoni ferroviari, spediti altrove. Batterie tedesche sono in postazione a Passo Muratone, a Gouta, a Margheria dei Boschi, all'Alpetta e a Montecarbone. Il 5 di gennaio giungono nella zona di Sanremo circa trecento SS Tedesche, addette ai rastrellamenti, comandate dal maggiore Cramer, specialista in materia (14).
Il 4° Distaccamento partigiano comandato da Isidoro Faraldi (Serpe), (II Battaglione della V Brigata), il 5 gennaio 1945 si trova accampato in un casolare in località Carpenosa (Valle Argentina), con la neve fino ai ginocchi, e ridotto malconcio e di numero, 25 uomini, compreso il commissario "Gino" [Gino Napolitano]. Nella notte dell'Epifania, uno dei tre uomini di guardia informa che stanno arrivando il comandante della Divisione Cascione, Vittorio Guglielmo (Vitò), e il commissario Ivar Oddone (Kimi), i quali consigliano di tenersi in allarme, come avevano già fatto con gli altri Distaccamenti, purtroppo tagliati fuori da ogni collegamento, con l'ordine tassativo di non attaccare il nemico. Il Distaccamento di "Piacenza" è dislocato ad Andagna, quello di Giovanni Zaffarano (Mia) in Glori, e quelli di "Gino", di Vincenzo Orengo (Figaro) e di Giobatta Moraldo (Olmo), sono dislocati nella zona di Vignai. Iniziato il rastrellamento, il nemico fa confluire tutte le forze su Badalucco.
[NOTE]
3  ISRECIM, Archivio, Sezione I, cartella 27. Da una relazione datata 31.12.1944 di Franco Bianchi (Brunero), responsabile SIM, alla V Brigata, che preannuncia i rastrellamenti su menzionati.
8  ISRECIM, CLN di Sanremo, cartella 104, lettera del CLN di Sanremo al Comando della "Cascione", datata 24.1.1945.
9  Come da nota 8.
10 Ibidem.
11 ISRECIM, Archivio, Sezione II, cartella serie T. Lo Zamboni viene fucilato perché riconosciuto come il feritore del capitano dei bersaglieri Franco Savi, della 9 ^ Compagnia, in una precedente azione. Prima di salire in montagna era già stato milite delle forze della Repubblica Sociale.
12 ISRECIM, Archivio, Sezione I, cartella 28.
13 ISRECIM, Archivio, Sezione I, cartella 28. lettera del SIM della V Brigata al Comando della Divisione Cascione.
14 Ibidem, cartella 28.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria). Da Gennaio 1945 alla Liberazione - Vol. IV,  ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005, pp. 103-106 

Curti Walter: nato a Sanremo il 1° agosto 1929, squadrista della Brigata nera “Padoan”, distaccamento di Sanremo.
Interrogatorio di Curti Walter del 28.5.1945: Mi arruolai volontariamente nella brigata nera di Imperia nel novembre del 1944 e assegnato al distaccamento di Sanremo dove sono rimasto fino al giorno 24 aprile
[...] Mi risulta che durante la mia degenza in ospedale, l’Impedovo con il Pelucchini, Siri, Nicco [n.d.r.: nel citato brogliaccio del distaccamento di Sanremo della Brigata nera, appare come Nicò; alcune fonti riportano per lui anche il triste soprannome di Gin (o Gim) Mano Nera] e Maselli, tutti della brigata nera, e due militari della SS tedesca, vennero in ospedale dove prelevarono un partigiano ferito e condottolo in un luogo un po' disabitato lo freddarono. Il Pelucchini ed il Nicco, assieme a reparti della SS, si resero colpevoli di tre delitti avvenuti nei pressi della Villetta alla vigilia del Natale del 1944. Sempre durante il periodo della mia degenza, seppi che reparti della brigata nera, unitamente a tedeschi, recatisi [2 gennaio 1945] sulle alture di Verezzo [Frazione di Sanremo], dopo un piccolo scontro, colpivano un partigiano [n.d.r.: Mario Emilio Zamboni, nato a Crikvenika, nell'attuale Croazia, il 16 settembre 1921] che per mancanza di munizioni aveva gettato l’arma e si era arreso e lo finivano a colpi di pistola. Poiché il partigiano si manteneva ancora in vita, un tedesco avvicinatosi gli scaricò sulla testa la sua pistola. Dichiaro che il Pelucchini, l’Impedovo ed il Nicco erano in piena collaborazione con gli appartenenti alla SS Italiana, numerosi fra i quali si distinguevano elementi italiani residenti all’estero.
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia, StreetLib, Milano, 2019    

[...] Il Fante Mario (o Mariano) Calabretti il giorno della dichiarazione dell’Armistizio con gli Anglo-Americani si trovava in servizio nel Nord Italia.
Per nulla intenzionato ad aderire alla Repubblica di Salò e combattere ancora al fianco dei tedeschi, si dette alla macchia e divenne partigiano, poiché anche per lui era molto difficile raggiungere le zone libere dell’Italia già sotto controllo alleato.
Messosi in contatto con quanti già operavano clandestinamente sulle montagne, si arruolò nelle formazioni costituite nel Comando 2a Div. d’Assalto “Garibaldi” della la Zona della Liguria “F. Cascione”.
Assunto il nominativo in codice di “Beten” combatte con il grado partigiano di “Garibaldino” tra le fila del 1° Battaglione della 5a Brigata.
Il 6 gennaio 1945 venne catturato da forze repubblichine durante un rastrellamento nella zona di Ciabaudo del Comune di Badalucco (Imperia) e portato a Villa Ober in San Remo (Imperia) dove fu tenuto prigioniero.
Immediatamente sottoposto a processo dal Tribunale Straordinario di Guerra della G.N.R. (Guardia Nazionale Repubblicana) con l’imputazione di "diserzione con passaggio a bande di ribelli e di favoreggiamento agli stessi", fu condannato a morte mediante fucilazione alla schiena.
La sentenza fu immediatamente eseguita nella città di Imperia.
Nella stessa seduta il Tribunale condannava un altro militare, tale Vice Brigadiere Zara Zeffiro, accusato di tradimento perché, pur prestando servizio nella G.N.R., aiutava i partigiani dando loro munizioni e viveri.
Anche quest’ultimo fu condannato a morte e la sentenza fu eseguita a Oneglia il 27 gennaio.
E, perché tale condanna avesse la funzione di deterrente nei confronti di altri militari alla macchia, la notizia della fucilazione di entrambi fu riportata persino su un giornale locale, “Il Quotidiano - L’Eco della Riviera”.
La triste vicenda del Calabretti fu ufficialmente confermata dal Ministero della Difesa il quale dichiarò che: "[..] il Fante Calabretti Mariano è deceduto il 6 febbraio 1945 a Imperia fucilato in base ad una sentenza emessa dal Tribunale Straordinario di Guerra [..]".
(da Nuccio Carriero, San Vito in guerra. La partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale, Ed. Arcobaleno San Vito dei Normanni, 2012)
Redazione,
Calabretti Mariano partigiano fucilato, ANPI Brindisi  

A fine gennaio si riunisce a San Remo, in Villa Clara, il Tribunale Straordinario di Guerra della Guardia Nazionale Repubblicana per giudicare Mario Calabretti e Zeffiro Zara, già ex militi, colpevoli di favoreggiamento di bande partigiane. Sono condannati a morte e fucilati alla schiena. Lo Zara cade il 27 gennaio 1945, il Calabretti a Imperia il 1 febbraio 1945
[...] Cosa di cui abbiamo già fatto cenno, il Tribunale Straordinario di Guerra della Guardia Nazionale Repubblicana si è radunato ad Imperia per giudicare il milite Mario Calabretti, imputato di diserzione con "passaggio a bande armate" di ribelli e di favoreggiamento di essi. E' condannato a morte mediante fucilazione alla schiena. La sentenza ha avuto esecuzione il primo febbraio 1945.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Op. cit.

giovedì 13 luglio 2023

Spostamenti del Comando Partigiano Imperiese

La prima pagina di un documento firmato da Simon (cit. infra) in data 3 agosto 1944. Fonte: Fondazione Gramsci

