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mercoledì 16 agosto 2023

Il pallido sole di quel primo giorno aveva accompagnato i tedeschi a Pietrabruna nelle prime ore del mattino

La zona di Pietrabruna (IM) vista da Civezza

Il verde del Faudo ingialliva, i cespugli erano diventati sterpi, le ultime foglie calavano silenziose per non turbare il freddo incanto dell'inverno ormai presente. Alla “Bramosa” era stata presa una decisione: spostare il campo. La brutta stagione e la lunga permanenza nello stesso posto rendevano opportuno il cambiamento; sul monte, diventato brullo, la piacevole brezza estiva era solo un ricordo, spirava, ora, un freddo vento che aumentava col passar dei giorni. Come nuova base venne scelto il bosco dei ”Lavanin”, situato al di sotto del Faudo, sul versante sud, venendo così ad evitare i venti del nord e trovandosi inoltre vicino a Pietrabruna, da cui poter attingere informazioni e rifornimenti alimentari. Oltre a ciò, diversi paesani si recavano settimanalmente sulla costa e nella città capoluogo, particolarità questa che a noi tornava molto utile; il bosco, poi, coni suoi robusti tronchi che coprivano un vasto tratto, dava la possibilità di mimetizzarsi al meglio; nella valle, infatti,i soli uliveti più vicini al mare conservavano interamente il fogliame anche nel periodo invernale, ma la loro vicinanza alle postazioni fisse nemiche sconsigliava l'insediamento. Al centro di una radura vennero sistemate la cucina e le poche riserve di alimentari, mentre il distaccamento, diviso in piccoli gruppi, prese posto nei rifugi in pietra disseminati all'intorno. Lunghe ore di giornate interminabili, trascorse fra nodosi alberi i cui rami spogli sembravano chiedere un po di sole ad un cielo ermeticamente grigio; unico intermezzo, ritrovasi alla distribuzione del rancio per ricevere minestre di riso altrettanto lunghe, arricchite con l'aggiunta di qualche patata, il cui ritrovamento veniva segnalato con un grido di trionfo dal fortunato scopritore. Il tedio di quei giorni era confortato dal lento, ma inesorabile passare del tempo, il pensiero del domani aiutava a sorridere. Spesso, con pochi compagni, ci si appartava nelle vicinanze e si accendeva un fuoco; un elmetto poi, una vecchia casseruola, bucati, servivano per arrostire le castagne preventivamente raccolte. Un sasso per sedile e una coperta sulle spalle, a difesa dell'invadente umidità, moderni zingari che la guerra affratellava, e scorrendo le ore, fra lo scoppiettio delle castagne che si arrostivano; ricordi di esperienze diverse, nel calore di un fuoco che avvicinava, episodi raccontati con l'esuberanza della giovinezza e la pacatezza della maturità, e così per molte ore di quei giorni, fino a quando il freddo diventava pungente e l'ombra della sera ci raccoglieva infreddoliti nel piccolo rifugio illuminato dal lanternino ad olio. E si parlava ancora, si raccontava, arrestandosi a tratti per ascoltare il brusio del vento fra gli alberi del bosco, insieme e vicini, fino al giungere puntuale del sonno. Era arrivato dicembre [1944] e il pallido sole di quel primo giorno aveva accompagnato i tedeschi a Pietrabruna nelle prime ore del mattino. Una malcelata inquietudine agitava l'intera base, la segnalazione era stata portata dal nostro incaricato all'acquisto del pane, il quale, in procinto di entrare in paese, aveva fortunatamente incontrato un contadino che ne usciva per avviarsi al consueto lavoro; l'informazione raccolta era scarna e consisteva nel diretto incontro dello stesso con un paio di soldati tedeschi che avendo proseguito nel loro cammino, del tutto indifferente; non poteva perciò fornire altre informazioni. Oltre a ciò, da qualche giorno circolavano voci sulla presenza in Pietrabruna di una spia, che risiedeva nel paese, attendibilità difficile da stabilire per il sensibile numero di persone che per ragioni di lavoro o affari si recavano periodicamente ad Imperia, centro per l'intera zona di uffici informativi e comandi delle varie armi, impegnati esclusivamente nella repressione della guerriglia. L'insicurezza sul da farsi durò per poco, era necessario defilarsi immediatamente per evitare un probabile scontro con un nemico di cui non si conosceva la forza e l'intenzione. Si procedé quindi ad evacuare il campo, avviandosi verso un settore della valle privo di sentieri; un percorso sui resti di una rada vegetazione, fatica e spine consuete, abbondante sudore per lo sforzo espresso. Si ritenne opportuno spostarsi sul versante opposto alla posizione del nostro campo, annullando il vantaggio della possibile informazione fornita al comando tedesco. Il ritmo della marcia ci impegnava totalmente e scaricava il vuoto d'una noia accumulata in giorni inutili; la fatica non preoccupava e le mani, nello stringere la armi, ne carpivano una nuova energia. Il fondo valle in breve raggiunto e, dopo il torrente, si scavalco la strada carrareccia con estrema prudenza; durante il tragitto si erano raccolte altre voci che assicuravano la presenza dei soldati e la loro probabile intenzione di rientrare in giornata nella riviera; naturale, quindi, il delinearsi di un piano operativo preciso. La strada nel suo tortuoso percorso accompagnato dai vari dislivelli, rendeva particolarmente idoneo il nostro appostamento, accuratamente disposto su un grosso sperone roccioso, proteso sulla stessa, alla fine di un'ampia curva. Distesi fra le rocce si attendeva pazienti, una insolita calma si evidenziava nei gesti dell'intero reparto tranquillizzato dalle ultime informazioni che capovolgevano la situazione completamente. Si ritorna ad essere cacciatori, pronti a colpire la pericolosa selvaggina. L'attesa d'un tempo che sembrava arrestarsi divenne ansia, i minuti diventavano ore, e nella strada il vuoto; Il nervosismo comincio ad affiorare, le voci salirono di tono nel chiedere il da farsi, infrangendo la dovuta prudenza ma, improvviso, un rumore, un rumore di passi prodotto da poche persone, e alla svolta apparvero due paesani che, tranquilli, procedevano verso il fondo valle. Il nostro richiamo li bloccò immediatamente, e alla domanda: “dove sono i tedeschi”, apparve sui loro volti un'evidente espressione di stupore, subito seguita dalla risposta verbale che, questa volta, stupì noi tutti: “quali tedeschi”. I contadini provenivano direttamente dal paese e, a loro sentore, non vi esisteva alcuna presenza di forze germaniche; qualche parola ancora di precisazione , un amichevole saluto, e se ne andarono tranquilli com'erano venuti. Ci si guardò in faccia senza parlare, si raccolsero le armi per incamminarsi subito,disordinatamente, verso Pietrabruna; alla silenziosa perplessità rifiorì il dialogo, malgrado la stanchezza cominciasse ad affiorare. Il resto del percorso continuò nella ricerca d'una motivazione che giustificasse la logica dei fatti intervenuti. Le prime case del paese erano già superate e si continuava a procedere a piccoli gruppi, chiacchierando animatamente quando, improvviso, il fulmine; armi nascoste esplosero nei nostri timpani, “majerling e machin pistol” sgranavano spietate i loro colpi in continuazione. Attimi di nebbia, in un brancolare nel vuoto; senza saperlo, ero già a terra, perfettamente immobile in un diluvio di pensieri che smarrivano la mente, urla e richiami all'intorno, mentre le armi non cessavano il pauroso ritmo; vicina la voce amica di Vento che urlava: “Faggian è morto”, e un piede mi saliva sulla schiena; una confusione caotica, indescrivibile e, improvviso, il silenzio. Le armi tacevano, forse il nastro dei proiettili era terminato ed era necessario qualche secondo per sostituirlo, e allora scattai, ponendo tutta l'energia di cui ero capace, come allo sparo d'uno starter che comanda la corsa; una decina di metri e mi abbandonai sul fianco della massicciata che sosteneva il sentiero, le mani aggrappate all'erba che l'avvolgevano, celando aguzze pietre; cinque o sei metri e mi trovai sul fondo perfettamente illeso, le ammaccature non contavano; l'arma era ancora silenziosa. Storditi e attoniti, come ubriachi, ci si allontanò rapidamente nella sicura copertura delle alte gradinate che circondavano l'abitato. Per la prima volta avevamo subito un'imboscata, acquisendo una nuova esperienza, ed era inutile al momento ricercarne il perché; era opportuno ricongiungersi all'altro gruppo, nell'imprevisto il distaccamento s'era diviso in due. Stanchi, ma soprattutto depressi per lo smacco ricevuto, e constatando le difficoltà del ricongiungimento, si occupò l'intero pomeriggio in sicuri appostamenti, stringendo la cinghia abbondantemente allentatasi, e solo verso sera, poco prima del calar della notte, si affrontò la marcia del rientro. Al “Lavanin” un uomo solo attendeva, ci comunicò di salire al vecchio campo della “Bramosa”, dove l'altro gruppo ci aveva preceduti; i tedeschi, e questa volta l'informazione veniva data per certa, avevano abbandonato Pietrabruna dirigendosi sulla costa. Provati dal peso della giornata [14 dicembre 1944], percorremmo lentamente l'ultimo tratto di strada che ci separava dal campo, accompagnati dal solo rumore delle nostre scarpe, e quando lo si raggiunse, un pallido sole, liberatosi dalle nubi, si immergeva piano sul profilo del mare. Una giornata intensa e fortunata, ma non per tutti: Lolli, Luigi Rovatti, del gruppo modenese, era stato colpito da un proiettile di “machine pistol” che gli s'era incastrato in prossimità della spina dorsale; cominciò per lui la dura prova di una continua fuga, peregrinando da una valle all'altra, nel tentativo di sfuggire alla cattura, resa più facile dalle sue condizioni.
Renato Faggian (Gaston), I Giorni della Primavera. Dai campi di addestramento in Germania alle formazioni della Resistenza Imperiese. Diario partigiano 1944-45, Ed. Cav. A. Dominici, Imperia, 1984, pp. 81-85
 
