Visualizzazione post con etichetta 6. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta 6. Mostra tutti i post

sabato 3 settembre 2022

I partigiani imperiesi se ne andarono, ma “Tigre” restò prendendo il comando del “Rebagliati”

Uno scorcio di San Lorenzo al Mare (IM)

Poco prima della fine del maggio '44 (forse il 28 maggio) Giribaldi Vincenzo, già alla macchia all'epoca della battaglia di Montegrazie sale di nuovo in montagna; accompagna circa una trentina di giovani, e insieme con lui vi è Luigi Massabò (poi «Pantera»). I giovani lavoravano tutti in San Lorenzo al Mare, presso la Ditta «Paladino»; la quale, in realtà, serviva soprattutto per evitare l'arruolamento. Giribaldi, insieme col padre, Francesco, e con un loro amico, Benza Angelo, si recava spesso per ascoltare la radio clandestina nella casa di un loro conoscente, Nino Donati, oppure nella casa di una zia del rag. Giacomo Castagneto, situata in Porto Maurizio, nella località detta «Porta nuova». Quando si recava in questa seconda casa, anche Giacomo Castagneto era presente.
In detti incontri il discorso cadeva, ovviamente, anche sui partigiani.
Una sera, saputo che molti giovani della «Paladino» vorrebbero andare in montagna e che si sono rivolti a Giribaldi, essendovi egli già stato, il Benza propone a Giribaldi di farne un elenco, e di portarlo a un certo sig. Fossati,  dimorante nella zona di Pontedassio-Chiusavecchia; l'elenco viene preparato e consegnato (è portato a destinazione nascosto nel manubrio della bicicletta). Poco dopo, Giribaldi Vincenzo viene invitato a recarsi da Lorenzo Acquarone di Artallo; Acquarone Lorenzo dà a Giribaldi una rivoltella e la parola d'ordine (Francesca - Rimini), e gli dice di presentarsi, insieme con gli uomini, al «pilone» di Sant'Agata, dove saranno raggiunti da una persona, che li accompagnerà fra le bande. A Sant'Agata si unisce a loro una ventina di giovani di Oneglia; e il gruppo, così, diventa di circa cinquanta persone.
Al «pilone» di Sant'Agata li raggiunge un partigiano, che il Giribaldi sente chiamare «Guerrino» (si tratta di Guerrino Peruzzi), mandato dalla montagna. Con lui vanno a Ville Agnesi (Prati Piani), e poi alla Mezzaluna, dove si incontrano con Curto, per ordine del quale viene formata la banda. Al comando di essa vengono messi un certo Mario, di Artallo, ossia Briatore Mario detto «Cora», e Massabò Luigi (Pantera). Fra i componenti vi sono: Gorlero Angelo e Sironi Egidio (D'Artagnan) poi caduti in montagna; alcuni giovani, che in seguito passeranno ad altre bande (ad esempio, Roncallo Andrea, Gavi Vincenzo, Bracco Sandro e Carlo, ed altri). Vi è anche un certo «Tigre» (o «Gemesio») [Rosolino Genesio], venuto da Modena, il quale poi diventerà capo di una grossa banda nei pressi di Savona.
Per impedire ecessivi accentramenti, che si sarebbero formati a causa dei nuovi afflussi di giovani in montagna, la banda viene mandata presso il Monte Alto, nella zona di Savona; e forse fra il 16 e il 20 giugno parte per detta località.
I partigiani del nuovo distaccamento avranno un combattimento a Calice Ligure (giorni 5-6 luglio '44), in seguito al quale cattureranno armi e munizioni; subiranno un rastrellamento nei pressi di Monte Alto (9 luglio 44), in seguito al quale sarà ferito il «Tigre», che resterà nella zona: rientrati nella zona di Albenga, subiranno un nuovo rastrellamento a Picco delle Penne(o «Brico delle Penne»); e infine giungeranno a San Bernardo di Mendatica, e si ricollegheranno, l'11 luglio 1944, a quello che era stato il Comando della IX Brigata, ora diventato Comando Divisionale (II Divisione d'Assalto Garibaldi «F. Cascione»). Frattanto al distaccamento verrà dato il nome di «A. Viani», dal partigiano Angelo Viani, ucciso dai nazifascisti presso Barchei (Cuneo) il 21 giugno '44, insieme con Austoni Luigi, Boldrini Lazzaro, Maccanò Giuseppe, Vicini Antonio, tutti appartenenti al Distaccamento stesso <48. Il distaccamento «A. Viani», qualche tempo dopo il suo arrivo nella zona della II Divisione, verrà sciolto per ragioni di ridimensionamento: Pantera otterrà un incarico più elevato: alcuni uomini passeranno alla «Fenice» (ad esempio, Bracco Sandro e Carlo e Boggiano Luciano); Giribaldi Vincenzo, dopo essere stato per qualche tempo presso il Comando Divisionale recentemente creatosi, entrerà anch'egli nella banda «Fenice» <49.
[NOTE]
48 Notizie sui Caduti del 21 giugno e sulla data, parzialmente ricavate dal "Diario di Pantera". Per i nomi, consultato pure il volume "L'epopea dell'Esercito scalzo".
49 Nel maggio del '44 anche dall'albenganese sale in montagna un numeroso gruppo di uomini (circa 180); provengono specialmente da Albenga centro, da Leca, da Bastia, da San Fedele e da Campochiesa; si radunano dapprima a Coasco, e poi si spostano a Brico delle Penne. Loro intenzione sarebbe di tornare a formare il gruppo Val Tanaro agli ordini di Martinengo: poi, però, preferendo operare nella loro zona piuttosto che in Piemonte, si aggregano alle Formazioni Garibaldine di Curto. (Dall'opuscolo "La Resistenza continua", pubblicato per la celebrazione in Albenga del ventesimo anniversario della Liberazione).

