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venerdì 12 aprile 2024

La recluta partigiana non conosceva ancora il comandante garibaldino


Ripassando con la memoria davanti all'ingresso dell'Hotel Eletto [a Sanremo], non posso fare a meno di pensare a quel giorno del dicembre 1944 quando ne uscii prigioniero, affiancato da un Brigadiere della Milizia dai corti capelli rossicci e dal viso butterato, che mi sorvegliava con due occhi freddi e duri, la mano sulla pistola. Preceduto da Pelucchini, che teneva negligentemente il mitra nella mano destra, e seguito da Gin Mano Nera (un mio lontano parente) che mi seguiva di qualche passo, con uno sten spianato. Quel lontano, grigio giorno di tanti anni fa, pensai che quella era l'ultima passeggiata che facevo in Via Vittorio [n.d.r.: oggi Via Matteotti].
Franco Giordano, Le historiae del Contahistoriae, Sicle Int. Ed., 2001, p. 250

Caro Baban Rossi... Dalla figura piuttosto corpulenta, dalla notevole forza fisica (alzava le valigie come fossero vuote) ma dal grande cuore! A TE io devo la vita.
Quando negli anni bui della Guerra fui catturato dai fascisti che mi portarono dal Maresciallo Rossi, capo dell'U.P.I. (Ufficio Politico Investigativo) per essere interrogato e torturato. Grazie a TE, io sono vivo. TU salvasti la Mia Vita. Io, purtroppo, non riuscii a salvare la TUA (come spero di poter narrare in un'altra mia Historia).
Franco Giordano, Op. cit., p. 43

In conclusione IO... fui l'unico ad andare in Montagna!
I primi di giugno del 1944, partii all'alba, mentre ancora tutti dormivano, lasciando un breve messaggio, promettendo di mandare al più presto mie notizie. Con sulle spalle uno zaino (residuato di guerra) nel quale avevo stipato un po' di biancheria personale e da toeletta; due paia di cazoni (uno lungo ed uno corto), due camicie, due maglioni, un berretto, il tutto sormontato da una coperta (militare anch'essa) saldamente allacciata allo zaino mediante speciali cinghie, previste ad hoc. Dopo aver raggiunto il nascondiglio del fucile e degli sarponi li calzai, mettendo nello zaino le leggere pantofole di gomma nera (autarchica), che usavo abitualmente per il bosco.
Col moschetto sulla spalla destra, lo zaino sulla schiena, le cartucce dentro due giberne ed  un pugnale alla cintura, avevo veramente un'aria da grande e terribile GUERRIERO!...
Non bisogna, soprattutto, dimenticare che l'insieme era trasportato dai due enormi, magnifici scarponi.
Raggiunti i "Termini di Baiardo" imboccai la mulattiera quasi pianeggiante che conduce a questo Villaggio. Giunto nelle sue vicinanze presi attraverso i boschi, per evitare un incontro e con qualche fascista o tedesco. Memore delle istruzioni dal Ten. Rico. Malgrado che, in quel periodo, tedeschi e fascisti si tenessero piuttosto bassi, facendo solo qualche rastrellamento, di tanto in tanto, con gran spiegamento di forze.
Rinfrescatomi ad una fontana di cui conoscevo l'ubicazione (fin da bambino facevamo passeggiate nella zona) mi accorsi che avevo pensato a tutto l'equipaggiamento, salvo che alle vettovaglie. Infatti camminavo ormai da qualche tempo e cominciavo a sentire i morsi della fame. Accelerai quindi l'andatura per raggiungere al più presto l'accampamento del Cap. Umberto, nella zona di Monte Ceppo. Quando, all'improvviso, sentii una voce provenire da un cespuglio, da cui faceva pure capolino la canna di un'arma: "Dove vai con tutta questa fretta"?
Io rimasi impietrito. Paralizzato dalla paura. Col fucile in spalla, impigliato nelle cinghie dello zaino,... e scarico!
Dopo qualche tempo, vedendo che il mio interlocutore non manifestava intenzioni ostili, mi avvicinai, cautamente, al cespuglio, onde vidi un uomo con in testa un basco nero, vestito con una giacca a vento ed un paio di calzoni grigi, mollemente seduto contro una roccia. Che aveva uno Sten sulle ginochia. Un uomo non molto alto, da quel che potei giudicare, figura snella e dal colorito piuttosto pallido. Con un viso secco, duro, spigoloso, illuminato da due occhi azzurri, dal bagliore e dalla freddezza dell'acciaio, che ti frugavano dentro. Denotando una personalità forte e decisa.
Dopo esserci presentati a vicenda, appresi che si chiamava Vitò e che aveva 29 anni. Al che gli dissi con la mia solita faccia tosta: "Sei vecchio! Ed hai anche un'aria piuttosto malandata! Cosa te l'ha fatto fare di venire in Montagna? Posto per i giovani!"
Lui, pazientemente, mi spiegò che era pastore di mestiere. Che era di Loreto. Che i Tedeschi avevano distrutto il suo villaggio ed ucciso le sue capre. Lui quindi, non avendo altra risorsa, aveva scelto la Montagna. Divise con me una pagnotta con un pezzo di formaggio, che io letteramente divorai. Mi spiegò che ci trovavamo nella zona della Punta della Ventosa e che il Gruppo del Cap. Umberto si trovava un po' più in basso, vicino alla Fontana delle Beulle.
Dopo avermi salutato cordialmente ed augurato "Buona Fortuna" per la mia vita da Partigiano che avevo appena iniziato, scesi verso le Beulle, seguendo le sue indicazioni. Giunsi infine all'accampamento del Cap. Umberto dove venni  accolto e festeggiato da molti amici e compagni di Liceo: i Fratelli Maiga (Pippo ed Emilio), Massimo Porre, Renzo Barbieri (Il Bigi), Lio Rubini (Fin Feretu), i Fratelli Rovere (Giuseppe e Bruno), i Fratelli Calvino (Italo e Flori), Giannetto Pigati e tanti altri che non riuscii neppure a vedere. Tanta era la fame, che mi attanagliava il ventre, offuscandomi la vista. Ricordo oggi il sapore delizioso di una gavetta piena di sugo, con dentro qualche pezzo di pecora, nella quale inzuppai una pagnotta di pane raffermo.
Messo tranquillo lo stomaco, cominciai a chiacchierare con gli amici della personalità del Cap. Umberto.
[...] Chiacchierando, raccontai lo strano incontro che avevo avuto con un certo Vitò, un pastore diventato Partigiano, e la paura che avevo avuto, oltre agli apprezzamenti che avevo fatto su di lui, la sua età e il suo aspetto piuttosto malaticcio.
Al che i miei amici si misero a ridere, pregandomi di non raccontar loro delle "pagnotte". Siccome io, offeso, insistevo, mi dissero "non cercare di farci credere che Vitò, il Comandante dei Garibaldini della Quinta Brigata, il Leggendario VITO', eroe, reduce della Rivoluzione Spagnola, è venuto a darti il benvenuto. Solo, lontano da Carmo Langan, sede del suo Comando".
Mentre stavamo parlando, segnalata dalle sentinelle, vedemmo scendere e venire verso di noi una pattuglia di Partigiani, con in testa Vitò (al secolo Giuseppe Vittorio Guglielmo), il quale venne verso di me e, sorridendo con quel sorriso dolce e un po' triste, mi chiese se avevo ritrovato gli amici. Accortosi che "mi vergognavo come un ladro" per gli apprezzamenti avventati e gratuiti che, stupidamente, avevo fatto su di lui, mi mise generosamente a mio agio prendendomi un po' per il sedere... Spiegandomi che la sua Pattuglia era rimasta nascosta attorno a noi per tutto il tempo della nostra chiaccherata e del mio avvicinamento... Annunciato, centinaia di metri prima, dai miei scarponi con un rumore da...
CARRO ARMATO!!!
Franco Giordano, Op. cit., pp. 97-101

lunedì 28 agosto 2023

Bersaglieri fascisti a Baiardo

Baiardo (IM)

