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martedì 17 settembre 2024

Due capi banda si suicidarono per non cadere nelle nostre mani

Villatalla, frazione di Prelà (IM). Fonte: ErmaAnna/Flickr

Il 25 gennaio, il partigiano Ferrero (Tom o Staffetta Gambadilegno), del X° Distaccamento "Walter Berio", catturato dal nemico il giorno 17 (come abbiamo già ricordato) e rimasto ferito, viene medicato, sottoposto a  duri interrogatori, tradisce i compagni poiché conduce i fascisti nella tana che nascondeva il Distaccamento e che lui stesso aveva aiutato a costruire. Così cadono in mano al nemico ben undici garibaldini, tra cui il comandante Vittorio Aliprandi (Dimitri) e il commissario Nello Bruno (Merlo), i quali preferiscono togliersi la vita piuttosto di arrendersi. Sette di loro saranno fucilati ad Oneglia e due a Torretta di Vasia.
[...] Ma vediamo nei dettagli il triste episodio dalla relazione del vice commissario della IV° Brigata Gino Gerini.
“La Brigata è in stato di sfacello, in un solo mese ha avuto quasi un centinaio di caduti, più di un terzo dei suoi effettivi, già ridotti dalle gravi perdite precedenti e da alcuni defezioni. Tutto intorno ai superstiti, il nemico aveva posto un cordone di sicurezza; li aveva tagliati in tronconi, senza possibilità di ricongiungersi o mantenere i collegamenti. Si era infiltrato dappertutto presidiando i centri vitali. Fu il momento più terribile della lotta. I partigiani prevedevano l'annientamento definitivo poiché non avevano quasi più munizioni, nè viveri, nè indumenti. Non erano più una formazione, ma una massa di poveri esseri laceri e sfiniti in cui soltanto lo spirito continuava a vivere indomabile. Si erano divisi in gruppi per sfuggire alla continua sorveglianza nemica. Gruppi di cinque o sei uomini, dieci o dodici al massimo, che si aggiravano senza meta fra i boschi, rupi e burroni, come fantasmi. Il X Distaccamento “Walter Berio” era stato decimato come tutti gli altri. Un piccolo gruppo del Distaccamento stesso, undici uomini in tutto, con a capo “Dimitri” e “Merlo” (quest'ultimo uno dei più vecchi garibaldini), si era portato in una località tra Pantasina e Villatalla [frazione del comune di Prelà (IM)], in un fondovalle presso un ruscello incassato tra pendii scoscesi, rivestiti di boschi, dove era stata adattata una caverna a rifugio. Il luogo sembrava sicuro, un muro a secco era stato eretto all'entrata della tana, ove la vita trascorreva orribile per il fango e l'umidità. Ma gli uomini resistevano nella speranza di poter ricongiungersi ai compagni e riprendere la lotta interrotta. Il famigerato capitano Giovanni Ferraris, con i suoi uomini della compagnia “Senza Patria”, rastrellatori di Imperia, battevano la campagna. Era un feroce masnadiero ed i suoi sgherri formavano la più spietata banda di aguzzini. Derubavano i contadini, terrorizzavano, seviziavano ed uccidevano con un sadismo inumano.Naturalmente le spie e i traditori non mancavano. Erano in ogni luogo: gente che si vendeva per denaro sempre, tavolta per odio. Il giorno 25 gennaio 1945, Ferraris va su a Villatalla con le squadre. Le notizie che egli ha sono sicure, perché circonda il vallone dove stavano i partigiani ed incomincia a batterlo. Il Distaccamento si rifugia nella caverna: pensare di resistere è impossibile, non vi sono armi automatiche, i fucili sono scarichi, le sole rivoltelle, alcune delle quali inservibili, hanno qualche pallottola. I giovani si uniscono e attendono nella speranza di non venire scoperti. Sentono i passi dei fascisti che vanno avanti e indietro e ne seguono con ansia tutti i movimenti. Poi odono il rumore delle pietre smosse e vedono filtrare nella tana la luce del giorno: è la fine! Impugnano le armi e tirano, dal di fuori si risponde con il lancio di bombe a mano che feriscono quasi tutti i partigiani. Le munizioni sono esaurite. “Dimitri” e “Merlo” sono per una sortita in massa, ma gli altri non si reggono in piedi, alcuni non possono più muoversi. Il nemico, che fuori schiamazza e insulta, ma non osa entrare, esulta perché sa di aver vinto. I due capi compiono il gesto eroico: salutano i compagni uno ad uno, poi, addossatisi alla parete della caverna, si sopprimono con i due ultimi colpi rimastigli. Il nemico sente i colpi. Intuisce quello che sta avvenendo. Dopo aver esitato ancora e quindi scaricate le armi all'interno della caverna senza avere ottenuto risposta, irrompe fulmineamente nel rifugio. Vi trova due partigiani morti e altri nove feriti. Ma né  l'eroismo né la maestà della morte valgono a mitigare la loro ferocia. I garibaldini, vivi o morti, sono spogliati, insultati e percossi. I superstiti vengono legati e, tra gli scherni della soldataglia, avviati verso il paese. Due giorni dopo un gruppo di partigiani, informati dell'accaduto, si recano a recuperare le salme dei due compagni caduti. “Dimitri” e “Merlo” giacevano ove si erano uccisi, quasi nudi e senza scarpe. Sul corpo di “Dimitri” c'era un pezzo di carta con scritte poche e turpi parole che dicevano: “Questa è la sorte che toccherà a tutti i banditi”. E più sotto il nome di un partigiano con la postilla: “Anche tu farai la stessa fine”. Le salme furono poste sopra due barelle fabbricate con rami intrecciati e portati nel cimitero di Villatalla dove vennero seppellite. Gli accompagnatori andavano su per un sentiero alpestre, muti e commossi. A metà strada un vecchio andò loro incontro, fu riconosciuto, era il padre di “Dimitri”. Si fermò,i suoi occhi erano fissi, sbarrati, sulle rozze portantine. Intuì che suo figlio era lì, esanime. Senza un grido, senza una lacrima, come se il dolore lo avesse impietrito, con un balzo si gettò sul corpo del figlio e lo abbracciò. Poi cadde svenuto. I nove prigionieri furono trasportati ad Imperia, torturati e in seguito fucilati...".
Tra questi ricordiamo: Carletti Doriano (Misar), Giuseppe De Lauro (Venezia), Luigi Guareschi (Camillo), Vincenzo Faralli (Camogli), il russo Nicolay Gabrielovic Poronof (Tenente Nicolay). Di essi daremo altri ragguagli in seguito.
Il 27 il tempo si guasta, piovaschi e nebbia. Si sente una sparatoria, il nemnico rastrella Pietrabruna e dintorni. Partigiani del primo Battaglione, che si trovano nella zona, si portano in cresta dove preparano una postazione per la mitragliatrice che hanno in dotazione.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV: Dal Primo Gennaio 1945 alla Liberazione, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005, pp. 89-92

Annibale Agostini, nato a Genova il 13 maggio 1911, agente in servizio presso la Squadra Antiribelli della Questura di Imperia
Interrogatorio del 10.10.1945:
"[...] Ammetto di aver preso parte al rastrellamento avvenuto a gennaio u.s. in Villatalla ove furono catturati 9 partigiani e due capi banda si suicidarono per non cadere nelle nostre mani. Tale rastrellamento venne effettuato su indicazioni fornite da un partigiano a nome Ferrero, il quale ci accompagnò sul posto. I 9 partigiani catturati nella predetta azione erano 7 italiani e due russi. Gli italiani furono consegnati alla Questura e nei verbali vennero indicati come prigionieri dei partigiani da noi liberati, in quanto appartenenti all’esercito repubblicano. Seppi in seguito che cinque dei fermati vennero uccisi dai tedeschi per rappresaglia come da manifesti affissi sui muri della città [Imperia]. Non sapevo che anche i due russi vennero fucilati dai tedeschi. Dall’esame degli atti della questura sarà possibile accertare che cercai di salvare i predetti facendoli figurare come elementi prelevati e tenuti prigionieri dai partigiani.
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia,  StreetLib, Milano, 2019