 
Artallo, Frazione di Imperia

Giovanni Strato
, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia

Calice Ligure (SV). Fonte: Comune di Calice Ligure

Guerriglia e controguerriglia erano ormai due macchine ben oliate e sempre pronte a colpire. Il 30 giugno una compagnia tedesca attaccò il colle dei Giovetti, tra Murialdo e Massimino, catturando una pattuglia garibaldina. Ma i partigiani si rifecero rapidamente, e con gli interessi, quando la notte del 5 luglio i volontari del “Calcagno” e una squadra del 10° distaccamento della 9a Brigata d’Assalto, reparto proveniente dall’albenganese che per qualche tempo aveva sconfinato tessendo contatti con i savonesi, attaccarono congiuntamente il presidio tedesco di Calice Ligure <68. Si trattò di un’azione esemplare che ebbe pochi riscontri anche in seguito. Guidati da un milite, fuggito il giorno prima dalla postazione, i partigiani calarono in tarda serata sul paese, divisi in tre squadre di cui una doveva bloccare la strada per Finale con una mitragliatrice e bombe da mortaio usate come granate a mano. Le comunicazioni erano state preventivamente tagliate per evitare l’affluire di rinforzi. Un colpo sparato troppo presto scatenò una violenta battaglia che sulle prime costrinse i garibaldini, molti dei quali in preda alla paura causa l’inesperienza, a ripiegare; ma verso l’alba i partigiani conquistarono il paese abbandonato dai nemici, che si erano accorti di essere circondati.
Complessivamente erano rimasti uccisi tre tedeschi, di cui uno sulla strada per Finale; altri 4, feriti, caddero prigionieri (ma non per molto: i partigiani, se il prigioniero non era da fucilare, lo scambiavano con propri compagni o lo lasciavano andare disarmato e privato dello equipaggiamento). Alcuni individui, sospettati di collaborazionismo, furono condotti, bendati, al Comando. Il bottino fu discreto: particolarmente utili risultarono gli undici teli da tenda confiscati.
Nonostante gli indiscutibili miglioramenti, Luigi Longo “Gallo”, comandante generale delle Brigate Garibaldi, giunto a Savona ai primi di luglio per visionare la situazione del Ponente ligure, non poté fare a meno di notare come il movimento garibaldino nel Savonese fosse tuttora meno sviluppato rispetto a quello della Prima Zona (Imperia ed Albenga); con tutto ciò, chiari sintomi di disgregazione dell’apparato poliziesco della RSI si avvertivano ora anche a Savona, e bisognava approfittarne senza remore <69.
Verso metà luglio una serie di eventi negativi mise a rischio lo schieramento garibaldino. In risposta allo scacco subito con l’attacco al presidio di Calice Ligure, i tedeschi organizzarono un rastrellamento contro il distaccamento “Calcagno”, attestato nei pressi di Monte Alto <70. Presi alla sprovvista, i garibaldini arretrarono in preda al panico (molti erano dei “novellini”) in una nebbia impenetrabile, tra continue raffiche di mitra. Miracolosamente non vi furono né vittime né prigionieri, ma la frattura prodottasi nel bel mezzo del rastrellamento tra il “Calcagno” ed il Comando Brigata - che a detto distaccamento si appoggiava - costituiva un fatto assai grave. Più in generale in quei giorni si dispiegò un rastrellamento generale contro tutta l’area dal Carmo alla Val Bormida; anche i garibaldini del “Rebagliati” di stanza alla Baltera se la cavarono per il rotto della cuffia <71. In più gli imperiesi del 10° distaccamento, rendendosi forse conto di essere diventati una presenza “scomoda”, chiesero ed ottennero di poter tornare in I zona. Il loro arrivo era stato determinato essenzialmente dalla caccia mortale che i fascisti imperiesi davano al comandante Rosolino Genesio “Tigre”, che aveva ucciso un carceriere con una testata allo stomaco (!) <72. I garibaldini imperiesi se ne andarono, ma “Tigre” restò prendendo il comando del “Rebagliati” e facendosi fama di estrema risolutezza.
Si imponeva una riflessione. Il servizio informazioni non si era mostrato pronto di fronte alla minaccia nemica, che solo per una fortunata circostanza fortunata non si era tradotta in un disastro irreparabile tipo Benedica o Val Casotto: una di quelle disfatte totali che il movimento partigiano impiegava mesi per assorbire. Molti partigiani, specie le reclute appena salite in montagna dai centri rivieraschi, si erano mostrate pavide: a questo avrebbero dovuto provvedere i commissari politici con un’appropriata opera di sostegno psicologico e di motivazione al combattimento.
[NOTE]
68. Cfr. G. Gimelli, Cronache militari della Resistenza in Liguria, ed. 1985, vol. II, Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, pp. 220-222 e F. Pellero, op. cit., p. 32.
69. Le Brigate Garibaldi... cit., vol. II, p. 103.
70. M. Calvo, op. cit., p. 51.
71. M. Savoini “Benzolo”, Cosa è rimasto: memorie di un ribelle, Savona, Editrice Liguria, 1997, pp. 82-84.
72. Ibidem, p. 86.
Stefano d’Adamo, "Savona Bandengebiet - La rivolta di una provincia ligure ('43-'45)", Tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 1999/2000

venerdì 2 aprile 2021

Dimostrato che la guerra per tante persone non è poi così un male

Pieve di Teco (IM): uno scorcio della statale 28 - Fonte: Wikipedia

Il 6 febbraio 1945 una squadra, al comando di 'Russo' Tarquinio Garattini, del Distaccamento "Angiolino Viani" della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante", attaccò alcuni militari della Divisione fascista San Marco, che erano partiti da Albisola (SV) per procurarsi dell'olio, e ne uccise 2. Da una relazione garibaldina sull'accaduto si apprende che "il combattimento avviene nei pressi di Molino Nuovo, nei pressi di Andora. Risulta fatto il seguente bottino: 2 fucili ta-pum, 1 pistola, 1 cavallo, 1 domatrice e 90 chilogrammi d'olio".
In nottata il Distaccamento “Francesco Agnese” [della I^ Brigata della Divisione Bonfante] si dislocava nella suddetta valle.