Si trattava, invece, quasi del preludio al tragico eccidio di Torre Paponi, Frazione di Pietrabuna, situata più a valle del paese, una efferata strage nazista che da Faggian viene rammentata qualche pagina dopo.
Adriano Maini 
 
E' stato uno dei peggiori eccidi di cui si macchiarono le truppe d'occupazione naziste durante la Guerra di Liberazione che divise l'Italia nel tragico triennio 1943- 1945. E' l'eccidio di Torre Paponi il cui orrore, senza nulla togliere alle stragi di Marzabotto o Sant'Anna di Stazzema, ha colpito nei decenni dell'Italia repubblicana l'immaginario collettivo dei tanti studiosi che si sono applicati allo studio della Resistenza in Italia.
I fatti accaddero esattamente settant'anni fa, il sedici dicembre del 1944. Inverno duro e tragico quello che precedette la Primavera di Liberazione, soprattutto nell'estremo Ponente ligure. Già era caduto in quel di Alto, combattendo, il "mitico" capo partigiano Felice Cascione ma nell'Imperiese, la cui Provincia non a caso si fregia della Medaglia d'oro al valore militare, le bande partigiane davano parecchio filo da torcere ai nazi-fascisti per i quali l'entroterra rappresentava una vera e propria incognita. Fu così che i comandi tedeschi escogitarono la rappresaglia contro i molti contadini che nei paesi abbarbicati alle pendici delle Alpi liguri solidarizzavano con i combattenti per la libertà, di qualsiasi credo politico fossero.
La mattina del sedici, credendo di trovare a Torre Paponi, oggi frazione montana del Comune di Pietrabruna, gruppi partigiani, i tedeschi risalirono armati sino ai denti la stretta valle alle spalle di San Lorenzo al Mare. Molti civili, vedendoli salire determinati, si diedero alla macchia nei boschi quasi presagendo quella che sarebbe stata la tragica fine di molti loro compaesani. I nazisti occuparono in una manciata di minuti il borgo, poi radunarono gli abitanti rimasti (molti erano donne e bambini) nella barocca chiesa parrocchiale. Qui condussero anche, orribilmente torturato, il curato Don Vittorio De Andreis che ritenevano un fiancheggiatore delle bande partigiane.
A questi affiancarono il parroco, Don Pietro De Carli, reggiano di Guastalla. Incendiarono poi gran parte di Torre Paponi distruggendola. Non paghi di tanto orrore diedero fuoco pure ai due sacerdoti che morirono tra sofferenze atroci. Parimenti furono uccise altre ventisei persone del paese. Le uccisioni proseguirono, pure, il dì appresso.
Sergio Bagnoli, Settant’anni fa Torre Paponi, una delle peggiori stragi naziste del secondo conflitto mondiale, Agora Vox, 15 dicembre 2014  
 
