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domenica 11 aprile 2021

Salva l'arme, necessaria alla lotta partigiana

Prelà (IM) - Fonte: Mapio.net

In un casone isolato in località Nicuni località presso Tavole, Frazione del comune di Prelà (IM), trovò rifugio un gruppo di partigiani che nella mattinata del 31 gennaio sarebbe dovuto scendere a Vasia per prelevare tre abitanti, tra cui due donne, sospettate di essere delle spie. Alle prime luci dell’alba il casone viene circondato da tedeschi e dagli uomini della controbanda del tenente Ferraris. La battaglia infuriaria, Dulbecco, Raviola e Ricci venono colpiti a morte dai nemici. Rimasti senza munizioni i partigiani debbono arrendersi, qualcuno riesce a scappare, tra cui il comandante del distaccamento Gino Gerini, che racconterà poi l’episodio. Ascheri, Zanoni e un russo vengono catturati e fucilati sul posto. Nel rastrellamento che segue vengono catturati altri quattro partigiani Ernesto Deri, Adler Brancaleoni, Matteo Cavallero, Biagio Giordano. Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I Caduti della Lotta di Liberazione nella I^ Zona Operativa Liguria, ed. in pr., 2020
 
n.d.r.: tra le pubblicazioni di Giorgio Caudano: (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone, La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016   ]

Dintorni di Vasia (IM) - Fonte: Mapio.net

Il 25 gennaio 1945 rappresenta un’altra tragica pagina nella storia della IV^ Brigata “Elsio Guarrini”, poiché il X° Distaccamento “Walter Berio” venne quasi completamente sgominato. Gli undici uomini del X° Distaccamento «con a capo Dimitri e Merlo, uno dei più vecchi garibaldini, commissario, si era portato in una località tra Pantasina [Frazione di Vasia (IM)] e Villatalla [Frazione di Prelà (IM)], in un fondo valle, presso un ruscello. Il rifugio sembrava sicuro: un muro a secco era stato eretto all’entrata della tana, dove la vita era orribile per il fango e l’umidita”. Una spia (probabilmente la staffetta Toni, guidò da Porto [Maurizio di Imperia] i briganti neri al rifugio. Tolgono le pietre e già sorride loro I’idea di un facile eccidio. Peró due colpi secchi di revolver annunciano che il luogo è ormai una tomba sacra… Merlo si è infatti sparato al cuore e Dimitri alle tempie; per non sottostare all’onta della prigionia… le camicie nere infieriscono sui due cadaveri» (da L’epopea dell’esercito scalzo, di Mario Mascia, ed. A.L.I.S., 1946, ristampa del 1975 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia).
Gli altri nove garibaldini vennero arrestati e di questi solo due si salvarono dalla fucilazione.
[...]  il 31 gennaio rappresentò l’ennesima pagina nera per la IV^ Brigata “Elsio Guarrini” della “Cascione”. Come ricordava Gino Gerini (Gino), il 30 gennaio «giungemmo, al crepuscolo, in regione Nicuni, tra Tavole e Val Prino. Scoprimmo un casone isolato fra i castagni e decidemmo di passarvi la notte». I garibaldini avevano in progetto la cattura di tre pericolose spie di Vasia. Così Gino dispose che «Deri, Livio e Cristo prelevassero le spie. Nello stesso tempo io, Lupo e Battista, l’amministratore della Brigata, partimmo per Tavole per ritirare importanti documenti e rientrammo in base verso mezzanotte, accompagnati da Timoscenko, che aveva effettuato una visita a casa».
Il mattino del 31 gennaio due colonne tedesche circondarono il casone in cui si trovavano i garibaldini. A “Gino” non rimase altro che ordinare la fuga.
[...] Tra i deceduti vi erano “Battista” (Manfredo Raviola), “Timoscenko” / “Timocenko”/ Timochenko (Tommaso Ricci), “Cristo” (Bartolomeo Dulbecco), che morirono nel vallone di Villatalla ed altri tre, “Matteo” (Matteo Zanoni), “Insalata” e “Leone”, che furono prima torturati e poi fucilati.
E nella testimonianza di Mirko (Angelo Setti): «Il 31 gennaio 1945, causa una delazione, a Nicuni [località di Tavole, Frazione di Prelà (IM)] un reparto partigiano fu circondato dai nemici: caddero "Timoscenco" (Tommaso Ricci), "Matteo" (Matteo Zanoni), "Battista" (Manfredo Raviola), "Joseph" (Ivan Poliesciuk di Odessa), "Cristo" (Bartolomeo Dulbecco) e "Livio" (Ernesto Ascheri). Caddero ancora "Deri", "Oscar", "Stella" ed "Insalata"».
Il 31 gennaio, in effetti, due colonne militari congiunte di tedeschi e italiani (approssimativamente 200 militari) risalirono all'alba le colline, scontrandosi con un gruppo di partigiani posizionato in località “Nicuni”, presso Tavole, Frazione di Prelà. Nello scontro morirono sei partigiani: Tommaso Ricci, Manfredo Raviola, Bartolomeo Dulbecco e Ernesto Ascheri (tutti originari di Imperia), Matteo Zanoni (di Brescia), e Ivan Polesciuk (quest'ultimo russo).
Altri quattro partigiani Ernesto Deri, Adler Brancaleoni, Matteo Cavallero, Biagio Giordano furono costretti ad arrendersi essendo rimasti senza munizioni. Andando a raggiungere nella prigionia Carletti Doriano “Mizar” catturato il 25 gennaio, durante un precedente rastrellamento nella vicina frazione di Villatalla. A questi rastrellamenti partecipava anche una donna: Maria Zucco, nota come la donna velata, che collaborava coi fascisti nel riconoscere e indicare partigiani e renitenti alla leva.
"Lupo" e "Veloce (Sebastiano Martini, comandante di Battaglione) il 4 febbraio 1945 segnalarono la grave situazione in cui si trovava la IV^ Brigata, precisando che il I° Battaglione “Carlo Montagna” constava di 65 uomini, il II° di 70 ed il III° di 90.
Nei giorni successivi il comando della Cascione comunicava al Comando Operativo della I^ Zona Liguria che "... il 31 gennaio un nuovo attacco alla IV^ Brigata causava la perdita dei garibaldini 'Battista' [Manfredo Raviola, amministratore], 'Timoscenko', 'Livio' e 'Deri'..."
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945), Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999 
 