L'8 febbraio il nemico rastrellava ancora l'alta zona di Testico (SV), ma non incontrava forze partigiane; prima di ritirarsi si impadroniva di bestiame della popolazione locale.
Nell'alta Val Tanaro venivano aumentati i presidi tedeschi e rinforzati quelli esistenti, perchè ad Ormea (CN) si insediava un Comando di Corpo d'Armata alle dipendenze del generale tedesco Lieb.
Il 9 una squadra del Distaccamento “Giuseppe Catter” [della I^ Brigata della Divisione "Silvio Bonfante"], in missione nella zona di Cerisola [Frazione di Garessio (CN), Alta Val Tanaro], sorprendeva una pattuglia nemica, la quale lasciava sul terreno tre uomini. La squadra dei garibaldini rientrava incolume alla base.
Il paese di Aquila d'Arroscia (IM) veniva investito nuovamente da militi della Brigata Nera “Francesco Briatore” di stanza a Borgo di Ranzo, che altresì rubavano bestiame di piccola taglia.

Il giorno successivo una pattuglia della I^ Brigata, accompagnata dal comandante della Divisione, Giorgio Olivero ["Giorgio"], scendeva in Diano Marina (IM) per una ricognizione.
Vennero esaminati i campi minati stesi dal nemico, tra i quali se ne rilevava uno falso.

Inoltre veniva studiato il punto dove interrompere la ferrovia con una mina.

Il 10 febbraio iniziarono a concentrarsi nella zona Pontedassio-Chiusavecchia truppe nemiche, principalmente uomini appartenenti alle Brigate Nere: una parte di questi partecipò ad un rastrellamento quattro giorni dopo.
Nello stesso giorno in località Fontanelle nella valle di Cervo tre tedeschi rimasero uccisi transitando su un campo minato.

Durante le prime ore dell'11 febbraio 1945 una colonna di soldati tedeschi operò un rastrellamento nella zona di Aurigo nella Valle del Maro, parte orientale della provincia di Imperia.
Il nemico riuscì ad accerchiare il Distaccamento "Giuseppe Maccanò" della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" della Divisione "Silvio Bonfante", il quale si sottrasse all'attacco ma riportando un morto ed un ferito grave.

I nazisti subirono "dure perdite di cui non è possibile accertare l'entità".

L'11 febbraio un membro delle SAP di Diano Marina, Vladimiro Marengo (Casi), impiegato presso la ditta Paladino che effettuava lavori per i tedeschi, venne ucciso durante un incontro di calcio tra operai dell'azienda di cui sopra ed una rappresentativa di soldati tedeschi. "Casi", che ricopriva il ruolo di portiere, fu assalito da un poliziotto fascista, che irruppe nel campo e lo uccise con un colpo di rivoltella.

Il 12 febbraio un altro Distaccamento della Divisione "Silvio Bonfante", il Distaccamento "Igino Rainis" della II^ Brigata "Nino Berio", continuò nell'opera di recupero delle armi nascoste durante l'inverno a Fontane, Frazione di Frabosa Soprana in provincia di Cuneo.
Rientrò in possesso, pertanto, di 1 mitragliatore pesante Breda 1937, privo di otturatore, con 1600 colpi, 2 Breda leggeri 1930 con 500 colpi, 1 machine-pistole, 1 fucile mitragliatore Brent, 4 moschetti americani e 2 fucili tedeschi.

La sera del 12 febbraio un altro contingente di soldati tedeschi abbandonò la provincia di Imperia dirigendosi in Piemonte. Si trattava degli uomini del presidio di Borgo di Ranzo, che era l'unico rimasto in Valle Arroscia dopo i rastrellamenti di fine gennaio 1945.

Con la partenza di questi militari la zona Ortovero (SV)-Vessalico (IM) risultava sgombera, tanto che 'Pantera' [Luigi Massabò, vice comandante della Divisione "Silvio Bonfante"] potè scrivere: "la situazione nemica nella zona della Divisione è molto precaria. I tedeschi si schierano lungo le vie di comunicazione principali allo scopo di proteggere il transito delle colonne ripieganti". Infatti, i nazisti rinforzarono i presidi di Pieve di Teco (IM) e di Garessio (CN), paesi posti rispettivamente a sud e a nord del Colle di Nava lungo la statale n° 28.

Il 12 febbraio 1945 Franco Bianchi (Stalin), comandante del Distaccamento “Giovanni Garbagnati”, comunicava al comando [comandante Mancen, Massimo Gismondi] della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante" che era stato colpito un treno: "una locomotiva, con alcuni vagoni, era caduta nella scarpata e finita sulla strada che costeggia i binari in località Giaiette [nei pressi di Diano Marina (IM)]".

Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999

7 febbraio 1945 - [...] Da ieri, sul campanile della nostra Chiesa maggiore [a Pieve di Teco (IM)], è stato posto corpo di guardia per l'allarme diurno aereo. Il servizio, fatto naturalmente dai civili, dura dalle 8 del mattino alle 8 di sera.
8 febbraio 1945 - Questa mattina alle 10 è giunto un torpedone propagandistico su cui erano civili e tedeschi. Prima suonavano pezzi varie e poi uno dei civili arringava la popolazione invitandola a convincere gli sbandati e gli affiliati ai partigiani di ritornare alle loro case, ove non avrebbero ricevuta alcuna molestia; non solo, ma li avrebbero, dietro loro richiesta, inviati alla Todt per lavori ben retribuiti, da effettuarsi lungo il litorale.
9 febbraio 1945 - Si seppe poi che l'iniziativa del torpedone-reclame era d'origine Prefettizia e che i civili a bordo dello stesso erano impiegati della Prefettura stessa. Ognuno, però, può facilmente supporre quale possa essere stato il risultato di una simile pagliacciata in tempi di tanta drammaticità.
10 febbraio 1945 - La dimostrazione della falsità di tali propagandisti l'abbiamo avuta oggi, quando abbiamo assistito al passaggio di una colonna di giovanotti in borghese che, incolonnati e scortati da tedeschi e repubblichini, erano condotti a Ceva per essere incorporati nelle fila repubblichine. Questo accadde dopo che quelli erano stati tolti dalla Tod, ove si erano presentati fiduciosi, a seguito delle promesse così spudoratamente sbandierate e poi sfacciatamente non mantenute.
11 febbraio 1945 - È un periodo eccezionale di intensa borsa nera. Persone di ogni sesso e di ogni età e con ogni mezzo di trasporto, si vedono in giro. L'olio non ha più prezzi. È ricercato e pagato in vari modi. Molti pagano in contanti, e si vedono persone, cui a malapena si darebbero due soldi per elemosina, estrarre manciate di biglietti da mille; altri fanno cambio merce portando di là farina, pasta, lardo, salumi d'ogni qualità, cuoio etc. e portando via di qua l'olio che è sempre più ricercato. Ho chiesto a qualcuno se non temono le sorprese tedesche o repubblichine, ma ebbi per risposta una sonora risata, accompagnata da una scrollata di spalle. In tal modo è anche dimostrato che la guerra per tante persone non è poi così un male.
Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, tip. Dominici Imperia, 1994