[...] il dramma di Torre Paponi, piccolo paese a sud di Pietrabruna, che rappresentò per le valli imperiesi l'assurda violenza espressa da uomini armati contro altri uomini disarmati e indifesi. Borgo dell'entroterra che non supearva i centoventi abitanti, in prevalenza contadini, venne occupato nella metà di dicembre da un reparto di soldati tedeschi. Non un solo abitante risultò in possesso di armi e nessuno riuscì a superare il tragico cerhio: due preti, due donne e una ventina di uomini, i capi famiglia dell'intero paese, vennero abbattuti a colpi di pistola sul sagrato della chiesa, una confusa massa di corpi che coprì lo spiazzo di sassi chimamto piazza. Negli occhi di Italo (Maurizio Massabò), il nuovo comandante [n.d.r.: del distaccamento di Faggian, inquadrato nella IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione], uno smarrimento che trasmise a noi tutti, ancora restii nell'accettare il drammatico racconto.
Renato Faggian, Op. cit., pag. 90

lunedì 27 settembre 2021

Pupazzi tedeschi con elmetti

Una vista verso ponente dal Monte Faudo - Fonte: Mapio.net

27 febbraio 1945 - Da "Cardinale" [Roberto Cortenova] alla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che il 26 febbraio erano transitati verso Diano Marina 19 soldati tedeschi in bicicletta, equipaggiati con le sole armi personali, e che alle ore 15 erano passati a piedi in direzione Andora 21 tedeschi; che il giorno 28 sarebbero rientrati a Cervo 30 soldati tedeschi della 7^ compagnia.
 
27 febbraio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 149, al comando della III^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Libero Briganti" della I^ Divisione "Gin Bevilacqua" [II^ Zona Operativa Liguria] - Comunicava che in vista degli sviluppi militari era opportuno intensificare i rapporti, soprattutto per organizzare azioni comuni sulla carrozzabile Albenga Garessio. Sostenendo che forse per "poter defluire dalla Liguria" i tedeschi avrebbero imposto un coprifuoco di 72 ore insisteva a proporre azioni di sabotaggio sulla strada già menzionata, imboscate che avrebbero anche potuto essere condotte insieme, dato che il tratto di costa di competenza della I^ Zona andava dal fronte italo-francese a Ceriale (SV).

27 febbraio 1945 - Dalla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 1/72, al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Comunicava quanto riferito da "Cardinale" [Roberto Cortenova] con lettera del 21 febbraio relativa alla situazione nella città di Imperia, confermando l'arrivo di 300 soldati della 34^ Divisione tedesca, forse di passaggio, perché diretti a Pieve di Teco.
 
28 febbraio 1945 - Dalla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" - Convocazione per una riunione che si sarebbe tenuta a Ginestro il 1° marzo  alle ore 14 per i comandanti "Mancen", "Germano", "Bill", "Russo" [Tarquinio Garattini] ed i commissari politici "Federico", "Brilla", "Billi" [Roberto Amadeo], "Verrina" [Angelo Spilla] e "Athos" [forse Pellegrino Caregnato].
 
1 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Si ufficializzava la composizione dei comandi delle Brigate dipendenti: I^ Brigata "Silvano Belgrano" comandante "Mancen" [Massimo Gismondi], vice comandante "Gordon" [Germano Belgrano], commissario "Federico" [Federico Sibilla], vice commissario "Loris" [Carlino Carli], capo di Stato Maggiore "Cis" [Giorgio Alpron]; II^ Brigata "Nino Berio" comandante "Gino" [Giovanni Fossati], vice comandante "Basco" [Giacomo Ardissone], commissario "Athos" [Pellegrino Caregnato], vice commissario "Franco" [Giovanni Trucco]; capo di Stato Maggiore "Vincenzo"; III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" comandante "Fernandel" Mario Gennari; vice comandante "Leo" Leone Basso; commissario "Gapon" Felice Scotto; vice commissario "Megu" Ugo Rosso.

1 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 1/73, al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Si comunicava che informatori della Sezione avevano riferito notizie relative al'arrivo di nuove truppe tedesche in Pieve di Teco (IM) e circa le richieste tedesche agli olivicoltori.

1 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Si riferiva che i nazisti avevano costruito ai piedi del Monte Faudo trincee e camminamenti che erano sorvegliati da soldati, ma che erano stati anche messi dei pupazzi con elmetti; che il 28 febbraio erano transitati circa 400 tedeschi provenienti da Ventimiglia e diretti a Pontedassio, tutti giovani appartenenti alla Flak, la contraerea; che continuava la ricerca di informatori ad Alassio (SV) e a Chiusavecchia (IM).

1 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante" al signor Aicardi - Faceva divieto al signor Aicardi di abbandonare l'abitazione senza aver prima ottenuto, previa istanza con specificati motivi, luoghi e durate delle uscite, il consenso del comando partigiano e di avere rapporti con tedeschi e fascisti; gli si ricordava che necessitava di autorizzazione per ogni ritiro delle propria pensione ad Alassio; lo si avvisava che in caso di inadempienze alle richiamate disposizioni sarebbe stato sottoposto ad una nuova inchiesta.

1 marzo 1945 - Circolare che trasmetteva un documento del CLNAI a tutti i CLN in cui si affermava che continuavano l'avanzata sovietica ed il "martellamento" anglo-americano ai danni dei tedeschi, "che ora comprendono cosa significa avere la guerra nelle proprie città"; che il CLNAI e tutti i partigiani "attendono l'ora della riscossa contro il predone tedesco ed il suo servo fascista che gli ha spalancato le porte: dietro ai patrioti sta tutto il popolo italiano che vuole dimostrare che esso non ha nulla a che fare con la guerra di aggressione imposta dal fascismo".

1 marzo 1945 - Dal comando del Distaccamento "Angiolino Viani" al comando I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante" - Si comunicava che il 6 febbraio erano stati catturati ed uccisi 2 militari della San Marco provenienti da Andora per acquistare olio, ricavando un bottino consistente in 1 cavallo, 1 domatrice, 2 tapum, 1 pistola, 3 coperte e 95 kg. di olio d'oliva, e che il 18 febbraio erano stati uccisi altri 2 soldati repubblichini.

1 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM del C.L.N. di Sanremo, prot. n° 346, alla Sezione SIM della V^ Brigata - Si informava che il 27 febbraio si era verificato un rastrellamento a San Giacomo, Frazione di Sanremo, ed il 28 c'era stato un altro rastrellamento a Verezzo, altra Frazione di Sanremo; che a Bussana, sempre Frazione di Sanremo, vigeva il coprifuoco; che a Sanremo si stava intensificando l'attività spionistica dei tedeschi; che alcuni partigiani, caduti prigionieri, interrogati dal tenente Crotta, non avevano rivelato nulla; che a Bordighera i tedeschi avevano iniziato ad asportare le rotaie della ferrovia tramite una macchina speciale già sul luogo dal dicembre scorso; che era inutile l'attacco contro il "sarto Sofia".

1 marzo 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 352, al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Comunicava l'invio di 150.000 lire, consegnate dal CLN provinciale, cifra alla quale si sarebbero presto aggiunte 400.000 lire.

