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lunedì 18 novembre 2024

Solo il partigiano Giacomo Ghersi, benché ferito, riuscì a mettersi in salvo

Santo Stefano al Mare (IM): uno scorcio, con vista sino ad Arma di Taggia e a Bussana di Sanremo

Il 23 gennaio 1945 nella parte occidentale della “I^ Zona Operativa Liguria” avveniva l’uccisione di alcuni partigiani appartenenti al Distaccamento “Folgore” del Battaglione “Secondo” della IV^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Elsio Guarrini” della II^ Divisione “Felice Cascione”. Circa cento SS con due mortai circondavano casa Ghersi a Taggia (IM). I quattro garibaldini che si trovavano nell’abitazione vennero immediatamente immobilizzati e torturati. Venne bruciato il fienile di Raffaele Polito. Dopo di che, seguendo una lista fornita da qualche delatore, continuarono gli arresti. Sulla strada si trovarono i cadaveri di tre garibaldini, Vincenzo Morto Pistone, Ermanno Biondo Gazzolo e Mario Nico Cichero, che erano stati fucilati. Dei partigiani che si trovavano all’interno del casone riuscì a salvarsi solo Luigi Franco Ghersi, pur ferito.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999 
 
La sera del 23 gennaio u.s. in Taggia e in regione "Castelletti" 30 militari della S.D. germanica e otto militi dell'U.P.I. effettuavano un rastrellamento per la cattura dei componenti la banda "Folgore".
Sono stati arrestati sette banditi, di cui cinque fucilati sul posto dai germanici, uno trattenuto in arresto e tale Luigi Ghersi evaso.
Venivano recuperati sei moschetti mod. 91, una pistola e sedici bombe a mano, nonché il ruolino completo della banda "Folgore".
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del 20 febbraio 1945, pp. 27,28. Fonte: Fondazione Luigi Micheletti  
 
"... Alle ore 20 circa del 23 gennaio 1945 reparti delle SS tedesche e italiane provenienti da Imperia e guidati da una spia procedevano all'arresto in Arma di Taggia ed in regione Castelletti dei garibaldini Giacomo Ghersi, Mario Cichero, Vincenzo Pistone, Vincenzo De Maria, Raffaele Politi, Guglielmo Bosco, Luigi Ghersi ed Ermanno Gazzolo. Tutti i fermati appartenevano al Distaccamento 'Folgore'. Alcuni giorni prima garibaldini del Distaccamento 'Peletta' avevano, su indicazione di Pino Faustini, perquisito la casa dei Ghersi e, dopo un chiarimento, avevano capito che essi erano garibaldini sinceri, mentre Faustini era un individuo 'torbido' che aveva in odio i Ghersi stessi. La sera del 23, quindi, mentre il comandante del Distaccamento si trovava assente... reparti delle SS tedesche e italiane (circa 100 uomini) con due mortai, circondavano casa Ghersi facendovi irruzione. Erano guidati da un borghese con faccia mascherata in parte, cappello calato sugli occhi e bavero del cappotto rialzato. In quel momento si trovavano in casa Ghersi Giacomo e Luigi ed anche Guglielmo Bosco e Vincenzo De Maria. Furono bestialmente percossi, senza alcuna pietà, perché non vollero rivelare la località dove erano nascoste le loro armi con le munizioni e i nomi degli altri partigiani componenti il Distaccamento. Essi sopportarono con coraggio e fermezza la tortura senza pronunciare una sola parola che potesse essere di nocumento ai compagni. Anche i genitori dei Ghersi furono minacciati e malmenati affinché parlassero. Il nipote del Ghersi di anni 11 alle domande rivoltegli dal borghese rispondeva fieramente di nulla sapere, invitando la spia a togliersi la maschera. Altri elementi delle SS appiccavano il fuoco alla baracca di Raffaele Politi il quale, costretto dal fumo e dalle fiamme, dovette uscire all'aperto e arrendersi, fu percosso e seviziato a lungo... un gruppo di SS partì per andare ad arrestare altri i cui nomi erano in una lista in loro possesso. Dopo aver completamento depredato la casa... legati insieme i fratelli Ghersi... i nazifascisti si portarono in Arma di Taggia, sulla Via Aurelia di fronte alla Chiesa. Lungo la strada giacevano già i cadaveri dei garibaldini Vincenzo Pistone, Ermanno Gazzolo e Mario Cichero. Al garibaldino Gazzolo, perché parlasse, furono cavati i denti con le pinze da fabbro, ma nonostante la sofferenza non pronunciò una parola di delazione e si lasciò massacrare. Il Pistone subì la stessa sorte. Alla vista dei compagni morti, accortisi di essere portati nei pressi, Giacomo Ghersi, che era stato slegato dal fratello Luigi, incitava quest'ultimo a fuggire perché un tedesco stava per sparargli al capo con una pistola. Infatti fuggì e, nonostante le raffiche di MG 42 e inseguito come una bestia selvaggia, benché ferito, riuscì a mettersi in salvo. Gli altri prigionieri, ormai agli estremi per i tormenti subiti, non potevano tentare la fuga e vennero barbaramente trucidati. Dei loro cadaveri fu fatto scempio". 
Da un rapporto (documento Isrecim) del 17 maggio 1945 del comando del IX° Distaccamento "Bianchi" del III° Battaglione della IV^ Brigata della II^ Divisione, inviato al comando del III° Battaglione in Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II
    
Il 24 gennaio 1945 i fascisti rastrellano la vallata di Montegrazie ed anche la zona di Terzorio dove purtroppo viene catturato il partigiano Renato Giusti (Baffino); sorpreso in un fienile (per causa di spie) dove solevano dormire dei partigiani è portato al comando tedesco di Santo Stefano al Mare (Villa Dea). Strada facendo è percosso duramente con il calcio del fucile. Gli viene intimato di rivelare il luogo dove si nascondono i suoi compagni altrimenti non avrebbe più visto la moglie e il figlio. Accompagnato per diversi giorni nelle località notoriamente consciute come frequantate dai partigiani non ottengono da lui nessuna informazione. Successivamente è trasferito a Sanremo (Villa Fiorentina) dove subisce ulteriori torture. Da quel momento non si è saputo più niente. Quando furono recuperate cinque salme irriconoscibili probabilmente tra queste c'era anche quella di "Baffino".
Francesco Biga (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Grafiche Amadeo, 2005, p. 149
 
Le nostre azioni purtroppo al momento erano in forte ribasso. Sorprese fatali accadevano di continuo, triste bilancio che l'inverno esigeva. Anche Baffino [Renato Giusti], in transito per Terzorio, all'alba del famoso mattino [24 gennaio 1945] era stato catturato nell'operazione congiunta effettuata nei due paesi della valle; quasi irriconoscibile per le percosse e sevizie subite, era stato portato da militi repubblicani, seduto sopra una sedia, come un trofeo per le vie di Pompeiana, triste sfilata di un uomo giunto alla fine del suo percorso.
Renato Faggian (Gaston), I Giorni della Primavera. Dai campi di addestramento in Germania alle formazioni della Resistenza Imperiese. Diario partigiano 1944-45, Ed. Cav. A. Dominici, Imperia, 1984
 
Il 27 gennaio 1945 venne fucilato anche Renato Giusti (Baffino), della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione", partigiano che era stato catturato durante il rastrellamento di Terzorio (IM) avvenuto tre giorni prima. “Baffino” lavorava nell’organizzazione “Todt” di Porto Maurizio, da cui era riuscito a far fuggire diversi patrioti che si erano subito diretti in montagna; già scoperto ed incarcerato una volta, ma in seguito liberato dai garibaldini, era stato incorporato nelle formazioni della II^ Divisione “Felice Cascione”.  
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I

martedì 5 novembre 2024

Hanno preso Aldo, il capo della Stella Rossa

Mondovì (CN). Fonte: mapio.net

Arnera, capo di Stato Maggiore della I^ Brigata "Silvano Belgrano", a quel tempo ancora incorporata nella II^ Divisione "Felice Cascione", venne arrestato in Val Tanaro il 18 dicembre 1944 a seguito di un'involontaria delazione e fu fucilato a Mondovì (CN) il 27 dicembre 1944. A lui venne intitolata la IV^ Brigata della nuova Divisione "Silvio Bonfante".
Si presero contatti anche con le formazioni autonome di "Mauri".
Rocco Fava, La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste,  Anno Accademico 1998-1999

Domenico Arnera, nato a Savona il 25 aprile 1917, aiuto disegnatore, già sottufficiale di marina. Come molti savonesi di Villapiana, quartiere dove abita, aderisce al movimento della Resistenza. Agli inizi di luglio 1944 è tra gli organizzatori delle formazioni garibaldine liguri in Val Tanaro, comandante del Distaccamento "Bellina", dislocato a Fontane di Frabosa Soprana: è attivissimo nella raccolta di derrate alimentari, coperte ed abiti per i distaccamenti. A fine ottobre è Capo di Stato Maggiore della Brigata "Belgrano" della Divisione Garibaldi "Felice Cascione". È arrestato in Val Corsaglia il 18 dicembre 1944, a seguito di una involontaria delazione di un abitante del luogo che, vedendolo passare scortato da un tedesco armato, pare abbia commentato: "Hanno preso Aldo, il capo della Stella Rossa". In realtà Arnera, in compagnia di Fred Sutterline (disertore tedesco ancora in divisa, appena arruolatosi con i partigiani) è in viaggio verso l'ospedale di Mondovì per ricevere cure appropriate e debellare un'infezione. È condotto a Corsaglia, quindi a Mondovì Piazza e rinchiuso nelle carceri della Caserma Galliano. I tentativi dei comandi partigiani per uno scambio di prigionieri non danno l'esito sperato; Aldo viene fucilato il 27 dicembre 1944.
Decorato alla memoria di medaglia di bronzo al valor militare: "Durante un forte rastrellamento da parte del nemico, incurante del pericolo, sotto l'imperversare di un'intensa azione di fuoco, provvedeva ad occultare un ingente quantitativo di viveri evitando che cadesse in mani nemiche. Sebbene ferito, rimaneva ancora per cinque giorni al suo posto di lotta, finché sfinito di forze, veniva fatto prigioniero; sottoposto a torture e sevizie le sopportava fieramente destando l'ammirazione dello stesso avversario. Affrontava serenamente la morte senza svelare alcuna notizia". Val Corsaglia-Mondovì, 10-27 dicembre '44
Redazione, Arrivano i Partigiani - inserto 2. Le formazioni di montagna della I^ e della VI^ Zona Operativa Ligure che operavano nella provincia di Savona, I RESISTENTI, ANPI Savona, 2011

