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venerdì 14 febbraio 2020

Azioni dei partigiani imperiesi nella prima metà di giugno 1944

 
Notiziario dei Distaccamenti garibaldini imperiesi n° 1 dell'8 giugno 1944. Archivio: Isrecim. Foto: Rete Parri

 
Notiziario dei Distaccamenti garibaldini imperiesi n° 2 del 12 giugno 1944. Archivio: Isrecim. Foto: Rete Parri

Ben riuscito il colpo di mano del I° Distaccamento a Capo Berta: strada fatta saltare, 2 tedeschi uccisi.
Esemplare l'azione dello stesso Distaccamento sulla strada di Colle San Bartolomeo: un ufficiale superiore, un ufficiale e un soldato tedesco uccisi.
Bella l'azione del 4° Distaccamento a Perallo [nel comune di Molini di Triora (IM)]: 2 tedeschi e 3 soldati italiani uccisi.
Notiziario dei Distaccamenti garibaldini imperiesi n° 1 dell'8 giugno 1944. Archivio: Isrecim. Foto: Rete Parri
 
I rapporti delle autorità locali fasciste ai superiori sono caratterizzati da volute esagerazioni circa i pericoli da affrontare.
Adriano Maini

La prima quindicina del corrente mese di giugno è stata caratterizzata da un aumento considerevole dell'attività dei ribelli, che operano frequentemnte nelle immediate vicinanze dello stesso capoluogo.
I singoli più importanti episodi sono stati di volta in volta segnalati al Ministeero con i telegrammi giornalieri e con le relazioni settimanali.
[...] Si calcola che il numero dei ribelli aggirantisi per le montagne della provincia di Imperia, al confine di quella di Cuneo, ascende ad alcune migliaia.
Alcuni paesi montani come Nava, Borgomaro e Pieve di Teco sono controllati esclusivamente dai ribelli, in quanto quei Distaccamenti della G.N.R. sono stati o prelevati dai ribelli o ritirati per misura prudenziale.
[...] Il Questore ausiliario Durante Ermanno ha lasciato l'ufficio perché destinato alla Questura di Pavia. Non è ancora giunto il successore [...]
p. il Questore di Imperia, Relazione quindicinale sulla situazione politica, funzionamento servizi, attività di polizia, Imperia, 16 giugno 1944 - XXII. Documento <MI DGPS DAGR RSI 1943-45 busta n° 4> dell'Archivio Centrale dello Stato di Roma  

[...] Se nel corso del mese di giugno le battaglie frontali e di grande rilievo sono quelle di Badalucco, Pizzo d'Evigno [nel comune di Stellanello (SV)] e Carpenosa [località di Molini di Triora (IM)], fatti d'arme a catena si verificano in ogni angolo della provincia di Imperia.
Ogni balza, costone, cespuglio rappresentano un agguato per le forze nazifasciste ed i percorsi dei loro automezzi risultano sempre un'avventura, sia lungo la statale n. 28 e l'Aurelia, sia lungo tutte le altre strade che serpeggiano nelle valli.
Il numero dei morti, dei feriti, del materiale perduto dalle truppe d'occupazione è, più che rilevante, preoccupante ed a ritmo ininterrotto.
[...]
1-6-1944 - Sabotaggio, con una forte carica di dinamite, al ponte dell'Antognano sulla via Aurelia nei pressi di Albenga [(SV)] con conseguente sospensione del traffico da parte dei Tedeschi.

3-6-1944 - Rientra al distaccamento «Tito» [dal nome del comandante, Rinaldo Risso] la prima squadra, rinforzata da qualche elemento del comandante Ernesto Ascheri (Livio), reduce da un'azione compiuta nella zona di Mendatica ove ha distrutto gli incartamenti municipali, tranne lo stato civile e i registri degli accertamenti agricoli.