1 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM della II^ Divisione ai responsabili SIM della IV^ Brigata e della V^ Brigata - Comunicava che ai responsabili SIM di Brigata sarebbero state assegnate, una per formazione, squadre adibite al servizio di polizia e divise in 2 nuclei formati da 5 partigiani, squadre che avrebbero dovuto "procedere agli arresti di tutti gli individui segnalati dal CLN" e controllare gli arresti effettuati dalle SAP.

1 marzo 1945 - Dal comando della II^ Brigata al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Elenco delle armi in dotazione ai reparti della II^ Brigata: 16 armi pesanti o mitragliatori, 12 armi automatiche, 74 tra fucili e moschetti.

1 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM della II^ Divisione al comando della II^ Divisione - Comunicava che il garibaldino "Deri", austriaco, aveva esclamato, prima di essere fucilato, "dite al Curto che moriamo come siamo vissuti!" e che un comandante di Brigata SAP, un certo "Mercurio", dopo essere stato arrestato, girava mascherato per segnalare ai fascisti i suoi ex compagni.

1 marzo 1945 - Da "Ernesto" alla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che da notizie carpite alle Brigate Nere pareva imminente un rastrellamento nella zona tra Albenga e Andora e che un imminente coprifuoco di 72 ore sembrava servisse ai tedeschi per evacuare la zona.

1 marzo 1945 - Da "K. 20" alla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che il 27 febbraio erano rientrati a San Bartolomeo al Mare dalle esercitazioni tenute a Pontedassio (IM) 32 militari tedeschi muniti di armi individuali, mitraglie e mortai; che i militari di stanza a Cervo e a San Bartolomeo al Mare erano quasi tutti prussiani e di un'età compresa tra i 20 ed i 25 anni; che il morale dei tedeschi era in ribasso, anche se "una buona parte è ancora convinta di un esito a loro favorevole per la fine della guerra".

1 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava, con dicitura "Urgentissima", che pareva assodato che elementi fascisti vestiti in borghese, forse O.P., avevano eseguito un controllo nella zona Triora-Molini di Triora, individuando le postazioni della Divisione "Felice Cascione", per cui riteneva prossimo un grande rastrellamento nemico in quelle località.
 
2 marzo 1945 - Dal commissario [Mario, Carlo De Lucis] della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Nel corpo di questa relazione politica sull'attività svolta nel mese di febbraio 1945, "un mese denso di lavoro e soddisfazioni", si possono notare la lunga malattia di "Osvaldo" (Osvaldo Contestabile); la riorganizzazione, dopo i rastrellamenti di fine gennaio, ai primi di febbraio dei Distaccamenti, con il Distaccamento "Gian Francesco De Marchi" della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" il più provato; un rapporto positivo con il clero, nonostante il fatto che il parroco di Onzo si fosse per timore dei nazifascisti rifiutato di dare gli ultimi conforti religiosi ad un partigiano morente; l'invio di "Fra Diavolo" in Alta Val Tanaro per riorganizzare i gruppi garibaldini; una sorta di contenzioso con il CLN di... [timoroso di rappresaglie nemiche sui civili?].

3 marzo 1945 - Da "K. 20" della Sezione SIM "Fondo Valle" della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava la relazione di "S. 22" ricevuta il 1° marzo, in cui tra l'altro si può leggere che "in località Priola a Cervo sono giunti 2 soldati tedeschi radiotelegrafisti appartenenti all'80° Battaglione, armati di pistol-machine e di moschetto, i quali si sono sistemati in una casa di un privato da dove fanno esercitazioni".
 
4 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 161, al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Comunicava che il comando di Divisione era in attesa di conoscere la data dell'aviolancio alleato nella zona di cui aveva già inviato una cartina topografica.
 
4 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 1/76, a "Nemo" [Aldo Galvagno] - Comunicava che "Livio" [Ugo Vitali] aveva preso il suo posto come responsabile SIM, che "Citrato" [Angelo Ghiron] era diventato vice responsabile SIM, che la Sezione SIM si era maggiormente ramificata stante l'aumento del numero di informatori a disposizione dalla montagna al mare nella zona di competenenza, che...
 
da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), "La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945)" - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 
 
25 febbraio 1945 - È giunta da Imperia una colonna tedesca di circa 300 uomini, con relative salmerie. Da mezzogiorno alle quattro pomeridiane si verifica un ininterrotto transito di formazioni aeree. Il terribile maresciallo Grot, che se ne era andato, è ritornato a Pieve da quattro giorni e stamattina, con una cinquantina di uomini, è partito per una operazione di rastrellamento verso Mendatica.
26 febbraio 1945 - I tedeschi distendono per Pieve e giù per il borgo inferiore, fino a S. Lazzaro, nuovi fili telefonici; a quanto si dice sembra che il Comando ledesco abbia scelto Pieve come centro di depositi di vario genere, cioè di tutto il materiale che ivi portano dal litorale, per sottrarlo all'azione dei bombardamenti. Da stamattina soldati tedeschi si aggirano per tutti i vicoli in cerca di stalle o fondi di ogni sorta, per cavalli e carriaggi.
27 febbraio 1945 - Da mezzogiorno alle quattro pomeridiane si verifica un intenso passaggio di formazioni aeree. Dalle 9,30 alle 10,30 si sono sentiti in lontananza come dei boati. Venivano dalle parti del litorale.
28 febbraio 1945 - Si nota un maggior movimento di truppa tedesca dal mare al Piemonte e anche stanotte un frequente passaggio di carriaggi. Questa sera, provenienti dalla valle Argentina, sono giunte truppe tedesche in azione di rastrellamento. Avevano seco quattro borghesi giovani, due dei quali erano ammanettati; i due, che erano liberi, si dice siano di nazionalità olandese. Questa notte sono pure giunti 300 soldati tedeschi giovanissimi, cioè dai 15 ai 18 anni.
1° marzo 1945 - Nel dopopranzo sono arrivati altri 200 di questi giovanotti tedeschi e si parla di altri arrivi. Vengono da Sanremo; si dice siano tutti paracadutisti volontari.
2 marzo 1945 - I due partigiani, portati ammanettati l'altro ieri, alle ore 8 e trenta di stamattina sono stati fucilati nel solito prato. Il movimento di truppa tedesca è sempre più accentuato - il movimento è veramente insolito - Per la prima volta i giustiziati di ieri sono stati accompagnati al Cimitero dal sacerdote.
3 marzo 1945 - Sono le 7,30 e passa un gran camion carico di truppa fascista diretta al mare. La truppa tedesca e repubblichina è in continuo movimento, lasciando l'impressione della incertezza, cioè che non sappiano neanche più loro dove dirigersi.
Questa mattina si sono udite raffiche di mitraglia e colpi di fucile: con tutta probabilità si trattava di raffiche estemporanee, fatte ad arte, per tenere a bada i partigiani, affinché non scendano a molestare le truppe di passaggio.
4 marzo 1945 - I due olandesi sono stati trasportati ad Ormea, dove è il comando tedesco presidiato da un generale. La truppa tedesca presente in Pieve si può oggi calcolare sui 200 uomini, cioè: 60 giovani ultimi arrivati e gli altri tutti conducenti. Tranne però i graduati, che sono effettivamente tedeschi, la ciurma è tutta composta da prigionieri russi e croati. In Ormea, il generale con l'intero Comando occupa villa Bianchi - La gendarmeria occupa villa Pittavino. Il Comando, in un primo tempo, occupava la mia casa, ma a seguito del bombardamento che ha distrutto quasi tutti i caseggiati di Via alle Scuole, si è trasferito in villa Bianchi.
5 marzo 1945 - Un reparto di 36 pionieri mi hanno occupato la casa di Muzio. Ho potuto parlare con un sorvegliante tedesco che capiva assai bene la nostra lingua e gli feci presente che detta casa occorreva a noi per ragione di lavori agricoli e di altre necessità. Mi assicurò che avrebbe pro seguito senz'altro per Vessalico, e me ne andai.
6 marzo 1945 - Il movimento della truppa è sempre in aumento; non in grandi masse, ma con molta frequenza.
Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 1994
 