Prima di proseguire con la storia di Elia accenno alla fine drammatica del suo carissimo compagno ed ex comandante "Aldo" Domenico Arnera. Di questa morte Elia ne sarà edotto quando a sua volta sarà arrestato e giungerà nella medesima stanza di reclusione. Ecco gli avvenimenti.
Il grande rastrellamento delle forze nazi fasciste iniziato il 7 dicembre 1944 ha portato alla morte molti partigiani dell'intendenza garibaldina ligure comandata dal tenente "Aldo". Sono stati fucilati: De Grossi, Regis, Grondona, Pastorelli, altri sono dispersi o sono in arresto. Il 17.12.1944 Domenico Arnera è affetto da un'infezione alla mano causata da una ferita prodotta dalla ventola di una macchina o da una catena della moto (l'incidente non è chiaro): si è ferito mentre la stava riparando. L'alta febbre gli pervade tutto il corpo, nonostante le cure prestate dal dottore partigiano Severino Travaglio, nato a Mondovì (CN) il 18.12.1918, con i medicinali di fortuna allora disponibili.
"Aldo" decide a questo punto di farsi ricoverare nell'ospedale di Mondovì. In tasca ha un permesso tedesco ed è accompagnato da un disertore tedesco ancora in divisa, Fred Sutterline, un alsaziano di Moulhouse, recentemente arruolato tra i partigiani (sequestrato a Mondovì - vedi lettera precedente di "Aldo").
"Aldo" ha passato la notte a Corsaglia nell'albergo Europa e si avvia verso l'ospedale di buon'ora. <31 Passa davanti alla trattoria di Corsagliola dove vi sono seduti il calzolaio Giovanni Viglietti, il panettiere Giovanni Prucca ed il suo garzone Volpe. Seduto ad un altro tavolo c'è il maresciallo degli Alpini del Cadore M. Massa. Scorgono il passaggio di "Aldo" accompagnato dal disertore tedesco armato ed il commento che echeggia dalla bocca del calzolaio è: "Hanno arrestato Aldo, il capo delle Stelle Rosse". Il maresciallo repubblichino intuisce, si precipita fuori dalla trattoria, li rincorre e li arresta.
Questa delazione forse involontaria o superficiale procura in seguito un processo partigiano al calzolaio Giovanni Viglietti che, nonostante i buoni rapporti di collaborazione con le forze resistenti, vede svolgersi un'accurata indagine sul fatto da parte garibaldina, effettuata dai comandante "Lello" Raffaello Nante, di Nicola, nato ad Imperia il 07.10.1924, valoroso capo partigiano sottoposto di "Fra Diavolo". <32 "Lello" ha aderito al movimento ribelle assieme al fratello "Libero", Libero Nante, nato a Imperia il 30.lO.1920, allora studente universitario in medicina, e alla sorella Angela Nante, nata nel 1929.
Il Viglietti è convocato a Fontane [Frazione di Frabosa Soprana (CN)] per il processo, viene accompagnato dal partigiano Francesco Bellotto, "Valleggia", nato a Teolo (PD) il 05.07.1925, ma Quilianese di adozione. <33  Dall'interrogatorio delle persone presenti e dal Viglietti stesso emergono delle dichiarazioni un po' discordi, forse un po' reticenti, ma "Lello" lo tratta con umanità, senza il rigore del tempo. Altri partigiani del Gruppo del Cap. Cosa testimoniano a favore del Viglietti: tra essi figurano il famoso gruppetto di Sardi, Giovanni Salis, Mauro Pisano, Agostino Schirra, Raffaele Mannai e i monregalesi Claudio Manfredi e Piero Basso. <34 E' fuor di dubbio che Arnera conoscesse il calzolaio con cui ha intrattenuto rapporti per l'acquisto di scarponi: l'esclamazione incriminata forse è dovuta alla sorpresa del passaggio. Dopo aver redatto diligentemente le dichiarazioni degli interrogati, la sentenza conclude il processo non toccando la vita ma solo il portafoglio. Sono ben duecentomila lire di multa comminate e regolarmente pagate dal Viglietti, come attesta la ricevuta (rintracciata nell'Istituto Storico della Resistenza di Imperia) controfirmata da Germano Tronville. E' una cifra notevole ma commisurata all'alto grado che rivestiva il ten. "Aldo". <35
Torno all'arresto di Arnera:
Domenico è condotto a Corsaglia, quindi a Mondovì Piazza e rinchiuso nelle carceri della Caserma Galliano; da una sua lettera fatta uscire fortunosamente dalla prigione dalla staffetta "Iuccia/Sonia", Rustichelli Martini Maria, nata a
Moline di Vicoforte Mondovi (CN) 10.11.1900, e "Matilde", Cuniberti Martini Margherita, nata a Vicoforte Mondovì (CN) 03.08.1903, ci ricorda la sua triste condizione di prigioniero "carico di pidocchi" e la drammaticità della sua detenzione. Spera di uscire vivo da quell'inferno ventilando uno scambio tra prigionieri partigiani/fascisti. Purtroppo per il tenente "Aldo" l'agognata libertà sarà solo un sogno: c'è la fretta di un nuovo bagno di sangue nel comando tedesco di Mondovì, dopo quello del 18.12.1944, dove sono stati giustiziati Domenico Penazzo, Giovanni Scotto, Giuseppe Regis "Placido", suo inseparabile compagno di banda, savonese di adozione, e Giovanni Audisio, una guardia campestre che, prigioniera dei partigiani, è arrestata nel rastrellamento dai tedeschi e accusata di essere un partigiano. Non viene creduta la sua fede fascista e deve soccombere al pari degli altri partigiani.
Ecco il testo della lettera di "Aldo" <36:
"all'interrogatorio ho detto di essere venuto nei partigiani il 12 Agosto circa, perché convinto dalla propaganda per la paura di essere portato sul fronte a combattere. Ho riferito che facevo soltanto il servizio di rifornimenti viveri, vestiario, ecc. Ho detto che mi ha accompagnato un tizio che non conosco verso i partigiani e sono sempre stato in magazzino. Le località in cui io sono stato sono: Ponti di Nava, Piaggia, Viozene, Fontane. Se è possibile comunicare al Curto della mia prigionia e far sì di avere un cambio, quindi se prendono dei prigionieri tenerli per me, oppure rivolgersi anche ad altre formazioni del Piemonte ed in caso prendano qualcuno tenerlo per il cambio con me. Io non ho parlato. Ho detto che a Mondovì ed in altre zone io non ho nessun collegamento. Mi occorre: sigarette, fazzoletto e quello che si può perché sono pieno di pidocchi. Saluti fraterni a tutti, Aldo".
Dopo circa dieci giorni dal suo arresto, mercoledì 27.12.1944, per il tenente e i suoi compagni di sventura, Luigi Borini, Francesco Leonardi, Alberto Tallone, RoccoVerdone è l'ultimo giorno di vita. Si salva una donna, "Mitzi", madre di quattro figlie, con il marito in guerra (così dice lei): condannata a morte e detenuta con gli uomini (cosa alquanto strana), è graziata e rilasciata all'ultimo minuto.
Viene comunicata l'esecuzione: di lì a poco tempo arriva il prete Don Vincenzo Sclavo, che raccoglie le ultime volontà dei condannati, i pochi oggetti personali da far pervenire ai famigliari ed amici <37. Dopo un sentimento di ribellione ad una morte così crudele che attanaglia tutti i reclusi, subentra la rassegnazione. Francesco Leonardi ha sperato fino all'ultimo nello scambio: dal mese di novembre c'è in piedi una trattativa, il suo nome compare in un documento tedesco (ne parlerò in seguito) con una lunga serie di persone.
Il 07.12.1944 sono ceduti 31 tedeschi catturati a Pogliola (CN) e liberati 90 ostaggi delle Nuove a Torino ma per lui nulla, nessuna liberazione, una crudeltà. "Mitzi", dopo aver salutato e baciato i condannati, sviene. Forse si è affezionata durante la prigionia a questi compagni, non regge vederli andare incontro alla morte. Borini, il più giovane, recrimina su questa sorte; solo un prigioniero già ferito e claudicante nella via Vasco che li porta alla fucilazione, si lamenta penosamente preso dallo sconforto. Gli altri condannati con le mani legate dietro la schiena ma con coraggio affrontano il plotone di esecuzione e i ghigni dei giustizieri comandati da un maggiore che non li fa fucilare tutti assieme, ma per incutere ancora più dolore e paura li uccide uno per volta. Arnera è il terzo, il suo ultimo pensiero per l'amata Minnie si ferma tra gli schizzi di sangue prodotti dalle raffiche dei mitra. Poi i corpi sono portati al cimitero con l'ausilio del comune che fornisce le casse di legno e l'opera pietosa di alcune donne del soccorso.
Il tenente "Aldo" è decorato con medaglia di bronzo.
Un'ultima annotazione da tenere a mente: "Aldo" muore due giorni prima dell'arresto di Elia Sola, che sarà imprigionato a sua volta nello stesso stanzone e con i medesimi compagni reclusi con "Aldo".
[NOTE]
32 Verbale all'Isrecim
33 Testimonianza orale di Francesco Bellotto
34 Verbale all'Isrecim
35 Documento originale in Isrecim
36 Lettera inviata ad Alfonso = Aldo Peirone, Isrecim
37 Diario scritto di Don Vincenzo Sclavo a Niella Tanaro

Ferruccio Iebole, Partigiani, Martiri Liguri, Piemontesi e Cacciatori degli Appennini, Edizione AeC - Mondovì, 2005, pp. 47-50 

venerdì 2 febbraio 2024

I partigiani imperiesi alla fine di maggio 1944

Imperia: uno scorcio di Capo Berta

Come nelle altre zone liguri, anche ad Imperia i bandi di arruolamento della R.S.I. determinarono un notevole afflusso di reclute alle formazioni di montagna aumentandone gli effettivi ed impegnando i comandi in un'opera più attenta di inquadramento e di organizzazione.
Contemporaneamente venne predisposto un piano che stabiliva per il 25 maggio [1944] - data di scadenza dei bandi e dell'ultimatum fascista, per la quale era quindi prevedibile l'inizio di una offensiva nemica -  un attacco simultaneo in tre punti contro le posizioni germaniche e fasciste ed una nuova dislocazione difensiva dei reparti partigiani.
Il piano fu puntualmente eseguito nella data stabilita e sugli obiettivi fissati: il 25, i distaccamenti di Cion [Silvio Bonfante] e di Ivan attaccarono con successo rispettivamente le postazioni difensive nemiche di Capo Berta e di Garbella <7, mentre gli uomini di Mirko [Angelo Setti] sorprendevano con una violenta sparatoria il posto di blocco di Cesio, che poteva salvarsi - dopo due ore di combattimento e notevoli perdite - solo con l'arrivo di rinforzi germanici.
Quindi i reparti raggiunsero le nuove posizioni: mentre il distaccamento di Mirko e quello di Tito restavano a Bregalla e al Bosco Nero, Ivan si spostava a Fontanin (Costa di Carpasio) e Cion si piazzava con i suoi nomini a Casoni, a ridosso del Pizzo d'Evigno.
A giugno il movimento di resistenza imperiese, forte dei nuovi effettivi e già provato da importanti esperienze, si pose a sua volta il problema di unire in forma più organica - sotto un solo comando e con un nuovo inquadramento militare - tutte le formazioni e le bande operanti nell'entroterra.
La prima unità combattente risultato di questo impegno - regolarmente inserita nell'organico delle Brigate Garibaldi e del Comando Militare Ligure - fu la IX Brigata d'Assalto, che costituì la base da cui si sarebbe sviluppato successivamente tutto l'esercito partigiano della zona.
Benché il comunicato ufficiale della sua costituzione fosse stato diramato solo il 14 giugno - con una circolare a firma dell'Ispettore Pio - la Brigata funzionava già come tale dal primo giorno dello stesso mese.
Raggiungere l'accordo tra i vari reparti ed i gruppi sparsi nel vasto territorio della provincia non era stato - a quanto risulta - molto difficile data l'unità operativa già esistente tra le diverse formazioni e dato che gran parte dei vari comandanti e commissari provenivano dalla prima banda di Felice Cascione: più difficile fu - senza dubbio - ottenere un inquadramento disciplinare e tattico conciliando le esigenze generali con il mantenimento della massima autonomia di manovra possibile ai singoli reparti.
Il risultato fu tuttavia in gran parte positivo: ne risultò una Brigata piuttosto agile negli spostamenti, in grado di controllare una grande zona di operazioni, abbastanza efficiente nei servizi.
La sede del Comando fu stabilita nella casa di Bacì di Fundeghé, nel bosco di Rezzo; Curto (Nino Siccardi) fu designato comandante della Brigata, vice comandante Mario (Mario De Lucis), commissario Giulio (Libero Briganti), vice commissario Grosso (Luigi Nuvoloni) e ispettore di Brigata Pio.
[...] Collegata alla IX Brigata - ma mantenendo una propria autonomia di comando e di azione - operò anche in quel periodo una formazione denominata «Banda Matteotti» <8, che si era formata agli ordini del capitano Franco (capitano Franco Faverio).
Un così rapido aumento del potenziale dell'organico nel movimento militare di resistenza non poteva non avere delle immediate ripercussioni sulle autorità occupanti che del movimento clandestino avevano rilevato i progressi sia dalle notizie di numerosi informatori sia dall'aumentato numero e ritmo dei sabotaggi e degli attacchi portati contro le loro truppe.
Contromisure nemiche
Occorreva quindi predisporre non solo più munite difese nei punti nevralgici delle vie interne di comunicazione e della stessa via Aurelia ma anche - e soprattutto - effettuare alcune grosse operazioni di rastrellamento che liberassero il territorio alle spalle delle truppe germaniche operanti al confine francese e di quelle poste a vigilare contro sbarchi Alleati la Riviera Ligure di ponente.
Vennero dunque - nello stesso mese di giugno - aumentati gli organici della 33^ Legione della G.N.R. di stanza ad Imperia e del IX Battaglione G.N.R. di stanza ad Albenga, mentre nella zona si installavano grossi reparti della 41^ Divisione germanica Alpenjager i cui obbiettivi di impiego - al di fuori dei compiti delle truppe presidiarie <9 - erano appunto le operazioni antiribelli.
Tali misure consentirono ai comandi germanici e fascisti di effettuare nel solo mese di giugno circa 50 puntate di rastrellamento contro le forze partigiane: puntate rese del resto necessarie per l'aumentata combattività dei reparti di volontari della provincia e delle zone confinanti, che in breve erano giunti ad occupare una vasta zona del Colle di Nava a Garessio, controllando per un certo periodo di tempo anche Bagnasco e la strada Ceva-Ormea. <10
L'asprezza assunta dai nuovi scontri col nemico in ogni parte della provincia contribuì certamente in modo determinante a rafforzare la omogeneità e lo spirito combattivo dei reparti della IX Brigata operando una selezione che ne migliorò l'assetto militare e conferì agli effettivi la necessaria esperienza nello sviluppo della strategia partigiana.
Anche la parte logistica della formazione potè migliorarsi con la creazione di alcuni servizi indispensabili - quali l'intendenza, il Servizio Informazioni Militari, il Servizio Sanitario e il reparto Stampa e Propaganda - che se in quella prima fase non risolsero, tuttavia avviarono a soluzione i principali problemi relativi alla vita dell'unità combattente.
[NOTE]
7 In questa azione venne ferito il partigiano Emiliano Mercati.
8 Più tardi gli effettivi della Banda Matteotti vennero assorbiti in parte dalle formazioni garibaldine, in parte dalle formazioni Autonome del Basso Piemonte. (Documentazione Rubaudo).
9 Fra le truppe presidiarie della R.S.I. nella zona cominciavano a verificarsi numerosi episodi di diserzione; vi fu persino il caso di un rifiuto collettivo a partecipare ad un rastrellamento: a seguito di ciò 500 soldati furono disarmati e inviati a Genova a disposizione delle autorità germaniche. Un reparto della R.S.I. di presidio a Caramagna passò invece - al completo - alle forze della resistenza. Anche tra i militi della G.N.R. e gli agenti della P.S. erano cominciate le diserzioni ed i contatti con il movimento clandestino. (Documentazione Rubaudo).
10 L'occupazione avvenne nei giorni tra l'll e il 16 giugno.
Giorgio Gimelli, Cronache militari della Resistenza in Liguria, Istituto Storico della Resistenza in Liguria, 1969, pp. 240-246

