venerdì 26 febbraio 2021

Nome di battaglia "Santiago"

Italo Calvino, Autoritratto, 1942 - Fonte: Internet Culturale

[...] L’Italia é divisa in due. Mentre il sud é sotto il controllo degli angloamericani, il nord é sotto il dominio dei tedeschi e dei fascisti della repubblica di Salò. Sempre nel nord, nascono i primi gruppi di partigiani, che condurranno una dura lotta contro i nazifascisti, fino alla liberazione, il 25 aprile del 1945.
 

Calvino, Un contadino ligure con il tipico pesante piccone a tre becchi (magaiu). "Richiede braccia e schiena fortissime, piedi ben piantati a terra, ostinazione feroce...": Italo Calvino - Fonte: Internet Culturale

Mussolini a cavallo, disegno di Calvino. "I primi venti anni della mia vita li ho passati con l’immagine di Mussolini sempre davanti agli occhi, perché il suo ritratto era appeso in tutte le aule scolastiche come in tutti gli uffici e nei locali pubblici" - Fonte: Internet Culturale

Gli eventi del giugno 1943 suscitano nel giovane Calvino ventenne, antifascista in virtù delle posizioni politiche della famiglia d’origine, la speranza che l’Italia si risollevi. Tuttavia, dopo gli avvenimenti del mesi di settembre, la situazione si fa drammatica anche a San Remo, occupata dai tedeschi: i giovani vengono chiamati alle armi, obbligati a militare nelle fila dell’esercito della Repubblica di Salò. Italo non si presenta alla leva ma si nasconde, aderendo al Partito Comunista italiano. Nel 1944, insieme al fratello Floriano, si unisce ad un gruppo di partigiani. Combatte su quelle stesse montagne dell’interno della Liguria che, durante gli anni dell’adolescenza, aveva tante volte percorso in compagnia del padre, appassionato cacciatore. Quarant’anni più tardi, in uno dei suoi ultimi articoli, Calvino ricorderà questa esperienza come estremamente importante nella sua gioventù.
[...] Calvino partecipa alla Resistenza in una formazione di ispirazione comunista. "Mi è stato difficile raccontare in prima persona i miei ricordi di guerra partigiana. Potrei farlo secondo varie chiavi narrative tutte egualmente veritiere: dal rievocare la commozione degli affetti in gioco, dei rischi, delle ansie, delle decisioni, delle morti, al puntare in cambio sulla narrazione eroicomica delle incertezze, degli errori, dei disguidi, delle disavventure in cui incappava un giovane borghese, impreparato politicamente, privo d’ogni esperienza di vita, vissuto in famiglia fino allora" [...]
Redazione, Incontro con Italo Calvino. La guerra a vent'anni, Internet Culturale

Fonte: Internet Culturale

Egli [Italo Calvino], in una risposta al questionario di un periodico milanese, "Il Paradosso", si definisce un anarchico. "La mia scelta del comunismo non fu affatto sostenuta da motivazioni ideologiche. Sentivo la necessità di partire da una "tabula rasa" e perciò mi ero definito anarchico (...). Ma soprattutto sentivo che in quel momento quello che contava era l'azione; e i comunisti erano la forza più attiva e organizzata". Ma proprio grazie all'esperienza di quegli anni di clandestinità imparerà ad ammirare l'organizzazione partigiana comunista oltre alla particolare forza di spirito che animava i suoi uomini. In una lettera all'amico Scalfari dirà: "La mia vita in quest'ultimo anno è stato un susseguirsi di peripezie (...) sono passato attraverso una inenarrabile serie di pericoli e di disagi; ho conosciuto la galera e la fuga, sono stato più volte sull'orlo della morte. Ma sono contento di tutto quello che ho fatto, del capitale di esperienze che ho accumulato, anzi avrei voluto fare di più".
Il 17 marzo 1945, quando ormai gli alleati sono in Italia, Calvino è protagonista attivo nella battaglia di Baiardo, una delle ultime battaglie partigiane. Ricorderà l'evento nel racconto Ricordo di una battaglia, scritto nel 1974. (Il suo nome da partigiano era "Santiago", dal nome del paesino cubano - Santiago de Las Vegas, vicino all'Avana - dove egli era nato 20 anni prima).
L'esperienza partigiana sarà alla base del suo primo romanzo, Il sentiero dei nidi di ragno e della raccolta di racconti Ultimo viene il corvo. Dopo la Liberazione, mentre la sua inclinazione anarchica e libertaria non affievolisce, in lui va costruendosi un'ampia e complessa visione del mondo che non cede a semplificazioni politiche e sociali [...]
Partigiano Michele Mario Miscioscia, 9 Marzo 2015