... un reparto della Brigata Nera con elementi della polizia dipendenti dalla Questura eseguiva azione di rastrellamento in territorio di Vasia, Pantasina, Arborei, riuscendo a catturare nove partigiani, fra cui due di nazionalità russa. Un capo banda ed un commissario politico per evitare l'arresto si suicidavano, sparandosi un colpo di pistola alla tempia.
Sergiacomi, Questore di Imperia, Al capo della Polizia - Sede di campagna (visto di arrivo del Ministero dell'Interno della RSI in data 7 marzo 1945), Relazione mensile sulla situazione politica, militare ed economica della Provincia di Imperia, 1 febbraio 1945  - XXIII°

giovedì 2 novembre 2023

Non è facile agganciarsi dopo che la statale n. 28 è diventata ormai invalicabile per la presenza continua di truppe tedesche in movimento

Prelà (IM). Fonte: Wikipedia

Terminate le ispezioni ai distaccamenti della I brigata, il 18 [novembre 1944] «Curto» [n.d.r.: Nino Siccardi, sino a quei giorni comandante della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione", dal 23 novembre comandante della I^ Zona Operativa Liguria] si trasferisce in val Prino per rendersi conto della situazione militare e politica della IV brigata «E. Guarrini» e concertarsi con il vicecomandante divisionale «Giorgio» [Giorgio Olivero] e con il responsabile S.I.M. «Boris» [Gustavo Berio] sugli ultimi avvenimenti.
Appresa la notizia della presenza in zona dell'ispettore «Simon» [Carlo Farini], considerato disperso fino a quel momento, decide un immediato abboccamento per concordare direttive e disposizioni.
Si prepara, così, la famosa riunione di Prelà del 23 novembre in cui tra l'altro verrà deciso di stendere le circolari n. 22 e n. 23 (24), di costituire il Comando della I^ Zona Liguria (comprensiva del territorio da Loano a Ventimiglia) e di creare la divisione d'assalto Garibaldi "Silvio Bonfante", tappe fondamentali della Resistenza imperiese che illustreremo in seguito.
«Curto» e il vice comandante «Giorgio» esaminano concretamente lo schieramento che dovrà assumere la IV brigata dopo il rientro delle altre due.
Non è facile agganciarsi dopo che la statale n. 28 è diventata ormai invalicabile per la presenza continua di truppe tedesche in movimento.
Questo problema, insoluto per il momento, sarà risolto con il distacco della I brigata dalla divisione «F. Cascione» per elevarla a divisione (la «S. Bonfante»), con zona di operazione a est della valle Impero. Per lo schieramento della IV brigata è tenuta in maggiore considerazione la possibilità del suo agganciamento con la V e la I. Di conseguenza, il 1° battaglione viene scaglionato nella val Prino col 1° distaccamento dislocato nella zona di Fontana Fredda per il controllo del passo della Pistona, il 2° nella zona del Grillo per il controllo del passo della Verna, il 3° nella zona superiore di Villa Talla per il controllo del passo omonimo.
I distaccamenti del 2° battaglione attuano uno schieramento del tutto diverso: il 4° è utilizzato per il controllo dei passi del Maro e di colla d'Oggia, il 5° dislocato nella zona di Carpasio sorveglia i passi di Teglia e di colla d'Oggia, il 6° dislocato nel1a zona di Pantasina sorveglia i passi di Corda e di Colletti.
Il 3° battaglione rimane nella valle Argentina, con il 7° distaccamento nella zona di Badalucco a sinistra della valle, l'8° nella stessa zona ma a destra, il 9° distaccamento viene dislocato nei pressi di Pietrabruna (25).
Scelto, come prima sua sede, il paese di Aurigo, in seguito il Comando divisionale si sposta nella zona di Carpasio presso il Comando della IV brigata il cui nuovo schieramento viene comunicato il 27 novembre al Comando della V perché si adegui a sua volta nello schieramento per una vicendevole protezione nella guardia ai passi montani. E' particolarmente curato un agganciamento col distaccamento di Carpasio per prevenire ogni eventuale sorpresa proveniente da Triora. In tal modo si crea una continuità nello schieramento garibaldino che garantisce una certa sicurezza nei collegamenti e costituisce anche un fattore di sicurezza per ogni evenienza.
Il Comando della V, sistemato a Bregalla, troppo fuori mano rispetto alla dislocazione dei distaccamenti ed eccessivamente distante per ricevere tempestivamente le informazioni del servizio S.I.M., su consiglio di «Curto» si sposta nei pressi di Beusi (Taggia), essendo questa località più comoda per il contatto coi distaccamenti e per ricevere rapidamente le informazioni dalla città.
L'ispettore «Simon» pone la sua sede nella canonica di Prelà alla metà di novembre con la magnanima compiacenza di don Prospero Balestra e l'abbandonerà il 5 gennaio 1945 dopo l'incendio della tipografia clandestina del C.L.N. provinciale a Pianavia e dopo l'arresto dell'ex intendente dell'ospedale partigiano di Valcona Bartolomeo Ramoino (Lalen-Renard) avvenuto a Sarola. Il luogo d'occultamento era diventato pericolosissimo perché il prigioniero, se sottoposto a tortura, avrebbe potuto svelarne l'ubicazione a lui nota.
Monta a guardia preventiva dell'Ispettorato di zona il 10° distaccamento «Walter Berio» nella zona di Canneto, per la sorveglianza delle strade che salgono dalla costa e dalla zona di Pantasina, presso Corda e Colletti.
[NOTE]
24 Testimonianza di don Nino Martini, cappellano della divisione [II^ "Felice Cascione"], relativa alla riunione di Prelà alla quale fu presente:"... l'ispettore «Simon», con Eugenio dott. Martini (Serpente) e col cappellano rimase circa due mesi a Prelà; anche qui incontriamo persone generosissime e fra queste la madre e il fratello di «Serpente» don Nino, Moraglia Antonio, Rambaldi Giuseppe, le suore di Vasia e don Prospero Balestra, parroco di Prelà. Appena sistemato, l'ispettore «Simon» prende contatto con il fondo valle e Adolfo Stenca (Rino), la futura vittima della «Donna Velata», «Mario», i C.L.N. d'Imperia e di Genova che subito rispondono. Prende contatto con il Comando della riordinata divisione «F. Cascione», reduce dal Piemonte, e il comandante «Curto» subito risponde; con il comandante della IV brigata Carlo Montagna (Milan), eroe coraggioso e generoso; con Angelo Perrone (Bancarà) l'eroe che porta una fiamma siciliana nelle nostre file, e «Kimi», che subito rispondono. Notte del 23 novembre 1944, prima grande riunione. E suggestiva: arrivano, protetti dalle tenebre, con mosse caute e rapide, «Curto , «Sumi», «Kimi», «Milan», «Giorgio», «Boris» ed altri. Ci rivediamo dopo tante fatiche, dopo tanti dolori, dopo tante perdite, e commossi, in silenzio, ci abbracciamo. Le ombre dei nostri caduti ritornano. In queste adunanze ed in altre simili con i C.L.N., le parole: Italia, lotta, libertà, non si pronunciano senza un tremito nella voce e un sussulto nei cuori. Da queste riunioni nascono le circolari n. 22 e n. 23. Non sono solo documenti chiari e precisi del modo di riordinare la vita cospirativa tra il freddo e le nevi invernali, ma sono anche documenti di vedute alte e umanitarie..."
25 Da relazione del Comando Il divisione "F. Cascione" al Comando della V brigata (Prot. N° 217/P/14 del 27/11/1944).
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio Isrecim, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977, pp. 325-327