Avevamo accennato nei capitoli precedenti alla formazione di bersaglieri fascisti che era stata dislocata nel paese di Baiardo.
La decisione presa dalle Autorità nazifasciste, nell'ambito del piano strategico relativo all'occupazione di tutti i paesi del retroterra per isolare le forze partigiane dai centri di rifornimento, creò nella zona una situazione particolare e difficile che ebbe modo di ripercuotersi, con tutte le sue drammatiche conseguenze, sulla popolazione civile locale per tutto il periodo che va dal 20 dicembre 1944 al 25 aprile 1945.
Abbiamo sintetizzato il suddetto periodo nei fatti che seguono, per ricordare il contributo di sangue dato dalla popolazione di Baiardo alla lotta di liberazione, testimonianza gloriosa da consegnare alla storia e alle generazioni di oggi e di domani, e per mettere in evidenza quale è stato il vero volto del fascismo e gli effetti dell'occupazione tedesca.
Il 20 dicembre 1944 i bersaglieri fascisti della «9^ Compagnia della Morte» di stanza a Baiardo, comandati da un tenente di nome F. B., di Corniglio (Parma), incominciano ad usare violenza, a spargere terrore e morte, a torturare e a macchiarsi d'infami delitti.
Spalleggiano il tenente nelle azioni criminose aguzzini come i sott'ufficiali G. C. M., G. T., C. C., T., e militi come S. G., V. R., A. F., G. S., L. A., O. T., M. e V.
Hanno la sede nell'albergo «Miramonti» e nei momenti cruciali della lotta non esitano a farsi scudo con la popolazione civile inerme. Altrimenti irrompono nelle case asportando ogni cosa, compiono prelievi notturni, interrogatori forzati, sevizie brutali contro persone ritenute favorevoli ai partigiani.
Un giorno arrestano i giovani Silvio Laura di Silvio, Mario Laura di Eugenio, Silvio Laura di Luigi, Giobatta Laura di Gio. B. Il tenente B. ne ordina l'interrogatorio eseguito dai suddetti ufficiali e soldati. Dopo indicibili torture, tradotti a San Remo, dove sono obbligati a scavarsi la fossa, vengono trucidati dalle S.S. tedesche (21-1-1945).
Oltre che dai Tedeschi, la 9^ compagnia è coadiuvata nei rastrellamenti da due o tre spie locali, tra cui l'amante del B., il quale non risparmia mai le persone da lei segnalate e su cui inveisce con crudele malvagità. La compagnia opera scassi e furti, rapina le scorte alimentari della popolazione, saccheggia il negozio di Eugenio Laura, padre di un caduto.
Per mesi i bersaglieri tengono forzatamente presso di loro donne e ragazze (M. Giovanna, L. Lidia, M. Giovanna, G. Luciana, L. Maria Rosa, L. Maria Caterina, T. Giovanna, L. Petronilla, L. Caterina, R. Giovanna, R. Maria, T. Caterina, ecc.) che seviziano in ogni modo.
Anche parecchi uomini subiscono la stessa sorte, rinchiusi nelle carceri dell'albergo trasformato in caserma. Per lungo tempo tengono prigionieri i cittadini: Luigi Laura, Gio. B. Chierico, Sergio Boeri, Giacinto Moriano, Michele Laura, Bartolomeo Novelli, Eugenio Chierico, Antonio Aurigo, G. B. Taggiasco, Antonio Moirano, Eugenio Laura, Nicola Rosafino, Antonio Pannaudo, Marco Taggiasco, ecc.
Danversa Giuseppe uscirà dalle carceri col volto irriconoscibile per le sevizie subite.
Il 10 marzo 1945 i carnefici fascisti legano per due giorni ad un palo i garibaldini Gaetano Cervetto (Nino) fu Guglielmo, e Matteo Perugini (Iena) fu Antonio, catturati in rastrellamento, dopo di che sfilano loro davanti, tempestandoli di pugni, bastonate e pedate. Al termine delle sevizie i martiri hanno le tibie fratturate, gli zigomi asportati, il mento senza carne, le mandibole spaccate. «Iena» viene esposto al pubblico ridotto in condizioni tali da essere irriconoscibile.
Dopo essere stati seviziati e fucilati nel cimitero di Baiardo, vengono oltraggiati e sputacchiati dalla soldataglia prima che le mani pietose di alcuni civili diano loro sepoltura.
In seguito, altri partigiani caduti nelle mani dei bersaglieri subirono la stessa sorte. Nel seviziare i garibaldini «Iena» e «Nino» si distinsero il sergente A. e il soldato G. S. Nel marzo del 1945 lo S. uccise personalmente il garibaldino Riccardo Vitali (Cardù), (vedi: «Battaglia di Baiardo»). Fu sanguinario e crudele, solo secondo al B. e, per ironia della sorte..., venne insignito di medaglia al valor militare.
Però la 9^ compagnia bersaglieri pagò cari i suoi misfatti con la perdita di oltre un centinaio di «camerati» tra morti, prigionieri e disertori (1).
[NOTA]
(1) I dati e i nomi riportati nel capitolo sono stati tratti da una denuncia fatta dalla popolazione di Baiardo il 29-10-1945 contro gli autori dei vari crimini menzionati (Archivio [Isrecim], Mazzo di dicembre del 1944, copia).

Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con patrocinio Isrecim, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977

Nella vicina Sanremo (IM) la notte successiva vennero fucilati presso Villa Junia cinque partigiani della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione, che erano stati arrestati a Baiardo (IM) il 17 gennaio.  Quattro di essi portavano il cognome Laura: Gio Batta Paolo, Luigi Gino, Mario Mario e Silvio Antonio. Come segnalato anche da  "Mimosa" [Emilio Mascia] alla Sezione SIM del CLN di Sanremo, il quale avvertiva che dopo l'uccisione di "Bacucco" e l'arresto della moglie le brigate nere avevano ucciso in Sanremo 4 persone tutte di cognome Laura e che altre 20 erano state arrestate e trasferite a Sanremo dove sarebbero state processate dal nemico per connivenza con i patrioti.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

Il 17 gennaio 1945 nella zona di Baiardo bersaglieri repubblicani catturano i sapisti Laura Giobatta, Laura Mario, Laura Silvio Antonio, Laura Silvio Luigi e Laura Luigi “Miccia”. I cinque partigiani con il medesimo cognome, facenti parte della banda locale di Baiardo furono incolpati di aver trasportato un carico di farina da Baiardo a Passo Ghimbegna e a Vignai per rifornire i partigiani. Vennero portati a Sanremo nella Villa Negri, situata vicino alla Chiesa Russa, dove c'erano delle piccole celle. Il partigiano Laura Luigi Miccia riesce a fuggire durante un allarme aereo e a mettersi in salvo [riuscì a salire su di un tram per andare a rifugiarsi in un casolare in Località Tre Ponti di Sanremo]. Gli altri quattro partigiani furono trasferiti in un primo tempo nella Villa Ober [Oberg, Auberg...] e successivamente in un luogo poco distante, Villa Junia, dove dai Bersaglieri furono obbligati a scavarsi la fossa e quindi dagli stessi fucilati il 24 gennaio 1945.                                                                   Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione, 2005, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia  

Fioriti Italo: nato a Coldirodi il 20 aprile 1924, squadrista della Brigata Nera “Padoan”, distaccamento di Sanremo.
Interrogatorio del 27.7.1945: [...] Giunto al ponte di Badalucco fui preso da alcuni tedeschi in servizio di guardia, i quali mi condussero al comando delle SS di Sanremo. Li mi volevano uccidere perché ero fuggito dalla brigata nera e per essere andato con i partigiani. I militari delle SS tedesche mi malmenarono per costringermi a rivelare dove si trovassero i partigiani ma io mi limitai a dire che i partigiani si trovavano sparsi sopra la località Vignai. Indi fui caricato su un camion fino a Baiardo da dove con una trentina di soldati tedeschi ci portammo a Ciabaudo dove i tedeschi effettuarono un rastrellamento fermando tutti gli uomini che si trovavano in paese che fecero sfilare davanti a me chiedendomi di ognuno se fossero o meno partigiani. Io dichiarai che tutti quegli uomini erano contadini e nessuno di essi era un partigiano.
[...]
Anfossi Amedeo: nato a Sanremo il 27 novembre 1915, milite della GNR in servizio presso il Comando Provinciale della GNR, compagnia di Sanremo
Interrogatorio dell’8.6.1945: Mi sono arruolato nella GNR nel mese di febbraio del 1944 e dal Comando provinciale di Sanremo fui destinato in servizio a Sanremo, prima a Villa al Verone e poi all’ex caserma dei carabinieri.
[...] Verso il 20 febbraio 1945 ho preso parte al rastrellamento effettuato nella zona di Baiardo unitamente ad una quindicina di altri militi, un reparto di bersaglieri, brigate nere e soldati tedeschi. Noi della GNR eravamo al diretto comando del Tenente Salerno Giuseppe. Io ero adibito al servizio di conducente di una carretta per il trasporto dei rifornimenti. Il rastrellamento è durato circa 8 giorni [...]
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia, StreetLib, Milano, 2019 