Come era stato segnalato, nelle prime ore del 2 marzo 1945, una colonna tedesca di circa seicento uomini, entra nella Valle Pennavaira attraverso il passo di Caprauna. Le pattuglie partigiane avvistano il nemico per cui mettono in stato d'allarme la zona. In breve tempo il personale dell'intendenza nasconde i viveri, ma non si può evitare che due garibaldini, il russo Andrivich e “Alpino”, siano catturati dal nemico in seguito ad un breve ma duro combattimento. Questi sfoga la sua ira contro la popolazione civile, è uccisa una donna che aveva aiutato i partigiani. I Distaccamenti riescono a sottrarsi allo scontro per la scarsissima dotazione di armi automatiche e di munizioni. Lagorio Enrico (Enrico) e Giovanni Olivo (Gianni), altri due partigiani catturati, sono condotti a Pieve di Teco ed ivi fucilati.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV: Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005, p. 192 

Giovanni Olivo

Per la prima volta parlo pubblicamente di mio fratello Giovanni Olivo, eroe della Resistenza. Lo faccio con pudore, perché nessuna parola è efficace per esprimere il senso della sua grande e breve esistenza. Giovanni aveva 21 anni quando il 2 Marzo 1945, fucilato dai tedeschi a Pieve di Teco, donò la propria vita per un grande ideale. A me non fu concessa la gioia della condivisione come sorella: ci ha separato la differenza di età. Infatti avevo dieci anni quando lui, studente in medicina all’Università di Bologna, si rifugiò a Rezzo, dove aderì alla lotta partigiana, donando la propria giovinezza. Il suo nome è inciso sui Cippi che ricordano tutti i caduti: Arezzo, Pieve di Teco, Imperia e Bordighera.
La sua assenza-presenza è incisa nel mio cuore. La sua testimonianza è stata per me un faro di luce nei momenti in cui la vita mi ha dato modo di svolgere ruoli delicati, prima come insegnante ed educatrice, in seguito nel ruolo delicatissimo di pubblico amministratore, quale Sindaco della nostra amata Bordighera.
Ho accettato e affrontato situazioni impegnative, spesso laceranti, guardando a Lui, a mio fratello Giovanni, che offrì se stesso perché altri avessero la Vita. Ho voluto che da Rezzo, dove era stato tumulato dopo la sua morte, ritornasse a Bordighera, rispettando il desiderio dei nostri genitori.
E tornò in un giorno speciale: il 14 Maggio 1996, festività di S. Ampelio [...]
Renata Olivo in Paize Autu, Periodico dell’Associazione “U Risveiu Burdigotu”, Anno 7, nr. 4, Aprile 2014
 
Giovanni Olivo: Titolo di "Dottore Honoris Causa" in Scienze Agrarie firmato dal rettore Edoardo Volterra. Fonte: Storia e Memoria di Bologna cit. infra

Giovanni Olivo di Matteo ed Eleonora Magaglio; nato il 18 Novembre 1923 a Bordighera (IM). Militò nella V brigata della Divisione 'Felice Cascione' Liguria. Fucilato a Pieve di Teco (IM).
Riconosciuto partigiano dal 27 Luglio 1944 al 2 Marzo 1945.
Fu insignito del titolo di "Dottore Honoris Causa" in Scienze Agrarie dall'Università di Bologna.
E' ricordato nel Sacrario di Piazza Nettuno.
Redazione, Giovanni Olivo, Storia e Memoria di Bologna

mercoledì 10 febbraio 2021

Riscontrai, ad ogni modo, nel Curto un uomo molto calmo

Pietrabruna (IM): Monte Follia. Foto: Bruno Calatroni di Vallecrosia (IM)

Dintorni immediati di Pietrabruna (IM)

Il Comando delle Brigate Nere ha una vasta rete di spionaggio che fornisce informazioni sui movimenti e sull'ubicazione delle formazioni partigiane.

Nel mese di giugno 1944 il predetto Comando ha a sua disposizione molte notizie sulla situazione numerica dei garibaldini e ne traccia un prospetto:

Dintorni di Triora (IM). Foto: Eraldo Bigi

[...] Zona di Triora e Molini di Triora
I gruppi che agiscono nella zona sono alle dipendenze del Comando dei ribelli che trovasi a Cima di Marta, forza degli stessi circa 3.000 uomini armati con moschetti, fucili mitragliatore, mitragliatrici, mortai da 45 e da 81. Nella zona suddetta i gruppi di ribelli sono sempre in movimento; infatti sono stati notati gruppi di ribelli della forza di circa 30 e 40 uomini a Carmo Gerbontina, a monte Pellegrino, a monte Gerbonte, nella frazione di Loreto, nella regione denominata «Brighetta», nella frazione di Realdo, nella frazione di Andagna. Sembra che nei baraccamenti militari siti su Colla Belenda vi sia un posto fisso di circa 50 ribelli armati. Notati posti di avvistamento ai chilometri 13, 15, 17 della strada Castelvittorio-Triora.
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992

Pagina 44 del Notiziario GNR del 4 giugno 1944 cit. infra. Fonte: Fondazione Luigi Micheletti
 
Il 31 maggio u.s., alle ore 18, in Badalucco (Imperia), numerosi banditi armati, dotati di mitragliatrici pesanti, assalirono il locale distaccamento della G.N.R. I militi del presidio reagirono energicamente e tennero testa agli aggressori sino al sopraggiungere di una compagnia O.P. che dopo breve combattimento riuscì a volgere in fuga i malfattori. Da parte nostra tre feriti. Non ancora accertate le perdite dell'avversario. Riserva di ulteriori notizie.
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del 4 giugno 1944, pagina 44. Fonte: Fondazione Luigi Micheletti
 
Zona di Badalucco - Montalto Ligure
Sembra che nella cosiddetta frazione «Tana di Beltrand» esista un rifugio di ribelli. Nuclei di ribelli armati sono stati visti aggirarsi nelle località Evria e Binelli (comune di Montalto Ligure), e in località Merea-Beltran-Banzan (comune di Badalucco).