Nel 1941 [Italo Calvino] si iscrisse senza convinzione alla Facoltà di Agraria <26 dell’Università di Torino, dove sostenne solo quattro esami, poi nel gennaio del ‘43 si trasferí a Firenze, dove ne sostenne altri tre, ma già nell’agosto di quell’anno a seguito degli avvenimenti bellici fece ritorno a Sanremo dove fu costretto a nascondersi, avendo rifiutato di arruolarsi nella Repubblica Sociale Italiana.
Nel febbraio del ’44 dopo la morte del medico comunista Felice Cascione, Calvino chiese di entrare nel PCI. Nel giugno dello stesso anno, insieme al fratello sedicenne Floriano, si unì ai partigiani del XVI distaccamento della V Brigata Garibaldi, che combatteva sulle Alpi Marittime. <27 L’esperienza della guerra partigiana si rivelò fondamentale per la maturazione dell’autore ed egli stesso la considerò sempre tale. In una lettera all’amico Scalfari scrive: "La mia vita in quest’anno è stata un susseguirsi di peripezie [...] sono passato attraverso una inenarrabile serie di pericoli e di disagi; ho conosciuto la galera e la fuga, sono stato piú volte sull’orlo della morte. Ma sono contento di tutto quello che ho fatto, del capitale di esperienze che ho accumulato, anzi avrei voluto fare di piú". (CALVINO, 1991: LXVII)
Una delle esperienze piú dolorose, una ferita che Calvino considerò non rimarginabile, fu l’arresto dei genitori, che subirono pressioni e torture psicologiche perché rivelassero dove erano nascosti i figli. <28 Tutti questi eventi che si concentrano nell’ultimo anno di guerra forniranno all’autore materiale per alcuni racconti e per il suo primo romanzo, "Il sentiero dei nidi di ragno".
[NOTE]
26 La scelta di Agraria fu dettata dal desiderio di compiacere i genitori, ma non corrispondeva agli interessi letterari già manifesti nello scrittore:«Sono figlio di scienziati...Tra i miei familiari solo gli studi scientifici erano in onore...io sono la pecora nera della famiglia, l’unico letterato della famiglia».( CALVINO, 1995: 2709)
27 Come si vedrà più avanti, i movimenti dello scrittore durante la guerra partigiana sono stati indagati soprattutto da P. Ferrua in 'Italo Calvino a San Remo', San Remo, Famija Sanremasca, 1991, e sono in parte ancora da acclarare. D’altra parte Calvino fu sempre estremamente parco di informazioni sul suo passato di partigiano. Scrive Milanini: «Sembra quasi che l’autore, spinto dal desiderio di torcere il collo ad ogni tentazione narcisistica, si sia rifugiato programmaticamente nell’antiretorica della modestia (come quando dichiara di essere «l’ultimo dei partigiani»), se non proprio nella reticenza oltranzistica». (MILANINI, C., 1997: 173)
28 Calvino parla di questa vicenda in una lettera del 6 luglio 1945 a Scalfari: «Saluta i tuoi genitori e abbiti i saluti dei miei. Ne hanno passate parecchie anche loro: furono arrestati per un mese ciascuno come ostaggi; mio padre fu lì lì per essere fucilato sotto gli occhi di mia madre». (CALVINO, 2000: 149-50)

Annalisa Piubello, Calvino racconta Calvino: l'autobiografismo nella narrativa realistica del primo periodo, Tesi di dottorato, Universidad Complutense de Madrid, 2016

Sanremo (IM): ex Forte di Santa Tecla

Il 15 novembre [1944] i nazifascisti danno il via al rastrellamento di San Romolo, che parte dalle valli sottostanti e dura una decina di giorni. Alcuni partigiani (tra cui Floriano Calvino) riescono a fuggire, altri (tra cui Aldo Baggioli) vengono uccisi sul posto, parecchi vengono catturati. Italo [Calvino], risvegliato all'alba del 15 novembre dal rumore delle porte sfondate nei casolari dei dintorni, viene catturato mentre si allontana da San Giovanni [Frazione di Sanremo situata molto più in basso di San Romolo] in compagnia di Juarès Sughi: si salva dalla fucilazione immediata grazie a un foglio di licenza che porta con sé, un foglio che proveniva insieme con altri da un regolare reparto di stanza presso Ancona (questi fogli erano stati distribuiti ai partigiani grazie alla lungimiranza di un compagno che se ne era impadronito mentre era militare nelle Marche, Guido Pancotti, il futuro «ingegner Travaglia» della Speculazione edilizia). Stando alla domanda all'ANPI (che per mancanza di righe costringeva a risposte ultra-sintetiche), Italo trascorse tre giorni nella fortezza-carcere di Santa Tecla (sul Porto Vecchio di Sanremo); secondo altre testimonianze venne recluso a Santa Tecla per un giorno e poi per altri due a Villa Giulia o a Villa Auberg (ovvero Villa Ober; Grignolio [Ghepeu], con cui ho avuto l'onore di parlare di recente, propende per Villa Giulia). Fulvio Goya, in un'intervista rilasciata dopo più di quarant'anni, ha offerto un ricordo assai vivido della notte insonne trascorsa insieme con Italo e Mario Calvino a Santa Tecla tra il 15 e il 16 novembre, e dell'appello tenuto all'alba del 16: «Eravamo nell'anti-cella del carcere di Santa Tecla, c'era una finestra con le grate da dove si vedeva il cortile. Siamo stati lì senza bere e senza mangiare e ci lasciavano uscire da una porticina laterale per andare ai gabinetti pubblici. Vi fu un bombardamento. Sul tetto della prigione avevano installato una batteria contraerea. Noi eravamo lì ma non potevamo scappare, c'erano sentinelle armate. Chiesi a Italo - non appena vidi, ad altezza dei nostri occhi, gli stivali dei componenti del plotone di esecuzione - se i tedeschi ci avrebbero fatto agonizzare a lungo. Mi rispose di no: "I tedeschi ti stecchiscono e ti lasciano lì". Letto l'elenco dei nominativi ci fecero uscire e ci portarono oltre il portone di Santa Tecla dove c'era un camion che ci aspettava ... avevano invece fucilato gli altri, quelli che non avevano chiamato, poi li han buttati in mare». Attesa della morte in un albergo include la rievocazione retrospettiva di «un giorno e una notte» passati nella fortezza sul porto, entro una stretta cella che era servita in precedenza «da prigione di rigore per i soldati tedeschi» e nella quale ora erano state rinchiuse una ventina di persone, costrette a dormire per terra l'una al fianco dell'altra. Ma la scena principale del racconto coincide appunto con l'ultimo piano di «un grande albergo da poco degradato a  caserma e a prigione», dove alcuni rastrellati sono appena stati trasferiti da Santa Tecla per essere passati in rivista da un partigiano rinnegato, un ragazzo esaltato e bizzoso [...] Ecco la presenza a Santa Tecla di un vecchio padre con la barba bianca «vestito da cacciatore» (Mario Calvino aveva l'abitudine di indossare anche in città una cacciatora di fustagno); ecco il tema dei falsi documenti [...] Insomma Italo, non riconosciuto o per lo meno non denunciato come partigiano, fu considerato uno dei tanti renitenti alla leva. E mentre Juarès Sughi e Fulvio Goya e altri suoi compagni di prigionia a Santa Tecla vennero condotti nel carcere genovese di Marassi, egli fu arruolato d'ufficio nella Repubblica Sociale e relegato per qualche tempo nel Deposito Provinciale di Imperia. Nessun documento attesta per quanti giorni sia rimasto a Imperia, né quando sia riuscito a scappare. Su tutte le vicende calviniane comprese fra il 19 novembre 1944 e il 1° febbraio 1945 anche le testimonianze offerte da quanti vissero quel difficile periodo sono manchevoli o troppo vaghe o contraddittorie.
Claudio Milanini, Appunti sulla vita di Italo Calvino, 1943-1945, «Belfagor», LXI, 1, 2006

