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domenica 31 luglio 2022

Ed i fascisti a Sanremo cercavano anche il capitano Umberto

San Romolo (768 m.s.l.m.), Frazione di Sanremo (IM): uno scorcio

9 gennaio 1945 - XXIII
(Relazione registrata in ritardo. L'interrogatorio avvenne il 4 gennaio 1945 - XIII)
Relazione succinta sulle dichiarazioni fatte dall'ex sbandato Cadrozzi Corrado, presentatosi per arruolarsi nella Brigata Nera il 4 gennaio 1945 - XIII.
Il Cadrozzi si è presentato dal Prof. Porta con una lira di carta divisa a metà come segno di riconoscimento ed ha così potuto ritirare dei medicinali che li ha poi consegnati al Ten. Rico. Glielo hanno ordinato Ned ed il Ten. Rico.
Questo Rico per scendere a S.Remo faceva la strada di S. Bartolomeo e poi seguiva sentieri insospettati. Ha i seguenti connotati: statura media - bruno - con borse sotto gli occhi. Ultimamente era in Corso Impero [n.d.r.: attuale Corso Inglesi]. È armato di Glisendi [n.d.r.: Glisenti, pistola simile alla Luger], già di Pereno Mario. Rico si è fatto tingere di rosso i capelli dalla madre di Ned e così camuffato è andato a bere con Morotti ed il comandante Mangano una quindicina di giorni fa. Naturalmente il Comandante nulla sapeva e così si crede di Morotti.
(1) Ervedo (De Bigault che abita in Guardiole) [n.d.r.: Ervedo De Bigault, squadrista della Brigata Nera Padoan, morto il 27 gennaio 1945 a Tomena, località di Montalto Ligure: ma in precedenza o era stato partigiano o era riuscito in qualche modo ad avere contatti con i patrioti (vedere infra)] sa dove si trova il Rico che non è di S.Remo e ha la voce dolce. Altre persone conoscono Rico. Lo conosce Ned, ragazzo biondo, di venti anni. Lo conosce il fratello del Baggioli, Renato. A sua volte Ervedo sa dove abita Ned.
[...] In casa di Ervedo (De Bigault) sono stati presenti il Cap. Umberto, Siffredi, il Ten. Rico e hanno nominato quella sera stessa il Conti aiutante maggiore della risma. Questo Conti è un tipo alto ed ha i capelli ricci.
[...]
1) Ervedo (De Bigault) abita in Strada S. Bartolomeo, 26.
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan. Documento in Archivio di Stato di Genova, copia di Paolo Bianchi di Sanremo
 
[ n.d.r.: il Capitano Umberto era Candido Bertassi, già comandante di una formazione partigiana denominata Brigata Alpina, operante tra Baiardo (IM) e Ceriana (IM), che, prima di venire sciolta intorno al 20 settembre 1944, aveva sporadicamente collaborato con i garibaldini e aveva anche momentaneamente incorporato Italo Calvino

Nasce la repubblichina di Salò e subito vengono affissi i manifesti per il richiamo alle armi della classe 1923: proprio quella di Calvino. Per i disertori, come si sa, è prevista la fucilazione.
Il giovane, per non essere arrestato, prende la via delle colline e si rifugia in boschi e boschetti, nelle terre di proprietà del padre. Poi, con un gruppo di amici, Aldo Baggioli, Massimo Porre, Renzo Barbieri e altri, decide di salire in montagna. Viene accolto nella formazione partigiana «Brigata Alpina» presso Beulla. È una brigata, la sua, che si muove tra Baiardo e Ceriana ed è comandata da Candido Bertassi, conosciuto come Capitano Umberto.
Wladimiro Settimelli, Nome di battaglia «Santiago». Il giovane Calvino partigiano nei racconti di alcuni compagni. Dall’archivio dell’Anpi spuntano documenti che ricostruiscono il periodo della montagna e della Resistenza, l’Unità, 11 dicembre 2013, articolo riprodotto come Nome di battaglia "Santiago" in Nord Milano Notizie, 12 dicembre 2013 
 
Entra [Italo Calvino] a far parte di una formazione partigiana denominata Brigata Alpina, che è stanziata in località Beulla o si muove nei territori dei Comuni di Baiardo e di Ceriana. La formazione è comandata da Candido Bertassi detto "Capitano Umberto”. Calvino vi rimane finché non inizia il suo graduale sfaldamento.
Francesco Biga, A 20 anni dalla morte del grande scrittore. Italo Calvino, il partigiano chiamato "Santiago", Patria Indipendente, 29 gennaio 2006  
 
Nei primi mesi della lotta di liberazione si era anche formato un gruppo partigiano "Giustizia e Libertà", ossia del Partito d'Azione: era comandato dal capitano Umberto (Candido Bertassi) e in un certo momento giunse ad avere anche 200 uomini.
Operava fra Bordighera e Sanremo, sulla fascia collinare e montana in prossimità della costa. In seguito, verso la fine dell'ottobre '44 e i primi di novembre, fu per qualche tempo alle dipendenze del CLN circondariale sanremese.
"Si sciolse dopo il rastrellamento di San Romolo" (14 novembre 1944); ed i suoi uomini "in parte passarono alle formazioni garibaldine, in parte si misero a disposizione del CLN di Sanremo, in parte si sbandarono". <49
49 Note ricavate da "L'epopea dell'esercito scalzo, Mascia, pag. 204. Sentite pure varie persone.
Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I: La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Sabatelli Editore, Savona, 1976
 
Poi altri sbandati ed altre notizie, è la banda badogliana del capitano Umberto che ripiega da Langan
[...] Era ancora buio alle quattro del 5 luglio quando fu data la sveglia.
[...] Gli uomini di Umberto descrivevano con vivacità i recenti combattimenti.
[...] Gli avvenimenti dei primi di luglio [1944] crearono una nuova situazione
[...] A Carnino Umberto e la sua banda si fermarono. Umberto aveva un vecchio conto da regolare perché ai tempi di Val Casotto aveva perso due uomini nei pressi di Carnino. Era convinto che qualcuno del paese avesse tradito perché solo così i tedeschi avrebbero potuto sorprendere i suoi uomini quando erano scesi in paese per farsi il pane.
La Matteotti con gli altri proseguì per Viozène.
Gino Glorio "Magnesia", Alpi Marittime 1943/45. Diario di un partigiano - I parte, Genova, Nuova Editrice Genovese, 1979