Colline a levante di Castellaro (IM)

Zona di Pietrabruna e Castellaro
Esistono gruppi di sbandati armati; il numero è esiguo, non si conosce la dislocazione.

La Val Prino

Zona di Dolcedo e di Molini di Prelà
Esiste un gruppo di circa 400 ribelli armati nel bosco di monte Faudo, e gruppi di sbandati armati della forza di 10 e 15 uomini ciascuno che si aggirano per la campagna.
Carlo Rubaudo, Op. cit.


Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del 24 giugno 1944, pagina 33. Fonte: Fondazione Luigi Micheletti

Fa seguito alla segnalazione inserita nel notiziario del 23 corrente circa l'esistenza di bande armate, della forza di circa 6000 elementi nel territorio della provincia di Imperia. Oltre alle formazioni di armati segnalati a nord di Vasia, Pianavia e Pantasina, operano 500 banditi suddivisi in reparti della forza oscillante fra i 50 e gli 80 uomini ciascuno dislocati sulle falde di quota 732 (S. Bernardo). Nella zona compresa  tra Villa Viani, Vestagno [Bestagno] e Lucinasco, e precisamente nel bosco detto "della Maddalena", sulle pendici meridionali di Monte Acquarone e sui due versanti di Monte Collabassa, trovasi un raggruppamento di oltre 300 banditi. Inoltre, sulle falde di Monte Albastino, in una casetta vicina alla villa di proprietà di Paolo AGNESI si è insediato il comando dei reparti che agiscono nella zona. Confermata la notizia che i banditi avrebbero intenzione di scendere nei prossimi giorni a Imperia per compiere atti di sabotaggio. L'azione verrebbe effettuata in concomitanza con operazioni di disturbo nelle valli di Dolcedo e in quella di Oneglia da parte di gruppi sparsi che ivi convergerebbero da diverse direzioni. Nella notte sul 16 corrente, in località Perina del comune di Imperia, alcuni banditi armati penetrarono nell'abitazione dell'aviere Felice CICCIONE, costringendo questi a seguirli. Il 17 corrente, alle ore 21,30, in Castellaro, numerosi banditi armati, dopo aver interrotta la linea telefonica e bloccate le strade di accesso dell'abitato, penetrarono negli uffici comunali, ove bruciarono le liste di leva e asportarono tutte le carte annonarie ivi esistenti. Successivamente obbligarono due agricoltori a consegnare loro, complessivamente, un vitello, due pecore e due muli e, dopo aver tagliato i capelli a certa Luisa BIACCHESI, nell'allontanarsi costrinsero il commissario del Fascio a seguirli. Nella notte sul 17 corrente, in Imperia, tre detenuti militari, narcotizzati i militi addetti al loro piantonamento, evadevano dall'ospedale civile di S. Giovanni dove erano ricoverati.
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del 24 giugno 1944, pagine 33,34,35. Fonte: Fondazione Luigi Micheletti

18 giugno 1944 - Il già menzionato Giuseppe Arduino di Prale, residente in Borgomaro, trovò in Prale un gruppo di 80 patrioti, comandati da due ufficiali genovesi. Con loro erano pure Renzo [n.d.r.: Renzo Merlino] e Cassia. Stanno tutti bene ed hanno il morale elevatissimo. Ad essi ha parlato delle mie ansie per le continue minacce del Santacroce e per la denuncia del Roba. Essi però gli hanno detto di essere già al corrente di tutto. Il Comune di Pieve [Pieve di Teco (IM)] amministrativamente è nel caos più completo. Il Commissario con la moglie sono fuggiti e il Segretario Comunale Valenzo si lascia vedere ìl meno possibile, sicché tutto è ridotto nelle mani della impiegata Sig.ra Brignacca, disgraziatamente sorda, ma ammirevole per il suo senso di abnegazione. Per quel che riguarda gli approvvigionamenti (che ormai tutto si riduce a questo), si è costituita una Commissione di volenterosi per la tutela di questo delicatissimo ramo, ma pare che il Prefetto non abbia ancora voluto riconoscerla. Come si vede qui da noi la tanto decantata repubblica ha degenerato presto in anarchia. Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, tip. Dominici Imperia, 1994, p. 98

Zona di Vasia
Un gruppo di circa 30 ribelli armati trovasi nei casolari sparsi sul versante est di q. 732 nei pressi di Pianavia, e un gruppo di circa 20 ribelli pure armati a q. 889.
Zona di Carpasio - Borgomaro - Rezzo
Nel bosco di Rezzo trovansi oltre 400 ribelli armati. Ivi trovasi pure il loro Comando. Gruppi di ribelli della forza di circa 40 e 50 elementi (provenienti dalla zona suddetta) sono stati visti sostare a Montegrande, a Colla d'Oggia, al monte Albaspino, al passo di Carpasio, al monte Acquarone e al passo delle Ville...».
Dagli incompleti dati in possesso del nemico, seppur non tutti attendibili e molti indubbiamente inesatti, si può valutare la possibilità di lotta della nostra Resistenza in quel periodo in cui l'entusiasmo saliva alle stelle ed in ogni valle risuonavano le canzoni partigiane.
Sul finire del mese di giugno del 1944, avviene un cruento combattimento sostenuto dal 16° distaccamento, che potrebbe anche essere ricordato come «La prima e l'ultima battaglia»; la battaglia cioè di un distaccamento appena costituito che si batte con grande coraggio, infligge gravi perdite ai Tedeschi e subisce, a sua volta, un rastrellamento tanto feroce, e giorni di martirio da non poter più essere ricomposto. I bravi giovani superstiti passano, quindi, a far parte di altri reparti. Noi, invece, il combattimento lo intitoliamo al nome della località presso cui si verificò e diciamo: «La battaglia di Sella Carpe». 
Carlo Rubaudo, Op. cit.

