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lunedì 2 maggio 2022

Buon segno che i partigiani anelassero di nuovo ad incontrarsi col nemico

Alto (CN) - Fonte: Mapio.net

L'aspetto di Alto il 16 marzo [1945] era normale, nulla indicava che un lancio avesse luogo nelle vicinanze o che vi fossero concentramenti inconsueti di partigiani.
Che differenza con Garessio in luglio o Piaggia in ottobre. Allora una decina di partigiani riempiva un paese. Parevano migliaia e dopo un po' ti accorgevi cbe erano sempre le stesse facce. Ora invece pare che abbiano l'arte di scomparire.
Trovai Germano sulla piazza del paese; mi indicò la casa di Turbine, uno degli incaricati del lancio. «Sta con la moglie» mi disse. Infatti anche Turbine nei mesi scorsi si era sposato. Entrai: Basco [Carlo Giordano], Turbine, Trentadue [Angelo Antonini] e qualche altro [n.d.r.: tutti - sembra di capire dal racconto, della II^ Brigata "Nino Berio" della Divisione "Silvio Bonfante"] erano intorno a piatti di castagne e di latte.
«Sempre la solita cagnara - diceva Basco - chi si alza prima comanda. Nessuno di noi conosce il messaggio speciale, né i comandanti di brigata, né i capibanda ed è giusto. Poi ti trovi tra i piedi uno del S.I.M. [Servizio Informazioni Militare] che ascolta la radio con te e si mette a gridare: - Ecco il messaggio, stasera c'è di nuovo il lancio! - e tu ci fai la figura dello scemo. Il Comando ti garantisce che di lancio ne fanno uno solo perché la zona è pericolosa e così li fa perdere il secondo. Ma  perdere è poco, ti fa scannare a correre nel buio e tutto per niente. Poi ti fa aspettare tre giorni i signori della I Brigata ["Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante"] che vengano con comodo a ritirare la loro parte. Adesso la zona non è più rischiosa secondo il Comando...».
Ricordavo il Basco dello scorso luglio caposquadra della Matteotti: «Questa volta ci hanno fregato: siamo al buio in una zona che non conosciamo, ma domani non ci stiamo più».
Il capobanda del distaccamento «I. Rainis» aveva conservato lo spirito ribelle di allora. «Ci fanno i lanci adesso i signori inglesi. Sperano che diamo loro una mano quando verranno avanti. Quando avevamo bisogno di armi per difenderci,  per vivere, allora niente.
A Mauri [Enrico Martini] i lanci; noi che siamo comunisti, più moriamo meglio è. Ma i primi inglesi che vedo... ma siamo in pochi e finirebbe come in Grecia. Però sarebbe bello, fatti fuori i tedeschi, mandar via anche gli inglesi... Naturalmente i signori del Comando non la penseranno così. L'anno scorso quando speravano di scendere avevano abolito le stelle rosse, i fazzoletti, le bandiere, tutto quello che c'era di rosso, come se gli inglesi non ci conoscessero. Quei del  Comando stavano al centro a decidere e noi sui passi intorno a far la guardia, a difendere quelli che decidevano. Quando abbiamo capito che la nostra vita valeva la loro e abbiamo cercato un posto meno rischioso, il Comando è sparito, è diventato clandestino. Adesso che viene il buon tempo verranno di nuovo fuori, pianteranno gli uffici in un paese e diranno a noi delle bande di schierarci a difenderli, ma stavolta non ci riusciranno».
«Guardate Boris [Gustavo Berio, vice commissario della Divisione "Silvio Bonfante"]: non ha preso mai un rastrellamento. Che furbo! Prima era al S.I.M. e quando le notizie eran brutte cambiava aria. Adesso è commissario e fa i comodi suoi. A Nasino ha un rifugio che è impossibile trovarlo. I poveri   diavoli siamo noi che dobbiamo salvare gli uomini, il materiale e poi noi se avanza il tempo».
«L'altro giorno trova un contadino che ha un permesso del Comando tedesco sotto il nastro del cappello, lo interroga e poi ci dà l'ordine di fucilarlo. Come se la vita degli altri non contasse niente! Noi abbiamo detto di sì e poi lo abbiamo lasciato andare. È difficile giudicare uno ed è terribile condannarlo se non confessa. E' capitato a me con un S. Marco. Lo abbiamo interrogato per un giorno intero, ha sempre negato. Pure eravamo sicuri che era una spia. Dovevo essere io a giudicarlo e vi assicuro che non ho chiuso occhio quella notte. Il giorno dopo era scappato. L'abbiamo ripreso per un miracolo ed allora ha confessato: era venuto su per tradirci. Ma se non avesse parlato non avrei avuto forse il coraggio di ucciderlo, neanche dopo la fuga».
Il tempo passava intorno alla stufa, qualcuno entrava, altri uscivano. Lungo il muro i sacchi del lancio erano comodi sedili, nella stanza più interna Trentadue aveva dormito immerso nei paracadute. Basco raccontava del tempo in cui era  in Croazia come paracadutista: un giorno aveva aiutato i contadini a spegnere un incendio appiccato dagli alpini. Avevano avuto come compenso chili di miele. Un'altra volta avevano appostato una staffetta partigiana che passava di solito in uno stesso punto. L'avevano attesa a lungo, poi, appena avvistatala una raffica e la staffetta era caduta: «Ci avvicinammo cautamente, quando fummo a pochi metri lo slavo fece scoppiare una bomba a mano. Si uccise ma distrusse i  documenti che portava».
