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venerdì 25 ottobre 2024

Per oltre sette mesi combatterà contro i tedeschi sul confine italiano

Copia della terza ed ultima pagina della Relazione del comando S.A.P. di Sanremo (a firma Antonio Gerbolini) e del C.L.N. circondariale (a firma Giovanni Cristel) sull'attività della V^ VI^ VII^ Brigata S.A.P. (dalla loro costituzione al 25 aprile 1945), documento in Fondo “Giorgio Gimelli”, ILSREC (ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo)

Particolarmente rimarchevoli sono le vicende attraverso alle quali passò il dott. Giovanni Cristel. Antifascista di lunga data, durante l'occupazione tedesca fu dapprima arrestato; poi rilasciato, fu costretto a nascondersi. I nazifascisti fecero un'irruzione nella sua casa in data 1° ottobre '44, ferirono una delle figlie (Giuliana), la quale venne arrestata insieme ad altra figlia (Evelina) e alla moglie. Le figlie, in seguito, vennero incarcerate, e detenute successivamente nelle prigioni di Sanremo, Oneglia, Genova (Marassi e Casa dello Studente), e nel campo di concentramento di Bolzano. Evelina Cristel, riuscita a fuggire dal campo, fu ripresa, torturata e di nuovo rinchiusa nel campo stesso. In tutto, furono detenute per sette mesi, fino al 25 aprile '45. Il dott. Giovanni Cristel, arrestato di nuovo il 1° febbraio '45, venne trattenuto in prigione a Sanremo e a Marassi, da dove potè uscire solo nei giorni della Liberazione, intorno alla fine di aprile. Rientrato allora in Sanremo, terrà la Presidenza del CLN circondariale in detta città.
Giuliana ed Evelina Cristel (nomi di battaglia rispettivamente «Marzia» e «Vera»), prima dell'arresto erano particolarmente dedite all'attività resistenziale in generale, nonché all'organizzazione dei gruppi femminili del PCI.
Oltre alle persone ricordate nelle precedenti note, altre persone, nate o residenti in Sanremo, che fino dai primi tempi si adoperarono per la guerra di Liberazione, sono:
- Silvestri Michele (Milano), il quale - anche coadiuvato dalla giovanissima figlia Dilanda - subito dopo l'8 settembre 1943 dà la sua opera per aiutare i primi gruppi in montagna, dove si reca egli stesso, e, più tardi, costituisce una propria banda a Verezzo, che verrà inclusa nelle formazioni cittadine SAP in data 1° ottobre 1944;
- Rovella Dario (Lori), che nel giugno del '44 fu per un certo tempo collegato con le formazioni del capitano Umberto (Candido Bertassi), e in seguito, nell'autunno dello stesso anno, diventerà dapprima ufficiale di collegamento e poi comandante di una brigata GAP cittadina, ma verrà arrestato in data 15 novembre dalle SS tedesche, successivamente incarcerato a Sanremo e a Genova (Marassi e Casa dello Studente), seviziato e detenuto fino al 20 marzo 1945, data in cui riuscirà a fuggire durante il viaggio per essere trasferito al campo di Bolzano, e raggiungerà la montagna, da dove tornerà in Sanremo poco prima del 25 aprile (69);
- Giovanni Buonadonna (Gianni), che fin dall'ottobre '43 lavorava in stretta collaborazione col dott. Pigati, e, arrestato per questa sua attività, venne trattenuto per vario tempo nelle prigioni di Oneglia;
- Illengo Ada (Nella), che fu in contatto con le prime brigate cittadine e, più tardi, diventerà staffetta fra il CLN circondariale e la montagna;
- Palagi Clemente (Cecco), che fu uno dei più attivi organizzatori del PCI in Sanremo, partecipò fino dall'8 settembre '43 alla lotta resistenziale, e si adoperò per la costituzione dei primi CLN e delle prime SAP e GAP, funzionando in seguito da collegamento politico e militare fra il CLN circondariale e le organizzazioni periferiche, mentre i di lui figli Oscar e Tiziano venivano inviati dal CLN circondariale e dal PCI ad arruolarsi nelle brigate nere perché facessero da informatori a favore dell'antifascismo e delle forze partigiane, azione che essi svolsero efficacemente;
- Carretta Fortunato (Tonio), che fino dai primi momenti dell'occupazione tedesca lavorò ad organizzare la Resistenza per incarico del PCI, funzionò poi da informatore per il CLN , e - a cominciare dal 1° ottobre '44 - darà la sua opera per il PCI, all'organizzazione del Fronte della Gioventù;
- Romei Aldo (Roma), che fu dapprima, per circa tre mesi, con Martinengo (Hanau Eraldo), poi col capitano Umberto (Candido Bertassi), nel giugno, luglio e agosto '44, e infine entrerà nelle SAP sanremesi;
- Baggioli Carlo (Gigi), che partecipò ai primi movimenti di liberazione fino dal settembre '43, e collaborò col fratello Baggioli Aldo, già Comandante della prima GAP cittadina, e poi ucciso dai tedeschi a San Romolo il 15-11-44 (70);
- Zunino Iolanda (Spavalda), che fu dapprima staffetta del distaccamento GAP «Zunino» (San Romolo), e poi, scioltosi questo gruppo, del distaccamento GAP «Zamboni»;
- Arturo Baccarini (Mosconi) e Levrone Domenico (Levro), che furono in montagna con le prime formazioni armate, e si aggregarono rispettivamente al gruppo di Moscone (Basilio Mosconi) e di «Nettu» o «Nettù» (7° distaccamento);
- Modena Romolo (Milon), che partecipò al movimento di liberazione fino dal settembre '43, salì in montagna nell'ottobre dello stesso anno, entrò poi nelle formazioni garibaldine, e più tardi, ferito, tornerà in città e si aggregherà al distaccamento GAP di Verezzo della brigata cittadina «G. Matteotti»;
- Oldoino Maurizio (Mauro), che salì in montagna subito dopo l'8 settembre '43, entrò poi nella banda garibaldina di Tito dove rimase dal febbraio al marzo '44, entrerà quindi - ritornato in Sanremo - nelle formazioni GAP (2 agosto), ed infine, da queste inviato in Francia per tentare di mettersi in contatto con gli Alleati, resterà tagliato fuori dai tedeschi ed entrerà nel Maquis (nome di battaglia «Batté Leo»), dove sarà promosso sergente di un battaglione di volontari stranieri, con i quali, per oltre sette mesi combatterà contro i tedeschi sul confine italiano;
- Caramia Francesco (Franco), che dal primo CLN Sanremese, e per esso più precisamente da Salvatore Marchesi e da Adolfo Siffredi ebbe incarico di arruolarsi nella milizia per esperire opera di infonnatore e di disgregatore, e che lascerà tale incarico dopo circa tre mesi, per entrare direttamente alle dipendenze del CLN circondariale, per il quale, dall'ottobre '44 in poi presterà servizio di staffetta per il collegamento con Bordighera;
- Rovetta Vincenzo, già anziano (nato nel 1891, e avente nome di battaglia «lo zio»), che fu uno dei primi organizzatori del movimento comunista nel sanremese, si adoperò per la lotta di liberazione fino dall'8 settembre '43, partecipò alla formazione dei primi CLN ed entrerà infine nelle formazioni SAP, dove avrà l'incarico di Commissario e poi di Comandante della brigata cittadina «Matteotti»;
- Lavagna Arturo, che si adoperò sotto la guida di Pippo Anselmi alla formazione della prima brigata GAP cittadina, operò poi in montagna col distaccamento GAP «Zunino», e infine, scioltosi questo, nell'organizzazione SAP, dove verrà impiegato nel disimpegno di mansioni varie;
- Gea Gualandi (Lilla), del PCI, attiva collaboratrice di Luigi Nuvoloni, caduto in montagna il 26 giugno '44;
- Di Rico Camillo (Rico), che incominciò ad adoperarsi per la Resistenza subito dopo l'8 settembre '43, e dall'agosto '44 entrerà nelle SAP cittadine, tenendo il collegamento specialmente fra Coldirodi (frazione di Sanremo) e la montagna, e infine prendendo il comando di un gruppo resistenziale in Ospedaletti;
- Padre Anselmo Perrone (Fra Michele), antifascista di lunga data, che dal 1° gennaio '45 sarà Cappellano militare delle formazioni armate cittadine del CLN circondariale e organizzerà personalmente due squadre SAP.
Le note sopra riportate sono state dedotte specialmente da Relazioni del CLN circondariale di Sanremo, portanti la firma di Mario Mascia, segretario, del dott. Giovanni Cristel, presidente, e di Antonio Gerbolini, Comandante SAP; nonché da rapporti del Comando SAP, firmati da Antonio Gerbolini. Solo la Relazione sul Buonadonna, redatta su carta intestata del CLN circondariale, non porta firma.
Altre persone, non di Sanremo, ma del circondario, sono:
- Rebaudo Luciano (Pelle di Carota), di Dolceacqua, che fu in montagna fino dai primi del 1944 e, ferito nel settembre, venne catturato dai tedeschi e trasportato in Germania in campo di concentramento, dove rimase fino alla fine della guerra;
- Minasso Renato (René), che, collegato con Calvini G.B., insieme con esso nel 1944 fondò e organizzò le SAP in Riva Santo Stefano, e che, arrestato il 3 novembre 1944 dalle SS tedesche, dopo un mese di carcere venne inviato al campo di concentramento di Bolzano, dal quale riuscirà a fuggire il 15 febbraio '45, e ritornerà a Riva Santo Stefano, dove si terrà nascosto, continuando tuttavia a partecipare alla lotta (71);
- Renzo Rossi (Renzo, Stienca, Zero), già precedentemente ricordato, che operava nella zona di Bordighera e Vallecrosia, e che, dopo avere riorganizzato il CLN di Bordighera e dopo un periodo di permanenza in montagna, lavorerà per il CLN circondariale, adoperandosi, fra l'altro in viaggi via mare sul percorso da Bordighera, Vallecrosia, Ventimiglia a Nizza e viceversa, per il trasporto di prigionieri, feriti, armi e munizioni, e per stabilire rapporti tra le forze resistenziali italiane e Ufficiali americani, inglesi, francesi;
- Renzo Biancheri (Gianni), di Bordighera, che aiutò Renzo Rossi nella sua attività.
Anche le note di cui sopra furono specialmente ricavate da Relazioni del CLN circondariale a firma di Mario Mascia, G. Cristel, A. Gerbolini, e da Rapporti del Comando SAP di Sanremo a firma di A. Gerbolini.
[NOTE]
(69) Accenni anche nel volume «L'epopea dell'Esercito scalzo», pagine 285-288.
(70) «L'epopea dell'Esercito scalzo», pagine 64 e 285-288.
(71) Minasso Renato era pure in collegamento con gli avvocati Onorato e Secondo Anfossi, i quali avevano anch'essi contribuilo all'organizzazione dei gruppi. Il primo nucleo di essi era stato costituito subito dopo l'8 settembre '43, appunto da Minasso, da Calvini G.B. e dagli altri, aveva sede nelle colline situate in vicinanza del giro del Don (Valle Argentina) e ne era capo l'ing. Conio Ludovico, ufficiale rientrato dall'Africa.
Giovanni  Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, pp. 308-311