Cesio (IM). Foto di Antonio Busso (su Flickr)

19 giugno 1944 - Il menzionato tenente Cassia è venuto a trovarmi in Muzio e, fra l'altro, mi ha fatto cenno dei vivaci contrasti fra lui, Colombo, Renzo e Martinengo, dello spirito d'indisciplina dei gregari. Mi narrò pure l'operazione da lui compiuta in Moglio, dove un gruppo di guastatori tedeschi, con armi, munizioni e cavalli, sono passati ai patrioti precisandomi che lui stesso ha condotto nella zona di Gazzo i nuovi gregari. Fra l'altro mi ha detto che sul Santacroce hanno messo un taglione di L. 10.000. È da questa mattina che divampa un'azione di guerriglia in Valle Impero. Da qui si odono le artiglierie e le raffiche di mitra. Sono le quattro pomeridiane, il frastuono è cessato e, siccome le popolazioni han già fatto l'abitudine a questi spettacoli, non si allontanarono nemmeno più dai paesi.
20 giugno 1944 - Nell'azione di ieri in Valle Impero i tedesco-fascisti hanno avuto la peggio perché i patrioti, ormai maestri in fatto di guerriglia, li hanno costretti a ripiegare verso Oneglia. L'azione si è svolta tutta sul saliente Gazzelli - Chiusanico - Torria - Cesio, da cui hanno anche sparato colpi di cannone su Caravonica con lievi danni ai fabbricati e con una sola perdita di un civile, che era fuori casa. Il liquorista Ranzini di Oneglia, ma dimorante a Villa Romana sulla Nazionale sotto Cesio, passò un brutto quarto d'ora perché i tedeschi volevano fucilarlo. In Cesio i tedeschi hanno letteralmente saccheggiato la casa del Dott. Natta sicché il dottore e la moglie, privi di ogni cosa e con miseri indumenti, son giunti in Vessalico, in stato veramente compassionevole. Stamane i patrioti hanno fatto una perquisizione in casa di Ciollu Batteria posta in via Piane, di proprietà della cognata di Giovani Fresia, titolare del Monopolio Sale e Tabacchi ed, infatti, vi trovarono un vero deposito di tabacco e sale che il titolare sottraeva ai consumatori, per vendere a borsa nera. Anche allo spaccio Demarchi fu trovato accantonato indebitamente mezzo q.le di sale, tolto naturalmente al consumatore.
21 giugno 1944 - Questa mattina in Muzio si nota un movimento inconsueto. Sono cinque giovanotti che, con schietto entusiasmo, partono per Nava, per unirsi a quei Patrioti. Partono già armati ed equipaggiati di tutto punto. È imminente una seconda partenza. L'entusiasmo di questi giovanotti è veramente confortevole. Speriamo che non sia fuoco di paglia. In Pieve tutti gli uffici son chiusi con una scritta «Chiuso fino a nuovo ordine» perciò la Pretura, l'Ufficio Registro, l'Agenzia imposte, la Posta e Telegrafi, il Municipio sono tutti sbarrati, e le autocorriere sono ferme. Pare di vivere in un completo abbandono ed isolamento.
22 giugno 1944 - I cinque muziesi, giunti a Nava, non solo furono accolti ma furono messi ben presto alla prova. Infatti, capeggiati dal Capo squadra Ferdinando Gandolfo, pure di Muzio, furono inviati per un'operazione da compiersi in giornata con l'impegno di tornare subito al Comando. Eseguirono alla perfezione la prova. Stamattina venti partigiani hanno invasa la casa canonica di Calderara, recandole qualche danno. La causa di tale fatto va ricercata nella vita avventurosa del Parroco che, da tempo, faceva contrabbando in grande stile, viaggiando carico di derrate sui treni e sulle corriere, senza che nessuno l'avesse mai molestato. I casi sono due: o tale sacerdote sfruttava l'abito indecorosamente, oppure viaggiava, come tanti, con la tessera repubblichina. Tanto nell'un caso come nell'altro, meritava castigo. Fortuna volle che in Canonica non vi si trovasse. Questo pomeriggio fu turbato dall'arrivo improvviso di un camioncino con cinque patrioti che, dal Dopolavoro, hanno portato via un vitello intero, macellato clandestinamente, e mezzo sacco di riso. Per il Delfino, proprietario del dopolavoro fu senza dubbio un danno gravissimo ma di tutto ciò è anche colpa sua perché, col suo contegno, lascia sospettare che penda un po' troppo per i Repubblichini.
Nino Barli, Op. cit., pp. 99-101

Vasia (IM). Fonte: Flickr

Alla fine di giugno del 1944 un rapporto redatto dall’U.P.I (Ufficio Politico Investigativo) di Imperia segnalava la presenza di 50 ribelli armati, che trovavano rifugio nei casolari sparsi nei pressi di Pianavia, Frazione del comune di Vasia (IM). Poco tempo prima della fine di luglio la Compagnia O.P. di Imperia programmava un rastrellamento nel comune di Vasia e a Montegrazie, Frazione del comune di Imperia. Prima di giungere a Vasia il capitano Ferraris divise la compagnia in varie squadre. Durante il rastrellamento vennero catturati due partigiani da una delle squadre: vennero in seguito fucilati per ordine del Ferraris (da dichiarazione resa in data 7/5/46 da Carlo Valfrè, già appartenente alla citata Compagnia O.P. di Imperia). Altri patrioti morirono in combattimento. I partigiani deceduti (si presume tutti il 25 luglio 1944) furono: Stefano Danini (Ferroviere), Salvatore Filippone (Mariella), Carmine Saffiotti (Carmé), Vincenzo Raho (Zappa), Igino Rainis (Lupo). Non è dato sapere chi dei cinque appartenenti al distaccamento "Antonio Terragno" della I^ Brigata furono i due fucilati e chi cadde in battaglia. Testimoni dei fatti riferiscono che Igino Rainis rimase ferito ad un ginocchio e che, per non cadere prigioniero del nemico, si tolse la vita.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I Caduti della Lotta di Liberazione nella I^ Zona Operativa Liguria, ed. in pr., 2020

[ n.d.r.: altri lavori di Giorgio Caudano: La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944), (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea… memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016 ]

Igino Rainis (Lupo). Nato a Treppo Carnico (UD) il 19 giugno 1926, operaio; appartenente al Distaccamento “Antonio Terragno” della I^ Brigata. Il 25 luglio 1944 i garibaldini Stefano Danini ed Igino Rainis con i compagni Salvatore Filippone, Vincenzo Raho e Carmine Saffiotti della IV^ Brigata sono diretti ad Imperia con il difficile compito di penetrare nei locali della Questura per impossessarsi di armi automatiche. Incappano in un rastrellamento nella zona di Vasia. “Lupo” è ferito ad un ginocchio e, per non cadere prigioniero del nemico, preferisce darsi la morte.
Ad Igino Rainis è intitolato un Distaccamento della Brigata “Nino Berio” - Divisione d’assalto Garibaldi “Silvio Bonfante”.
Redazione, Arrivano i Partigiani, ANPI i resistenti, numero speciale 2011, ANPI Savona