Episodi ed episodi, raccontati con naturalezza ed indifferenza. Ora si combatte da una parte, allora dall'altra. Ora si è rastrellati, allora si rastrellava. Si era mai chiesto Basco se vi era contraddizione fra le due guerre, se allora o ora si era nel giusto? Allora il governo comandava di fare quello ed era naturale farlo, nessuno pensava a disubbidire apertamente. Ora i tedeschi non sono più sulle ali della vittoria, l'opinione pubblica è contro di loro e così è naturale esser partigiani. Cosa ha sostenuto questi giovani nel duro inverno? Il gusto dell'avventura? Il rancore per gli anni di guerra passati e subiti? Chissà...!
Molti erano come Basco, tutti anzi vivevano giorno per giorno senza chiedersi più se quello che facevano era bene o male o perché lo facevano. Avevano deciso una volta, quando erano venuti sui monti. Avevano meditato ancora sul da farsi quando la situazione era mutata, seguendo un impulso interno dettato più dai sentimenti che da ragionamento. Continuavano la lotta perché era ormai una seconda natura. Quali erano i sentimenti inespressi che covavano nell'inconscio di  quei giovani che li avevano sostenuti, nei momenti di scoramento, quando l'abitudine non bastava più? Alcuni avevano sentito la necessità di riscattare il passato dell'Italia, di riconquistarle la libertà dall'oppressione con la forza  non attendendola come un dono del più forte. Per i comunisti era la speranza di fondare un mondo nuovo, di gettare le basi per una società più giusta. E per gli altri? E' difficile dirlo perché ne parlavamo poco. Forse erano stati sufficienti i sentimenti che covavano in tutti: l'astio per il nemico, il desiderio di vendicare i compagni morti, i paesi bruciati, gli ostaggi fucilati, anche a costo di nuovi lutti; la speranza di prendersi una sanguinosa rivincita  per tutto quello che avevamo sofferto; l'orgoglio di non piegarsi, di poter scendere alla costa a testa alta, il desiderio di non confondersi con la massa dei deboli, di quelli che sono vissuti nel terrore del nemico; la coscienza magari indistinta di essere tra gli attori del grande dramma, di una pagina di storia, di aver afferrato da forti una occasione unica che basterà a riempire di ricordi o di orgoglio tutta una vita per aver sfidato il nemico temuto da tutti e per non aver piegato quando i più l'avevano fatto.
[...] Il discorso fu interrotto dall'entrata di un partigiano: «C'è gente in cresta dalla parte di Aquila». Uscimmo in due o tre: sulla mulattiera che scendeva dalla cappella di S. Cosimo scendeva una ventina di armati. «Forse son quelli della I che vengono per le armi. Fra poco li vedremo meglio».
Era Stalin [Franco Bianchi, comandante del Distaccamento "Giovanni Garbagnati" della I^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante"] con i suoi e quando giunsero il paese si animò d'improvviso.
Pranzammo e poi dividemmo le armi. C'era anche Giorgio [Giorgio Olivero, comandante della Divisione "Silvio Bonfante"] con Boris, c'era un capobanda della Divisione di Savona cacciato in Val Pennavaira da un attacco tedesco. Anche sopra Savona avevano avuto un lancio, ci promise munizioni per mitraglie che avevano ricevuto in abbondanza mentre a noi mancavano ancora.
«Da oggi ha inizio la campagna di primavera», disse Giorgio mentre gli uomini riempivano i caricatori dei mitra con i colpi per gli Sten. «Si riprendono gli attacchi, si abbandona la tattica cospirativa: piena libertà di azione per ogni banda, attaccate come e quando volete, non occorre più l'autorizzazione del Comando. Ragazzi, distruggete le scatole delle munizioni, in paese non deve restare traccia del lancio...».
L'armamento della Divisione era finalmente aumentato, venne esaminata la situazione di ogni banda sotto l'aspetto delle armi automatiche in dotazione: col nuovo materiale era possibile creare un maggiore equilibrio. L'esplosivo, la miccia, tutto il materiale da sabotaggio che ci era piovuto dal cielo venne consegnato direttamente ai comandi brigata: sarebbe finalmente finita la ricerca snervante nei campi minati. In quelle ore giunse notizia che una colonna nemica  scendeva su Caprauna, l'annuncio sollevò l'entusiasmo: finalmente avremmo affrontato il nemico ad anni pari. La notizia era errata e l'eccitazione si spense, era però buon segno che i partigiani anelassero di nuovo ad incontrarsi col  nemico.
La banda di Stalin col Comando divisionale lasciò la valle di Alto, lo schieramento protettivo venne sciolto, la situazione tornò normale. L'operazione L 1 si era conclusa con un successo.

Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980

17 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Svolgeva una lunga relazione soprattutto sul tema degli aviolanci alleati, di cui si riportano qui di seguito significativi stralci: "... il giorno 13 u.s. si è effettuata l'operazione lancio nella località convenuta [Piano dell'Armetta nei pressi di Alto (CN)]; sono stati lanciati 33 colli di cui 28 recuperati nella serata ed i restanti 5 nella successiva mattinata. Non è stato possibile per il disturbo alle stazioni radio ricevere il messaggio per il lancio del giorno successivo. Tutte le tracce del lancio sono state cancellate anche grazie alla popolazione, di modo che i tedeschi non hanno trovato nulla. Data l'esperienza si consiglia di potenziare l'ascolto messaggi mediante l'aumento delle apparecchiature sulle 3 linee, visto che si è ordinata la revisione dell'impianto di Nasino. È da evitare inoltre il lancio in giorni consecutivi, poiché vi è un'unica via di deflusso rappresentata da una mulattiera ed è, quindi, impossibile creare una colonna eccessivamente grande di muli, perché desterebbe sospetti ed in quanto l'occultamento del materiale va eseguito a spalla. Il luogo si è mostrato idoneo allo scopo, per cui per il prossimo lancio si richiedono 150-180 colli. Non servono fucili, ma armi automatiche, mortati leggeri, bombe anti-carro. Il collo indirizzato a 'Roberta' [capitano del SOE britannico Robert Bentley, ufficiale di collegamento degli alleati con il comando della I^ Zona Operativa Liguria] contiene 2 R.T. [radiotrasmittenti]: si prega di inviare degli uomini a prelevarle. Il giorno 11 u.s. è stata bombardata Ormea ed è stata colpita la sede del generale. Alcuni garibaldini hanno requisito in detto comando vario materiale, tra cui una lettera di cui si invia traduzione circa gli spostamenti delle truppe tedesche. Sopra Ormea i tedeschi accendono fuochi per ingannare gli aerei alleati".

