Visualizzazione post con etichetta Partito. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Partito. Mostra tutti i post

sabato 1 novembre 2025

Il primo febbraio 1944 il primo CLN Provinciale di Imperia veniva modificato

Imperia: uno scorcio da Viale Matteotti

E' al Partito Comunista Italiano che bisogna riconoscere il merito di aver organizzato e potenziato i Comitati di Liberazione nazionale nella provincia. 
Già da anni il P.C.I. aveva costituito ad Imperia una Federazione regolarmente inquadrata e a Sanremo una sua zona saldamente diretta. Fu perciò possibile a questo partito iniziare in piena efficienza, come già si è detto, la lotta subito l'8 settembre 1943; non solo, ma, non appena l'organizzazione dei Comitati di Liberazione centrali ebbe superato la fase preparatoria, entrare in contatto, a mezzo dei collegamenti già da parecchio tempo in funzione fra le diverse federazioni del partito stesso, con gli enti superiori per raggiungere anche qui l'unità necessaria al rafforzamento della resistenza contro il nemico. 
Nella città di Imperia le premesse per il raggiungimento della collaborazione fra i maggiori gruppi politici erano già in atto con l'esistenza del “Comitato di unione”, di cui si è fatto cenno, al quale aderivano i tre principali partiti: quello comunista, il socialista ed il democratico cristiano, questi ultimi due ancora allo stato embrionale, in quanto non possedevano in quel tempo una struttura vera e propria, ma soltanto uomini e gruppi rappresentativi. 
Le trattative per la trasformazione del Comitato di unione in un Comitato di Liberazione Nazionale, che, a differenza del primo, costituito su basi esclusivamente politiche, doveva agire sul terreno politico-militare, furono lunghe e non sempre facili. Occorreva superare difficoltà enormi dovute allo stato di terrore continuo in cui si viveva: impossibilità di riunioni e di discussioni; deficienza di collegamenti; e, non ultimo, prevenzioni e diffidenze e timori di ogni genere. 
Ma la volontà delle masse, che si esprimeva attraverso l'ostinato spirito di resistenza e lo sviluppo costante delle formazioni di montagna, ebbe ragione degli indugi e delle tergiversazioni: il 1° febbraio 1944 il C.L.N. Provinciale veniva definitivamente costituito ed assumeva, col riconoscimento degli organi superiori, la direzione della lotta, condotta fino allora quasi esclusivamente dal Partito Comunista, il quale con encomiabile spirito di fratellanza poneva a disposizione del nuovo Comitato tutta la sua organizzazione, l'unica veramente efficiente fino a quel momento. 
Il sorgere del C.L.N. Provinciale di Imperia può considerarsi, senza dubbio, un avvenimento capitale per la condotta della guerra di liberazione nella nostra provincia: da quel momento la resistenza contro il nazi-fascismo si trasforma da lotta di partito in lotta di tutto il popolo, senza distinzione di fede politica, e pure la nostra zona viene finalmente a possedere un organo di direzione regolarmente riconosciuto anche dal punto di vista legale, in quanto emanazione diretta del governo democratico italiano e perciò in grado di esercitare con pieno diritto, se pur in forma clandestina, i poteri e le funzioni del governo. 
I membri del C.L.N. provinciale di Imperia, che durò in carica sino alla fase ultima dell'insurrezione e si allargò poi dopo il 25 aprile con i rappresentanti di altri partiti, furono Gaetano Ughes (Giorgio), rappresentante del P.C.I. e segretario, Carlo Aliprandi (Lungo), A. M. [addetto militare], Ernesto Valcado (Sirco), rappresentante del gruppo socialista, Ugo Frontero, A. M., Carlo Folco rappresentante del gruppo democristiano, Amilcare Ciccione, A. M.  
Il lavoro che il Comitato di Imperia svolse, con la diretta e completa collaborazione della Federazione comunista e sotto la guida intelligente accorta ed instancabile del suo segretario Ughes, fu importantissimo e complesso. 
Vennero, innanzi tutto, potenziati i servizi di propaganda e quelli militari con la creazione di numerosi organismi ad hoc: una delegazione militare della 1^ Zona Liguria col compito di tenersi collegata, come ente sussidiario cittadino, alle formazioni armate operanti in montagna; una divisione di S.A.P. (Squadre di azione patriottica), la “Giacinto Menotti Serrati”, che in breve accentrò, con le sue numerose brigate, tutto il movimento delle squadre di città della Riviera; una formazione di G.A.P. (gruppi di azioni patriottica) di cui Nino Siccardi (Curto), fu il primo comandante, costituenti speciali squadre volontarie di punta e di assalto; per la città e il circondario di Imperia un S.I.M. (Servizio informazioni militare) con l'incarico di raccogliere e diramare ai S.I.M. di montagna, a quello di Sanremo ed ai servizi delle altre province, informazioni e rapporti militari e politici di ogni genere, di seguire e studiare i movimenti delle truppe nemiche, di collaborare con i servizi alleati, di mettere a punto piani di operazioni e di azioni; un ufficio intendenza con una speciale squadra finanziaria, per la raccolta ed il convogliamento in montagna che con Savona e Genova e con Sanremo; un centro di propaganda, fornito di tipografia clandestina, per la stampa di manifesti e volantini che venivano distribuiti o affissi in tutta la provincia; numerosi organismi economici, sindacali ed amministrativi per lo studio preventivo dei problemi relativi e delle misure necessarie da essere messe in atto a liberazione avvenuta. 
I risultati raggiunti, in condizioni sempre pericolose e spesso disperate, furono tali da superare ogni aspettativa, ed il successo finale dell'insurrezione, preparata e sviluppata attraverso mesi di lotta senza quartiere, sta a testimoniare quanto il C.L.N. compì. 
Oltre alla propaganda orale svolta ovunque nelle fabbriche, negli uffici, nei ritrovi, migliaia di manifestini furono affissi o distribuiti in città e nei paesi del circondario; decine di milioni in denaro od in merci vennero inviati alle formazioni di montagna. L'arruolamento e lo smistamento dei volontari della libertà non ebbe mai sosta; operazioni ardite ed estremamente rischiose vennero eseguite in città per mezzo del C.L.N. o in stretta collaborazione con nuclei partigiani, come, per citare qualcuno dei numerosi episodi, la liberazione di prigionieri politici dal reclusorio di Oneglia, l'esecuzione di spie e traditori, il prelevamento di armi, munizioni e viveri, il riscatto di ostaggi e, infine il salvataggio degli impianti portuali, di ponti, centrali elettriche, officine e magazzini, che rese possibile la immediata ripresa delle attività il giorno stesso della cacciata dei nazi-fascisti. Come fu opera del Comitato la preventiva organizzazione dell'amministrazione pubblica e la relativa assegnazione delle cariche cittadine, che evitò il disgregamento dei servizi a Liberazione avvenuta e dette il modo, il 25 aprile 1945, di iniziare l'opera di ricostruzione e di mantenere l'ordine e la legalità nella città e nel circondario con l'ausilio delle truppe partigiane.
Mario Mascia, L’epopea dell’esercito scalzo, A.L.I.S., 1946, ristampa del 1975 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia,  pp. 53-55