martedì 16 gennaio 2024

Attacco nazifascista alla IV Brigata

Una vista dal Passo della Pistuna. Fonte: Wikiloc

Il rastrellamento previsto contro la IV brigata ha inizio.
Una colonna di Tedeschi proveniente da Molini di Triora scende nelle prime ore del pomeriggio del 31 ottobre [1944] verso Montalto ove attende un'altra colonna proveniente da Arma di Taggia: circa trecento uomini che, raggiunta Badalucco ove compiono ulteriori saccheggi e arrestano Secondo Antonio fu Napoleone che fanno sparire, proseguono e si congiungono alla prima.
Nel tardo pomeriggio una parte dei Tedeschi ritorna a Molini di Triora mentre il grosso della colonna pernotta per proseguire all'alba del giorno successivo per Carpasio, con tutte le mucche razziate lungo il cammino.
Il Comando della brigata garibaldina, informato che quello tedesco era a conoscenza dell'ubicazione del Comando stesso, decide di spostarsi nella notte, con tutto il materiale e gli uomini, in altra località.
Il primo distaccamento e quello di brigata ricevono anch'essi l'ordine di spostarsi nella notte in un'altra località, pur mantenendo le guardie ai soliti passi.
E' l'alba del primo novembre quando circa centocinquanta garibaldini del primo battaglione del comandante Giovanni Alessio (Peletta), e del 2°, del comandante Giacomo Sibilla (Ivan), incominciano ad animarsi negli accampamenti posti tra il passo della Pistona [Pistuna] e quello di Verna, e a Costa di Carpasio, mentre alcune squadre da qualche ora erano di pattuglia.
Il Comando brigata, come prestabilito, aveva rapidamente attuato lo spostamento. Rimane invece appostata sulla strada una squadra agli ordini del vicecomandante di brigata Angelo Perrone ("Bancarà" o "Vinicio"), per attendere la prevista colonna nemica proveniente da Montalto e diretta a Carpasio. Ma non avvertito alcun movimento apparente, la squadra si ricongiunge al distaccamento alle ore 10 circa antimeridiane e perciò la colonna tedesca, non individuata ed attaccata, alle ore 11 può raggiungere indisturbata il paese di Carpasio.
Il nemico invade il paese con violenza, svaligia per l'ennesima volta tutte le case e preleva tre ostaggi di cui uno verrà fucilato a San Remo.
Sviluppa l'attacco alla IV Brigata pure da levante e perciò il primo novembre Tedeschi e fascisti della formazione del capitano F. [Ferrari] provenienti da Pontedassio e penetrati in Borgomaro, saccheggiano una dozzina di case e catturano il garibaldino Agostino Guglieri (Barba) fu Agostino, nato a Borgomaro il 24.3.1918 (che verrà fucilato a Taggia il 28.11.1944). Altre tre persone catturate come ostaggi finiranno nel campo di concentramento di Bolzano (1). Una squadra di Tedeschi saccheggia alcune case nel borgo di Candeasco.
La rapida evoluzione della situazione militare induce il vicecomandante "Bancarà" a chiedere rinforzi al primo battaglione il cui comandante "Peletta", già in osservazione col binocolo sulla cresta della montagna presso il passo della Pistona, aveva scorto una colonna tedesca in marcia in direzione del valico di Conio.
I garibaldini decidono di affrontare immediatamente i Tedeschi per bloccarli al valico e quindi ricacciarli indietro per non permettere loro di circondare la brigata.
Una quindicina di componenti del primo battaglione, ivi compresi il comandante "Peletta" (2), il vice comandante, il commissario Mimmo Semeria (Sparviero), uomini del 6° distaccamento, ed altri tra cui Pietro Frangi (Milan), "Canteria", "Nando" e Raul Oreggia (Raul), affrettano il passo per giungere al valico prima dei Tedeschi e tendere loro l'imboscata.
Si muovono sul versante a mare con "Milan" in avanscoperta che sulla cresta della montagna, giunto a circa 400 metri dal valico, scorti sul versante opposto, per i prati, numerosi Tedeschi avanzanti in ordine sparso in direzione del valico stesso, col movimento di un braccio esorta i compagni ad accelerare la marcia per arrivare prima del nemico a prendere posizione sulla cresta, alla quale ormai sono prossimi.
In anticipo solo di un minuto sul nemico ignaro, i garibaldini riescono appena in tempo a piazzare le armi automatiche e a prenderlo di mira da una distanza di circa trenta metri.
Con lo scoppio fragoroso e micidiale di un grappolo di quattro bombe a mano tedesche, lanciate da "Peletta", che provocano una strage in mezzo al nemico, inizia un violento combattimento.
Allo scoppio segue un fuoco infernale scatenato dalle armi automatiche (mitra, machinen-pistole, parabellum, Mayerling) che investe i nazisti sorpresi dall'attacco e perciò, in preda al terrore, subito tentennano e quindi cercano riparo tra le rocce che non sono a portata di mano.
La sparatoria durerà circa due ore (3).
Il comandante tedesco che, all'inizio dello scontro, con la rivoltella in pugno marciava davanti ai suoi uomini, imbottito di piombo da "Sparviero" e da altri compagni di lotta tarda a cadere; sembra che le pallottole lo sfiorino appena e avanza ancora verso la posizione garibaldina con gli occhi di ghiaccio e quasi è addosso agli uomini quando cade a terra morto. Sgomento tra i garibaldini davanti a tale allucinante spettacolo.
Rimangono sul terreno una quindicina di nemici uccisi prima che, inceppatosi il Mayerling, i garibaldini si ritirino sul valico del Maro, verso il quale i Tedeschi, rimasti incolumi, da un riparo all'altro, da un cespuglio all'altro, cercano di spostarsi.
Dai loro movimenti appare evidente il tentativo di riunirsi in colonna per portarsi a quel valico onde prendere alle spalle i garibaldini. I quali vi giungono per primi e scatta, così, la seconda imboscata della giornata.
Lo scontro si accende accanito con le avanguardie nemiche; al gruppo si sono ora aggiunti i garibaldini del 6° distaccamento guidati da "Ivan" [Giacomo Sibilla], comandante del 2° battaglione.
Si combatte per circa due ore; tra morti e feriti sono messi fuori combattimento una trentina di nemici (4).
Verso le ore 11, cessato ormai il combattimento, in perlustrazione con il binocolo "Peletta" scorge piazzata sul sagrato della chiesa di Carpasio una mitragliera da 20 mm. che inizia, in quel momento, un violento fuoco sul gruppo dei partigiani usciti dal riparo.
"Sparviero" riesce a pararsi in tempo, ma il garibaldino Giovanni Blasi (Fiorello) di Antonio, nato a Lecce il 14.11.1920, viene colpito da un proiettile alla spalla sinistra (5).
Intanto per penuria di munizioni i garibaldini si sganciano ma i Tedeschi non osano andare avanti.
A tarda sera carri nemici, che trasportano le salme dei caduti coperte di frasche, scendono per la strada di Borgomaro.
Durante questa giornata di scontri viene pure proditoriamente attaccato dal nemico, con l'aiuto di una spia, il 5° distaccamento e perciò cade il garibaldino Angelo Gorlero (Toro) fu Luigi, nato a Imperia il 5.10.1922 e due altri rimangono feriti; il nemico perde tre uomini.
Il comando partigiano, prevedendo un rastrellamento generale per il giorno successivo, che avrebbe potuto precludere ogni possibilità di ritirata alla IV Brigata, ordina ai distaccamenti di scindersi ordinatamente in squadre secondo le istruzioni a suo tempo emanate.
Il 2 di novembre tre colonne di nazifascisti, rispettivamente provenienti da Conio, da San Bernardo e da Aurigo dove avevano pernottato (presumibilmente gli stessi che il giorno innanzi avevano sostenuto i combattimenti ai valichi di Conio, del Maro ed attaccato il 5° distaccamento), si riuniscono a Ville San Pietro, invadono la chiesa durante la S. Messa dei defunti e catturano quattro ostaggi (6).
Il rastrellamento si estende in tutta la valle dell'Impero, in valle Prino da Villa Talla al mare, in valle Argentina da colla d'Oggia a Montalto; viene così investita tutta la zona d'operazioni della IV Brigata.
Nel pomeriggio a Ville San Pietro si formano due colonne, di cui una, composta di Tedeschi, scende ad Arzéne, già sede del Comando della brigata, l'altra, composta di fascisti, scende a Villa Talla e assedia il paese. I nemici intimano l'alt ad un civile che non si ferma e riesce a fuggire, quindi radunano la popolazione in piazza e sono catturati alcuni membri del C.L.N. Locale. Messi in marcia, due di essi fuggono lungo la strada e i quattro rimasti vengono condotti a Valloria dove altro ancora, elusa la sorveglianza, riesce a nascondersi.
Dei tre non riusciti a fuggire, ammanettati e trascinati in prigione a Porto Maurizio dalle SS, Francesco Trucco verrà liberato dopo tre mesi di detenzione, mentre Mario Gazzano e Pietro Pellegrini, deportati nel campo di concentramento di Bolzano dopo quattro mesi, ne usciranno alla fine della guerra.
Dopo aver messo a sacco Villa Talla, la colonna fascista prosegue per Tavole e Lecchiore.
Durante il tragitto una nebbia fittissima protegge i fascisti; infatti quattro squadre garibaldine (due del 3° distaccamento e due del 4°) trattenute dal Comando allo scopo di colpirli sulla via del ritorno, a causa del fenomeno non riescono a stabilire l'entità delle loro forze, mentre li odono gridare e chiamarsi a vicenda nell'abitato di Tavole.
Allora i partigiani si appostano alla cappella di Santa Marta perché sembra, con tutta probabilità, che i nemici vogliono salirvi; invece, protetti ancora dalla fitta nebbia si portano a Lecchiore, guidati dal capitano Ferrari, e circondano il paese.
Su indicazioni di spie, sorprendono il garibaldino Patrone Battista (Patron) di Giobatta, nato a Pieve di Teco l'8.8.1926 che feriscono gravemente, ed intimano di alzare le mani a Elio Cologni (Ricon) di Antonio, nato a Bergamo il 13.01.1911, vicecommissario del primo battaglione, mentre tenta di portare in salvo il compagno ferito.
Il Cologni non si dà per vinto e reagisce ma viene mortalmente colpito al cuore da una raffica di mitra; si conclude, così, la sua nobile esistenza perché è stata di continua lotta per la libertà (7).
Anche il Patrone viene barbaramente finito con una raffica alla nuca (8).
In giornata, prima di allontanarsi da Montalto, i bersaglieri fascisti bruciano l'osteria del paese; in uno scontro nei pressi di Vasia cade il garibaldino Augusto Dal Bò (Tripolino) di Angelo, nato a Treviso il 16.07.1928. A Poggialto viene catturato e fucilato Guglieri, detto "Rinè", di Borgomaro. Cade anche Attilio Ventimiglia di Conio. E' catturato dai nazifascisti pure Armando Benza che verrà fucilato alla periferia di Oneglia il 6 novembre 1944.
Avvisate dalla pattuglia inviata verso Lecchiore il 3 novembre, le quattro squadre, che erano state tenute in riserva per le imboscate, con i rispettivi comandanti si portano rapidamente al valico di Santa Brigida per attaccare il nemico che sta transitando per scendere verso la costa, ma giungono in ritardo. La retroguardia composta da diciassette fascisti si salva, così, per pochi minuti.
Nonostante i combattimenti sostenuti per due giorni consecutivi, gli appostamenti prolungati sotto terribili acquazzoni, i vestiti fradici senza possibilità di asciugarli ad un fuoco ed alcune perdite subite, i garibaldini escono dal rastrellamento, condotto dal nemico con ingenti forze per distruggere la gloriosa IV Brigata isolata in Liguria, col morale alto e le fila del tutto intatte.
Ed appunto il nemico, conscio dello scacco subito, scatena la sua rabbia su vari paesi del litorale.
Il 3 di novembre rastrella cinque persone a Castellaro, fra queste Vincenzo Capponi viene deportato in Germania ed altre due nelle carceri di Marassi a Genova. In rastrellamento fucila Giambattista Filippi a Terzorio e sulla strada una giovane donna che transitava in bicicletta.
Rastrella sessanta civili a Riva Santo Stefano, di cui, quaranta deporta nella villa Magnolia a San Remo, venti a Marassi ed in seguito, otto di questi in Germania, compresi Renato Minasso, G.B. Garibaldi,  Settimo Boeri e Gerolamo De Micheli.
Nella prima decade di novembre si stabilisce a Baiardo una compagnia di bersaglieri fascisti di cui descriveremo le malefatte, e vi rimarrà fino alla liberazione; durante questo periodo colpirà duramente le località di Vignai, Fontana Bianca, Pei, Valeglia, Ciliegia, Castello, Serra, San Giorgio, Carosse, Fornace, e Berzi.
[NOTE]
1 Gli ostaggi ostaggi catturati e finiti a Bolzano in campo di concentramento sono: Aldo Gandolfo, Giacomo Guglieri, Onorino Toesca; vi rimarranno fino alla liberazione.
2 Giovanni Alessio (Peletta) fu un grande combattente per la libertà. Nell'aprile 1944 disarmò due carabinieri a Borgo Prino e a Caramagna; nella primavera, con una squadra, catturò il presidio fascista di San Lorenzo al Mare; attaccò per tre giorni un presidio nemico nei pressi di Civezza; prelevò a Villa Ludovici otto Tedeschi in servizio ai pozzi minati; catturò e disarmò la batteria di Poggi composta da trentasette milili della San Marco e da un Tedesco; sbaragliò una colonna nazifascista presso Prelà; il 4 settembre 1944 attaccò e distrusse una squadra tedesca presso Santa Brigida. Le imboscate da lui tese coi suoi uomini, susseguitesi per tutto l'inverno a Tavole, a passo Verna, a passo Pistona, a Pietrabruna, a Dolcedo, ecc., causarono tali perdite ai nazifascisti che essi stessi lo bandirono promettendo una taglia di un milione di lire da consegnarsi a chi l'avesse catturato e rortato vivo o morto al loro Comando.
3 Da una relazione della IV brigata pervenuta al Comando divisione il 26.12.1944.
4 In occasione dei vittoriosi scontri venne emesso dai Comandi partigiani il seguente ordine del giorno:
"... Corpo Volontari della Libertà aderente al C.L.N.
Comando Divisioni e Brigate d'Assalto "Garibaldi".
Ispettorato della I e II Zona Liguria.
       Al Comando della IV Brigata.
       A tutti i volontari della IV Brigata.
                                                                                               Ordine del Giorno
Il Comando della IV brigata e tutti i volontari della libertà che la compongono sono citati all'ordine del giorno per avere, durante l'ultimo tentativo di rastrellamento, saputo tener testa con fermezza e coraggio a tutti gli attacchi del nemico, passando quindi alla controffensiva ed infliggendo ai Tedeschi gravi perdite.
L'encomio è decretato al comandante "Ivan" ed al 6° distaccamento per il loro valoroso comportamento e per lo spirito combattivo dimostrato al passo del Maro il primo novembre contro il tentativo di rastrellamento nemico.
L'encomio solenne è decretato al garibaldino Blasi che, incurante dell'offesa nemica, troppo si esponeva e rimaneva mortalmente ferito al passo del Maro il primo di novembre.
L'encomio solenne è decretato al vicecomandante di brigata "Vinicio", al comandante "Peletta" e alla squadra del primo battaglione che con loro ha combattuto a passo di Conio e al passo del Maro, per essere stati gli animatori della lotta, per decisione nel combattimento e alto spirito combattivo.
La IV ha saputo in questa circostanza mantenere alta la bandiera della divisione "F. Cascione" e la sua eroica tradizione di sacrificio e di lotta per i più alti destini della Patria.
                               Il Comandante Ispettore della I e II Zona Liguria
                                 firmato: "Simon"                                                             ..."
(n.d.r. - Angelo Perrone aveva due nomi di battaglia: "Vinicio" e " Bancarà")
5 A nulla valsero le cure. Il 7 di novembre 1944 il garibaldino Blasi colpito da setticemia cessa di vivere, murato in una nicchia rifugio di una “fascia” di Valloria, ove era stato nascosto, assistito dal dr. D'Alessio.
6 Gli ostaggi verranno rinchiusi nelle carceri d'Oneglia e sottoposti a torture per due mesi.
7 Vedi nota 8 del capitolo precedente.
8 Da relazione del Comando IV brigata "E. Guarrini" alla Delegazione militare della I Zona Liguria, prot. n. 6/Cm, 5.11.1944.
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, ed. Amministrazione Provinciale di Imperia e patrocinio IsrecIm, Milanostampa, 1977, pp. 235-240