In una particolare situazione si trova la formazione di Candido Bertassi (Capitano Umberto). Questi, nei mesi estivi, è di stanza a Valcona, Piaggia e nei pressi dei monti circostanti (Saccarello, Redentore, Fronté), dopo essere stato nella zona di Viozene e di Carnino.
La banda ha in forza una quarantina di effettivi, forse meno, anche se il Bertassi la denominò, un po' pomposamente, «Brigata Alpina», fornendo dati gonfiati circa il numero degli uomini.
Infatti, qualche pubblicazione riporta notizie grossolanamente errate, facendo ammontare a 150-200 i partigiani militanti agli ordini del «Capitano Umberto»; Augusto Miroglio (17) così si esprime: «...Candido Bertassi (Capitano Umberto) del PdA (Partito d'Azione, n.d.r.), comandante di un distaccamento G.L. forte di 200 uomini operanti nell'entroterra di Sanremo-Bordighera...».
La notizia è tanto più imprecisa in quanto riferita al successivo periodo in cui il Bertassi arriverà nei dintorni di Ceriana con una decina di patrioti, per poi scomparire definitivamente. Ne L'Epopea dell'Esercito Scalzo (18), troviamo scritto: «... Crediamo doveroso ricordare in questo volume l'opera svolta da un distaccamento di Giustizia e Libertà, al comando del Capitano Umberto (Candido Bertassi). Il distaccamento che raggiunse la forza di 200 uomini, sebbene indipendente, operò per alcuni mesi nella zona dell'imperiese occidentale...».
Inoltre, la posizione del «Capitano Umberto» appare alquanto confusa con quell'aderire alla IX Brigata e, contemporaneamente, col volersi considerare autonomo. Tale aggettivo, infatti, figura sovente accanto alla denominazione della formazione «Brigata Alpina».
Questa posizione assumerà il massimo dell'anacronismo a proposito della battaglia sostenuta il 25 luglio 1944 nell'Alta Val Tanaro quando (già costituitasi la II Divisione «F. Cascione»), la I Brigata «S. Belgrano», sotto il comando del «Cion» [Silvio Bonfante], sosterrà duri combattimenti contro i Tedeschi. In tale occasione, come più diffusamente vedremo, il «Capitano Umberto» emetterà, non si sa a quale titolo, un suo comunicato sugli scontri.
Infine, va considerato che nelle zone montane estreme della nostra provincia e di quelle limitrofe savonesi, confinanti con l'Alta Val Tanaro, sono presenti alternativamente formazioni della XIII Brigata Val Tanaro alle dipendenze di Eraldo Hanau (Capitano Martinengo), che effettuano varie azioni contro i presidi nazifascisti, soprattutto a Nava. Dette formazioni sono autonome e denominate «badogliane». Alcune bande, distanti dal loro comando centrale, passano a volte sotto l'influenza delle forze garibaldine a seconda della massiccia presenza, o meno, degli uomini di «Curto» nella loro zona.
(17) A. Miroglio, Venti mesi contro vent'anni, 2^ edizione Istituto Storico della Resistenza in Liguria, Genova, 1968, pagg. 141,142.
(18) Mario Mascia, L'Epopea dell'Esercito Scalzo, Casa Editrice Alis, Sanremo, pag. 204.

Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992, pp. 46,47

[Il 5 luglio 1944 i tedeschi uccisero a Carnino, località di Briga Alta (CN), 5 persone] Chiesi a Rico di Carnino se conosceva quei cinque che avevano trovato morti tra Carnino e Viozene ai primi di luglio. - Erano miei parenti, due anziani erano miei zii -, poi raccontò come nel primo inverno avessero consigliato i giovani a presentarsi ai bandi di chiamata della Repubblica [Sociale di Salò]. Raccontò l'imboscata tesa dai tedeschi alla banda di Umberto (Candido Benassi), la fuga dei giovani del paese durante l'occupazione tedesca, la marcia nella neve, il sospetto di essere stati traditi, il rancore sordo per quelli che in paese parteggiavano per i fascisti. Quando eravamo scappati ed i nostri ci temevano morti, mio zio diceva che se avessimo dato retta a lui, se ci fossimo presentati quando eravamo in tempo, non avremmo dovuto poi scappare come delinquenti. Quando poi tornammo in paese parevano contrariati di vederci ancora. Passarono molti mesi di attesa, poi passò un gruppo di partigiani di Martinengo, avevano del bagaglio da portare a Viozene. I partigiani si fecero aiutare da quei cinque. I giovani del paese si erano appostati fra le rocce con i moschetti, quando quelli erano tornati si erano fatti riconoscere e poi li avevano uccisi. Al parroco di Viozene l'ultimo che era ancora vivo aveva dato e chiesto il perdono per il male che era stato fatto. E' segno che il nostro sospetto che avessero chiamato i tedeschi in paese era vero.
Gino Glorio "Magnesia", Alpi Marittime 1943/45. Diario di un partigiano - I parte, Genova, Nuova Editrice Genovese, 1979

Prima di partire da Piaggia il Capitano Umberto, che proveniva da una famiglia nobile del cuneese, m’invitò a rimanere con lui promettendomi di darmi il comando di un reparto di partigiani di Giustizia e Libertà. Ho rifiutato e ringraziato, partendo con gli altri compagni alla volta di Carmo Langan. Non sono in grado di ricordare le date di tutti questi spostamenti essendo trascorsi oltre 65 anni quando mi accingo a scrivere questi ricordi, ma eravamo ormai nella seconda metà dell’anno 1944. Giunti a Carmo Langan, abbiamo trovato “Vittò” e si è ricostituita la brigata.
Gio Batta Basso (Tarzan)
Chiara Salvini, Ricordi di un partigiano, Nel delirio non ero mai sola, 29 luglio 2012 

Era riapparso nella zona della V brigata il capitano "Umberto" di cui abbiamo già parlato, con documenti di riconoscimento che lo identificavano come Bertassi Candido di Torino, proveniente da Massaua (Eritrea) e con una lettera di fiducia del CLN di San Remo. Chiedeva la riorganizzazione del suo distaccamento e il suo inquadramento nella V brigata. <9
9 Da relazione del commissario Peitavino Ferdinando (Silla) al Comando Divisionale (Prot. n° 106, 2 dicembre 1944).
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria). Da settembre a fine anno 1944. Vol. III, a cura Amministrazione Provinciale di Imperia e patrocinio IsrecIm, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977

9 gennaio 1945 - XXIII
"Gazzola, Vacchino, Marsaglia sono stati i finanziatori della banda del Capitano Umberto. Il versamento veniva effettuato presso il Commissario Ormea che successivamente ne divideva le somme. Non preciso se il denaro veniva offerto, oppure estorto sotto minaccia, ma quest'ultima ipotesi è quasi da escludersi". Informatore Imp. M.
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan. Documento in Archivio di Stato di Genova, copia di Paolo Bianchi di Sanremo 