17 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Sottolineava l'importanza del documento ritrovato ad Ormea che meritava una corretta traduzione perché "potrebbe trattarsi di una richiesta di rimpatrio per le truppe tedesche". Chiedeva altro materiale bellico attraverso gli avio-lanci alleati "per poter incalzare ancora di più il nemico", in particolare uno nel periodo compreso tra il 23 ed il 27 successivi "verso le ore 21,30 in quanto sarà un periodo favorito dalla posizione della luna". Aggiungeva che continuava l'affluenza di di volontari nelle fila partigiane, per quel periodo limitata a uomini conosciuti o già appartenenti a bande locali.

18 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 205, al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Presentava il quadro delle operazioni compiute dalla Divisione nel mese di febbraio 1945: "il 1° febbraio la I^ Brigata ed i suoi Distaccamenti si trovavano nelle valli di Diano, Andora e Lerrone, la II^ nelle valli Arroscia e Pennavaira, la III^ nelle valli Pennavaira, Pieve di Teco ed Arroscia mentre il Distaccamento divisionale "M. Longhi" era dislocato in Val Tanaro. Il girno 3 il capo di Stato Maggiore 'Ramon' con un garibaldino mitraglia 2 carri tedeschi uccidendo ed in parte ferendo i nemici. Il 6 'Russo' comandante del Distaccamento "Viani" uccideva 2 uomini della San Marco. Il 18 una squadra del Distaccamento "E. Castellari" sminava un campo ad Ortovero. Il 25 'Ramon' con un garibaldino uccideva nei pressi di Pieve di Teco 2 tedeschi ed il 28 distruggeva il ponte di Pogli appena ricostruito dai tedeschi".

18 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 207, al comando della II^ Brigata ed al capo di Stato Maggiore della Divisione - Scriveva che "si consiglia di ultimare al più presto i preparativi per il lancio del giorno x: lo schieramento militare dovrà essere uguale a quello del primo lancio. Poche ore prima dovrà essere requisito il maggior numero possibile di muli. Al mattino del giorno prescelto occorre minare le zone di accesso al campo. Le mine devono essere preparate con tubetto di plastica con detonatore unito. Chiunque abbandonerà il proprio posto o non eseguirà gli ordini ricevuti, dopo un processo, se riconosciuto colpevole, sarà fucilato".

18 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 208, al comando della III^ Brigata - Prescriveva che "durante il secondo lancio la Brigata manterrà un Distaccamento in postazione come per il lancio precedente, mentre gli altri due Distaccamenti saranno adibiti al servizio recupero. Appena raccolti, i colli del lancio dovranno essere distribuiti in parte tra i garibaldini ed in parte nascosti in luogo sicuro. Per quanto riguarda il reclutamento dei muli, questo dovrà essere concoradto con il comando di Brigata. I documenti con prot. n° 207 e n° 208 devono essere conosciuti da pochi elementi tutti fidati che, fino al momento del lancio, affermeranno che lo stesso avverrà in luogo diverso da quello indicato".

18 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 209, segreto, al comando della I^ Brigata, al capo di Stato Maggiore della Divisione ed al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Comunicava che "per l'operazione II° lancio la I^ Brigata dovrà inviare un contingente di 50 uomini. Dovranno essere portati muli in quantità sufficiente per il trasporto del materiale. Si conta di ricevere tra i 30 ed i 40 q.li di armamento bellico".

18 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 210, al comando del Distaccamento "Longhi", al comando della II^ Brigata "Nino Berio" ed al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Scriveva che "si ribadisce che il Distaccamento "Longhi" è un Distaccamento divisionale e dipende, quindi, direttamente dal comando di Divisione. Il Distaccamento opera nell'alta Val Tanaro e per il finanziamento e la corrispondenza farà riferimento al comando di Divisione tramite la II^ Brigata".