In quel frattempo, il capitano della G.N.R. mi pregò di accompagnarlo a S. TECLA, dove desiderava conferire col comandante FORSTER circa la sorte del prof. CALVINO e suo figlio arrestati e colà detenuti. In seguito al colloquio, il prof. CALVINO ed il figlio passarono a disposizione del capitano SAINA [Sainas] della G.N.R.
Ernest Schifferegger, * già SS ed interprete, in un verbale di reinterrogatorio confluito in un documento del 2 giugno 1947 redatto dall’OSS statunitense, antenata della CIA *[Ernest Schifferegger era un italiano altoatesino che in occasione del referendum del 1939 aveva optato, come tutti i membri della sua numerosa famiglia, per la nazionalità tedesca. Entrato nelle SS, operò - a suo dire - solo nella logistica, su diversi punti del fronte occidentale. Era, tuttavia, a Roma come interprete, quando partecipò al prelievo di un gruppo 25 prigionieri politici italiani condotti a morte nella strage delle Fosse Ardeatine. Fece in seguito l’interprete per i nazisti anche a Sanremo. Il rapporto dell’OSS riporta che alla data del 2 giugno 1947 Schifferegger era ancora in custodia alla Corte d’Assise Straordinaria di Sanremo]

Durante la Repubblica di Salò Italo Calvino si nascose per renitenza alla leva, intensificando in questo periodo di reclusione le sue letture, che contribuirono in modo determinante alla sua sempre attiva formazione di letterato autodidatta.
Nel 1944, presentato al Pci, si unì alle forze partigiane in opposizione al nazifascismo: la sua decisione di affiancare i comunisti non fu però determinata da motivazioni ideologiche, quanto piuttosto dalla volontà di unirsi ad una forza dinamica ed operosa. L’attiva partecipazione alla guerra partigiana divenne un’esperienza di formazione umana, oltre che politica, offrendo un contributo decisivo alla sua formazione interiore e alla sua carriera di scrittore: egli raccolse lo spirito che animava gli uomini della Resistenza, cioè «una attitudine a superare i pericoli e le difficoltà di slancio, un misto di fierezza guerriera e autoironia sulla stessa propria fierezza guerriera, di senso di incarnare la vera autorità legale e di autoironia sulla situazione in cui si trovava a incarnarla, un piglio talora un po’ gradasso e truculento ma sempre animato da generosità, ansioso di far propria ogni causa generosa». <13
In risposta a questo intenso periodo Calvino partecipò alla battaglia di Baiardo (17 marzo 1945) rievocata dallo scrittore in "Ricordo di una battaglia" nel 1974.
Il pensiero politico di Calvino cominciò a definirsi in questo periodo, non come una presa di posizione univoca, ma come l’unione di tutti i percorsi possibili per costruire una realtà migliore, libera da pregiudizi, dal potere di pochi, e da istituzioni vecchie ed esauste <14.
[NOTE]
13 Italo Calvino, in La generazione degli anni difficili, a cura di Ettore A. Albertoni, Ezio Antonini, Renato Palmieri, Bari, Laterza, 1962, pp. 75-87.
14 Mario Barenghi, Cronologia, cit., pp. LVI-LVII.