martedì 7 maggio 2024

Per tedeschi e fascisti gennaio 1945 avrebbe dovuto segnare la fine dei "banditi" partigiani nel ponente ligure

Sanremo (IM): zona sovrastante Corso Imperatrice

I rastrellamenti, che hanno investito la IV Brigata "E. Guarrini" durante tutto il mese di gennaio 1945, vengono effettuati anche sul territorio della V Brigata "L. Nuvoloni". L'intento del nemico è quello di liberare completamente la zona occupata dai partigiani. Per questo scopo truppe nazifasciste partono da Imperia, da Savona e da Ventimiglia. Partecipano alle azioni anche formazioni dei "Cacciatori degli Appennini" (3). A Triora si installa un presidio composto da una compagnia di granatieri della Repubblica Sociale, comandata dal capitano Cristin, il quale pone il Comando in casa della famiglia Daneri.
[...] A Sanremo giunge una Compagnia della "San Marco" (Divisione della Repubblica Sociale), proveniente da Albissola. I cannoni piazzati in località Burghi (tra Arma e Taggia), vengono puntati contro la Valle Argentina. Gradatamente il nemico trasferisce le munizioni depositate nella polveriera di Bussana, in località Gazzelli (Valle Impero) (8). Il partigiano "Romeo", addetto al collegamento tra il CLN di Sanremo e la Divisione "F. Cascione", si disloca in località Grattino (Molini di Triora), ove viene raggiunto da Giuseppe Noberasco (Gustavo), proveniente da Genova, ispettore delle SAP liguri: ha il compito di riorganizzare quelle di Sanremo, insieme ad Antonio Gerbolini (del PCI, addetto militare, comandante le formazioni di città) (9).
Si costituisce così il Comando di due Brigate Cittadine ai suoi ordini: la vecchia Brigata "G. Matteotti", e la nuova "G. Anselmi". Il Comando SAP, oltre al Gerbolino, è composto da Bertino Rolando, ufficiale addetto. La Brigata "G. Matteotti" ha per comandante Fortunato Carretta, per vicecomandante Eugenio Carugati, per commissario Vincenzo Rivetta; la Brigata "G. Anselmi" ha per comandante Giovanni Trucchi, per vicecomandante Nino Roverio e per commissario Luigi Luppi (10).
Il 2 gennaio in Sanremo i nazifascisti fucilano Emilio Zamboni (Emilio), partigiano della V Brigata (11). Intanto la città viene tappezzata di manifestini i quali annunciano che il mese di gennaio segnerà la fine dei "banditi" partigiani. In Sanremo sono dislocati i Comandi nemici più importanti della zona. Per dare uno sguardo d'insieme alla situazione militare nella città, abbiamo ritenuto opportuno riportare in sintesi l'ubicazione di tali comandi. Nell'albergo Nizza sono accasermati una cinquantina di uomini della Brigata Nera "A. Padoan" con il loro comandante; ivi è pure il Comando della G.N.R. e una quarantina di uomini. Un centinaio di militari della X flottiglia MAS e cinquanta bersaglieri sono accasermati nell'albergo Corso. Invece il Comando generale tedesco ha preso alloggio nell'albergo Imperiale, ed ha a disposizione circa quattrocento uomini. A Coldirodi stanziano una ventina di bersaglieri, i quali compiono servizio di pattuglia nei dintorni del paese (12).
[...] Il presidio nemico di Molini di Triora viene rinforzato fino a raggiungere una ottantina di uomini i quali si recano quasi giornalmente di pattuglia nelle zone circostanti. Nell'estremo Ponente Ligure anche il presidio nemico di Apricale viene fortemente rinforzato per timore di forti puntate alleate. Giungono nella località alcune centinaia di uomini con molti quadrupedi (13).
Continua lo stillicidio di perdite della Resistenza: a Ciabaudo il 3 gennaio durante un rastrellamento cade sotto il piombo nemico il partigiano Nicolò Sardo (Scibrò).
Come ad Apricale i nemici rinforzano le loro difese a Isolabona con duecento uomini che hanno con loro molti cavalli, a Dolceacqua con circa trecento uomini. A Perinaldo con una ventina di zappatori col il compito di riparare la strada Perinaldo - San Romolo, a Baiardo con una Compagnia di bersaglieri, a Ceriana con centocinquanta soldati, compreso un Comando di Battaglione. A Bussana venti civili (a turno) lavorano alla polveriera, sorvegliati da alcuni Tedeschi; ogni notte le armi prelevate dalla stessa sono caricate su due vagoni ferroviari, spediti altrove. Batterie tedesche sono in postazione a Passo Muratone, a Gouta, a Margheria dei Boschi, all'Alpetta e a Montecarbone. Il 5 di gennaio giungono nella zona di Sanremo circa trecento SS Tedesche, addette ai rastrellamenti, comandate dal maggiore Cramer, specialista in materia (14).
Il 4° Distaccamento partigiano comandato da Isidoro Faraldi (Serpe), (II Battaglione della V Brigata), il 5 gennaio 1945 si trova accampato in un casolare in località Carpenosa (Valle Argentina), con la neve fino ai ginocchi, e ridotto malconcio e di numero, 25 uomini, compreso il commissario "Gino" [Gino Napolitano]. Nella notte dell'Epifania, uno dei tre uomini di guardia informa che stanno arrivando il comandante della Divisione Cascione, Vittorio Guglielmo (Vitò), e il commissario Ivar Oddone (Kimi), i quali consigliano di tenersi in allarme, come avevano già fatto con gli altri Distaccamenti, purtroppo tagliati fuori da ogni collegamento, con l'ordine tassativo di non attaccare il nemico. Il Distaccamento di "Piacenza" è dislocato ad Andagna, quello di Giovanni Zaffarano (Mia) in Glori, e quelli di "Gino", di Vincenzo Orengo (Figaro) e di Giobatta Moraldo (Olmo), sono dislocati nella zona di Vignai. Iniziato il rastrellamento, il nemico fa confluire tutte le forze su Badalucco.
[NOTE]
3  ISRECIM, Archivio, Sezione I, cartella 27. Da una relazione datata 31.12.1944 di Franco Bianchi (Brunero), responsabile SIM, alla V Brigata, che preannuncia i rastrellamenti su menzionati.
8  ISRECIM, CLN di Sanremo, cartella 104, lettera del CLN di Sanremo al Comando della "Cascione", datata 24.1.1945.
9  Come da nota 8.
10 Ibidem.
11 ISRECIM, Archivio, Sezione II, cartella serie T. Lo Zamboni viene fucilato perché riconosciuto come il feritore del capitano dei bersaglieri Franco Savi, della 9 ^ Compagnia, in una precedente azione. Prima di salire in montagna era già stato milite delle forze della Repubblica Sociale.
12 ISRECIM, Archivio, Sezione I, cartella 28.
13 ISRECIM, Archivio, Sezione I, cartella 28. lettera del SIM della V Brigata al Comando della Divisione Cascione.
14 Ibidem, cartella 28.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria). Da Gennaio 1945 alla Liberazione - Vol. IV,  ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005, pp. 103-106 