La lapide è riferita ad un episodio di rastrellamento e fucilazione. Il 31 gennaio 1945 in località “Nicuni”, presso Tavole (Comune di Prelà, provincia di Imperia), soldati tedeschi e Brigate Nere fasciste catturano E. Deri, A. Brancaleone, M. Cavallero, B. Giordano. I quattro partigiani vengono imprigionati nelle carceri di Oneglia (Imperia) e, pur essendo torturati, non rivelano i nomi dei loro compagni. Sono quindi condannati a morte e vengono fucilati il 15 febbraio 1945.
Il 10 febbraio 1946 il C.L.N. provinciale di Imperia inaugura una lapide in loro memoria.
Redazione, 102173 - Lapide n.° 2 di Via I. Pindemonte - Imperia, Pietre della Memoria

Una vista dal Colle d'Oggia sino ad Albenga (SV) - Fonte: Mapio.net

Ma vediamo cosa scrive il comandante Gino Gerini, un altro dei protagonisti del tragico episodio: "31  Gennaio 1945. Da diversi giorni il nemico non ci dava tregua. Le spie pullulavano, segnalando i nostri movimenti, e noi eravamo costretti a spostarci di continuo. Il mio Distaccamento comprendeva una trentina di uomini. Eravamo esauriti  dalle marce interminabili; il freddo era intenso e noi, già da  parecchio tempo, ci sostenevamo con castagne secche e patate non sempre bollite. Il 31 gennaio giungemmo, al crepuscolo, in località Nicuni, tra Tavole e Val Prino. Scoprimmo un casone isolato tra i castani e decidemmo di passarvi la notte. La stanchezza non ci faceva dimenticare il dovere: avevamo da compiere una missione importante a Vasia e decisi di approfittare della sosta per portarla a compimento. Sapevamo che tra le spie più pericolose della zona vi era una coppia del paese ed una pettinatrice che occorreva assolutamente rendere innocue. Staccai perciò tre garibaldini Deri, Livio e Cristo, quest'ultimo commissario del Distaccamento, che inviai a Vasia con l'ordine di prelevare le spie. Nello stesso tempo io, Gianfranco Giribaldi (Lupo) e Battista, l'amministratore della Brigata, partimmo per Tavole per ritirare importanti documenti e informarci sui movimenti del nemico. Rientrammo in base verso mezzanotte accompagnati da Timoscenko che, di ritorno da una visita a casa, avevamo incontrato lungo il cammino e vi trovammo i nostri uomini con i tre prigionieri che si lamentavano protestando la loro innocenza. Il fuoco era acceso, la marmitta di castagne bolliva. Sedemmo intorno alla  pentola scherzando e ridendo: le ultime notizie erano ottime, tutte le informazioni raccolte a Vasia concordavano nel dichiarare che i Tedeschi erano in procinto di sgomberare dalla zona, ed anche "Timoscenko" ci confermò che il nemico stava per lasciare Dolcedo. La quasi certezza di un poco di tregua ci faceva sperare in un miglioramento della nostra precaria situazione.
[...] Intanto i Tedeschi avevano scoperto il casone e fu subito evidente che essi cercavano proprio noi perché, immediatamente, balzarono sul ciglio della strada e nelle faxe basse in posizione di attacco.