Pietrabruna (IM): colline a nord-est del paese

Rientrato
in Liguria prima delle formazioni garibaldine, il comandante «Curto» va ad ispezionare la IV brigata (nelle zone di Villa Talla-Pietrabruna) e quindi prende nuovamente contatto con l'ispettore «Simon» [Carlo Farini] a Prelà, giuntovi in  precedenza ammalato (vedi capitoli XXV e XXVI).
Il Comando Operativo della I Zona Liguria, costituitosi il 19 dicembre 1944 e composto da «Simon», da «Curto» e «Sumi» [Lorenzo Musso, commissario politico] s'insedia in casa di Mario De Carolis in Prelà, dove rimane fino all'uccisione di quest'ultimo durante il rastrellamento del 28 dicembre. Allora i componenti e gli addetti sono obbligati a spostarsi a Pianavia presso la tipografia del C.L.N. provinciale che, da Villa Talla ivi trasferita, era stata montata qualche giorno prima dal tipografo Giovanni Acquarone (Barba), in un sottofondo della casa di Giovanni Calzamiglia (Bacì).
Francesco Biga, Op. cit., p. 526

domenica 11 aprile 2021

Salva l'arme, necessaria alla lotta partigiana

Prelà (IM) - Fonte: Mapio.net

In un casone isolato in località Nicuni località presso Tavole, Frazione del comune di Prelà (IM), trovò rifugio un gruppo di partigiani che nella mattinata del 31 gennaio sarebbe dovuto scendere a Vasia per prelevare tre abitanti, tra cui due donne, sospettate di essere delle spie. Alle prime luci dell’alba il casone viene circondato da tedeschi e dagli uomini della controbanda del tenente Ferraris. La battaglia infuriaria, Dulbecco, Raviola e Ricci venono colpiti a morte dai nemici. Rimasti senza munizioni i partigiani debbono arrendersi, qualcuno riesce a scappare, tra cui il comandante del distaccamento Gino Gerini, che racconterà poi l’episodio. Ascheri, Zanoni e un russo vengono catturati e fucilati sul posto. Nel rastrellamento che segue vengono catturati altri quattro partigiani Ernesto Deri, Adler Brancaleoni, Matteo Cavallero, Biagio Giordano. Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I Caduti della Lotta di Liberazione nella I^ Zona Operativa Liguria, ed. in pr., 2020
 
n.d.r.: tra le pubblicazioni di Giorgio Caudano: (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone, La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016   ]

Dintorni di Vasia (IM) - Fonte: Mapio.net

Il 25 gennaio 1945 rappresenta un’altra tragica pagina nella storia della IV^ Brigata “Elsio Guarrini”, poiché il X° Distaccamento “Walter Berio” venne quasi completamente sgominato. Gli undici uomini del X° Distaccamento «con a capo Dimitri e Merlo, uno dei più vecchi garibaldini, commissario, si era portato in una località tra Pantasina [Frazione di Vasia (IM)] e Villatalla [Frazione di Prelà (IM)], in un fondo valle, presso un ruscello. Il rifugio sembrava sicuro: un muro a secco era stato eretto all’entrata della tana, dove la vita era orribile per il fango e l’umidita”. Una spia (probabilmente la staffetta Toni, guidò da Porto [Maurizio di Imperia] i briganti neri al rifugio. Tolgono le pietre e già sorride loro I’idea di un facile eccidio. Peró due colpi secchi di revolver annunciano che il luogo è ormai una tomba sacra… Merlo si è infatti sparato al cuore e Dimitri alle tempie; per non sottostare all’onta della prigionia… le camicie nere infieriscono sui due cadaveri» (da L’epopea dell’esercito scalzo, di Mario Mascia, ed. A.L.I.S., 1946, ristampa del 1975 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia).
Gli altri nove garibaldini vennero arrestati e di questi solo due si salvarono dalla fucilazione.
[...]  il 31 gennaio rappresentò l’ennesima pagina nera per la IV^ Brigata “Elsio Guarrini” della “Cascione”. Come ricordava Gino Gerini (Gino), il 30 gennaio «giungemmo, al crepuscolo, in regione Nicuni, tra Tavole e Val Prino. Scoprimmo un casone isolato fra i castagni e decidemmo di passarvi la notte». I garibaldini avevano in progetto la cattura di tre pericolose spie di Vasia. Così Gino dispose che «Deri, Livio e Cristo prelevassero le spie. Nello stesso tempo io, Lupo e Battista, l’amministratore della Brigata, partimmo per Tavole per ritirare importanti documenti e rientrammo in base verso mezzanotte, accompagnati da Timoscenko, che aveva effettuato una visita a casa».
Il mattino del 31 gennaio due colonne tedesche circondarono il casone in cui si trovavano i garibaldini. A “Gino” non rimase altro che ordinare la fuga.
[...] Tra i deceduti vi erano “Battista” (Manfredo Raviola), “Timoscenko” / “Timocenko”/ Timochenko (Tommaso Ricci), “Cristo” (Bartolomeo Dulbecco), che morirono nel vallone di Villatalla ed altri tre, “Matteo” (Matteo Zanoni), “Insalata” e “Leone”, che furono prima torturati e poi fucilati.
E nella testimonianza di Mirko (Angelo Setti): «Il 31 gennaio 1945, causa una delazione, a Nicuni [località di Tavole, Frazione di Prelà (IM)] un reparto partigiano fu circondato dai nemici: caddero "Timoscenco" (Tommaso Ricci), "Matteo" (Matteo Zanoni), "Battista" (Manfredo Raviola), "Joseph" (Ivan Poliesciuk di Odessa), "Cristo" (Bartolomeo Dulbecco) e "Livio" (Ernesto Ascheri). Caddero ancora "Deri", "Oscar", "Stella" ed "Insalata"».
Il 31 gennaio, in effetti, due colonne militari congiunte di tedeschi e italiani (approssimativamente 200 militari) risalirono all'alba le colline, scontrandosi con un gruppo di partigiani posizionato in località “Nicuni”, presso Tavole, Frazione di Prelà. Nello scontro morirono sei partigiani: Tommaso Ricci, Manfredo Raviola, Bartolomeo Dulbecco e Ernesto Ascheri (tutti originari di Imperia), Matteo Zanoni (di Brescia), e Ivan Polesciuk (quest'ultimo russo).
Altri quattro partigiani Ernesto Deri, Adler Brancaleoni, Matteo Cavallero, Biagio Giordano furono costretti ad arrendersi essendo rimasti senza munizioni. Andando a raggiungere nella prigionia Carletti Doriano “Mizar” catturato il 25 gennaio, durante un precedente rastrellamento nella vicina frazione di Villatalla. A questi rastrellamenti partecipava anche una donna: Maria Zucco, nota come la donna velata, che collaborava coi fascisti nel riconoscere e indicare partigiani e renitenti alla leva.
"Lupo" e "Veloce (Sebastiano Martini, comandante di Battaglione) il 4 febbraio 1945 segnalarono la grave situazione in cui si trovava la IV^ Brigata, precisando che il I° Battaglione “Carlo Montagna” constava di 65 uomini, il II° di 70 ed il III° di 90.
Nei giorni successivi il comando della Cascione comunicava al Comando Operativo della I^ Zona Liguria che "... il 31 gennaio un nuovo attacco alla IV^ Brigata causava la perdita dei garibaldini 'Battista' [Manfredo Raviola, amministratore], 'Timoscenko', 'Livio' e 'Deri'..."
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945), Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999 
 

La lapide è riferita ad un episodio di rastrellamento e fucilazione. Il 31 gennaio 1945 in località “Nicuni”, presso Tavole (Comune di Prelà, provincia di Imperia), soldati tedeschi e Brigate Nere fasciste catturano E. Deri, A. Brancaleone, M. Cavallero, B. Giordano. I quattro partigiani vengono imprigionati nelle carceri di Oneglia (Imperia) e, pur essendo torturati, non rivelano i nomi dei loro compagni. Sono quindi condannati a morte e vengono fucilati il 15 febbraio 1945.
Il 10 febbraio 1946 il C.L.N. provinciale di Imperia inaugura una lapide in loro memoria.
Redazione, 102173 - Lapide n.° 2 di Via I. Pindemonte - Imperia, Pietre della Memoria