Chiara Mazzullo, C’era una volta… Italo Calvino e le Fiabe italiane. Un'analisi di scopi, metodi e fonti, Tesi di Laurea Magistrale, Università Ca' Foscari Venezia, Anno Accademico 2013-2014

[...] Quando viene costituita la Repubblica Sociale Italiana, con a capo Mussolini, il suo Governo richiama alcune classi per organizzare l’esercito repubblicano. Vengono, come è noto, affissi i manifesti con la chiamata alle armi della classe 1923, Calvino non si presenta e rimane nascosto.
Poi vaga per qualche tempo sulle colline a monte della città, in terre di proprietà del padre, fino a che non è obbligato a prendere definitivamente la via dei monti per non venire arrestato dalla polizia fascista come disertore.
Entra a far parte di una formazione partigiana denominata Brigata Alpina, che è stanziata in località Beulla o si muove nei territori dei Comuni di Baiardo e di Ceriana.
La formazione è comandata da Candido Bertassi detto “Capitano Umberto”.
Calvino vi rimane finché non inizia il suo graduale sfaldamento.
Dopo lo scontro vittorioso con il nemico in località Carpenosa, avvenuto il 15 giugno 1944, con alcuni studenti suoi amici (Aldo Baggioli, Massimo Porre, Renzo Barbieri ed altri), Calvino entra a far parte del 16° Distaccamento della IX Brigata Garibaldi, comandato da Bruno Luppi (Erven), dislocato in Cian Colombo, nei pressi del borgo di Vignai (Comune di Badalucco). Dopo alcuni scontri col nemico e la furiosa battaglia di Sella Carpe, svoltasi il 27 di giugno,
durante la quale rimane gravemente ferito il Luppi ed alcuni garibaldini cadono eroicamente, il 16° Distaccamento si scioglie e gli uomini sono incorporati in altre formazioni.
[...] Il 5 di settembre Calvino partecipa alla difesa di Baiardo attaccata dal nemico (il quale viene sconfitto) e poi, per tutta una serie di motivi, il primo ottobre 1944, entra a far parte del Distaccamento partigiano comandato da Jaures Sughi (Leone), formazione della Brigata Cittadina GAP “Giacomo Matteotti”, che opera sulle colline intorno a Sanremo, a sua volta comandata da Aldo Baggioli (Cichito).
Il 15 di novembre i tedeschi rastrellano la zona di San Romolo, a monte di Sanremo, cade il Baggioli, alcuni partigiani sono catturati.
Calvino viene arrestato ma, per un fortuito caso, è risparmiato e, dopo tre giorni di carcere trascorsi nella fortezza Santa Tecla, è arruolato nell’esercito repubblichino ed entra a far parte del Deposito Provinciale come scritturale, al servizio del Tribunale Militare.
Quando riesce a fuggire, raggiunge la V Brigata Garibaldi “Luigi Nuvoloni” comandata da Armando Izzo (Doria-Fragola), la quale, con la IV “Elsio Guarrini” formano la II Divisione “F. Cascione”.
È incorporato nel 3° Distaccamento comandato da Giobatta Moraldo (Olmo), che fa parte del I Battaglione della V Brigata stessa.
Durante l’inverno 1944-’45 Calvino riesce a sopravvivere nonostante il freddo, la fame e il terrore instaurato dal nemico in alcuni paesi di montagna. Dal 2 febbraio, e nelle settimane successive, in compagnia del fratello Floriano (giovanissimo della classe 1927), anche lui garibaldino, Italo si trova a contatto con il nemico a Ciabaudo in Valle Oxentina, a Gerbonte, a Creppo, a Bregalla, località a nord-ovest di Triora, in Valle Argentina.
Il 10 di marzo 1945 partecipa alla battaglia di Baiardo come porta munizioni, combattuta dal I Battaglione “M. Bini” della V Brigata, comandato da Vincenzo Orengo (Figaro), con lo scopo di distruggere il presidio nemico composto dalla IX Compagnia bersaglieri, che è agli ordini del capitano Buratti.
Quei bersaglieri avevano causato molte sofferenze alla popolazione locale.
Dirige l’operazione Gino Napolitano (Gino), vicecomandante la V Brigata stessa. Calvino ricorda questa battaglia in un importante articolo pubblicato in prima pagina sul giornale Il Corriere della Sera (di Milano), del 25 aprile 1974.
Nei primi giorni di aprile, si trasferisce con la Brigata al campo di lancio rifornimenti alleati, in Pian Rosso, a monte di Viozene (Comune di Ormea, basso Cuneese).
Il 25 aprile scende a Sanremo con la sua formazione. [...]
Francesco Biga, A 20 anni dalla morte del grande scrittore. Italo Calvino, il partigiano chiamato "Santiago", Patria Indipendente, 29 gennaio 2006

