Giovanni Strato [n.d.r.: autore di Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia] ricorda: Dilanda Silvestri che aiuta il padre Michele (Milano) nella sua opera a favore della Resistenza; Jolanda Zunino (Spavalda) non ha congiunti da coadiuvare, ma si impegna in prima persona in qualità di staffetta dei distaccamenti cittadini; Gea Gualandri è un'attiva collaboratrice; Cesira Lanteri ospita i partigiani nella sua casa nella zona di Langan [nel comune di Castelvittorio] ed i Tedeschi, scoperta l'attività, incendiano l'abitazione; la professoressa Adelina Biglia è arrestata nel maggio 1943; la professoressa Letizia Venturini è nei gruppi antifascisti già prima del periodo resistenziale e traduce scritti da diffondere clandestinamente; la professoressa Costanza Costantini di Torino è pure lei nel gruppo antifascista.
Né si debbono dimenticare Jose Pila, collaboratrice nella zona di Costa d'Oneglia; le sorelle Evelina e Giuliana Cristel [di Sanremo], già citate nel capitolo dedicato al FdG; Teresa Vespa Siffredi, internata nel campo di concentramento di Fossoli; Iside Corradini, uccisa sulla via Aurelia [vicino al bivio Rossat di Arma di Taggia] e buttata nella scarpata sottostante per non aver consegnato la bicicletta ai Tedeschi (12).
Se tocchiamo la montagna non finisce più la trafila. Già è stato detto che senza l'aiuto dei contadini la Resistenza non sarebbe esistita. Ciò significa che la popolazione contadina ne rappresenta il nucleo centrale. E sulla montagna la donna ha svolto un ruolo determinante. La sua collaborazione è stata qualcosa di sublime. Ma ciò che è più impressionante è la semplicità di un'azione per cui ogni cosa diventa naturale: sfamare un partigiano non è che il semplice dovere di una madre o di una sorella, anche se ciò comporta continui pericoli.
E la donna paga sempre perché le bruciano la casa, la depredano, la percuotono, la violentano, la uccidono. Tutto ciò è storia, non fantasia.
Storia nostra, dei nostri paesi, di tempi ancora recenti, verificabile, documentata da scritti o testimonianze.
Alle donne delle nostre montagne è stato fatto il grande torto di averle ricordate poco. La Resistenza è sempre stata rappresentata dal partigiano con il mitra in mano. Qualche accenno riempitivo al contributo del contadino. Fortunatamente la Storia sta facendo giustizia anche se in pratica la Resistenza non si assume ancora il ruolo di concreta riparatrice. Discorsi e conferenze hanno fruttato cariche ed onori a tanti arrampicatori. Ma si veda quante volte è stata organizzata una visita verso l'umile casa di qualcuna delle madri o sorelle che hanno perduto il figlio o il fratello, o sfamato interi gruppi di partigiani soffrendo esse stesse la fame, sfidando e sopportando le violenze nazifasciste.
Tra le fotografie riportate alla fine di questo capitolo figura l'interessante nota della direzione delle carceri giudiziarie di Sanremo che, in data 29 marzo 1945, dà notizia della detenuta Anna Maria Borgogno, ricoverata presso l'ospedale civile, sorvegliata dalla GNR e da consegnare successivamente al Comando tedesco per l'inevitabile fucilazione. Con lei è una altra donna, Bianca Pasteris (Luciana), ferita e catturata a Beusi, destinata ad analoga sorte (13).
Di Ada Pilastri (Sascia) si deve ricordare il bellissimo racconto della marcia sulla neve per procurare farina e viveri alle nostre formazioni (14). Rina Moraldo nel marzo 1945 salva il Comando garibaldino: di buon mattino, mentre si reca a Gerbonte per assistere alla Santa Messa, scorge i Tedeschi intenti a piazzare mitraglie a Loreto ed a Creppo, perciò ritorna sui suoi passi ed avverte tutti i partigiani.
E Pierina Boeri (Anita) è una partigiana vissuta soltanto di coraggio e di esempi sul campo di battaglia.
Nel capitolo concernente la Sanità partigiana sono ricordate benemerite suore ed infermiere: Angela Roncallo (Fernanda) nel suo diario alterna la pateticità alla disperazione. Ida Rossi (Natascia), diciannovenne, bionda e graziosa, si trova a Upega in quel tristissimo 17 ottobre 1944; è infagottata in una divisa da soldato tedesco, ma ciò non le consente di sfuggire alla cattura anche se poi, facendo tesoro delle risorse inesauribili della personalità femminile, riuscirà a sfuggire alla morte. A Triora, Antonietta Bracco è tuttora un esempio di dignità e di entusiasmo per la missione compiuta. E Ornella Musso passa di battaglia in battaglia contro il fascismo, dall'Italia alla Spagna, e ancora in Italia per la battaglia finale.
[NOTE]
(12) A proposito di Iside Corradini riportiamo un brano tratto dal libro di Alpinolo Rossi, Memorie luci ed ombre, Moderna stampa, Riva Ligure, s.d., pag. 195: "un gruppo di bersaglieri avevano fermato la compagna Iside Corradini che transitava in bicicletta, reclamando la consegna del velocipede di cui avevano urgente bisogno: - Sono infermiera e la bicicletta mi serve per raggiungere il domicilio dei miei pazienti che sono disseminati su una vasta zona; non fateci conto perché non ne posso fare a meno. Mentre alcuni, insensibili alle argomentazioni della ragazza si avvicinavano minacciosi per impossessarsi di prepotenza del veicolo, la Corradini in un impeto d'ira sollevò la bicicletta e la scagliò nella campagna sottostante gridando: - Piuttosto la butto! Fu il suo ultimo gesto di disprezzo: una scarica di mitra la fulminò proprio alla vigilia della liberazione".