Una vista dal Colle d'Oggia sino ad Albenga (SV) - Fonte: Mapio.net

Ma vediamo cosa scrive il comandante Gino Gerini, un altro dei protagonisti del tragico episodio: "31  Gennaio 1945. Da diversi giorni il nemico non ci dava tregua. Le spie pullulavano, segnalando i nostri movimenti, e noi eravamo costretti a spostarci di continuo. Il mio Distaccamento comprendeva una trentina di uomini. Eravamo esauriti  dalle marce interminabili; il freddo era intenso e noi, già da  parecchio tempo, ci sostenevamo con castagne secche e patate non sempre bollite. Il 31 gennaio giungemmo, al crepuscolo, in località Nicuni, tra Tavole e Val Prino. Scoprimmo un casone isolato tra i castani e decidemmo di passarvi la notte. La stanchezza non ci faceva dimenticare il dovere: avevamo da compiere una missione importante a Vasia e decisi di approfittare della sosta per portarla a compimento. Sapevamo che tra le spie più pericolose della zona vi era una coppia del paese ed una pettinatrice che occorreva assolutamente rendere innocue. Staccai perciò tre garibaldini Deri, Livio e Cristo, quest'ultimo commissario del Distaccamento, che inviai a Vasia con l'ordine di prelevare le spie. Nello stesso tempo io, Gianfranco Giribaldi (Lupo) e Battista, l'amministratore della Brigata, partimmo per Tavole per ritirare importanti documenti e informarci sui movimenti del nemico. Rientrammo in base verso mezzanotte accompagnati da Timoscenko che, di ritorno da una visita a casa, avevamo incontrato lungo il cammino e vi trovammo i nostri uomini con i tre prigionieri che si lamentavano protestando la loro innocenza. Il fuoco era acceso, la marmitta di castagne bolliva. Sedemmo intorno alla  pentola scherzando e ridendo: le ultime notizie erano ottime, tutte le informazioni raccolte a Vasia concordavano nel dichiarare che i Tedeschi erano in procinto di sgomberare dalla zona, ed anche "Timoscenko" ci confermò che il nemico stava per lasciare Dolcedo. La quasi certezza di un poco di tregua ci faceva sperare in un miglioramento della nostra precaria situazione.
[...] Intanto i Tedeschi avevano scoperto il casone e fu subito evidente che essi cercavano proprio noi perché, immediatamente, balzarono sul ciglio della strada e nelle faxe basse in posizione di attacco.
[...] Resistemmo, ma le munizioni si esaurivano presto ed il nemico premeva. Ad un certo momento l'MG 42 si inceppò e tacque. La nostra posizione era oramai disperata. Urlai agli uomini di ritirarsi come potevano ed io stesso, seguito dai miei compagni, strisciai lungo il muretto e balzando di faxia in faxia, mi ritirai, il più velocemente possibile verso il bosco, più in alto. Di quando in quando ci arrestavamo un momento per rafficare il nemico, forte di oltre duecento uomini, che sicuro del numero e della enorme superiorità del suo armamento, irrompeva da tutte le parti urlando e grugnendo come un branco di belve. La partita era perduta. Appena fuori tiro cercai di raggiungere gli uomini, ma molti mancavano e fu soltanto verso sera che potei mettere insieme una metà del Distaccamento. Eravamo tutti laceri, contusi e bestialmente stanchi, e per di più, terribilmente depressi. E la nostra odissea ebbe inizio. Era nostra intenzione raggiungere la Costa di Carpasio attraverso Passo del Maro, ma in quella direzione operava una colonna nemica per cui fummo costretti a convergere su Conio e Ville San Pietro dove speravamo incontrare nostri Distaccamenti. La neve era alta, il freddo acuto perché un vento gelido spazzava a raffiche il cielo basso. Non avevamo quasi più scarpe, gli abiti erano a brandelli e fradici. La fame ci tormentava senza posa ed a stento avanzavamo, miserabile gruppo di straccioni, ubriachi dalla fatica, sorreggendoci l'un l'altro. Camminammo, camminammo come automi. La mia mente si perdeva in immagini irreali. Probabilmente avevo la febbre e questo mi faceva smarrire il senso della realtà e, credo, ciò mi permise di superare quella spaventevole notte. E la stessa cosa, penso, accadde ai miei compagni, perché altrimenti ci saremmo buttati sulla neve a riposare e a morire. Alla fine, fermandoci infinite volte, raggiungemmo Costa di Carpasio dove ritrovammo alcuni dei nostri, giuntivi per altra strada.
Vi restammo tutto quel giorno e la notte appresso, assistiti dagli abitanti del luogo, che ci nutrirono e ci vestirono con magnifico spirito di fratellanza.
Ma i Tedeschi battevano la zona e le spie non ci davano tregua. La mattina dopo partimmo nuovamente, questa volta in direzione di Tavole. All'uscita da Villatalla, mentre attraversavamo il ponte, scorgemmo in distanza una folla di gente. Ci avvicinammo. Sei bare di sei partigiani caduti sfilavano innanzi a noi, precedute da un grande drappo bianco. I nostri compagni ci venivano incontro, morti, portati a braccia dal popolo per il quale erano caduti. Compagni che qualche giorno prima avevano diviso con noi i pericoli, il pane e il sonno. Essi ora riposano nel piccolo cimitero del paese, all'ombra delle nostre montagne che assistettero alla nostra agonia. Sei uomini, dei trenta del mio Distaccamento, morirono sul posto, e tra di essi il temerario Battista, Timoscenco e Cristo, il Partigiano modello. Su di essi si accanì la furia nemica: i loro corpi furono trovati crivellati dai proiettili e sfigurati a colpi di baionetta. Tre altri: Matteo, Insalata e Leone furono catturati, seviziati, trasportati lontano e fucilati. Bellissima, degna veramente di un eroe, fu la morte di Cristo. Colpito da diversi proiettili egli cadde accanto a Timoscenko pure mortalmente ferito. Sente che la fine è prossima e che la vita se ne va col sangue che fluisce dalle piaghe. Chiama a sè un compagno e gli consegna il mitra: 'salva l'arme' gli sussurra, 'essa è necessaria alla lotta'. Poi si trascina presso Timoscenko e muoiono insieme".
Francesco Biga, Op. cit.

31 gennaio 1945 - Dalla Sezione SIM della II^ Divisione "Felice Cascione" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Relazione sul rastrellamento di Tavole - Villatalla - Nicuni, avvenuto il 31 gennaio 1945: tra i partigiani ci furono 6 morti e 3 prigionieri, "Insalata", "Oscar" e "Testa Bianca".
4 febbraio 1945 - [documento scritto su carta intestata al dopolavoro del PNF] Dal comando della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che il comando di Brigata era volante e ridotto a soli 3 uomini, "Gino", "Danko" e "Lupo", in conseguenza di una grave imboscata in cui erano morti 3 partigiani ed erano stati persi molti documenti, che il I° Battaglione era composto da 65 uomini, che il II° Battaglione aveva 70 uomini dislocati parte a Rezzo parte nella Valle Carpesina, che il III° presentava 90 volontari; che il Distaccamento SAP "Folgore" aveva avuto 7 morti, il X° "Walter Berio" 15 caduti, di cui 10 in seguito ad arresto, e che si era quindi deciso di aggregare al I° Battaglione i superstiti; che le forze nemiche a Montalto Ligure ammontavano a 70 soldati e a 3 ufficiali; che una colonna mobile mista di soldati tedeschi e fascisti, forte di 100 uomini, stava svolgendo diverse puntate in Val Prino.
da documenti IsrecIm  in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II