In seguito alla caduta del fascismo il 25 luglio 1943, Calvino fonda il Movimento universitario liberale (MUL), e dopo l'8 settembre si orienta verso i comunisti. Nel giugno del ’44 si arruola nel XVI distaccamento della IX brigata garibaldina (comunista) Felice Cascione. Il distaccamento di Calvino si scioglie a fine giugno dopo una sconfitta a Sella Carpe. Tra l’ottobre e il novembre 1944 Calvino partecipa con il fratello Floriano alla brigata garibaldina sanremese Giacomo Matteotti, viene catturato durante un rastrellamento, poi arruolato d’ufficio nella Repubblica Sociale e relegato nel Deposito Provinciale di Imperia, da cui riesce a fuggire. Inoltre nell’autunno dello stesso anno la madre viene presa in ostaggio dai tedeschi per un mese, e il padre per altri due.
Tra il febbraio e l’aprile 1945 Calvino milita con suo fratello nella II divisione d’assalto garibaldina Felice Cascione; partecipa a più battaglie, tra cui quella vittoriosa di Bregalla e quella infruttuosa di Baiardo, che nel 1974 rievocherà nel racconto Ricordo di una battaglia. Tra i suoi compagni, alcuni futuri personaggi del Sentiero dei nidi di ragno: Giuseppe Vittorio Guglielmo e Ivar Oddone (rispettivamente, nel romanzo, il comandante Ferriera e Kim).
Rossana Labernarda, Calvino nella scuola: "Il sentiero dei nidi di ragno" e altro tra Calabria e Toscana, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2012-2013 

Insomma Italo, non riconosciuto o per lo meno non denunciato come partigiano, fu considerato uno dei tanti renitenti alla leva. E mentre Jaurès Sughi e Fulvio Goya e altri suoi compagni di prigionia a Santa Tecla vennero condotti nel carcere genovese di Marassi, egli fu arruolato d'ufficio nella Repubblica Sociale e relegato per qualche tempo nel Deposito Provinciale di Imperia <31.
Nessun documento attesta per quanti giorni sia rimasto a Imperia, né quando sia riuscito a scappare. Su tutte le vicende calviniane comprese fra il 19 novembre 1944 e il 1° febbraio 1945 anche le testimonianze offerte da quanti vissero quel difficile periodo sono manchevoli o troppo vaghe o contradditorie.
Dei lunghi giorni (forse due o tre settimane) trascorsi nel Deposito di Imperia, e della successiva fuga, ci parla però diffusamente Angoscia in caserma.
31 Cfr. anche Biga, Italo Calvino partigiano imperiese cit., p. 97.
Claudio Milanini, Appunti sulla vita di Italo Calvino, 1943-1945, «Belfagor», LXI, 1, 2006

[...] Il secondo, peraltro brevissimo, colloquio con Italo avvenne nell’autunno del 1943. Svolgeva alcune mansioni presso il Tribunale di Piazza Colombo (edificio che non esiste piú) e ogni tanto usciva per scambiare qualche parola col figlio del Prof. Zauli (mi pare si chiamasse Floriano anche lui, come il padre, insegnante nella Scuola di Avviamento Professionale, sita nello stesso edificio, al di sopra del Mercato dei Fiori). Un certo giorno Italo si rivolse al figlio di Zauli, il quale additò Cagnin (mi pare), che a sua volta lo diresse verso qualcun altro (forse Agostino de Gregorio, anche lui, come me, precoce antifascista) e poi si presentò da me. "Dovresti portare d’urgenza questo bigliettino nel negozio di fiori di Bottini, accanto a Barillaro, in Via Vittorio. Sai dov’è? Non farti notare e torna subito". Il messaggio era diretto a Kahneman e gli suggeriva di nascondersi perché "sarebbero venuti a cercarlo". La mia irruzione frettolosa in negozio sollevò qualche perplessità, forse perché c’era un’avventrice che avrebbe potuto sospettare qualcosa. Comunque il messaggio era giunto a destinazione (seppi poi che il Kahneman era nascosto addirittura nel palazzo in cui abitavo io, al n. 9 di Via Gioberti, in un deposito appartenente al fiorista Bottini). Non è chiaro se Italo agisse a titolo personale o facesse già parte di un’organizzazione clandestina, né se in Kahneman proteggesse l’ebreo, l’antifascista o il fratello del suo compagno di scuola Francesco. Me lo vidi davanti, improvvisamente, assieme ad altri partigiani che portavano il fazzoletto blu delle bande del Cap. Umberto, a me note perché ne faceva parte mia cugina Ada Galletti, la quale ogni tanto veniva a rifornirsi di viveri presso i parenti, accompagnata da un certo Ormea. Ero orgoglioso di lei non solo perché combatteva contro il nazifascismo, ma anche perché le donne armate scarseggiavano, anche fra i "garibaldini". Assieme ad Italo c’era qualcun altro che mi conosceva, forse Franco Giordano (ma non lo giurerei perché l’ho visto, a quei tempi, in tante circostanze), forse Ravotti (fratello di un croupier del Casino di Venezia che conoscevo sin da piccolo). Calvino sembrò riconoscermi e mi sorrise, ma disse solo: "Ah! Sei lí?" (scoprii poi che era un suo modo caratteristico e laconico di esprimersi che adoperava addirittura anche col fratello). Avevano premura di giungere verso Ceppo prima del tramonto (seppi solo piú tardi che venivano tutti da una battaglia, forse quella di Coldirodi, e temevano forse di essere inseguiti). Mio cugino Franco Moriano si incaricò di dar loro indicazioni precise sui sentieri da seguire. Non mi pare di aver piú rivisto Calvino (tranne forse accanto a Gino, nei pressi del cimitero di Bajardo la domenica che scappai dalla mamma per raggiungere i partigiani) [...]  Pietro Ferrua, Incontri e scontri con Italo Calvino, 25 aprile 2012 in Ra.forum