9 febbraio 1945 - Da "C. 11" al comando della Divisione Bonfante - Segnalava l'arrivo di nuove truppe tedesche ed italiane ad Ormea (CN), dove si era raggiunto il totale di 250 soldati nemici, con il comando stanziato all'Albergo Alpi e gli ufficiali, muniti di 3 radio trasmittenti, alloggiati in alcune ville; inviava un elenco di targhe dei veicoli militari circolanti ad Ormea; comunicava che da Ormea era transitata la compagnia delle Bande Nere (circa 200 uomini) comandata dal capitano Ferrari, forse diretta a Nucetto e Calizzano per effettuare rastrellamenti; aggiungeva che in quella giornata sussisteva in quella zona un gran movimento di veicoli tedeschi.

9 febbraio 1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della Divisione Bonfante - Chiedeva ragguagli circa l'ultimo rastrellamento subito dalla Divisione e se aereoplani inglesi avevano effettuato bombardamenti, come richiesto dal comando scrivente, su Casanova Lerrone, Borgo di Ranzo e Garlenda; esprimeva rammarico per la scarsa attenzione mostrata alle modalità, così come delineate nella circolare n° 22, dell'attività cospirativa; sollecitava maggiore disciplina nei singoli e nei reparti; rammentava che i commissari, dovendo essere d'esempio, dovevano istruire i garibaldini sui compiti militari ma anche politici; preanunciava l'intenznione di porre "Mario" [Carlo De Lucis], appena guarito, nel ruolo di responsabile politico del PCI presso le due Divisioni della I^ Zona; consigliava di preparare, dopo aver opportunamente contattato la Divisione "Gin Bevilacqua" della II Zona del Savonese, piani di sabotaggio e di discesa a valle per l'occupazione di Albenga, obiettivo imminente stante la situazione bellica più generale.

10 febbraio 1945 - Dal comando del Distaccamento "Giovanni Garbagnati" al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che in località Fontanelle nella valle di Cervo e di San Bartolomeo al Mare tre tedeschi erano morti e due erano rimasti feriti "per essere transitati su un campo minato".

10 febbraio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 110, al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Comunicava che il comandante ed il capo di Stato maggiore della Divisione si erano recati sulla costa per valutare la possibilità di ricevere materiale bellico via mare, ma che tale ipotesi si era dimostrata impraticabile a causa della stretta sorveglianza dei nemici, per cui si riteneva possibile soltanto l'opzione dei lanci aerei, per i quali la zona che poteva dare maggiori garanzie di sicurezza era Alto [alta Val Pennavaira in provincia di Cuneo] a latitudine 44° 07' 53'' e longitudine 4° 28' 55''.

11 febbraio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 113, al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Relazione militare riferita al mese di gennaio 1945. Da cui si evince che al 1° gennaio 1945 la I^ Brigata "Silvano Belgrano" vedeva stanziati nella vallata di Diano Marina il comando, il Distaccamento "Giovanni Garbagnati" ed il Distaccamento "Francesco Agnese", nella vallata di Andora il Distaccamento "Angiolino Viani"; che alla stessa data la II^ Brigata "Nino Berio" si trovava con il comando e con il Distaccamento "Filippo Airaldi" in Valle Arroscia, con il Distaccamento "Giannino Bortolotti" nella vallata di Nasino, con il Distaccamento "Igino Rainis" nella zona di Caprauna e con un altro il Distaccamento "Giuseppe Catter" nella vallata di Alto (CN); la III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" aveva, invece, il comando ed il Distaccamento "Giuseppe Maccanò" dislocati nella zona di Ubaghetta [Frazione di Borghetto d'Arroscia (IM)], il Distaccamento "Gian Francesco De Marchi" in Valle Arroscia, il Distaccamento "Elio Castellari" nella zona di Marmoreo [Frazione del comune di Casanova Lerrone (SV)] ed il  Distaccamento "Giuseppe Catter" nella zona di Pieve di Teco (IM). Si possono dedurre anche le azioni condotte in quel mese: il 2 gennaio una squadra del Distaccamento "Angiolino Viani" aveva sminato un campo nella valle di Andora; il 3 gennaio una squadra del Distaccamento "Giuseppe Catter" aveva attaccato lungo la strada n° 28 un gruppo di tedeschi, uccidendone uno e ferendone un altro; il 5 gennaio 5 partigiani del Distaccamento "Angiolino Viani" avevano ucciso un sergente, allievo ufficiale degli arditi della San Marco, perché tentava la fuga dopo l'arresto; il 9 febbraio una squadra del Distaccamento "Francesco Agnese", comandata da "Moschen" ["Moschin"/"Muschen", Carlo Mosca] attaccava altri tedeschi sulla strada n° 28 causando perdite imprecisate; il 16 gennaio una squadra del Distaccamento "Elio Castellari" al comando di "Mirko" uccideva 2 tedeschi e ne feriva altri 3 in un attacco condotto a Pogli [Frazione di Ortovero (SV)] ed una squadra del Distaccamento "Filippo Airaldi" agli ordini di "Cimitero" [Bruno Schivo] attaccava una pattuglia tedesca uccidendo un soldato e ferendone altri 2; il 19 gennaio una squadra del Distaccamento "Angiolino Viani" comandata da "Ti frego" [Calogero Caramazza] mettendo delle mine sulla strada n° 28 aveva causato l'esplosione di un automezzo tedesco che aveva provocato la morte di un ufficiale e di 6 soldati; dal 20 al 28 gennaio vi erano stati rastrellamenti nemici nelle valli di Andora, Lerrone, Arroscia, Alto, Caprauna e Nasino.