domenica 8 ottobre 2023

Il 20 novembre 1943 il col. Giuseppe Bosio, comandante del distretto d'Imperia, fa affiggere i manifesti per la chiamata alle armi delle classi 1923-24-25

Sanremo (IM): Corso Imperatrice

Con l'occupazione germanica della Liguria Occidentale i fascisti che, il 25 luglio 1943, arrestato Mussolini ed abolito d'autorità il P.N.F. (Partito Nazionale Fascista), erano scomparsi, rialzano la testa e ricompaiono nella società protetti dalle truppe d'occupazione. I primi loro atti sono le vendette personali e quindi iniziano la riorganizzazione delle loro forze politiche e militari.
Al vertice del potere amministrativo in provincia di Imperia, come capo della provincia, viene insediato il console generale della milizia ecc. dott. Francesco Bellini (12), nato a Cecina nel 1899, già segretario federale a Bolzano, a Pola e a Gondar (Etiopa); console generale della M.V.S.N. (13), prefetto di Belluno e Gorizia nel 1939, fascista ligio alle proprie idee, che governerà fino alla metà del 1944 (14) emanando bandi e prendendo iniziative assai impopolari da causare non pochi drammi tra gli antifascisti ed i civili.
Alla nomina del nuovo prefetto seguono quelle dei segretari politici del nuovo Partito fascista repubblicano. Ad Imperia il cittadino Archi succede al dott. Domenico Filippi, segretario della Federazione locale; a San Remo la sede del Partito fascista repubblicano, con commissario politico Nino Nuvoloni, viene costituita in via Manzoni n. 2, ove si apre la sottoscrizione «pro mitra», e a Diano Marina, sulla piazza del Municipio, il cui nuovo segretario politico è  Enrico Papone.
Il Prefetto, su indicazione dei fascisti locali, insedia i commissari nei Comuni: nel capoluogo all'avv. Ambrogio Viale subentra, il 23 di settembre, il prof. Nardo Languasco; a San Remo il vice-prefetto dott. Alfonso Chiodo sostituisce l'avv. Mario Caraccioni; a Bordighera assume la carica il commendatore Emilio Pognesi [n.d.r.: in effetti, il cognome era Pognisi, un generale a riposo con contatti con antifascisti della zona, come Giuseppe Porcheddu, Pognisi, morto di lì a breve e che, comunque, fu podestà di Bordighera solo nel periodo "badogliano"] ed il 17 a Diano Marina il col. Alessandro Angioino sostituisce il dimissionario Mario Oreggia. In Questura il dott. Benedetti lascia la carica al  nuovo capo di polizia Ermanno Durante, un personaggio che, alla liberazione, fuggito a Milano e il 26 aprile catturato in un nascondiglio e incarcerato da una squadra del distaccamento «Carlo Rosselli», in seguito verrà rimesso in libertà in circostanze poco chiare. (G. Pesce, Quando cessarono gli spari, Ed. Feltrinelli, Milano, 1977, pag. 143). Si organizzano le prime formazioni armate della Repubblica Sociale Italiana. All'inizio la maggior parte dei fascisti, già appartenenti al 33° battaglione C.C.N.N. reduce dai Balcani e sfasciatosi l'8-9-1943, che rivestono la divisa, vengono inquadrati nella 33a legione M.V.S.N. «Generale Gandolfo» del 626° Comando Provinciale G.N.R. d'Imperia (15), comandata dal colonnello Gianni De Bernardi e dal vice, primo seniore colonnello Pier Cristoforo Bussi, capo dell'U.P.I.
La 33a legione suddivisa su tre compagnie O.P. (Ordine Pubblico) dislocate a Ventimiglia, a San Remo e a Imperia, con distaccamenti nei pressi di Bevera, Mortola inferiore, Bordighera, Dolceacqua, San Michele, Ceriana, Isolalunga, Taggia, Badalucco, Triora, Santo Stefano al Mare, Dolcedo, Diano Marina, Cervo, Pieve di Teco, Pornassio, Nava (16), è completata a novembre con l'incorporazione di circa 200 giovani reclutati dal federale Cesalo in Francia, dei quali:  33 a Nizza, 31 a Mentone, altri a Roquebrune, Antibes, Cagnes, St. Laurent du Var, Carnoles, Cap Martin, ecc., già quasi tutti appartenenti all'organizzazione fascista «Azione Nizzarda» (17).
Inizialmente comanda la compagnia O.P. d'Imperia il capitano Ferrari di cui avremo da parlare (18). L'Albenganese rimane sotto la giurisdizione militare del 627° Comando Provinciale G.N.R. di Savona, già 34a legione «Premuda» (Posta da campo n. 831) comandata dal maggiore F.M. originario di Porto Maurizio, da l'U.P.I., dal maggiore Previtera, con compagnie O.P. dislocate a Varazze, Cairo Montenotte, Albenga e, per guanto ci riguarda, con distaccamenti ad Alassio, Andora (con posto di blocco sulla via Aurelia), Casanova Lerrone e Ortovero (19).
Il 20 novembre 1943 il col. Giuseppe Bosio, comandante del distretto d'Imperia, fa affiggere i manifesti per la chiamata alle armi delle classi 1923-24-25, che prevedono la pena di morte per renitenti e disertori. Ma i detti manifesti  lasciano il tempo che trovano.
Altri giovani Italiani, figli di famiglie emigrate nella vicina Francia, allettati da mille promesse, per forza o con consenso, già organizzati nelle squadre fasciste degli Italiani all'estero, dette (oltre alla già citata «Azione Nizzarda») «Fronte Popolare Francese», «Milizia Francese» ecc., inquadrati nel battaglione «Nizza», vengono trasferiti nell'Imperiese.
Al termine del 1943 molti di questi fascisti importati o locali, tendono a costituirsi in reparti autonomi, come Compagnie di Ventura, in cui sono incorporati anche condannati comuni, tratti fuori dalla galera ed arruolati con la promessa della estinzione della pena, a guerra finita. Vi affluiscono pure fascisti fanatici. Fra i militi sono anche gli uomini che il fascismo aveva ingannati ed illusi; gli arrivisti astuti ed ambiziosi ma accorti, che non si  macchieranno di delitti; dei borsari neri che si serviranno della divisa per condurre a buon termine dei traffici illeciti; dei disoccupati; dei prototipi che vivevano ai margini della società, innocui o irresponsabili.
Comanda la Piazza d'Imperia il colonnello tedesco Major che sovrintende e sorveglia, diffidente, l'attività di queste formazioni fasciste (20). Il dott. Gercano diventa commissario capo delle guardie repubblicane.
Il grosso dell'esercito della R.S.I. viene addestrato in Germania dai Feldwebel tedeschi. È composto da coloro che, tra i deportati, avevano aderito alla R.S.I., uniti alle reclute che in Italia, ubbidendo ai bandi nazifascisti, si  erano presentati ai distretti militari.
La divisione di marina «San Marco» è addestrata nel campo di Grafenwohr, la divisione alpina «Monte Rosa» a Munzingen, la «Italia» (bersaglieri) a Hemberg, e la «Littorio» (fanteria motorizzata) nel Sennelager. Sono circa 16.000 uomini in forza organica per ogni divisione, ad eccezione della «Monterosa», con 20.000.
Diversamente, la divisione camicie nere «Tagliamento», i «Cacciatori degli Appennini», reparti paracadutisti «Nembo» e «Folgore», i battaglioni autonomi di difesa costiera, le divisioni rabberciate in forma precaria «Etna» (I divisione  antiparacadutisti e antiaerea «Etna», il cui 8° battaglione si troverà nel Savonese e nell'Imperiese nei primi mesi del 1945) e «Vesuvio», la X MAS del principe Valerio Borghese, le brigate nere, i reparti P.S., le compagnie di ventura «Koc», «Carità» ecc. sono organizzate in Italia.
Nell'Imperiese i fascisti, acquisita una minima organizzazione, dànno il via alle rappresaglie dirette contro le famiglie dei renitenti alla leva: a San Remo vengono tolte le licenze di commercio a varie famiglie e si ordinano i raduni di bestiame bovino per la requisizione (21).
Nella seconda decade del gennaio 1944 i G.A.P. sanremesi compiono le prime azioni di sabotaggio tagliando i fili telefonici del Comando tedesco. Con un discorso di padre Eusebio (ex cappellano della divisione «Julia») nel teatro «Verdi» a San Remo, è istituita una squadra fascista intitolata a Ettore Muti: è il primo embrione di organizzazione militare che darà vita alla «Brigata Nera» della provincia.
A Porto Maurizio nasce il circolo rionale fascista «Silvio Borra». Ad Albenga il Podestà comunica alle autorità nazifasciste i nominativi di n. 87 renitenti alla leva delle classi 1924-25-26. Il 10 febbraio a San Remo è istituito il Tribunale Federale di cui entrano a far parte, oltre al segretario del Fascio repubblicano, Ugo Ughetto ispettore federale per la zona di Mentone, ed Elio Piccioni segretario federale di Ventimiglia. Nasce pure un centro arruolamento  volontari comandato da Francesco Lanteri (22), simile a quello già in funzione presso la federazione dei Fasci repubblicani.
A Realdo, in valle Argentina, si hanno le prime vittime dello spionaggio: il maggiore della milizia fascista F.A., notata in paese la presenza di vari prigionieri inglesi, fuggiti l'8-9-1943 dai campi di prigionia del Piemonte, dal concittadino A.L. li fa consegnare ai carabinieri di Triora che, a loro volta, li dànno in mano ai Tedeschi; i due saranno fucilati dai partigiani come spie perché, senza dubbio, uguale sorte avrebbero questi ultimi subìto se fossero  stati catturati per delazione (23).
In marzo i prefetti d'Imperia e di Savona ordinano il ripristino dei motti del Duce, scritti sui muri, già cancellati dopo il 25-7-1943 (24).
Nella primavera del 1944 l'ufficio U.P.I. d'Imperia acquista una consistente organizzazione: dipende dalla G.N.R., ha per capo il colonnello Bussi, è composto da militi come il maresciallo Mangiapan, il brigadiere Maffei, l'agente Gallerini, il centurione Montefinale, il capo ufficio magg. Gastaldi, ecc. (25).
La compagnia O.P. della 33a legione ed altre formazioni, hanno il compito di mantenere l'ordine pubblico e di dare la caccia ai fuorilegge (partigiani), al tempo stesso si lamentano presso il Duce, informandolo che i figli della borghesia locale, invece di arruolarsi nelle forze della Repubblica Sociale, si sono imboscati nella Todt; gente che non ha mai lavorato e che per opportunità ha imbracciato il badile e la pala in luogo del fucile (26); segnalano che la maggior parte dei richiamati, specie quelli dei paesi montani, hanno già fatto causa coi «banditi» (20-6-1944) e che in provincia quasi ogni giorno si verificano assenze arbitrarie dai presidi costieri (23-6-1944).
La compagnia O.P. d'Imperia, composta di circa 150 uomini, è comandata, come abbiamo già detto, dal capitano Giovanni Ferrari, (ex ufficiale del 41° reggimento fanteria), molto quotato dai Tedeschi e decorato della croce di ferro di 2^ classe, che diventerà non poco famoso (27).
Dai reparti della G.N.R. nascono, in seguito, quelli antipartigiani (R.A.P.), composti da giovani di 18-25 anni, che dànno il via ai rastrellamenti sulle montagne della provincia. Giunti in un paese allacciato alla carrozzabile, a bordo di camions, ed attraversata qualche valle a piedi, sono raccolti altrove con gli stessi mezzi. Veramente non sono rastrellamenti eseguiti in ordine sparso, ma in colonna, pertanto poco efficaci. Anche la polizia del questore in carica  rastrella e, purtroppo, in  maggio infligge duri colpi alle organizzazioni antifasciste ed ai C.L.N. nelle zone di Ventimiglia, Bordighera, San Remo e Diano Marina (28).
