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Lastra commemorativa dell’eccidio in data 14 gennaio 1944 di 11 partigiani ed un civile perpetrato in Pellone di Miroglio, Frazione di Frabosa Sottana (CN) - Fonte: Pietre della memoria |
La cappella di San Marco al Pellone [...] Nella zona, vicinissima a Miroglio [Frazione di Frabosa Sottana, in provincia di
Cuneo], sede delle milizie fasciste, operavano i partigiani, anche ospitati dalla famiglia Tassone, che viveva nella piccola borgata a pochi passi dalla cappella. Un giorno di fine gennaio 1944, forse per una delazione, un gruppo di fascisti della zona sorprese i partigiani intenti a mangiare davanti alla cappella: ne uccisero undici, lasciandoli quasi a galleggiare nel loro sangue. Il massacro continuò anche all’interno: dalla porta colavano rivoli di sangue. Nelle gavette, ancora il cibo consumato a metà. Gli abitanti dei dintorni poco dopo portarono tutti i morti nella cappella e poi don Beppe Bruno il “prete dei ribelli” provvide alle sepolture. Per quest’opera pietosa alcuni valligiani furono portati dai fascisti a Ceva e interrogati per giorni.
Itinerari partigiani in valle Ellero,
Viaggio nel Monte Regale
I partigiani locali, allora al comando di Enzo Marchesi (col.
Musso) catturano alcune autorità fasciste il 20 dicembre 1943 in valle
Corsaglia (CN). Il 26 dicembre giunge a comandare il gruppo il
maggiore Enrico Martini “
Mauri”. Il 13 gennaio 1944 i tedeschi,
con un ultimatum, chiesero la restituzione di “Sarasino, il criminale
capo dell’OVRA. In caso di mancata restituzione i tedeschi minacciavano
rappresaglie per il giorno dopo”. Mauri disse che i tedeschi bluffavano e
non volle provvedere ad una maggiore difesa. Verso mezzogiorno i
tedeschi attaccarono in forze quasi tuttii partigiani
dell’avamposto del Pellone, con alcuni abitanti, caddero nelle loro mani
e furono trucidati .
Italo Cordero,
Ribelle: Esperienze di vita partigiana dalla Val Casotto alle Langhe, dalla Liguria alle colline torinesi, tipografia Fracchia, Mondovì, 1991, pp. 56-57
[ n.d.r.: Giorgio <
Giorgio I, poi
Cis> Alpron a dicembre 1943 fu presente ad Alto (CN), in quanto attivo nei collegamenti con
Mauri e con il servizio Lanci dell'
Organizzazione "
Otto".
Passò, poi, a militare nelle formazioni garibaldine della I^ Zona
Operativa Liguria nelle quali diventò in seguito capo di Stato maggiore della I^ Brigata "Silvano
Belgrano" della Divisione "Silvio
Bonfante ]
I tedeschi avevano nel frattempo posto un loro importante quartiere
generale nell'Albergo Miramonti di Garessio (CN).
Da questo centro i nazisti organizzarono un forte rastrellamento contro le bande
badogliane di Val
Casotto, nelle quali militava anche un noto attore, Folco Lulli *.
I nazisti furono, tuttavia, attaccati proprio nell'Albergo dai "
ribelli", badogliani, ma non solo.
Rocco Fava di Sanremo (IM),
La Resistenza nell’Imperiese. Un
saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto
Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1
gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università
degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
*
Folco Lulli, nato a Firenze il 3 luglio 1912, deceduto a Roma il 24 maggio 1970, attore cinematografico. Durante la guerra fascista in Etiopia, Lulli ebbe il comando di una banda di abissini, che affiancava le truppe regolari italiane. Dopo l'8 settembre 1943, trovandosi nel Cuneese, prese parte alla Resistenza con gli "Autonomi" di Enrico Martini Mauri, prima al comando di una "volante" in Val Maudagna, poi come capo di stato maggiore delle formazioni di Mauri in valle Casotto. Catturato dai tedeschi, Lulli fu deportato in Germania. Riuscì a fuggire e a riparare nell'allora Unione Sovietica. Tornato in Italia, divenne nel dopoguerra un noto attore cinematografico, rivelando la pienezza dei suoi mezzi espressivi in film quali "Vite vendute", "Il bandito", "Senza pietà", "Non c'è pace tra gli ulivi", "Fuga in Francia". Ha partecipato ad una trentina di film di vario genere.
