Un piccolo gruppo di partigiani si era formato anche presso Civezza, dove rimase nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 1943.
Ne facevano parte: Leone Carlo (dell'Azione Cattolica imperiese), Brusso Domenico, i di lui zii Gaddini Pietro e Michele, Aicardi Giuseppe fu Filippo, i fratelli Sebastiani Fausto e Livio, e qualche altro giovane.
Il gruppo si sciolse poco prima del Natale '43; ma alcuni componenti di esso ritornarono in montagna: ad esempio, Brusso Domenico, che entrò nella banda «Fenice», Aicardi Giuseppe e i fratelli Sebastiani, dei quali Fausto morirà in montagna.
Di Brusso Domenico verrà arrestata la madre, Gaddini Teresa, nell'autunno del '44, insieme con altre persone, tutte prese come ostaggi. La madre di Brusso Domenico sarà condotta dapprima in Viale Roosevelt, nella Villa Salvo, sede di un comando germanico in Porto Maurizio; poi nel carcere di Marassi, di Genova; quindi in quello di San Vittore, a Milano; e infine sarà deportata nei campi di concentramento in Germania, da dove tornerà solo a guerra finita. Arresto e deportazione furono dovuti al fatto che il figlio non era sotto le armi.
Per qualche tempo nel gruppo presso Civezza vi era anche stato Terragno Antonio (Primula rossa), già ricordato a proposito del gruppo di Boscomare.
Esistevano pure, come si è detto, molti altri gruppi. Uno, ad esempio, si era formato nei pressi di Castelvittorio, intorno al prof. Francesco Ravera, ex ufficiale di complemento del disciolto esercito, direttamente collegato con lo scrivente. Anche di questo gruppo, poi scioltosi, rimasero in montagna alcuni componenti, fra i quali il giovane Giacomo Castello, che più tardi verrà arrestato dai nazifascisti, e tenuto a lungo in carcere, dopo che anche il di lui padre, Riccardo, era stato arrestato, e incarcerato prima ad Imperia e poi a Savona, sia per avere ospitato il prof. Ravera, sia perché il figlio era latitante.
Un piccolo gruppo era anche presso Cipressa; ne faceva parte, fra gli altri, Garibaldi Giuseppe (chiamato poi «Fra Diavolo»), reduce dalla Russia, e oriundo appunto di quel villaggio. Il Garibaldi, non collegato con alcuna organizzazione antifascista, dopo varie azioni compiute con qualche amico (sparatorie contro macchine tedesche in transito sull'Aurelia), si avviò verso le Langhe, insieme con Michele Bonardi, caduto in combattimento nell'inverno 1944-45, ed entrò fra i badogliani. Ritornato a Cipressa verso la fine di dicembre '43 per la malattia del padre, che morrà poco dopo, a un certo momento ripartirà per il Piemonte; ma, incontrato Curto [Nino Siccardi] in Rezzo, si aggregherà alle di lui formazioni, e per suo ordine entrerà nei Vigili del Fuoco, con l'incarico di collaborare con i partigiani; nel maggio del '44, però, ritornerà in montagna, sarà con Ivan, con Macallé, con Peletta, avrà una squadra sotto il suo comando, e più tardi, dopo il rastrellamento di Upega dell'ottobre '44, diventerà Comandante di Brigata.
Ma, torniamo a dire, oltre ai gruppi sopra ricordati ve ne furono molti altri, più o meno ben definiti, anch'essi sorti subito dopo l'8 settembre '43. Fin da principio si cerca di creare fra i giovani alla macchia e fra le bande un persistente e costante collegamento o un legame unitario.
Verso la fine del settembre '43 (27 settembre) si forma una nuova banda nei pressi di Lucinasco, quella di Giacomo Sibilla (Ivan), composta di uomini del luogo e di ex militari (in tutto, quattordici persone). La banda si stabilisce in una località situata fra il Monte Acquarone e la «Maddalena», detta zona «Cuccagna».