Per presentare un quadro complessivo delle ubicazioni e degli spostamenti del Comando della Resistenza imperiese, che si identificano in tanti momenti della lotta, che viene sviluppata a sua volta nei quattro volumi dell'opera, abbiamo ritenuto interessante tracciarne a grandi linee la cronologia fino alla Liberazione, iniziando, però, dalla metà dell'anno 1944, dato che il periodo precedente è stato approfondito con somma perizia nel primo volume dall'autore G. Strato.
Del suddetto periodo precedente vogliamo ricordare soltanto due episodi, rimasti inediti, che dimostrano con quanta serietà il comandante Nino Siccardi (Curto) desiderava organizzare la Resistenza imperiese, dal punto di vista della competenza, dell'efficienza e, al tempo stesso, come era precaria e difficile l'esistenza dei primi embrioni dell'organizzazione.
Primo episodio: nei primi giorni di dicembre del 1943, «Curto» aveva pensato di incorporare nella Resistenza imperiese degli ufficiali superiori dell'ex esercito, pratici del mestiere dal punto di vista tecnico, tattico e strategico. Per questo motivo, dopo vari suggerimenti avuti da alcuni compagni, aveva pensato di interpellare un bravo ufficiale e, in modo particolare antifascista, cosa abbastanza rara negli ambienti dell'ufficialità. Partito in bicicletta da Imperia, si recava presso Castel Gavone nel Finalese, dove incontrava il capitano Wuillermin Renato di 47 anni, vecchio e bravo combattente della prima guerra mondiale. Ma le trattative non erano ancora terminate quando il capitano, incappato in un rastrellamento, venne fucilato a Savona insieme ad altri per rappresaglia il 27 dicembre 1943.
Secondo episodio: nella prima decade di maggio del 1944, «Curto» e Libero Briganti (Giulio), rispettivamente comandante e commissario di tutte le bande partigiane imperiesi, da Arzéne si erano postati nel bosco di Rezzo, ospitati nella casa di Giobatta Bonello (Bacì Fundeghé). Si dovevano ulteriormente organizzare dei gruppi armati nella valle dell'Impero e per questo motivo venivano consegnate lire diecimila a un compagno di Ville San Pietro per l'acquisto di alimentari e il recupero di armi. Purtroppo il compagno organizzatore, ritornato presso il Comando per comunicare il risultato del suo operato, camminando guardingo e con la rivoltella in mano, era scambiato per un fascista e prima che si  potesse chiarire l'equivoco, dopo una breve sparatoria cadeva ucciso (1).
Con l'unificazione di tutte le bande della provincia nella IX brigata Garibaldi in giugno, il Comando, con a capo «Curto», si sposta ancora nel bosco di Rezzo e ivi rimane fino al 24 giugno 1944 (uccisione di L. Nuvoloni), quindi raggiunge la zona di Tavole. Nei primi giorni di luglio, con l'elevazione della IX brigata a II divisione d'assalto Garibaldi «F. Cascione», ritorna nel bosco e s'insedia nuovamente nella casa di «Bacì Fundeghé».
Alla metà del mese, per necessità militari si trasferisce a Garessio in val Tanaro e, dopo la battaglia di Pievetta (25 luglio 1944), si porta sotto il passo della Follia (Case Almirante), a monte di Pietrabruna, ove rimane fino al giorno della fucilazione degli ostaggi sul monte Faudo (vedi II volume). Seguono brevi spostamenti a San Bernardo di Mendatica, a Pieve di Teco, a Villa Talla ma, in definitiva, rimane nel bosco di Rezzo fino al 19 di settembre, quando l'ispettore «Simon» parte per il Piemonte scortato dal distaccamento di Muccia Pasquale (Turbine) per incontrare una Missione alleata (2). Ritenuto ormai troppo infido, dopo il 19 di settembre il Comando lascia il bosco per rifugiarsi a Piaggia da dove dirige la lotta fino al 13 di ottobre quando, iniziato il grande rastrellamento con l'occupazione tedesca di Pigna in Val Nervia e a causa dell'offensiva nemica in direzione di Triora-Piaggia, viene sospinto verso nord raggiungendo Upega [Frazione di Briga Alta (CN)] il 16; valicato il Mongioie con le brigate I e V, si porta a Fontane (provincia di Cuneo) dove, impegnato nella riorganizzazione delle formazioni, rimane fino ai primi giorni di novembre.
Rientrato in Liguria prima delle formazioni garibaldine, il comandante «Curto» va ad ispezionare la IV brigata (nelle zone di Villa Talla-Pietrabruna) e quindi prende nuovamente contatto con l'ispettore «Simon» [Carlo Farini] a Prelà, giuntovi in  precedenza ammalato (vedi capitoli XXV e XXVI).
Il Comando Operativo della I Zona Liguria, costituitosi il 19 dicembre 1944 e composto da «Simon», da «Curto» e «Sumi» [Lorenzo Musso, commissario politico] s'insedia in casa di Mario De Carolis in Prelà, dove rimane fino all'uccisione di quest'ultimo durante il rastrellamento del 28 dicembre. Allora i componenti e gli addetti sono obbligati a spostarsi a Pianavia presso la tipografia del C.L.N. provinciale che, da Villa Talla ivi trasferita, era stata montata qualche giorno prima dal tipografo Giovanni Acquarone (Barba), in un sottofondo della casa di Giovanni Calzamiglia (Bacì).
Ennesimo rastrellamento il 4 gennaio 1945 e la casa del Calzamiglia viene data alle fiamme. Nuovo rapido spostamento del Comando, fortunatamente sfuggito alla cattura, verso Badalucco in una casa diroccata, dove ha sede anche il centro staffette dirette da Federico Panizzi (Fedé) (ex miliziano del P.O.U.M. in Spagna nel 1937), e da qui a Vignai.
Invece «Simon», annaspando nella neve verso monte Acquarone, con don Nino Martini riesce a raggiungere Lucinasco in valle Impero nella notte.
Il 6 gennaio 1945 sbarca a Vallecrosia la Missione alleata composta dal capitano inglese Robert Bentley e dal radiotelegrafista John Mac Dougall (Mac), che si aggrega al Comando I Zona Liguria dopo due giorni a Vignai. Completato il Comando, il gruppo si porta a San Salvatore, sotto il passo della Follia da dove dirige la lotta.
A metà mese un pesante rastrellamento sul luogo, causato dalla trasmittente individuata dai goniometristi tedeschi, obbliga il gruppo a spostarsi a «Ciazza Becco», tra Badalucco e Pietrabruna, dove sosta una dozzina di giorni.
Durante questo periodo «Curto» si reca ad ispezionare la divisione «S. Bonfante» ad est della strada statale n. 28. Il 25 di gennaio è quasi spettatore della cattura del 10° distaccamento «W. Berio» (IV brigata) da parte del nemico. Triste episodio accaduto nel vallone tra Villa Talla e Pantasina. Ritornato a «Ciazza Becco», il 27 la località è investita da un rastrellamento ancora causato dalla radio trasmittente; ma accade un episodio singolare: alcuni garibaldini del comandante Ermanno Martini (Veloce) incrociano una squadra di soldati tedeschi; i due gruppi nemici si scorgono ma non si accende lo scontro, ognuno prosegue per la propria strada.
Nella notte successiva il Comando si sposta a Beusi, nel bosco del Pistorino, dove i figli del contadino Lanteri Francesco (Chiccò) avevano costruito un'apposita baracca. Dopo qualche gioroo giungono nel detto luogo anche «Simon» e la sua segretaria Bianca Novaro (Rossana).
Intanto avviene l'episodio relativo al sommergibile alleato * che doveva sbarcare rifornimenti sulla spiaggia presso il giro del «Don» (Arma di Taggia) e che, invece, non giunse, mentre i garibaldini caddero in una imboscata (vedi il precedente capitolo LIV).
Il 2 di febbraio il Comando I Zona Liguria è nuovamente riunito. Al Pistorino si discutono i piani per rifornire di armi i garibaldini tramite gli alleati con aviolanci. Il 9 avviene il convegno di Beusi per definire questi piani anche con i rappresentanti di alcuni C.L.N. delle città costiere (vedi il IV volume).
I rastrellamenti si susseguono incessanti [...]
[NOTE]
1 Da una testimonianza orale di «Curto»
2 Gli avvenimenti collegati al Comando della Resistenza imperiese sono descritti in modo particolareggiato nei volumi e nei capitoli precedenti.
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. La Resistenza nella provincia di Imperia da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza di Imperia, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977, pp. 524,527