In luglio il questore in carica è sostituito dal dott. Sergiacomi, altro capo cui seguirà nell'Imperiese un periodo di vita difficile. Viene istituito un robusto plotone arditi antipartigiani comandato dall'ufficiale superiore Delcaro, con cani lupo e ben fornito di mitra, pistole e bombe a mano. Gruppo di militi repubblichini ben noti a coloro che hanno subito le loro «sedute» d'interrogatorio (29).
Il primo luglio 1944  Mussolini detta la deliberazione per istituire le squadre d'azione camicie nere, il 26 luglio viene impartita a tutte le formazioni fasciste già esistenti la seguente ordinanza: «Gli appartenenti al partito, dai 16 ai 60 anni, devono far parte di queste squadre che assumono il compito di assicurare l'ordine e distruggere i partigiani ed i comunisti ovunque si trovino. Chi non aderirà, può andarsene. I capi devono essere uomini politici locali... » (30). Nascono così le brigate nere con capi fondatori. In esse si raccolgono i «scelti» delle già menzionate formazioni fasciste. Il raggruppamento di tali bande costituisce la «Brigata Nera».
Nel luglio 1944 nasce ad Imperia la 32a brigata nera «Antonio Padoan» ed a Savona la 34a brigata nera «Giovanni Briatore», ambedue dipendenti dall'Ispettorato B.B.N.N. della Liguria, con sede in Genova, di cui è capo il dott. Asti prima e Luigi Sangermano dopo.
La 32a brigata nera d'Imperia prende il nome dal prete Antonio Padoan. Eccone il motivo:
Durante gli anni del fascismo il Padoan era parroco di Creppo, in valle Argentina. Si dimostrava di idee liberali benché fosse figlio di un colonnello fascista. Poi venne trasferito nella parrocchia di Castelvittorio e durante la Repubblica di Salò le sue idee si adeguarono al momento per cui, divenuto uomo fidato della G.N.R. e dei Tedeschi occupanti, incominciò a fare propaganda in chiesa per i nazifascisti. A Pigna, come capitano della milizia, non disdegnò di sostituire don Bono protestatario, per far partecipe di funzioni religiose i partigiani Repetto e Faraldi morituri, fucilati poi dai fascisti.
Forse affrontato da partigiani della V brigata [n.d.r.: invero a quella data non ancora costituita] la sera del 7 maggio 1944 per indurlo a desistere dai suoi propositi e abbandonare Castelvittorio e forse, nata una colluttazione reciproca con spari da ambo le parti (pare che il partigiano detto «Albenga» abbia avuto la cassa del fucile fracassata da una pallottola, così che l'arma gli salvò la vita), il Padoan rimase ucciso (31).
I fascisti fecero del morto un martire ed una bandiera intitolando con il suo nome la brigata nera imperiese e resero gli onori militari alla salma durante i funerali che si svolsero a Ventimiglia.
La 32a brigata nera «A. Padoan» partecipa alla lotta antipartigiana fino alla liberazione. Dopo il 25 aprile 1945, in fuga, raggiunge Alessandria ove viene catturata.
Dislocata ad Imperia con posta da campo n. 779, durante tutto il periodo della lotta è comandata, tra gli altri, da Mario Massina e dal tenente colonnello Edoardo Baralis.
Comprende la Compagnia comando, il 1° battaglione su tre compagnie e il 2° battaglione con la 4^ compagnia «Alassio» comandata dal tenente Ferdinando Rey, la 5^ compagnia «San Remo» comandata dal tenente Renato Moretti, la 6^ compagnia «Ventimiglia» comandata dal tenente Elio Piccioni.  (32) [n.d.r.: si intendeva con ogni evidenza citare Renato Morotti, in ogni caso non tenente e neppure comandante, fucilato il 26 aprile 1945 presso il cimitero della Foce a Sanremo: in ogni caso, sia in Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia, StreetLib, Milano, 2019 che nel Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan (Documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo), comandante di tale compagnia risulterebbe essere stato Mangano, così come sembrerebbero confermate, direttamente o in absentia, le scarne notizie di cui sopra, afferenti Renato Morotti].
La brigata nera viene munita di un proprio ufficio U.P.I. diretto da un certo P.G. I capi delle squadre d'azione diverranno tristemente famosi; sono gli ufficiali: R. M., E. M., A. D. R., P. G., L. B., V., A. impiccatore (33), i capitani I. D. (condannato a morte alla Liberazione ma poi assolto), F. M. giustiziato,  G. F., E. P. (giustiziato a Diano Marina il 4-10-1944), A. V. (già capitano della milizia) e A. C. (capitan Paella) giustiziati nei giorni della liberazione, ed altri (34). In concorso con le SS tedesche saranno responsabili di quanto è successo di grave a uomini, donne e bambini (35).
L'ordinanza del Duce sull'inquadramento delle brigate nere in funzione militare fa nascere non poche perplessità nei capi, tanto che ad Imperia il comandante della «A. Padoan» Mario Massina scrive in un suo rapporto del 16 luglio 1944:
«Il provvedimento della militarizzazione del partito ha provocato svariati commenti. È impressione generale che le squadre d'azione non saranno in grado di funzionare, sia per la deficienza di armi, sia per la mancanza di capi, sia, infine, perché il partito in provincia di Imperia non ha largo seguito. Ha destato ilarità il fatto che il Commissario federale prenderà il nome di Comandante di Brigata quando ai suoi ordini, in provincia d'Imperia, avrà sì e no una cinquantina di elementi».
In un altro rapporto del Massina del 28-7-1944: «Con l'ordine di costituzione delle brigate nere il fascismo d'Imperia ha chiaramente dimostrato la sua poca buona volontà di combattere. A tutt'oggi nessuna squadra d'azione è stata costituita, anzi, qualche fascista ha presentato le dimissioni e molti altri, pare, intendono fare lo stesso, non escluso qualche dirigente». (36)
L'11 luglio 1944 è costituita ad Alassio la 34a brigata nera «Giovanni Briatore» (Posta da campo n. 831), comandata da Francesco Girlaro, vicecomandante è Luca Dimora. Altri capi della brigata nera saranno: Mario D'Agostino fino al 22-10-1944, Paolo Pano fino al febbraio 1945, e quindi Quinto Aleardi. È composta da una compagnia comando e da tre battaglioni divisi in nove compagnie, a loro volta suddivise in squadre d'azione per un totale di circa 600 uomini. Le compagnie presidiano Alassio, Albenga, Varazze e Vado Ligure.
[NOTE]
(12) Il nuovo prefetto dott. Vincenzo Bellini sostituì l'8-10-1943 il collega dott. Froggio che, a sua volta, l'8-9-1943 aveva sostituito il prefetto dott. Tallarico.
(13) Dopo l'8-9-1943, la sigla M.V.S.N. non venne più usata dalle ricostituite forze armate fasciste.
(14) Vedi articolo nella cronaca d'Imperia del Corriere Mercantile dell'8-10-1943.
(15) Il 626° Comando Provinciale d'Imperia (Posta da campo n. 779), col 627° di Savona, 628° di La Spezia ed il 625° di Genova, dipendevano dall'Ispettorato Regionale Ligure della G.N.R.
(16) Da documento del Comando 33a legione «Generale Gandolfo», emesso ad Imperia il 20-ll-1943, prot. n. 29 segreto, relativo alla ricerca dei membri del Gran Consiglio del Fascismo che nel luglio votarono contro Mussolini.
(17) Tra gli altri, 14 militi della 33a legione caddero ad Imperia, 7 a San Remo, 5 a Bordighera, alcuni a Triora, a San Lorenzo al Mare, a Taggia e a Diano Marina.
(18) Una pattuglia della compagnia O.P. di Imperia il 20-11-1943 uccise nei pressi di Sant'Agata il partigiano Walter Berio, primo caduto della Resistenza Imperiese (vedi primo volume dell'opera di G. Strato).
(19) Vedi: «Storia delle forze armate della Repubblica Sociale» di G. Pisanò, fascicolo n. 81. Edit. F.P.E., Milano 1968. Tra gli altri, 7 militi del 627° Comando Provinciale caddero nella zona di Alassio; una dozzina in quella di Albenga, alcuni in val Merula, località «Cian du Belottu», nel giugno 1944. (vedi volume II dell'opera di C. Rubaudo).
(20) Con la dicitura: «la presente tessera vale come porto d'arme e come autorizzazione di libera circolazione in caso d'emergenza politica o militare per raggiungere le sedi del P.F.R.», riportata sulla tessera degli aderenti al Partito e da lui firmata, il colonnello tedesco Maior permette a questi ultimi di portare le armi.
(21) Raduni per la requisizione di bovini si tennero a Ventimiglia il 5.1-1945, a San Remo il 13-1-1945, a Borgomaro il 16-1.1945, a Pieve di Teco il 27-1-1945, a Diano Marina il 12-1-1945.
(22) Notizia tratta dal giornale «Eco della Riviera» del 10-2-1944.
(23) Da una testimonianza del comandante Nino Siccardi (Curto).
(24) Da circolare prefettizia del 25-3-1944, prot. n. 769/14/7 Gab. Savona.
(25) Da documento redatto dall'ex brigatista nero E.F.
(26) Vedi volume: Riservato a Mussolini, nota del 4-5-1944/P2/0. Edit. Feltrinelli, Milano 1974.
(27) Da testimonianza del brigadiere T. F. della G.N.R., fatta il 10-5-1945.
(28) Una squadra antipartigiana della P.S. era composta dagli agenti: Gi., Di C., An., La., Sa., Fa., Ai., Cu., Pu., An., Fa., Ba., Ge., Ca., quasi tutti meridionali, rimasti tagliati fuori dalla loro terra dopo lo sbarco alleato  in Sicilia. Vedi documento nel capitolo "Azioni nemiche controbanda", settembre 1944.
(29) Guardie di P.S. che fecero parte del plotone antipartigiani:  Gu.,  Ag., Me., Ne., Re., Te., Pu., ecc., anche questi, meridionali, rimasti in Ligurìa a causa degli eventi come a nota (28). Vedi lettera del S.I.M. di zona al servizio S.I.M. del Comando II^ divisione "F. Cascione" del 3-4-1945.
(30) Dal volume «Italia Partigiana» di G. Bocca, Edit. Laterza, Bari, 1967
(31) Da memorie orali di Bruno Luppi (Erven) e del comandante «Vittò». Per maggiori dettagli vedi l'opuscolo "Sangue a Castelvittorio" di Nino Allaria Olivieri, Edit. Sordomuti, Milano, 1997.
(32) Vedi: "Storia delle forze armate della R.S.I. di G. Pisanò", fascicolo n. 98. Edit. F.P.E., Milano, 1969.
(33) Il milite fascista A., in relazione alle dichiarazioni fatte dai suoi commilitoni, aveva impiccato nove partigiani in una volta. Vedi giornale «L'Unità» del 23-7-1946.
(34) Da relazione del responsabile S.I.M. divisionale al Comando operativo di Zona, del 4.4.1945 prot. n. 21/73
(35) S.S. = Schutzstaffel, che significa: Servizi Speciali. La formazione nacque nell'aprile 1925. Il nome fu dato ad una squadra di 8 uomini scelti, tra i più fanatici, destinata alla protezione personale di Hitler.
(36) Vedi a pag. 188 del volume "L'esercito di Salò" di G. Pansa. Edit. Oscar Mondadori, Milano, 1970.
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. La Resistenza nella provincia di Imperia da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza di Imperia, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977