12 febbraio 1945 - Dal comando del Distaccamento "Angiolino Viani" al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava il ritiro e la successiva distribuzione di 2 apparecchi radio.

12 febbraio 1945 - Dal comando del II° Battaglione [tedesco], Einheit 23539, al commissario prefettizio di Albenga (documento scritto in tedesco) - Richiedeva 20 operai muniti di picconi e pale.

12 febbraio 1945 - Dal commissario prefettizio di Albenga, marchese Andrea Rolandi Ricci, al comando del II° Battaglione [tedesco], Einheit 23539 - Comunicava, in risposta alla richiesta pervenuta nella stessa giornata, che il comune di Albenga non era in grado di fornire picconi e pale e che l'unica ditta che poteva soddisfare quanto sollecitato era la Spallanzani, già al servizo della Wehrmacht.

12 febbraio 1945 - Da "Citrato" [Angelo Ghiron] alla Sezione SIM della Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava diversi movimenti e situazioni nemici, tra cui un posto di blocco a Cervo formato da 20 militi della brigate nere insieme a 6-7 tedeschi, ma soprattutto confermava la fucilazione ad Oneglia del partigiano Carlo Delle Piane.

13 febbraio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" [comandata da 'Giorgio' Giorgio Olivero] al comando della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo [comandata da 'Fernandel', Mario Gennari] - Si esprimeva disappunto per "la mancanza di serietà nello svolgimento del servizio di staffette".

14 febbraio 1945 - Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che "sono imminenti alcuni sbarchi di materiali da parte degli alleati sulle coste controllate dalla II^ Divisione e che i materiali andranno distribuiti tra le Divisioni a seconda delle esigenze. La situazione generale del conflitto è a sfavore dei tedeschi che da tempo si stanno ritirando, venendo sostituiti da militari della RSI; è compito dei garibaldini fare in modo che la loro ritirata sia una 'rotta' e che non possano andarsene indisturbati portandosi via tutto ciò che vogliono. Si consiglia di non confidare troppo negli aiuti degli alleati ma, al cnotrario, di puntare ancora di più sulle proprie forze. Occorre riprendere la lotta con azioni contemporanee su più luoghi, particolarmente in direzione della valle Impero in cui sarebbero possibili aiuti della II^ divisione e dell'aviazione alleata. Per quanto riguarda il finanziamento non si reputa opportuno chiedere alcun contributo agli alleati".

14 febbraio 1945 - Dal comando del Distaccamento Alpino "G. Pesce" della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Baltera" [II^ Zona Operativa Liguria] al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Venivano richieste informazioni su di una volontaria, "Natascia", che aveva chiesto di fare parte della formazione. Siccome il volontario "Cera" aveva sostenuto che la donna in oggetto era ricercata dalla Divisione "Silvio Bonfante". per avere agito ai danni dei garibaldini, il Distaccamento chiedeva informazioni anche su "Cera", il quale aveva affermato di avere fatto pare della Squadra di "Cimitero" [Bruno Schivo], Squadra del Distaccamento di "Ramon" [Raymond Rosso].

14 febbraio 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava un rastrellamento avvenuto nella zona del I° Distaccamento "con i nemici che arrivavano da tre direzioni, da Via Colletto di Pairola, da Diano Castello e da Chiusavecchia e che, individuato il nascondiglio i nemici, avevano prelevato 5 garibaldini in seguito fucilati a Chiusavecchia: Raspin, Luis, Stendhal, Joe ed un certo Villa".

14 febbraio 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Relazione sull'attività svolta a gennaio dai Distaccamenti dipendenti dalla Brigata, nella quale si riferiva che il 9 gennaio 1945 una squadra sulla strada 28 nei pressi di Pontedassio aveva attaccato una pattuglia tedesca, uccidendo 3 soldati e ferendone 2; che il 20 una squadra al comando di 'Gordon' [Germano Belgrano] aveva assalito una pattuglia tedesca uccidendo un soldato; che, ancora il giorno 20, il Distaccamento "Giovanni Garbagnati" aveva ferito 2 tedeschi facendo scoppiare delle mine.

14 febbraio 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Informava che una pattuglia del Distaccamento "Angiolino Viani" nei pressi di San Bartolomeo di Andora aveva ucciso due militari repubblichini della San Marco che all'intimazione di fermarsi avevano reagito impugnando le armi ed aveva conseguito un bottino consistente in 2 tapum, 1 pistola ed 1 cavallo.

14 febbraio 1945 - Dal comando della VI^ Divisione, prot. n° 116, al comando della I^ Brigata - Convocazione del comandante "Mancen" [Massimo Gismondi] e del commissario "Federico" [Federico Sibilla] per concertare l'impiego di alcuni Distaccamenti.

14 febbraio 1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Informava che presto avrebbe potuto avere luogo un lancio di materiale nella zona indicata da quel comando di Divisione, ma aggiungeva che occorrevano dati più precisi sulla natura del terreno, sulla distanza dai presidi militari più vicini e dalle abitazioni. Concludeva invitando a comunicare la lista del materiale ricevuto, per il quale aggiungeva la raccomandazione di un trasferimento in luogo sicuro.

da documenti IsrecIm  in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II

venerdì 10 luglio 2020

Lo scontro di Vessalico (IM) è concluso, l'ultimo prima del grande rastrellamento

Vessalico (IM) - Fonte: Wikipedia
 
Per attenuare la cronica penuria di armi e di munizioni nei primi giorni di ottobre 1944 vennero condotte dai partigiani della II^ Divisione "Felice Cascione" diverse azioni contro alcune caserme occupate dal nemico.
Intensificando la battaglia per la distruzione  dei ponti per ostacolare il previsto grande rastrellamento nemico, la notte del 5 ottobre 1944 gli uomini del Distaccamento di Raymond (Ramon) Rosso [il quale diventerà in seguito capo di Stato Maggiore della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della  Divisione "Silvio Bonfante"] fecero saltare il ponte di Borgo di Ranzo, nel comune di Ranzo (IM).
Doveva seguire la stessa sorte il ponte di Vessalico (IM), già distrutto il 4 luglio 1944.
I tedeschi, per riattivarlo, avevano dislocato un presidio di sessanta uomini con cinque mitragliatori. Decisi ad attaccarlo, il giorno 8 ottobre 1944 i comandanti “Cion” [Silvio Bonfante], Giorgio, [Giorgio Olivero, comandante della Divisione "Silvio Bonfante"] e Stalin [in seguito Franco Bianchi, comandante del Distaccamento "Giovanni Garbagnati" della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante"] radunano gli uomini: trenta garibaldini del Distaccamento d'assalto “Giovanni Garbagnati”, che sostavano a Pieve di Teco (IM) dopo l'attacco a Cesio (IM), e quindici uomini del Distaccamento "Giuseppe Maccanò" della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo", comandati da Fra Diavolo [anche Garibaldi, Giuseppe Garibaldi, già a capo nell'autunno 1943 di un piccolo gruppo partigiano in Cipressa (IM), verso la fine della guerra comandante della IV^ Brigata "Domenico Arnera" della Divisione "Silvio Bonfante"] ...
Rocco Fava, La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999 