[...] Resistemmo, ma le munizioni si esaurivano presto ed il nemico premeva. Ad un certo momento l'MG 42 si inceppò e tacque. La nostra posizione era oramai disperata. Urlai agli uomini di ritirarsi come potevano ed io stesso, seguito dai miei compagni, strisciai lungo il muretto e balzando di faxia in faxia, mi ritirai, il più velocemente possibile verso il bosco, più in alto. Di quando in quando ci arrestavamo un momento per rafficare il nemico, forte di oltre duecento uomini, che sicuro del numero e della enorme superiorità del suo armamento, irrompeva da tutte le parti urlando e grugnendo come un branco di belve. La partita era perduta. Appena fuori tiro cercai di raggiungere gli uomini, ma molti mancavano e fu soltanto verso sera che potei mettere insieme una metà del Distaccamento. Eravamo tutti laceri, contusi e bestialmente stanchi, e per di più, terribilmente depressi. E la nostra odissea ebbe inizio. Era nostra intenzione raggiungere la Costa di Carpasio attraverso Passo del Maro, ma in quella direzione operava una colonna nemica per cui fummo costretti a convergere su Conio e Ville San Pietro dove speravamo incontrare nostri Distaccamenti. La neve era alta, il freddo acuto perché un vento gelido spazzava a raffiche il cielo basso. Non avevamo quasi più scarpe, gli abiti erano a brandelli e fradici. La fame ci tormentava senza posa ed a stento avanzavamo, miserabile gruppo di straccioni, ubriachi dalla fatica, sorreggendoci l'un l'altro. Camminammo, camminammo come automi. La mia mente si perdeva in immagini irreali. Probabilmente avevo la febbre e questo mi faceva smarrire il senso della realtà e, credo, ciò mi permise di superare quella spaventevole notte. E la stessa cosa, penso, accadde ai miei compagni, perché altrimenti ci saremmo buttati sulla neve a riposare e a morire. Alla fine, fermandoci infinite volte, raggiungemmo Costa di Carpasio dove ritrovammo alcuni dei nostri, giuntivi per altra strada.
Vi restammo tutto quel giorno e la notte appresso, assistiti dagli abitanti del luogo, che ci nutrirono e ci vestirono con magnifico spirito di fratellanza.
Ma i Tedeschi battevano la zona e le spie non ci davano tregua. La mattina dopo partimmo nuovamente, questa volta in direzione di Tavole. All'uscita da Villatalla, mentre attraversavamo il ponte, scorgemmo in distanza una folla di gente. Ci avvicinammo. Sei bare di sei partigiani caduti sfilavano innanzi a noi, precedute da un grande drappo bianco. I nostri compagni ci venivano incontro, morti, portati a braccia dal popolo per il quale erano caduti. Compagni che qualche giorno prima avevano diviso con noi i pericoli, il pane e il sonno. Essi ora riposano nel piccolo cimitero del paese, all'ombra delle nostre montagne che assistettero alla nostra agonia. Sei uomini, dei trenta del mio Distaccamento, morirono sul posto, e tra di essi il temerario Battista, Timoscenco e Cristo, il Partigiano modello. Su di essi si accanì la furia nemica: i loro corpi furono trovati crivellati dai proiettili e sfigurati a colpi di baionetta. Tre altri: Matteo, Insalata e Leone furono catturati, seviziati, trasportati lontano e fucilati. Bellissima, degna veramente di un eroe, fu la morte di Cristo. Colpito da diversi proiettili egli cadde accanto a Timoscenko pure mortalmente ferito. Sente che la fine è prossima e che la vita se ne va col sangue che fluisce dalle piaghe. Chiama a sè un compagno e gli consegna il mitra: 'salva l'arme' gli sussurra, 'essa è necessaria alla lotta'. Poi si trascina presso Timoscenko e muoiono insieme".
Francesco Biga, Op. cit.