giovedì 19 novembre 2020

Piombano nella zona i Tedeschi che avevano pernottato a Dolcedo

Una vista da Villatalla

Tra il 16 ed il 17 dicembre 1944 è notte di convegno garibaldino. Il Comando della II^ Divisione d'assalto Garibaldi «F. Cascione», radunato nella valle appresso, in un casone ubicato tra gli uliveti a sud di Villa Talla [frazione del comune di Prelà (IM)], deve decidere in modo concreto la costituzione della nuova divisione garibaldina «Silvio Bonfante» ed il Comando della I^ Zona Liguria.
Sono presenti il comandante Nino Siccardi (Curto), il vicecomandante Giorgio Olivero (Giorgio), il commissario divisionale Carlo De Lucis (Mario), il commissario politico di zona Lorenzo Musso (Sumi), l'addetta al Comando Bianca  Novara  (Rossana), l'addetto alla tipografia del C.L.N. provinciale (già dislocata in un pollaio sotto la strada di Villa Talla) Giovanni Acquarone (Barba) e qualche altro capo partigiano.
Disgraziatamente, nell'oscurità della notte, «Mario» cade da un muro di una «fascia» alto quattro metri, si spacca il cranio e va in coma, non risponde ai richiami, è cosa ardua rintracciarlo.
Come se ciò non bastasse, il nemico investe all'alba la vallata di Villa Talla. Alcune spie gli avevano fornito vaghe indicazioni, ma fortunatamente non erano in possesso di dati precisi sulla dislocazione del Comando garibaldino  e  della tipografia.
Piombano nella zona i Tedeschi che avevano pernottato a Dolcedo: una colonna di dodici autocarri, giunta da Molini di Prelà, blocca di sorpresa il paese di Tavole, mentre altre due colonne di Tedeschi appiedati marciano per le mulattiere a monte e a valle dell'agglomerato di case; due furgoni della Croce Rossa seguono le truppe.
Rapidamente piazzano le armi pesanti nelle «fasce» sotto Tavole e mitragliano con intensità Villa Talla e tutti i casoni nei dintorni: gravemente danneggiata rimane la casa «Costa», una trentina di proiettili colpiscono la casa canonica. Quindi le colonne si mettono in movimento e una di esse, assai numerosa, sale dal fondovalle verso il paese per la mulattiera Prelà-Villa Talla.
Appena vi giunge chiude in chiesa, ove deruba i paramenti sacri, tutti i civili che cattura (uomini, donne, bambini), saccheggia le case e vi appicca il fuoco con spezzoni incendiari.
Così, già incendiata il 2 di luglio durante il rastrellamento di Triora e il 4 di settembre alla vigilia della battaglia di monte Grande, il 17 di dicembre Villa Talla brucia ancora e perciò risulteranno incendiate settantaquattro case,  compreso l'oratorio di San Giovanni.
Proseguendo il cammino, parte della colonna raggiunge il passo omonimo ove si scontra con una pattuglia del 6° distaccamento (2° battaglione, IV brigata) che, tuttavia, riesce a sganciarsi e a portarsi in postazioni sul versante destro di valle Carpasina.
La situazione del Comando partigiano, nascosto tra gli ulivi sotto il paese in fiamme, di fronte a Tavole, diventa insostenibile; i componenti, sperando di uscire dall'accerchiamento, decidono di muoversi e, disteso il commissario ferito sopra una scala, scendono guardinghi in direzione di Prelà con la speranza di trovare un dottore per curarlo.
«Mario» è esanime e ormai si dispera di salvarlo. Per caso il gruppetto scansa una colonna nemica che sale dal fondovalle. È necessario dividersi, non si può proseguire uniti.
Nascosto il moribondo in un casone con la speranza che non venga scoperto, e, fermatasi presso di lui «Rossana» per pietosamente assisterlo, il gruppetto si disperde (10).
Dopo aver arrestato alcune persone, a mezzogiorno i Tedeschi sgombrano la zona.
Una colonna composta di un centinaio di soldati proveniente da Valloria scende nel primo pomeriggio a Lecchiore sparando alcune raffiche per intimorire le persone rimaste in paese.
Altre colonne raggiungono Dolcedo all'imbrunire, ove smontano la radio campale che vi avevano installata, e proseguono verso la costa.
Vengono fucilati i civili Giovanni Revello e Carlo Oreggia di Tavole.
A Villa Talla ormai la popolazione è terrorizzata dai Tedeschi e dalla presenza della tipografia del C.L.N. celata nel gallinaio, ove funziona dall'agosto 1944 (la tipografia della II^ divisione «F. Cascione» era nella canonica di Realdo in valle Argentina). Di conseguenza, per rasserenare un po' gli animi troppo angosciati, viene smontata il 20 di dicembre, spostata per mezzo di muli a Pianavia e piazzata in una cisterna sotterranea, sita nel sottofondo dell'abitazione di Giobatta Calzamiglia (Bacì). Il 28 sarà rimessa in funzione dal tipografo «Barba» e il 4 gennaio 1945, come vedremo, smetterà per sempre di funzionare a causa di un altro pesante rastrellamento.
Come per Villa Talla, Pietrabruna e Torre Paponi, anche per Badalucco il martirio non è finito: durante la giornata del 17 la zona circostante il paese è rastrellata dai Tedeschi del Comando di Villa Cipollini di Taggia, il 18 è bombardata da apparecchi alleati che, sganciate alcune bombe, distruggono delle case e provocano, purtroppo, morti e feriti.
L'ira e lo sdegno della popolazione è al colmo (11).
Mentre Torre Paponi e Villa Talla bruciavano e da Verona giungeva a San Remo il colonnello delle S.S. Strupel, specialista in rastrellamenti, con trecento suoi accoliti, Mussolini in balia dei Tedeschi parlava a Milano, promettendo ancora una volta, perduto ormai il senso della realtà storica, giustizia e libertà al popolo italiano.

(10) «Mario» verrà portato all'ospedale partigiano di Tavole e quindi in quello di Arzéne. Guarito, riprenderà la lotta come commissario della Divisione Garibaldi «Silvio Bonfante», costituita il 19-12-1944 e dislocata nella zona d'operazioni ad est della strada statale n° 28.
(11) Da una relazione di Franco Bianchi (Brunero), agente S.I.M., al Comando della IV Brigata, del 20.12-1944, prot. n. 291.
Le vittime civili del bombardamento alleato di Badalucco furono dodici.


Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977

mercoledì 26 agosto 2020

Febbraio 1945 iniziò con la morte di due bambini a causa dello scoppio di una bomba tedesca

Una vista da Cervo su Diano Marina
 
1° febbraio 1945 - Giunge notizia che in Diano Marina per lo scoppio di una bomba tedesca sulla Piazza della Chiesa Parrocchiale sono rimasti uccisi i due figli di Lino Trucco, pievese, ma colà residente, ove esercita commercio di mobilio. Tale sciagura, veramente straziante, è accaduta mentre la truppa tedesca faceva esercitazione di tiro e sarebbe dipesa, pare, da un errore di calcolo - così il Comando tedesco ha cercato di giustificare il tragico episodio. I due bambini vennero trasportati in Pieve [di Teco (IM)] e deposti nella tomba di famiglia.
2 febbraio 1945 - Il tenente Dexeimer tedesco, comandante la Piazza di Pieve, ormai da due mesi e mezzo alloggiato nella villa del defunto Comm. Gandolfo e oggi del genero Rissone, ha lasciato questa residenza. Anche il terribile maresciallo Grot tedesco è partito. Si dice che sia andato in Francia.
Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, tip. Dominici Imperia, 1994
 
Nella notte fummo svegliati dal solito aereo solitario, soprannominato "Pippetto", il quale sganciò una bomba (forse per colpire i tedeschi del "Ciapasso") molto vicino a noi. Ci venne da pensare che non solo avevamo contro i nazifascisti, ma anche gli alleati angloamericani.
Il giorno successivo sentimmo dei colpi di mortaio che i tedeschi sparavano dal "Ciapasso"; un colpo finì davanti alla Chiesa di Diano Marina uccidendo tre bambini e ferendo alcune persone.
Sandro Badellino, Mia memoria partigiana. Esperienze di vita e vicende di lotta per la libertà di un garibaldino imperiese (1944-1945), edizioni Amadeo, Imperia, 1998 
 