Nel Sentiero c’è un altro giovane eroe, un’altra figura positiva, che nasce dall’esperienza autobiografica dell’autore e di cui vorremmo parlare. Si tratta di Lupo Rosso. Nella realtà Lupo Rosso è Sergio Grignolio, nome di battaglia Ghepeú <1, che Calvino conosce durante i giorni di prigionia nella Villa Auberg, dopo che entrambi ed anche il padre di Calvino erano stati arrestati durante il rastrellamento avvenuto nella vallata di San Giovanni il 15 novembre 1944.
[...] Nel romanzo viene raccontata la fuga dal carcere di Grignolio esattamente come è avvenuta nella realtà, se si esclude l’intervento di Pin. Come già sappiamo, Calvino riuscirà ad evadere in un secondo momento, mentre il padre resterà in prigione.
Grignolio racconta a Ferrua: "Ero a Villa Auberg [...] Io sono riuscito a fuggire di lì, perché ho chiuso una sentinella in un cesto della spazzatura. Erano quei cesti alti che portavano i salumi e c’era stato il giorno prima un bombardamento navale, erano scese giù tutte le soffittature di cemento, di legno. Mentre io lo portavo fuori da un terrazzo al posto di buttarlo fuori io l’ho messo sulla testa della sentinella, mi son buttato giú e son riuscito a scappare. (FERRUA, cit.: 177)
Nel Sentiero Calvino introduce Pin come aiutante di Lupo Rosso nell’impresa della fuga: "Vieni, - dice Lupo Rosso, - Mi hai da dare una mano per portare giú il barile d’immondizie. [...] Lupo Rosso si avvicina a passi lunghi e silenziosi. Pin comincia a far scorrere una mano sull’altra, piano piano. Lupo Rosso è ormai alle spalle della sentinella [...] A un tratto una frana di spazzatura gli si abbatte sul capo; non è solo un frana, è un qualcosa che lo schiaccia sopra e tutto intorno [...] Intanto Lupo Rosso e Pin hanno già scavalcato la balaustra". (Ibid.: 42-45)
Lupo Rosso, dicevamo, è un personaggio positivo, anche se Grignolio <2 dichiara a Ferrua: «È una storia romanzata, molto romanzata» e Calvino nel romanzo, rovesciando le posizioni, lo rimprovera di spararle un po’ grosse:«Alle volte Lupo Rosso esagera un po’ le cose che racconta, ma racconta molto bene». (Ibid., 73)
Il fatto è che Sergio Grignolio è stato davvero un combattente audace; sua è un’altra fuga da Villa Giulia buttandosi a capofitto da un finestrella di cui era riuscito ad allargare le sbarre - a quanto racconta Ferrua - e sua è certa attività dinamitarda che fece saltare tre ponti per rallentare l’avanzata tedesca. Ferrua conclude: «Lo si voglia o no, il personaggio di Lupo Rosso è altrettanto «eccessivo» nel romanzo quanto il partigiano Ghepeú lo è stato nella storia». (FERRUA, cit.: 178)
[NOTE]
1 Ghepeú deriva dal nome che assume la polizia segreta russa dal 1922 al 1934: GPU.
2 Sergio Grignolio era nato nel 1926 a San Remo. «Era un uomo dai forti ideali - lo ricorda la presidente dell'Anpi di Imperia, Amelia Narciso - E' stato un partigiano dinamitardo, protagonista di alcune azioni importanti, di esplosioni, anche di ponti, per rallentare l'avanzata dei tedeschi». Quando scelse la via dei monti Sergio Grignolio aveva solamente sedici anni [...] Era l'ultimo componente del terzetto di eroi presenti nel romanzo di Italo Calvino, e anche se anziano e minato nel fisico, non aveva mai perso lo sguardo da combattente».(«La Repubblica», 11 settembre 2014)

Annalisa Piubello
, Calvino racconta Calvino: l'autobiografismo nella narrativa realistica del primo periodo, Tesi di dottorato, Universidad Complutense de Madrid, 2016


Numero del 1° Maggio 1945 del periodico sanremese "La voce della democrazia". I due articoli in prima pagina sono di Calvino - Fonte: Internet Culturale