1 gennaio 1945 - Dal C.L.N. di Sanremo, prot. n° 173/CL, all'Ispettorato della I^ Zona Operativa - Comunicava che il capitano Umberto forse stava costituendo un distaccamento da spostare in Piemonte per poterlo unire ai badogliani, con i quali avrebbe poi sostenuto l'esigenza di eliminare le formazioni garibaldine.
8 gennaio 1945 - Dal C.L.N. di Sanremo, prot. n° 197/CL, al comando della V^  Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Forniva notizie sul capitano "Franco", definito un disgregatore, e sul capitano "Umberto", che aveva rotto con il C.L.N. e che sembrava cercare contatti con "Mauri" in funzione di rottura con i garibaldini di "Curto" [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria]
10 gennaio 1945 - Dal comando della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando del I° Battaglione "Mario Bini" della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" - Veniva ordinato l'arresto del capitano "Umberto" e di Riccardo Siffredi, presenti al Borgo di Sanremo (IM)
27 febbraio 1945 - Da "Mimosa" [Emilio Mascia, della V^ Brigata SAP "Giacomo Matteotti" della zona di Sanremo] al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Avvisava che ad Alassio era stato visto il "capitano Umberto" mentre incitava ad arruolarsi nel Battaglione "San Remo", da lui formato per andare a combattere in Piemonte.
da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945), Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999 

18 gennaio 1944 - XXIII
Si presenta De Bigault Ervedo (Strada San Bartolomeo, 26).
Quando si sono sciolte le bande nazionaliste del Cap. Umberto (circa tre mesi fa) il capo doveva organizzare a Torino un cantiere (Il Comandante della divisione 'F. Cascione'. generale Curto) edile per impiegare tutti i ribelli (Siffredi, ecc). I ribelli avevano avuto l'ordine di recarsi a Torino.
Forse il cantiere non è più stato organizzato e tutti se ne sono andati per conto loro (?). Il cantiere doveva sorgere a Mirafiori e anche una Agenzia per battere qualsiasi affare, sempre a Torino. Prima i ribelli avrebbero dovuto trovarsi ad Alba, ad un dato punto di riferimento. Sempre ad Alba il Capitano Umberto aveva 20 "Stein" (fucili mitragliatori inglesi).
Il Curto voleva prendere Umberto e tutta la banda nazionalista, e quando Umberto si accorse di ciò, lasciò andare via col Curto i partigiani anarchici e delinquanti, e lui prosciolse gli altri da ogni obbligo. Questo accadeva circa un mese e mezzo fa: verso fine ottobre e primi novembre 1944. Consigliò di andare a lavorare a Torino.
Forse nella Brig. Nera c'è chi fa doppio gioco perché all'indomani che Ervedo "Edo" è venuto al comando, c'è stato chi ha mandato l'informazione ad uno dei tre membri del Comitato di Liberazione Nazionale (C.L.N.), e uno di questi membri, a firma "Mimosa" [n.d.r.: Emilio Mascia, responsabile del SIM (Servizio Informazioni Militari) del CLN di Sanremo], ha mandato un biglietto ad un incaricato, così come visto: "Diffidate di Edo. Mimosa". Circa 4 giorni fa, 3 individui, armati di pistola, si aggiravano nei pressi della casa di Ervedo ("Edo").
Per rendere autentici i documenti, il Cap. Umberto ha detto: "C'è un certo Console Hans che mi aiuterebbe, perché è mio amico".
C'è un biglietto da portare al Comando, interessante.
19 gennaio
Infatti, al pomeriggio viene consegnata dal De Bigault una lettera n. 156 di prot. del Comando Unificato [n.d.r.: si intende, un dispaccio dei partigiani], in data S.Remo 23 dicembre 1944.
Copia di tale lettera viene passata al Federale, giunto in sede al pomeriggio.
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan. Documento in Archivio di Stato di Genova, copia di Paolo Bianchi di Sanremo

25 gennaio 1945 - VERBALE DI INTERROGATORIO
Il giorno 25 Gennaio dell'anno 1945 alle ore 11 antimeridiane è stata interrogata negli uffici del Distaccamento di Brigata Nera di San Remo innanzi a noi sottoscritti Cap. RIZZELLI LUIGI, Magg. ALDO RAVINA V.ce comandante del Distaccamento; e i Legionari PELUCCHINI DARIO e CADROZZI CORRADO la Signorina sfollata in Via DANTE ALIGHIERI N° 95 (prima Via Gaudio N° 12) SAPPIA LINA di Pilade e di Corradi Teresa, nata in San Remo 28 novembre 1918 perché accusata di avere contatti con elementi ribelli.
Opportunamente interrogata così risponde.
Conosco il Cap. UMBERTO, MA NON SO LE SUE GENERALITA' COMPLETE. L'ho conosciuto due anni fa ed ho avuto con lui dei rapporti di amicizia.
Mi ha confidato che era in banda e mi ha consegnato oggetti personali di vestiario da custodire. Non conosco la località dove vive detto Capitano ma so l'attività che esso svolge.
Conosco il S.Ten. "RICO" Enrico da circa tre mesi. L'ho conosciuto assieme ad una mia cugina di nome SAPPIA RENATA, abitante in Via Canessa mente mi recavo a S. Romolo per raccogliere castagne. Ho riveduto il RICCO in compagnia del Cap. UMBERTO a S. Romolo.
Conosco il Signor SIFFREDI ADRIANO di San Remo. Detti elementi fanno parte della banda X.
Le volte che mi sono recata a S. Romolo sono andata esclusivamente col compito di raccogliere castagne.
Negli abboccamenti avuti non ho mai dato notizie politiche o militari riguardanti la città.
A.d.r.  A S. Romolo non ho mai avuto fastidi dai ribelli.
A.d.r.  Il solo incarico che ho avuto è stato quello di andare a prendere a casa di SIFFREDI, un paio di pantaloni, una camicia, e consegnarli al Cap. UMBERTO a mezzo di un suo mandatario che mi ha portato una lettera. Detto Capitano si trovava a S. Bartolomeo nella casa di DE BIGAULT ERVEDO, strada S. Bartolomeo, dove ho portato gli indumenti.
A.d.r.  C'erano anche il Tenente "RICO", SIFFREDI, CONTI.
A.d.r.  Il Capitano UMBERTO mi ha chiesto ospitalità per la sera stessa ma io non ho potuto aderire all'invito. Credo che si sia rivolto assieme a SIFFREDI a villa Impero, in Via DANTE ALIGHIERI N° 14.
A.d.r.  In questa villa mi sono recata qualche volta per prove o consegna di abiti da donna alla Signora MONTORO, essendo io sarta. So che vi lavorava a ore una donna di servizio di nome GINA.
A.d.r.  Il Tenente "RICO" l'ho incontrato a S. Romolo la prima volta tre mesi or sono, e parlando ho scoperto che eravamo parenti alla lontana. Da allora mi ha chiamata "Cuginetta". L'ho ancora visto altre due volte, e l'ultima da Ervedo.
A.d.r.  Il Cap. Umberto l'ho conosciuto, ripeto, circa due anni fa, sotto il nome di "Dido". L'ho riveduto a S. Romolo, vicino alla funivia, e ho saputo lì che era capitano. Eravamo nel cuore della stagione delle castagne.
Un'altra volta l'ho incontrato sulla piazza di San Romolo. Era in compagnia di altri ribelli, ed era molto affaccendato.
A.d.r.  Sono andata a San Romolo dalle 3 alle 4 volte, sempre per castagne e anche per trovare tracce di mio fratello Franco, di anni 20, che se ne era andato dalla TOD dove lavorava a Diano Marina quando la TOD è stata sciolta e da allora non conosco né recapito né ho avuto notizie.
A.d.r.  So ancora che il Cap. Umberto ha il papà vivo, mentre la mamma gli è morta. E' un piemontese.
Il Ten. Rico è di Cuneo.   Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan. Documento in Archivio di Stato di Genova, copia di Paolo Bianchi di Sanremo