Intanto i cittadini di Vessalico, temendo una rappresaglia, inviano presso il Comando partigiano il civile Giovanni Aicardi con il compito di farlo desistere dall'impresa e con l'offerta di settemila lire.
Ma il comando risponde che non può rinunciare all'impresa, data la drammatica situazione incombente.
L'avvicinamento a Vessalico è compiuto all'indomani alle 6 antimeridiane. 
A Perinetti [Frazione di Vessalico (IM)] i garibaldini si dispongono su tre colonne, ciascuna composta da due squadre, con armamento complessivo di sette mitragliatori, due lanciagranate e alcune armi automatiche di vario genere. Fra i partigiani alcuni sono militi che hanno abbandonato il battaglione “San Marco”: riceveranno per la prima volta il battesimo del fuoco.
Come convenuto, raggiunte le posizioni a loro assegnate a cento metri di distanza e a quaranta metri circa di quota sopra il ponte, alle 7 due squadre garibaldine si appostano per una buona mezz'ora in attesa del colpo di pistola che sarebbe dovuto partire dalla colonna centrale come segnale d'attacco. Però quest'ultima, impossibilitata a seguire la strada troppo scoperta e a portarsi dietro la prima, fa mancare il segnale convenuto.

Accortisi dell'insidia, i tedeschi danno l'allarme abbandonando il ponte in costruzione.

Attuato da Cion un lancio di manifestini invitanti alla resa gli Slavi e gli Austriaci presenti nel presidio - desiderosi di disertare - e inviata la ragazza Domenica Delfino per persuaderli a farlo veramente, viene sferrato un attacco violentissimo.

Totalmente disorganizzato e sprovveduto, il nemico non reagisce immediatamente e si richiude nel frantoio di Giobatta Aicardi.
Raggiunto intanto il fianco sinistro della Valle all'altezza del paese, la terza colonna partecipa all'attacco effettuato dai due lati del fiume che, in piena, ritarda l'azione delle colonne agenti a destra.
Riusciti a penetrare nell'abitato avanzano in piedi sotto le raffiche nemiche e tra la meraviglia e il terrore degli ex “San Marco”.

Guidati da Cion, Stalin e Fra Diavolo, i partigiani a colpi di bombe a mano snidano alcuni nemici: i superstiti si danno prigionieri.

Tra i garibaldini il primo a rimanere ferito è Calogero Madonia (Carlo Siciliano): colpito sotto il ginocchio mentre guada il fiume, riesce con i lacci di una scarpa a legarsi stretta la gamba sinistra e, abbandonatosi alla corrente, è raccolto e salvato dal compagno d'armi Agostino Guglieri (Barba).

E' difficile snidare il nemico che, trinceratosi nelle case, tira dalle finestre.
Ormai le munizioni scarseggiano e, dopo tre ore e mezza di fuoco, lasciato il comando a Giorgio  Olivero, che continua l'azione per un'altra ora, Cion rientra a Pieve di Teco (IM) per accompagnare il ferito e i sette prigionieri.
Anche Giorgio con i suoi uomini si ritira, presupponendo un arrivo di rinforzi da Pogli [Frazione di Ortovero (SV)] e da Cesio (IM), nel quale ultimo paese la guarnigione della brigata nera era stata rinforzata.

Ha luogo una tregua alle ore 11, durante la quale vengono trovati due tedeschi caduti ed il cadavere del civile Giuseppe Gandolini ucciso accidentalmente.
Non ancora soddisfatto dell'azione, liberatosi dei prigionieri e del ferito, fedele al suo temerario impulso, con un mitragliatore e seguito da quattro coraggiosi compagni per continuare la lotta, Cion ritorna verso Vessalico (IM) per catturare ancora altri soldati.

Riordinate le file, il nemico ora è all'erta in attesa del ritorno offensivo dei garibaldini.

Giunti nei pressi di una segheria dei Piana posta nelle vicinanze del paese, i patrioti iniziano l'attraversamento del torrente Arroscia per condurre l'azione di attacco.

Cion è il primo della fila. Poi vengono Alessandro Nuti (Scrivan), Primo Cei (Wan Stiller), Vittorio  Amoretti (Vittore), Franco Bianchi (Stalin).
Dal campanile della chiesa partono delle raffiche di Mayerling.
Cion viene colpito alle gambe, fa un giro su se stesso ed urla "Non lasciatemi qui!
Sotto le raffiche tedesche riescono a trascinarlo al sicuro.

Poi è la volta di Sandro Nuti (Scrivan) di Oneglia, che armato di Saint-Etienne deve attraversare un piccolo fossato, che un tedesco appostato batte dal campanile. Quando un partigiano deve passare, un mitragliatore partigiano in postazione dall'alto lato del fossato tira una raffica sul campanile obbligando il nemico a nascondersi per un istante. Scrivan compie un balzo portandosi dietro ad un cespuglio per raccogliere un caricatore, ma una raffica nemica lo investe e gli sbriciola un gomito in modo grave.  Cade e rimane quasi dissanguato, ma i compagni riescono a trarlo in salvo, coprendolo col fuoco delle loro armi e trascinandolo attraverso l'acqua corrente legato ad un nastro di mitragliatrice.

La popolazione sfolla sui monti per timore della rappresaglia nazista.