31 gennaio 1945 - Dalla Sezione SIM della II^ Divisione "Felice Cascione" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Relazione sul rastrellamento di Tavole - Villatalla - Nicuni, avvenuto il 31 gennaio 1945: tra i partigiani ci furono 6 morti e 3 prigionieri, "Insalata", "Oscar" e "Testa Bianca".
4 febbraio 1945 - [documento scritto su carta intestata al dopolavoro del PNF] Dal comando della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che il comando di Brigata era volante e ridotto a soli 3 uomini, "Gino", "Danko" e "Lupo", in conseguenza di una grave imboscata in cui erano morti 3 partigiani ed erano stati persi molti documenti, che il I° Battaglione era composto da 65 uomini, che il II° Battaglione aveva 70 uomini dislocati parte a Rezzo parte nella Valle Carpesina, che il III° presentava 90 volontari; che il Distaccamento SAP "Folgore" aveva avuto 7 morti, il X° "Walter Berio" 15 caduti, di cui 10 in seguito ad arresto, e che si era quindi deciso di aggregare al I° Battaglione i superstiti; che le forze nemiche a Montalto Ligure ammontavano a 70 soldati e a 3 ufficiali; che una colonna mobile mista di soldati tedeschi e fascisti, forte di 100 uomini, stava svolgendo diverse puntate in Val Prino.
da documenti IsrecIm  in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II

mercoledì 26 agosto 2020

Febbraio 1945 iniziò con la morte di due bambini a causa dello scoppio di una bomba tedesca

Una vista da Cervo su Diano Marina
 
1° febbraio 1945 - Giunge notizia che in Diano Marina per lo scoppio di una bomba tedesca sulla Piazza della Chiesa Parrocchiale sono rimasti uccisi i due figli di Lino Trucco, pievese, ma colà residente, ove esercita commercio di mobilio. Tale sciagura, veramente straziante, è accaduta mentre la truppa tedesca faceva esercitazione di tiro e sarebbe dipesa, pare, da un errore di calcolo - così il Comando tedesco ha cercato di giustificare il tragico episodio. I due bambini vennero trasportati in Pieve [di Teco (IM)] e deposti nella tomba di famiglia.
2 febbraio 1945 - Il tenente Dexeimer tedesco, comandante la Piazza di Pieve, ormai da due mesi e mezzo alloggiato nella villa del defunto Comm. Gandolfo e oggi del genero Rissone, ha lasciato questa residenza. Anche il terribile maresciallo Grot tedesco è partito. Si dice che sia andato in Francia.
Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, tip. Dominici Imperia, 1994
 