* Michael Ross, uno degli ufficiali alleati che sarebbero dovuti rientrare nelle linee con il citato sommergibile, lasciò scritto nel suo "From Liguria with love. Capture, imprisonment and escape in wartime Italy" (Minerva Press, London, 1997) che nel richiamato torno di tempo furono tre i tentativi compiuti da un mezzo navale amico. I primi due vennero frustrati perchè scattarono trappole, da cui i partigiani si salvarono a stento, predisposte dai tedeschi, informati da una donna infiltrata nelle fila della Resistenza locale. La terza volta gli uomini del sommergibile, arrivando, non trovarono nessuno, perché, nel frattempo, i garibaldini avevano individuato la spia, che venne addirittura eliminata con l'uso di una pistola in dotazione ad un altro degli ufficiali alleati: e le comunicazioni radio in quel frangente non poterono funzionare, il che spiegava quel viaggio a vuoto.
Adriano Maini

Il 20 ottobre 1944 “Curto”, Nino Siccardi, con la scorta di 5 partigiani tornò momentaneamente ad Upega per procedere alla messa in salvo anche dei patrioti feriti che là erano rimasti.
La missione ebbe esito positivo.
[…] Le forze sbandate della I^ e della V^ Brigata, circa 150 uomini, furono incorporate nell’VIII° Distaccamento di Domenico Simi (Gori), che si costituì in Battaglione.
Venne tentato a più riprese un contatto con il comando divisionale, conseguito, infine, il 22 ottobre.
Nei primi giorni di permanenza a Fontane avvenne l’incontro tra il comandante [della II^ Divisione Garibaldi “Felice Cascione” della I^ Zona Operativa Liguria] Nino Siccardi (Curto) ed il maggiore inglese Temple (Wareski): “Curto” chiese un consistente aiuto militare per le sue formazioni: la riunione si concluse, tuttavia, con un nulla di fatto.
Più concreto fu il contributo in denaro giunto da più parti e con il quale “Curto” rimborsò la popolazione di Fontane per i viveri ed il vestiario forniti ai suoi uomini.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio-30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

venerdì 9 giugno 2023

Un consistente gruppo di uomini armati in divisa rastrellava la zona del Santuario dell'Acquasanta


Verso le ore 13 del 16 agosto 1944 una staffetta avverte che una trentina di Tedeschi tenta di entrare in Badalucco per stabilirvi una consistente testa di ponte.
Immediatamente il gruppo del 9° distaccamento «Artù» della IV Brigata si sposta, si porta a breve distanza dal tratto stradale Badalucco ­Montalto, in località Poggio e Carcagnolo, ed attacca il nemico che lascia sul terreno due morti.
Successivamente la squadra partigiana prende posizione a circa due chilometri dal paese e le arrivano dei rinforzi con una mitragliatice pesante. Passa circa mezz'ora ed i nazisti rispuntano. L'attacco dei garibaldini anche questa volta è violento. I Tedeschi si difendono con grande accanimento, ma dopo due ore di sparatoria infernale si disperdono, contando numerosi feriti ed altri tre morti, tra cui un capitano ed un tenente. Inoltre, lasciano nelle mani dei partigiani due prigionieri ed un rilevante bottino: quattro machinen-pistole, un mitragliatore Majerling, cinque ta-pum, varie pistole e circa novemila colpi.
Il patriota Domenico Boeri (Menego) rimane ferito al braccio destro.
Il commissario Raffaele Amato (Elio), a fondo pagina del rapporto sull'operazione, ha posto la seguente nota: «Al nostro fianco ha pure collaborato il signor De Andreis Giobatta, babbo dell'agente investigativo «Pierò», sequestrando un mitragliatore e consegnandocelo...» (1).
Il Comando tedesco, in conseguenza dello scacco subito a Badalucco, organizza un rastrellamento per il giorno seguente. Nella prima mattinata i Tedeschi ed i soldati della divisione «San Marco» iniziano ad attaccare le forze partigiane dislocate sul monte Faudo.
Le sentinelle garibaldine si ritirano nel bosco, mentre nell'accampamento viene nascosta ogni cosa per salvarla e sottrarla agli aggressori.
Un'ora di silenzio. Oltre trecento nazifascisti avanzano, muniti di armi automatiche. Poi incominciano a sparare. Il 9° distaccamento si sgancia per l'impossibilità di accettare il combattimento in condizioni di manifesta inferiorità ed in considerazione delle disposizioni del Comando che impongono attacchi improvvisi al nemico ed improvvisi ritiri. I tedeschi non riescono ad avvistare l'accampamento, sicché ogni cosa resta salva. Ma, come al solito, al loro passaggio seminano ovunque strage e desolazione.
Nei prati tra il monte Faudo ed il monte Follia numerosi civili innocenti vengono barbaramente trucidati.
Altri civili inermi vengono inesorabilmente falciati nelle verdi campagne di Montalto Ligure e nell'abitato stesso. Nel numero degli uccisi figurano due religiosi del Santuario-Ospizio della Madonna dell'Acqua Santa: il sacerdote lituano don Stanislao Barthus ed il chierico Mario Bellino (2), accusati di aver collaborato con i patrioti.
La micidiale colonna prosegue ancora per Badalucco ove uccide altri due civili.
Come a Montalto, la popolazione assiste impotente al saccheggio ed all'incendio di alcuni fabbricati (3).
I rastrellamenti sono effettuati su segnalazione di spie, la cui azione è stata tanto meticolosa che l'ubicazione del distaccamento comandata da Arturo Secondo (Artù), è identificata con una precisione impressionante. Infatti, sopra una roccia si trova scritto con pittura rossa: "X ALT [poi, il disegno di una freccia con la punta in basso a sinistra] NON SBAGLIATE".
Sicché è necessario spostare l'accampamento e trasferirlo sul versante destro dell'Argentina in zona Tumena. (4)
Il commissario Raffaele Amato (Elio), cosi descrive la nuova sede: «Percorrere la strada Montalto-Triora. A circa un chilometro e mezzo dal ponte di Montalto Ligure chiedere informazioni della casa del dottor Rossi, una casa grande e bianca. A poca distanza c'è una mulattiera a sinistra che s'inoltra nel bosco e conduce alle vigne di fronte al nostro accampamento...».
A seguito dell'eccidio il comando garibaldino lancia il seguente proclama alla popolazione, alla quale addita, ancora una volta, la barbarie dei nazifascisti:
«Italiani! Contadini!    
Sulle pendici del monte Faudo, in un invidiabile pace agreste, lontana dal dramma che sconvolge l'umanità, pacifici ed onesti contadini, con l'autorizzazione delle autorità tedesche ed italiane, sono intenti, curve le schiene, sudata la fronte a  manovrare con le forti braccia la falce per il taglio del fieno. Ma le iene nazifasciste spiano con occhi assassini quella pacifica opera e preparano la più feroce aggressione.
Improvvisamente, a tradimento, senza alcuna provocazione piombano su quegli inermi lavoratori, li costringono ad adunarsi in un sol gruppo e contro di questo fanno scaricare le loro mitragliatrici. Quindici infelici cittadini, quindici
padri di famiglia, quindici onesti vostri compagni, lavoratori e padri di famiglia sono così barbaramente trucidati dai nazifascisti guidati ed istigati dai lanzichenecchi italiani traditori della Patria.
Italiani! Contadini! Potete voi più oltre sopportare tanta feroce tirannia? Insorgete, non soffocate più il generoso impulso del vostro cuore; attaccate il nemico fascista e tedesco, carnefice dei vostri fratelli».
[NOTE]
(1) Archivio ISRI, sezione I (cronologica), documento del 9° distaccamento datato 20 agosto 1944. Vedasi pure Relazione storica sul movimento di Resistenza a Badalucco, opuscolo edito dal comune di Badalucco nel 1965, pag. 5.
(2) I due religiosi dell'Istituto Charitas di Imperia erano sfollati a Montalto Ligure con un gruppo di convittori (vedasi documento ASR); per altre notizie relative al chierico Mario Bellino vedasi R. Amedeo, Ogni contrada è patria di ribelli, Nicola Milano, Editore Farigliano (Cn), 1964, pagg. 171, 172.
(3) Nel corso del rastrellamento, trovarono la morte i seguenti civili: nella zona monte Faudo in località Bramosa: Amoretti Giovanni di Pietrabruna; Muratorio Giobatta di Badalucco; Ricca G.B. di Civezza; Bellissimi Giacomo, Benza Gioacchino, Benza Giovanni, Benza G.B., Benza Giuseppe, Castello G.B., Giretto Giuseppe, Lupi Antonio, Orengo Bartolomeo, Piropo Clemente, tutti di Dolcedo.
Nel comune di Montalto Ligure: Ammirati G.B. fu Antonio, Ammirati G.B. fu Vincenzo, Barla Ermelindo, sacerdote don Barthus Stanislao, chierico Bellino Mario, Brea Giorgio, Galleani Angelo (segretario comunale), Montebello G.B. ed il partigiano Torre Antonio. Nel comune di Badalucco: Bianchi Antonio e Gallo Giovanni.
(4) Verso la fine di agosto il distaccamento si sposterà in regione Carmo presso Madonna della Neve (da documento ASR)

Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992, pp. 363,364,365

Elenco delle vittime decedute
Bianchi Antonio del Comune di Badalucco, civile, ucciso a Badalucco
Gallo Giovanni del Comune di Badalucco, civile, ucciso a Badalucco
Altre note sulle vittime:
Don Lanteri Giobattista - parroco di Montalto Ligure dal 1923 al 1977: come da manoscritto “Diario dei 10 mesi” conservato presso l'Archivio parrocchiale di Montalto Ligure pubblicato sul libro “I bambini no, lasciateli stare!” di Giovanni Perotto: “Era con noi anche il segretario comunale che conoscendo un po' di tedesco ci faceva da interprete... siamo messi davanti alle mitragliatrici... Col segretario siamo separati dalle altre persone che sono lasciate libere. Il segretario piange... continuando il segretario a lamentarsi quel bestione del medico tira fuori la rivoltella e comincia a tempestarci di colpi. Per vero miracolo io rimango incolume e cade solo il segretario”.
Circa 20 bambini sfollati da Imperia ospitati in un orfanatrofio a Montalto Ligure nei pressi del Santuario dell'Acquasanta come da testimonianza di Agostino Liburdi pubblicata sul libro sopracitato: “Il giorno dell'Eccidio, il 17 agosto 1944, un consistente gruppo di uomini armati in divisa rastrellava la zona del Santuario dell'Acquasanta in cui si trovava la casa ricovero dover ero rifugiato con altri bambini dell'Istituto... Gli italiani del gruppo erano più numerosi dei tedeschi... Venni quindi a sapere che gli italiani in divisa appartenevano alla brigata fascista San Marco. Alcuni di costoro ci prelevarono dalla casa ricovero dove eravamo sfollati e ci condussero - un gruppo di circa venti bambini - al vicino santuario. Sul piazzale erano presenti al nostro arrivo Don Stanislao Barthus e il seminarista Mario Bellini sorvegliati da tedeschi e fascisti armati... Noi bambini fummo portati all'interno della chiesa”.
Come da intervista con Aldo Maestro pubblicata sul libro sopracitato: “... i due preti ci spingono e ci ammucchiano tutti nell'abside... e aprono la porta, attraverso la quale si precipitano dentro i nazifascisti urlando. Agguantano subito don Stanislao e don Bellini che strattonano fuori: li vogliono fucilare! (...) Noi dopo questi avvenimenti siamo spaventati a morte, quando sentiamo distintamente i colpi delle vergate sui due sacerdoti che non possiamo vedere, ma sentiamo i loro lamenti e le loro urla (..) Ora dalla finestra della sacrestia, ammucchiati gli uni sugli altri per guadagnarci la visuale vediamo chiaramente la scena, anche se non riusciamo a capire il colloquio tra i nostri amici e i torturatori che continuano a picchiarli selvaggiamente... Intanto strattonandoli li spingano in direzione di una grande pianta di acacia: noi vediamo chiaramente la scena. Ce l'ho davanti agli occhi e non potrò mai più dimenticarla. Appoggiati i due uomini al tronco della pianta, i rastrellatori fanno una raffica di mitra nella loro direzione. Vedo chiaramente l'alta figura di don Stanislao, il breviario all'altezza del torace in mano, che si abbatte” e sempre dal libro citato l'autore Giovanni Perotto scrive: "Nel racconto di Aldo Maestro emerge drammatica la testimonianza della volontà di alcuni tedeschi di uccidere anche i bambini ospiti della casa: “qualcuno vorrebbe fucilare anche noi ragazzi! Per fortuna altri si oppongono. - Ma cosa vogliamo fare?! Siamo impazziti? Non sono che ragazzi! - Oggi ragazzi, domani banditi! - urla un tizio inferocito. Per fortuna prevale l'umanità e il buon senso!” Pare che siano stati proprio i due martiri ad impedire che i piccoli cadessero vittime della violenza nazista: “I bimbi no, lasciateli stare!” imploravano ai persecutori che volevano a tutti i costi informazioni sulla resistenza".
[...] Nel pomeriggio del 16 agosto i partigiani del 9° distaccamento “Artù” della IV brigata attaccano una trentina di Tedeschi che tentano di entrare a Badalucco: due morti. La battaglia si interrompe per poi riprendere violenta: i Tedeschi hanno numerosi feriti, perdono altri tre uomini (tra cui un capitano ed un tenente) mentre due sono fatti prigionieri ed un rilevante bottino di armi. Il patriota Domenico Boeri (Menego) rimane ferito al braccio. (da documento del 9° distac. Datato 20.08.1944 Archvio ISRECIm sez. I (cronologica)
[...] svolgimento indagini effettuato da: Procura militare della Repubblica presso il Tribunale militare di Padova (anno 2007) Procura Militare della Repubblica di Verona presso il Tribunale militare di Verona - Ufficio di coordinamento di Polizia Giudiziaria Militare in Bolzano - (procedimento penale nr. 163/09/mod. 44 (ign.) - anno 2009
Sabina Giribaldi, Episodio di Badalucco, 17.08.1944, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia

A destra il Monte Faudo (sullo sfondo il Monte Saccarello). Foto: Eraldo Bigi

Nel "Diario dei 10 mesi" dell'allora Parroco di Montalto Ligure, don G.B. Lanteri, si racconta la strage del 17 Agosto 1944:
Giornata di terribile rappresaglia sulla popolazione di Montalto Ligure. Verso le sei del mattino i tedeschi ed i fascisti sono già al passo di Vena. Dopo aver ucciso due persone a San Salvatore, uccidono una dozzina di uomini e donne di Dolcedo. Sono presi nel sonno in una casupola nei pressi del Faudo, addetti al taglio del fieno che, assicurati dal Prefetto non esservi più durante la fienagione scorrerie nei prati del Faudo, si erano recati lassù. I Tedeschi scendono nella Regione Binelle ed Evria. Uccidono certo Ammirati Giobatta, detto l'"Orso", di circa 70 anni, trovato per la strada carico di legni, così pure Ammirati Gio Batta (Bacò) di 72 anni ed un certo Brea Giorgio di 54 anni, trovato sulla porta che stava mangiando. Arrestano alcune donne che chiudono in una stalla ed alcuni uomini che poi rilasciano. Al Santuario dell'Acquasanta uccidono, dopo averli terribilmente bastonati e seviziati, i sacerdoti addetti a quell'istituto, Barthus Stanislao e Bellini Mario, e incrudeliscono sui loro cadaveri facendoli rotolare a calci giù dalla strada. Spaventano suore e bambini, gettano all'aria ogni cosa in Chiesa e nella abitazione delle suore. Nei sotterranei della chiesa si sono nascoste molte persone che non vengono scoperte. Preceduti dal fuoco dei mortai sul paese vi entrano da due parti. Uccidono il sacrestano Montebello Giobatta. Fracassano porte ed ogni cosa. Il parroco ed il podestà che non credevano avere a che fare con simili bestioni selvaggi ed ignari di quello che era accaduto nelle campagne, gli si presentano in Piazza della Chiesa. Fa parte del primo gruppo di Tedeschi un tenente medico. A Taggia si è poi vantato di avere il 17 agosto ucciso lui da solo nove persone: "Quest'oggi essere stata buona giornata."
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, ed. in pr., 2020