30 gennaio 1945 - XXIII
Egli [Luigi Dragone] è apportatore di missiva di carattere militare consegnatagli da Pier de le Vigne (Sughi Pietro) per il Cap. Umberto e Riccardo Siffredi.
La consegna avvenne un mese e mezzo fa in casa di Ervedo De Bigault. Il Dragone la consegnò a De Bigault e questi a Siffredi e al Cap. Umberto.
Qualche tempo prima di consegnare la lettera al De Bigault Dragone vide in casa del De Bigault stesso il Cap. Umberto e il Siffredi.
Dragone abita a S. Bartolomeo [n.d.r.: Frazione in collina di Sanremo]: Strada S. Bartolomeo (osteria del tabacchino di S. Bartolomeo).
La zia di Dragone è l'amante di Pier de le Vigne.
La zia (Dragone Cesarina, concubina di Pier de la Vigna) sa dove si trova Pier de le Vigne.
Il Dragone ha portato altra missiva consegnatagli da Pier de le Vigne, oltre le due lettere passate a Ervedo.
Il biglietto diceva: "Urge nostro abboccamento tra Siffredi e Cap. Umberto. Situazione regolarizzata al Comando di Divisione. Saluti fraterni. Pier de le Vigne" [...]
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan. Documento in Archivio di Stato di Genova, copia di Paolo Bianchi di Sanremo

venerdì 24 dicembre 2021

L'alta Val Tanaro non deve essere un elemento di discordia tra partigiani

Uno scorcio di Val Casotto - Fonte: Mapio.net
 
Nella provincia di Cuneo, tra la fine del '43 e l'inizio del '44, le bande più organizzate sono quelle guidate da Ignazio Vian, l'eroe di Boves, Piero Cosa e Franco Ravinale, ufficiali dell'ex esercito. Questi, che occupano le valli Casotto, Corsaglia, Mongia, Tanaro, Ellero e Pesio, a partire dal febbraio decidono di affidare al maggiore “Mauri”, che dal dicembre guida una banda nella val Maudagna, il comando dell'area alpina. <209
[...] Per tutto il mese di gennaio, le vallate alpine vengono colpite dai tedeschi, che adottano un nuovo tipo di rastrellamento, basato sullo scontro frontale e sull’accerchiamento. Le postazioni partigiane vengono assalite, tanto da disperdere i partigiani e metterli in fuga, come documenta “Mauri” nel suo diario dopo il rastrellamento in val Maudagna, il 14 gennaio: <217
"Siamo rimasti in trentacinque. Saliamo sull'alto, al rifugio di Prel, sopra Frabosa. Ma rimanere lassù non è possibile; è un posto ideale per villeggiare, ma non va bene per fare il partigiano. Troppo lontano dalle strade". <218
Dopo il rastrellamento, “Mauri” con i pochi uomini rimasti è costretto a spostarsi in Val Casotto, e a unirsi ai gruppi lì presenti.
[...] Come “Mauri” stesso scrive nella relazione sui fatti d'arme di val Casotto, in pochissimi giorni giungono al comando «circa un migliaio di uomini che non costituivano che un peso»: <221 l'impossibilità di armarli e la previsione di un'imminente rastrellamento tedesco nella zona aggravano in questo modo una situazione già precaria. Simile circostanza si verifica presso altri comandi partigiani, come ad esempio in quelli GL posizionati in valle Stura. <222
[NOTE]
209 G. Perona (a cura di), Formazioni autonome, cit., p. 319
217 Per i rastrellamenti di gennaio '44 vedi M. Giovana, La Resistenza in Piemonte, cit., p. 53, in particolare nota 26; D. L. Bianco, La guerra partigiana, cit., pp. 37-41; e 25 aprile. La Resistenza in Piemonte, ANPI Torino, Orma, 1946
218 E. Martini, Con la libertà e per la libertà, cit., p. 32
221 “Relazione sui fatti d'arme dal 13 al 17 marzo nelle valli Casotto, Mongia e Tanaro”, Dalle Langhe, 9 aprile 1944 - I° della Liberazione, in G. Perona (a cura di), Formazioni autonome, cit., doc. 2, p. 340
222 M. Giovana, “Popolazioni alpine nella guerra partigiana del Cuneese”, cit., p. 89

Giampaolo De Luca, Partigiani delle Langhe. Culture di banda e rapporti tra formazioni nella VI zona operativa piemontese, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2012-2013 
 
La “concorrenza partigiana” era invece determinata dalle voci, veridiche ma gonfiatesi a dismisura passando di bocca in bocca, dell’esistenza di un solido nucleo di resistenza militare attestato in Val Casotto, non lontano da Mondovì. Non furono pochi i savonesi che, fino al marzo del ’44, accorsero lassù lasciando i pochi ribelli della provincia ligure, tanto più che si vociferava di migliaia di militari italiani del Regio Esercito con armi pesanti e regolari rifornimenti aerei, comandati da ufficiali alleati. La realtà era meno rosea, e più d’uno ne fece le spese, come i vadesi fratelli Valvassura, Domenico, fucilato a Mellea di Fossano il 29 dicembre 1943, ed Enrico, ucciso a Ceva il 27 marzo 1944 <61.
61 cfr. G. Gimelli, Cronache militari della Resistenza in Liguria, Farigliano (CN), Milanostampa, 1965-69, vol. I, p. 84. Vedi ad esempio la testimonianza di Mario Savoini “Benzolo” in id., Cosa è rimasto. Memorie di un ribelle, Savona, Editrice Liguria, 1997, pp. 39-66
Stefano d’Adamo, "Savona Bandengebiet - La rivolta di una provincia ligure ('43-'45)", Tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 1999/2000  