Nella notte fummo svegliati dal solito aereo solitario, soprannominato "Pippetto", il quale sganciò una bomba (forse per colpire i tedeschi del "Ciapasso") molto vicino a noi. Ci venne da pensare che non solo avevamo contro i nazifascisti, ma anche gli alleati angloamericani.
Il giorno successivo sentimmo dei colpi di mortaio che i tedeschi sparavano dal "Ciapasso"; un colpo finì davanti alla Chiesa di Diano Marina uccidendo tre bambini e ferendo alcune persone.
Sandro Badellino, Mia memoria partigiana. Esperienze di vita e vicende di lotta per la libertà di un garibaldino imperiese (1944-1945), edizioni Amadeo, Imperia, 1998 
 
A ponente della [strada statale] 28, il giorno 29 [gennaio 1945] il nemico irrompe nella Valle di Diano Marina. Quattrocento tedeschi puntano su Diano Arentino e su Diano Roncagli (Comune di Diano San Pietro) in cerca dei Distaccamenti e del Comando della I Brigata “S. Belgrano” che sapevano dislocati nei dintorni.
I giovani di Diano Arentino tentano di sottrarsi alla cattura fuggendo per la campagna. Tra questi è il ventenne Francesco Camiglia che, trovatosi con la casa circondata, tenta la fuga attraverso i tetti vicini. Ma scorto dai tedeschi e preso di mira, cade in un vicolo colpito alle gambe. Colto dalla disperazione e sopraffatto dal dolore, invoca con voce angosciata la madre. La chiama con voce forte ed essa accorre, ma accorrono anche i Tedeschi che lo cercavano come belve cercano la preda. Decidono di finirlo mediante impiccagione. Trascinatolo presso un albero di pero nei pressi della casa di Silvio Ascheri, gli passano un cappio al collo per impiccarlo. La madre che, con la disperazione nel cuore, aveva seguito la drammatica vicenda, emettendo un urlo acutissimo, assale con disperazione i soldati, li allontana, abbraccia il figlio e gli toglie il cappio dal collo. Di fronte alla pietosa scena, i Tedeschi non provano nessuna compassione. Strappano nuovamente alla madre il corpo del figlio, oramai morente per dissanguamento e lo impiccano definitivamente. Nella valle mai si ebbe un esempio di così feroce esecuzione.
Rastrellando la zona di Roncagli, i soldati scorgono in località Macari il garibaldino Ricordo Garibaldi che tenta di nascondersi, ma non riesce a salvarsi ed è fucilato sul posto. Apparteneva al distaccamento di "Ramon", della II Brigata "Nino Berio". Gli stessi soldati catturano pure Aristide Cavalleri e Giovanni Cavalleri in zona Isole. Conducono i due ostaggi a Diano Arentino e quindi a Diano Marina presso il Comando, ubicato nella villa di Bartolomeo Ardissone, insieme ad altri rastrellati. Dope essere stati redarguiti, verranno rilasciati in serata.
Durante un'altra puntata condotta il giorno successivo i tedeschi impiccano a Diano Arentino il civile Salvatore [Salvatore Manotti], ex soldato sbandatosi l'8 settembre 1943.
Un altro gruppo di Tedeschi ubriachi, di stanza alla batteria di cannoni dislocata al Ciapasso, nei pressi di Diano Marina, privi di ogni considerazione umana, nel pomeriggio del 31 gennaio 1945 sparano un colpo di mortaio; la granata piomba davanti alla chiesa parrocchiale, esplodendo uccide tre bambini che stavano giocando: i fratelli Orlando e Agostino Trucco, di sette e dodici anni, Eugenio Di Sipio, anche lui di dodici anni, morirà due giorni dopo all'ospedale.
Nell'episodio rimane gravemente ferito anche il ragazzo Francesco Ghirardi, ma sopravviverà. Lo sbigottimento e lo sdegno sono enormi. Le Autorità locali inviano al Comando tedesco le rimostranze della popolazione, ma nessuno verrà punito.
Francesco Biga  (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005, pp. 52-54