Nel pomeriggio del 5 febbraio 1945 l'VIII° Distaccamento del II° Battaglione "Marco Dino Rossi" della V^ Brigata, comandato da Giovanni "Piacenza" Giacobbi, Distaccamento che si trovava a nord di Agaggio, Frazione di Molini di Triora (IM), avvistò una colonna di tedeschi che dal centro di Molini puntava verso Rezzo (IM). Il comandante ordinò di occultare le armi e di nascondersi. Alcuni uomini vennero, tuttavia, arrestati. Tra questi 3 olandesi, Domenica, Martedì e Pablo. I primi due tradirono i compagni, indicando dove erano celate le armi. Andarono persi "un Breda con 3 caricatori", un Saint Etienne con 10 caricatori, un Ocis con 10 caricatori".
Durante la notte del 9 febbraio 1945 una colonna, formata da soldati tedeschi, bersaglieri repubblichini e militari delle Brigate Nere, "guidati dietro informazioni e con la presenza di un ragazzo quattordicenne precedentemente catturato dai bersaglieri di Bajardo", circondò il paese di Argallo, sorprendendo nel sonno 5 garibaldini: 'Martinetto', 'Chimica', 'Biondo', 'Ba' e 'Lucia'. Solo il primo riusciva a salvarsi. Un altro partigiano, 'Masiero', veniva ucciso mentre si stava allontanando da una casa privata del paese. Sottolineava un rapporto garibaldino che "le 8 persone catturate furono rilasciate e 2 tedeschi furono feriti incidentalmente dai loro ed uno dei due risulta poi deceduto".
Con una missiva, in data 17 febbraio, la Sezione SIM della V^ Brigata (prot. n° 288) chiedeva al commissario "Orsini", Agostino Bramè, informazioni sui partigiani arrestati ad Argallo, per poter fornire a sua volta notizie ai familiari.
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I 

Nella notte del 9 febbraio 1945 elementi, appartenenti a reparti della Brigata Nera, Tedeschi e bersaglieri - circa centosessanta uomini - e partiti da Baiardo la sera precedente verso le ore 22, effettuano un rastrellamento nella zona di Vignai-Argallo: rimane ucciso Mario Bini (Cufagna) del II° Battaglione, e quattro altri partigiani vengono catturati, Chimica, Biondo, Bà, e Martinetto del I° Battaglione, nonché la staffetta Lucia.
[...] Rastrellamento, iniziato intorno al 20 febbraio 1945, effettuato nella zona di Baiardo, Monte Ceppo e Cima Marta da una quindicina di militi della compagnia di Sanremo della GNR al comando del Tenente Salerno Giuseppe, un reparto di bersaglieri, brigate nere e soldati tedeschi. Il rastrellamento durò circa una settimana senza che i nazifascisti riuscissero ad ottenere esiti positivi, fino al giorno in cui un lancio paracadutato alleato di armi e di viveri fu effettuato nella zona di Cima Marta.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, ed. in pr., 2020

[ n.d.r.: tra le pubblicazioni di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone, La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944-8 ottobre 1944), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016 

Alcuni reparti, composti da tedeschi e da bersaglieri repubblichini, provenienti da Sanremo, Taggia, Ceriana (IM) e Baiardo (IM), durante le prime ore del 18 febbraio "condotti da spie circondavano il comando Battaglione ed il Distaccamento di Tito; attendevano l'alba e verso le ore 8,30 attaccavano improvvisamente e catturando una delle nostre sentinelle si portavano nei pressi dominanti ed aprivano il fuoco con armi automatiche" (così nella testimonianza di Cipriano, Raffaele Alberti, commissario di Battaglione). I garibaldini tentarono la fuga, ma per molti di loro non vi fu scampo.
Badalucco il 18 febbraio 1945, il giorno dopo aver subito il rastrellamento dei tedeschi e dei Cacciatori delle Alpi, dovette subire anche un bombardamento aereo alleato, precisamente alle ore 15.45: caddero 5 ordigni di cui (dalla sezione SIM della V^ Brigata, prot. n° 291 in data 19 febbraio 1945, al comando della I^ Zona Operativa Liguria ed al comando della II^ Divisione) 3 cadevano nelle campagne e 2 cadevano nell'abitato causando il crollo di 2 case e la morte di una decina di persone. "Dai discorsi sentiti tra la gente si intuisce che essa è contrariata in quanto a Badalucco non vi era alcun obiettivo militare".
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I

domenica 30 luglio 2023

Si decise allora di bloccare la strada attraverso la quale transitavano i rifornimenti alla postazione tedesca

Baiardo (IM): alle spalle, senza alberi, Monte Ceppo

27 giugno 1944, Sella Carpe, località a 1300 metri di altezza, nel territorio del Comune di Baiardo (IM).
È un passo nel quale la strada carrozzabile proveniente dal paese si biforca, proseguendo con un ramo verso Monte Ceppo e l’altro scende verso la Valle Argentina.
Sul culmine di Monte Ceppo era rimasto l’unico presidio tedesco (circa 400 uomini) che costituiva una minaccia costante ai partigiani del V° Distaccamento dislocati a Carmo Langan [località di Castelvittorio (IM)].
Tentare un attacco al monte per distruggere la postazione nemica era impossibile per mancanza di armi pesanti.
Si decise allora di bloccare la strada attraverso la quale transitavano i rifornimenti alla postazione tedesca.
Il 27 giugno Erven [Bruno Luppi] con una settantina di uomini si apposta sulla curva della strada per Monte Ceppo, in località detta Sella Carpe.
Verso mezzogiorno giungono due camions carichi di soldati nemici i quali sono investiti da una valanga di raffiche di mitragliatori, di altre armi automatiche e di bombe a mano.
Senza che avessero tempo a organizzare qualche resistenza, molti soldati vengono uccisi, altri rimangono feriti, i pochi superstiti si rifugiano nei boschi sottostanti.
I partigiani si apprestano a raccoglie molte preziose armi quando sopraggiungono imprevisti altri camions carichi di soldati i quali trovano il tempo di prendere posizione.
"La situazione si fa gravissima - racconta il Luppi in una sua memoria - man mano giungono altri Tedeschi i quali possono piombarci alle spalle. Un gruppo di sette partigiani riesce a bloccare momentaneamente l’azione del nemico per cui noi con un fuoco intenso possiamo affrontare i Tedeschi che si trovano sul bivio e che, però, aumentano di numero. Il loro fuoco è intensissimo, una quindicina di partigiani sono feriti, ma per fortuna in modo leggero. Solo due di essi rimangono colpiti a morte. Di fronte all’incombente minaccia, tento una sortita per cercare di eliminare una mitragliatrice nemica che ci rafficava alla nostra sinistra e che ci impediva l’unica via di ritirata e di scampo. Ma in quel momento sono colpito, prima di striscio al costato sinistro, poi da una granata che mi spezza il nervo sciatico al terzo medio della coscia destra. Poco dopo il mio ferimento per fortuito caso giunge una nuvola di nebbia spessissima che ci permette di defilarci nel sottostante bosco mettendoci in salvo".
Il bilancio della battaglia: Erven ferito gravissimo, una quindicina di partigiani feriti leggermente e, purtroppo, tre sono i caduti.
Ma i tedeschi lasciano sul campo quasi una cinquantina di morti.
I feriti, che sono una trentina, li trasportano negli ospedali di Sanremo.
Dopo il ferimento, il Luppi rimane tra i boschi e sui monti per mesi, senza cure, spesso braccato per la caccia che gli danno i nazifascisti, ma sempre a contatto con il Comando I^ Zona Liguria, assumendo, nei momenti di calma, incarichi per produrre stampa partigiana.
Al termine della lotta di liberazione Erven rivestiva il grado di vicecommissario della I^ Zona Operativa Liguria.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