Nell'ottobre 1943, mentre l'azione organizzativa dei comunisti si sviluppava ulteriormente nella lotta, nella città di Imperia continuavano i contatti del centro con gli esponenti delle altre correnti politiche antifasciste, per giungere alla costituzione del primo Comitato di Liberazione Nazionale, nel mese di novembre 1943, così composto: Giacomo Castagneto (PCI), Giacomo Amoretti (PCI), Ambrogio Viale (DC), Filippo Berio (Pd'A) ed Ernesto Valcado (PSIUP). Questo primo Comitato completò l'organizzazione delle SAP cittadine, istituì il Servizio Informazioni Militari (SIM) partigiano, sostenne con ogni aiuto possibile i nuclei che si andavano formando, quali veri e propri gruppi partigiani in montagna. Il 17 novembre 1943 cadeva, in uno scontro con i fascisti, Walter Berio, il primo partigiano che immolava la sua vita per la libertà.
Dopo l'eroica morte di Felice Cascione in montagna (Alto, 27.1.1944), il Comitato decideva di inviare Nino Siccardi (Curto) a prendere il comando delle formazioni partigiane della I Zona Operativa Liguria. 
Il primo febbraio 1944 il primo CLN Provinciale veniva modificato in quanto, essendo stati individuati dai nazifascisti, i membri Viale e Berio dovettero allontanarsi, mentre Giacomo Castagneto, per disposizione del PCI, si trasferiva a Cuneo a dirigere la Federazione del Partito in quella Provincia, in sostituzione del compagno Barale, caduto durante l'incendio di Boves da parte dei tedeschi. Lasciò infine il CLN Giacomo Amoretti, pur restando nelle file dell'organizzazione della Resistenza a Imperia, per trasferirsi poi nei primi giorni di settembre 1944 a Genova, a far parte del Comando della Delegazione delle Brigate Garibaldi della Liguria. 
Il nuovo Comitato era subito riconosciuto dal CLN Regionale Liguria e durerà in carica dal primo febbraio 1944 alla Liberazione, con giurisdizione su tutta la Provincia di Imperia e sul Circondario di Albenga. Questa la formazione del nuovo Comitato: Gaetano Ughes (PCI), presidente; Ernesto Valcado (PSIUP); Carlo Folco (DC); Ugo Frontero (PSIUP), Carlo Aliprandi (PCI) e Amilcare Ciccione (DC), tutti e tre addetti militari. Allo scopo di coordinare l'azione militare, che andava oramai assumendo un ruolo di prim'ordine nella lotta di liberazione nazionale, veniva pure costituito, alle dirette dipendenze del CLN, un centro militare che riprendeva le funzioni del "triangolo militare" creato subito dopo l'armistizio e poi sciolto a fine novembre 1943, quando i suoi più attivi componenti erano stati inviati in montagna per organizzare le formazioni partigiane. Del Centro Militare, strettamente integrato nel gruppo politico del CLN e da questo dipendente, fecero parte, fino alla Liberazione, i tre addetti militari del CLN stesso, Carlo Aliprandi (Il Lungo), Amilcare Ciccione (Milcoz) e Ugo Frontero (Ugo). 
Nell'intento di garantire la clandestinità dell'organizzazione e sventare i continui tentativi della polizia nemica di annientarne gli organismi dirigenti, nonché onde evitare inutili dispersioni di energie, venne deciso di accentrare, per quanto possibile, nelle mani del presidente e segretario la gran parte dell'organizzazione politica (stampa e propaganda, organizzazione locale e gli svariati e delicati servizi di collegamento), anche in considerazione del fatto che il presidente era in grado di valersi, nell'espletamento delle sue funzioni, della già esistente organizzazione del PCI e dei suoi principali terminali nella Provincia. Anche gran parte della finanza venne affidata alle cure del segretario, il quale poteva così disporre sia dei fondi che giungevano saltuariamente dal Centro di Genova, sia di quelli raccolti o prelevati nella città di Imperia e nei centri della Provincia, e quindi provvedere di volta in volta, anche nei casi di emergenza, ai necessari finanziamenti, si trattasse delle forze operanti in città o delle formazioni partigiane in montagna, le cui esigenze si andavano facendo sempre più onerose e complesse con il crescere delle loro file. I membri del Comitato di Liberazione si riunivano periodicamente, quasi sempre con la presenza di uno o di tutti gli addetti militari. Nei primi mesi del 1944 le riunioni avvenivano una o due volte la settimana, poi, quando i tempi divennero più duri e la situazione si fece pericolosa, in media ogni quindici o venti giorni. Generalmente le riunioni avevano luogo nell'abitazione del segretario. Talvolta, quando si sospettava un pericolo, presso quella dell'avvocato Folco, di Valcado, o di uno degli addetti militari. In alcune occasioni, convegni vennero tenuti in caffè cittadini. Il Comitato, in seduta plenaria, esaminava nelle grandi linee il lavoro svolto nel periodo precedente e dava al segretario disposizioni per il lavoro da svilupparsi nel futuro. Naturalmente non sempre era possibile fissare in precedenza una linea di condotta precisa, poiché, dopo l'occupazione di Roma (2 giugno 1944), gli sbarchi alleati prima in Normandia (6 giugno 1944) e poi nella Francia Meridionale (15 agosto 1944), la situazione era pur sempre estremamente fluida e richiedeva continui adattamenti, e talvolta impensate soluzioni d'urgenza.
Francesco Biga e Ferruccio Iebole (a cura di Vittorio Detassis), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria) - vol. V,  Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016,  pp. 110,111