Pigna (IM): Corso De Sonnaz

Nella tarda estate del '44 tornarono in Italia i primi reparti addestrati nel Reich, la divisione di fanteria San Marco e la divisione alpina Monterosa. Entrambe, assieme a tre divisioni tedesche, finirono per formare l'armata Liguria, la quale, raggruppata tra Imperia e La Spezia, aveva il compito di impedire uno sbarco alleato sulla costa nord-occidentale del Paese <1192: in realtà la sua funzione si orientò principalmente alla lotta partigiana, dato che i tedeschi non avevano alcuna intenzione di adoperare truppe italiane al fronte.
[...] Sempre alla prima sezione della Corte di Assise romana toccò giudicare un altro capo provincia della Rsi, dapprima stanziato a Rieti e successivamente, dal giugno del '44, ad Imperia, Ermanno Di Marsciano. Oltre alle accuse di collaborazionismo pesava sull'imputato il coinvolgimento nei rastrellamenti di Monte San Giovanni in Sabina del 7 aprile 1944 e di Leonessa (RI) del 10 marzo 1944. Con la sentenza 121/50 del 21 giugno 1950 il tribunale romano lo condanna all'ergastolo, all'interdizione dai pubblici uffici e al pagamento delle spese legali. La Cassazione, tuttavia, accolse la richiesta di conversione della pena avanzata dall'imputato, affidando l'onere del giudizio alla Corte d'Appello di Roma, la quale, il 12 maggio 1952, convertì l'ergastolo - già precedentemente condonato in 19 anni di reclusione - in 9 anni di reclusione. Di Marsciano, nel giugno del '44, aveva sostituito ad Imperia Francesco Bellini, il quale era stato trasferito a Treviso. Nominato prefetto durante la guerra per meriti politici, Bellini era come tanti suoi colleghi prefetti uno squadrista della prima che prese parte alla marcia su Roma. Fu console generale della Milizia e durante gli anni Trenta ricoprì la carica di segretario federale a Bolzano, Pola e a Gondar, in Etiopia. Fu nominato prefetto nel 1939 e destinato dapprima a Belluno e poi a Gorizia dove, nell'agosto '43, venne collocato a riposo da Badoglio <1374. Per il suo operato durante la Repubblica di Salò venne riconosciuto colpevole per i reati di collaborazionismo e omicidio dalla Corte d'Assise Straordinaria di Treviso e condannato a morte con sentenza emessa il 16 giugno 1945. La Corte di Cassazione di Milano, tuttavia, accolse il ricorso dell'imputato contro la sentenza, annullandone l'esito e rinviandola alla Corte d'Assise Straordinaria di Venezia. Non si conosce l'esito del processo.
[NOTE]
1192 F.W. Deakin, Storia della Repubblica di Salò, pp. 707-708
1374 M. Stefanori, Gli ebrei e la Repubblica sociale italiana, p. 131
Jacopo Bernardini, "Un confuso fermento di idee": politica, amministrazione e costituzione nell'ultimo fascismo (1943-1946), Tesi di laurea magistrale, Università degli Studi di Torino, Anno accademico 2019-2020
 
Dopo l'8 settembre Marcianò ricostituì il suo battaglione a Vercelli, da cui il 30 marzo 1944 raggiunse Grafenwöhr per aggregarsi alla divisione San Marco. Al momento di partire per la Germania inviò un vibrante messaggio a Mussolini a cui esprimeva «la volontà di combattere e di morire per le rinnovate glorie della Patria», chiedendo che il suo gruppo venisse «lanciato contro il nemico, come i vecchi reparti d'assalto della Grande Guerra». <194 Una volta rientrato in Italia, il reparto di Marcianò, insieme ad un gruppo del 3° reggimento di artiglieria, fu posto sotto il comando della 34ª Infanterie Division, diretta dal generale Theo von Lieb. Il III gruppo esplorante, che poteva disporre di circa 700 uomini, <195 venne inviato nell'area di Imperia, con il compito di ripulire la zona dalle bande partigiane che minacciavano la sicurezza delle retrovie tedesche. Pur non essendo stricto sensu una vera e propria formazione di controbanda, tuttavia gli uomini di Marcianò applicarono brillantemente i principi della controguerriglia. Attacchi notturni con squadre non troppo numerose (venti o trenta uomini al massimo). Spostamenti continui. Incursioni a sorpresa nei paesi frequentati dai partigiani. Anche se non fu risparmiato dalle diserzioni - 79 alla data del 5 settembre 1944 <196 - il III gruppo esplorante dimostrò comunque una coesione disciplinare e uno slancio combattivo nettamente superiori al resto della divisione. A partire dal settembre 1944 gli uomini di Marcianò si installarono nel territorio al confine tra le province di Asti, Cuneo, Savona ed Alessandria [...]
[NOTE]
94 P. Baldrati, San Marco, San Marco..... cit. vol. II, documento 35, p. 744.
195 Ivi, documento 104, allegati 2, 3 e 4, pp. 856-858. Alla data del 5 settembre, il reparto di Marcianò poteva contare su 732 uomini, così ripartiti: 32 ufficiali, 50 sottufficiali e 650 soldati di truppa.
196 Ivi, documento 104, allegato 6, p. 860. Dei 79 militari che risultavano disertori alla data del 5 settembre, quattro erano sottufficiali e 75 soldati di truppa
.
Stefano Gallerini, "Una lotta peggiore di una guerra". Storia dell'esercito della Repubblica Sociale Italiana, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Firenze, 2021