Ai primi di febbraio le Brigate Nere effettuarono un rastrellamento nella zona di Baiardo (IM) che portò all'arresto di alcuni uomini. Solo per l'intervento del tenente del presidio dei bersaglieri del paese le case non subirono danni.
Il comando della II^ Divisione "Felice Cascione" comunicò a quello della I^ Zona l'uccisione di 7 garibaldini avvenuta il 2 febbraio presso Villa Verrone a Sanremo. Di questi, 4 rimasero ignoti, mentre degli altri 3 si fornirono le seguenti notizie: "uno è un toscano ferito ad una gamba, sposato a Pompeiana, di circa 30 anni, con un figlio. Un certo Modena di circa 30 anni che si era presentato alla guardia repubblicana di San Remo. Uno di Pompeiana che aveva perso un braccio per lo scoppio di una bomba a mano".
Sempre il 2 febbraio  gli uomini del presidio nemico di Borgo di Ranzo [comune di Ranzo (IM)] "effettuano un rastrellamento nella zona di Gazzo-Gavenola [Frazioni di Borghetto d'Arroscia (IM)] ed Aquila [Aquila di Arroscia (IM)] per rapinare bestiame e viveri alla popolazione".
Nella notte successiva "Ramon" (Raymond Rosso), capo di Stato Maggiore della Divisione "Silvio Bonfante", accompagnato da un garibaldino attaccò "due carri tedeschi accompagnati da 8 militari. Quattro cavalli uccisi, un soldato ucciso ed alcuni feriti più o meno gravi".
Il giorno 3 il commissario prefettizio di Albenga (SV), su ordine della Feldgendarmerie ordinò ai podestà dei comuni limitrofi di far affluire alla locale Brigata Nera tutti i giovani che già si erano presentati ai comandi tedeschi.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 
Il 2 di febbraio un manipolo di fascisti al comando del capitano Borro dopo aver girovagato per la campagna alle ore undici giunge nella borgata Novelli (Tavole) [Tavole è Frazione del comune di Prelà (IM)] [...] Nel pomeriggio i militi prelevano Carlo Oreggia, panettiere, detto "Ristorante". Caricandolo di botte lo portano con loro. Giunti in località "Vigne" presso il cimitero di Valloria [altra Frazione del comune di Prelà (IM)] è freddato con alcune raffiche e gettato nella scarpata sottostante. Gli tolgono le scarpe e il portafoglio. Per fargli un vile scherno gli ficcano la pipa in bocca e gli mettono una pagnottella in mano. Era accusato di fornire pane ai partigiani.
Francesco Biga  (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005

2 febbraio 1945 - Dal comando [comandante "Gori", Domenico Simi] del III° Battaglione "Candido Queirolo" al comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che il traffico sulla strada Sanremo-Poggio-Ceriana era limitato al transito dei carriaggi per viveri e della "solita motocicletta" o vettura del presidio nemico di Ceriana (IM).
3 febbraio 1945 - Da "Mercurio" [Bruno Moro?] alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] del CLN di Sanremo - Comunicava che era stato visto partire per Genova su di un camion tedesco "Grigua".
3 febbraio 1945 - Da "Nilo" [Quanito De Benedetti] al CLN di Sanremo - Comunicava che a Baiardo erano stati uccisi la moglie ed il figlio di "Bacucco" e che il rastrellamento nemico in corso stava continuando.
3 febbraio 1945 - Da "Amerigo" [Adalgiso Rovelli] al CLN di Sanremo - Comunicava che alle ore 8.30 era stata vista un'automobile delle SS tedesche fermarsi davanti alla casa dell'avvocato Buzzi in Via Lamarmora; che erano scesi l'avvocato e due individui in borghese che una volta entrati dopo 10 minuti erano usciti con una valigia di medie dimensioni.
3 febbraio 1945 - Dalla Sezione SIM del CLN di Sanremo alla Sezione SIM della V^ Brigata - Segnalava che il membro del Comitato di espressione del Partito d'Azione era stato arrestato e che il 2 febbraio erano stati arrestati 10 giovani, forse appartenenti alla banda dell'avvocato Buzzi.
3 febbraio 1945 - Dal commissario prefettizio di Albenga (SV) ai podestà di Ortovero, Villanova d'Albenga, Casanova Lerrone, Vendone, Nasino, Castelbianco, Castelvecchio, Zuccarello, Cisano sul Neva e Garlenda - Trasmetteva l'ordine della Feldgendarmerie di fare rientrare nella Brigata Nera di Albenga le giovani reclute che, appena arrivate all'arruolamento, si erano allontanate dalla caserma, perché passibili di fucilazione come "banditi".
da documenti Isrecim in Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II