In quello stesso periodo, anzi nello stesso giorno (27 settembre '43, intorno alle 9 del mattino), vi è al Pizzo d'Evigno un incontro di varie persone, durante il quale si trattano argomenti inerenti alla resistenza. Sono presenti, fra gli altri: Ivanoe Amoretti, Enrico Gaiti, Silvio Bonfante (il quale, però, non si era ancora stabilito definitivamente in montagna), Silvano Alterisio, Eolo Castagno, Ivar Oddone; della DC vi è Carlo Carli, insieme con gli amici Alassio Ugo e Rossi Francesco (6).
L'8 settembre '43 Alassio Ugo, ufficiale di complemento, si trovava a casa da un giorno, in Oneglia, in licenza di convalescenza. Dopo l'armistizio si mise subito in contatto con amici dell'azione Cattolica e della DC onegliesi, e incominciò a collaborare con essi per la lotta di liberazione. Aveva rapporti con Don Boeri, con Carlo Carli e con altri.
Intorno al 25 settembre '43, dopo le prime intimazioni del neofascismo ai militari del disciolto esercito, si rifugiò in Torria (Valle Impero) [n.d.r.: frazione del comune di Chiusanico (IM)], insieme con gli amici tenente R. M. Borreo Giovanni e Rossi Francesco. Due giorni dopo, insieme col Rossi e col Carli, si incontrerà, vicino a Pizzo d'Evigno, come già detto, con altri esponenti della Resistenza.
Rimase in Torria fino ai primi di marzo del '44; poi, ammalatosi, scese in città; e risalì in Torria dopo circa un mese, nei primi giorni di aprile.
Nei primi giorni della sua permanenza in montagna, ebbe contatti con i partigiani sistemati nella località «Inimonti» o «Monti» di Pontedassio. D'accordo con Carlo Carli e con altri esponenti della DC, formò in Torria una banda locale che, come quella del «Grillo», fu chiamata «Libertas».
Anch'egli per la sua banda ha come distintivi degli scudetti di stoffa con la scritta «Libertas», che gli vengono consegnati in casa di Carlo Carli, e che erano stati preparati parte nella casa dello stesso Carli e parte in casa dell'avv. Ambrogio Viale.
La banda aveva sede in Torria, ed operava anche nei territori di Chiusanico e Gazzelli, poco distanti. Teneva pure contatti con la banda del «Grillo» e con bande locali dei paesi vicini.
Da un certo momento in poi, specialmente dal maggio '44, la banda «Libertas» di Torria compierà azioni varie, generalmente in collaborazione con altri gruppi. Ad esempio: darà la sua opera per la distruzione di tratti stradali e di ponti (strada presso Cesio, ponte di Garsi, ponte di Gazzelli): prenderà parte ad un attacco a fucilate avvenuto alla «Crocetta» (cima a levante di Torria) contro i tedeschi che stanno effettuando un rastrellamento, e contribuirà in tal modo a fare sì che le altre bande possano meglio predisporre i loro movimenti (battaglia del Pizzo d'Evigno del 19 giugno 1944, in cui cadde Silvano Belgrano); darà il suo aiuto ai partigiani transitanti per Torria dopo la liberazione dei detenuti politici dal carcere di Oneglia (19 luglio '44). Alassio Ugo avrà inoltre contatti con i comandanti Arrigo Giovanni (o «Romolo») e Osvaldo Contestabile.
Tuttavia, verso la fine dell'estate '44, o all'inizio dell'autunno, la banda si scioglierà. Alassio Ugo, arrestato in casa a Torria dalla Compagnia O.P. del capitano Ferrari di stanza in Chiusavecchia, verrà poi rilasciato, dopo inutile interrogatorio; ritornato in Imperia entrerà nelle Formazioni di città (Divisione SAP «G. M. Serrati»), in relazione con Amilcare Ciccione e sempre aggregato alla DC; e in tali formazioni svolgerà la sua opera fino alla Liberazione. Il tenente Borreo, a sua volta, riparerà in Corsica, con una piccola barca.
[NOTA]
(6) Notizie fornite dal rag. Alassio Ugo e dal dott. Silvano Alterisio.
Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, pp. 131-132
Ne facevano parte: Leone Carlo (dell'Azione Cattolica imperiese), Brusso Domenico, i di lui zii Gaddini Pietro e Michele, Aicardi Giuseppe fu Filippo, i fratelli Sebastiani Fausto e Livio, e qualche altro giovane.
Il gruppo si sciolse poco prima del Natale '43; ma alcuni componenti di esso ritornarono in montagna: ad esempio, Brusso Domenico, che entrò nella banda «Fenice», Aicardi Giuseppe e i fratelli Sebastiani, dei quali Fausto morirà in montagna.
Di Brusso Domenico verrà arrestata la madre, Gaddini Teresa, nell'autunno del '44, insieme con altre persone, tutte prese come ostaggi. La madre di Brusso Domenico sarà condotta dapprima in Viale Roosevelt, nella Villa Salvo, sede di un comando germanico in Porto Maurizio; poi nel carcere di Marassi, di Genova; quindi in quello di San Vittore, a Milano; e infine sarà deportata nei campi di concentramento in Germania, da dove tornerà solo a guerra finita. Arresto e deportazione furono dovuti al fatto che il figlio non era sotto le armi.
Per qualche tempo nel gruppo presso Civezza vi era anche stato Terragno Antonio (Primula rossa), già ricordato a proposito del gruppo di Boscomare.
Esistevano pure, come si è detto, molti altri gruppi. Uno, ad esempio, si era formato nei pressi di Castelvittorio, intorno al prof. Francesco Ravera, ex ufficiale di complemento del disciolto esercito, direttamente collegato con lo scrivente. Anche di questo gruppo, poi scioltosi, rimasero in montagna alcuni componenti, fra i quali il giovane Giacomo Castello, che più tardi verrà arrestato dai nazifascisti, e tenuto a lungo in carcere, dopo che anche il di lui padre, Riccardo, era stato arrestato, e incarcerato prima ad Imperia e poi a Savona, sia per avere ospitato il prof. Ravera, sia perché il figlio era latitante.
Un piccolo gruppo era anche presso Cipressa; ne faceva parte, fra gli altri, Garibaldi Giuseppe (chiamato poi «Fra Diavolo»), reduce dalla Russia, e oriundo appunto di quel villaggio. Il Garibaldi, non collegato con alcuna organizzazione antifascista, dopo varie azioni compiute con qualche amico (sparatorie contro macchine tedesche in transito sull'Aurelia), si avviò verso le Langhe, insieme con Michele Bonardi, caduto in combattimento nell'inverno 1944-45, ed entrò fra i badogliani. Ritornato a Cipressa verso la fine di dicembre '43 per la malattia del padre, che morrà poco dopo, a un certo momento ripartirà per il Piemonte; ma, incontrato Curto [Nino Siccardi] in Rezzo, si aggregherà alle di lui formazioni, e per suo ordine entrerà nei Vigili del Fuoco, con l'incarico di collaborare con i partigiani; nel maggio del '44, però, ritornerà in montagna, sarà con Ivan, con Macallé, con Peletta, avrà una squadra sotto il suo comando, e più tardi, dopo il rastrellamento di Upega dell'ottobre '44, diventerà Comandante di Brigata.
Ma, torniamo a dire, oltre ai gruppi sopra ricordati ve ne furono molti altri, più o meno ben definiti, anch'essi sorti subito dopo l'8 settembre '43. Fin da principio si cerca di creare fra i giovani alla macchia e fra le bande un persistente e costante collegamento o un legame unitario.
Verso la fine del settembre '43 (27 settembre) si forma una nuova banda nei pressi di Lucinasco, quella di Giacomo Sibilla (Ivan), composta di uomini del luogo e di ex militari (in tutto, quattordici persone). La banda si stabilisce in una località situata fra il Monte Acquarone e la «Maddalena», detta zona «Cuccagna».