Ormea (CN). Foto del 2012 di Paolo Brocchetti (su Flickr)

4 luglio 1944 - Entrammo finalmente nella nostra casa avita di Ormea, e qui ci trovammo bene. Da quel momento fu un continuo pellegrinaggio di patrioti in cerca di notizie e fu anche una ininterrotta attestazione di simpatia da parte di questa buona gente la quale si faceva premura di riferirmi sullo stato delle cose, e ciò per nostra normna opportuna.
5 luglio 1944 - Sopra un biroccio, e con un viaggio poco piacevole, ci raggiunsero in Ormea la mia cognata Angelina, unitamente alla persona di servizio Angela Milesi. In tal modo la famiglia si poté ricomporre al completo.
6 luglio 1944 - I patrioti non tralasciano di manifestarci le loro premure e continuano a darmi notizie su ciò che si sta svolgendo in Piemonte ed in Liguria.
7 luglio 1944 - Si presenta da me il Dott. Natta il quale è tutto pervaso da un senso di avversione ai vari sistemi che, secondo lui, contrastano con le direttive impartite ai patrioti dai Comitati di Liberazione. Mi parla di urti fra bande e bande, e diquesto suo concetto critico vuol farne relazione al Comandante Divisionale Curto [Nino Siccardi]. Infatti, verso le dieci, il Curto esce dalla Pasticceria Colombo e il Dott. Natta mi saluta e si accompagna con lui. Vedo che la discussione si fa assai animata, ma io per prudenza mi ritiro, lasciandoli alle loro reazioni assai plateali. Riscontrai, ad ogni modo, nel Curto un uomo molto calmo perché, mentre il Natta si accalorava nella sua esposizione, lui quasi impassibile pronunciava ben di rado poche parole. Ritornai sull'uscio e li vidi ancora presi dalla discussione sulla piazza dell'Olmo: ad essi però s'erano avvicinati altri patrioti.
8 luglio 1944 - Da questa data al 27 luglio successivo, si è trascorso in Ormea un periodo di autentica quiete. È vero che ogni tanto si restava un po' preoccupati per le notizie che giungevano, ora dal Piemonte ed ora dalla Liguria, di scontri o di movimenti di forze d'ogni specie, ma qui in Ormea continuava a sopravvivere un vero centro di patrioti indisturbati; e nulla degno di nota si è svolto in questo periodo.
27 luglio 1944 - Verso le cinque del pomeriggio il Capitano Bologna mi confida che, dal Colle dei Termini, sta scendendo su Ormea una forte colonna di tedeschi, per cui sarebbe prudente allontanarsi. Intesa la notizia, radunammo in famiglia tutto ciò che più ci premeva e, col carro a quattro ruote di Antonietto Sappa di Luigi, partimmo tutti per Bossi - sotto frazione di Bossieta - ove trovammo asilo presso la famiglia di Roberto Merigone. Ivi prendemmo dimora e fu provvidenziale questa nostra decisione, confrontandola con i bombardamenti e i mitragliamenti di cui fu in seguito bersagliato il piccolo centro di Ormea.
28 luglio 1944 - Ai Bossi, in questo gruppo di cinque o sei baite, costruite in mota sul nudo scoglio, ai piedi del Pizzo della Guardia in una morta gora perché incassata e chiusa fra i ripidissimi pendii del Rio Bossi, assistiamo ad un continuo movimento di patrioti che, alla spicciolata e a gruppi, passano e si eclissano nelle foreste che coprono le alture circostanti.
29 luglio 1944 - Anche questo misero raggruppamento di catapecchie ormai assume la sua importanza. Da Ormea salgono persone d'ogni età e d'ogni sesso. Giungono anche donne ansimanti e impaurite che gareggiano nel racconto della invasione tedesca.
30 luglio 1944 - In un vecchio e primitivo forno viene riacceso il fuoco, da molti anni spento, ed un fornaio di Ormea lo sfrutta cuocendo il pane a richiesta. Anche noi non tralasciamo di approfittare dell'occasione. Il fornaio di nome Pierin è un giovanotto di ottimo carattere il quale non nasconde il suo stato d'ansia, avendo anch'egli degli obblighi militari.
31 luglio 1944 - Gli sfollati aumentano di giorno in giorno e tutti i più reconditi tuguri o buchi sono sfruttati. Un po' di paglia ed una coperta per la notte è sufficiente per accontentare chi arriva e si ferma ben lieto, pur d'essere in compagnia di gente conosciuta, e lungi dal contatto tedesco.
Nino Barli, Op. cit., pp. 106,107

Valfrè Carlo: nato a Ventimiglia il 7 luglio 1921, milite della Compagnia OP di Imperia.
Interrogatorio di Valfrè Carlo del 7.5.1946: Dopo l’8 settembre rimasi per un po’ di tempo sbandato ma in seguito tornai a casa mia. Dopo un po’ di tempo ricevetti la cartolina precetto per essere inviato in Germania e poiché mi si disse che l’unico modo per evitare di essere inviato in Germania era di arruolarsi mi presentai alla sede della milizia di Imperia. Il 2 novembre 1943 entrai a far parte della GNR e assegnato alla Compagnia OP, comandata dal Tenente Ferraris. Fui avviato subito a Pieve di Teco ove prestavo servizio con i carabinieri e vi rimasi per circa un mese. Dopo detta data venni assegnato al Battaglione Italiani all’Estero, in un primo tempo a Sanremo ed in un secondo tempo ad Arma di Taggia. In questa località rimasi fino al marzo del 1944 quando ritornai alla Compagnia OP. Negli ultimi giorni di giugno [1944] o nei primi di luglio, unitamente alla compagnia, partimmo per un'azione di rastrellamento nei comuni di Vasia e Montegrazie. Prima di giungere a Vasia il Capitano Ferraris divise la compagnia in varie squadre. Durante il rastrellamento vennero catturati due partigiani da una delle squadre che vennero in seguito fucilati per ordine del Ferraris ma non posso precisare da chi in quanto la mia squadra si trovava più avanti. Verso la fine di luglio siamo partiti per un rastrellamento nel comune di Bestagno. Ivi giunti, dopo aver circondato il paese, il Capitano Ferraris diede ordine di svaligiare e bruciare una casa [...]
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia, StreetLib, Milano, 2019

Un nome, quello di Ferraris, temuto: dotato di coraggio e di capacità militari, anima di tanti rastrellamenti, l'ideatore della "controbanda", l'uccisore di Nino Berio (Tracalà) a Chiusavecchia. Egli si era guadagnato la fiducia delle S.S. Tedesche, tanto da essere da loro decorato con la croce di ferro di II^ classe, per la spietatezza delle sue azioni.   Attilio Mela, Aspettando aprile, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 1998