Curti Walter: nato a Sanremo il 1° agosto 1929, squadrista della Brigata nera “Padoan”, distaccamento di Sanremo.
Interrogatorio di Curti Walter del 28.5.1945: Mi arruolai volontariamente nella brigata nera di Imperia nel novembre del 1944 e assegnato al distaccamento di Sanremo dove sono rimasto fino al giorno 24 aprile
[...] Mi risulta che durante la mia degenza in ospedale, l’Impedovo con il Pelucchini, Siri, Nicco [n.d.r.: nel citato brogliaccio del distaccamento di Sanremo della Brigata nera, appare come Nicò; alcune fonti riportano per lui anche il triste soprannome di Gin (o Gim) Mano Nera] e Maselli, tutti della brigata nera, e due militari della SS tedesca, vennero in ospedale dove prelevarono un partigiano ferito e condottolo in un luogo un po' disabitato lo freddarono. Il Pelucchini ed il Nicco, assieme a reparti della SS, si resero colpevoli di tre delitti avvenuti nei pressi della Villetta alla vigilia del Natale del 1944. Sempre durante il periodo della mia degenza, seppi che reparti della brigata nera, unitamente a tedeschi, recatisi [2 gennaio 1945] sulle alture di Verezzo [Frazione di Sanremo], dopo un piccolo scontro, colpivano un partigiano [n.d.r.: Mario Emilio Zamboni, nato a Crikvenika, nell'attuale Croazia, il 16 settembre 1921] che per mancanza di munizioni aveva gettato l’arma e si era arreso e lo finivano a colpi di pistola. Poiché il partigiano si manteneva ancora in vita, un tedesco avvicinatosi gli scaricò sulla testa la sua pistola. Dichiaro che il Pelucchini, l’Impedovo ed il Nicco erano in piena collaborazione con gli appartenenti alla SS Italiana, numerosi fra i quali si distinguevano elementi italiani residenti all’estero.
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia, StreetLib, Milano, 2019    

[...] Il Fante Mario (o Mariano) Calabretti il giorno della dichiarazione dell’Armistizio con gli Anglo-Americani si trovava in servizio nel Nord Italia.
Per nulla intenzionato ad aderire alla Repubblica di Salò e combattere ancora al fianco dei tedeschi, si dette alla macchia e divenne partigiano, poiché anche per lui era molto difficile raggiungere le zone libere dell’Italia già sotto controllo alleato.
Messosi in contatto con quanti già operavano clandestinamente sulle montagne, si arruolò nelle formazioni costituite nel Comando 2a Div. d’Assalto “Garibaldi” della la Zona della Liguria “F. Cascione”.
Assunto il nominativo in codice di “Beten” combatte con il grado partigiano di “Garibaldino” tra le fila del 1° Battaglione della 5a Brigata.
Il 6 gennaio 1945 venne catturato da forze repubblichine durante un rastrellamento nella zona di Ciabaudo del Comune di Badalucco (Imperia) e portato a Villa Ober in San Remo (Imperia) dove fu tenuto prigioniero.
Immediatamente sottoposto a processo dal Tribunale Straordinario di Guerra della G.N.R. (Guardia Nazionale Repubblicana) con l’imputazione di "diserzione con passaggio a bande di ribelli e di favoreggiamento agli stessi", fu condannato a morte mediante fucilazione alla schiena.
La sentenza fu immediatamente eseguita nella città di Imperia.
Nella stessa seduta il Tribunale condannava un altro militare, tale Vice Brigadiere Zara Zeffiro, accusato di tradimento perché, pur prestando servizio nella G.N.R., aiutava i partigiani dando loro munizioni e viveri.
Anche quest’ultimo fu condannato a morte e la sentenza fu eseguita a Oneglia il 27 gennaio.
E, perché tale condanna avesse la funzione di deterrente nei confronti di altri militari alla macchia, la notizia della fucilazione di entrambi fu riportata persino su un giornale locale, “Il Quotidiano - L’Eco della Riviera”.
La triste vicenda del Calabretti fu ufficialmente confermata dal Ministero della Difesa il quale dichiarò che: "[..] il Fante Calabretti Mariano è deceduto il 6 febbraio 1945 a Imperia fucilato in base ad una sentenza emessa dal Tribunale Straordinario di Guerra [..]".
(da Nuccio Carriero, San Vito in guerra. La partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale, Ed. Arcobaleno San Vito dei Normanni, 2012)
Redazione,
Calabretti Mariano partigiano fucilato, ANPI Brindisi  

A fine gennaio si riunisce a San Remo, in Villa Clara, il Tribunale Straordinario di Guerra della Guardia Nazionale Repubblicana per giudicare Mario Calabretti e Zeffiro Zara, già ex militi, colpevoli di favoreggiamento di bande partigiane. Sono condannati a morte e fucilati alla schiena. Lo Zara cade il 27 gennaio 1945, il Calabretti a Imperia il 1 febbraio 1945
[...] Cosa di cui abbiamo già fatto cenno, il Tribunale Straordinario di Guerra della Guardia Nazionale Repubblicana si è radunato ad Imperia per giudicare il milite Mario Calabretti, imputato di diserzione con "passaggio a bande armate" di ribelli e di favoreggiamento di essi. E' condannato a morte mediante fucilazione alla schiena. La sentenza ha avuto esecuzione il primo febbraio 1945.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Op. cit.

domenica 17 luglio 2022

Donne partigiane che non si risparmiarono

Pigna (IM): una vista dalla zona di Lago Pigo

È doveroso  ricordare le tante donne della Resistenza, protagoniste dell’interessante ricerca e raccolta di testimonianze di Gabriella Badano, affidate sia alla storiografia locale e a documenti reperiti presso l’ANPI, l’Istituto Storico della Resistenza  di Imperia e i Comuni, oltre che alla narrazione di alcuni partigiani e delle donne della zona (“Ribelli per la libertà - Storie di donne della Resistenza nell’estremo Ponente ligure” e “In montagna libere come l’aria… le partigiane combattenti dell’estremo Ponente ligure”).
[...] “Il mio è l’unico paese [n.d.r.: Pigna (IM)] che si è ribellato al completo ai fascisti: abbiamo proprio impugnato le armi, magari abbiamo fatto poco, ma abbiamo cercato di non farli venire, nel luglio del 1944. Io, allora, assieme a mia mamma e a un’altra signora, di cui non ricordo il nome, sono andata a prendere le armi: sapevo dov’erano e le abbiamo portate fino al ponte di lago Pigo, che divide Castelvittorio da Pigna, dove c’erano quelli che avevano affrontato le camicie nere… (Ilda Peverello)
“Noi siamo cristiani, cattolici, osservanti, non potevamo essere fascisti! Lo facevo anche per l’italianità. Ho rifugiato tante persone… dall’8 settembre ho avuto sempre gente…Quando i tedeschi mi hanno portato via, avevo ancora gente in casa. La spia me l’ha fatta un irresponsabile: nove uomini e una donna, portati al tribunale Speciale a Sanremo, poi a Villa Magnolia, all’ultimo piano, unica donna…mi hanno interrogato prima i tedeschi poi gli italiani, poi mi hanno liberato, per poco. Quando ho saputo di essere di nuovo ricercata ho chiesto alle Suore dell’Istituto Marsaglia se mi prendevano e sono andata lì con mio marito” (Penelope)
[...] Nella primavera del 1944 molte donne, colpevoli di avere curato feriti o aiutato i partigiani, oppure  denunciate per antifascismo, raggiunsero i partigiani sui monti.
“Uscita di galera, in quei momenti in cui ognuno cercava di fare la forca all’altro per non rimetterci la pelle, trovarsi lì con loro, libera come l’aria, dopo che si è stati chiusi è una cosa bellissima.” (Sascia)
Dalla documentazione degli istituti storici risulta che migliaia di donne furono arrestate e torturate, centinaia furono fucilate o morirono in combattimento. In montagna furono accettate sia per i rischi corsi, sia perché respingerle significava condannarle a morte.
“Erano i primi di maggio del ’44. Appena salita in montagna ho incontrato Simon, che subito si gira a Curto (comandante prima zona della Liguria) e gli dice: ”Ma una donna in banda chissà come sarà trattata, eh… che non le facciano del male..” “Ci sono già gli avvertimenti!” gli ha risposto Curto. Se uno metteva le mani sopra una donna e questa non voleva, c’era la fucilazione. Questo fatto tutti lo sapevano, le voci corrono…” (Candacca)
Donne che non si risparmiarono.  
“Ho fatto tutto quello che hanno fatto gli altri; ho fatto l’infermiera, la staffetta, le marce come gli altri; delle volte, anche alle due di notte, montavo la guardia come tutti gli altri”. (Marì)
maria, Le donne della Resistenza nel Ponente ligure, skipblog, 25 aprile 2017 