In quello stesso periodo, anzi nello stesso giorno (27 settembre '43, intorno alle 9 del mattino), vi è al Pizzo d'Evigno un incontro di varie persone, durante il quale si trattano argomenti inerenti alla resistenza. Sono presenti, fra gli altri: Ivanoe Amoretti, Enrico Gaiti, Silvio Bonfante (il quale, però, non si era ancora stabilito definitivamente in montagna), Silvano Alterisio, Eolo Castagno, Ivar Oddone; della DC vi è Carlo Carli, insieme con gli amici Alassio Ugo e Rossi Francesco (6).
L'8 settembre '43 Alassio Ugo, ufficiale di complemento, si trovava a casa da un giorno, in Oneglia, in licenza di convalescenza. Dopo l'armistizio si mise subito in contatto con amici dell'azione Cattolica e della DC onegliesi, e incominciò a collaborare con essi per la lotta di liberazione. Aveva rapporti con Don Boeri, con Carlo Carli e con altri.
Intorno al 25 settembre '43, dopo le prime intimazioni del neofascismo ai militari del disciolto esercito, si rifugiò in Torria (Valle Impero) [n.d.r.: frazione del comune di Chiusanico (IM)], insieme con gli amici tenente R. M. Borreo Giovanni e Rossi Francesco. Due giorni dopo, insieme col Rossi e col Carli, si incontrerà, vicino a Pizzo d'Evigno, come già detto, con altri esponenti della Resistenza.
Rimase in Torria fino ai primi di marzo del '44; poi, ammalatosi, scese in città; e risalì in Torria dopo circa un mese, nei primi giorni di aprile.
Nei primi giorni della sua permanenza in montagna, ebbe contatti con i partigiani sistemati nella località «Inimonti» o «Monti» di Pontedassio. D'accordo con Carlo Carli e con altri esponenti della DC, formò in Torria una banda locale che, come quella del «Grillo», fu chiamata «Libertas».
Anch'egli per la sua banda ha come distintivi degli scudetti di stoffa con la scritta «Libertas», che gli vengono consegnati in casa di Carlo Carli, e che erano stati preparati parte nella casa dello stesso Carli e parte in casa dell'avv. Ambrogio Viale.
La banda aveva sede in Torria, ed operava anche nei territori di Chiusanico e Gazzelli, poco distanti. Teneva pure contatti con la banda del «Grillo» e con bande locali dei paesi vicini.
Da un certo momento in poi, specialmente dal maggio '44, la banda «Libertas» di Torria compierà azioni varie, generalmente in collaborazione con altri gruppi. Ad esempio: darà la sua opera per la distruzione di tratti stradali e di ponti (strada presso Cesio, ponte di Garsi, ponte di Gazzelli): prenderà parte ad un attacco a fucilate avvenuto alla «Crocetta» (cima a levante di Torria) contro i tedeschi che stanno effettuando un rastrellamento, e contribuirà in tal modo a fare sì che le altre bande possano meglio predisporre i loro movimenti (battaglia del Pizzo d'Evigno del 19 giugno 1944, in cui cadde Silvano Belgrano); darà il suo aiuto ai partigiani transitanti per Torria dopo la liberazione dei detenuti politici dal carcere di Oneglia (19 luglio '44). Alassio Ugo avrà inoltre contatti con i comandanti Arrigo Giovanni (o «Romolo») e Osvaldo Contestabile.
Tuttavia, verso la fine dell'estate '44, o all'inizio dell'autunno, la banda si scioglierà. Alassio Ugo, arrestato in casa a Torria dalla Compagnia O.P. del capitano Ferrari di stanza in Chiusavecchia, verrà poi rilasciato, dopo inutile interrogatorio; ritornato in Imperia entrerà nelle Formazioni di città (Divisione SAP «G. M. Serrati»), in relazione con Amilcare Ciccione e sempre aggregato alla DC; e in tali formazioni svolgerà la sua opera fino alla Liberazione. Il tenente Borreo, a sua volta, riparerà in Corsica, con una piccola barca.
[NOTA]
(6) Notizie fornite dal rag. Alassio Ugo e dal dott. Silvano Alterisio.
Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, pp. 131-132