Bruno Luppi fu Paolo e fu Ponzoni Iside, nasce a Novi di Modena l’8 maggio 1916. Da giovane, organizzato in un gruppo giovanile comunista nell’aprile del 1935 a Modena, è arrestato ed imprigionato con altri antifascisti nelle carceri di Sant’Eufemia. Resistendo ai maltrattamenti e nulla confessando, dopo una ventina di giorni riesce a farsi scarcerare.
Negli anni 1935-1936, sempre a Modena, entrato nuovamente a far parte del gruppo giovanile comunista, continua l’attività cospirativa diffondendo manifestini antifascisti e scritti vari tra i giovani dei corsi premilitari, raccogliendo fondi per soccorsi alle famiglie degli antifascisti in carcere.
Trasferitosi a Taggia (IM), negli anni 1938-1940, prende contatto con un gruppo di comunisti di Sanremo (IM), tra cui Umberto Farina, Giuseppe Ferraironi, Luigi Nuvoloni, Bruno Garruti e, con loro, svolge attività antifascista e organizza in Piazza Bresca una specie di stamperia clandestina composta da macchina da scrivere e ciclostile. Ivi sono compilati migliaia di volantini contro la guerra, da distribuire nelle caserme della Città e di Arma di Taggia. Dal 1941 al 1943 è militare sul fronte meridionale. 
L’8 settembre 1943 viene catturato dai Tedeschi mentre è sottotenente nel 20° Reggimento Fanteria in ritirata verso il nord dalla Calabria. Dalla località Maddaloni - Campania riesce a fuggire, dopo avere assistito alla fucilazione di ufficiali italiani da parte dei tedeschi, e a raggiungere Roma. La notte del 9 settembre si unisce a reparti della Divisione Piave ed al comando di due squadre di mitraglieri combatte contro il nuovo nemico per tutta la giornata del 10, presso il cimitero ebraico e quindi a Fuori Porta San Paolo. In questa località la resistenza dura tutta la giornata, dopo di che inizia una ritirata fino al Colosseo e, per Via Cavour, raggiunge Via Principe Amedeo, dove fa nascondere le due mitragliatrici in dotazione a causa l’esaurimento delle munizioni. Nelle operazioni sono caduti otto bersaglieri e altri rimangono feriti.
Dopo l’occupazione di Roma da parte dei Tedeschi, dal giorno 12 al 20, insieme al sottotenente di Fanteria Enrico Contardi, ad alcuni soldati sbandati e ad alcuni popolani di Trastevere, prende parte alla raccolta di armi, abbandonate negli ex accantonamenti militari (fucili, armi automatiche, munizioni), che vengono consegnate agli antifascisti di Trastevere. Negli stessi giorni col Contardi e quattro soldati riesce a sottrarre ai Tedeschi due automobili nuove di cui una era in uso a un console della milizia.
Grazie ad un permesso di circolazione, inoltratosi nel Ministero della Difesa, riesce ad asportare una grossa radioricetrasmittente che con una delle macchine riesce a trasferire ai Colli Albani ove la consegna ad un gruppo di antifascisti che si stanno organizzando per combattere i nazifascisti.
Nei giorni successivi spara a gruppi di soldati tedeschi ma, rimasto intrappolato, per fortuito caso riesce a sfuggire alla cattura e a raggiungere la stazione ferroviaria dove è tenuto nascosto da due ferrovieri.
Nei primi di ottobre, dopo varie peripezie, raggiunge la sua abitazione a Taggia per prendere contatto con i vecchi compagni e con i quali organizza a monte della Città, in località Beusi, una prima banda armata composta da una ventina di giovani, in gran parte militari sbandati. Ma la banda ha vita breve poiché si scioglie nel novembre successivo.
In quel periodo entra a far parte del Comitato di Liberazione di Sanremo, come rappresentante insieme ad Umberto Farina del PCI, con l’incarico di addetto militare.
Organizza pure il CLN di Taggia e una cellula del PCI ad Arma, coadiuvato dai compagni Mario Cichero, Candido Queirolo, Mario Guerzoni e Mario Siri.
Con i sanremesi dà vita ad un giornale clandestino quindicinale dal titolo Il Comunista Ligure, ciclostilato nel retro del negozio del Cichero stesso.
Il gruppo prende pure contatto con la banda armata di Brunati dislocata a Baiardo e con altre formatesi in Valle Argentina.
Dopo la morte del dottore Felice Cascione, capobanda ucciso in combattimento dai tedeschi il 27 gennaio 1944, la Federazione Comunista di Imperia costituisce il Triangolo Insurrezionale e il Luppi è designato a farne parte per la zona della Valle Argentina-Sanremo.
Con queste mansioni prende contatto con il comandante partigiano Nino Siccardi (Curto), in previsione dell’organizzazione di bande partigiane in altre zone della Provincia di Imperia.
Contemporaneamente organizza a Molini di Triora (IM) un presunto Comitato con a capo il farmacista Alfonso Vallini (Teia), tramite il quale fa giungere ai partigiani riuniti intorno al comandante Guglielmo Vittorio (Vitò) [Giuseppe Vittorio Guglielmo, organizzatore di uno dei primi distaccamenti partigiani in provincia di Imperia, dal 7 luglio 1944 comandante della V^ Brigata Garibaldi "Luigi Nuvoloni", dal 19 Dicembre 1944 comandante della II^ Divisione "Felice Cascione"], viveri, armi, e munizioni.
Nei primi giorni di aprile 1944 il Luppi si incontra nuovamente con il Siccardi a Costa di Carpasio, presenti il savonese Libero Briganti (Giulio), Giacomo Sibilla (Ivan) [a fine 1944 comandante della II^ Brigata "Nino Berio" della Divisione "Silvio Bonfante"], Vittorio Acquarone (Marino) e Candido Queirolo (Marco).
Si decide di raccogliere tutte assieme una ventina di bande sparse sul territorio per costituire la IX^ Brigata d’Assalto Garibaldi "Felice Cascione". Il che avviene. Anche Vitò si aggrega alla Brigata con i suoi uomini accampati in località “Goletta” (Valle Argentina).
Questi vengono suddivisi in due Distaccamenti denominati IV° e V°; quest’ultimo ha per comandante Vitò e per commissario il Luppi, con nome di battaglia Erven.
Il Luppi, come commissario, nei mesi di maggio e giugno prende parte a tutte le azioni che hanno consentito di ripulire i territori delle alte valli Argentina, Nervia e Roja da presidi e postazioni tedesche e fasciste...
Francesco Biga, Ufficiali e soldati del Regio Esercito nella Resistenza imperiese in (a cura di Mario Lorenzo Paggi e Fiorentina Lertora) Atti del Convegno storico Le Forze Armate nella Resistenza di venerdì 14 maggio 2004, organizzato a Savona, Sala Consiliare della Provincia, dall’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea della provincia di Savona

giovedì 9 giugno 2022

Nella giornata di ieri, 17 c.m., forze nazi-fasciste effettuavano un rastrellamento nelle zone Tumena, San Faustino, Ciabaudo, Vignai

Ciabaudo, Frazione del Comune di Badalucco (IM) - Fonte: Riviera Time
 
Quello che segue è un dispaccio scritto a mano; trascrivendolo, si è cercato di rendere l'idea della stesura originale.
Adriano Maini
 
Corpo Volontari della Libertà aderente al C.L.N.
N° 265 Prot. Comando V^ Brigata d'Ass. Garibaldi L. Nuvoloni
Sezione S.I.M.                                                   Zona, il 18/1/45
Oggetto: Relazione militare                                      Al Comando II^ Div. Garibaldi
                                                                 Alla Sezione S.I.M. Divisionale
                                                                 e p.c. Al Comando V Brigata Garibaldi
           Nella giornata di ieri, 17 c.m., forze nazi-fasciste effettuavano
un rastrellamento nelle zone "Tumena", "S. Faustino" "Ciabaudo" "Vignai" e dintorni.
           Le forze attaccanti erano così divise: I granatieri di Mo-
lini con una colonna rastrellavano la zona "S. Faustino" "Tumena",
le forze di presidio a Montalto e Badalucco divise in due colonne
si portavano sulla cresta della regione "Cavanelle" e nel vallone cercando così di accerchiare la zona "Pallera".
Un'altra colonna partiva da Ceriana e si portava in quel di "Vignai" mentre i tedeschi di stanza a Bajardo attaccavano "Vignai" da "S. Bernardino" e M.te Ceppo.
Punto di riferimento di tali colonne "Vignai".
Le forze attaccanti si aggiravano sui 300-350 uomini-
Erano armati con un mortaio da "81", parecchi mitragliatori di marca inglese, "mayerling" e gli uomini con "Stenk" mitra e macin Pistola.
Dette forze hanno assicurato alla popolazione che per 15 giorni effettueranno rastrellamenti, poi si porteranno a Pieve di Teco per eliminare anche da quella zona i partigiani.
[...] Nei dintorni di Ciabaudo [...] molti rustici sono stati incendiati [...] In tale rastrellamento il Garibaldino De Santis [n.d.r.: Antonio 'Marco' De Santis, partigiano della IV^ Brigata "Elsio Guarrini della II^ Divisione Garibaldi d'Assalto "Felice Cascione"] e la Garibaldina Irma [Emilia Rosso, partigiana della IV^ Brigata "Elsio Guarrini], cadevano [a Ciabaudo] eroicamente sparando contro i repubblicani un colpo di rivoltella e ferendone uno alla mano.
Nella zona di S. Bernardino [i nemici] uccidevano altri due garibaldini e due signorine, che si recavano con loro [...]
documento IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945). Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 - 1999
 