E un bel giorno Italo posò la penna e prese il fucile. Per andare in montagna con i partigiani e fare la cosa che riteneva giusta.
Lui, Calvino, ha sempre parlato poco di questa durissima esperienza perché odiava la retorica e soprattutto la retorica della Resistenza, in un periodo in cui tutti raccontavano di averla fatta e spiegavano, centellinavano dettagli e storie, spesso messe insieme subito dopo la Liberazione.
Il grande scrittore era orgoglioso di quei giorni e dei suoi compagni di lotta. Con molti era rimasto in contatto fino alla fine della vita. Con uno in particolare: Giovanni Nicosia, "Sam" originario di Caltanissetta, un severo caposquadra sui monti, che diventerà poi correttore di bozze per la Einaudi e dunque vicinissimo ad Italo nel lavoro quotidiano. Sì, appunto, Italo Calvino in qualche articolo e in qualcuno dei suoi libri, farà affiorare il periodo resistenziale, ma senza dettagli e particolari, in modo schivo e quasi sottovoce e il perché lo abbiamo detto.
Ero all’ospedale della Scala, di Siena, il giorno della morte dello scrittore. Per il giornale, ovviamente. La bara era stata sistemata in uno stanzone enorme e non c’era nessuno. Era uno stanzone carico di affreschi, stemmi e orpelli quasi gioiosi, che rendevano ancora più desolata e solitaria quella bara e quella morte. Stavo ascoltando, in una stanzetta, alcuni colleghi che chiedevano notizie alla moglie di Calvino sul periodo della montagna, ma anche lei sapeva pochissimo. Qualche passo più in là, forse un avvocato o uno dei dirigenti della Einaudi, già parlava dei diritti d’autore per i tanti libri dello scrittore di fama mondiale, ma io sentivo quelle parole come una specie d’insulto a Calvino, abbandonato, solo, nello stanzone rinascimentale senza un fiore, una corona, una rosa. Ovviamente, sciocchi sentimentalismi i miei, in quel momento. Ma non riuscivo, comunque, a metter via i pensieri, angosciosi, che mi si affollavano in testa.
Del periodo della montagna e della Resistenza, invece, volli sapere tutto e non seppi niente. Ho dovuto aspettare qualche anno e leggere e rileggere i racconti di alcuni dei compagni di Calvino pubblicati da "Patria indipendente", la rivista dei partigiani, per sapere dettagli e particolari.
Italo Calvino era nato a Santiago de Las Vegas (Cuba) il 15 ottobre 1923 da Mario Calvino e da Eva Mameli. La famiglia, ad un certo momento, era tornata in Italia e si era stabilita a Sanremo. Con la guerra, la tragedia incombeva.
Ed eccola la storia di lui. Calvino è un giovane sveglio, già entrato in contatto con alcuni antifascisti.
[...] Nasce la repubblichina di Salò e subito vengono affissi i manifesti per il richiamo alle armi della classe 1923: proprio quella di Calvino. Per i disertori, come si sa, è prevista la fucilazione.
Il giovane, per non essere arrestato, prende la via delle colline e si rifugia in boschi e boschetti, nelle terre di proprietà del padre. Poi, con un gruppo di amici, Aldo Baggioli, Massimo Porre, Renzo Barbieri e altri, decide di salire in montagna. Viene accolto nella formazione partigiana «Brigata Alpina» presso Beulla. È una brigata, la sua, che si muove tra Baiardo e Ceriana ed è comandata da Candido Bertassi, conosciuto come Capitano Umberto. È una prima esperienza molto, molto difficile. Calvino è ormai conosciuto da tutti con il nome di battaglia di «Santiago». Il primo grande scontro con i nazisti avviene in località Carpenosa il 15 giugno 1944 ed è una vittoria. Poi la formazione si scioglie. Lo scrittore entra allora a far parte della «IX Brigata Garibaldi», comandata da Bruno Luppi, «Erven» e partecipa alla battaglia di Sella Carpe. «Erven» rimane ferito gravemente e molti partigiani ci lasciano la pelle. A luglio, i nazisti incendiano i paesi di Molini di Triora e Triora e lo scontro, in tutta la zona, si fa ancora più duro. Calvino, intanto, è passato alla Divisione d’assalto Garibaldi «Felice Cascione» e partecipa alla difesa di Baiardo. Durante un rastrellamento «Santiago» viene arrestato, ma si salva.
Deve però arruolarsi, per un breve periodo, tra i repubblichini come scritturale. Poco dopo riesce a fuggire e torna in montagna con tanto di armamento individuale. A lui si unisce il fratello Floriano che ha appena sedici anni. Ora, i fratelli, sono in una formazione diversa. L’inverno del 1944-’45 è terribile: freddo, gelo, fame, rastrellamenti, arresti e torture. Italo Calvino partecipa a tantissimi scontri: a Ciabaudo, a Gerbonte, a Bregalla e ancora a Baiardo e a Triora nella Valle Argentina. Il 25 aprile arriva la Liberazione e anche lui sfila per le strade di Sanremo con la sua formazione. Durante la lotta in montagna non ha mai smesso di scrivere per Il Garibaldino, La nostra lotta e l’Unità, stampata localmente. Il 25 maggio 1945 torna a casa e si laurea. 

Un comizio di Calvino a Sanremo - Fonte: Internet Culturale

Poi, si iscrive al Pci che rimarrà il suo partito per una decina di anni. Riceve anche il diploma Alexander numero 165545 ed è riconosciuto partigiano combattente. Poco dopo, dal Distretto militare di Savona, riceverà lire 6.687: è la paga da soldato per tutto il tempo della montagna.
Wladimiro Settimelli, Nome di battaglia «Santiago». Il giovane Calvino partigiano nei racconti di alcuni compagni. Dall’archivio dell’Anpi spuntano documenti che ricostruiscono il periodo della montagna e della Resistenza, l’Unità, 11 dicembre 2013, articolo riprodotto come Nome di battaglia "Santiago" in Nord Milano Notizie, 12 dicembre 2013
 