Pagina 13 del Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana (G.N.R.) del 19 giugno 1944. Fonte: Fondazione Luigi Micheletti

Il 10 corrente, alle ore una, in località Barcheto del comune di Imperia, circa 15 banditi armati prelevarono dalla propria abitazione, mediante violenza, il vice commissario federale del P.F.R. Adalberto Armelio, conducendolo per ignota direzione.
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana (G.N.R.) del 19 giugno 1944, pagina 13. Fonte: Fondazione Luigi Micheletti
 
Cortesia Angelo: nato a Vidor il 4 settembre 1927, squadrista della Brigata Nera “Padoan”
Interrogatorio del 3.7.1945:
[...] Solo nel mese di agosto del 1944 mi arruolai come fecero tutti gli altri che mi istigavano. Rimasi in servizio presso la 32^ Brigata nera “Padoan”, operante nella provincia di Imperia. Durante tale periodo presi parte a svariati rastrellamenti, circa 20, contro i partigiani. I rastrellamenti erano sempre diretti da componenti dell’ufficio politico investigativo dell’ex GNR. Molte volte vi prendevano parte anche truppe tedesche con elementi delle loro SS. Durante tali rastrellamenti da parte della brigata nera, cioè quando vi partecipavo io, non fu mai ucciso nessun partigiano: ne avremo catturati circa una decina che furono sempre consegnati alle SS tedesche. Non so quale fine facessero. In tutto da parte delle formazioni tedesche saranno stati uccisi circa 45 partigiani. Dei predetti parte rimasero uccisi in combattimento e parte furono fucilati sul posto [...] Il comandante della mia brigata si chiama Mario Massina, che nel Regio Esercito ricopriva il grado di caporale ma nella brigata nera era commissario federale. Il Capo di Stato Maggiore si chiama Baralis Edoardo che nel Regio Esercito rivestiva il grado di colonnello. Faceva parte della brigata pure certo Rizzitelli Gino che rivestiva il grado di Maggiore, lo stesso parlava con accento meridionale.
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia, StreetLib, Milano, 2019

sabato 24 dicembre 2022

Li invio dalla SS germanica a prendere ordini in merito

Sanremo (IM): tratto iniziale della vallata lungo la quale si sale a Verezzo

Verbale d'interrogatorio
L'anno 1945 addì 27 del mese di maggio negli uffici della Questura di Savona, innanzi a noi sottoscritti Funzionari e agenti di P.S. si è fatto presentare il detenuto MACCAFERRI Edoardo di Gustavo e Hegji Magda, nato a Bordighera il 17/12/1929, ivi residente in Via L. Cadorna n. 15, ex milite della brigata nera di Imperia, il quale opportunamente interrogato dichiara quanto appresso:
"Il 21 gennaio 1945 presentai ad Alassio domanda per essere arruolato volontario nelle brigate nere e immediatamente fui assunto
[...] Ero a conoscenza del fatto che la brigata nera dipendeva direttamente dal comando SS Tedesche dal quale ricevevamo ordini in proposito".
Documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo 
 
24 dicembre 1944 XXIII
Si fa l'azione di rastrellamento in Montà Magnan Collabella [a Sanremo] alla casa di Zoccarato ed a quella più sotto alla distanza di 10-15 metri dalla prima. Questa ultima è la sede abituale della banda Borgogno (figlio) di cui fa pure parte il padre. Si tratta di un complesso di una decina di banditi che infettano la Villetta, S. Pietro, Verezzo. Sono gli stessi che hanno spogliato il camerata Rubi Tullio di ogni suo avere, nella casa di Verezzo dove trovasi sfollato. Partecipano all'azione anche otto soldati germanici al Comando di un maresciallo. L'operazione si svolgerà secondo il piano precedentemente studiato dal vicecomandante Ravina sui dati forniti dal Rubi e altro contadino che vuole conservare l'incognito. Per raggiungere maggiore efficacia e rendere la sorpresa più perfetta, gli uomini avvolgeranno le scarpe chiodate con stracci e bende onde evitare ogni rumore. Sarà di guida il milite n.n. I Legionari partono alle 19 circa. Giunti all'altezza della strada Magnan incrocio Via Goethe sopra le Carmelitane, un ribelle, evidentemente di guardia, dà l'alt ai nostri uomini, ma subito dopo se la dà a gambe, inseguito a tutto fiato. La pattuglia giunge così sul luogo d'un baleno e circonda le case. Dalle fasce circostanti sbucano due banditi e fuggono, ma vengono freddati con raffiche brevi di mitra (1). Altri due seguono la stessa sorte, colpiti dai tedeschi (2). E così altri due, uno dei quali prelevato in casa. Si tratta del Borgogno padre (3) [n.d.r.: seguono, in corsivo, le note originali in fondo alla pagina del brogliaccio] (1) Sono i fratelli Zoccarato. (2) Uno è Barbieri, il fratello dell'Avvocatessa. (3) Uno di questi non è stato identificato ancora e così un sesto. Tutti avevano rivoltelle e, parecchi, bandoliere di cuoio stile artiglieria. Avevano anche barbe lunghe e zazzere alla nuca come si usa tra ribelli, segni e caratteristiche inconfondibili. In casa sono pure state trovate varie donne e molta refurtiva, tra cui tutti gli oggetti rubati la notte prima al camerata Rubi, spogliati a Verezzo. Alte le urla e le imprecazioni delle donne. Tutti, banditi e invitate, avrebbero dovuto, stando all'evidenza dei preparativi riscontrati in casa, consumare un lauto banchetto a base di maiale e di agnello. L'operazione ha potuto avere un esito quasi insperato per i seguenti fattori: 1°. La rapidità dello spostamento degli uomini che non hanno dato tempo alle sentinelle avanzate di dare l'allarme alla banda. 2°. Il silenzio con cui hanno operato per via dell'involto di stracci applicati alle calzature, sì che anche a distanza di pochi metri dal covo dei banditi questi non si sono accorti della presenza dei nostri Legionari. 3°. La estrema decisione e precisione del tiro, soprattutto dei mitra dimostratisi eccellenti per operazioni del genere. 4°. Il chiarore lunare che ha permesso di individuare con relativa facilità i bersagli mobili anche se fra gli alberi. Tutti i documenti personali dei banditi uccisi sono stati raccolti dai germanici e portati al loro comando. Il maresciallo tedesco che ha diretto l'azione si è complimentato ripetutamente coi nostri Legionari. Gli uomini sono rientrati alle 22,45 senza avere subito alcuna perdita. Molto probabilmente i germanici torneranno sul posto domattina presto forse anche per prelevare le donne, non foss'altro per interrogarle e ricavarne dati preziosi sulle altre bande di banditi coi quali la banda Borgogno doveva necessariamente essere collegata. Il Vice Comandante, Aldo Ravina - Visto, il Comandante Angelo Mangano  
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan, Documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo

I Tedeschi, invece, con il metodo delle puntate improvvise continuavano le loro azioni. Il 20 dicembre, giunti a San Romolo con automezzi, rastrellano nuovamente il paese appiccando il fuoco a due ville e il 24 dicembre 1944 fucilano a San Remo, nei pressi della loro abitazione, in presenza della madre e delle sorelle, i fratelli Ugo (Attilio) e Giovanni (Giovanni) Zoccarato, rispettivamente di anni 22 e 20, componenti della brigata cittadina, catturati in rastrellamento.
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977
 
La zona di Sanremo più prossima al Rondò Garibaldi - cit. infra - dal lato di levante, in un rilievo topografico realizzato dalle SAP alla vigilia della Liberazione. Fonte: Augusto Miroglio, La Liberazione in Liguria, Forni, Bologna, 1970

Interrogatorio di domenica 26 maggio 1945
Si domanda al sig. Rubbi [Rubi] se  è mai stato alla villa Fiorentina.
Egli nega.
A.D.R.: Nega di aver denunciato il prelevamento di vestiario alle brigate nere.
A nuova richiesta se lui ha denunciato il prelevamento nega sempre.
A domanda se conosce un contadino che ha denunciato ai tedeschi e fascisti il gruppo Borgogno, lui nega sempre.
In seguito a domanda se ha ancora la ricevuta rilasciatagli dal Renatino dice di averla stracciata. Tale ricevuta (dice la signorina Anna Borgogno [n.d.r.: su cui si torna infra, sorella di Renatino Borgogno e figlia di G.B. Borgogno] che fu mostrata nella villa Fiorentina dai tedeschi). Ammette di aver avuto la ricevuta dal Borgogno.
"Ammetto che Tito è stato il primo a venirmi a dire che ero stato derubato. L'unica persona a saperlo in un primo tempo era il Tito Calvini, in quanto la merce fu consegnata dal Calvini stesso al Borgogno" [n.d.r.: corsivo e virgolette - non presenti nell'originale - intorno alle parole pronunciate dal Rubi, per una maggiore scorrevolezza del testo].
Di fronte alle persistenti negazioni del Rubbi viene chiamato a confronto Pelucchini Dario.
Il Pelucchini ammette che durante il pomeriggio del 24 Dicembre Mangano diceva: "Quel belinon insiste perché vada a fare un rastrellamento e io non ne ho voglia, perché oggi vigilia di Natale non si deve andare a fare azioni".
"La sera del 24 verso le ore 18,30 mentre ci radunavamo come solito alla Villa Diana trovammo tutto un picchetto di tedeschi che evidentemente attendevano il nostro ritorno. Vidi il Rubbi nella caserma Diana accanto ai tedeschi. Mangano telefonò subito alla Villa Giulia perché gli mandasse un milite. Poco dopo arrivò questo milite di cui non conosco il nome ma che se dovessi rivedere lo riconoscerei. Il Rubi era presente mentre si preparava la spedizione che doveva concludersi con l'uccisione del Borgogno e dei fratelli Zuccherato [n.d.r.: Zoccarato: non l'unico milite fascista a storpiare il cognome di questi martiri partigiani]. Verso le ore 20 ci incaminammo verso il Rondò Garibaldi. Di fianco il giardino delle Carmelitane iniziammo la stradetta che sale fino Via Goethe e dopo pochi passi sentimmo il 'chivalà'. La squadra che di punta andava avanti era composta di tedeschi con Siri e Nicò. Rimanemmo indietro io, Rubi e due tedeschi. E Luciani Bartolomeo [n.d.r.: invece si trattava, in tutta evidenza, di Bartolomea Luciano, Ausiliaria S.A.F., in forza alla richiamata Brigata Nera "Padoan", che venne poi fucilata dai partigiani presso il cimitero della Foce di Sanremo il 26 aprile 1945 insieme - si può ritenere - ad Ambrogio Carlo Nicò, detto "Gin Mano Nera" e ad altri ex militi]. Ad un certo momento sentimmo in lontananza alcuni spari. Noi si proseguì ancora molto avanti. A un tal punto si sentì parlare. Ci fermammo e notammo un gruppo di gente i quali piangevano. Luciano e il maresciallo tedesco che erano con noi andarono a vedere cosa era successo e ritornarono dicendo "ci sono due morti che hanno la barba'. Vidi della gente di cui delle ragazze che piangevano. Ritornammo in Sanremo e al crocevia il Siri disse: 'sono ben dei delinquenti quei tedeschi'. Quando fummo dinanzi al Vittoria Roma il Rubi si fece accompagnare da un tedesco a casa. Affermo che fu il milite ad accompagnare la squadra al rastrellamento. Ne dedussi che lui conosceva i luoghi dove si rifugiavano i Borgogno e gli altri" [n.d.r.: virgolette e corsivo anche in questo caso nostri, per rimarcare le parole di Dario Pelucchini].
[n.d.r.: seguono le firme di Dario Pelucchini e di Anna Borgogno, che, fatta prigioniera sarà liberata con il "colpo partigiano" all'ospedale di Sanremo]
Io sottoscritto Rubi Tullio, ammetto che la deposizione del Pelucchini è vera e che io denunciai alle brigate nere il furto patito. Ammetto di essere stato insieme per tutta la durata della spedizione insieme al Pelucchini e al Bartolomeo Luciani [Bartolomea Luciano].
[n.d.r.: segue la firma di Tullio Rubi].
Documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo
 