[ n.d.r.: tra le pubblicazioni di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone, La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944-8 ottobre 1944), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016  ]

Elenco delle vittime decedute
Ammirati Giobatta (Bacò), anni 66,civile, ucciso a Montalto Ligure
Ammirati Giobatta (Ursotto), anni 68,civile, ucciso a Montalto Ligure
Barla Ermelindo del Comune di Taggia, civile, ucciso a Montalto Ligure
Bartkus (o Barthus) Stanislao, fu Pietro, nato a Upyna in Lituania l'11.01.1907, anni 37, sacerdote ucciso al Santuario dell'Acquasanta
Bellino Mario, nato a Garessio (Cerisola) prov. di CN il 4.03.1916, anni 28, religioso chierico (seminarista), ucciso al Santuario dell'Acquasanta
Brea Giorgio del Comune di Montalto ligure, anni 54, civile, ucciso a Montalto Ligure
Galleano Angelo del Comune di Montalto Ligure, anni 37, segretario comunale, civile, ucciso a Montalto Ligure
Montebello Giobatta del Comune di Montalto Ligure, anni 54, sacrestano, civile, ucciso a Montalto Ligure
Torre Antonio (nome di battaglia) “Torre” fu Giobatta nato a Taggia l' 11.11.1908, anni 35, agricoltore, partigiano (II Divis. “F. Cascione” - IV brig.) dal 27.09.1943 al 17.08.1944 n° dichiaraz. Integrativa 3071, ucciso a Montalto Ligure
[...] Il giorno seguente (17 agosto 1944) l'azione partigiana si ebbe una rabbiosa reazione del Comando Tedesco il quale dopo aver richiamato rinforzi anche da Savona, iniziò nella vallata un terribile rastrellamento con epicentro Badalucco (come da “Relazione storica sul movimento di Resistenza in Badalucco 1943 -1945” pag. 5). Nella prima mattinata i tedeschi e i soldati della divisione “San Marco” iniziano ad attaccare le forze partigiane dislocate sul Monte Faudo. Come al solito al loro passaggio seminano ovunque strage e desolazione. Nei prati tra il monte Faudo e il monte Follia numerosi civili innocenti vengono barbaramente trucidati. Alla fine si conteranno tredici morti, rastrellati mentre erano, come scritto con toni enfatici nel proclama alla popolazione della Brigata Garibaldi, “intenti, curve le schiene, sudata la fronte, a manovrare con le forti braccia la falce per il taglio del fieno”. Altri civili (n. 7) inermi vengono inesorabilmente falciati nelle campagne di Montalto Ligure e nell'abitato stesso. Nel numero degli uccisi figurano i due religiosi del Santuario-Ospizio dell'Acquasanta don Stanislao Barthus e il chierico Mario Bellino accusati di aver collaborato con i patrioti.
Sabina Giribaldi, Episodio di Santuario dell’Acquasanta e altrove, Montalto Ligure, 17.08.1944, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia 

giovedì 20 aprile 2023

Il partigiano Beretta morì il 14 gennaio 1945, a San Bernardo di Badalucco

Badalucco (IM): Chiesa di San Bernardo da Mentone e Chiaravalle. Fonte: Catalogo Generale dei Beni Culturali

Sarti Oriano, da Otello e Maria Cremesani; n. il 14/ 4/1923 a Bologna; ivi residente nel 1943. Abilitazione magistrale. Insegnante elementare. Richiamato alle armi dalla RSI, non si presentò. Arrestato nel marzo 1944, si arruolò nellʼarma del genio della RSI per evitare la condanna per renitenza alla leva. Trasferito a Taggia (IM), nel giugno 1944 disertò, militò nel 3° btg della 5a brg Nuvoloni della 2ª divisione Cascione Garibaldi e operò in provincia di Imperia. Il 5/1/45 fu catturato dai tedeschi con altri partigiani. Dopo lunga detenzione nelle carceri di Taggia, Alassio (SV), Mantova e S. Michele Extra (VR), fu deportato in Germania. Riconosciuto partigiano dal 15/6/44 al 30/4/45.
(a cura di) Alessandro Albertazzi, Luigi Arbizzani, Nazario Sauro Onofri, Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel Bolognese (1919-1945), Vol. V, Dizionario biografico R - Z, Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea nella provincia di Bologna "Luciano Bergonzini", Istituto per la Storia di Bologna, Comune di Bologna, Regione Emilia Romagna, 1985-2003  

Un piccolo gruppo al comando di Marco Bianchi (Beretta), comandante del IX° distaccamento della IV^ brigata della II^ Divisione "Felice Cascione", era posizionato lungo la strada che da Badalucco, costeggiando la Madonna della Neve, porta a Ciabaudo in Valle Oxentina. Dopo aver trascorso la notte con l'incarico di proteggere il resto del distaccamento posizionato qualche chilometro più a monte, alle prime luci dell’alba il piccolo gruppo si preparava a ritornare alla base. All’improvviso venivano assaliti da un gruppo della GNR in perlustrazione. Subito l’aria veniva solcata da numerose raffiche sparate da ambedue le parti. Marco Bianchi rimaneva gravemente ferito all’addome. Il suo compagno Enzo Magro se lo caricava sulle spalle e con i suoi compagni riusciva a disimpegnarsi. Bianchi morì circa una settimana dopo, il 14 gennaio 1945, a San Bernardo di Badalucco.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, ed. in pr., 2020

[ n.d.r.: tra le pubblicazioni di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone, La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944-8 ottobre 1944), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016  ]
 
3 gennaio 1945 - Dal comando della IV^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 46, ai Battaglioni dipendenti: Trasmissione dell'ordine di sorvegliare attentamente la zona di appartenenza. Ricordati i doveri del capopattuglia. Consiglio di continuare l'addestramento all'uso delle armi ed alla guerriglia. Raccomandazione di fornire precise informazioni militari sulle formazioni nemiche.
5 gennaio 1945 - Dal comando della IV^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della II^ Divisione ed al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Si rendeva noto l'arrivo a Taggia (IM) di bersaglieri che dovevano effettuare rastrellamenti a Sanremo, Ceriana e Valle Argentina. Continuavano i lavori difensivi del nemico sul litorale e lungo la Valle Argentina.
6 gennaio 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni"
della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 253, al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" e p.c. al comando della V^ Brigata - Informazioni militari: "Oggi forze nazifasciste hanno effettuato un rastrellamento a Badalucco. Si calcola siano stati impiegati per detto rastrellamento più di Cinquecento uomini, i quali hanno occupato il paese con manovra avvolgente, provenienti da Molini di Triora, Diano Marina ed Imperia valicando Passo Veina, S. Remo, Ceriana seguendo la via del Passo S. Bernardo.
I nazifascisti hanno bruciato quasi tutte le case di campagna che hanno incontrato sul loro cammino. Le forze provenienti da Molini, arrivate al ponte rotto di Montalto che era ancora notte, cercarono della casa di Fedè (Recapito della Divisione). Verso le ore 9.30 i nazifascisti sono entrati in Badalucco dove sono andati di casa in casa cercando munizioni. È stata bruciata una casa dove è stato trovato un moschetto, un'altra  dove è stata trovata della munizione ed è stata fatta saltare... Tre individui borghesi sorpresi per la via sono stati vilmente trucidati. Alle ore 15 pomeridiane i primi reparti di nazifascisti hanno lasciato Badalucco diretti verso Taggia. In questo primo gruppo ho contato 160 uomini. 4 gruppi di 25 o 30 uomini, i rimasti, lasciavano il paese, diretti, parte verso Taggia, parte verso Carpasio e parte verso Molini di Triora. Questi ultimi sono stati attaccati da squadre di Garibaldini della V Brigata. Durante tale attacco i repubblichini perdevano un mortaio da 81 mm. Alle ore 16.30 una pattuglia composta di 7 uomini, gli ultimi rimasti, lasciava Badalucco e si congiungeva con un gruppo di 50 uomini che attendevano subito fuori il paese.
Al detto dei fascisti che hanno preso parte all'azione, dovevano circondare Badalucco sino dalle 5 del mattino. Tutto ciò è fallito perché al passo di Veina hanno smarrito la strada.
Si è notato che la forza adoperata per questo rastrellamento era composta in massima parte da fascisti e repubblichini, quasi tutti liguri e dei paesi a noi vicini. Pochi erano i tedeschi. Il responsabile S.I.M. di BRIGATA (Brunero)
[Franco Bianchi]"
7 gennaio 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] di Fondo Valle della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della II^ Divisione - Si avvertiva di un prossimo rastrellamento ad opera della compagnia O.P. del capitano Ferrari di concerto con tedeschi di stanza a Taggia (IM) o nella Val Tanaro. "I 100 uomini della O.P. [della GNR, Guardia Nazionale Repubblicana della RSI] hanno morale alto e sono forniti di armamento automatico. Ad un milite è stato chiesto il motivo per cui osavano avventurarsi in così  pochi in zone infide: la risposta è stata che potevano per l'appunto contare sul supporto di forze tedesche".
da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945). Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 

giovedì 9 giugno 2022

Nella giornata di ieri, 17 c.m., forze nazi-fasciste effettuavano un rastrellamento nelle zone Tumena, San Faustino, Ciabaudo, Vignai