4-6-1944 - Due squadre del 3° distaccamento guidate da «Ivan» [Giacomo Sibilla], delle quali fanno parte «Battaia» [Bruno Semeria], «Bacistrasse» [Giobatta Gustavino] e «Kisne», attaccano una ventina di Tedeschi lungo la statale n. 28 nel tratto sovrastante San Lazzaro Reale, paesello sulla direttrice per Borgomaro. Due Tedeschi rimangono uccisi. Bottino: un Majerling e  munizioni.
Una pattuglia del 1° distaccamento disarma in Ville San Pietro [Frazione di Borgomaro (IM)] i componenti della guarnigione di guardia alla polveriera. Bottino: sei moschettti, cinque pistole, munizioni e materiale vario.
Uomini del 6° distaccamento di «Mirko» [Angelo Setti] attaccano e distruggono il presidio tedesco di Santa Brigida di Andagna [Frazione di Molini di Triora (IM)]; fanno altresì brillare il campo minato messo dai Tedeschi a loro protezione nel mese di settembre 1943.

5-6-1944 - Una squadra del 4° distaccamento, comandata da «Marco» [Candido Queirolo], attacca un gruppo di nazifascisti in località Ponte di Glori [località di Molini di Triora (IM)], uccidendone cinque. Tutti i nostri rientrano alla base.
Nei pressi di Diano Marina, due Tedeschi rimangono uccisi in un scontro con una pattuglia del distaccamento «Volantina» [comandata da Mancen, Massimo Gismondi].
Nel tardo pomeriggio un gruppo del 3° distaccamento «Inafferrabile» [comandata da Ivan, Giacomo Sibilla] si porta nei pressi di Carpenosa [località di Molini di Triora (IM)], per disarmare il posto di blocco tenuto da due Austriaci e da quattro repubblicani.
Il gruppo giunto nelle vicinanze viene avvistato ed i due Austriaci invitano i partigiani a scendere, facendo capire di aderire alla Resistenza. Uno dei due dice di essere iscritto al Partito Comunista di Vienna.
I tre repubblichini sono disarmati e lasciati in libertà. Bottino: un fucile mitragliatore S. Etienne, due fucili ta-pum, tre moschetti e un lancia bombe.

6-6-1944 - Una squadra del 3° distaccamento di Giacomo Sibilla (Ivan) disarma tre militi repubblicani nel paese di Agaggio [località di Molini di Triora (IM)]. Un nucleo di sedici uomini del medesimo distaccamento disarma i carabinieri di Borgomaro che non oppongono resistenza. Sono incendiati altresì l'esattoria, il dazio e il municipio.
Eguale azione viene compiuta nei comuni di Chiusanico e di Chiusavecchia.
Un nucleo di patrioti della formazione di Angelo Perrone (Vinicio) disarma a Pietrabruna due militi ai quali è concessa la vita per espresso desiderio della popolazione; distribuisce agli abitanti 150 carte annonarie; distrugge l'ufficio accertamenti agricoli, le liste di leva e quanto può indirizzare i fascisti al forzato reclutamento dei giovani.
A Molini di Prelà, il medesimo nucleo rende inservibile un'autocorriera (requisita in precedenza dai Tedeschi per inviarla in Germania) asportando pezzi vitali dal motore.
Le due azioni sono dirette dal caposquadra Bruno Aliprandi (Dimitri). Un'altra squadra della stessa formazione distrugge l'ufficio accertamenti agricoli e le liste di leva nel comune di Rezzo.

7-6-1944 - «Cion» [Silvio Bonfante, eroe della Resistenza] uccide tre Tedeschi nei pressi di Imperia.
Una pattuglia del 5° distaccamento disarma sei Guardie di Finanza in località Muratone ed asporta il materiale utile trovato in caserma [Strato, invece, come si può vedere infra, colloca quest'azione qualche giorno più tardi].
Una squadra del distaccamento «Volante» attacca i Tedeschi nelle vicinanze di Andora [(SV)]; i nostri rientrano al completo; un ferito tra i nemici.

8-6-1944 - Una pattuglia in località Ferriera, con l'appoggio del 5° distaccamento, mette in fuga una sessantina di Tedeschi sopraggiunti nella zona con due camion; quindici morti nelle fila nemiche.
Il distaccamento comandato da Rinaldo Risso (Tito) e da Gustavo Berio (Boris) prende possesso di Villatalla ed organizza nei dintorni azioni di guerriglia.    