I tedeschi avevano nel frattempo posto un loro importante quartiere generale nell'Albergo Miramonti di Garessio (CN).
Da questo centro i nazisti organizzarono un forte rastrellamento contro le bande badogliane di Val Casotto, nelle quali militava anche un noto attore, Folco Lulli.
I nazisti furono, tuttavia, attaccati proprio nell'Albergo dai "ribelli", badogliani, ma non solo da questi. L'11 marzo 1944 nello scontro nella zona di Nava, nel comune di Pornassio (IM), perirono altri due patrioti imperiesi, Olivio Livio Fiorenza e Giovanni Ramò. Al fatto d'armi parteciparono partigiani autonomi di Martinengo [anche Capitano Martinengo, Eraldo Hanau] e gruppi di resistenti del posto non ancora collegati con le organizzazioni antifasciste
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 
Napolitano Luigi "Gino", nato a Sanremo il 1.1.1924. Nel 1943 è militare nel Regio Esercito in Istria. Dall'8 Settembre al 15 Dicembre 1943 è nella Resistenza istriana. Dalle formazioni autonome di "Mauri" a marzo 1944 passò definitivamente alle formazioni Garibaldi dell'estremo ponente ligure. Per le sue doti di coraggio e spirito combattivo veniva subito nominato comandante di un Distaccamento che, per l'aumentato numero di volontari, divenne poi Battaglione. Come risulta da un rapporto, era considerato dai nazi-fascisti "elemento assai pericoloso". Protagonista di un gran numero di battaglie tra le quali: Carpenosa, Giugno 1944; Badalucco, 29 giugno 1944; Ceriana, Agosto 1944; Carmo Langan, 8 ottobre 1944 e febbraio 1945; Baiardo, marzo 1945. Ferito in combattimento a Baiardo. A dicembre 1944 commissario del I° Battaglione "Mario Bini" della V^ Brigata. In seguito vice comandante della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" [...]
Vittorio Detassis

[...] i tedeschi sono in agguato alla ricerca di arruolamenti di militari sbandati o fuggiti. Il compagno Pino mi ospita a casa sua. Non devo farmi vedere. I compagni cercano di farmi raggiungere i primi nuclei partigiani che si vanno formando. Vi è discussione tra i compagni, in quanto alcuni ritengono che dovrei lavorare per il P.[ artito ] in città. Insisto per andare in montagna. Prima tappa, accompagnato dal panettiere Floriardo, è Garessio, per raggiungere Valcasotto. Dopo Valcasotto, Valle d'Inferno, Trappa. Dopo uno sbandamento della formazione, raggiungo Alto e nuovamente la zona di San Remo. Il compagno Manetti Oreste mi accompagna a Molini dal farmacista, nel cui negozio ha sede di riferimento la formazione partigiana organizzata da Vittò. Gino Napolitano
(a cura di) Saverio Napolitano, Gino Napolitano, La semplicità della politica. Scritti autobiografici, lettere, immagini,  Arma di Taggia, 2012
 
Verda Francesco "Franco", nato a Pieve di Teco il 26.12.1924
Contadino, riceve la cartolina di precetto per partire militare il 5.8.43. Convalescente nell'ospedale di Pieve, non si presenta e viene considerato disertore.
Nascosto nella carbonaia dell'ospedale da una suora, sfugge all'arresto da parte dei tedeschi e, appena rimessosi in salute si rifugia con altri giovani ai casoni di Tetti Parodo, sulle alture della zona.
Da qui passa con altri a Viozene, dove c'è un gruppo di partigiani "badogliani", e poi in Val Pennavaira.
In seguito all'arresto del padre ed alla sua carcerazione nel penitenziario di Oneglia, si presenta al reparto T.O.D.T. di Albenga, e viene impiegato nella costruzione delle fortificazioni costiere.
Fuggirà definitivamente in montagna ai primi del 1944 in seguito a minacce di superiori che ne sospettavano le simpatie per i patrioti.
Dal 15 maggio al 10 ottobre 1944 farà parte delle formazioni autonome "Martinengo", nella Divisione "Mauri", brigata "Val Tanaro".
Passa quindi alle formazioni "Garibaldi" in Val Pennavaira, nella VI^ Divisione "Silvio Bonfante", II^ Brigata "Nino Berio" comandata da "Basco" Giacomo Ardissone.
Partigiano combattente, dal gennaio 1945 sarà Commissario e poi Comandante di una Squadra stanziata a Castelbianco, da dove controlla le attività antipartigiane di tedeschi e fascisti.
Partecipa costantemente alle attività militari nella sua zona operativa fino alla liberazione, quando scenderà con gli altri ad Albenga.
Vittorio Detassis
 