ANPI Cuneo
Verso
la fine del febbraio '44 (nei giorni dal 25 al 27) vi era stata la
battaglia di Garessio, con l'attacco dei partigiani al Miramonti,
albergo nel quale si erano asserragliati i i tedeschi. Questi, con lo
scopo di compiere una vasta opera di rastrellamento specialmente contro i
partigiani di Val Casotto, avevano occupato Garessio (25 febbraio),
incominciando subito a commettere uccisioni e devastazioni, e avevano
posta la loro sede nell'albergo Miramonti. Attaccati dai partigiani di
Mauri, convenuti da varie parti, la battaglia aveva assunto ampie
proporzioni, svolgendosi contemporaneamente in diverse località. Infine i
tedeschi, dopo aver compiuto numerosi massacri con la cooperazione di
militi fascisti del battaglione San Marco, avevano lasciato il paese (27
febbraio); ma vi erano stati strascichi dolorosi anche nei giorni
seguenti. Durante questi fatti il 26 febbraio '44 era stato
ripetutamente ferito in combattimento e dai militi fascisti catturato,
torturato e ucciso Sergio Sabatini.
Giovanni Strato,
Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) -
Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà
giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a
cura dell'
Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di
Imperia
Nella battaglia di Garessio (CN) [il 26 febbraio 1944] venne ucciso il partigiano Sergio
Sabatini di Imperia.
Rocco Fava,
Op. cit.
Nella squadra di Martinengo [Eraldo
Hanau] a tenere una posizione importante sopra il paese c'era anche lo studente onegliese Sergio Sabatini. I suoi compagni sapevano che sparava bene alla mitraglia: allora gliela diedero in consegna con tutto l'occorrente per la postazione; ma più tardi i tedeschi lo catturarono ferito, perché si era fidato troppo andando allo scoperto quando partì volontario per portare un ordine urgente ai mortaisti. Anche i nazifascisti capirono che era un ragazzo in gamba molto deciso, che non dava segno di dolore manco quando provarono a picchiarlo per farlo parlare. Cosicché prima di ricominciare cercarono di convincerlo con le buone; ma lui continuava a dire di no, che lì c'era per conto suo e basta; poi lo torturarono con accanimento avendo perso la pazienza, per fargli dire del comando e dei comandanti.
Osvaldo Contestabile, Scarpe rotte libertà. Storia partigiana, Cappelli editore, 1982, pp. 23-24
Sergio Sabatini organizzò a Mendatica (IM) un gruppo di giovani antifascisti del luogo, poi passò nel Cuneese, dove entrò a far parte di una banda armata operante nei dintorni di Garessio. Ferito due volte durante l'attacco ad un presidio germanico e rimasto senza munizioni, Sergio Sabatini si offrì volontario per portare ordini ad un altro gruppo di partigiani operante nella zona. Nell'attraversare un tratto scoperto e battuto dal fuoco nemico, il ragazzo fu colpito una terza volta. Non desistette, e fu ferito ancora dai tedeschi che lo catturarono e che, dopo averlo seviziato, lo condannarono a morte. Medaglia d'oro al valor militare con la seguente motivazione: "Giovane partigiano di eccezionale coraggio, rinunciava alla licenza per partecipare con i propri compagni ad un’azione di particolare importanza contro un presidio tedesco. Ferito due volte durante l’epica lotta e costretto dietro ordine del comando a ritirarsi per esaurimento delle munizioni, si offriva volontario per portare ordini ad un reparto impegnato su altro tratto di fronte. Ferito una terza volta nell’attraversare una zona scoperta e battuta tentava ancora con le ultime forze di assolvere il suo compito, finché, colpito una quarta volta al petto, cadeva nelle mani del nemico, che dopo avere tentato invano di estorcergli notizie sull’organizzazione partigiana, lo seviziava barbaramente. Condotto a morte, l’affrontava con sprezzo gridando al nemico: «Mio padre mi ha insegnato a vivere, io vi insegno a morire». Fulgido esempio di valore e di fermezza. Garessio, 25-26 febbraio 1944"
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I Caduti della Lotta di Liberazione nella I^ Zona Operativa Liguria, ed. in pr., 2020
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Ruderi di un casone utilizzato dai partigiani in Val Casotto. Foto: Claudio Galli
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Ruderi di un casone utilizzato dai partigiani in Val Casotto. Foto: Claudio Galli |
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Fonte: Giampaolo De Luca, Op. cit. infra
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Ruderi di un casone utilizzato dai partigiani in Val Casotto. Foto: Claudio Galli |
Giorgio Carrara, nato a Garessio il marzo 1925, allievo meccanico.