A ponente della [strada statale] 28, il giorno 29 [gennaio 1945] il nemico irrompe nella Valle di Diano Marina. Quattrocento tedeschi puntano su Diano Arentino e su Diano Roncagli (Comune di Diano San Pietro) in cerca dei Distaccamenti e del Comando della I Brigata “S. Belgrano” che sapevano dislocati nei dintorni.
I giovani di Diano Arentino tentano di sottrarsi alla cattura fuggendo per la campagna. Tra questi è il ventenne Francesco Camiglia che, trovatosi con la casa circondata, tenta la fuga attraverso i tetti vicini. Ma scorto dai tedeschi e preso di mira, cade in un vicolo colpito alle gambe. Colto dalla disperazione e sopraffatto dal dolore, invoca con voce angosciata la madre. La chiama con voce forte ed essa accorre, ma accorrono anche i Tedeschi che lo cercavano come belve cercano la preda. Decidono di finirlo mediante impiccagione. Trascinatolo presso un albero di pero nei pressi della casa di Silvio Ascheri, gli passano un cappio al collo per impiccarlo. La madre che, con la disperazione nel cuore, aveva seguito la drammatica vicenda, emettendo un urlo acutissimo, assale con disperazione i soldati, li allontana, abbraccia il figlio e gli toglie il cappio dal collo. Di fronte alla pietosa scena, i Tedeschi non provano nessuna compassione. Strappano nuovamente alla madre il corpo del figlio, oramai morente per dissanguamento e lo impiccano definitivamente. Nella valle mai si ebbe un esempio di così feroce esecuzione.
Rastrellando la zona di Roncagli, i soldati scorgono in località Macari il garibaldino Ricordo Garibaldi che tenta di nascondersi, ma non riesce a salvarsi ed è fucilato sul posto. Apparteneva al distaccamento di "Ramon", della II Brigata "Nino Berio". Gli stessi soldati catturano pure Aristide Cavalleri e Giovanni Cavalleri in zona Isole. Conducono i due ostaggi a Diano Arentino e quindi a Diano Marina presso il Comando, ubicato nella villa di Bartolomeo Ardissone, insieme ad altri rastrellati. Dope essere stati redarguiti, verranno rilasciati in serata.
Durante un'altra puntata condotta il giorno successivo i tedeschi impiccano a Diano Arentino il civile Salvatore [Salvatore Manotti], ex soldato sbandatosi l'8 settembre 1943.
Un altro gruppo di Tedeschi ubriachi, di stanza alla batteria di cannoni dislocata al Ciapasso, nei pressi di Diano Marina, privi di ogni considerazione umana, nel pomeriggio del 31 gennaio 1945 sparano un colpo di mortaio; la granata piomba davanti alla chiesa parrocchiale, esplodendo uccide tre bambini che stavano giocando: i fratelli Orlando e Agostino Trucco, di sette e dodici anni, Eugenio Di Sipio, anche lui di dodici anni, morirà due giorni dopo all'ospedale.
Nell'episodio rimane gravemente ferito anche il ragazzo Francesco Ghirardi, ma sopravviverà. Lo sbigottimento e lo sdegno sono enormi. Le Autorità locali inviano al Comando tedesco le rimostranze della popolazione, ma nessuno verrà punito.
Francesco Biga  (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005, pp. 52-54

Ai primi di febbraio le Brigate Nere effettuarono un rastrellamento nella zona di Baiardo (IM) che portò all'arresto di alcuni uomini. Solo per l'intervento del tenente del presidio dei bersaglieri del paese le case non subirono danni.
Il comando della II^ Divisione "Felice Cascione" comunicò a quello della I^ Zona l'uccisione di 7 garibaldini avvenuta il 2 febbraio presso Villa Verrone a Sanremo. Di questi, 4 rimasero ignoti, mentre degli altri 3 si fornirono le seguenti notizie: "uno è un toscano ferito ad una gamba, sposato a Pompeiana, di circa 30 anni, con un figlio. Un certo Modena di circa 30 anni che si era presentato alla guardia repubblicana di San Remo. Uno di Pompeiana che aveva perso un braccio per lo scoppio di una bomba a mano".
Sempre il 2 febbraio  gli uomini del presidio nemico di Borgo di Ranzo [comune di Ranzo (IM)] "effettuano un rastrellamento nella zona di Gazzo-Gavenola [Frazioni di Borghetto d'Arroscia (IM)] ed Aquila [Aquila di Arroscia (IM)] per rapinare bestiame e viveri alla popolazione".
Nella notte successiva "Ramon" (Raymond Rosso), capo di Stato Maggiore della Divisione "Silvio Bonfante", accompagnato da un garibaldino attaccò "due carri tedeschi accompagnati da 8 militari. Quattro cavalli uccisi, un soldato ucciso ed alcuni feriti più o meno gravi".
Il giorno 3 il commissario prefettizio di Albenga (SV), su ordine della Feldgendarmerie ordinò ai podestà dei comuni limitrofi di far affluire alla locale Brigata Nera tutti i giovani che già si erano presentati ai comandi tedeschi.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 
Il 2 di febbraio un manipolo di fascisti al comando del capitano Borro dopo aver girovagato per la campagna alle ore undici giunge nella borgata Novelli (Tavole) [Tavole è Frazione del comune di Prelà (IM)] [...] Nel pomeriggio i militi prelevano Carlo Oreggia, panettiere, detto "Ristorante". Caricandolo di botte lo portano con loro. Giunti in località "Vigne" presso il cimitero di Valloria [altra Frazione del comune di Prelà (IM)] è freddato con alcune raffiche e gettato nella scarpata sottostante. Gli tolgono le scarpe e il portafoglio. Per fargli un vile scherno gli ficcano la pipa in bocca e gli mettono una pagnottella in mano. Era accusato di fornire pane ai partigiani.
Francesco Biga  (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005

2 febbraio 1945 - Dal comando [comandante "Gori", Domenico Simi] del III° Battaglione "Candido Queirolo" al comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che il traffico sulla strada Sanremo-Poggio-Ceriana era limitato al transito dei carriaggi per viveri e della "solita motocicletta" o vettura del presidio nemico di Ceriana (IM).
3 febbraio 1945 - Da "Mercurio" [Bruno Moro?] alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] del CLN di Sanremo - Comunicava che era stato visto partire per Genova su di un camion tedesco "Grigua".
3 febbraio 1945 - Da "Nilo" [Quanito De Benedetti] al CLN di Sanremo - Comunicava che a Baiardo erano stati uccisi la moglie ed il figlio di "Bacucco" e che il rastrellamento nemico in corso stava continuando.
3 febbraio 1945 - Da "Amerigo" [Adalgiso Rovelli] al CLN di Sanremo - Comunicava che alle ore 8.30 era stata vista un'automobile delle SS tedesche fermarsi davanti alla casa dell'avvocato Buzzi in Via Lamarmora; che erano scesi l'avvocato e due individui in borghese che una volta entrati dopo 10 minuti erano usciti con una valigia di medie dimensioni.
3 febbraio 1945 - Dalla Sezione SIM del CLN di Sanremo alla Sezione SIM della V^ Brigata - Segnalava che il membro del Comitato di espressione del Partito d'Azione era stato arrestato e che il 2 febbraio erano stati arrestati 10 giovani, forse appartenenti alla banda dell'avvocato Buzzi.
3 febbraio 1945 - Dal commissario prefettizio di Albenga (SV) ai podestà di Ortovero, Villanova d'Albenga, Casanova Lerrone, Vendone, Nasino, Castelbianco, Castelvecchio, Zuccarello, Cisano sul Neva e Garlenda - Trasmetteva l'ordine della Feldgendarmerie di fare rientrare nella Brigata Nera di Albenga le giovani reclute che, appena arrivate all'arruolamento, si erano allontanate dalla caserma, perché passibili di fucilazione come "banditi".
da documenti Isrecim in Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II

lunedì 8 giugno 2020

Il nuovo recapito del comando partigiano di zona era a Case Carli

Nel territorio di Prelà (IM) - Foto: S.M.
 