lunedì 19 luglio 2021

Dal sacrificio ultraventennale di Gilardi e di un buon nucleo di antifascisti imperiesi sorgono feconde premesse

Uno scorcio della Calata G.B. Cuneo del porto di Oneglia ad Imperia

Prima dell'entrata in guerra dell'Italia vi erano ad Imperia, come altrove, persone che si incontravano... appartenevano ai partiti politici dichiarati fuori legge dal regime... [molti] erano aderenti al partito comunista, che era il solo che poteva vantare una solida organizzazione clandestina. 
Altri appartenevano alle altre correnti: cattolica, socialista, liberale.
Non mancavano coloro che erano mossi solo dall'avversità al regime fascista.
A partire dai primi anni [del regime] ci furono numerosi arresti e processi ai danni di esponenti dell'opposizione al fascismo...
Nel 1928 vennero arrestati circa 50 giovani tutti appartenenti alla federazione giovanile comunista, capeggiati da Giovanni Giacomelli (Nino)...
... alcuni imperiesi parteciparono alla guerra civile spagnola nelle fila degli oppositori di Franco...
Reduci dalla guerra spagnola ritornarono alcuni combattenti che misero a frutto l'esperienza accumulata...
tra questi... Carlo Farini [con il nome di battaglia di Simon, dalla fine del 1944 Ispettore Generale della I^ Zona Liguria delle formazioni partigiane Garibaldi]... Lorenzo Musso [con il nome di battaglia di Sumi, dalla fine del 1944 Commissario Politico al Comando Operativo della I^ Zona Liguria] di Imperia... Giuseppe Vittorio Guglielmo  [con il nome di battaglia di Vittò, ma anche Vitò o Ivano, dalla fine del 1944 comandante della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione"]...
Negli anni fino al 1943 i gruppi antifascisti non ebbero una comune organizzazione...
l'organizzazione comunista era già efficiente...
quella del P.d.A. [Partito d'Azione] venne costituita ad Imperia verso la fine del 1942...
Le riunioni per riorganizzare i partiti antifascisti... dopo il 25 luglio 1943 [caduta di Mussolini] nonostante i... divieti del governo Badoglio.
Nell'agosto 1943 venne dato l'incarico al professor Strato di costituire il partito democristiano...
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999
 
Dai centri di raccolta di Figueiras e di Albacete se ne arruolarono una dozzina di queste parti coi repubblicani spagnoli, entrando nelle brigate internazionali: quattro caddero subito in combattimento nei primi scontri contro i falangisti. Nel frattempo il professor Parodi spiegava filosofia in còcina ligure e trascurava le riforme di Bottai, - ma va a spigolare -; qualche altro rifiutava il voi dalla cattedra come Giraud galantuomo o la Biglia la Drago e la Giobbia sempre recidive e sempre sorvegliate per antifascismo schietto.
[...] Sempre in quei tempi la folla, che tanto numerosa non si era mai vista in chiesa, straripava dalla collegiata di San Giovanni a Oneglia, quando don Boeri arciprete faceva predicare, bene in vista dalle balaustre, Giorgio La Pira e don Primo Mazzolari. Erano delle occasioni eccezionali, e a sentirli ci andavano anche quelli che a messa non ci andavano mai, neppure alla festa grande.
Più in dentro, nei paesi di queste valli aperte ai venti e alla pioggia, coi sagrati frusti, gli oratori erano più duraturi delle palestre della Gil; tra questa gente povera e tenace, sopravvissero fabbricerie e confraternite, coi registri rilegati in pelle di capra e le loro usanze guai a toccargliele.
Fra Ginepro cappellano della milizia arringava roboante i legionari d'oltremare per la quarta sponda, alé alla conquista; ma loro non ci capivano un tubo infastiditi dal sudore e dalla acidità di stomaco, fumando le milit.
Luigi Gedda faceva il tenente medico a Campochiesa, era di complemento, e nel frattempo collaudava l'azione cattolica pacelliana nella cella campanaria del Sacro Cuore di Albenga incitando jodel jodel ju ..., che era il suo grido va a sapere alla montanara, come lo voleva lui.
Moriva nella sua Casa rossa, tra le essenze salmastre i pini silvestri e i riflessi grigioargentei del Capo Berta, il poeta dei bimbi Angiolo Silvio Novaro, quello del «Cestello», rinomato assaggiatore d'olio e compilatore del testo unico per la quarta elementare, tutti balilla.
Gli fecero un funerale solenne, come a Oneglia non ne avevano mai visto, con feluca e spadino di accademico d'Italia sul cofano. Tutte le scolaresche in divisa della gioventù italiana del littorio venivano dietro bene allineate e coperte; finché il gerarca mandato da Roma in camicia nera, rappresentando il duce al cimitero, fece il discorso e tutti dissero - presente.
Giovanni Strato si ripassava in solitudine i momenti forti della storia locale per riparlarne coi suoi studenti, e allevava antifascisti in cospirazione coi fratelli Calvini, poi coi Serra.
Alla sera di nascosto a poco a poco traduceva Hitler m'a dit e i discorsi di Churchill, che ricopiava a mano, facendone delle copie per distribuirle a suo rischio e pericolo.
Nella tabaccheria di Amoretti a Porto, dietro un paravento, sotto il naso dei poliziotti, si rimontavano tutte le volte che facevano di bisogno i pezzi del ciclostile della cellula.
Poi Castagneto Elettrico smistava le copie de l'Unità sottobanco senza farsene accorgere, e proprio lì a due passi dalla questura fissava gli appuntamenti interpartitici della cospirazione.
I giovani cresciuti in sacrestia con don Gerini don Vìcari e don Montanaro, mostravano ai passanti l'Osservatore Romano con sussiego; magari non lo leggevano neanche perché era difficile, ma lo mostravano dalla tasca della giacca. Lo tenevano con la testata bene in vista sulla crocera per cimentare i fascisti che passeggiando avanti indietro facevano i bulli; erano i tempi che Trucchi e Faravelli ci sguazzavano da marpioni col regime, cuccandosi gli appalti uno sull'altro in Africa Orientale e in Spagna, quando andavano o venivano immanigliati a generali gerarchi ispettori e affaristi, con tutto il bataclan dei maneggioni che gli stavano intorno.
Dicevano perfino di una volta, quando Franco fu alle strette senza soldi per qualche manrovescio marocchino che gli era capitato all'improvviso: allora invece di valuta gli esibì in pagamento un treno blindato con tutto il munizionamento e gli accessori giusti per farlo funzionare, tutto in regola.
Osvaldo Contestabile, Scarpe rotte libertà. Storia partigiana, Cappelli editore, 1982, pp. 11-13
 