Il 28 gennaio u.s. in Aurigo di Borgomaro di questa Provincia, circa 150 persone, in prevalenza, donne aggredirono con sassi e bastoni il comandante la stazione G.N.R. (carabinieri) di Borgomaro e tre dipendenti, mentre traducevano un renitente della classe 1925 poco prima arrestato. I militari per non essere soprafatti facevano uso delle armi, colpendo all'addome una donna, che successivamente decedeva. Un militare leggermente ferito ad una gamba da una bastonata. Il fermo del renitente veniva mantenuto. L'ordine pubblico ritornava subito normale.
Ermanno Durante, Questore di Imperia, Al capo della Polizia - Roma, Relazione settimale sulla situazione economica e politica della Provincia di Imperia, Imperia, 2 febbraio 1944

Non erano forse donne della Resistenza tutte le madri, le spose e le sorelle dei patrioti? Non erano esse stesse partecipi dei rischi e dei tormenti dei loro cari? Quante preghiere venivano pronunciate nelle case o nelle chiese per la salvezza dei propri congiunti!
Nei casoni e nei fienili, impropriamente chiamati ospedaletti da campo partigiani, in ogni ora del giorno e della notte le donne erano pronte ad accogliere feriti e malati per curarli, sfamarli e rincuorarli. E tra esse, le suore negli ospedali hanno offerto esempi di dedizione infinita, sopportabile da chi è retto da una fede trascendente che fornisce il duplice dono del sacrificio e del coraggio nell'affrontare la morte stessa con una serenità d'animo eccezionale e  consapevole.
Il servizio staffette nelle formazioni molte volte veniva svolto da ragazze che, attraverso sentieri mozzafiato, si recavano in zone distanti anche alcuni chilometri per portare circolari, notizie o segnalazioni.
E in banda la donna con il fucile in mano rivestiva il ruolo, tipicamente maschile, del guerriero in lotta. Sparava come l'uomo nell'impeto della battaglia, e della delicatezza della sua figura e del disagio tra quegli spari nulla doveva affiorare, perché in certe situazioni non poteva esistere debolezza o privilegio.
Quanti ruoli la donna abbia sostenuto nella Resistenza è difficile dire, perché se si possono descrivere fatti accaduti, mi pare non sia possibile penetrarne lo spirito, l'ispirazione, i moventi autentici per cui scatta l'azione. Ho cercato, comunque, di chiarire come la partecipazione della donna nella Resistenza italiana, perciò anche in quella imperiese, sia costituita da una vasta gamma di impegni ed abbia origine da svariate direzioni.
E mi rammarico per l'impossibilità di ricordare l'interminabile serie di interventi di donne nella lotta, perché una ricerca seria presenterebbe problemi pressoché insolubili ed un impegno gravoso anche per il fatto che tante protagoniste, veramente modeste ed aliene da riconoscimenti ed onori, non intendono fornire notizie sulla loro attività resistenziale, mentre altre, purtroppo, sono invecchiate, malate o scomparse. Ed ancora, come ho già accennato in altra parte, occorrerebbe per ognuno dei tanti argomenti, una singola pertinente pubblicazione.
In appendice a questo capitolo è riportato l'elenco delle donne partigiane, patriote e collaboratrici del movimento organizzato di Liberazione nella nostra provincia. Ma, prima dell'elenco finale, mi siano permesse alcune citazioni e qualche breve commento.
Pietro Roggerone, nel corso di un rastrellamento, viene arrestato e condotto a Sanremo con una decina di prigionieri in ostaggio; una ragazza, Anna Lanteri, riesce a far fuggire tutto il gruppo (1). Risulta inoltre che la coraggiosa ragazza abbia salvato addidttura una cinquantina di civili incappati in un rastrellamento. Successivamente sarà arrestata.
Le SAP non sono un'organizzazione prettamente maschile. Anche le donne sanno combattere: «... Nei primi mesi del 1945 i sapisti della III Brigata riuscivano a disarmare una quindicina di militari italiani e tedeschi. Azioni rischiose nelle quali si distinsero per il coraggio dimostrato anche le giovanissime sapiste Palma Bianca e Daolio Nanda, seguite da un folto gruppo di donne, quali Elena Caterina, Robino Carolina, Garibaldi Geromina, Trevia Elisabetta, Agnese Teresa, Bestoso Emilia, Piana Gilda, Verda Lucia, Vittoria Giobbia (Sanjacopo), ed altre della Val Steria che si adoperarono instancabilmente per la lotta di Liberazione...»  (2).
La professoressa Vittoria Giobbia (Sanjacopo), donna eccezionale il cui antifascismo è radicato ed autentico dirige le SAP femminili in Diano Marina. Organizzatrice abile e coraggiosa, lancia alla gioventù studentesca il suo appello alla lotta. Costituisce otto nuclei resistenziali: a Cervo, San Bartolomeo, Tovo Faraldi, Villa Faraldi e quattro a Diano Marina. Verso la metà dell'ottobre 1944 è ricercata dalle SS perché la sua abitazione in Diano Marina (al n° 1 di via Genova) viene riconosciuta come centro dell'attività clandestina. Fugge, ma non si rassegna. Riprende i contatti con l'organizzazione femminile di Imperia e, naturalmente, con quella di Diano Marina. Ritorna alla guida del movimento femminile ed è preziosa collaboratrice del CLN locale con i collaterali movimenti maschili della Resistenza. Donna di cultura, incaricata dei corsi di traduzione della Facoltà di lettere dell'Accademia di Digione, già dal sorgere del fascismo in Italia si era rivelata come una delle più acerrime nemiche della dittatura (3).
Alba Rizzo di Camporondo (Diano Borganzo) è la staffetta chein forma giornalmente i patrioti locali di stanza nei pressi di Diano Roncagli. Verso le 15 del 10 gennaio I945 un gruppo di Tedeschi, guidato da una spia mascherata, irrompe all'improvviso nella zona e minaccia di sorprendere l'accampamento dei garibaldini di «Stalin»; anche da altre due direzioni giungono colonne nemiche. La ragazza intuisce il pericolo, percorre la salita a perdifiato ed avvisa i partigiani che riescono a mettersi in salvo occultando il materiale. Alba è stremata: al giungere dei Tedeschi si butta a terra e si salva fingendosi morta (4).
Analogamente, il 2 agosto l944, un'altra ragazza, Lucia Ardissone, dopo un'estenuante corsa riesce ad avvisare una decina di giovani di Roncagli che dormono in una baita in località denominata «Piano della Chiesa», salvandoli perciò dalla morte (5).
Il 29 gennaio 1945 durante un rastrellamento Francesco Camiglia tenta la fuga attraverso i tetti, ma è ferito e chiede un disperato aiuto alla madre. Viene catturato e trascinato verso un albero di pero per essere impiccato. Gli passano il cappio intorno al collo. La madre, presa dalla disperazione raccoglie tutte le forze e si scaglia con un urlo straziante contro i Tedeschi che la respingono (6).
Povera madre, la Resistenza è fatta anche di te. Il popolo ti deve gratitudine, come gratitudine deve alla madre del sapista Augusto Vignola che, per tanti giorni, paziente e trepida di speranza, si avvia alle carceri di Oneglia con il pacchetto contenente il cibo per il figlio prigioniero. Patetica madre, tuo figlio è stato assassinato da alcuni giorni. Anche tua è la Resistenza [...].
[NOTE]
(1) Cfr. F. Biga, Diano e Cervo nella Resistenza, op. cit., pag. 100.
(2) Ibidem, pag. 186.
(3) Ibidem, pag. 236.
(4) Ibidem , pag. 195.
(5) Ibidem, pag. 114.
(6) Ibidem, pag. 200.
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992

senza data - Dalla I^ Brigata SAP "Walter Berio" -
"La Brigata è stata formata nell'agosto del 1944 con un organico di 80 uomini suddivisi in 9 Distaccamenti. Con piccoli colpi di mano ai danni del nemico si riuscirono a procurare 2 mitra, 80 moschetti e 30 pistole. Molti furono i nemici che furono convinti a disertare e che si diressero verso le formazioni di montagna. Si ebbe la collaborazione di alcuni agenti di custodia del carcere giudiziario, di alcuni infermieri dei vari nosocomi e di agenti della P.S., che fornivano importanti notizie circa i rastrellamenti. Alcuni datori di lavoro rilasciavano documenti di lavoro a garibaldini e sapisti, permettendo loro di poter circolare liberamente. Tra le azioni della Brigata si ricorda quella dell'ottobre 1944 contro la caserma dei pompieri, in cui venivano prelevate molte armi.
Furono reclutate delle donne che svolsero con molto coraggio compiti di staffetta e di collegamento.
Nonostante la stretta sorveglianza dell'U.P.I. di Imperia, venivano ospitati garibaldini della montagna.
Nel gennaio-febbraio 1945 l'attività della Brigata subiva un brusco rallentamento a causa degli arresti provocati dalla "donna velata".
da documento IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), "La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945)" - Tomo II - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

E pure morì sotto il martirio nazista l’animatore d'una delle prime bande a Baiardo: Brunati, il partigiano poeta. E la trista Germania inghiottì Lina Meiffret, prima partigiana.
Italo Calvino, articolo apparso sul numero 13 de La voce della democrazia, uscito a Sanremo martedì 1° maggio 1945

Rivedo Lina Meyfrett che pare sempre miracolosamente scampata ad un campo di concentramento e insieme ricordiamo Renato Brunati e Beppe Porchedddu...
Guido Seborga, Occhio folle, occhio lucido, Ceschina, Milano, 1968, ristampa Graphot Spoon-River, Torino, 2012, pag. 45

venerdì 31 dicembre 2021

Dal comando della Divisione SAP "Giuseppe Mazzini" di Albenga al comando partigiano...