L'ulteriore sviluppo della situazione militare durante il mese di dicembre [1944] impose, oltre all'attuazione pratica della circolare n° 23, altre modifiche all'organizzazione militare della Resistenza nell'Imperiese [...] Sulla base delle disposizioni generali del Comando divisioni e brigate Alta Italia, l'istituzione del Comando Zona era già stato consigliato ai primi di dicembre dal garibaldino Raffaele Pieragostini (Rossi), inviato del Comando Regionale, membro del Triangolo Insurrezionale delle brigate Garibaldi della Liguria, provvisoriamente stabilitosi presso il 10° distaccamento "Walter Berio". Il Comando Zona doveva essere composto dal comandante, dal commissario, dal capo di Stato maggiore e dai responsabili dei servizi. [...] Con una lettera del 6 dicembre 1944, inviata a "Simon" [Carlo Farini], "Curto" [Nino Siccardi] aveva intrapreso la discussione sul futuro organico del Comando Zona proponendo Lorenzo Musso (Sumi) come probabile, futuro commissario
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura Amministrazione Provinciale di Imperia e con patrocinio IsrecIm, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977


Come si può notare dall'ultima pagina di un documento del 3 agosto 1944, "Simon", Carlo Farini, in precedenza si firmava comandante della I^ e della II^ Zona Liguria - Fonte: Fondazione Gramsci
 
Attestazione della qualifica di partigiano di Lorenzo Sumi Musso. Fonte: Partigiani d'Italia

Tra il 16 ed il 17 dicembre 1944 ebbe luogo nei pressi di Villatalla, Frazione di Prelà (IM), una importante riunione dei capi della Resistenza Imperiese per fare il punto sulla situazione.
Erano, tra gli altri, presenti: Nino Siccardi, "Curto", sino a  quel momento comandante della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione"; Giorgio (Giorgio) Olivero, vice comandante; Carlo De Lucis (Mario), commissario; Lorenzo Musso (Sumi), commissario politico al Comando Operativo della I^ Zona Liguria; Bianca Novaro (Rossana), addetta al Comando, Giovanni Acquarone (Barba), addetto alla tipografia.
Nella discussione emerse la nuova situazione in base alla quale le tre Brigate della Divisione si ritrovavano semi-isolate a causa del controllo quasi totale da parte del nemico sia della strada statale Il comando della II^ Divisione decise pertanto di creare due raggruppamenti garibaldini, sufficientemente autonomi, ma sotto la direzione di un Comando di Zona, uno ad est, l'altro ad ovest della SS. 28.
Il nucleo del Comando di Zona venne denominato "Comando Operativo I^ Zona Liguria". Ne diventavano comandante Nino Siccardi, "Curto", commissario Lorenzo Musso, "Sumi", ed ispettore Carlo Farini, "Simon".
Il 19 dicembre 1944 la I^ Brigata "Silvano Belgrano", separata dalla II^ Divisione "Felice Cascione", venne trasformata in Divisione d'Assalto Garibaldi "Silvio Bonfante", intitolata al valoroso comandante, nome di battaglia "Cion", che l'aveva creata e guidata per pochi mesi, sino alla sua morte in combattimento.
La nuova formazione ebbe come territorio di competenza quello posto a levante della SS n° 28, comprensivo di parte della Val Tanaro, della Val Pennavaira, delle Valli Arroscia e Lerrone, di quelle di Andora (SV), Cervo (IM) e Diano Marina (IM). La Divisione d'Assalto Garibaldi "Silvio Bonfante" fu costituita su 3 Brigate: la I^, "Silvano Belgrano", la II^,  "Giovanni (Nino) Berio”, la III^, "Ettore Bacigalupo”.
Nei posti di comando della Divisione vennero posti quadri, scelti tra i migliori della Divisione "Cascione". Comandante Giorgio Olivero (Giorgio), vice comandante Luigi Massabò (Pantera), commissario politico Osvaldo Contestabile, vice commissario Gustavo Berio (Boris), capo di stato maggiore Raymond Rosso (Ramon).
Giuseppe Gismondi (Mancen), già comandante della "vecchia" I^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Silvano Belgrano", rifiutando un incarico di maggiore responsabilità, scelse di rimanere al suo posto e venne affiancato dal vice comandante Federico Sibilla (Federico).
Al comando della neo formata II^ Brigata, derivata dall'ex II° Battaglione della "Bonfante", venne posto Gino Fossati (Gino), con commissario Giuseppe Alberti (Gigi).
Mario Gennari (Fernandel) divenne comandante della III^ Brigata, con commissario "Calzolari".
Di conseguenza la II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione" subì alcuni cambiamenti nell'organico di comando. Divennero: comandante Giuseppe Vittorio Guglielmo (Vitò/Ivano),  vice comandante Rinaldo Risso (Tito), commissario Ivar Oddone (Kimi) e vice commissario  Beniamino Miliani  (Miliano).
Le due Brigate rimaste di competenza della II^ Divisione ebbero la seguente riorganizzazione: la IV^, "Elsio Guarrini", fu comandata da Carlo Montagna (Milan), con  vice comandante Mario Bruna (Falco), commissario Angelo Perrone (Bancarà/Vinicio), vice commissario Stefano Pastorino (Steno); la V^, "Luigi Nuvoloni", ebbe come comandante Armando Izzo (Fragola Doria).
L'organico della I^ Zona Operativa Liguria a quella data ammontava a 800 uomini per la II^ Divisione, 600 per la Divisione "Silvio Bonfante" e 600 per la Divisione S.A.P. "Giacinto Menotti Serrati".
Rocco Fava di Sanremo (IM), "La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945)" - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

Le formazioni partigiane ad ovest della statale n. 28 erano collegate alla città con strade e mulattiere ubicate sulla direttrice Sant'Agata [Frazione di Imperia]-Conio; pertanto, in relazione alle disposizioni emanate dall'ispettore "Simon", in linea di massima non dovevano utilizzarsi per azioni di guerriglia per non attirare il nemico con operazioni di rastrellamento che avrebbero ostacolato ogni attività. Tramite Sant'Agata giungevano in montagna staffette che recavano notizie politiche, militari, disposizioni del C.L.N., del Comando S.A.P., del SIM di zona, Adolfo Stenca (Rino) e G. Barla ("Dino" o "S 22"), e grandi quantitativi di materiale e di rifornimenti (da una testimoninanza e da una relazione di "Simon" a "Curto" del 5-12-1944, prot. n. 225/V/20). Destinazione primaria la Segreteria di zona che, diretta da Ottavio Siri (Mario), in dicembre aveva sede sulla costa, da cui tutto veniva smistato ai competenti Comandi e all'ispettore "Simon". Attraverso la Segreteria, oltre la distribuzione della corrispondenza, si realizzavano tutti i collegamenti. Il Comando della "Felice Cascione", alcune settimane precedenti la costituzione del Comando I Zona Liguria, aveva posto invece sede provvisoria in località Grillo, presso Tavole [Frazione di Prelà (IM)]; oltre ad alcuni vicini, possedeva depositi di materiale presso Piaggia [Frazione di Briga Alta (CN), si trova alle fonti del Tanarello alle pendici del monte Saccarello (2.200 m) presso il confine con la Liguria e la parte francese della val Roia], in una casa riposta di cui il proprietario era un certo "Cesare", ed a Ormea [in provincia di Cuneo, Alta Val Tanaro] presso l'intendente "Enzo" che custodiva pure il ciclostile  [...]
In ottemperanza alle direttive impartite dal superiore Comando della divisione "Felice Cascione" il Comando S.A.P. ed il C.L.N. provinciale perfezionavano l'organizzazione di una rete di informatori nelle città di San Remo, Taggia, Porto Maurizio, Oneglia, Diano Marina, Cervo, Alassio ed Albenga.
Le informazioni, per giungere con dovuta celerità e regolarità, dovevano pervenire alla Segreteria di zona, indi essere trasmesse al responsabile SIM [Servizio Informazioni Militari] di zona, "Rino" [Adolfo Stenca], che provvedeva ad inviarle ai Comandi di divisione e di brigata. Alla fine di dicembre "Curto" informava il Comando della II divisione "F. Cascione" (lettera n. 16 di prot.) che il nuovo recapito del Comando Operativo I Zona Liguria si trovava presso l'abitazione di "Rodolfo" a Case Carli [località nel territorio del comune di Prelà (IM)], e, quindi, lì doveva avvenire il collegamento.
Francesco Biga, Op. cit.