Già prima dell'8 settembre 1943, Andrea [Giovanni Gilardi] è in possesso di un curriculum di lotta eccezionale.
Nato ad Oneglia il 24 giugno 1903, da Stefano e da Giuseppina Bonavera, a diciassette anni si trova impegnato nella lotta operaia per l'occupazione delle fabbriche. Nel 1923 passa tra i militanti del PCI. Il fascismo comincia ad imperversare; ma Gilardi non cede. Nel 1927 è inviato in Russia per compiervi degli studi presso una scuola di partito. Rientra nel 1930 per riprendere il suo posto di rischio nella trincea dell'antifascismo. Ma, nel frattempo, la polizia segreta, avendo identificato in lui uno dei più strenui combattenti sovversivi, pericolosi al regime, lo fa sorvegliare durante tutte le tappe del ritorno verso l'Italia attraverso l'Europa. Sicché, dopo alcuni mesi di vita cospirativa dal suo arrivo in Italia, viene arrestato a Treviso e sottoposto al giudizio del Tribunale Speciale Fascista che, con sentenza n. 7 dell'11 marzo 1931 (presidente Tringali, relatore Presti), gli commina la pena di dieci anni di carcere e tre di sorveglianza speciale. Per sopravvenuta amnistia, nel 1934 «Andrea» esce dal carcere di Civitavecchia. È sorvegliato, ma ciò non lo fa desistere dal suo impegno e rientra ad Imperia per riprendere l'attività cospirativa.
Dal sacrificio ultraventennale di Gilardi e di un buon nucleo di antifascisti imperiesi, sorgono feconde premesse anche nella nostra provincia per un'altra forma di lotta, ultima battaglia per chiudere il conto con la dittatura in Italia.
«Negli anni della clandestinità (1927-1943) hanno sempre funzionato delle cellule di fabbrica e di strada; numerosi sono stati gli arrestati, alcuni di essi confinati e condannati dal Tribunale Speciale. Questi precedenti spiegano perché fu possibile dar vita - successivamente - ad un forte movimento partigiano della zona». Sono parole di Gilardi che, come al solito, ricerca per ogni effetto la sua causa.
Giunge l'8 settembre 1943. La polizia va allo stabilimento Italcementi di Oneglia per arrestarlo, ma egli riesce a saltare il muro di recinzione, perché avvertito dai suoi amici operai. Si rifugia con Cascione in località Magaietto e, in un vecchio casone, nasce uno dei nostri primi gruppi partigiani.
Gilardi ha quarant'anni di vita e già ventitré anni di lotta!
Ora, la sua battaglia riprende sotto altre forme perché il popolo può imbracciare un fucile. La Resistenza richiede nuovi impegni e dà inizio a quella metamorfosi per cui cadono, come foglie secche sotto il soffio del vento autunnale, certe effimere impalcature e ne sorgono di più solide e resistenti. Sta morendo l'epoca del passa-foglietto e del tremebondo ed inutile sussurro antifascista.
Sono chiamati a raccolta i combattenti autentici e, tra essi, per primi, quelli dell'antica lotta, affinché consegnino e trasferiscano alle giovani generazioni il bagaglio della loro esperienza e del loro coraggio. Tra i primi organizza i nuclei armati della montagna. È con Felice Cascione, Giacomo Amoretti (Leonida), Nino Siccardi (Curto), Giacomo Castagneto (Elettrico), Giovanni Giuseppe Garibaldi (Biondi) nelle riunioni per la preparazione della lotta armata.  
Il  compito è gravoso, duro oltre ogni dire, rischioso.
A  fine settembre, giunge ad Imperia Giancarlo Pajetta (Nullo), vice comandante delle Brigate d'Assalto Garibaldi in Italia. Dopo una riunione in casa di Giacomo Castagneto, nel corso della quale è affidato a «Curto» il Comando dei GAP, Gilardi accompagna Pajetta in località «Cappelletta» del monte Acquarone dove, in un raduno dei primi esponenti partigiani, prende corpo l'inquadramento delle formazioni armate in distaccamenti dotali di comandanti e di   commissari.
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992 