Albenga (IM) negli anni 1940

Nonostante gli indiscutibili miglioramenti, Luigi Longo “Gallo”, comandante generale delle Brigate Garibaldi, giunto a Savona ai primi di luglio 1944 per visionare la situazione del Ponente ligure, non poté fare a meno di notare come il movimento garibaldino nel Savonese fosse tuttora meno sviluppato rispetto a quello della Prima Zona (Imperia ed Albenga); con tutto ciò, chiari sintomi di disgregazione dell’apparato poliziesco della RSI si avvertivano ora anche a Savona, e bisognava approfittarne senza remore. [...] Vi era poi un’altra questione sulla quale il CLN regionale ritenne suo dovere soffermarsi. Si trattava di certi contrasti tra i CLN di Albenga e di Savona determinati dal tardivo interessamento di quest’ultimo organismo per la parte occidentale della provincia. Preso atto dell’intensa attività degli albenganesi, che fin dagli inizi della guerra civile erano legati ad Imperia a causa della anomala struttura delle federazioni del PCI clandestino, il CLN regionale diede piena sanzione alla loro indipendenza operativa da Savona, invitando tuttavia a stringere contatti più stretti tra i due comitati e dando indicazioni sulle ripartizione delle cariche provinciali a guerra finita. La questione fu appianata in poche settimane <156.
156 (a cura di) INSMLI, Resistenza e ricostruzione in Liguria. Verbali del CLN ligure 1944/46, Milano, Feltrinelli, 1981
Stefano d’Adamo, "Savona Bandengebiet - La rivolta di una provincia ligure ('43-'45)", Tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 1999/2000

D: Vi sono mai state intromissioni del PCI (…) giudicate pesanti (…)?
R: No, non arrivavano mica. (…). Eravamo una brigata di periferia, più a ovest di questa zona, confinavamo con la Prima Zona Liguria, che era delimitata dalla strada Albenga - Garessio. Più in là non siamo mai andati. [Segue una breve conversazione relativa ad un equivoco sulla data di costituzione del “Torcello”, che è ottobre 1944 e non luglio].
[...] D: (…). Come mai è stato costretto ad inquadrarsi nei garibaldini? (…)
R: Lui [Marzola] non era inquadrato con nessuno. Non potevamo lasciare della gente che agisse per conto proprio. Avevamo un’organizzazione che doveva rendere conto; i distaccamenti rendevano conto alla brigata. Le nostre pattuglie rendevano conto al distaccamento. E uno che girava per conto suo armato, belìn, noialtri lo facevamo fuori se ci capitava tra le mani. Nell’Imperiese i tedeschi e i fascisti mandavano su della gente vestita da partigiani, addirittura con il fazzoletto rosso, che domandava dei partigiani… (…). Però quando i partigiani si sono resi conto, venivano su con tanto di “papiro” firmato dal CLN e li facevano fuori! Non interrogavano mica. Avevano ragione, perché avevano subito un sacco di perdite. E quello era un cane sciolto…
Intervista con Enrico De Vincenzi in Stefano d’Adamo, Op. cit. 

La Prima Divisione d’Assalto Garibaldi “Gin Bevilacqua”, inizialmente forte di circa 500 uomini, nacque ufficialmente il 30 gennaio 1945, con “Enrico” per comandante e “Vela“ (Pierino Molinari) per commissario politico; il Comando si appoggiava momentaneamente al distaccamento “Maccari”, ma avrebbe sempre mantenuto la sua base alle Tagliate.
Stefano d’Adamo, Op. cit.
 

15 febbraio 1945 - Dal comando del Distaccamento "Silvio Torcello" della III^ Brigata Garibaldi "Libero Briganti" della I^ Divisione "Gin Bevilacqua" [II^ Zona Operativa Liguria] al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che 6 ex appartenenti alla Brigata scrivente, fuggiti a dicembre dopo il rastrellamento nemico, razziavano, continuando ad autodefinirsi garibaldini, civili, per cui, siccome "da ottime segnalazioni" risultava che i 6 si aggirassero nella zona della Bonfante, si chiedeva di arrestare quei 6, "Maciste", "Salvatore", "Cancarin", "Morello", "Brindisi", "Pianta", e di trasferirli nelle mani della "Briganti". 

8 marzo 1945 - Dal CLN del Ponente Comitato di Liberazione Nazionale per la Liguria al CLN di Savona e p.c. al CLN di Albenga - "Genova, 8 marzo 1945  - Il Comitato di Liberazione Nazionale per la Liguria, preso atto dell'esposto presentato dal CLN di Albenga, dal quale risulta la notevole attività compiuta dal Comitato stesso, in condizioni di completo isolamento rispetto ai Comitati territorialmente superiori, e nel quale sono esposte lamentele circa il funzionamento del CLN di Savona a proposito dei suoi rapporti con la provincia e, in particolare con la zona occidentale di essa, fa presente a codesto Comitato: Il Comitato di Liberazione Nazionale per la Liguria approva e dà sanzione alla delega di poteri che per il periodo cospirativo il CLN di Savona ha concesso al CLN circondariale di Albenga. Il Comitato di Liberazione Nazionale per la Liguria ritiene assolutamente necessario che i contatti fra il Comitato di Albenga e quello di Savona siano costanti e frequenti. Altresì ritiene che a liberazione avvenuta il CLN provinciale tenga presente che siano rappresentati nelle cariche, ed in qualsiasi altro organismo che esprime la volontà antifascista della provincia, il CLN  di Albenga e gli interessi dell'antico circondario di Albenga, che si è acquisito particolari meriti in questi duri momenti della Lotta di Liberazione. Il CLN per la Liguria"

8 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 8, al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Trasmetteva le informazioni ricevute il 6 marzo dal Distaccamento "Torcello" della II^ Zona Operativa Liguria.

8 marzo 1945 - Dal comando della II^ Brigata "Nino Berio" al capo di Stato Maggiore della Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che era stato dato incarico a 2 garibaldini di ritirare gelatina ed esplosivo 808 inglese presso il Distaccamento "Torcello" [della II^ Zona Operativa Liguria]; che era fallita la missione per catturare la spia "Pipetta"; che era, invece, stata catturata ad Ortovero una donna sospettata di essere una spia, forse anche responsabile dell'arresto di "Tito".

21 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 224, al comando della III^ Brigata "Libero Briganti" della I^ Divisione "Gin Bevilacqua" [II^ Zona Operativa Liguria] e al comando del Distaccamento "Torcello" - Ringraziava per una fornitura di munizioni.

30 marzo 1945 - Dal comando della I^ Divisione "Gin Bevilacqua" [II^ Zona Operativa Liguria] alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della II^ Divisione "Felice Cascione" - Chiedeva informazioni sui movimenti nemici alla frontiera italo-francese [linea del fronte] dovendo inviare segnalazioni urgenti del proprio SIM alla missione alleata in Piemonte.

1 aprile 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 123 bis, al comando della VI^ Divisione ed al CLN di Alassio (SV) - Segnalava che il comando del Fascio Repubblicano era in possesso di un elenco di partigiani, consegnato dal maresciallo Gargano alle autorità repubblichine di P.S. e poi al Fascio e forniva i 29 nomi dei mentovati partigiani perché il CLN potesse avvertirli.

8 aprile 1945 - Da "Dario" [Ottavio Cepollini] alla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che stava indagando sul parroco di Pogli [Frazione di Ortovero (SV)] e sul podestà di Vendone (SV); che "Pipetta" era già stato nascosto dai tedeschi; che il 7 aprile i nazisti avevano requisito animali da traino per il trasporto di materiale bellico dai fortini alla stazione di Albenga; che si erano presi accordi con 7 militari della GNR di Albenga per il loro passaggio alle formazioni partigiane di montagna a condizione di portare 1 mitragliatore, 2 mitra, 4 fucili ed una cassa di munizioni...