Partigiano del distaccamento del Colle di Casotto, il 27 febbraio 1944
scende in Garessio accompagnato da un partigiano del luogo con l’intento
di recuperare armi abbandonate ed assumere notizie sulle intenzioni dei
nazifascisti. Compiuto il recupero, i partigiani si avvicinano al
piazzale dell’albergo Miramonti, (sede del comando tedesco), fanno fuoco
sui tedeschi, quindi risalgono la "costa della battagliera" verso
regione Campi. I tedeschi allertati li inseguono: Carrara è colpito
all’addome da una raffica, mentre il suo compagno riesce a fuggire.
Catturato da due soldati, è condotto prima al comando del Miramonti, poi
verso la strada di Valsorda sino all’incrocio con quella delle Fonti.
In tale località gli sparano in fronte con il mitra. Mostrando il
tricolore che gli orna il risvolto della giacca, pronuncia le sue ultime
parole: "Viva l’Italia!".
È insignito di Croce di guerra alla memoria: "Partigiano ardito e
coraggioso, già ripetutamente distintosi in precedenti circostanze,
durante un aspro combattimento per la conquista di un importante centro
abitato, trovava morte gloriosa alla testa dei suoi compagni". Garessio 1° febbraio - 26 febbraio 1944
A Giorgio Carrara venne intitolato un distaccamento della Brigata
"Domenico Arnera" della Divisione d’assalto Garibaldi "Silvio Bonfante".
Redazione, Arrivano
i Partigiani. Inserto 2. "Le formazioni di montagna della I^ e della
VI^ Zona Operativa Ligure che operavano nella provincia di Savona", I Resistenti, ANPI Savona, numero speciale, 2011
La primavera del 1944 portò con sé anche una nuova consapevolezza da parte nemica: la ribellione andava stroncata sul nascere con un’offensiva a vasto raggio, caratterizzata dal contemporaneo sfondamento frontale e dall’aggiramento sulle ali, al fine di non lasciare scampo all’avversario. Al 7 marzo l’operazione investì le valli di Lanzo, al 13 si spostò in Val Casotto, successivamente in Val Varaita. Nella Val Casotto, dove era stata adottata la tattica della difesa rigida frontale, i volontari subirono un rovescio senza precedenti, perdendo i due terzi degli uomini, e solo una esigua schiera di superstiti al comando del capitano Enrico Martini Mauri riuscì a rompere l’accerchiamento e a riparare nelle Langhe. In Val Varaita e in Val di Lanzo le perdite furono minori, ma le bande uscirono dagli scontri disarticolate e scosse.
Lodovico Como, Dall'Italia all'Europa. Biografia politica di Edoardo Martino (1910-1999), Tesi di Dottorato, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Anno Accademico 2009-2010
Dei quasi mille uomini che “Mauri” aveva in val Casotto e in val Tanaro, solo un centinaio ne rimangono ai primi di aprile del 1944. <392 Il numero di patrioti, che andrà a ingrossare le file maurine, sarà diverso per provenienza e per cultura militare dagli uomini che il maggiore aveva a disposizione durante il primo inverno. La maggior parte dei «coadiutori [di “Mauri”] ha lasciato la vita sul campo o dinnanzi al plotone di esecuzione tedesco». <393
[NOTE]
392 “Relazione sui fatti d’arme dal 13 al 17 marzo nelle valli Casotto, Mongia e Tanaro”, Langhe, 9.4.44 - in Luciano Boccalatte (a cura di), Il primo gruppo di divisioni alpine in Piemonte, in Gianni Perona (a cura di), Formazioni autonome nella Resistenza. Documenti, FrancoAngeli, Milano 1996, p. 342
393 Ibidem
Giampaolo De Luca, Partigiani delle Langhe. Culture di banda e rapporti tra formazioni nella VI zona operativa piemontese, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2012-2013
Sono passati molti anni dallo scontro tra partigiani e truppe tedesche che mise a ferro e fuoco l’intera vallata, eppure il numeroso pubblico accorso sabato 16 marzo nella sala comunale di Pamparato testimonia quanto sia viva la volontà di ricordare la storia di allora e i suoi protagonisti. In luoghi oggi così lontani dal clamore mediatico, nei giorni a cavallo tra il 13 e il 17 marzo del 1944 si scrisse una delle pagine più importanti della storia resistenziale piemontese, con i partigiani del comandante Mauri assaliti dai tedeschi.