9-6-1944 - Una squadra della «Volante», in combattimento nella zona di Stellanello, uccide un milite della Brigata «Ettore Muti» e ne cattura undici. I nemici, inoltratisi nella zona per effettuare importanti azioni di rastrellamento, sono costretti a desistere di fronte all'elevato spirito combattivo dei partigiani.

10-6-1944 - Venti uomini del 4° distaccamento, al comando di Candido Queirolo (Marco), attaccano la postazione tedesca di Carpenosa. Rimangono sul terreno cinque morti (un tenente tedesco, tre soldati della medesima nazionalità ed un sergente repubblichino). Altri otto soldati chiedono di essere accolti in banda e vengono accettati. Vario il bottino.
I garibaldini Marco Agnese, Alessandro [Gino] Carminati, Celestino Rossignoli e Carlo Lombardi, che il giorno precedente erano stati inviati in missione, pernottano in un casone-fienile in Valle Steria, nei pressi di Riva Faraldi. Una delatrice segnala la loro presenza, ed all'alba del giorno 10 sono sorpresi nel sonno da una squadra della G.N.R., comandata da A.C., detto «Capitan Paella». Legati e torturati, sono trascinati presso la carrozzabile della borgata «Molino del Fico» e dopo un sommario interrogatorio vengono barbaramente massacrati a colpi di pugnale e con il calcio del fucile. Viene pure fucilato il civile Angelo Limarelli. Due partigiani di origine siciliana riescono a fuggire.

12-6-1944 - Una pattuglia, al comando di «Marco», attacca in località Carpenosa un forte nucleo di nazifascisti. Tutti i partigiani rientrano all'accampamento; dodici nemici rimangono uccisi. 
 