1945, Savona, Teatro Chiabrera - Primo Congresso Provinciale del P.C.I. - Al microfono Emilio Sereni, a fianco Giovanni Gilardi - Fonte: Quelli del P.C.I. Savona 1945-1950, Op. cit. infra

Il PCI, dotato di un’organizzazione ramificata in tutti i principali centri della Provincia di Savona, era indubbiamente la forza politica più pronta a suscitare e sostenere un movimento guerrigliero antifascista. Tra l’altro, due suoi esponenti, Amedeo Isolica e Libero Bianchi, avevano combattuto nella guerra di Spagna <50. Così, già in settembre, nuclei di militanti comunisti furono inviati in alcune località montane della provincia a formare le prime unità “ribelli”. Destinati alla montagna furono in particolare coloro che per noti precedenti politici non avrebbero potuto proseguire l’attività in città; tanto più che i fascisti avevano compilato un elenco di 200 “sovversivi pericolosi per l’ordine e la sicurezza dello Stato”, ed attendevano solo l’assenso del Comando tedesco per “impacchettarli” <51.
Incaricato di avviare alle basi di montagna i militanti comunisti era Giovanni Gilardi: egli impartiva loro le prime istruzioni, indicava le località “sicure” dove insediarsi, spiegava come mantenere i contatti. In tal modo una trentina di ex operai, ciascuno con 200 lire fornitegli dal PCI, salirono da soli o a piccoli gruppi verso i monti dell’entroterra <52. Furono quattro i nuclei partigiani a totale o prevalente orientamento comunista che si formarono in settembre nel Savonese <53. [...] Mentre i partigiani di montagna si riorganizzavano, [Savona ] il capoluogo visse pagine di storia fra le più tragiche. Il malcontento degli operai, mai sopito, riesplose nella seconda metà di febbraio 1944 con lo sciopero dei dipendenti della Scarpa & Magnano, indignati per i mancati aumenti salariali che pure l’azienda aveva promesso. Il sindacalista fascista D’Agostino, invece di placare gli animi, si schierò con la dirigenza, il che fece imbestialire gli operai. La vicenda si chiuse con quattro operai arrestati e molti altri minacciati: l’agitazione, prematura e isolata, era stata un fallimento, e la fabbrica non partecipò al grande sciopero del 1° marzo. Questo fu organizzato per tempo, a livello nazionale, in base alle direttive del Comitato Segreto di Agitazione per il Piemonte, la Liguria e la Lombardia, che per l’occasione aveva diffuso un manifesto rivendicativo. Proprio in vista dello sciopero, inteso più che mai come atto di guerra contro il fascismo, il 28 febbraio tornò a Savona Giancarlo Pajetta, il quale, stabilitosi in una casa di via Poggi insieme a Giovanni “Andrea” Gilardi (da dicembre segretario della Federazione savonese del PCI, in sostituzione di Libero Briganti aggregatosi ai partigiani imperiesi), organizzò l’agitazione inviando staffette nelle principali fabbriche cittadine.
[NOTE]
50. Badarello - De Vincenzi, Savona insorge, Savona, Ars Graphica, 1973, p. 54.
51. Ibidem, p. 62.
52. Ibidem, p. 62.
53. Per i gruppi e la loro dislocazione vedi Badarello - De Vincenzi, op. cit., p. 64; cfr. G. Gimelli, Cronache militari della Resistenza in Liguria, Farigliano (CN), Milanostampa, 1965-69, vol. I, p. 84
Stefano d’Adamo, "Savona Bandengebiet - La rivolta di una provincia ligure ('43-'45)", Tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 1999/2000
 
Dal 1940 al 25 luglio 1943 gli antifascisti si fecero più numerosi, diventarono più attivi, e si formarono dei veri e propri gruppi clandestini tendenti deliberatamente ad abbattere il fascismo.
Lo scrivente, prof. Strato, come esponente dei gruppi da lui creati ed organizzati, già attivi nel 1940, e che comprendevano circa un centinaio di persone in Imperia e fuori di Imperia, venne a contatto con esponenti di altri gruppi e con altri antifascisti. In queste pagine si limiterà a ricordare qualche persona isolata e alcuni fra gli esponenti di gruppi che, durante la guerra o subito dopo, svolsero una certa attività o ebbero qualche mansione, mentre spera di potere essere più completo in un eventuale studio più ampio. Così vengono ricordati specialmente: l'ing. Vincenzo Acquarone, con gli Oddone Ivar e Bruno, con Eliseo Lagorio, con Todros Alberto, con Carlo Carli e con altri: il prof. Bruno Giovanni, con Ugo De Barbieri di Genova, con Gazzano Federico, col sergente Alfredo Rovelli di Sanremo, e con altri; il rag. Giacomo Castagneto; Felice Cascione; Magliano Angelo (residente a Milano); l'avv. Ricci Raimondo; i proff. Giuseppe Maranetto e Letizia Venturini; la prof.ssa Costantino Costanza (residente a Torino): i Calvini (Nilo e Giovanni Battista o «Nanni») di Bussana; Lorenzo Acquarone, di Artallo; Nino Siccardi (poi «Curto») *. Ognuna delle persone sopra ricordate, e altre collegate con esse, che non abbiamo potuto elencare perché nel presente volume è solo possibile accennare brevemente a questo argomento, avevano a loro volta una cerchia più o meno vasta di amici, ad essi uniti per lo stesso fine e con lo stesso ideale. I gruppi, per lo più, si tenevano in contatto per mezzo dei principali esponenti; e persone e gruppi costituivano una fitta rete cospirativa, che svolgeva un'attività particolarmente intensa.
Dei gruppi costituiti e diretti dallo scrivente fecero parte, fra gli altri, Enrico e Nicola Serra e Sergio Sabatini.
* Dietro invito di Magliano Angelo, fatto in una delle molte riunioni clandestine tenute in casa dell'Ing. Vincenzo Acquarone, alcuni di noi, fra cui lo scrivente, avevano prenotato e poi acquistato copia del volume «Presupposti di un ordine internazionale» di Guido Gonella, Edizioni <<Civitas Gentium», Città del Vaticano, 1942.
Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, p. 59
 