Ciabaudo, Frazione del Comune di Badalucco (IM) - Fonte: Riviera Time
 
Quello che segue è un dispaccio scritto a mano; trascrivendolo, si è cercato di rendere l'idea della stesura originale.
Adriano Maini
 
Corpo Volontari della Libertà aderente al C.L.N.
N° 265 Prot. Comando V^ Brigata d'Ass. Garibaldi L. Nuvoloni
Sezione S.I.M.                                                   Zona, il 18/1/45
Oggetto: Relazione militare                                      Al Comando II^ Div. Garibaldi
                                                                 Alla Sezione S.I.M. Divisionale
                                                                 e p.c. Al Comando V Brigata Garibaldi
           Nella giornata di ieri, 17 c.m., forze nazi-fasciste effettuavano
un rastrellamento nelle zone "Tumena", "S. Faustino" "Ciabaudo" "Vignai" e dintorni.
           Le forze attaccanti erano così divise: I granatieri di Mo-
lini con una colonna rastrellavano la zona "S. Faustino" "Tumena",
le forze di presidio a Montalto e Badalucco divise in due colonne
si portavano sulla cresta della regione "Cavanelle" e nel vallone cercando così di accerchiare la zona "Pallera".
Un'altra colonna partiva da Ceriana e si portava in quel di "Vignai" mentre i tedeschi di stanza a Bajardo attaccavano "Vignai" da "S. Bernardino" e M.te Ceppo.
Punto di riferimento di tali colonne "Vignai".
Le forze attaccanti si aggiravano sui 300-350 uomini-
Erano armati con un mortaio da "81", parecchi mitragliatori di marca inglese, "mayerling" e gli uomini con "Stenk" mitra e macin Pistola.
Dette forze hanno assicurato alla popolazione che per 15 giorni effettueranno rastrellamenti, poi si porteranno a Pieve di Teco per eliminare anche da quella zona i partigiani.
[...] Nei dintorni di Ciabaudo [...] molti rustici sono stati incendiati [...] In tale rastrellamento il Garibaldino De Santis [n.d.r.: Antonio 'Marco' De Santis, partigiano della IV^ Brigata "Elsio Guarrini della II^ Divisione Garibaldi d'Assalto "Felice Cascione"] e la Garibaldina Irma [Emilia Rosso, partigiana della IV^ Brigata "Elsio Guarrini], cadevano [a Ciabaudo] eroicamente sparando contro i repubblicani un colpo di rivoltella e ferendone uno alla mano.
Nella zona di S. Bernardino [i nemici] uccidevano altri due garibaldini e due signorine, che si recavano con loro [...]
documento IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945). Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 - 1999
 
Il giorno 17 gennaio 1945 nella zona Palega-Zerni-Vignai i “Cacciatori degli Appennini” in un'imboscata uccidono i garibaldini Antonio De Santis (Marco) ed Emilia Rosso (Irma). De Santis si recava in missione assieme ad altri garibaldini e con loro si trovava la garibaldina Irma, colpita al petto da una prima raffica. Il De Santis, estratta la pistola, sparava contro il nemico, ma una seconda raffica lo colpiva a morte. Il Cacciatore Zecchini, responsabile della morte di entrambi, verrà catturato dai partigiani in marzo nella zona di Triora, e fucilato.
Nello stesso mattino nebbioso del 17 gennaio un numeroso gruppo di fascisti perlustra le campagne di Prelà. Secondo alcune fonti si tratterebbe di Cacciatori degli Appennini, secondo altre della compagnia operativa delle G.N.R. del tenente Ferraris; probabilmente l’azione fu condotta entrambi i reparti. In due casoni posti ad una certa distanza hanno trovato ristoro per la notte alcuni uomini della IV Brigata "Elsio Guarrini". In un casone sopra Canneto, di fronte a Tavole, si stanno riposando Carlo Montagna "Milan", comandante della brigata, Gaetano Sibilla "Ivan", Angelo Perrone "Bancarà" o "Vinicio", vicecomandante della brigata, Sebastiano Acquarone "Alpino" e Ferrero "Staffetta Gambadilegno". In un altro casone più in basso sostano Mario Bruna "Falco", commissario della Brigata, Luigi Peruzzi "Luigi" ed altri uomini. I fascisti intravvedono nella nebbiolina un uomo armato che sembra stia facendo la sentinella. Sparano quindi senza avvertimento e colpiscono, uccidendolo, Angelo Perrone. Gli altri partigiani, intese le raffiche, fuggono in direzione della cresta della montagna, che però è già occupata dai nemici, ritornano quindi sui propri passi infilando il Vallone di Villatalla dove trovano altri repubblichini in agguato che al loro avvicinarsi sparano. Montagna e Acquarone vengono colpiti a morte. Staffetta Gambadilegno viene ferito e catturato. Come vedremo successivamente, sottoposto a torture, fu costretto a confessare dove aveva trovato rifugio il distaccamento di Dimitri.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I Caduti della Lotta di Liberazione nella I^ Zona Operativa Liguria, Edito dall'Autore, 2020  
 
[ n.d.r.: altri lavori di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944) (a cura di Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, Edito dall'Autore, 2016  ]
 
Uno scorcio di Vignai - Fonte: Facebook/Vignai

Il 17 gennaio 1945 iniziarono altri rastrellamenti dei nazifascisti contro i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria.
Avanzarono per primi contro i patrioti della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione", attestati nella zona di Vignai, Frazione di Baiardo (IM), e Ciabaudo, Frazione di Badalucco (IM), i granatieri di stanza a Molini di Triora (IM), con una colonna, in direzione delle località San Faustino e Tumena.
I nemici dei presidi di Montalto Ligure [n.d.r.: oggi comune di Montalto Carpasio (IM)] e di Badalucco cercarono di effettuare l'accerchiamento in località Pellera.
Un terza colonna partita da Ceriana (IM) si congiunse a Vignai con i tedeschi del presidio di Baiardo (IM): in parte si diressero verso San Bernardino e Monte Ceppo.
Caddero in combattimento durante questo rastrellamento a Ciabaudo i garibaldini della Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione Antonio De Santis (Marco), nato a Napoli il 12 marzo 1921, già tenente del Regio Esercito, ed Emilia Rosso (Irma), nata a Ceriana, il 26 gennaio 1926. Nella zona di San Bernardino vennero uccisi altri 2 garibaldini e  "due signorine che si accompagnavano con loro".
[...]  Il grave momento vissuto dalla IV^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione" risulta evidente nello scritto di Venko del 19 gennaio 1945, indirizzato al Comando Divisionale.
Il Comando Divisionale prese nei giorni successivi la decisione di intitolare il I° Battaglione della IV^ Brigata a Carlo Montagna (Milan) e l'ex Distaccamento "Italia" ad Angelo Perrone (Bancarà).
Il 29 gennaio rese noto il nuovo organico direttivo della stessa Brigata.
Rocco Fava, Op. cit., Tomo I
 