[...] Già dall'8 settembre 1943, Silvio Bonfante [Cion] è pronto e presente alla lotta e, fin dall'inizio, rivela spiccate qualità di uomo destinato a diventare una guida trascinatrice. Il curriculum di combattente della montagna è più che garante della sua validità. Nel mese di giugno del 1944 ha ormai percorso in lungo ed in largo i nostri monti e le nostre valli. Quante azioni portate a termine! Con ogni mezzo, tritolo o mitra, ha già inferto gravi colpi ai nazifascisti. Ma, ciò che più conta, ha messo a disposizione le sue doti d'organizzatore con cui ha contribuito, in uno sforzo comune con gli altri combattenti maggiormente dotati, a creare l'ossatura di un esercito che, pur affamato e scalzo, infliggerà a Tedeschi ed a fascisti perdite ingenti. Mese di giugno 1944: «Cion» è capobanda della «Volante». Progetta le azioni più rischiose con pochi coraggiosi che, di volta in volta, si sceglie. Gli esiti sono sempre positivi e soddisfacenti. Egli possiede, innate, le doti del comando [...] Le notizie provenienti dai fronti di guerra con i Tedeschi in ritirata, il pensiero dell'imminente fine del conflitto e le sistematiche azioni partigiane a catena, sempre vittoriose sui nazifascisti, le gesta di «Cion» ingigantiscono la figura del condottiero garibaldino, e creano un senso di invulnerabilità e d'invincibilità della «Volante». L'ammirazione cresce e si diffonde ovunque nelle valli e, in tutti i paesi e città, il nome di «Cion» esalta e crea altissimo il morale sia tra i suoi uomini che nella popolazione. Scrive «Magnesia»: "...  «Cion» fu il più noto, il migliore dei capobanda garibaldini. Con coraggio freddo progettava le imprese più spinte e le portava a termine con un pugno di ardimentosi. Aveva tutte le quali1à del capobanda, sapeva ispirare fiducia negli uomini che andavano con lui sereni anche verso l'ignoto, consci di essere ben guidati, che il capo sarebbe andato innanzi a loro esponendosi di persona. Sapeva trascinare i combattenti con l'esempio ma valutava esattamente le situazioni e non arrischiava oltre il necessario ...". Noi esitiamo a sottoscrivere in assoluto il concetto espresso all'inizio del passo citato perchè, nel proseguimento della lotta, altri fior di combattenti sorsero nelle fila; anzi, già c'erano, ma è certo che «Cion» fu nella ristretta cerchia dei migliori. Non c'è dubbio che Silvio Bonfante sia stato un riconosciuto e naturale erede di Cascione: infatti, la I^ Brigata, dopo la sua morte, diventerà nel dicembre 1944 la Divisione d'Assalto Garibaldi ed assumerà il suo glorioso nome.
I Tedeschi e tanto meno i fascisti non osano avventurarsi, da lunga data ormai, per uno scontro armato in montagna da quando un gruppo della Ettore Muti, inoltratosi fino alla località Rossi, era stato annientato interamente e  seppellito sotto i castagni. Morale alle stelle, dunque, e cameratismo profondo tra i partigiani della «Volante» ed afflusso continuo, in primavera ed estate, di giovani dalle città e dai paesi alle bande armate. È vanto d'ognuno far parte della formazione di «Cion», partecipare alla lotta contro i nazifascisti, contribuire alla rinascita del paese.
Inoltre, tra le fila partigiane non si corre il rischio d'incorrere nei crudeli rastrellamenti che i Tedeschi operano tra i civili nelle città e di essere imprigionati o spediti in Germania, o essere costretti ad indossare la divisa della Repubblica di Salò, o inquadrati nell'organizzazione Todt con tutti i rischi e le conseguenze future.
L'afflusso dei nuovi venuti alle bande tocca il ritmo medio di cinque ­dieci unità al giorno; cifra notevole se si considera, come già ricordato, che i partigiani non possiedono caserme, magazzini, grosse scorte, armi e, tanto meno, munizioni per poter far fronte a necessità che, col tempo, diventano sproporzionate rispetto alle obiettive possibilità.
Le imboscate partigiane alle colonne nemiche, l'assalto ai presidii, la distruzione di ponti e vie di comunicazione, i colpi di mano per procurare viveri e munizioni, l'eliminazione delle spie, sono all'ordine del giorno nel mese di giugno. «Cion» per ogni azione da compiere alterna gli uomini per formare nuovi combattenti ed imparare a conoscere d'ognuno le qualità, i pregi, i difetti; quasi per selezione naturale, ognuno scopre in sé le attitudini per lo svolgimento delle mansioni adatte alle proprie possibilità [...] La certezza regna sovrana: nessuna sorveglianza intorno all'accampamento, nessun turno di guardia neppure durante la notte. In definitiva, è convinzione radicata nei partigiani di essere assistiti dalla fortuna; non resta che la battaglia finale e la discesa per liberare definitivamente le Città. Nella prima decade di giugno, la Volante ha tanti effettivi che Cion decide di scinderla e di creare un nuovo distaccamento. Nasce così la «Volantina», come figlia e sorella della «Volante», il cui comando è affidato a Massimo Gismondi (Mancen). Questi, di «Cion», è l'amico fraterno che sempre affiancherà in ogni luogo ed in ogni rischio.
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) Vol. II: Da giugno ad agosto 1944, volume edito a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992

Marco Agnese. Fonte: ANPI Savona cit. infra

Marco Agnese.
Nato a Villanova d’Albenga il 16 Luglio 1925; già componente della squadra di Felice Cascione, fa parte della prima “Volante” di “Cion” e “Mancen”, operante in Valle Steria e nel Dianese. Con i compagni garibaldini Alessandro Carminati,
Celestino Rossi e Carlo Lombardi, reduce da una missione si ferma a dormire in un casone adibito a fienile nei pressi di Riva Faraldi, in Val Steria. Una delatrice segnala la presenza dei partigiani e all’alba del 10 giugno 1944 sono sorpresi nel sonno da una squadra della GNR comandata da A.C., detto “capitan Paella”. Legato e torturato, è trascinato presso la carrozzabile della borgata Molino del Fico e, dopo un sommario interrogatorio, viene brutalmente massacrato a colpi di pugnale e con il calcio del fucile. La madre rilascerà una testimonianza scritta in cui afferma che a Marco furono strappati occhi e unghie.
Il fratello Nino Agnese assumerà quale nome di battaglia quello di Marco e lo onorerà diventando comandante di distaccamento.
A Marco Agnese è intitolato un Distaccamento della Brigata “Silvano Belgrano” - Divisione d’assalto Garibaldi “Silvio Bonfante”.
Redazione, Arrivano i Partigiani. Inserto 2. "Le formazioni di montagna della I^ e della VI^ Zona Operativa Ligure che operavano nella provincia di Savona", I Resistenti, ANPI Savona, numero speciale, 2011
 