I relatori: «Conoscere la storia è l’unico “vaccino” efficace al male e all’ignoranza»
A ricordarlo Michele Calandri, già direttore dell’Istituto storico della Resistenza di Cuneo, che ha definito questa battaglia come uno spartiacque nella lotta al nazifascismo: «Nonostante la pesante sconfitta subita dagli uomini al seguito di Enrico Martini detto “Mauri” si può affermare che tra queste montagne nacque quella Resistenza capace di contribuire al definitivo tracollo della Wehrmacht, basata fino ad allora su azioni isolate e figlie dell’improvvisazione». Nella trattoria “Croce Rossa” di Valcasotto si riunirono i capi partigiani provenienti dal basso Piemonte e della vicina Liguria tra cui anche il celebre Duccio Galimberti. In quel freddo inverno, tra la neve come sempre copiosa, erano presenti in Valle Casotto quasi 1.500 uomini di cui solo la metà armata e ritenuta idonea allo scontro. La Wehrmacht, preannunciata dalla “cicogna”, nome con cui i tedeschi chiamavano gli aerei da ricognizione, poteva invece contare su circa 3.000 soldati e mezzi blindati che, dopo quattro giorni di duri scontri, ebbero la meglio: «Tra le fila tedesche i caduti furono solamente 10, mentre tra i partigiani ben 118 - ha concluso Calandri -. A pagare a caro prezzo fu anche la popolazione civile con 33 morti e numerose borgate date alle fiamme». La gente comune non fece mai mancare sostegno e ospitalità alle truppe di liberazione: «Uno spirito di solidarietà che oggi sembra essersi appannato - ha commentato Ughetta Biancotto, presidente ANPI provinciale -. La Resistenza rappresenta una della pagine più belle del Novecento, che ci ha permesso di consolidare valori come la libertà, la democrazia, la pace e la giustizia sociale. Oggi tutti noi abbiamo il dovere di difendere quelle conquiste ottenute con il sacrificio di tante giovani vite». Resistenza come valore attuale da tutelare contro le incertezze del presente: «Gli episodi di intolleranza sono ormai all’ordine del giorno - ha affermato con preoccupazione il prof. Stefano Casarino, presidente ANPI Mondovì -. Già Primo Levi diceva che ciò che era stato poteva ritornare a essere. L’unico “vaccino” efficace è lo studio della storia. I ragazzi di oggi sono curiosi e hanno voglia di imparare. Dobbiamo sentirci tutti coinvolti nel processo di educazione avvicinandoli con passione e trasporto a queste tematiche».
Le testimonianze di chi ha vissuto in prima persona quei momenti
Il convegno è stato arricchito dalle testimonianze di coloro che erano poco più che ragazzini ma vissero sulla loro pelle quella immane tragedia. Su tutti il novantenne Ugo Robaldo, residente a Valcasotto, che con sorprendente minuzia di particolari ha saputo rievocare i momenti che precedettero l’arrivo delle truppe tedesche. Spesso i partigiani si affidarono a lui per il trasporto di viveri e messaggi da una postazione all’altra o per semplici suggerimenti sulla geografia del territorio. Prezioso l’intervento di Giacinto Baldracco, allora residente nel Castello di Valcasotto, sulla cui famiglia pendeva un mandato d’arresto perché considerata collaborazionista dei partigiani: a 7 anni fu costretto a rifugiarsi a Torino, mentre il Castello veniva distrutto dai tedeschi. Molto commosso l’intervento del figlio di Rita Borgna, all’epoca titolare dell’ufficio postale di Serra Pamparato, che aveva avuto un fondamentale ruolo di collegamento con i combattenti di stanza a Mondovì. Presente in sala anche Franco Luigi Motta, classe 1924, uno degli ultimi partigiani monregalesi che combatté al fianco del capitano Piero Cosa e del tenente Giuseppe Milano sul Pian della Tura. A moderare l’incontro il giornalista Marco Giraudo che, dopo aver riportato il ricordo di Giuseppe Robaldo e Carlo Dalmasso, ha chiuso il convegno asserendo l’importanza dell’arte nella trasmissione di questi valori: «I giovani possono essere coinvolti attraverso il messaggio universale della musica». Gran parte del merito della riuscita di questa iniziativa va attribuito alla passione di Mauro Uberti e Ivana Mussano: «È davvero toccante vedere una sala così gremita - ha dichiarato la direttrice della Biblioteca comunale di Pamparato -. Il tempo intercorso da quegli eventi non ha intaccato la voglia di ricordare».
Alessandro Briatore, Pamparato ha ricordato i giorni della Battaglia della Val Casotto, Unione Monregalese, 24 marzo 2019