Nell’ottobre 1943 complessivamente il PCI nel circondario savonese ha una settantina di iscritti in città e nelle fabbriche <12, poco meno di quanti erano vent’anni prima quando il Partito era alla vigilia di entrare nella clandestinità, e non si hanno immediati miglioramenti nel reclutamento se nel novembre seguente gli iscritti al PCI a Savona e provincia sono ancora solo una sessantina, compresi fra gli sparsi in provincia quelli già in montagna nei primi gruppi di partigiani, ma nei mesi successivi la situazione migliora [...]
12 Riferisce il nuovo segretario federale Giovanni Gilardi che “… [nell’ottobre 1943] … Il Partito a Savona aveva mantenuto sino ad allora la caratteristica dei «pochi ma buoni», - Si contavano quindi poche decine di iscritti nei vari stabilimenti e in città. …” (GILARDI), ma sembra un po’ ottimistica la constatazione subito dopo che “… Un intenso lavoro di proselitismo aggregò al Partito alcune centinaia di iscritti, organizzati nelle fabbriche e in cellule di strada. …”, mentre “… [nell’ottobre 1943] Contemporaneamente i compagni rimasti in città, … dovevano superare molto spesso, nelle loro stesse file, un pericoloso settarismo che impediva lo svilupparsi dell’organizzazione e contro il quale furono emanate disposizioni …” (Relazione, p. 3), e “… L’attività politica di questo periodo si esplicò principalmente nel combattere il settarismo, …” (Sunto, p. 3); Giovanni Gilardi (Oneglia 24-6-1903 [Imperia], operaio, espatriato nel 1927 in Unione Sovietica da dove nel 1929 raggiunge la Francia per poi rimpatriare nel giugno 1930, “giovane pericoloso ed esaltato delle sue idee” arrestato a Treviso il 26-8-1930 quale corriere del PCI e per  organizzazione comunista, condannato l’11-3-1931 dal TS a 10 anni [condonati 2] di reclusione [a Civitavecchia], liberato il 25-8-1934 per amnistia <Af>; partigiano Andrea dal 1-11-1943) segretario della Federazione comunista savonese da ottobre 1943 (GILARDI, e Sunto, p. 3), sostituendo Libero Briganti, all’inizio di maggio 1944 (inviato al Comando della 6ª Zona ligure a Genova quale commissario e poi ispettore della Delegazione delle Brigate Garibaldi), sostituito da Raffaello Paoletti (SCAPPINI, p. 121) che nello stesso incarico sostituirà poi a metà febbraio 1945 (per essere nuovamente sostituito dallo stesso Paoletti da maggio a fine luglio 1945 quando ancora riassumerà l’incarico di segretario della Federazione savonese del PCI), e da metà aprile 1945 e nei giorni dell’insurrezione commissario della 2ª Zona ligure.
Guido Malandra (scritto nel marzo 2003), L'organizzazione comunista di base a Savona durante la Resistenza in (a cura di) Giancarlo Berruti - Guido Malandra, Quelli del P.C.I. Savona 1945-1950, Federazione D.S. Savona, 2003
 
Io mantenevo i miei contatti con Recagno, ma - se non ricordo male - a gennaio del ’44 prese direttamente contatto con me Andrea Gilardi nuovo segretario della Federazione (dopo lo spostamento ad Imperia di Libero Briganti) che riteneva opportuno un suo collegamento diretto con i giovani.
La nostra sede, che ospitava anche la tipografia che stampava il giornale oltre a molto altro materiale e cioè via De Mari 2/A era il luogo dove Gilardi veniva sovente ad incontrarmi annunciandosi con un particolare suono del campanello.
Un giorno, mi pare verso la metà di febbraio, venne Gilardi con un altro compagno che mi presentò col nome di battaglia (seppi dopo che era Giancarlo Pajetta) il quale mi chiese se poteva dare un’occhiata alla casa.
Guardò le varie stanze e poi mi disse che il P. preparava uno sciopero generale per i primi di marzo e se io ero d’accordo di fornire la base di collegamento, coordinamento e trasmissione notizie per quanto riguardava le fabbriche
nel Savonese. Dissi che avrei parlato con i compagni della segreteria del fronte e che pensavo non ci sarebbe stata difficoltà per una risposta positiva. E così fu.
Gilardi mi disse che Pajetta aveva studiato le vie di accesso (molteplici) per le staffette, giudicato positivamente anche l’ubicazione e la qualità dello stabile (in casa signorile). Si dovevano ospitare staffette eventualmente anche di notte; avere qualcosa da dar loro da mangiare, eventuali cambi d’abito, ecc. Gilardi mi disse che avrebbe provveduto per quanto necessario e, tra l’altro, mi portò 4 tessere del pane con i relativi bollini di prelievo. Sennonché mi accorsi che le tessere erano intestate e, fra le 4 intestazioni, vi era anche Carlo Aschero che io conoscevo da tempo perché, ben prima della guerra, andavamo a sciare assieme (e tra l’altro mi fece piacere apprendere che era dei nostri). Feci sparire le intestazioni (lamentando poi con Gilardi la grave violazione delle regole cospirative) ottenendo egualmente il pane con i soli bollini. Lo sciopero nel savonese andò bene e così anche in Valbormida nel Levante e a Ponente e l’andirivieni delle staffette fu enorme.
Giuseppe Noberasco, Il contatto con il Partito in (a cura di) Giancarlo Berruti - Guido Malandra, Quelli del P.C.I. Savona 1945-1950, Federazione D.S. Savona, 2003
 