Fonte: Marco Bresciani, Op. cit. infra

1 Sanremo, settembre 1943 - giugno 1944. In casa dei genitori; in maggio-giugno 1944, scritturale per il tribunale militare di Sanremo; ai primi di giugno 1944 si arruola nel XVI distaccamento della IX brigata garibaldina Felice Cascione.
2 Valle Oxentina. Alla macchia, nella seconda metà di giugno 1944.
3 Sella Carpe, 27 giugno 1944. Sconfitta contro i nazifascisti e scioglimento del XVI distaccamento.
4 Sanremo, luglio - prima metà agosto 1944. Probabilmente nascosto nei poderi di famiglia a San Giovanni.
5 Valle Oxentina - Valle Armea, 15 agosto - 20 settembre 1944. Arruolamento, col fratello diciassettenne Floriano, nella banda del capitano Umberto (al secolo Candido Bertassi); è una banda «azzurra», cioè badogliana.
6 Coldirodi, 3 settembre. Battaglia contro i nazifascisti.
7 Baiardo, 5 settembre. Sconfitta contro i nazifascisti; la banda «azzurra» di Umberto si scioglie il 20 settembre.
8 San Romolo, 1º ottobre - 15 novembre 1944. Si arruola, di nuovo con Floriano, nel distaccamento di Leone (al secolo Jaurès Sughi) della brigata sanremese Giacomo Matteotti, garibaldina; in ottobre i loro genitori, Mario Calvino ed Eva Mameli, sono presi in ostaggio dai tedeschi, che simulano per tre volte la fucilazione di suo padre sotto gli occhi della moglie; Eva Mameli sarà prigioniera per un mese, Mario Calvino per due. Il 15 novembre, Italo è catturato in un rastrellamento: evita la fucilazione immediata perché, grazie a un foglio di licenza militare falsificato, non viene riconosciuto come partigiano.
9 Sanremo, 15-18 novembre 1944. Preso in un rastrellamento, è rinchiuso per un giorno nel carcere di Santa Tecla e per due a Villa Giulia.
10 Imperia, 19 novembre - primi di dicembre 1944. Considerato renitente alla leva, è arruolato d’ufficio nella Repubblica Sociale ma relegato nella caserma-deposito provinciale; riesce a fuggire dopo circa tre settimane.
11 Sanremo, circa 9 dicembre 1944 - 1º febbraio 1945. Nascosto nei poderi di famiglia a San Giovanni.
12 Sanremo, 1º febbraio - 25 aprile 1945. Si arruola con Floriano nella II divisione d’assalto garibaldina "Felice Cascione", comandata da Giuseppe Vittorio Guglielmo; «Vittò» sarà il comandante Ferriera ne Il sentiero dei nidi di ragno; il commissario politico è invece Ivar Oddone «Kimi», Kim nel Sentiero. Calvino fa parte della V brigata Luigi Nuvoloni, I battaglione, II distaccamento, III squadra.
13 Ciabaudo, valle Oxentina, febbraio-marzo 1945. Con la divisione garibaldina Felice Cascione.
14 Creppo e Gerbonte, febbraio-marzo 1945. Con la divisione garibaldina Felice Cascione.
15 Bregalla, 12-13 febbraio. Battaglia vittoriosa, con la divisione garibaldina Felice Cascione, contro una compagnia di Cacciatori degli Appennini.
16 Baiardo, 10 marzo 1945. Combattimento infruttuoso per liberare Baiardo dai bersaglieri della IX Compagnia della morte.
17 Ceriana, 5 aprile 1945. Circondato dai nemici dopo un combattimento, si salva grazie a una macchia di noccioli.
18 Viozene, aprile 1945. Con la divisione garibaldina Felice Cascione
Marco Bresciani (con Domenico Scarpa), Italo Calvino combattente partigiano da Gli intellettuali nella guerra civile (1943-1945), in Atlante della letteratura italiana, a cura di S. Luzzatto e G. Pedullà, vol. III. Dal romanticismo a oggi, Einaudi, 2012 

C'era stato un incendio in un bosco: ricordo la lunga fila dei partigiani che scende tra i pini bruciati, la cenere calda sotto la suola delle scarpe, i ceppi ancora incandescenti nella notte. Era una marcia diversa dalle altre nella nostra vita di continui spostamenti notturni in quei boschi. Avevamo finalmente avuto l'ordine di scendere sulla nostra città, Sanremo; sapevamo che i tedeschi stavano ritirandosi dalla riviera; ma non sapevamo quali caposaldi erano ancora in mano loro [...] Ancora negli ultimi giorni i tedeschi erano venuti di sorpresa e avevamo avuto dei morti. Proprio pochi giorni prima andando di pattuglia era mancato poco che cascassi nelle loro mani. L'ultimo accampamento del nostro reparto, se ricordo bene, era tra Montalto e Badalucco: già il fatto che fossimo scesi nella zona degli uliveti era il segnale di una nuova stagione, dopo l'inverno nella zona dei castagni che voleva dire la fame.
[...] Dalle parti di Poggio cominciammo a incontrare sul margine della strada la popolazione che veniva a vedere passare i partigiani e a farci festa. Ricordo che per primi vidi due uomini anziani col cappello in testa che venivano avanti chiacchierando di fatti loro come in un giorno di festa qualsiasi; ma c'era un particolare che fino al giorno prima sarebbe stato inconcepibile: avevano dei garofani rossi all'occhiello. Nei giorni seguenti dovevo vedere migliaia di persone col garofano rosso all'occhiello ma quelli erano i primi.
Italo Calvino, Il mio 25 aprile in Italo Calvino, Saggi, 2, Mondadori, Milano, 1995