Levio Vitali, nato il 25 ottobre 1925 a Mezzani (Parma), nel 1942 si trasferì da Cologno Monzese alla Cascina Gaggiolo di Cernusco sul Naviglio [...] Chiamato alle armi in marina nell'estate del 1943, Levio Vitali non si presentò; si recava, invece, a Ospedaletti da un suo cugino che era lì impiegato presso la Todt, per farsi rilasciare una falsa tessera di servizio presso quell'organizzazione del lavoro. Ma il sotterfugio durò poco, perché era diventato troppo pericoloso per il cugino rinnovare la falsa tessera Todt. Così, un giorno, dopo l'8 settembre '43, Vitali non riusciva a scendere da un convoglio fermo alla stazione ferroviaria di Genova per la vigilanza di una pattuglia di militari fascisti. Un portabagagli notò i suoi tentativi: salito sulla carrozza si avvicinò al Vitali e gli chiese se era uno "sbandato"; alla sua risposta affermativa, egli gli chiese se voleva unirsi ai partigiani. Pronto a compiere quel passo, Vitali rispose di sì; allora il portabagagli, scansando la vigilanza della pattuglia fascista, lo fece scendere e lo nascose in un magazzino; giunta la notte lo portò fuori Genova, dai partigiani. Levio Vitali, salito in montagna, fu accolto da una famiglia contadina. Dopo un paio di settimane entrò in contatto con un gruppo di partigiani comunisti che operavano nell'alta Val Tanaro, in provincia di Cuneo. Il controllo di quella valle era molto importante, soprattutto per la linea ferroviaria che collega i porti di Imperia e Savona con Torino; compito prioritario dei partigiani era quello di ostacolare le comunicazioni con i sabotaggi. Tra Ormea e Bagnasco, la valle rimase per alcuni mesi sotto il controllo delle bande partigiane. Levio Vitali ricorda che in zona operò per qualche settimana, prima di organizzare la resistenza in Valsesia, anche Cino Moscatelli, che ebbe occasione di conoscere personalmente; infatti, di sera, Moscatelli teneva alle giovani reclute lezioni di politica: «Da lui ho appreso cos'era il comunismo», racconta il Vitali. Quando si seppe che i tedeschi sarebbero arrivati in forze per riprendere il controllo della Val Tanaro, Vitali e diciotto suoi compagni salirono nei pressi di una chiesetta: da lì, annidati in una grotta, puntarono sulla valle una mitragliatrice da 20 mm. Dopo diversi, cruenti scontri con i nazifascisti, la sua brigata si sciolse e Vitali, con alcuni compagni, camminando per tre notti e due giorni, si trasferì nelle alture più a ovest, in un'altra formazione garibaldina. Dopo circa un mese, quando egli e i suoi compagni ritornarono nella Val Tanaro, tutta la zona era ormai sotto il controllo delle formazioni autonome del maggiore Mauri, e così essi vennero inglobati nella 14ª brigata Val Mongia. Sul rapporto dei partigiani con la popolazione locale, Vitali dice: «Esso era di reciproco aiuto. Ad esempio, l'alimentazione di quei contadini era limitata alle castagne, al latte e al formaggio che forniva qualche capra o mucca. La fame, insomma, si faceva sentire, anche perché nelle zone dei "ribelli" non venivano mandate le tessere alimentari. Così i partigiani, che ricevevano alimenti dai contadini, contraccambiavano, appena potevano, con altri prodotti, quali lo zucchero e la pasta, presi con azioni di guerra». Vitali aveva 18 anni e in quell'anno di vita partigiana passata tra le valli del cuneese ha compiuto una ventina di azioni militari, di cui sette d'assalto. Ha visto la morte da vicino più d'una volta: in un attacco contro i fascisti della X Mas; nell'assalto a un mulino dove i tedeschi macinavano il frumento (azione pericolosissima, ma con la quale i partigiani riuscirono a impossessarsi di una notevole quantità di farina) e nell'assalto a una caserma di tedeschi. È su quest'ultima azione che egli particolarmente si sofferma:«Un mattino all'alba, saranno state le quattro, siamo andati ad attaccare i tedeschi. Tra tedeschi e fascisti, nella caserma c'erano circa 200 soldati; noi eravamo una quarantina. Circondata la caserma abbiamo aperto il fuoco; presi di sorpresa, i nemici hanno avuto molti morti. Abbiamo combattuto senza interruzione fino alle tredici. Noi abbiamo avuto sei morti, due dei quali erano stati fatti prigionieri; uno era gravemente ferito, morente; l'altro era molto giovane: i fascisti lo uccisero sotto i nostri occhi legandolo dietro un camion e trascinandolo per le vie. Fu straziante sentire le sue urla».
Giorgio Perego, Cernuschesi partigiani della montagna. Il nostro Antonio Benelli nelle pagine di Beppe Fenoglio, Comune di Cernusco sul Naviglio (MI), 2011
 
Nonostante le precauzioni dei comandi, si verificano episodi come quello di Bucciol Gino, della brigata Alta Val Tanaro, che spara per sbaglio a un proprio compagno ferendolo. Nelle dichiarazioni del Bucciol si parla di uno sbaglio, ma altre dichiarazioni e le circostanze del fatto fanno invece pensare a uno scherzo finito male.
In questi casi, la legislazione partigiana prevederebbe la pena di morte, ma la sentenza viene sospesa per richiesta di grazia al maggiore “Mauri” da parte dell'imputato. La grazia pare essere stata concessa, anche se “Mauri” in una lettera al comando della brigata val Tanaro precisa che la grazia sarebbe stata concessa solo se la II divisione Garibaldi, presso le cui file Bucciol aveva militato e compiuto «atti in corso di accertamento», avesse dato riscontro positivo. [...] “Mauri” esprime le sue preoccupazioni in una circolare del 15 giugno '44 scrivendo che con «l'afflusso di nuovi elementi é [sic] assolutamente indispensabile provvedere al loro immediato inquadramento per evitare quelle sensazioni di disordine» che danneggerebbero il movimento partigiano. Il maggiore vuole evitare che chi sale in montagna abbia «l'idea che al “ribelle” tutto sia lecito» e avverte che sarà «inesorabile contro chiunque» metta a repentaglio la vita dei suoi compagni. Persiste la paura infatti che tra i giovani saliti in montagna possano nascondersi spie o, più semplicemente, immaturi che «chiaccherano [sic] troppo», non rendendosi conto dell'insidia dell'ambiente in cui opera il partigiano. Inoltre, ragazzi giovani, per nulla smaliziati, potrebbero cascare in tranelli come quello orchestrato dalle brigate nere di Ceva, che utilizzano come spia la moglie di un comandante repubblicano facendola passare per «cugina del comandante Mauri».
Giampaolo De Luca, Op. cit.
 
Entra [Italo Calvino] a far parte di una formazione partigiana denominata Brigata Alpina, che è stanziata in località Beulla o si muove nei territori dei Comuni di Baiardo e di Ceriana. La formazione è comandata da Candido Bertassi detto "Capitano Umberto”. Calvino vi rimane finché non inizia il suo graduale sfaldamento. 
Francesco Biga, A 20 anni dalla morte del grande scrittore. Italo Calvino, il partigiano chiamato "Santiago", Patria Indipendente, 29 gennaio 2006 

Inoltre, la posizione del «Capitano Umberto» [Candido Bertassi] appare alquanto confusa con quell'aderire alla IX Brigata e, contemporaneamente, col volersi considerare autonomo. Tale aggettivo, infatti, figura sovente accanto alla denominazione della formazione «Brigata Alpina».
Questa posizione assumerà il massimo dell'anacronismo a proposito della battaglia sostenuta il 25 luglio 1944 nell'Alta Val Tanaro, quando, già costituitasi la II Divisione «F. Cascione», la I^ Brigata «Silvano Belgrano», sotto il comando del «Cion», sosterrà duri combattimenti contro i Tedeschi. In tale occasione, come più diffusamente vedremo, il «Capitano Umberto» emetterà, non si sa a quale titolo, un suo comunicato sugli scontri.
Infine, va considerato che nelle zone montane estreme della nostra provincia e di quelle limitrofe savonesi, confinanti con l'Alta Val Tanaro, sono presenti alternativamente formazioni della XIII Brigata Val Tanaro alle dipendenze di Eraldo Hanau (Capitano Martinengo), che effettuano varie azioni contro i presidi nazifascisti, soprattutto a Nava. Dette formazioni sono autonome e denominate «badogliane». Alcune bande, distanti dal loro comando centrale, passano a volte sotto l'influenza delle forze garibaldine a seconda della massiccia presenza, o meno, degli uomini di «Curto» nella loro zona.
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992, pp. 46,47