Il giorno 17 gennaio 1945 nella zona Palega-Zerni-Vignai i “Cacciatori degli Appennini” in un'imboscata uccidono i garibaldini Antonio De Santis (Marco) ed Emilia Rosso (Irma). De Santis si recava in missione assieme ad altri garibaldini e con loro si trovava la garibaldina Irma, colpita al petto da una prima raffica. Il De Santis, estratta la pistola, sparava contro il nemico, ma una seconda raffica lo colpiva a morte. Il Cacciatore Zecchini, responsabile della morte di entrambi, verrà catturato dai partigiani in marzo nella zona di Triora, e fucilato.
Nello stesso mattino nebbioso del 17 gennaio un numeroso gruppo di fascisti perlustra le campagne di Prelà. Secondo alcune fonti si tratterebbe di Cacciatori degli Appennini, secondo altre della compagnia operativa delle G.N.R. del tenente Ferraris; probabilmente l’azione fu condotta entrambi i reparti. In due casoni posti ad una certa distanza hanno trovato ristoro per la notte alcuni uomini della IV Brigata "Elsio Guarrini". In un casone sopra Canneto, di fronte a Tavole, si stanno riposando Carlo Montagna "Milan", comandante della brigata, Gaetano Sibilla "Ivan", Angelo Perrone "Bancarà" o "Vinicio", vicecomandante della brigata, Sebastiano Acquarone "Alpino" e Ferrero "Staffetta Gambadilegno". In un altro casone più in basso sostano Mario Bruna "Falco", commissario della Brigata, Luigi Peruzzi "Luigi" ed altri uomini. I fascisti intravvedono nella nebbiolina un uomo armato che sembra stia facendo la sentinella. Sparano quindi senza avvertimento e colpiscono, uccidendolo, Angelo Perrone. Gli altri partigiani, intese le raffiche, fuggono in direzione della cresta della montagna, che però è già occupata dai nemici, ritornano quindi sui propri passi infilando il Vallone di Villatalla dove trovano altri repubblichini in agguato che al loro avvicinarsi sparano. Montagna e Acquarone vengono colpiti a morte. Staffetta Gambadilegno viene ferito e catturato. Come vedremo successivamente, sottoposto a torture, fu costretto a confessare dove aveva trovato rifugio il distaccamento di Dimitri.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I Caduti della Lotta di Liberazione nella I^ Zona Operativa Liguria, Edito dall'Autore, 2020  
 
[ n.d.r.: altri lavori di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944) (a cura di Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, Edito dall'Autore, 2016  ]
 
Uno scorcio di Vignai - Fonte: Facebook/Vignai

Il 17 gennaio 1945 iniziarono altri rastrellamenti dei nazifascisti contro i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria.
Avanzarono per primi contro i patrioti della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione", attestati nella zona di Vignai, Frazione di Baiardo (IM), e Ciabaudo, Frazione di Badalucco (IM), i granatieri di stanza a Molini di Triora (IM), con una colonna, in direzione delle località San Faustino e Tumena.
I nemici dei presidi di Montalto Ligure [n.d.r.: oggi comune di Montalto Carpasio (IM)] e di Badalucco cercarono di effettuare l'accerchiamento in località Pellera.
Un terza colonna partita da Ceriana (IM) si congiunse a Vignai con i tedeschi del presidio di Baiardo (IM): in parte si diressero verso San Bernardino e Monte Ceppo.
Caddero in combattimento durante questo rastrellamento a Ciabaudo i garibaldini della Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione Antonio De Santis (Marco), nato a Napoli il 12 marzo 1921, già tenente del Regio Esercito, ed Emilia Rosso (Irma), nata a Ceriana, il 26 gennaio 1926. Nella zona di San Bernardino vennero uccisi altri 2 garibaldini e  "due signorine che si accompagnavano con loro".
[...]  Il grave momento vissuto dalla IV^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione" risulta evidente nello scritto di Venko del 19 gennaio 1945, indirizzato al Comando Divisionale.
Il Comando Divisionale prese nei giorni successivi la decisione di intitolare il I° Battaglione della IV^ Brigata a Carlo Montagna (Milan) e l'ex Distaccamento "Italia" ad Angelo Perrone (Bancarà).
Il 29 gennaio rese noto il nuovo organico direttivo della stessa Brigata.
Rocco Fava, Op. cit., Tomo I
 
Il 17 gennaio 1945 nella zona di Baiardo Bersaglieri Repubblicani catturano i sapisti Laura Giobatta, Laura Mario, Laura Silvio Antonio, Laura Silvio Luigi e Laura Luigi “Miccia”. I cinque partigiani con il medesimo cognome, facenti parte della banda locale di Baiardo furono incolpati di aver trasportato un carico di farina da Baiardo a Passo Ghimbegna e a Vignai per rifornire i partigiani. Vennero portati a Sanremo nella Villa Negri, situata vicino alla Chiesa Russa, dove c’erano delle piccole celle. Il partigiano Laura Luigi “Miccia” riesce a fuggire durante un allarme aereo e a mettersi in salvo. Gli altri quattro partigiani furono trasferiti in un primo tempo nella Villa Oberg e successivamente in un luogo poco distante Villa Junia, dove dai Bersaglieri furono obbligati a scavarsi la fossa e quindi dagli stessi fucilati il 24 gennaio 1945.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione, 2005,
Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2005
 
Luigi Laura “Miccia”, essendo invalido (era stato ferito precedentemente ad un ginocchio mentre era in località Carmo Langan di Castelvittorio), non era vigilato come gli altri prigionieri. Suonato l'allarme aereo mentre si svolgeva un interrogatorio, egli colse il momento favorevole e si diede alla fuga, riuscendo addirittura a prendere un tram per portarsi in località Tre Ponti di Sanremo, dove si nascose nel casolare di una sua campagna.
Adriano Maini
 
Il 23 gennaio 1945 nella parte occidentale della “I^ Zona Operativa Liguria” avveniva l’uccisione di alcuni partigiani appartenenti al Distaccamento “Folgore” del Battaglione “Secondo” della IV^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Elsio Guarrini” della II^ Divisione “Felice Cascione”.
Infatti la sera del 23 circa cento SS con due mortai circondavano casa Ghersi a Taggia (IM). I quattro garibaldini che si trovavano nell’abitazione vennero immediatamente immobilizzati e torturati. Venne bruciato il fienile di Raffaele Polito. Dopo di che, seguendo una lista fornita da qualche delatore, continuarono gli arresti. Sulla strada si trovarono i cadaveri di tre garibaldini, Vincenzo Morto Pistone, Ermanno Biondo Gazzolo e Mario Nico Cichero, che erano stati fucilati. Dei partigiani che si trovavano all’interno del casone soravvisse all'esecuzione il solo Luigi Franco Ghersi, pur ferito (ma si suicidò
il 26 marzo 1946 a causa del trauma riportato). Nella vicina Sanremo (IM), la notte successiva, vennero fucilati presso Villa Junia cinque partigiani della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione, che erano stati arrestati a Baiardo (IM) il 17 gennaio. Quattro di essi portavano il cognome Laura: Gio Batta “Paolo”, Luigi “Gino”, Mario “Mario” e Silvio “Antonio”.
Rocco Fava, Op. cit. Tomo I

martedì 12 ottobre 2021

La donna vuole accompagnare il gruppo nell'azione contro i tedeschi

Baiardo (IM)