Rientrati a Pieve di Teco, i garibaldini, dopo aver medicato i feriti, attuano un forte pattugliamento per coprire la ritirata dei feriti, portati a Mendatica (IM) con un camion e da lì a Piaggia [Frazione di Briga Alta (CN)] verso le 2 di notte.
Totalmente sgomberato Vessalico, Raimondo Rosso (Ramon) controlla il movimento nemico tra Pogli e il suddetto paese.

La sera del giorno stesso del combattimento un forte nucleo di tedeschi, guidati da due capitani e da due subalterni, invade il paese, rastrella i pochi civili rimasti e libera i tedeschi ancora nascosti nell'abitato.
Nonostante le minacce non viene compiuta alcuna rappresaglia nel timore che i partigiani possano giustiziare i sette tedeschi in loro mani.

Cinque ostaggi, Francesco Degola, Domenico Aicardi, Domenico Gerini e Giacomo Guido, portati a Bastia d'Albenga (SV), verranno rilasciati il 19 ottobre 1944.

Allontanatisi i tedeschi e giunta la notizia di un croato ferito, il parroco don Angelo Cervetto si reca nel frantoio dell'Aicardi dove si trova questo ferito assistito da un commilitone. Prestate le cure, i due vengono internati all'ospedale di Piaggia (CN).

Accanto al frantoio è rivenuto il cadavere di un altro tedesco, che viene restituito al comando tedesco di Villanova d'Albenga (SV).

I tedeschi, che hanno intanto abbandonato Vessalico (IM), compiono puntate oltre Ormea (CN) e San Bernardo di Conio [nel comune di Borgomaro (IM] con la speranza di rintracciare i partigiani. Nell'azione hanno avuto quindici soldati caduti, dodici feriti, cinque prigionieri, perduti i muli e i cavalli delle salmerie.

Il ponte viene definitivamente distrutto da una squadra del Distaccamento “Giovanni Garbagnati”.

I prigionieri, Slavi, Austriaci, Croati, di cui uno ferito, giungono il giorno seguente al comando Divisione per l'interrogatorio. Seguono il 10 di ottobre altri due Slavi che avevano disertato.

Ricercate dal nemico fuggono a Piaggia  [Frazione di Briga Alta (CN)] anche le famiglie di Massimo Gismondi (Mancen) e di Cion.
Grazie all'attività della staffetta Secondino Rovere (Uliano), che cade in mano nemica, ma poi si libera, da Albenga riesce a portare a Piaggia, col lasciapassare dei tedeschi, il professore Abbo per amputare la gamba di Cion: la gamba, invece, viene salvata con profonde incisioni ed efficaci disinfezioni.

Due brigatisti neri, catturati in borghese con l'aiuto di un contadino presso Casanova Lerrone (SV), sono fucilati.

Lo scontro di Vessalico (IM) è concluso: l'ultimo prima del grande rastrellamento che ormai sta per avere inizio, mentre la pioggia, il nevischio e il freddo continuano ad imperversare.

Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977
 

Fonte: Fondazione Luigi Micheletti

[n.d.r.: quasi a conferma del momento di difficoltà attraversato dai partigiani della Divisione Cascione esiste un promemoria, messo all'attenzione dello stesso Mussolini, indicato quale capo di Stato Maggiore della G.N.R., e relativo ad una copia di una circolare della Brigata "Belgrano", riportante la dislocazione dei distaccamenti garibaldini, trasmesso perlomeno nel bollettino giornaliero della G.N.R., come si evince, per l'appunto, dal Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del 4 ottobre 1944, pp. 28-29 (Fonte: Fondazione Luigi Micheletti)] 



giovedì 16 aprile 2020

... i fascisti scappando abbandonarono 2 muli

Badalucco (IM)
 
Il 6 gennaio 1945 ebbe luogo un vasto rastrellamento a danno dei garibaldini della II^ Divisione  "Felice Cascione" nei pressi del Passo della Verna.
La "befana" di quell'anno fece trovare nella calza degli imperiesi un'abbondante nevicata, che non impedì agli uomini del II° Distaccamento "Novella" del I° Battaglione "Carlo Montagna" della IV^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Elsio Guarrini" di riuscire a sganciarsi dal nemico in Località Binelle del comune di Montalto Ligure [oggi Comune di Montalto Carpasio (IM)].
I patrioti trovarono difficoltà a mimetizzarsi tra gli spogli tronchi dei castagneti, ma avevano dalla loro la cancellazione delle impronte in cagione della bufera che imperversava.
I due austriaci che avevano disertato dal Distaccamento probabilmente avevano indicato la via ai nazisti, ma di loro non si seppe più nulla.
Sempre il 6 gennaio ebbe luogo un altro rastrellamento, in Valle Argentina.
Tre colonne nemiche provenienti da Molini di Triora, Diano Marina ed Imperia si concentrarono intorno a Badalucco.
Erano composte in massima parte da fascisti e repubblichini, quasi tutti liguri, molti dei paesi vicini alla zona di queste azioni. Pochi i tedeschi. Prima di arrivare bruciarono quasi tutte le case incontrate sui tragitti percorsi.
I nazifascisti cercavano di individuare nei pressi di Montalto l'abitazione di Fedè, che fungeva  da recapito della II^ Divisione. E trucidarono a Badalucco tre civili sorpresi per strada.
Rocco Fava di Sanremo (IM), "La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945)" - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999   
 
... ultimo rastrellamento tedesco-fascista in Valle Argentina. Esso fu stroncato dalla nostra artiglieria al mattino dell'Epifania: per la prima volta usammo cannoni provvisti di congegno di puntamento.
Andrea (partigiano, al momento ancora ignoto, con ruolo di rilievo in seno alla V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione), Lettera dei primi del 1945 indirizzata ad un dirigente del Partito d'Azione a Milano, documento oggi in Fondazione Gramsci
 