10 aprile 1945 - Dalla I^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Gin Bevilacqua" [della II^ Zona Operativa Liguria] ai comandi della II^ Divisione "Felice Cascione" e della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"  Segnalava che un informatore repubblichino aveva dichiarato che i soldati di Salò dei reparti di Imperia, Albenga, Savona, Cadibona avevano ricevuto l'ordine di compiere un rastrellamento per aprirsi una strada in vista di un possibile sganciamento dalla riviera di ponente.

11 aprile 1945 - Dal comando del Distaccamento "Silvio Torcello" della III^ Brigata "Libero Briganti" [II^ Zona Operativa Liguria] al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava la necessità di un bombardamento in una località a 7 km. da Finale Ligure (SV), in cui erano dislocati circa 1.000 uomini ben equipaggiati, anche di armi pesanti, che in quella zona la popolazione appoggiava in gran parte la repubblica sociale e che le forze nemiche che presidiavano Bardineto (SV) e Calizzano (IM) [in Val Bormida] da alcuni giorni avevano abbandonato quei paesi.

13 aprile 1945 - Dal comando della Divisione SAP "Giuseppe Mazzini" [di Albenga (SV)] al Rappresentante [Robert Bentley, capitano del SOE britannico, ufficiale di collegamento alleato con i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] dell'Alto Comando Alleato ed al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava che come da accordi presi iniziava il servizio informazioni; che i tedeschi avevano asportato dal forte di Zuccarello tutte le munizioni; che facevano la stessa operazione dai magazzini situati nei pressi di Albenga; che l'11 aprile era transitato "da est ad ovest un camion con rimorchio carico di 70 fusti pieni di benzina"; che nella galleria tra Ceriale e Borghetto vi era un treno blindato, armato con 4 pezzi da 120 e con 2 mitragliatrici da 20 mm; che il nemico aveva intensificato la sorveglianza nelle valli vicine ad Albenga sino ad istituire un nuovo posto di blocco sulla strada Arnasco-Albenga-Coasco [Frazione di Villanova d'Albenga (SV)].

15 aprile 1945 - Da un'informatrice alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che il podestà di Stellanello (SV) era amico del commissario repubblichino di polizia Piccheddu di Alassio e che del dottor Massone, tornato a casa, non si sapeva se si sarebbe fermato a lungo.

17 aprile 1945 - Dal comando del Distaccamento "Silvio Torcello" della III^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Libero Briganti" della I^ Divisione "Gin Bevilacqua" [II^ Zona Operativa Liguria] al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Segnalava che il fotografo Aristide Piccioni, abitante con il fratello sarto a Briga [La Brigue, Val Roia francese, dipartimento delle Alpi Marittime], "esplica servizi di spionaggio a favore delle forze della RSI".

18 aprile 1945 - Dal comando della Divisione SAP "Giuseppe Mazzini" [di Albenga (SV)] al rappresentante dell'Alto Comando Alleato [ufficiale di collegamento, capitano del SOE britannico, Robert Bentley] ed al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che il 17 aprile erano transitati sulla via Aurelia in direzione ovest 2 camion, 6 auto, 5 autocarri tutti vuoti, verso est 1 camion coperto, 1 camion vuoto, 1 treno carico di paglia e fieno; che il presidio di Coasco era partito per il fronte; che il figlio del maggiore Vignola agiva come spia.

20 aprile 1945 - Dal comando della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 58, al comando della I^ Divisione "Gin Bevilacqua" [della II^ Zona Operativa Liguria] - Si comunicava che "in risposta alla richiesta sul movimento delle forze nemiche sulla frontiera italo francese le informazioni sono poco attendibili, dato che c'è continuo movimento e continuo spostamento delle forze verso la strada n° 28...".

23 aprile 1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che veniva inviata in allegato una lettera del "capitano Roberta" capitano Bentley] per la missione alleata dislocata presso la I^ Divisione "Gin Bevilacqua" [della II^ Zona Operativa Liguria]...

23 aprile 1945 - Dal comando della Divisione SAP "Giuseppe Mazzini" [di Albenga (SV)], prot. n° 60, al rappresentante dell'Alto Comando Alleato [capitano Bentley] - Segnalava movimenti nemici quali, sulla via Aurelia il 21 aprile 3 camion diretti ad est che trasportavano truppe ed un mezzo d'assalto, un treno da Ventimiglia per Savona carico di materiale, "Dalla stazione di Albenga sono stati caricati 40 carri agricoli, munizioni, mine e materiale vario diretti a Garessio via colle San Bernardo".

da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 - 1999

Russo Pierluigi: nato a Voltaggio (Al) il 2 giugno 1909. Ufficiale della Brigata Nera di Albenga
Rapporto dei carabinieri di Albenga del 24.6.45: Il dottor Russo Pierluigi giunse ad Albenga verso la metà del febbraio 1945 in servizio presso la locale brigata nera. Dimostrò subito particolare zelo nel coadiuvare la Feldgendarmerie di Albenga che in quel periodo spiegava una feroce attività di intimidazione attraverso l’uccisione di numerosi ostaggi. Il dottor Russo era coadiuvato dalla sua amante Andreis Anna, la quale esercitava la sua deleteria influenza sul maresciallo della Feldgendarmeria Strupp, di cui contemporaneamente ne era l’amante. Il dottor Russo vantava la sua appartenenza alla brigata nera e si dichiarava fervente nazifascista. Portava sulla manica destra della giubba la scritta “Per l’onore d’Italia”.
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia,  StreetLib, Milano, 2019 

Le cose si facevano più complicate all’estremità occidentale del dispositivo della divisione “Bevilacqua”, dove la Terza Brigata doveva affrontare una crescente pressione nemica sulle vie di comunicazione. Il mese [marzo 1945] si era aperto con alterni, fitti scontri e scaramucce di varia portata che denunciavano la lotta in atto per il controllo strategico della zona di Bardineto, dove confluiscono le strade provenienti da Albenga e da Borghetto Santo Spirito. Ma il 6 marzo la brigata mise a segno uno dei suoi colpi più brillanti. Durante la notte elementi del distaccamento “Torcello” penetrarono nell’abitato di Loano con l’aiuto e la copertura dei sapisti locali del “Boragine” e si diressero a colpo sicuro verso l’albergo Vittoria, dove era stata segnalata la presenza di un nucleo di polizia investigativa. Qui, a dispetto della sorveglianza nemica (non troppo vigile, in verità, dal momento che per ragioni di segretezza quasi nessuno sapeva dell’esistenza del centro di controspionaggio), i partigiani catturarono due esponenti dell’UPI tra cui Giovanni Illegittimo, che comandava lo spionaggio fascista tra Savona ed Alassio. Condotti in montagna, i prigionieri furono rapidamente processati e fucilati. Le prove per la condanna furono fornite dai documenti riservatissimi di cui i partigiani si erano impadroniti: si trattava di una notevole mole di documenti nei quali erano indicati con precisione molti esponenti dei CLN locali e delle SAP della zona tra Loano e Finale, tra i quali l’avv. Rembado, il maestro Acquamorta, Panizza, Orso e De Vincenzi senior. Subito avvisati, poterono mettersi al sicuro per tempo.
Stefano d’Adamo, Op. cit. 

Una vista sulla piana di Albenga

19 febbraio 1945 - Da Paolo Pini della Brigata Nera al comando della Brigata Nera di Alassio - Segnalava che alcuni "ribelli" avevano sottratto un autovettura Fiat, dal tettuccio apribile, di cui si fornivano numeri di targa, di telaio, di libretto di circolazione, affinché i dati fossero all'attenzione dei posti di blocco.
da documento IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit. Tomo II
 
Ad Albenga la brigata SAP “G. Mazzini”, con il riconoscimento della funzione del CLN circondariale ingauno, ottiene l’autonomia operativa sino alla fine del conflitto. Non risulta ufficialmente nell’organico della divisione imperiese “G.M. Serrati” anche se i rapporti con l’organizzazione a cui inizialmente faceva capo, non hanno avuto soste, e i contatti di collaborazione tra i combattenti imperiesi e i sapisti di Albenga sono ricorrenti.
Dalla relazione conclusiva dell’attività della Brigata SAP “G. Mazzini”:
“Successivamente le squadre SAP albenganesi vennero inquadrate nella Brigata SAP “G. Mazzini”, dislocata su tutto il territorio del circondario con i distaccamenti nelle città ed in ogni paese dell’entroterra. Le squadre per tutto il periodo della lotta effettuarono audaci colpi di mano contro i presidi nazifascisti; avvicinarono militari della RSI per persuaderli a passare nelle fila della Resistenza; svolsero servizio informativo (SIM), organizzarono collegamenti tra la montagna e la città e tra i vari CLN; prelevarono fondi, viveri, medicinali, armi e munizioni per l’invio regolare alle formazioni cercando di eludere i numerosi posti di blocco nazifascisti. La brigata SAP “G. Mazzini” … si trovò verso novembre ad agire in una situazione di grave pericolo. Nel periodo autunno 1944- inverno 1945 venne installata in Albenga la Feldgendarmeria nel palazzo INCIS: il luogo divenne tristemente famoso perché di qui vi passarono i sapisti della “G. Mazzini” ed i membri del CLN caduti nelle mani del “boia” Luciano Luberti… che eseguiva alla lettera le direttive di Himmler e di Hitler contro la resistenza e le inermi popolazioni dell’albenganese… Nelle celle del palazzo INCIS si ammassavano esseri umani dai volti sfigurati e sanguinanti: le percosse si alternavano alle più efferate torture. Peggior sorte toccò alle donne… Alla liberazione nelle fosse della marina furono riesumate 59 salme di patrioti orrendamente sfigurati. La brigata SAP “G. Mazzini” non figura negli organici della Divisione SAP “G.M. Serrati” di Imperia e “A. Gramsci” di Savona, in quanto forza militare alle dirette dipendenze del CLN circondariale albenganese. Pertanto seguì le varie modifiche politiche-organizzative che caratterizzarono il CLN di Albenga diretto da Emidio Libero Viveri.”
Redazione, Arrivano i Partigiani, inserto "3. Le squadre di Azione Patriottica nel savonese (prima parte)", I RESISTENTI, ANPI Savona, 2001