La mattina del 14 agosto 1944 il distaccamento di Candido Queirolo (Marco) si era da poco accampato nei pressi di “Berzi”, frazione di Baiardo (IM), per essere più vicino ad Apricale dove era di stanza un reparto tedesco. All’accampamento giunse trafelato Luigi Laura (Miccia), che si era trattenuto a Baiardo per rifornimenti avvisando i compagni che quattordici tedeschi, provenienti da Apricale, si erano recati in paese. Candido Queirolo decise di partire per attaccarli. Scelse una decina di partigiani. Facevano parte del gruppo: Gino Amici (Alfredo), Alfredo Blengino (Spartaco), Giuseppe Gaminera (Garibaldi), Luigi Laura (Miccia), Mario Laura (Picun), Albanese, Noce ed altri due. Giunti nel paese il gruppo si piazzò in via Roma in un luogo soprastante la strada Sanremo-Baiardo, nel punto dove è ora l'albergo Bellavista. Noce” e “Spartaco” si appostarono dietro un muretto con un mitragliatore, gli altri sopra il giardino della Villa Balestra. I tedeschi stavano pranzando all'albergo Miramonti: i partigiani attesero per verificarne il numero ed attaccarli all'improvviso. Da un uomo che transitava in bicicletta i partigiani vennero informati che i Tedeschi, usciti dall'albergo, si stavano avviando verso la mulattiera che conduce ad Apricale. Quando i partigiani giunsero all'altezza dell'asilo infantile si udirono raffiche di mitra. Nessuno venne colpito e risposero al fuoco; i tedeschi tornarono indietro imboccando via Podestà e quindi si piazzarono dietro la chiesa di San Giovanni, all'inizio della mulattiera per Castelvittorio. Queirolo che si era appostato verso la mulattiera che conduce ad Apricale, rendendosi conto che i tedeschi erano indietreggiati, ritornò anch’esso sui propri passi insieme agli uomini che erano con lui e appena giunto in prossimità della chiesa venne colpito da una raffica. Ferito, si accasciò a terra. Gino Amici (Alfredo) e Alfredo Blengino (Spartaco), pure colpiti, morirono all’istante. Mario Laura (Picun) fu ferito alle gambe, ma continuò a sparare e gli altri uomini, coperti dal fuoco di Picun, cercarono di avvicinarsi ai compagni feriti per soccorrerli. “Marco” aveva una coscia sfracellata e una ferita alla spalla. Dopo le prime cure praticategli dal dott. Carlo Bissolotti, venne portato in un capanno nei pressi di Baiardo, dove poco dopo morì. L’episodio è raccontato da Giuseppe Gaminera (Garibaldi) anch’egli protagonista dei fatti che portarono alla scomparsa di Queirolo, Blengino e Amici.
Tra le numerose azioni belliche portate a compimento con successo da Candido Queirolo e dai suoi uomini, si ricordano in particolare il disarmo dei repubblichini di stanza a Briga Marittima e la presa della postazione nazifascista di Santa Brigida. Nel giugno del 1944 Queirolo fu tra i comandanti che guidarono i garibaldini nello scontro di Carpenosa. I suoi uomini sotto il suo comando parteciparono alla presa di Molini di Triora e di Triora, agli attacchi alle postazioni nemiche di Valgavano ed alla resistenza, ai primi di luglio, contro forti reparti tedeschi a Carmo Langan. Anche Alfredo Blengino fu uomo di punta della Brigata, un uomo di esperienza che aveva precedentemente comandato il distaccamento di Bajardo e impegnato a più riprese il nemico.  
Giorgio Caudano Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, ed. in pr., 2020

[ Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944) (a cura di Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016  ]

Il garibaldino Giuseppe Gaminera (Garibaldi) di Baiardo racconta:
"Ci eravamo accampati nei pressi di Berzi, frazione di Baiardo per essere più vicini ad Apricale dove erano di stanza circa cento Tedeschi. Poco dopo il nostro arrivo nel luogo che diventerà sede del nostro distaccamento, giunge trafelato Luigi Laura (Miccia), che si era trattenuto a Baiardo per rifornimenti, avvisandoci che quattordici Tedeschi, provenienti da Apricale, si erano recati in paese.
Candido Queirolo (Marco) decide di partire per attaccarli. Sceglie una decina di partigiani ed io sono tra questi.
Nel distaccamento c'è Olga, una ragazza slava, che avevo trovato in giro alcuni mesi prima quando, avendo perduto i contatti con «Vittò» a causa di uno sbandamento, mi ero aggregato alla formazione di Marco. Olga canta canzoni, sia in italiano che nella sua lingua; è sempre al fianco di «Marco». La donna vuole accompagnare il gruppo nell'azione contro i Tedeschi, ma Candido Queirolo non le permette di seguirci: insiste ripetutamente, ed all'ennesimo rifiuto si getta a terra piangendo.
Partiamo. Sono pratico dei luoghi e conosco tutti i sentieri, procedo in testa al gruppo assieme a «Marco».
[...] Sono orgoglioso e felice per l'incarico che mi è stato affidato essendo io il più giovane del gruppo.
Candido Queirolo si dirige verso via XX Settembre, nel punto dove inizia il bivio per Apricale. «Marco» pensa che se i Tedeschi, dopo il pranzo, non hanno proseguito il cammino verso il luogo dove i partigiani si erano appostati presumibilmente intendono ritornare ad Apricale passando per la mulattiera. Perciò «Marco» si reca colà con gli uomini migliori per sferrare un attacco efficace.
Giunti all'altezza dell'asilo infantile, nel luogo dove tempo addietro i partigiani avevano bruciato le baracche tedesche, si odono raffiche di mitra. Fortunatamente nessuno di noi viene colpito. Rispondiamo al fuoco ed i Tedeschi tornano indietro imboccando via Podestà, e quindi si piazzano dietro la chiesa San Giovanni, all'inizio della mulattiera per Castelvittorio. Noi li inseguiamo, ma non riusciamo a raggiungerli.
Intanto, «Marco», visto che il nemico non si era diretto ad Apricale ed avendo udito le raffiche delle armi automatiche, accorre immediatamente verso la sopracitata chiesa. Effettuando un percorso di una ventina di minuti egli potrebbe arrivare sul luogo senza uscire allo scoperto. Invece, appena giuntovi è colpito da una lunga raffica. Ferito, si accascia a terra.
Amici Gino (Alfredo) e Alfredo Blengino (Spartaco), pure colpiti, muoiono istantaneamente. Mario Laura (Picun) è ferito alle gambe, ma continua a sparare cercando con gli altri di avvicinarsi ai compagni feriti per soccorrerli.
«Marco» ha una coscia sfracellata ed una ferita alla spalla. Dopo le prime cure praticategli dal dottor Carlo Bissolotti, lo portiamo in un capanno nei pressi di Baiardo, dove poco dopo muore.
Olga giunge sul luogo e si mette ad urlare come impazzita; estrae la pistola per uccidermi, poiché mi accusa di essere stato la causa della morte del Commissario. Gli altri partigiani presenti spiegano alla donna quanto si è verificato, assicurandole l'assoluta mancanza di mie responsabilità.
Dopo questo fatto non vedrò più Olga. Ma, nel successivo inverno otto partigiani verranno sorpresi nel sonno ed uccisi nei pressi di Vignai Argallo. Olga, nella triste occasione, si trovava proprio in quella zona: sospettata e pedinata, venne appurato che era una spia dei Tedeschi e fu condannata e giustiziata...".
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992

domenica 20 dicembre 2020

A Baiardo (IM) i giovani presentatisi vennero in parte fucilati ed in parte inviati in Germania


Baiardo (IM)
 
7 gennaio 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] di Fondo Valle della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della II^ Divisione - Avvertiva di un imminente rastrellamento ad opera della compagnia O.P. del capitano Ferraris di concerto con tedeschi di stanza a Taggia (IM) o nella Val Tanaro; comunicava che i 100 uomini della O.P. avevano morale alto ed erano forniti di armamento automatico; segnalava che la risposta di un milite, cui era stato chiesto il motivo per cui osavano avventurarsi in così pochi in zone infide, era stata che essi potevano per l'appunto contare sul supporto di forze tedesche.

7 gennaio 1945 - Dal comando della II^ Divisione al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Sulla risposta di giovani alla chiamata alle armi della Repubblica Sociale si opinava che "coloro che si sono presentati sono i giovani imboscati di sempre; gli ex garibaldini si contano sulla punta delle dita e sono quasi tutti presi [si contava sulla possibilità che questi ultimi facessero da infiltrati] e rimarcava di rammentare ai giovani quanto accaduto a Baiardo (IM) "dove i giovani presentatisi vennero in parte fucilati ed in parte inviati in Germania".

8 gennaio 1945 - Dal S.I.M. della I^ Zona al comando della Divisione "Silvio  Bonfante" - Informazioni militari: sul transito in Caramagna [Frazione di Imperia] di 2 camion con 40 tedeschi a bordo; che 3 delatori (Musso, Ozenda ed un terzo di cui veniva data solo la descrizione fisica) avevano indicato al nemico la strada per Vasia (IM); che da Ceva (CN) erano giunti 60 fascisti a Porto Maurizio [Imperia]; che ad Albenga (SV) erano arrivati molti tedeschi per un possibile rastrellamento nella zona ingauna.

8 gennaio 1945 - Dal comando della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione, prot. n° 140 segreteria, ai comandi I° Battaglione "Mario Bini", II° battaglione "Marco Dino Rossi", III° Battaglione "Orazio 'Ugo' Secondo" - Comunicava che alcuni giovani si erano presentati ai competenti uffici della RSI (Repubblica Sociale) perché i loro genitori temevano rappresaglie per cui era necessario assumere severi provvedimenti contro chiunque svolgesse propaganda contro il movimento partigiano.

8 gennaio 1945 - Dal comando della V^ Brigata, prot. n° 141 segreteria, ai comandi I° Battaglione, II° Battaglione, III° Battaglione - Veniva criticata l'azione svolta il giorno precedente contro i tedeschi a Montalto [Montalto Ligure, oggi parte del comune di Montalto Carpasio (IM)] ed a Molini di Triora in quanto i Distaccamenti avevano sparato da una distanza eccessiva.