giovedì 27 febbraio 2020

Una radiotrasmittente da Sanremo (IM) ai partigiani in Tavole

Una vista d'epoca su Sanremo (IM)
 
Con i limitati mezzi a nostra disposizione iniziammo con Ciccio Corrado e Virgilio Oddo, nel maggio 1944, il montaggio di una radiotrasmittente someggiabile, da 75 W.  
  
Non era stata ancora portata a termine la nostra modesta ma pericolosa opera, quando una staffetta partigiana ci sollecita l'urgente consegna dell'apparecchio.

La consegna, a quanto ci era dato arguire, pareva dovesse avvenire a Sanremo; invece fummo informati che era demandato a noi l'incarico di portarla a Tavole [n.d.r.: Frazione del comune di Prelà (IM)].
Sul come portarla ci era data ampia libertà, ma la staffetta, con risolino sardonico, ci dava qualche ragguaglio sui  molteplici posti di blocco sparsi sul non breve tragitto e ci lasciava col rituale... in bocca al lupo.
Ci poniamo al lavoro: a mezzo di Filippo Millo, chiediamo al compagno «Alfa» (Alfredo Esposito), amministratore della Soc. Coop. Trasporti Facchini, di interessarsi lui della bisogna col solito camioncino portafortuna, che tanto bene era andato per trasportare armi ai partigiani.
«Alfa» domanda 24 ore di tempo per procurarsi la benzina ed intanto nasconde nel suo ufficio le cassette contenenti l'apparecchio.
Il figlio di Millo, Luigino [n.d.r.: Lodovico Millo], interessa anche il Dr. Giampalmo della Todt che possiede una Topolino con tanto di O.T. Artz sul parabrise.
Adesione e partenza il mattino successivo prestissimo: Luigino Millo, il Dr. Giampalmo, che l'accompagna, e la Topolino hanno la loro gatta da pelare.
Quando si dice la fortuna! Fuori Sanremo due militari tedeschi della SS fermano la macchina: «noi andare Imperia...».
Sospiro di sollievo dei nostri amici e scorta sicura per almeno venti chilometri con due angeli custodi che nel frattempo si erano sistemati alla meglio sulle cassette.

Tavole, Frazione di Prelà (IM), Santuario della Madonna del Piano
 
Ad Imperia una staffetta li attende e, come Dio vuole, filtrando attraverso quattro blocchi tedeschi, la macchina arriva a Tavole [Frazione di Prelà (IM)] accolta da un «urrà» formidabile.

Intanto il famigerato U.P.I. [Ufficio politico e investigativo della Guardia nazionale repubblicana (fascista), in sigla G.N.R.] lavora.
Ciccio Corrado cade nell'inganno teso da falsi partigiani: viene arrestato, interrogato, torturato e massacrato (8-10-44).
Il povero ragazzo non parla.
Col suo silenzio e con il sacrificio della sua giovane esistenza salva tanti amici...