Sanremo (IM): ex Parco delle Carmelitane

25 dicembre 1944 XXIII
Vengono al Comando due donne e un uomo per chiedere di coprire e se possibile rimuovere il cadavere del Borgogno che giace nella strada a pochi metri dinanzi all'ingresso della loro casa.
Li invio dalla SS germanica a prendere ordini in merito. Questo Comando non può dare disposizioni essendo l'azione stata diretta dal Comando Tedesco.
Il Vice Comandante, Aldo Ravina - Visto, il Comandante Angelo Mangano
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan, Documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo
 
Bronda Aldo, abitante a Sanremo in via Corradi, 20
Interrogatorio del 28 maggio 1945 davanti ad un Vice Commissario di Polizia in Sanremo: Un giorno o due prima di Natale venne all'Ufficio della brigata nera Rubi Tullio sfollato a Verezzo a riferire che in detta zona vi erano dei banditi, i quali avevano commesso diverse rapine, anche a lui, e che andavano in Verezzo a fare delle feste; e che sapeva di certo che la vigilia di natale avrebbero fatto una baldoria in una casa, credo che sia stata la casa di Borgogno G.Batta. (Andateli a prendere perché se no io provvedo diversamente) [n.d.r.: frase pronunciata nell'occasione da Tullio Rubi]. La sera della vigilia di Natale vennero sei o otto tedeschi i quali chiesero due uomini armati e furono destinati Pelucchini e Niccò (Gin mano nera) armati di mitra; per precauzioni e per ordine dei tedeschi si fasciarono le scarpe di stracci ed andarono insieme ai tedeschi. Il giorno dopo ho scritto a macchina la relazione dell'operazione compiuta la sera del dicembre e tra l'altro c'era [scritto] che dietro informazioni di Rubbi Tullio due uomini della Brigata Nera insieme ai tedeschi avevano compiuto rastrellamenti nella zona Villetta Verezzo, sorprendendo dei partigiani che mangiavano in una casa; sentirono scappare, spararono dietro e sentirono un grido il quale dette l'allarme e gli altri scapparono inseguiti dalle scariche delle armi della pattuglia. Sono stati uccisi Borgogno Gio Batta - due fratelli Zoccarato e il fratello dell'Avv. Barbieri. Altri tre morti si trovano nel Boschetto a nord della casa.
Documento
in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo
 
Sanremo (IM): in primo piano la zona urbana subito a levante del Rondò Garibaldi

Gradi Elio, nato a Vallecrosia il 30 gennaio 1923, residente a Sanremo, in Via Bussana Vecchia n. 1, floricoltore, cannoniere della X Mas
Interrogatorio del 10 giugno 1945
nell'Ufficio del Nucleo di P.G. di Sanremo: [...] La sera della vigilia di Natale 1944, mentre rientravo da un breve permesso fruito presso la famiglia, ho visto nella sede della Brigata Nera di Sanremo, e precisamente all'Albergo Diana, 5 o 6 tedeschi i quali hanno preso con loro i militi PELUCCHINI Dario e "Gin Mano Nera", di cui non conosco il nome vero [n.d.r.: che era Ambrogio Carlo Nicò, Nicco in altri documenti, milite del distaccamento di Sanremo della brigata nera, fucilato insieme ad altri fascisti dai partigiani il 26 aprile 1945 nei pressi del cimitero della Foce di Sanremo], e sono usciti tutti completamente armati. Il giorno appresso ho saputo dai miei colleghi che i suddetti, la sera prima, si erano recati in regione Villetta (Verezzo), per effettuare un rastrellamento durante il quale erano stati uccisi i fratelli Zuccherato [Zoccarato].
Documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo 

Modena Giovanni, nato a Sanremo l'8 febbraio 1914.
Interrogatorio del 18 giugno 1945 nell'Ufficio del Nucleo di P.G. di Sanremo: La sera del 24 dicembre 1944, sarà stata l'una di notte, mentre mi trovavo nella Caserma di Villa Giulia, dove aveva sede il nostro reparto di G.N.R., venni chiamato al telefono dal comandante le brigate nere, Mangano, il quale mi disse di recarmi da lui immediatamente. Feci presente che non stavo bene, ma in seguito alle sue insistenze mi armai e ubbidii alle richieste. Giunto alla sede delle brigate nere il Mangano mi disse: "Tu che sei capace, bisogna andare a fare un rastrellamento in regione Magnan". Gli risposi che non stavo bene, ma ciononostante volle egualmente che eseguissi l'ordine. Vi erano pronti circa una quindicina di militari tedeschi e tre o quattro elementi delle brigate nere ed un borghese che conosco soltanto di vista il quale diresse l'operazione del rastrellamento. Anche gli uomini delle brigate nere mi sono noti solo di vista.
Il borghese che ci accompagnava corrisponde ai seguenti connotati: robusto, statura piuttosto alta, età circa 50 anni, colorito bruno, capelli leggermente brizzolati, barba rasa, parlava italiano.
Partimmo tutti assieme e li accompagnai fino a strada Magnan ivi mi fermai con un tedesco e gli altri proseguirono per l'operazione. Dopo circa una mezz'ora udimmo il crepitio delle armi ed al ritorno tra di noi della spedizione dissero che ne avevano ammazzati cinque, invece risultò poi che erano stati uccisi soltanto tre.
Finita così l'operazione rientrammo tutti nella sede di Sanremo delle brigate nere e di lì senza che io mi presentassi neppure al comandante Mangano rincasai presso la mia caserma di Villa Giulia.
Nel rientrare in sede, il borghese del quale ho dato i connotati, che secondo me guidava la spedizione, mi disse che era stato lui ad andare dal comando tedesco ed ottenere il rastrellamento che si era compiuto. Mi soggiunse persino che se non fosse stato per lui che era conosciuto dai tedeschi questi non avrebbero ordinato il rastrellamento. Gli uccisi durante la notte erano i fratelli Zuccherato [Zoccarato] ed uno di Baiardo. Quest'ultimo non lo conoscevo affatto, mentre i primi due erano dei miei amici.
Non ho altro da aggiungere.
Documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo 
 
Pelucchini Dario, nato a Città di Castello (Perugia) il 18 agosto 1920.
Interrogatorio del 18 giugno 1945 nell'Ufficio del Nucleo di P.G. di Sanremo: Allora il maresciallo tedesco divise le forze in due gruppi, uno avanti sempre con il Modena in testa, ed io con gli altri nel gruppetto di retroguardia.
[...] Dopo circa un quarto d'ora di strada udimmo delle donne piangere e così intuimmo che cosa era avvenuto e infatti ci rendemmo conto dell'accaduto. Notammo che a terra vi erano alcuni morti.
[...] Il Rubbi [Rubi] era rimasto sempre con me nel secondo gruppetto.
Giunti in Sanremo, come ho già deposto, il Rubbi si fece accompagnare da un tedesco a casa sua, gli altri tedeschi rincasarono per conto loro, io, il Modena, e gli altri due militi Luciano Bartolomeo [Bartolomea Luciano] e Siri G.Batta, e Nico Ambrogio proseguimmo ancora un poco assieme e poi il Siri e il Bartolomeo [la Bartolomea Luciano] si avviarono per conto proprio. Gli altri andammo direttamente dal Comandante Mangano che dormiva nel suo letto presso il comando delle brigate nere. Svegliatosi ci presentammo al suo cospetto ed il Modena fece una relazione verbale del come il rastrellamento era avvenuto, raccontando minuziosamente ogni particolare. Disse precisamente che aveva accompagnato i tedeschi e che giunti a un certo punto videro della gente scappare e spararono contro di loro uccidendone alcuni. Nella circostanza ricordo che anche Nico Ambrogio disse che anche lui aveva sparato contro quelli che scappavano. Precisò di aver riconosciuto uno dei morti nella persona di certo Barbieris.
Finita la relazione, il Mangano elogiò i presenti e disse di accompagnare il Modena con due militi, ma questo rifiutò di essere accompagnato e si avviò da solo.
Documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo 
 
27 gennaio 1945
Vicino alla casa di Marsaglia, bruciata due settimane fa, c'è una casa di Piombo. Il padrone, Piombo, ha la lebbra e la moglie si chiama "Santina". In quella casa ci vanno i ribelli [...] Taggiasco ed altri non di Borello. Ci stanno di giorno. Verso le 12 - 12,30 sono lì nel cortile della casa.
Urge prendere il nipote di Sughi Pietro che si chiama "Nini" e abita dal tabacchino di Battistotti (S. Bartolomeo). Ha 16-18 anni. Lui sa dove sta lo zio "Pier de le Vigne" (Sughi Pietro). Ha detto alla mamma di D.B.: "Gliel'ho detto che scappasse. E' uno stupido! Se ne doveva andare su".
Quella tale lettera a macchina consegnata da D.B. a me è stata mandata a D.B. da questo "Nini" al quale l'ha data lo zio Pier de le Vigne. Quest'ultimo l'ha avuta dal comando di Divisione "F. Cascione".
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan,  documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo

30 gennaio 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 238, all'ispettore della I^ Zona Operativa Liguria ed al comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Segnalava l'arresto da parte dei tedeschi di alcuni appartenenti alla "banda Buzzi", tra i quali figuravano "Borgogno" e "Taganoff" [n.d.r.: Ernesto Lanteri, furiere di battaglione nella V^ Brigata], e l'uccisione di "Tripodi". "Mentre ci riserviamo farvi tenere completo rapporto a riguardo della banda dell'avvocato Buzzi entro la settimana, v'informiamo che, in questi ultimi giorni, alcuni membri della banda Buzzi sono stati arrestati dai tedeschi o dai membri delle Brigate nere. Come già comunicatovi il nominato Tripodi, membro della banda Buzzi, venne ucciso una decina di giorni or sono a San Martino, mentre si recava a compiere un'azione di prelevamento fondi. Un altro membro, Renatuccio Borgogno, figlio di G.B. Borgogno, ucciso unitamente ai fratelli Zoccarato dalle Brigate nere alla vigilia di Natale, è stato arrestato pochi giorni or sono. Sembra, infine, che un terzo membro, "Taganoff", già appartenente alle vostre formazioni, e da qualche tempo nascosto nelle vicinanze di San Remo, sia stato arruolato dal Buzzi la settimana scorsa. Anche il "Taganoff" venne misteriosamente sorpreso dalle brigate nere alcuni giorni or sono e arrestato".
7 marzo 1945 - Dalla Federazione provinciale di Imperia del PCI al Triumvirato Insurrezionale del PCI per la Liguria - Comunicava che ... l'autorità fascista era in crisi  e lamentava "una mancanza di comando coerente"; che il prefetto, pur "consapevole dei suoi crimini, continua sulla solita linea, non affiancato dal questore, che si mantiene neutrale"; che a Sanremo il capo delle Brigate Nere, Mangano, si vantava di aver formato il suo gruppo esclusivamente con ex partigiani e che ciò era vero perché si trattava di uomini delle vecchie SAP rastrellate, inseriti nelle squadre fasciste...
da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), "La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945)" - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 
Moretta Eugenia: nata a Torino il 28 agosto 1908, ausiliaria nella Brigata Nera "Padoan"
Interrogatorio del 28.5.45:
Sono stata nella ausiliarie negli ultimi 4 mesi e più precisamente dal 22/2/1945. Riconosco le seguenti nominate come appartenenti alle ausiliarie: Botto Angela, Minoccio Rosa (Vice Comandante), Bosso Maria anni 18 di Torino, Santinon Amalia, anni 25 timbro virile, denti guasti, Matteoni Bianca, fidanzata del Comandante Musso, grassoccia, 21 anni, sempre armata. Non ricordo di aver detto ciò che afferma il Ten. Folgore che io dissi, a villa Magnolie [n.d.r.: di Sanremo, sede della G.N.R.], che avrei avuto piacere a partecipare a rastrellamenti contro i patrioti che io consideravo delinquenti. Io prestavo servizio negli uffici del comando della brigata nera ad Imperia dove sono rimasta fino all’ultimo giorno [...]
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione. Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia, StreetLib, Milano, 2019