8 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo” - Il comando rispondeva negativamente alla richiesta di armi automatiche a causa della scarsità delle medesime e segnalava che il comandante Fra Diavolo [Giuseppe Garibaldi] risultava irreperibile.

da documenti Isrecim in Rocco Fava di Sanremo (IM), "La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945)" - Tomo II - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia, Anno Accademico 1998 - 1999 

giovedì 13 agosto 2020

Attacco partigiano a Baiardo con l'intervento dell'aviazione alleata

Baiardo (IM) visto da Perinaldo
 
Il 10 marzo 1945, programmata già un mese prima, avvenne l'unica azione combinata tra aerei alleati e forze garibaldine. Il luogo prescelto fu il presidio nemico di Baiardo. Il segnale di inizio, annunciato da Radio Londra, era "la neve cade sui monti".
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999

Bajardo era un caposaldo fascista. In paese, infatti, si trovavano i bersaglieri, comandati dal tenente Franco Buratti, che costituivano un pericolo costante per le formazioni partigiane operanti nella zona [...] Vittò [anche "Ivano", Giuseppe Vittorio Guglielmo, comandante della II^ Divisione "Felice Cascione"] ritenne opportuno non far partecipare i suoi uomini alla battaglia di Bajardo; troppi rischi di perdere vite in proporzione alla difficoltà di riuscire a conquistare il caposaldo nemico [...] non era convinto del piano prospettatogli dal capitano inglese della missione alleata, Robert Bentley. In base a quanto dichiarato da quest'ultimo per conquistare Bajardo sarebbe dovuta intervenire l'aviazione inglese mediante l'impiego di quattro aerei, che si sarebbero limitati a iniziare la battaglia con un mitragliamento e poi se ne sarebbero andati, lasciando ai partigiani il compito di entrare in paese e assalire la fortezza dei bersaglieri.
Romano Lupi, VITTO'. Vita del comandante partigiano Vittorio Guglielmo, Quaderni sanremesi, Sanremo, 2011 

Ecco ciò che dice "Gino" (Gino Napolitano) [vice comandante della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione]: "Dopo i tremendi rastrellamenti subiti in gennaio e febbraio le nostre brigate si riformavano. [...] La stazione trasmittente sotto il controllo del capitano Robert Bentley aveva riallacciato i collegamenti con la Francia.  Venne pertanto stabilito dal comando operativo di zona un primo attacco combinato fra le nostre forze e l'aviazione nemica contro un caposaldo avversario quale esperimento. Venne fissata la segnalazione da Radio Londra per la coordinazione dell'attacco: 'la neve cade sui monti', stabilito il luogo, Baiardo, il giorno, 17 marzo [invece, l'attacco partigiano ebbe luogo il 10 marzo 1945], e l'ora, le 7 del mattino.  [...] Baiardo appollaiata sulla cima del monte a 900 metri di altezza, era difesa da oltre 150 tedeschi e bersaglieri, armati di cannoni e mortai. I nostri partirono dalla base di Ciabaudo: circa 120 uomini al comando di Gino Napolitano (Gino). Con essi erano Curto [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria], Sumi (Lorenzo Musso) [Commissario Politico al Comando Operativo della I^ Zona Operativa Liguria]  ed il capitano Bentley, che avrebbero presenziato all'azione".
Mario Mascia, L'epopea dell'esercito scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia

Il comandante della II^ Divisione "Felice Cascione", "Vittò", espresse le sue perplessità circa tale azione, in quanto il mitragliamento degli aerei avrebbe portato scarsi vantaggi poiché "(1) bastava [ai nemici] essere coperti da un tetto qualunque per evitare ogni ogni danno. Di contro il comandante della II^ Divisione "Felice Cascione" aveva proposto " (2) di lanciare nei dintorni del paese quattro o cinque bombe, in modo che venisse nei bersaglieri il timore di essere attaccati dagli aerei. Si sarebbero rintanati nelle cantine e noi avremmo potuto entrare in paese senza tanti morti. Il solo mitragliamento era un avviso che noi entravamo in azione e metteva i bersaglieri nella perfetta attesa di difesa e di attacco insieme"
Rocco Fava, Op. cit.
(1) (2) don Ermando Micheletto, Op. cit. infra, pp. 263-264

Non era dello stesso parere il Curto che vedeva nell'azione una mirabile rivincita su quel distaccamento nazifascista che aveva sempre resistito agli attacchi partigiani. Gino era del parere del Curto ed anche altri comandanti di distaccamenti. Forse pensavano certa l'azione degli aerei, repressiva e sicura la paura dei bersaglieri. Continua Vitò: "Il Comandante di Zona Curto invece voleva attaccare. Prese il comando dei miei distaccamenti e partì con essi. Io non ci sono andato. Avevo il presentimento di un attacco inutile e dannoso per noi. Quella presenza degli aerei con mitragliamento impediva a noi la sorpresa dell'attacco ed avvisava i nemici di mettersi in difesa..."
don Ermando Micheletto *, La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di Domino nero Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975
* ... Don Micheletto per tutta la guerra si adoperò per i partigiani, generalmente in contatto con i gruppi di Vitò, che accompagnò spesso nei loro spostamenti. Esplicherà la sua attività specialmente nell'assistenza e per captare messaggi radio. Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia

"Alle 4 del mattino la marcia veloce e silenziosa ebbe inizio. I nostri erano discretamente armati, grazie specialmente ai rifornimenti giunti nelle ultime settimane in montagna via mare. Si marciava in fila indiana sotto il cielo che impallidiva, esilarati dalla sottile aria di montana che già odorava di primavera. Alle 6 il distaccamento giunse nei pressi del paese: i nostri si distesero a catena, si scalzarono perché il rumore delle scarpe ferrate non allarmasse il nemico e salirono lentamente, Gino in testa, fino al cimitero del paese. [...] Al di sopra dei nostri, a forse duemila metri di altezza, sei aeroplani volavano dritti sul paese. Immediatamente alcune pattuglie di arditi vengono staccate in direzione dell'abitato mentre tutti gli altri, sempre al coperto, si spostano sino a 200 metri dalle prime case. Alle 7,10 gli apparecchi sono sull'obiettivo. Si vedono ruotare, abbassarsi, risollevarsi. Il paese è in subbuglio: si ode la gente correre. Improvvisamente gli aeroplani si allontanano ed un lungo getto di vapore bianco si disegna dietro uno degli apparecchi. È il segnale? Ma i nostri non hanno udito alcun rumore di esplosioni, soltanto sembra loro di aver percepito, fra tanti suoni confusi, il ticchettio di un mitragliamento. [...] Si decise allora di tentare senza indugio un'azione subitanea sperando di cogliere il presidio di sorpresa. Alle 7,20 scattammo all'attacco da tutte le parti, in piccoli gruppi. La popolazione era asserragliata nelle case, ma il nemico, evidentemente avvertito, era pronto.  Le strade erano battute da un fuoco incessante che veniva dalle finestre e dai tetti e che le spazzava da un capo all'altro. I nostri avanzavano lungo i muri verso il cuore del paese: avevano però soltanto armi automatiche leggere perché si attendevano di essere appoggiate dal bombardamento aereo, e contro le mitragliatrici pesanti, protette dalle case trasformate in fortezze, l'attacco si mostrava impotente. Gino con una quindicina di uomini raggiunse il centro del paese e vi rimase per oltre mezzora fulminando le finestre degli edifici da cui partiva l'incessante fuoco nemico. I bersaglieri ed i tedeschi, il cui grosso era sulla piazza, escono improvvisamente al contrattacco, tentando di infiltrarsi tra i nostri gruppi. I nostri convergono su di essi da tutti i lati, li prendono d'infilata e li respingono costringendoli a ritirarsi precipitosamente nelle loro tane, lasciando sul terreno morti e feriti. Alle 9 le munizioni dei nostri uomini erano quasi esaurite, mentre il nemico sembrava ne possedesse una riserva inesauribile. I garibaldini erano stanchi e prolungare l'azione sarebbe stata una follia. Curto impartisce l'ordine di ritirata. Gli uomini escono lentamente dal paese sempre combattendo, mentre Gino protegge la retroguardia con un tiro continuo di sbarramento. Alle 9,30 il distaccamento in perfetta formazione marciava sulla strada del ritorno verso la base. L'azione, sebbene non avesse ottenuto il successo completo, era stata brillantissima e per la sua concezione e per i risultati ottenuti: i nostri avevano violato uno dei più forti baluardi nemici infliggendogli perdite gravissime. Da parte nostra due morti in combattimento, Vitale e Lazzari, e alcuni feriti. Il garibaldino Nino, ferito e catturato dal nemico, venne passato per le armi sul posto. Ma l'iniziativa passava nelle nostre mani e non doveva più sfuggirci".
Mario Mascia, Op. cit.