(13) Le due patriote, Borgogno e Pasteris, saranno liberate dal distaccamento GAP Zamboni con un'ardita e ben riuscita azione. Cfr. M. Mascia, op. cit., pagg. 289,292.
(14) Cfr. M. Mascia, op. cit., pag. 181 e segg.
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 1992, pp. 588-599
Né si debbono dimenticare Jose Pila, collaboratrice nella zona di Costa d'Oneglia; le sorelle Evelina e Giuliana Cristel [di Sanremo], già citate nel capitolo dedicato al FdG; Teresa Vespa Siffredi, internata nel campo di concentramento di Fossoli; Iside Corradini, uccisa sulla via Aurelia [vicino al bivio Rossat di Arma di Taggia] e buttata nella scarpata sottostante per non aver consegnato la bicicletta ai Tedeschi (12).
Se tocchiamo la montagna non finisce più la trafila. Già è stato detto che senza l'aiuto dei contadini la Resistenza non sarebbe esistita. Ciò significa che la popolazione contadina ne rappresenta il nucleo centrale. E sulla montagna la donna ha svolto un ruolo determinante. La sua collaborazione è stata qualcosa di sublime. Ma ciò che è più impressionante è la semplicità di un'azione per cui ogni cosa diventa naturale: sfamare un partigiano non è che il semplice dovere di una madre o di una sorella, anche se ciò comporta continui pericoli.
E la donna paga sempre perché le bruciano la casa, la depredano, la percuotono, la violentano, la uccidono. Tutto ciò è storia, non fantasia.
Storia nostra, dei nostri paesi, di tempi ancora recenti, verificabile, documentata da scritti o testimonianze.
Alle donne delle nostre montagne è stato fatto il grande torto di averle ricordate poco. La Resistenza è sempre stata rappresentata dal partigiano con il mitra in mano. Qualche accenno riempitivo al contributo del contadino. Fortunatamente la Storia sta facendo giustizia anche se in pratica la Resistenza non si assume ancora il ruolo di concreta riparatrice. Discorsi e conferenze hanno fruttato cariche ed onori a tanti arrampicatori. Ma si veda quante volte è stata organizzata una visita verso l'umile casa di qualcuna delle madri o sorelle che hanno perduto il figlio o il fratello, o sfamato interi gruppi di partigiani soffrendo esse stesse la fame, sfidando e sopportando le violenze nazifasciste.
Tra le fotografie riportate alla fine di questo capitolo figura l'interessante nota della direzione delle carceri giudiziarie di Sanremo che, in data 29 marzo 1945, dà notizia della detenuta Anna Maria Borgogno, ricoverata presso l'ospedale civile, sorvegliata dalla GNR e da consegnare successivamente al Comando tedesco per l'inevitabile fucilazione. Con lei è una altra donna, Bianca Pasteris (Luciana), ferita e catturata a Beusi, destinata ad analoga sorte (13).
Di Ada Pilastri (Sascia) si deve ricordare il bellissimo racconto della marcia sulla neve per procurare farina e viveri alle nostre formazioni (14). Rina Moraldo nel marzo 1945 salva il Comando garibaldino: di buon mattino, mentre si reca a Gerbonte per assistere alla Santa Messa, scorge i Tedeschi intenti a piazzare mitraglie a Loreto ed a Creppo, perciò ritorna sui suoi passi ed avverte tutti i partigiani.
E Pierina Boeri (Anita) è una partigiana vissuta soltanto di coraggio e di esempi sul campo di battaglia.
Nel capitolo concernente la Sanità partigiana sono ricordate benemerite suore ed infermiere: Angela Roncallo (Fernanda) nel suo diario alterna la pateticità alla disperazione. Ida Rossi (Natascia), diciannovenne, bionda e graziosa, si trova a Upega in quel tristissimo 17 ottobre 1944; è infagottata in una divisa da soldato tedesco, ma ciò non le consente di sfuggire alla cattura anche se poi, facendo tesoro delle risorse inesauribili della personalità femminile, riuscirà a sfuggire alla morte. A Triora, Antonietta Bracco è tuttora un esempio di dignità e di entusiasmo per la missione compiuta. E Ornella Musso passa di battaglia in battaglia contro il fascismo, dall'Italia alla Spagna, e ancora in Italia per la battaglia finale.
[NOTE]
(12) A proposito di Iside Corradini riportiamo un brano tratto dal libro di Alpinolo Rossi, Memorie luci ed ombre, Moderna stampa, Riva Ligure, s.d., pag. 195: "un gruppo di bersaglieri avevano fermato la compagna Iside Corradini che transitava in bicicletta, reclamando la consegna del velocipede di cui avevano urgente bisogno: - Sono infermiera e la bicicletta mi serve per raggiungere il domicilio dei miei pazienti che sono disseminati su una vasta zona; non fateci conto perché non ne posso fare a meno. Mentre alcuni, insensibili alle argomentazioni della ragazza si avvicinavano minacciosi per impossessarsi di prepotenza del veicolo, la Corradini in un impeto d'ira sollevò la bicicletta e la scagliò nella campagna sottostante gridando: - Piuttosto la butto! Fu il suo ultimo gesto di disprezzo: una scarica di mitra la fulminò proprio alla vigilia della liberazione".
(13) Le due patriote, Borgogno e Pasteris, saranno liberate dal distaccamento GAP Zamboni con un'ardita e ben riuscita azione. Cfr. M. Mascia, op. cit., pagg. 289,292.
(14) Cfr. M. Mascia, op. cit., pag. 181 e segg.
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 1992, pp. 588-599