6 gennaio 1945 - Da CORPO VOLONTARIO DELLA LIBERTA' ADERENTE AL C.L.N.,  Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni", prot. n° 253, al comando della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione" e p.c. al comando della V^ Brigata - Informazioni militari: "Oggi forze nazifasciste hanno effettuato un rastrellamento a Badalucco. Si calcola siano stati impiegati per detto rastrellamento più di Cinquecento uomini, i quali hanno occupato il paese con manovra avvolgente, provenienti da Molini di Triora, Diano Marina ed Imperia valicando Passo Veina, S. Remo, Ceriana seguendo la via del Passo S. Bernardo.
I nazifascisti hanno bruciato quasi tutte le case di campagna che hanno incontrato sul loro cammino.  Le forze provenienti da Molini, arrivate al ponte rotto di Montalto che era ancora notte, cercarono della casa di Fedè (Recapito della Divisione).
Verso le ore 9.30 i nazifascisti sono entrati in Badalucco dove sono andati di casa in casa cercando munizioni. È stata bruciata una casa dove è stato trovato un moschetto, un'altra  dove è stata trovata della munizione ed è stata fatta saltare... Tre individui borghesi sorpresi per la via sono stati vilmente trucidati. Alle ore 15 pomeridiane i primi reparti di nazifascisti hanno lasciato Badalucco diretti verso Taggia. In questo primo gruppo ho contato 160 uomini. 4 gruppi di 25 o 30 uomini, i rimasti, lasciavano il paese, diretti, parte verso Taggia, parte verso Carpasio e parte verso Molini di Triora. Questi ultimi sono stati attaccati da squadre di Garibaldini della V Brigata. Durante tale attacco i repubblichini perdevano un mortaio da 81 mm.
Alle ore 16.30 una pattuglia composta di 7 uomini, gli ultimi rimasti, lasciava Badalucco e si congiungeva con un gruppo di 50 uomini che attendevano subito fuori il paese.
Al detto dei fascisti che hanno preso parte all'azione, dovevano circondare Badalucco sino dalle 5 del mattino. Tutto ciò è fallito perché al passo di Veina hanno smarrito la strada.
Si è notato che la forza adoperata per questo rastrellamento era composta in massima parte da fascisti e repubblichini, quasi tutti liguri e dei paesi a noi vicini. Pochi erano i tedeschi. il responsabile S.I.M. di BRIGATA (Brunero) [Franco Bianchi]"
da un documento Isrecim in Rocco Fava di Sanremo (IM), Op. cit. - Tomo II

[ n.d.r.: quasi tutti i documenti partigiani, anche se scritti nelle condizioni difficili che ben si possono immaginare, anche quelli vergati a mano, riportavano la dicitura Corpo Volontari della Libertà (costituitosi il 19 giugno '44)  ]
 
Taggia (IM): uno scorcio

Gli attaccanti si diressero subito dopo a Taggia, a Carpasio e a Molini di Triora.
La colonna nemica, forte di 40 unità, che tornava a Molini di Triora, fu avvistata dai Distaccamenti Mia e Serpe.
I garibaldini si attestarono allora sotto Glori, Frazione di Molini di Triora (IM), facendo un fuoco incrociato, che obbligò i repubblichini prima a disperdersi, cercando rifugio anche nei tombini, e quindi a scappare.
I patrioti recuperarono due muli, uno carico di un mortaio da 81 mm e relative munizioni, l'altro di... dolci già pronti per la befana fascista.
"... i fascisti scappando abbandonarono 2 muli, uno carico di un mortaio da 81 mm e rispettive munizioni, l'altro di dolci per festeggiare la befana fascista" così, in effetti, lasciò scritto in una sua relazione al comando partigiano Giovanni Jeannot/Monaco Rebaudo *, partecipe anch'egli di quello scontro del 6 gennaio 1945 contro i militi fascisti del Battaglione Monterosa di stanza a Molini di Triora.
Dalla testimonianza di Pippo Rebaudo, conservata presso l'Archivio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, si ottiene la conferma dell'episodio dei muli abbandonati e si apprende che il giorno dopo lo scontro testé rammentato il comandante del presidio fascista di Molini di Triora avrebbe detto alla popolazione: "Ho compiuto molti rastrellamenti  in Croazia, ma non ho mai avuto paura come ieri".
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I

* Giovanni Rebaudo [famiglia di Pigna (IM), poi residente a Ventimiglia dalla Liberazione sino alla morte], nato a Monaco Principato il 29 novembre 1921. Militò nella Resistenza in seguito ai bandi di arruolamento della R.S.I. del 24 giugno 1944. Come molti altri giovani preferì combattere per la libertà, anziché al servizio dell'occupante tedesco. Entrò a far parte del Distaccamento di Buggio [Frazione di Pigna (IM)] comandato da Carlo Cattaneo "Carletto", di Ventimiglia, Distaccamento che operava nella zona di Carmo Langan [Comune di Castelvittorio (IM)]. Dopo una settimana, il 2 luglio 1944 ebbe il suo battesimo del fuoco con la battaglia di Castelvittorio. Dopo il relativo sbandamento si ricompose a Cima Marta un distaccamento comandato da Basilio Mosconi [Moscone, in seguito comandante del II° Battaglione "Marco Dino Rossi" della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni"]. Con questo partecipò a numerose ed importanti azioni: a fine luglio 1944 distruzione del ponte della "Bunda" di Pigna [n.d.r.: si trattava in effetti di un altro ponte, sito più a valle, prossimo ad Isolabona] per tagliare i rinforzi ai tedeschi; a Passo Muratone e Monte Lega con la cattura di un cannone nemico, che venne poi usato contro la caserma di Dolceacqua (IM); presa di Pigna e difesa della sua Repubblica Partigiana. Tra l'8 e il 18 Ottobre 1944 partecipò con tutta la II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione" alla ritirata su Fontane [Frazione di Frabosa Soprana (CN)] passando da Viozene [Frazione di Ormea (CN)]. In novembre ci fu il rientro in Liguria a riprendere i territori abbandonati, ricostituendo le Brigate. A marzo andò in missione a Pigna per ricostituire una formazione: qui subì il rastrellamento del 10 marzo 1945 che portò alla cattura di numerosi ostaggi ed alla fucilazione di 14 suoi compagni partigiani a Latte [Frazione di Ventimiglia (IM)]. Il 24 aprile 1945 era con tutta la  II^ Divisione "Felice Cascione" a Baiardo (IM) quando il Comandante Vitò [Vittorio Giuseppe Guglielmo] dispose il piano di occupazione della costa...   
Vittorio Detassis