Il Comando di Zona di Savona aveva ricevuto da circa un mese le direttive del “Piano A” per la liberazione del territorio ligure stilate dal rinnovato Comando Militare Regionale Ligure (nel quale rivestiva la carica di vicecomandante l’ex ispettore delle Brigate Garibaldi per il Ponente Carlo Farini, che aveva mutato il suo nome cospirativo, “Simon”, in quello di “Manes”). In generale le SAP e i partigiani scesi a rinforzarle avrebbero dovuto affrontare una difesa cittadina statica, mentre i reparti di montagna si sarebbero dovuti impegnare contro una notevole massa di armati in rapido movimento per intralciarne la ritirata, in sintonia con le operazioni alleate. Quanto ai compiti specifici che il Comando Regionale aveva affidato alle unità del Savonese, la Seconda Brigata “Sambolino” avrebbe dovuto unirsi ad aliquote della divisione “Mingo” e recarsi in Sesta zona, sulla strada del Turchino, per bloccare ogni movimento di truppe verso Genova; la divisione “Bevilacqua”, oltre naturalmente a liberare Savona, era tenuta a bloccare i transiti sui colli di Cadibona, del Giovo, del Melogno e, in collaborazione con la divisione “Bonfante” della Prima Zona (Imperia), di San Bernardo di Garessio.  [...] Nelle prime ore del 25 aprile la Terza Brigata “Libero Briganti” scese ad occupare Vado Ligure con il supporto della brigata SAP “Corradini”; frattanto la Quarta Brigata “Carlo Cristoni”, escluso il distaccamento “Rebagliati” dirottato all’ultimo momento su Finale <81, ben rifornita di bombe da mortaio dopo un eccezionale “colpo” compiuto a Quiliano alcune notti prima, calava su Quiliano stessa e, spazzati via i residui capisaldi nemici perdendo un volontario (Amerigo Moschini “Zizi”), avanzava fino a Valleggia <82. A questo punto una fortissima colonna nemica, composta da tedeschi della Brandenburg che avevano già subito attacchi partigiani nella zona di Albenga, si avvicinò da ponente a Vado e, avuta notizia della presenza dei garibaldini, iniziò a cannoneggiare l’abitato per aprirsi la strada. Per evitare un’inutile strage di civili i partigiani ed i sapisti decisero di ritirarsi dalla cittadina risalendo le colline circostanti, e i nazisti ebbero via libera senza dover combattere. <83
[NOTE]
81. Mario Savoini (Benzolo), Cosa è rimasto: memorie di un ribelle, Savona, Editrice Liguria, 1997, p. 157.
82. Cfr. Giorgio Gimelli, Cronache militari della Resistenza in Liguria, ed. 1985, vol. II, Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, p. 832, Colpi di mortaio… cit., pp. 45 - 53, M. Calvo, op. cit., p. 410.
83. G. Gimelli, op. cit., ed. 1985, vol. II, pp. 832 e 833.

Stefano d’Adamo, Op. cit.