Ebbi il mio primo vero contatto con il Partito Comunista all’inizio del 1944 quando incontrai Carlo Aschero che avevo già conosciuto alla “Scarpa e Magnano”. Dopo una lunga discussione sugli ideali del Partito e la lotta di liberazione dal fascismo, mi inserì a tutti gli effetti nell’organizzazione. Allora non vi erano tessere o organismi dirigenti come li conosciamo oggi. Il Partito non si vedeva, ma la sua presenza si sentiva ovunque, nelle fabbriche, come nei quartieri, in ogni comitato ufficiale o spontaneo lì c’era almeno un comunista. Il gruppo dirigente non si conosceva, ognuno di noi faceva capo ad un responsabile per una determinata mansione e aveva contatti solo con alcuni compagni, la rete complessiva era ignota. I dirigenti venivano spostati in altre città, ad esempio Andrea Aglietto fu mandato a Genova, mentre da Imperia venne a Savona Gilardi. Per contattarci avevamo parole d’ordine, si circolava per strada con segnali di riconoscimento, un giornale, una fascetta, un fiore erano la nostra carta di identità [...] E’ durante una perquisizione della milizia nella sede di Via Buscaglia che fui arrestato e portato nelle carceri di S. Agostino. Dopo questa avventura, su indicazione di Carlo Aschero, portai a compimento numerose missioni di varia natura sempre nell’ambito della Resistenza. Il primo contatto con Gilardi, dirigente comunista di Imperia, divenuto poco dopo la Liberazione Segretario della Federazione di Savona, lo ebbi in via S. Lorenzo, nel febbraio del ’45, quando oramai il clima della vittoria era nell’aria. Evidentemente era stato già informato della mia attività clandestina poiché dopo una breve chiacchierata mi disse: “Ernesto, dopo la Liberazione tieniti disponibile perché verrai a lavorare in Federazione”.
Edoardo (Ernesto) Zerbino (Testimonianza del 2 ottobre 2002) in Quelli del P.C.I. Savona 1945-1950, Op. cit.
 
Nella borgata di Né Murie, proprio nei giorni precedenti lo sciopero del 1° marzo ’44, aveva preso a funzionare una “stamperia” in una vecchia casa disabitata. La dirigevano due giovani, Carletto e Vincenzo Parodi. Gli attrezzi di lavoro, una macchina da scrivere, un vecchio ciclostile e materiale occorrente per le copiature erano tenute nascoste da una botola intagliata all’interno della casa. Si trattava dunque di un piccolo laboratorio, che per tutto il periodo della lotta partigiana passò inosservato. Le notizie qui arrivavano e da qui uscivano come copie, in abbondanza per poterle diffondere nelle fabbriche, nelle città e molte volte anche fatte recapitare ai partigiani in montagna <122.
Iniziava così un nuovo modo di reagire silenzioso, compatto, coinvolgente giovani, donne, famiglie intere. Il problema del momento era però anche quello di muovere le masse. Contro l’organizzazione militare fin troppo efficiente dei tedeschi e la brutalità dei loro fiancheggiatori fascisti c’era bisogno di una grande mobilitazione operaia e contadina.
L’organizzazione clandestina dell’intera provincia di Savona si era dedicata molto attivamente alla preparazione di un nuovo sciopero: collegamenti con altre province liguri, piemontesi e lombarde vennero anche faticosamente attivati e furono pure organizzate delle staffette tra le diverse fabbriche della provincia <123.
Tutti i partiti furono coinvolti; per il partito comunista ritornò a Savona il 28 febbraio del ’44 Giancarlo Pajetta che con Andrea Gilardi da poco segretario della Federazione provinciale diressero l’agitazione dall’abitazione di Via Poggi <124.
A Vado Ligure i preparativi per lo sciopero erano da tempo avviati: i Comitati di Agitazione di molte fabbriche, il Comitato di zona del PCI <125 e lo stesso C.L.N. di Vado 126 fin dai primi mesi del ’44 stavano mobilitando con ogni mezzo i lavoratori per metterli al corrente della situazione, per far loro conoscere i piani di intervento, e per spingerli alla lotta dall’interno delle fabbriche. Così in ogni centro industriale il 1° marzo del ’44 a livello nazionale ebbe inizio uno dei più imponenti scioperi generali.
Si trattava di un vero e proprio evento in Europa; nei “domini nazisti” non si era mai vista una prova di forza del genere e per Vado operaia si trattava di una dimostrazione politica di straordinaria efficacia.
Purtroppo l’organizzazione militare clandestina savonese non fu in grado di appoggiare l’agitazione dall’esterno, come invece era stato previsto. Savona scontava ancora le perdite per gli arresti subiti nei mesi di gennaio e di febbraio ’44 dei suoi uomini migliori <127 per cui non riuscì a creare i necessari diversivi per le forze nemiche. La reazione delle truppe fasciste e germaniche si trovò il fronte savonese spianato e poté quindi impiegare tutte le forze nei punti caldi delle agitazioni. Quasi tutte le fabbriche, quelle di Vado in particolare, subirono quasi nello stesso giorno rappresaglie durissime. Complessivamente gli arresti furono più di 40.
A Vado la ferocia nemica colpì subito i membri delle varie commissioni di fabbrica e molti lavoratori scioperanti.
[NOTE]
122 G. Saccone, La valle rossa, op. cit., p. 79
123 Testimonianza di A. Tessitore in arch. Badarello.
124 Testimonianza di A. Siccardi.
125 Testimonianza di P. Borra.
126 Testimonianza di P. Borra.
127 Cfr. Appunti di G. Amasio relativi ai primi mesi del ’44.
Almerino Lunardon, La Resistenza vadese, Comune di Vado Ligure, Istituto Storico della Resistenza e dell’età Contemporanea della provincia di Savona, 2005
 