giovedì 27 febbraio 2020

Una radiotrasmittente da Sanremo (IM) ai partigiani in Tavole

Una vista d'epoca su Sanremo (IM)
 
Con i limitati mezzi a nostra disposizione iniziammo con Ciccio Corrado e Virgilio Oddo, nel maggio 1944, il montaggio di una radiotrasmittente someggiabile, da 75 W.  
  
Non era stata ancora portata a termine la nostra modesta ma pericolosa opera, quando una staffetta partigiana ci sollecita l'urgente consegna dell'apparecchio.

La consegna, a quanto ci era dato arguire, pareva dovesse avvenire a Sanremo; invece fummo informati che era demandato a noi l'incarico di portarla a Tavole [n.d.r.: Frazione del comune di Prelà (IM)].
Sul come portarla ci era data ampia libertà, ma la staffetta, con risolino sardonico, ci dava qualche ragguaglio sui  molteplici posti di blocco sparsi sul non breve tragitto e ci lasciava col rituale... in bocca al lupo.
Ci poniamo al lavoro: a mezzo di Filippo Millo, chiediamo al compagno «Alfa» (Alfredo Esposito), amministratore della Soc. Coop. Trasporti Facchini, di interessarsi lui della bisogna col solito camioncino portafortuna, che tanto bene era andato per trasportare armi ai partigiani.
«Alfa» domanda 24 ore di tempo per procurarsi la benzina ed intanto nasconde nel suo ufficio le cassette contenenti l'apparecchio.
Il figlio di Millo, Luigino [n.d.r.: Lodovico Millo], interessa anche il Dr. Giampalmo della Todt che possiede una Topolino con tanto di O.T. Artz sul parabrise.
Adesione e partenza il mattino successivo prestissimo: Luigino Millo, il Dr. Giampalmo, che l'accompagna, e la Topolino hanno la loro gatta da pelare.
Quando si dice la fortuna! Fuori Sanremo due militari tedeschi della SS fermano la macchina: «noi andare Imperia...».
Sospiro di sollievo dei nostri amici e scorta sicura per almeno venti chilometri con due angeli custodi che nel frattempo si erano sistemati alla meglio sulle cassette.

Tavole, Frazione di Prelà (IM), Santuario della Madonna del Piano
 
Ad Imperia una staffetta li attende e, come Dio vuole, filtrando attraverso quattro blocchi tedeschi, la macchina arriva a Tavole [Frazione di Prelà (IM)] accolta da un «urrà» formidabile.

Intanto il famigerato U.P.I. [Ufficio politico e investigativo della Guardia nazionale repubblicana (fascista), in sigla G.N.R.] lavora.
Ciccio Corrado cade nell'inganno teso da falsi partigiani: viene arrestato, interrogato, torturato e massacrato (8-10-44).
Il povero ragazzo non parla.
Col suo silenzio e con il sacrificio della sua giovane esistenza salva tanti amici...

Mario Mascia, L'epopea dell'esercito scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia

 
[ n.d.r.: Lodovico Millo, nato a Ventimiglia il 2 settembre 1921; dapprima imprigionato a Villa Ober di Sanremo con Sergio Grignolio (Ghepeu) - il quale riuscì a fuggire in quell'occasione ai nazisti -, alla Liberazione diresse per il CLN di Sanremo "La voce della democrazia" - su cui Italo Calvino scrisse il memorabile "Ricordo dei partigiani vivi e morti" - e, per il partito comunista, "La nostra lotta", sulle cui colonne sempre Italo Calvino pubblicò, tra gli altri suoi articoli, una struggente intervista a Lina Meiffret, l'eroina antifascista salvatasi fortunosamente dalla sua odissea di detenuta in lager tedeschi; in seguito Millo sarà un noto cardiologo di Sanremo ]
 
Lodovico Millo, classe 1921, allievo ufficiale già nei combattimenti di Roma, fu a disposizione del CLN di Sanremo. Francesco Parodi, classe 1920, sottotenente, già in territorio di guerra, fu nel Comando della Divisione “F. Cascione”.
Francesco Biga, Ufficiali e soldati del Regio Esercito nella Resistenza imperiese in Atti del Convegno storico LE FORZE ARMATE NELLA RESISTENZA di venerdì 14 maggio 2004, organizzato a Savona, Sala Consiliare della Provincia, da Isrec, Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea della provincia di Savona (a cura di Mario Lorenzo Paggi e Fiorentina Lertora)
 
Chi canterà le  gesta dell’armata errante, l'epopea dei laceri eroi, le imprese dell’esercito scalzo, chi canterà l’anno di gloria e sangue trascorso sui monti? Chi enumererà la schiera di quelli che non scesero, dei tanti morti lasciati lassù, con nello spento sguardo l’ultimo bagliore del combattimento o l'ultimo spasimo della tortura? Chi tramanderà la lunga storia di imboscate e guerriglie, di battaglie e sbandamenti, di raffiche e cespugli, di fughe e assalti?
I primi morirono. Ma non fu vano il tuo sangue, Cascione, primo, più generoso e più valoroso di tutti i partigiani. Il tuo nome è ora leggendario, molti furono quelli che infiammati dal tuo esempio s'arruolarono sotto la tua bandiera. E pure morì sotto il martirio nazista l'animatore di una delle prime bande a Baiardo: Brunati, il partigiano poeta. E la trista Germania inghiottì Lina Meiffret, prima partigiana [...]
Italo Calvino, Ricordo dei Partigiani vivi e morti, articolo apparso sul numero 13 de La voce della democrazia, Sanremo, martedì 1° maggio 1945  

Gli oppressori tedeschi hanno lasciato Sanremo, le forze della liberazione sono giunte: siamo liberi. Siamo riuniti nella nostra redazione e la commozione non ci permette di profferire una parola. Abbiamo abbandonato gli angoli scuri e più impensati dove ci riunivamo per tenere viva la fiamma della nostra fede e possiamo alla luce del sole pubblicare il nostro giornale. Non più nascosti dietro mura fidate, ma tra il popolo, oggi ti possiamo leggere “Voce della Democrazia”! Non tutti hanno la fortuna di comprendere la sublime bellezza di questi istanti, soltanto chi ha combattuto sulle montagne, chi ha cospirato in città, subìto le percosse e le torture della polizia nazi-fascista può inebriarsi al profumo di questa magnifica giornata di Aprile.
Purtroppo il ricordo di tanti compagni caduti sotto il piombo teutonico e fascista, ci rende pensierosi e tristi; li abbiamo tutti dinanzi agli occhi, come noi essi attendevano quest’ora, avevano la nostra fede, il nostro entusiasmo e per questo furono massacrati. Li abbiamo visti cadere nelle imboscate in montagna, in pericolose missioni in città, sotto il piombo dei plotoni di esecuzione: tutti dei veri eroi. Nomi non ne facciamo; sono troppi, il popolo li conosce perché sono i suoi figli.
Lodovico Millo, Articolo di fondo, La Voce della Democrazia, 27 aprile 1945. Fonte: IsrecIm