Mario Mascia, L'epopea dell'esercito scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia

 
[ n.d.r.: Lodovico Millo, nato a Ventimiglia il 2 settembre 1921; dapprima imprigionato a Villa Ober di Sanremo con Sergio Grignolio (Ghepeu) - il quale riuscì a fuggire in quell'occasione ai nazisti -, alla Liberazione diresse per il CLN di Sanremo "La voce della democrazia" - su cui Italo Calvino scrisse il memorabile "Ricordo dei partigiani vivi e morti" - e, per il partito comunista, "La nostra lotta", sulle cui colonne sempre Italo Calvino pubblicò, tra gli altri suoi articoli, una struggente intervista a Lina Meiffret, l'eroina antifascista salvatasi fortunosamente dalla sua odissea di detenuta in lager tedeschi; in seguito Millo sarà un noto cardiologo di Sanremo ]
 
Lodovico Millo, classe 1921, allievo ufficiale già nei combattimenti di Roma, fu a disposizione del CLN di Sanremo. Francesco Parodi, classe 1920, sottotenente, già in territorio di guerra, fu nel Comando della Divisione “F. Cascione”.
Francesco Biga, Ufficiali e soldati del Regio Esercito nella Resistenza imperiese in Atti del Convegno storico LE FORZE ARMATE NELLA RESISTENZA di venerdì 14 maggio 2004, organizzato a Savona, Sala Consiliare della Provincia, da Isrec, Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea della provincia di Savona (a cura di Mario Lorenzo Paggi e Fiorentina Lertora)
 
Chi canterà le  gesta dell’armata errante, l'epopea dei laceri eroi, le imprese dell’esercito scalzo, chi canterà l’anno di gloria e sangue trascorso sui monti? Chi enumererà la schiera di quelli che non scesero, dei tanti morti lasciati lassù, con nello spento sguardo l’ultimo bagliore del combattimento o l'ultimo spasimo della tortura? Chi tramanderà la lunga storia di imboscate e guerriglie, di battaglie e sbandamenti, di raffiche e cespugli, di fughe e assalti?
I primi morirono. Ma non fu vano il tuo sangue, Cascione, primo, più generoso e più valoroso di tutti i partigiani. Il tuo nome è ora leggendario, molti furono quelli che infiammati dal tuo esempio s'arruolarono sotto la tua bandiera. E pure morì sotto il martirio nazista l'animatore di una delle prime bande a Baiardo: Brunati, il partigiano poeta. E la trista Germania inghiottì Lina Meiffret, prima partigiana [...]
Italo Calvino, Ricordo dei Partigiani vivi e morti, articolo apparso sul numero 13 de La voce della democrazia, Sanremo, martedì 1° maggio 1945  

Gli oppressori tedeschi hanno lasciato Sanremo, le forze della liberazione sono giunte: siamo liberi. Siamo riuniti nella nostra redazione e la commozione non ci permette di profferire una parola. Abbiamo abbandonato gli angoli scuri e più impensati dove ci riunivamo per tenere viva la fiamma della nostra fede e possiamo alla luce del sole pubblicare il nostro giornale. Non più nascosti dietro mura fidate, ma tra il popolo, oggi ti possiamo leggere “Voce della Democrazia”! Non tutti hanno la fortuna di comprendere la sublime bellezza di questi istanti, soltanto chi ha combattuto sulle montagne, chi ha cospirato in città, subìto le percosse e le torture della polizia nazi-fascista può inebriarsi al profumo di questa magnifica giornata di Aprile.
Purtroppo il ricordo di tanti compagni caduti sotto il piombo teutonico e fascista, ci rende pensierosi e tristi; li abbiamo tutti dinanzi agli occhi, come noi essi attendevano quest’ora, avevano la nostra fede, il nostro entusiasmo e per questo furono massacrati. Li abbiamo visti cadere nelle imboscate in montagna, in pericolose missioni in città, sotto il piombo dei plotoni di esecuzione: tutti dei veri eroi. Nomi non ne facciamo; sono troppi, il popolo li conosce perché sono i suoi figli.
Lodovico Millo, Articolo di fondo, La Voce della Democrazia, 27 aprile 1945. Fonte: IsrecIm