Il 17 gennaio 1945 nella zona di Baiardo Bersaglieri Repubblicani catturano i sapisti Laura Giobatta, Laura Mario, Laura Silvio Antonio, Laura Silvio Luigi e Laura Luigi “Miccia”. I cinque partigiani con il medesimo cognome, facenti parte della banda locale di Baiardo furono incolpati di aver trasportato un carico di farina da Baiardo a Passo Ghimbegna e a Vignai per rifornire i partigiani. Vennero portati a Sanremo nella Villa Negri, situata vicino alla Chiesa Russa, dove c’erano delle piccole celle. Il partigiano Laura Luigi “Miccia” riesce a fuggire durante un allarme aereo e a mettersi in salvo. Gli altri quattro partigiani furono trasferiti in un primo tempo nella Villa Oberg e successivamente in un luogo poco distante Villa Junia, dove dai Bersaglieri furono obbligati a scavarsi la fossa e quindi dagli stessi fucilati il 24 gennaio 1945.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione, 2005,
Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2005
 
Luigi Laura “Miccia”, essendo invalido (era stato ferito precedentemente ad un ginocchio mentre era in località Carmo Langan di Castelvittorio), non era vigilato come gli altri prigionieri. Suonato l'allarme aereo mentre si svolgeva un interrogatorio, egli colse il momento favorevole e si diede alla fuga, riuscendo addirittura a prendere un tram per portarsi in località Tre Ponti di Sanremo, dove si nascose nel casolare di una sua campagna.
Adriano Maini
 
Il 23 gennaio 1945 nella parte occidentale della “I^ Zona Operativa Liguria” avveniva l’uccisione di alcuni partigiani appartenenti al Distaccamento “Folgore” del Battaglione “Secondo” della IV^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Elsio Guarrini” della II^ Divisione “Felice Cascione”.
Infatti la sera del 23 circa cento SS con due mortai circondavano casa Ghersi a Taggia (IM). I quattro garibaldini che si trovavano nell’abitazione vennero immediatamente immobilizzati e torturati. Venne bruciato il fienile di Raffaele Polito. Dopo di che, seguendo una lista fornita da qualche delatore, continuarono gli arresti. Sulla strada si trovarono i cadaveri di tre garibaldini, Vincenzo Morto Pistone, Ermanno Biondo Gazzolo e Mario Nico Cichero, che erano stati fucilati. Dei partigiani che si trovavano all’interno del casone soravvisse all'esecuzione il solo Luigi Franco Ghersi, pur ferito (ma si suicidò
il 26 marzo 1946 a causa del trauma riportato). Nella vicina Sanremo (IM), la notte successiva, vennero fucilati presso Villa Junia cinque partigiani della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione, che erano stati arrestati a Baiardo (IM) il 17 gennaio. Quattro di essi portavano il cognome Laura: Gio Batta “Paolo”, Luigi “Gino”, Mario “Mario” e Silvio “Antonio”.
Rocco Fava, Op. cit. Tomo I

lunedì 1 novembre 2021

È il distaccamento di Arturo Secondo

Badalucco (IM): Monumento ai Partigiani - Fonte: Pietre della Memoria

 
Tra Badalucco e Taggia

A soli 11 chilometri all'interno della via Aurelia, lungo la strada carrozzabile che da Arma di Taggia conduce a Triora e Loreto vive la gente di Badalucco. È gente lavoratrice ed indomabile. Indissolubile dalla generosità del suo popolo è la bellezza superba e, nel contempo, ridente della sua natura. Un fresco gorgogliare dell'acqua nell'Argentina,che serpeggia fra pietriccio, piante, sassi, dà il suo contributo alla bellezza del paese.
Dall'alto, il monte Carmo e il monte Rotondo sono ritti per proteggere dalle bufere la tenace gente e per creare uno scenario di fiaba.
Di fronte, domina il monte Faudo, ricco di gloria e di dolore partigiano, che contempla la verde e cupa colonna di sentinelle, e il paese compiaciuto, fra la maestà delle sue aguzze vedette, adagiato nel basso, si presenta con i suoi mille volti ed offre frescura d'alberi, vetustà d'abitacoli, viottoli senza tempo, con la loro pace e la loro storia.
Se la chiesa Madonna degli Angeli pare benedire chi giunge dalla via del nord, quella di S. Nicolò, ieratica e quasi austera, pur se minuta ed aggraziata su un alto poggio, pare vegliare su tutto e su tutti.
Bellezza austera e forza di popolo: due forze, natura ed uomo, insieme hanno irriducibilmente lottato, sofferto, pianto, incredibilmente vinto. Le lotte di Badalucco per la libertà sono degne di leggenda. In ogni mese della tragica epopea vissuta, esistono ricordi di fatti d'arme, di rivolte e di sacrifici. Quanti esaltanti trionfi popolari e sofferti saccheggi! Per lunghi periodi, i nazifascisti non possono calcare il suolo del paese che, in piena epoca d'occupazione del terrritorio nazionale, ha per lunghi periodi propri democratici amministratori, con le sue forze d'ordine perché è una «libera giunta», con tanto di bandiere tricolori e partigiane che sventolano al vento.
L'epopea di Badalucco ha origine dalla sua posizione strategica, vitale per i movimenti delle forze nazifasciste. Infatti oltre a costituire un passaggio obbligato per tutte le località della media ed alta Valle Argentina, si trova quasi al centro della provincia di Imperia. Perciò, già dal settembre 1943, il Comando tedesco ha posto, a presidio del paese, un battaglione di soldati cui si è aggiunto, nel successivo novembre, un contingente di dodici militi della Repubblica di Salò.
Ma i giovani delle classi 1923, 1924 e 1925, chiamati alle armi dalla Repubblica Sociale, disubbidiscono in blocco e raggiungono le formazioni partigiane o formano la banda locale.
Le rappresaglie dei Tedeschi e dei fascisti sono continue e di varia natura: minacce di stragi, bombardamenti indiscriminati sull'abitato, uccisioni di vecchi e bambini, ostaggi, chiusura di negozi gestiti da famiglie di giovani non presentatisi all'appello. Le autorità fasciste dispongono la soppressione, per tutta la popolazione di Badalucco, delle carte annonarie che danno diritto alle razioni di generi alimentari.
Gli abitanti di Badalucco rispondono con una lotta continua ed irriducibile. Sopportano tutte le angherie, le uccisioni ed i saccheggi. Piangono in silenzio i loro morti e i torturati. Ma, quel silenzio, è pieno di rabbia e di forza.
Il paese non solo aiuta i garibaldini in tutte le forme  possibili, ma dà un intero distaccamento di figli tutti suoi alla Resistenza.
È il distaccamento di Arturo Secondo (Artù), che si coprirà di gloria in cento battaglie.
I nazifascisti sono costretti a sbarrare, con filo spinato e cavalli di frisia, numerosi luoghi e vie, nonché le loro postazioni. E, inoltre, ordinano un rigido coprifuoco notturno e sguinzagliano pattuglie per proteggere ponti e linee elettriche.
In tutte le zone intorno al centro abitato si susseguono le azioni armate partigiane che, si può ben dire, giornalmente apportano danni alla macchina bellica dei Tedeschi.
Il 31 maggio 1944 i partigiani attaccano frontalmente la guarnigione nazifascista. Ed è guerra aperta. Tutto il popolo insorge ed aiuta i patrioti (1).
La battaglia dura aspra ed accanita per tre ore, con i garibaldini all'attacco della chiesa Madonna degli Angeli (2), trasformata in arsenale dai fascisti, e della villa Boeri sede del presidio tedesco.
La reazione nazifascista è rabbiosa, ma necessita dell'intervento di contingenti venuti in aiuto dal litorale e da Taggia.
Lo scacco subito suscita ira e repressione selvaggia nell'animo dei fascisti e dei Tedeschi. Ormai essi sanno con certezza che tutta la popolazione di Badalucco non solo è loro ostile, ma pronta anche a combatterli ed a morire.
Sono presi dodici ostaggi (3) che vengono percossi e torturati affinché forniscano notizie sui combattenti della libertà e su chi li aiuta. Le caserme risuonano delle urla e dei lamenti dei seviziati.
I partigiani Giobatta Brezzo, Antonio Marvaldi, Marcello Panizzi, caduti nelle mani degli aguzzini, anche se inutilmente sono interrogati, selvaggiamente percossi e torturati; finché, il 6 di giugno, portati di notte nel canneto «Al Mulino» presso il ponte di Desteglio, frazione del comune di Montalto Ligure [oggi comune di Carpasio Montalto ((IM)], sono fucilati e sepolti (4).
Il 6 giugno 1944 a Badalucco viene anche fucilato il partigiano Alipio Amalberti, che era stato catturato il 24 di maggio.
La popolazione dello sfortunato paese è percorsa da fremiti di ribellione misti a sentimenti di dolore e di angoscia.
Nello stesso giorno in cui i quattro generosi perdevano la vita, in una località più a nord della valle Argentina, precisamente a Santa Brigida, presso Andagna, Angelo Setti (Mirko) attaccava una postazione nemica annientandola. I tre soldati che si arresero aderirono alla causa partigiana ed entrarono a far parte delle formazioni garibaldine (5).
Il materiale bellico prelevato venne caricato su un camioncino e trasportato a Molini di Triora. Quivi c'erano pure Gino Napolitano ed un contingente del distaccamento di «Tento» e «Marco» [Candido Queirolo]. «Mirko» dispose per il trasbordo delle armi dal camioncino ad una corriera per trasferirle a Triora.
Pattuglie partigiane sorvegliavano l'accesso in Molini di Triora dove, però, riuscì a penetrare un contingente tedesco che iniziò una nutrita sparatoria anche dalle finestre delle abitazioni. Ma l'operazione si concluse felicemente e la corriera partì senza danni per la sua destinazione.
Nello scontro, Emilio Amalberti, della formazione di «Marco», fu ferito alla gola, ma catturato dai Tedeschi che lo scambiarono per un civile colpito casualmente, fu medicato e rilasciato. Successivamente venne curato nell'ospedale partigiano di  Triora.
Qualche giorno prima dell'attacco a Santa Brigida, Umberto Cremonini (6) era stato inviato da «Mirko» ad ispezionare la zona preventivata per l'azione. Il giovane, insieme ad un suo compagno, partì in corriera da Triora diretto a Molini. Raggiunto il paese i due partigiani videro un sottufficiale repubblichino con un soldato. «Folgore» gli intimò la resa ed il sottufficiale tentò di reagire, ma fu freddato e spogliato delle armi, mitra compreso.
I partigiani non sono ancora a conoscenza del fatto che i loro compagni, caduti nelle mani dei nazifascisti nel mese di maggio sono stati ferocemente uccisi e seppelliti il 6 di giugno. «Curto» [Nino Siccardi] e «Giulio» [Libero Briganti] progettano di liberarli ed il giorno 9 ordinano l'attacco alla guarnigione nemica di Badalucco composta da reparti Tedeschi, fascisti e carabinieri.
L'esito della battaglia del 10 di giugno non è quello sperato.