[...] nel corso dell'estate del '44, nella fase di espansione del movimento, i comandi [garibaldini] di divisione tentano, laddove sia possibile, di occupare nuove aree. La linea di confine tra la Liguria e il Piemonte sembra essere la sede predestinata a questo genere di confronto. Nel luglio infatti, un'unità garibaldina guidata da un certo “Bartali”, «sedicente inviato dal Comitato Ligure di Liberazione Nazionale», aveva disarmato alcuni reparti della Val Tanaro. Il comitato politico e quello militare di Torino rispondevano alla denuncia fatta da “Mauri”, assicurando di non aver mai consentito a un passaggio della val Tanaro alle dipendenze del comitato ligure e, provvedendo a denunciare il fatto alle autorità centrali, lasciava il maggiore libero di «adottare quelle altre misure contingenti che risultassero indispensabili per il ripristino della situazione».
Giampaolo De Luca, Op. cit.
 
Da almeno un mesetto la nostra squadra, vale a dire quella di Nino Micheletti, prestava servizio al posto di blocco avanzato operante sulla strada provinciale a valle di Frabosa Sottana (CN).
Verso il 24/25 settembre 1944 Micheletti venne convocato dai Dirigenti Divisionali (Cosa e Giocosa), per urgenti, indifferibili motivi.
[...] Il Comando divisionale, forse rassicurato dalla notizia che la squadra di Micheletti si era procurato tutto l’armamento rastrellando periodicamente l’area monregalese e quella tendasca, non esitò ad affidare a Micheletti e compagni il gravoso incarico di scortare i due messaggeri, Bessone e Astengo, oltralpe, per consentir loro di accedere all’aeroporto di Nizza, da pochi giorni liberata dagli alleati anglo-americani, e di lì raggiungere la meta prefissata. In realtà, i quattro partigiani della scorta, Micheletti, Mondino, A. Clerico e Maccalli, ignoravano totalmente le caratteristiche di quella zona alpina che avrebbero dovuto affrontare.
[...] Nel frattempo, prima della partenza, dietro insistenza degli stessi interessati, al nostro gruppetto vennero aggiunti una decina di militari alleati desiderosi di rientrare nei rispettivi organismi e due civili, un giornalista canadese (Morton) e l’italiano radiotelegrafista (Biagio).
[...] Partimmo da Rastello, piccolo borgo della Valle Ellero, il giorno 27 settembre 1944. A motivo delle precarie condizioni di salute del prof. Bessone, fummo accompagnati dal giovane medico monregalese Serafino Travaglio sino alla Frazione Piaggia di Briga Marittima, ove pernottammo.
[...] A Pigna ci accorgemmo che la frontiera, sia quella marina, che l’adiacente territorio montano, pullulava di militari repubblichini e di tedeschi. Noi ignoravamo al momento della partenza da Rastello, l’avvenuto potenziamento di quel tratto di confine, conseguente al recente sbarco delle truppe alleate nella vicina Provenza e la liberazione di Nizza.
[...] Ci furono due-tre giorni di combattimenti, ai quali partecipammo anche noi della Val Corsaglia. Gli assalitori, come già una quindicina di giorni prima, vennero respinti. Trascorse poche ore e ritornata un po’ di quiete, il gruppetto che aveva scelto l’espatrio “via mare”, si attivò affidandosi ai due robusti rematori citati.
[...] Dopo l’attenuarsi degli attacchi nazisti, ma ancora prima di conoscerne con assoluta certezza la fine, i Comandanti locali (Curto e Vittò) ci consigliarono fraternamente, per non mettere in gioco la nostra esistenza, di abbandonare la Valle e ritornare nella nostra Divisione monregalese.
Nel ringraziarci per la collaborazione prestata, espressero gratitudine e riconoscenza al Capitano Piero Cosa ed alla Valle Corsaglia per il grande aiuto concesso alle loro Formazioni in un momento tragico e disperato.
Decidemmo di rientrare. Insieme a noi c’erano 4/5 superstiti alleati che avevano rifiutato di tentare il passaggio della frontiera italo-francese.
Luigi Mondino, L'avventura della squadra Micheletti, in Libertà dal Popolo, Notiziario della F.V.L., n° 2 del 2010
 
Dopo diverse ore di cammino tra il 18 ed il 19 ottobre 1944 i partigiani giunsero a gruppi a Fontane, [Frazione di Frabosa Soprana (CN)].
I comandanti iniziarono a smistare gli uomini, che poterono usufruire delle scorte alimentari, delle coperte e degli abiti, che il garibaldino Domenico Arnera (Aldo) aveva da mesi con impegno e sagacia messo da parte nelle vicinanze. Arnera, capo di Stato Maggiore della I^ Brigata "Silvano Belgrano", a quel tempo ancora incorporata nella II^ Divisione, venne arrestato in Val Tanaro il 18 dicembre a seguito di un'involontaria delazione e fu fucilato a Mondovì (CN) il 27 dicembre 1944. A lui venne intitolata la IV^ Brigata della nuova Divisione "Silvio Bonfante". Si presero contatti anche con le formazioni autonome di "Mauri".
Rocco Fava, Op. cit. , Tomo I
 