Dopo circa tre ore di attesa, e precisamente alle ore 7,55, si avvistava una squadriglia di sei apparecchi da caccia che, dopo aver descritto un ampio cerchio tra Monte Bignone e Monte Ceppo, subito dopo iniziavano un'azione di mitragliamento, senza però sganciare alcuna bomba. Dopo dieci o quindici minuti il mitragliamento cessava e la squadriglia si allontanava. Dopo un’iniziale esitazione, dovuta al mancato lancio di fumogeni da parte degli aerei, come era convenuto, sotto la direzione del vice comandante della V^ Brigata e del comandante del I° Battaglione Vincenzo Orengo (Figaro), ebbe inizio l'assalto al paese. I garibaldini raggiunsero la piazza del paese, a circa quindici metri dalla caserma dei Bersaglieri, i quali, asserragliati, rispondevano al fuoco dalle finestre. Il sopraggiungere di rinforzi provenienti da Ceriana e da Sanremo obbligò i partigiani a desistere e ritirarsi nei boschi. Nell'attacco cadevano il commissario Riccardo Vitale (Cardù), Gaetano Cervetto (Nino) e Vitaliano Lazzari (Lazzari).
Giorgio Caudano
 
Cardù

Si mise disteso sulla paglia trita; sì, che se la sentì pungere dappertutto come le altre volte rivoltandosi di qua e di là, ma adesso con la stanchezza addosso a quel modo, gli pareva di essere più al sicuro.
Col vento che soffiava dovunque, però, non ci riuscì per niente a dormire; si sentiva maggiormente le gambe rotte, e tutti quei ricordi se li sentiva sempre di più a premergli nella testa da fargli male.
Il partigiano anziano adesso gli era venuto vicino continuando il suo discorso e lo guardava fisso come per farsi sentire meglio nel parlare; ma lui macché, non ce la faceva più a seguire quel discorso, seguitando invece a pensare per conto suo.
Così, quando il partigiano anziano finì di parlare, e uscì per guardare fuori al di là del casone, manco se ne accorse: difatti, era già da un pezzo che gli era venuto in mente di quella volta a Baiardo, quando attaccarono i bersaglieri.
Fu quella volta della sparatoria contro i bersaglieri, quando col distaccamento al completo, ci andarono proprio sotto di sorpresa: ci andarono fin sono le finestre, dentro il paese, dove erano accampati i fascisti con le sentinelle da tutte le parti da picchiarci dentro; ed eccolì, quella volta perdio, anche lui aveva visto Cardù da morto.
Ma l'aveva visto soltanto dopo il gran fracasso della sparatoria, che l'aveva ancora forte nelle orecchie: Cardù era lì sulla strada rovesciato per terra, tutto sfracellato come quelli sulla neve al di là del forte Centrale, che aveva detto il partigiano anziano.
Fu quella volta famosa dell'attacco di Baiardo, quando ci andarono tutti spensierati, e lui non se lo scordava più come successe a quel modo così in fretta: eppure, nemmeno adesso gli pareva ancora vero che quella volta se lo fosse trovato morto, proprio lì davanti, il suo compagno Cardù; dopo tutti i discorsi insieme che avevano fatto prima.
Voglio dire a quel modo comese proprio, quasi quasi, stessero ancora per finire il discorso appena incominciato; difatti, lì per terra tutto sporco di polvere e di sangue, pareva che gli fosse rimasta ancora la bocca aperta, come per parlare. Ma poi, lui gli era andato vicino a Cardù; e chissà perché, gli era venuta subito quella paura fredda della morte, vedendolo così rigido e fracassato; ecco com'è: è la paura di quando lo capisci bene che se uno è diventato rigido nella morte, è diventato un altro; ma è diventato tanto un altro, che ti mette perfino soggezione; non puoi manco più toccarlo, siccome te lo senti distante e assolutamente estraneo; così ti succede che uno, anche se ti è stato compagno, eccome, non te lo senti più propriamente compagno come prima quando ci parlavi insieme da vivo; te lo senti soltanto come un estraneo: e dentro ci senti una gran pietà un gran dolore e una gran rabbia per lui per te e per tutti quanti; mentre è così che vorresti metterti a gridare forte forte, stringendo i pugni. 
Osvaldo Contestabile, Scarpe rotte libertà. Storia partigiana, Cappelli editore, 1982, p. 180
 
Coloro invece, che avevano voluto l'attacco, asserivano che fu proprio l'attacco inatteso a decidere i tedeschi alla ritirata dalla zona. La conclusione la si può derivare dai fatti come si sono svolti, dalle vittime, che ci sono state, e dalla impossibilità di conquistare Baiardo. Si era in guerra e nessuna azione, secondo alcuni, si doveva tralasciare per combattere i tedeschi. Concludeva Vitò: "Il mio parere negativo sulla battaglia di Baiardo era motivato dalla mia conoscenza diretta e sperimentata dell'armamento dei bersaglieri. Era ancora vivo nella mia mente l'esperimento fatto in altra battaglia precedente".
don Ermando Micheletto, Op. cit.

12 marzo 1945 - Dal comando della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Inviava il resoconto del comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" sull'attacco partigiano effettuato a Baiardo (IM) nella notte tra il 9 ed il 10 marzo, resoconto in cui si riportava che, dopo aver predisposto gli uomini per l'attacco al presidio fascista in previsione dell'intervento di aerei alleati, tutte le vie d'accesso, anche con la collaborazione di reparti della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione", erano state bloccate; che verso le 8 del 10 marzo erano passati 6 caccia alleati, che avevano effettuato parecchie raffiche di mitra senza colpire, tuttavia, nessuno dei 45 bersaglieri repubblichini; che, al segnale, tutti i garibaldini erano usciti dal bosco attaccando i fascisti; che questi ultimi rispondevano al fuoco; che il combattimento era durato per circa 30 minuti, in quanto, arrivati rinforzi nemici da Ceriana e terminate le munizioni, i partigiani si ritiravano, dopo aver lasciato sul terreno 2 uomini caduti in combattimento ed avere perso un altro garibaldino, catturato dal nemico e subito fucilato; che si poteva giudicare che l'azione alleata era stata inefficace, perché non era stato effettuato nessun bombardamento e che, per giunta, dagli aerei non era giunto il segnale concordato, cosicché i partigiani non erano potuti intervenire in modo simultaneo agli apparecchi.
14 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM della V^ Brigata al comando della I^ Zona Operativa Liguria, al comando della II^ Divisione, alla Sezione SIM della II^ Divisione ed al comando della V^ Brigata - Informazioni militari: "...  Il presidio di Baiardo dopo l'attacco effettuato il 10 c.m., è stato rinforzato da forze naziste. Durante detta azione rimanevano feriti 4 bersaglieri e l'ufficiale comandante il presidio. Quest'ultimo è stato ricoverato all'ospedale di S.Remo...."
da documenti  Isrecim in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II
 
A seguito dell'attacco a Baiardo (9-10  marzo  1945) da  parte  di  Distaccamenti  della  V^  Brigata  si scatena furiosa la reazione nemica. Vittò, Curto, Armando Fragola Doria Izzo, il capitano inglese Robert Bentley, il suo radiotelegrafista Mc Dougall, Guido Arnaldi, Felice Miroglio, Alfredo Maiano  Lupo, ed  altri  partigiani  quali  staffette o addetti al deposito Intendenza sito nelle case della borgata Gerbonte (Triora), si mettono in marcia verso una grotta pensandovi di trovare rifugio sicuro. Intanto nella notte  tra  il 10 e l'11 giungono da Sanremo truppe  tedesche  appartenenti  ai  RAP  (Raggruppamento Anti Partigiani), che riescono a prendere di sorpresa la borgata senza che fosse  dato alcun allarme. Però la tattica partigiana era quella di non rimanere molto tempo nei luoghi abitati. Questa tattica salva il gruppo di uomini menzionati. Infatti all'alba lasciano Gerbonte per raggiungere la grande grotta, che si  apre nei pressi di Loreto. Giunti alla grotta il capitano Bentley si accorge di aver dimenticato l'antenna della radio nella casa di Gerbonte. Viene incaricato del recupero la staffetta partigiana Lupo, che è preso in  rastrellamento dai  nazifascisti nella zona di Gerbonte e successivamente condotto nei  pressi di Molini di Triora ed ivi fucilato (11.03.1945). Il ritardo del ritorno di Lupo fa  insospettire il gruppo, per cui parte in missione il  garibaldino Felice Miroglio, che cade ucciso da un colpo di Mauser nei pressi di Gerbonte. Lo stesso giorno, 11 marzo  1945, nei pressi di Bregalla <Frazione di Triora (IM)> viene ucciso in combattimento dai tedeschi il partigiano Paolo Bruno Oddo.
Mons. Cav. Ferdinando Novella, Il martirio di Molini Triora (3.07.44 - 25.4.1945), edito dal Comune di Molini di Triora, 2004