Badalucco (IM): Monumento ai Partigiani (part.) - Fonte: Pietre della Memoria

[NOTE]
(1) Erano sul campo di battaglia: «Artù» con i suoi partigiani; «Mirko», comandante del 6° distaccamento, con il suo vice «Folgore» e parte dei suoi uomini giunti da Bregalla; «Tito» e «Dimitri» giunti dalla località Navette, e Pierina Boeri (Anita o Candacca). Quest'ultima dimostrò, e dimostrerà sempre durante la lotta partigiana, un coraggio eccezionale.
Intanto la chiesetta Madonna degli Angeli era già stata presa di sorpresa e, dalla stessa, molti mitragliatori, moschetti e munizioni erano stati prelevati dai partigiani che li avevano trasportati al sicuro, fuori del paese.
«Artù» attaccò poi, in piazza della Misericordia, la caserma in cui si erano asserragliati i carabinieri. Con le bombe a mano i partigiani sfondarono la porta ed intimarono la resa, ma questi resistettero perché erano a conoscenza dell'arrivo di rinforzi dal litorale. Nel frattempo, due carabinieri sparavano con la mitraglia dal campanile della chiesa parrocchiale del paese.
Il partigiano Armando Cane fu gravemente colpito al ventre, mentre Dario Secondo, fratello di «Artù», fu raggiunto dalle schegge di una bomba a mano mentre correva all'assalto. Purtroppo, il povero giovane perdette la vista di un occhio.
Verso le diciotto, giunsero i rinforzi attesi dai nazifascisti ed «Artù», con due feriti gravi nelle sue fila, dovette forzatamente desistere dal combattimento.
(2) La chiesa Madonna degli Angeli verrà distrutta dai nazifascisti il 28 giugno 1944.
(3) Adamo Buffaria, preso in ostaggio e successivamente rilasciato, morirà il 22 febbraio 1945 nell'ospedale di San Lorenzo-Costarainera a causa delle percosse ricevute (Da documento presso ASR).
(4) Dal diario inedito del partigiano Pietro Carassale.
(5) Due partigiani, Enrico Martelli e «Folgore», passando per Andagna, videro due Tedeschi e li attaccarono. S'iniziò una sparatoria finché i Tedeschi fuggirono e furono inseguiti; ma i partigiani abbandonarono l'inseguimento nelle campagne e proseguirono per Santa Brigida per il combattimento descritto.
(6) Ricordiamo che Umberto Cremonini (Folgore), che troveremo protagonista anche nell'azione temeraria di Sgorreto, era un partigiano giovanissimo di eccezionale coraggio. 
   
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992, pp. 74-76

Chiesa di San Brigida in Andagna, Frazione di Molini di Triora (IM) - Fonte: wwww.andagna.it

BUFFARIA Adamo Luigi, “Adamo” - Di Celeste e Vento Carlotta, nato a Livorno il 04 agosto 1890. Partigiano combattente nella Vª Brigata Nuvoloni - IIª Divisione Garibaldi Cascione, nel periodo dal 02 aprile 1944 al 22 febbraio 1945 quando decede per le sevizie ricevute dopo la sua cattura.
Redazione, Partigiani... caduti in Liguria, Radio Maremma Rossa

Verso le ore 18 del 30 maggio u.s. un numeroso gruppo di ribelli, fortemente armato, attaccava, con bombe a mano di forte potenziale ed armi pesanti, il Distaccamento della G.N.R. [Guardia Nazionale Repubblicana] di Badalucco, il quale resisteva magnificamente per circa due ore, rispondendo al fuoco, fino al sopraggiungere della Compagnia O.P. e di un reparto germanico, che metteva in fuga gli attaccanti. Da parte nostra rimanevano feriti il comandante del Distaccamento G.N.R. e due militi. Pare che i ribelli abbiano avuto qualche morto ed alcuni feriti, che sono stati trasportati dai ribelli stessi in montagna, durante la ritirata.
Ermanno Durante, Questore di Imperia, Provincia di Imperia: Relazione quindicinale sulla situazione politico, funzionamento servizi, attività di polizia, senza data e senza destinatario [n.d.r.: un documento, quello appena citato, quasi di sicuro accluso in altra/e comunicazione/i del mese di giugno 1944, fatta/e al Ministero dell'Interno della Repubblica Sociale con sede a Maderno] 

Badalucco (IM)

Il 31 maggio 1944 il distaccamento di Arturo Secondo (Artù), allo scopo di procurarsi armi e munizioni, attacca la caserma dei carabinieri di Badalucco. Due militi saloini appostati sul campanile della chiesa parrocchiale sparano verso gli assalitori. Armando Cane viene colpito al ventre (morirà il 6 giugno nell’ospedale di Sanremo). L’azione continua per circa tre ore, con l’attacco alla chiesetta della Madonna degli Angeli, utilizzata come armeria dai fascisti, e con l’assedio al presidio tedesco di Villa Boeri. Al sopraggiungere dei rinforzi giunti da Taggia, gli uomini di Artù riescono a disimpegnarsi. I nazifascisti prelevano una dozzina di ostaggi, che sono trattenuti all’interno del presidio tedesco. Tre giovani, Giobatta Brezzo, Antonio Marvaldi e Marcello Panizzi, accusati di far parte delle bande ribelli, dopo giorni d’interrogatori, il 6 giugno vengono portati di notte presso il ponte di Deste nel comune di Montalto Ligure, dove vengono fucilati.
Giorgio Caudano Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, ed. in pr., 2020

[ n.d.r.: tra le pubblicazioni di Giorgio Caudano: Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021;  La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944) (a cura di Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone), Comune di Pigna,  IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016  ]