Un vero e proprio passaggio è quello che interessa il gruppo di Arturo Pelazza. Fino alla fine di settembre [1944], la banda, che opera nella zona intorno a Ormea, fa parte delle formazioni garibaldine dell'Imperiese, presumibilmente della Divisione “F. Cascione”. Da una comunicazione di “Mauri” a Ezio Aceto, comandante della IV divisione Alpi, si evince che Pelazza ha chiesto direttamente al secondo di poter entrare a far parte delle autonome. “Mauri” non ha nulla in contrario, ma, come nel caso di “Bacchetta” e di Montefinale, agisce con prudenza nei confronti dei comandi garibaldini. Gli uomini del Pelazza possono essere inquadrati purché dichiarino che intendono passare a far parte delle formazioni “Autonome” e abbiano il nullaosta del Comando Garibaldino. “Mauri”, che nello stesso periodo sta vivendo insieme le conseguenze della cattiva gestione della vicenda "Devic-Biondino", l'esplosione dei contrasti nell'Astigiano per il caso Scotti e l'inizio del dissidio con Cosa  per l'inquadramento delle loro brigate nelle formazioni autonome, sembra ormai aver adottato e accettato le disposizioni del comitato, rinunciando, almeno per il momento, alla creazione di un organismo fuori dai partiti del CLN. D'altra parte, il rapido procedere degli eventi crea un crescente fermento nelle formazioni partigiane del basso Piemonte [...] Nel corso dell'inverno i continui sbandamenti mettono in allarme i diversi gruppi, che vivono nascosti nei paesi di montagna per sfuggire ai rastrellamenti tedeschi. La situazione di tensione è riportata anche da episodi come quello che coinvolge “Primo” Rocca e reparti della II divisione Langhe. Questi ultimi, in seguito a un'azione compiuta dai tedeschi nella zona di Rocca, accorrono in suo aiuto. Qui però vengono accolti da un'imboscata compiuta dagli stessi garibaldini di Rocca, che nella confusione, temendo un ritorno dei tedeschi, avevano scambiato i reparti autonomi per nemici. <795
Nel mese di novembre, “Mauri” e i suoi sono costretti a rifugiarsi nella zona della VI divisione Garibaldi, non ancora colpita direttamente dai rastrellamenti. Qui affluiscono anche sbandati dalla Liguria e da Asti, già raggiunte dalle operazioni tedesche. <796 Dopo pochi giorni i partigiani radunati a Feisoglio, sede del comando della VI divisione, sono costretti a rifugiarsi altrove.
[NOTE]
795 La sera del 5 dicembre, sulla strada che Canelli-Nizza, una pattuglia del reparto della II divisione «viene investita da raffiche di sten operate da un posto di blocco garibaldino […] senza che fossero richiesti la parola d'ordine e intimato il chi va là». Nello scontro muore purtroppo un partigiano autonomo e viene ferito gravemente il padre di “Poli”, “Appendice all'attività svolta dalla II^ divisione Langhe nel mese di dicembre 1944 (azioni non comprese nella precedente relazione)”, f.to “Mauri”, in AISRP, B 45 b
796 Garibaldini provenienti dalla Liguria: «Nella Valle Bormida sono pure giunti centosessanta garibaldini della 5ª brigata ligure con parte del Comando. Anche loro hanno subito forti attacchi ed hanno dovuto sganciarsi. Abbiamo provveduto per quanto loro abbisogna, viveri e alloggiamenti, resta però inteso che appena la situazione lo permette ritorneranno alle loro basi», “Cari compagni”, 11.12.44 in C. Pavone (a cura di), Le Brigate Garibaldi, Vol. III, cit., doc. 482 “Il commissario politico della 6ª divisione Langhe, Remo, alla Delegazione per il Piemonte”, p. 57

Giampaolo De Luca, Op. cit.
 
19 aprile 1945 - Dal Comando [comandante Curto Nino Siccardi] della I^ Zona Operativa Liguria al comandante Martinengo [Eraldo Hanau, della Brigata 'autonoma' Val Tanaro della IV^ Divisione Alpi del Iº Gruppo Divisioni Alpine 'autonome' che facevano riferimento al maggiore Enrico Martini 'Mauri'] -  Si rispondeva ad una comunicazione affermando che "l'offerta delle munizioni per i St. Etienne è la più bella dimostrazione dello spirito di collaborazione e amicizia che ci lega e che deve essere sempre più perfezionato. L'alta Val Tanaro non deve essere un elemento di discordia, ma il campo per la lotta comune per poi ricostruire insieme la pace".
19 aprile 1945 - Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria al comandante della IV^ Divisione  'autonoma' Alpi - Venivano affrontati diversi aspetti. Che il capitano Bentley [ufficiale alleato di collegamento con la I^ Zona] aveva richiesto le armi nascoste a Viozene. Che le armi, anche se recuperate, non erano mai state consegnate al richiedente. Che non era veritiera l'affermazione del "maggiore" secondo la quale "disposizioni superiori stabiliscono che tutto il Piemonte è di giurisdizione dei gruppi 'Mauri'. Che le suddivisioni amministrative non risultavano attendibili quanto "la demarcazione fisica" rappresentata dalle Alpi. Che tutta la zona a sud delle Alpi era indispensabile alle formazioni Garibaldi per poter difendere l'Alta Val Tanaro. Che nella Val Tanaro le richiamate organizzazioni autonome non avevano organici sufficienti per procedere ad un'adeguata occupazione del territorio. Che di conseguenza lo scrivente comando della I^ Zona aveva deciso di fare agire alcune sue strutture nella zona di Garessio-Ormea-Ponti di Nava. Che prendeva nota del desiderio di collaborare fraternamente nella lotta. Che il capitano Bentley era già addivenuto tramite incontro ad un accordo con la missione inglese presso le formazioni 'Mauri' per ottenere una proficua collaborazione più generale.
19 aprile 1945 - Dal Comando [comandante Curto Nino Siccardi] della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione d'assalto Garibaldi "Silvio Bonfante" - Segnalava che aveva stabilito di inviare presso le formazioni 'Mauri'  un ufficiale di collegamento, pensando di conferire tale incarico a Giovanni 'Gino' Fossati, comandante della II^ Brigata "Nino Berio", da sostituire con Giacomo 'Basco' Ardissone o "altro elemento capace".
23 aprile 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che "data la particolare situazione creatasi ad Oneglia e lungo la strada n° 28 la squadra partita per ritirare le munizioni presso 'Martinengo' [Eraldo Hanau, comandante della 13^ Brigata 'autonoma' Val Tanaro del gruppo divisioni alpine guidato dal maggiore Enrico Martini 'Mauri'] non ha potuto effettuare l'azione".
1 maggio 1945 - Dal comando della IV^ Brigata "Domenico Arnera" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della IV^ Divisione Autonoma "Alpi" - Comunicava che i Distaccamenti della IV^ Brigata "Domenico Arnera" sarebbero rimasti per ordine del comando della VI^ Divisione in Alta Val Tanaro finché il Comando Unificato non avesse disposto altrimenti, criticava il termine "arbitrariamente", aggiungeva che l'Italia era finalmente libera per cui era naturale che formazioni partigiane di diversa estrazione collaborassero nella stessa zona, ricordava che le formazioni partigiane [secondo gli autonomi, quelle garibaldine] "arbitrariamente" presenti in Val Tanaro erano quelle che avevano provocato maggiori danni ai nemici, rimarcava che un Distaccamento della IV^ Divisione Autonoma "Alpi", stanziata a Nava, intendeva comandare in Alta Valle Arroscia [zona di competenza dei garibaldini].
da documenti Isrecim in Rocco Fava di Sanremo (IM), “La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999