Segnaliamo questi due colpi esemplari, che luminosamente rappresentano l'utilità e la bontà dei nostri sistemi di lotta:
I°  Il V Dist. il 10 corr. a Val Gavano affrontava una cinquantina di tedeschi che transitavano su due camion. Dopo breve lotta i tedeschi si ritiravano precipitosamente abbandonando un camion e portandosi con loro una ventina tra morti e feriti
2°  Il I Dist. il 10 corr. a Rossi obbligava 14 militi fascisti ad arrendersi. Questi venivano così disarmati e passati tutti per le armi.
Notiziario dei Distaccamenti garibaldini imperiesi n° 2 del 12 giugno 1944. Archivio: Isrecim. Foto: Rete Parri

...appare chiaramente come nel giugno del '44, al momento della costituzione della IX^ Brigata (14 giugno secondo la data ufficiale o almeno convenzionalmente accettata) una vasta rete di formazioni partigiane si stendesse in tutto il territorio della provincia. Quando queste formazioni si furono riunite nella suddetta Brigata, con la quale tutta l'organizzazione antifascista era strettamente collegata, esse finirono col costituire un'unica entità militare di notevole proporzione e consistenza e di vaste possibilità.
Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Sabatelli Editore, Savona, 1976
 
Terzorio (IM), oggi comune autonomo

Il 17 corrente, alle ore 23, in Riva S. Stefano, alcuni banditi uccidevano nella propria abitazione, in frazione Terzorio del suddetto comune, il locale commissario politico Angelo VINAI.
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del 24 giugno 1944, p. 35.  Fonte: Fondazione Luigi Micheletti