«Menicco» [Giacomo Amoretti] è di quei combattenti che paiono scolpiti nella roccia, tanto duri da affrontare ogni tempesta. Ma il suo cuore è tanto tenero e sensibile verso la sofferenza e la giustizia da offrire argomento per la più sentimentale e commovente delle descrizioni.
Egli nasce a Oneglia da modesta famiglia di lavoratori (suo padre era il ben conosciuto calzolaio Lazzaro) il 9 giugno 1898. Studia e consegue il diploma di licenza tecnica. Giovinetto, entra nel movimento giovanile socialista, seguendo le idee del padre, iscritto alla sezione di Oneglia di quel partito fin dalla sua fondazione in seguito al Congresso di Genova del 1892. Dopo la scissione di Livorno, avvenuta com'è noto nel 1921, Giacomo Amoretti aderisce alla frazione terzinternazionalista finché, con l'avvento del fascismo e la promulgazione delle leggi eccezionali del 1927, aderisce al PCI.
Per tutto il periodo della dittatura, «Menicco» fa parte del Comitato direttivo del partito e tiene i contatti con i compagni comunisti della provincia di Genova, incontrandosi con Raffaele Pieragostini, e con quelli di Savona, soprattutto con Giuseppe Rebagliati (Pippo).
Nel periodo della guerra civile spagnola, egli è responsabile di un centro di smistamento dei volontari che si recano in Spagna per combattere a fianco del governo repubblicano. L'incarico presuppone non solo grandi pericoli, ma anche il possesso di notevoli doti di abilità cospirativa, ed il consenso di tutta l'organizzazione clandestina.
Giunge l'8 settembre 1943, e la lotta diventa oltremodo drammatica. La parola alle armi. Amoretti è uno degli animatori instancabili e porta un contributo inestimabile, sia per l'opera pratica, sia per la fiducia che la sua  calma sa ispirare.
È con Gilardi, Castagneto, Cascione: tutti insieme e con altri combattenti adattano l'organizzazione clandestina ai nuovi compiti, presupposto indispensabile per l'esistenza dei primi nuclei di patrioti armati sulla montagna. Nasce il primo gruppo; poi gli altri, tra mille fatiche, ma con progressione inarrestabile.
Carlo Rubaudo, Op. cit.
 

giovedì 2 gennaio 2020

L'Avanguardia, 1° novembre 1944

Fonte: Rete Parri

Fonte: Rete Parri

L'Avanguardia, di cui qui sopra copia del numero 2 - Anno I - del 1° novembre 1944, ampiamente dedicato alla figura di Felice Cascione, era organo clandestino di stampa della Federazione di Imperia del Partito Comunista Italiano.

Da notare i suoi motti: Cittadini della Riviera, unitevi! - Insorgere, combattere, non è azione di domani, l'insurrezione nazionale è già iniziata ed è prossima l'ora della battaglia decisiva.

Come anche altri fogli promossi dal Partito Comunista, il giornale veniva stampato in clandestinità presso la tipografia di Villatalla, Frazione del comune di Prelà (IM), i cui responsabili erano: Giovanni Acquarone “Barba”, Riccardo Parodi “Ramingo” ed Enrico Amoretti. La tipografia nel novembre del 1944 cessò di funzionare a causa di varie vicissitudini: arresto degli addetti (2 novembre 1944), rastrellamenti dei tedeschi nel paese di Villatalla. Nel mese di dicembre 1944 si cercò di spostare la tipografia a Pianavia (frazione del comune di Vasia), però nei giorni 25 e 26 dicembre 1944, a causa di una spiata, ebbero luogo altri rastrellamenti. I tedeschi svolsero indagini, interrogando la popolazione del luogo, alla ricerca dei macchinari tipografici. Nel mese di gennaio 1945 venne scoperto il nascondiglio e i macchinari caddero nelle mani dei tedeschi.

Segretario della Federazione Provinciale imperiese del Partito Comunista era stato in precedenza Giacomo Mumuccio Castagneto, Elettrico/Antonio [aveva già svolto un ruolo importante nelle scelte decisive di Felice Cascione], che  alla fine di gennaio 1944 aveva lasciato, su indicazione del Partito comunicatagli da Giancarlo Pajetta, il suo incarico per trasferirsi a Cuneo. Gli subentrava Carlo De Lucis,  "Mario" [in seguito commissario della VI^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Silvio Bonfante"], il quale a sua volta veniva sostituito, nell’aprile 1944, da Augusto Miroglio "Barese", addetto anche alla stampa clandestina.


Bibliografia:
- Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III, a cura Amministrazione Provinciale di Imperia e patrocinio IsrecIm, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977
- Augusto Miroglio, Venti mesi contro venti anni (Quando la ribellione è dovere), Farigliano, Milano Stampa 1968 [II edizione completata e aggiornata]
- Francesco Biga, Ersilia Castagneto, “Mumuccio” Giacomo Castagneto, splendida figura dell’antifascismo militante imperiese e della Resistenza ligure-piemontese. Personaggio che rimarrà sempre vivo nei nostri ricordi e caro nei nostri cuori, Chiusanico, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2002.



Notizie desunte in base alla scheda compilata da Sabina Giribaldi, IsrecIm
 
Istituto Nazionale "Ferruccio Parri"