martedì 10 dicembre 2019

Agguato nazista al Molino dei Giusi

Imperia: uno scorcio di Oneglia

Dopo una breve consultazione decidemmo di spostarci sulle colline di Garessio o di Ormea per cercare notizie sulla "Volante" di "Cion" ["Silvio Bonfante"]. Ci dirigemmo verso la località Croce di Nascio [...] Attraversammo il Colle di Garessio, sfiorando il monte Berlino e, quindi, ci fermammo in valle Inferno. Fui colpito dallo sguardo degli abitanti di quella zona che ci videro denutriti, malconci e fradici di pioggia [...] partimmo per rientrare, dopo altra faticosa marcia e altra sete, nelle nostre zone in Liguria. Noi in località Fussai, sopra Evigno, la "Volante" a Cian del Bellotto, in valle Andora, dove era già stata in giugno [1944]. Nei vecchi accampamenti ci sentivamo vicini alle nostre case, vedevamo il mare, la nostra città [Imperia] nel piano [...]
L'ultimo giorno di luglio 1944 i partigiani Paolo Ferreri (Cigrè) e Giovanni Rattalino ["Giuanni"], ambedue della classe 1926, rispettivamente originari di Alassio (SV) e di Villa Viani [Frazione di Pontedassio (IM)], facenti parte del nostro distaccamento, di ritorno dal comando della IV^ Brigata [d'Assalto Garibaldi "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione"] dove avevano accompagnato un commissario, a Colle San Bartolomeo [in seguito ad una delazione] cadevano in una imboscata nemica: venivano catturati e fucilati sul posto.
Nella notte ne recuperammo i corpi e il comandante “Mancen” [ndr: Giuseppe Gismondi, in seguito comandante della I^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante"] dispose di fare loro, anche se modesto, un dignitoso funerale, almeno come quello fatto a Silvano Belgrano quando cadde nella battaglia del Pizzo d'Evigno [Diano Arentino (IM)] il 19 giugno 1944. Funerale che si concluse nella frazione Rossi del comune di Stellanello [in provincia di Savona] e fu l'unico per quanto riguarda i partigiani della I^ brigata.
Mancen” mi chiamò e mi disse di scendere a Oneglia [Imperia] per contattare un membro del C.L.N., che mi avrebbe dato dei soldi, dei documenti e, forse, una valigetta piena di bombe a mano. Inoltre alle Cascine dovevo passare dal fiorista Casale per ordinargli due piccoli cuscini di fiori per i due caduti, i cui funerali si sarebbero svolti il 2 di agosto.
Ricevuti gli incarichi, partii con il partigiano “Grillo”.
In serata eravamo a Oneglia, ordinammo i cuscini al Casale, quindi andammo a cercare la persona indicataci da “Mancen”, persona che, però, non riuscimmo a rintracciare.
Andai pure a salutare i miei genitori e mia sorella, i quali risiedevano qualche volta nella galleria antiaerea sita in via Santa Lucia.
Stabilito l'appuntamento con “Grillo” presso il Molino dei Giusi all'una dopo mezzanotte, circa alle ore 22 mi recai a ritirare i due cuscini e approfittai dell'occasione per andare a fare visita ad una persona che conoscevo e che abitava nei dintorni. Vi rimasi circa due ore, poi, presi i cuscini, mi recai all'appuntamento prestabilito con “Grillo” nella località sopra menzionata.
Trovai il mio compagno sul luogo e insieme ci incamminammo sul viottolo in salita che porta ai pini del Molle (noto avvocato onegliese). Ma ad un certo momento il “Grillo” si fermò e mi disse: “Sandro, mi pare di aver visto un lumicino, come se qualcuno si fosse acceso una sigaretta”.
Rimanemmo in attesa ed in ascolto. 
Dal Comando avevo saputo che nel luogo erano stati dislocati dei soldati della divisione fascista San Marco, ma che poi erano andati via.
Per questo motivo risposi a “Grillo”: Ti sarai sbagliato. Riprendemmo la marcia e proseguimmo per la salita.
Io andai avanti una ventina di metri, quando “Grillo” si fermò per soddisfare un bisognino.
In quel momento scorsi alla mia destra, presso una casetta diroccata, accucciata su un muro a secco, una persona (avevo raggiunto quasi i pini del Molle). In un attimo misi mano alla pistola e diedi il chi va là, ma non ebbi alcuna risposta; stavo per far fuoco, ma mi trattenni, pensando che in quel periodo le campagne vicine alla città erano gremite di sfollati a causa dei bombardamenti. Chiesi con più decisione allo sconosciuto la sua identità, minacciando di far fuoco se non si fosse dichiarato. L'uomo alzò la testa e io, contro il cielo, vidi il berretto, con la lunga visiera, della divisa estiva tedesca. Non mi diede il tempo di sparare perché, sempre da accucciato esclamò: "Ende ho! (Arrenditi!)" e nel frattempo esplose un colpo di tapum. Con un balzo mi buttai giù per una scarpata che era alla mia sinistra, iniziando, con tutta la mia agilità, una corsa folle. Neanche a farlo apposta, andai a finire in mezzo ad un gruppo di soldati tedeschi che si erano sdraiati nell'erba per non essere veduti. Ci avevano sentito salire e si erano nascosti, con la speranza di sorprenderci e catturarci.
Io proseguii la corsa come un fulmine tanto che i tedeschi rimasero sconcertati prima di muoversi.
Per non colpire i loro compagni, non mi spararono finchè non li superai (rivedo ancora la fiamma di un'esplosione alla destra del mio viso a meno di due metri di distanza... forse era l'ultimo tedesco che superavo).
Da quel momento iniziò un fuoco intenso; raffiche e fucilate mi seguivano mentre continuavo la folle corsa.
Era notte fonda per cui i tedeschi sparavano a casaccio e per questo motivo non mi colpirono.
Correndo, cadevo, mi rialzavo, ricadevo, le mie braccia e le mie gambe si scorticavano, tutto il mio corpo era sanguinante (dopo 50 anni porto ancora le cicatrici riportate in quella notte).
In fondo alla scarpata urtai con violenza contro il filo spinato di un recinto procurandomi altre ferite. Intanto i tedeschi venivano verso di me, muovendosi però lentamente perché guardavano dove mettere i piedi, ma sparavano ed io non potevo oltrepassare il recinto. Per salvarmi non mi rimase altro da fare che divellere, con la forza della disperazione, un paletto di sostegno.
È in quel momento che scoppiò vicina una prima bomba a mano. Non potei più attendere, mi buttai sopra il recinto quasi demolito e saltai nella fascia sottostante.
Fu la mia salvezza, perchè incominciarono a scoppiare dove ero prima altre bombe a mano (una scheggia di queste mi ferì sopra l'occhio sinistro).
Rimasi un poco intontito, poi sentendo i tedeschi vicini, ripresi la corsa, distanziandoli. Loro, che di munizioni ne avevano tante, continuavano a sparare alla cieca.
Giunto sul ponte di Costa d'Oneglia [Imperia], un'altra pattuglia tedesca che mi aveva scorto si mise a gridare annunciando ad altri camerati la presenza di un bandito: "Achtung eine partisan" ed un'altra parola incomprensibile, ma che tradussi con “Viene dalla vostra parte”.
Stavo andando nella direzione della pattuglia nemica.
Sentii l'avvicinarsi dei tedeschi, ma la zona era brulla e constatai che l'unica salvezza era quella di infilarmi in un grosso groviglio di rovi che mi trovavo davanti.
Così feci e mi salvai perchè i tedeschi non mi catturarono. 
All'alba cercai di orizzontarmi. mi trovavo in località Panegai [Imperia].
Scorsi una casetta, ma, sapendo che in zona (sempre vicino a Costa d'Oneglia) era piazzata una batteria tedesca di cannoni antisbarco, mi avvicinai guardingo all'edificio, sperando che non ci fossero sentinelle.
Non vedendone, mi avvicinai all'uscio, ascoltai e sentii una persona che russava. All'estremo delle forze, azzardai a chiedere aiuto a chi dormiva, mentre il chiarore dell'alba mi portava anche il vociare dei tedeschi che, ad intervalli, sparavano delle fucilate. Bussai alla porta e, con il cuore in gola, attesi una risposta, sperando che non fosse in lingua tedesca. Mi pareva che la risposta non arrivasse mai, pronto a scappare nuovamente se non fosse stata nella mia lingua. Quando dall'interno una voce, nella mia lingua, mi chiese chi io fossi, mi sdraiai sulla porta perché mi mancarono le forze. Sperai ancora in aiuto per cui con un filo di voce risposi: "A sun mi!". E l'altro: "Chi?" Allora mi dichiarai: "Sono Sandro Badellino".
L'uomo era il padre del partigiano Gustavo Berio (Boris) [ndr: in seguito vice commissario della Divisione d'Assalto Garibaldi "Silvio Bonfante"] che mi conosceva.
Chiesi aiuto perchè avevo molte ferite che mi ero procurato nel filo spinato e nel rovo.
Dissi all'uomo di non accendere la luce poiché i tedeschi, che mi cercavano, indubbiamente l'avrebbero scorta.
Mentre l'uomo mi apriva la porta per portarmi in una cucinetta, che credo non avesse finestre, mi disse: "Stai tranquillo, è un'ora che li sento sparare".
Accese una candela e, quando mi vide tutto sanguinante dalla testa ai piedi, si portò le mani sugli occhi chiamando la figlia Rosabianca.
Quando la figlia vide il mio stato, quasi svenne.
Mi fecero sedere, mi pulirono come poterono, e, non avendo altro, mi disinfettarono una grossa ferita sulla fronte e le altre che avevo per il corpo con alcool puro.
Provai un tale dolore che, se i tedeschi non fossero stati nelle vicinanze, il mio urlo si sarebbe sentito anche in grande lontananza.
Dato che il giorno incombeva, mi trascinarono come poterono sino ad una specie di casella rotonda, ad una cinquantina di metri dalla loro casetta.
Il buon vecchio mi disse di stare calmo in attesa di decidere sul da farsi.
A mezzogiorno la situazione era ancora molto critica. Ad una cinquantina di metri a monte del mio rifugio (mi pare presso il passo dei pali) i tedeschi avevano ucciso il partigiano Angelo Semeria, fratello del partigiano Bruno (Battaglia).
I miei conoscenti mi dissero che, anche se febbricitante, mi dovevano portare via. Mi presero quasi di peso (padre, figlia e Gustavo che nel frattempo era giunto) e mi trascinarono entro un piccolo ruscelletto incastrato in mezzo a due fasce. Con me rimase lo stesso Gustavo. Padre e figlia ci coprirono con dello sterpame, allontandosi quindi verso la loro casetta. Nel frattempo sentivo che i tedeschi cercavano il partigiano [...]
Verso l'imbrunire giunse il dottor Marvaldi [...] era il nostro medico di famiglia [...] Nella notte quattro patrioti della SAP mi portarono ad Oliveto [Imperia], nella casa della cara Manolla, suocera della famiglia Canale, che aveva una cameretta libera. Il dottor Marvaldi venne ancora qualche volta per medicarmi e venne anche mia madre che era stata avvertita di quanto mi era successo. Per non destare sospetti cambiava sempre itinerario quando veniva a trovarmi [...] Coloro che mi avevano inseguito avevano recuperato i due cuscini di fiori; li avevano messi su della terra smossa e alla gente che passava dicevano che ivi erano seppelliti due partigiani da loro fucilati. La notizia non resse perché fu smentita dai patrioti della SAP. Però la gente sapeva che qualche fatto era accaduto [...]
Fatto sta che le persone che mi videro in casa dei Canale (finita la guerra seppi i loro nomi) mi denunciarono ai fascisti, sicché alle 7 del mattino del 3 settembre [1944] oltre una ventina di soldati della divisione fascista San Marco vennero dai Canale per arrestarmi [...] Non mi trovarono. Coloro che mi avevano denunciato non sapevano che a notte fonda mi ero trasferito nella stanzetta in casa della Manolla.
Sandro Badellino, Mia memoria partigiana. Esperienze di vita e vicende di lotta per la libertà di un garibaldino imperiese (1944-1945), edizioni Amadeo, Imperia, 1998

Sandro Sandro Badellino. Entrò a far parte della Resistenza il 10 Maggio 1944, nella squadra comandata da Angelo Setti "Mirko", che operava nella zona del Monte Acquarone, tra la Valle Impero e la Val Caramagna. Quasi subito partecipò ad una prima fortunata azione alla Caserma "Siffredi" di Oneglia, che comportò un buon bottino di armi. In seguito passò nella formazione "Volante" di Silvio Bonfante "Cion" che agiva nella Val Steria (Testico, Rossi, Stellanello), e nella "Volantina" del Comandante "Mancen" Massimo Gismondi. Ai primi di agosto 1944, durante uno scontro, Badellino subì varie ferite che lo costrinsero convalescente per un mese dopo essere sfuggito alla cattura. Costretto nuovamente alla fuga dal suo rifugio in seguito ad una spiata, raggiunse il Bosco di Rezzo nella circostanza del famoso rastrellamento che si concluderà con la Battaglia di Monte Grande. Sebbene ferito, vi partecipò affiancando la squadra di mortaisti che, colpendo le postazioni tedesche da San Bernardo di Conio [Borgomaro (IM)], ebbe un ruolo determinante nella riuscita dell’operazione. In seguito ricoprì l'incarico di intendente presso il Distaccamento "Comando" di "Mancen". Il 25 Aprile 1945 scese ad Andora (SV) in qualità di Commissario di Brigata.
Vittorio Detassis