martedì 10 dicembre 2019

Agguato nazista al Molino dei Giusi

Imperia: uno scorcio di Oneglia

Dopo una breve consultazione decidemmo di spostarci sulle colline di Garessio o di Ormea per cercare notizie sulla "Volante" di "Cion" ["Silvio Bonfante"]. Ci dirigemmo verso la località Croce di Nascio [...] Attraversammo il Colle di Garessio, sfiorando il monte Berlino e, quindi, ci fermammo in valle Inferno. Fui colpito dallo sguardo degli abitanti di quella zona che ci videro denutriti, malconci e fradici di pioggia [...] partimmo per rientrare, dopo altra faticosa marcia e altra sete, nelle nostre zone in Liguria. Noi in località Fussai, sopra Evigno, la "Volante" a Cian del Bellotto, in valle Andora, dove era già stata in giugno [1944]. Nei vecchi accampamenti ci sentivamo vicini alle nostre case, vedevamo il mare, la nostra città [Imperia] nel piano [...]
L'ultimo giorno di luglio 1944 i partigiani Paolo Ferreri (Cigrè) e Giovanni Rattalino ["Giuanni"], ambedue della classe 1926, rispettivamente originari di Alassio (SV) e di Villa Viani [Frazione di Pontedassio (IM)], facenti parte del nostro distaccamento, di ritorno dal comando della IV^ Brigata [d'Assalto Garibaldi "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione"] dove avevano accompagnato un commissario, a Colle San Bartolomeo [in seguito ad una delazione] cadevano in una imboscata nemica: venivano catturati e fucilati sul posto.
Nella notte ne recuperammo i corpi e il comandante “Mancen” [ndr: Giuseppe Gismondi, in seguito comandante della I^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante"] dispose di fare loro, anche se modesto, un dignitoso funerale, almeno come quello fatto a Silvano Belgrano quando cadde nella battaglia del Pizzo d'Evigno [Diano Arentino (IM)] il 19 giugno 1944. Funerale che si concluse nella frazione Rossi del comune di Stellanello [in provincia di Savona] e fu l'unico per quanto riguarda i partigiani della I^ brigata.
Mancen” mi chiamò e mi disse di scendere a Oneglia [Imperia] per contattare un membro del C.L.N., che mi avrebbe dato dei soldi, dei documenti e, forse, una valigetta piena di bombe a mano. Inoltre alle Cascine dovevo passare dal fiorista Casale per ordinargli due piccoli cuscini di fiori per i due caduti, i cui funerali si sarebbero svolti il 2 di agosto.
Ricevuti gli incarichi, partii con il partigiano “Grillo”.
In serata eravamo a Oneglia, ordinammo i cuscini al Casale, quindi andammo a cercare la persona indicataci da “Mancen”, persona che, però, non riuscimmo a rintracciare.
Andai pure a salutare i miei genitori e mia sorella, i quali risiedevano qualche volta nella galleria antiaerea sita in via Santa Lucia.
Stabilito l'appuntamento con “Grillo” presso il Molino dei Giusi all'una dopo mezzanotte, circa alle ore 22 mi recai a ritirare i due cuscini e approfittai dell'occasione per andare a fare visita ad una persona che conoscevo e che abitava nei dintorni. Vi rimasi circa due ore, poi, presi i cuscini, mi recai all'appuntamento prestabilito con “Grillo” nella località sopra menzionata.
Trovai il mio compagno sul luogo e insieme ci incamminammo sul viottolo in salita che porta ai pini del Molle (noto avvocato onegliese). Ma ad un certo momento il “Grillo” si fermò e mi disse: “Sandro, mi pare di aver visto un lumicino, come se qualcuno si fosse acceso una sigaretta”.
Rimanemmo in attesa ed in ascolto. 
Dal Comando avevo saputo che nel luogo erano stati dislocati dei soldati della divisione fascista San Marco, ma che poi erano andati via.
Per questo motivo risposi a “Grillo”: Ti sarai sbagliato. Riprendemmo la marcia e proseguimmo per la salita.
Io andai avanti una ventina di metri, quando “Grillo” si fermò per soddisfare un bisognino.
In quel momento scorsi alla mia destra, presso una casetta diroccata, accucciata su un muro a secco, una persona (avevo raggiunto quasi i pini del Molle). In un attimo misi mano alla pistola e diedi il chi va là, ma non ebbi alcuna risposta; stavo per far fuoco, ma mi trattenni, pensando che in quel periodo le campagne vicine alla città erano gremite di sfollati a causa dei bombardamenti. Chiesi con più decisione allo sconosciuto la sua identità, minacciando di far fuoco se non si fosse dichiarato. L'uomo alzò la testa e io, contro il cielo, vidi il berretto, con la lunga visiera, della divisa estiva tedesca. Non mi diede il tempo di sparare perché, sempre da accucciato esclamò: "Ende ho! (Arrenditi!)" e nel frattempo esplose un colpo di tapum. Con un balzo mi buttai giù per una scarpata che era alla mia sinistra, iniziando, con tutta la mia agilità, una corsa folle. Neanche a farlo apposta, andai a finire in mezzo ad un gruppo di soldati tedeschi che si erano sdraiati nell'erba per non essere veduti. Ci avevano sentito salire e si erano nascosti, con la speranza di sorprenderci e catturarci.
Io proseguii la corsa come un fulmine tanto che i tedeschi rimasero sconcertati prima di muoversi.
Per non colpire i loro compagni, non mi spararono finchè non li superai (rivedo ancora la fiamma di un'esplosione alla destra del mio viso a meno di due metri di distanza... forse era l'ultimo tedesco che superavo).
Da quel momento iniziò un fuoco intenso; raffiche e fucilate mi seguivano mentre continuavo la folle corsa.
Era notte fonda per cui i tedeschi sparavano a casaccio e per questo motivo non mi colpirono.
Correndo, cadevo, mi rialzavo, ricadevo, le mie braccia e le mie gambe si scorticavano, tutto il mio corpo era sanguinante (dopo 50 anni porto ancora le cicatrici riportate in quella notte).
In fondo alla scarpata urtai con violenza contro il filo spinato di un recinto procurandomi altre ferite. Intanto i tedeschi venivano verso di me, muovendosi però lentamente perché guardavano dove mettere i piedi, ma sparavano ed io non potevo oltrepassare il recinto. Per salvarmi non mi rimase altro da fare che divellere, con la forza della disperazione, un paletto di sostegno.
È in quel momento che scoppiò vicina una prima bomba a mano. Non potei più attendere, mi buttai sopra il recinto quasi demolito e saltai nella fascia sottostante.
Fu la mia salvezza, perchè incominciarono a scoppiare dove ero prima altre bombe a mano (una scheggia di queste mi ferì sopra l'occhio sinistro).
Rimasi un poco intontito, poi sentendo i tedeschi vicini, ripresi la corsa, distanziandoli. Loro, che di munizioni ne avevano tante, continuavano a sparare alla cieca.
Giunto sul ponte di Costa d'Oneglia [Imperia], un'altra pattuglia tedesca che mi aveva scorto si mise a gridare annunciando ad altri camerati la presenza di un bandito: "Achtung eine partisan" ed un'altra parola incomprensibile, ma che tradussi con “Viene dalla vostra parte”.
Stavo andando nella direzione della pattuglia nemica.
Sentii l'avvicinarsi dei tedeschi, ma la zona era brulla e constatai che l'unica salvezza era quella di infilarmi in un grosso groviglio di rovi che mi trovavo davanti.
Così feci e mi salvai perchè i tedeschi non mi catturarono. 
All'alba cercai di orizzontarmi. mi trovavo in località Panegai [Imperia].
Scorsi una casetta, ma, sapendo che in zona (sempre vicino a Costa d'Oneglia) era piazzata una batteria tedesca di cannoni antisbarco, mi avvicinai guardingo all'edificio, sperando che non ci fossero sentinelle.
Non vedendone, mi avvicinai all'uscio, ascoltai e sentii una persona che russava. All'estremo delle forze, azzardai a chiedere aiuto a chi dormiva, mentre il chiarore dell'alba mi portava anche il vociare dei tedeschi che, ad intervalli, sparavano delle fucilate. Bussai alla porta e, con il cuore in gola, attesi una risposta, sperando che non fosse in lingua tedesca. Mi pareva che la risposta non arrivasse mai, pronto a scappare nuovamente se non fosse stata nella mia lingua. Quando dall'interno una voce, nella mia lingua, mi chiese chi io fossi, mi sdraiai sulla porta perché mi mancarono le forze. Sperai ancora in aiuto per cui con un filo di voce risposi: "A sun mi!". E l'altro: "Chi?" Allora mi dichiarai: "Sono Sandro Badellino".
L'uomo era il padre del partigiano Gustavo Berio (Boris) [ndr: in seguito vice commissario della Divisione d'Assalto Garibaldi "Silvio Bonfante"] che mi conosceva.
Chiesi aiuto perchè avevo molte ferite che mi ero procurato nel filo spinato e nel rovo.
Dissi all'uomo di non accendere la luce poiché i tedeschi, che mi cercavano, indubbiamente l'avrebbero scorta.
Mentre l'uomo mi apriva la porta per portarmi in una cucinetta, che credo non avesse finestre, mi disse: "Stai tranquillo, è un'ora che li sento sparare".
Accese una candela e, quando mi vide tutto sanguinante dalla testa ai piedi, si portò le mani sugli occhi chiamando la figlia Rosabianca.
Quando la figlia vide il mio stato, quasi svenne.
Mi fecero sedere, mi pulirono come poterono, e, non avendo altro, mi disinfettarono una grossa ferita sulla fronte e le altre che avevo per il corpo con alcool puro.
Provai un tale dolore che, se i tedeschi non fossero stati nelle vicinanze, il mio urlo si sarebbe sentito anche in grande lontananza.
Dato che il giorno incombeva, mi trascinarono come poterono sino ad una specie di casella rotonda, ad una cinquantina di metri dalla loro casetta.
Il buon vecchio mi disse di stare calmo in attesa di decidere sul da farsi.
A mezzogiorno la situazione era ancora molto critica. Ad una cinquantina di metri a monte del mio rifugio (mi pare presso il passo dei pali) i tedeschi avevano ucciso il partigiano Angelo Semeria, fratello del partigiano Bruno (Battaglia).
I miei conoscenti mi dissero che, anche se febbricitante, mi dovevano portare via. Mi presero quasi di peso (padre, figlia e Gustavo che nel frattempo era giunto) e mi trascinarono entro un piccolo ruscelletto incastrato in mezzo a due fasce. Con me rimase lo stesso Gustavo. Padre e figlia ci coprirono con dello sterpame, allontandosi quindi verso la loro casetta. Nel frattempo sentivo che i tedeschi cercavano il partigiano [...]
Verso l'imbrunire giunse il dottor Marvaldi [...] era il nostro medico di famiglia [...] Nella notte quattro patrioti della SAP mi portarono ad Oliveto [Imperia], nella casa della cara Manolla, suocera della famiglia Canale, che aveva una cameretta libera. Il dottor Marvaldi venne ancora qualche volta per medicarmi e venne anche mia madre che era stata avvertita di quanto mi era successo. Per non destare sospetti cambiava sempre itinerario quando veniva a trovarmi [...] Coloro che mi avevano inseguito avevano recuperato i due cuscini di fiori; li avevano messi su della terra smossa e alla gente che passava dicevano che ivi erano seppelliti due partigiani da loro fucilati. La notizia non resse perché fu smentita dai patrioti della SAP. Però la gente sapeva che qualche fatto era accaduto [...]
Fatto sta che le persone che mi videro in casa dei Canale (finita la guerra seppi i loro nomi) mi denunciarono ai fascisti, sicché alle 7 del mattino del 3 settembre [1944] oltre una ventina di soldati della divisione fascista San Marco vennero dai Canale per arrestarmi [...] Non mi trovarono. Coloro che mi avevano denunciato non sapevano che a notte fonda mi ero trasferito nella stanzetta in casa della Manolla.
Sandro Badellino, Mia memoria partigiana. Esperienze di vita e vicende di lotta per la libertà di un garibaldino imperiese (1944-1945), edizioni Amadeo, Imperia, 1998

Sandro Sandro Badellino. Entrò a far parte della Resistenza il 10 Maggio 1944, nella squadra comandata da Angelo Setti "Mirko", che operava nella zona del Monte Acquarone, tra la Valle Impero e la Val Caramagna. Quasi subito partecipò ad una prima fortunata azione alla Caserma "Siffredi" di Oneglia, che comportò un buon bottino di armi. In seguito passò nella formazione "Volante" di Silvio Bonfante "Cion" che agiva nella Val Steria (Testico, Rossi, Stellanello), e nella "Volantina" del Comandante "Mancen" Massimo Gismondi. Ai primi di agosto 1944, durante uno scontro, Badellino subì varie ferite che lo costrinsero convalescente per un mese dopo essere sfuggito alla cattura. Costretto nuovamente alla fuga dal suo rifugio in seguito ad una spiata, raggiunse il Bosco di Rezzo nella circostanza del famoso rastrellamento che si concluderà con la Battaglia di Monte Grande. Sebbene ferito, vi partecipò affiancando la squadra di mortaisti che, colpendo le postazioni tedesche da San Bernardo di Conio [Borgomaro (IM)], ebbe un ruolo determinante nella riuscita dell’operazione. In seguito ricoprì l'incarico di intendente presso il Distaccamento "Comando" di "Mancen". Il 25 Aprile 1945 scese ad Andora (SV) in qualità di Commissario di Brigata.
Vittorio Detassis