22 marzo 1945 - Dal comando della II^ Brigata "Nino Berio" [comandante "Gino" Giovanni Fossati] della Divisione "Silvio Bonfante" al capo di Stato Maggiore ["Ramon", Raymond Rosso] della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che, visto il documento del comando di Divisione prot. n° 207, concernte gli aviolanci alleati, "Gigi" [Giuseppe Alberti, commissario della Brigata] era stato "incaricato di stilare l'elenco dei muli ad Aquila d'Arroscia"; che per la preparazione delle mine si erano incaricati i Distaccamenti dipendenti e la III^ Brigata "Ettore Bacigalupo"; che si stava per predisporre l'uso di una radio ad Aquila da dove il comandante "Gino" [Giovanni Fossati], appena udito il messaggio, si sarebbe recato ad Alto dove si sarebbe trovato un altro punto di ascolto; che per i fuochi di segnalazione per i mentovati lanci la legna era pronta mentre, essendo introvabile il combustibile, si sarebbe sopperito con abbondante paglia.

22 marzo 1945 - Da "Boris" [Gustavo Berio, vice commissario] al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Riferiva che... per i lanci si era in attesa dell'ascolto dell'ora x;...

24 marzo 1945 - Dal comando della II^ Brigata "Nino Berio" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Informava che il Distaccamento "Igino Rainis" era stato avvertito dalla popolazione di Caprauna circa la presenza di un paracadute ad oltre 2.000 metri dal campo di lancio e che il paracadute recuperato aveva portato munizioni e divise.

25 marzo 1945 - Da "Boris" [Gustavo Berio, vice commissario della Divisione "Silvio Bonfante"] a "Mario" [Carlo De Lucis, commissario della Divisione "Silvio Bonfante"] ed a "Giorgio" [Giorgio Olivero, comandante della Divisione "Silvio Bonfante"] - Comunicava che rispetto a quando "Giorgio" era stato in visita in Val Pennavaira il morale della popolazione era mutato perché il rastrellamento del 3 marzo, nonostante la buona notizia del riuscito primo aviolancio alleato, l'aveva gettata nello sconforto; che dal citato lancio i partigiani si aspettavano almeno uno Sten...

25 marzo 1945 - Dal comando della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che erano 15 i rifugi segreti in cui erano stati celati i materiali ricevuti a Pian Rosso [Località di Viozene, Frazione di Ormea (CN)] con l'aviolancio alleato del giorno prima.

da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945). Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste,  Anno Accademico 1998-1999

martedì 19 gennaio 2021

Su piloti ed ufficiali alleati in fuga verso la libertà con l'aiuto dei partigiani imperiesi

Una vista da Ceriana (IM) - Foto: Alessandro Spataro

Un ufficiale di collegamento americano della Missione Alleata, di nome Walker Harris, abbattuto con il suo apparecchio nel novembre del 1944 sopra Casale Moferrato, preso prigioniero e portato a Genova dai Tedeschi, riuscì a fuggire e dopo varie peripezie raggiunse in dicenbre il 3° battaglione "Candido Queirolo" comandato da "Gori" [Domenico Simi] (V^ Brigata), ove rimase fino alla Liberazione perché non si riuscì a trasportarlo in Francia, come aveva ordinato il comandante "Vittò" alla V^ Brigata il 3 gennaio 1945. (Lettera del 3-1-1945, prot. n. 496/F/6 Isrecim).
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. La Resistenza nella provincia di Imperia da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con patrocinio Isrecim, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977
 
[ n.d.r.: le vicende riguardanti in Piemonte piloti e prigionieri alleati e partigiani hanno avuto spesso incroci con l'attività dei garibaldini della I^ Zona Operativa Liguria, come nel caso di una parte della Missione Flap ]

L'operazione più importante alla quale partecipai fu la fuga dei 5 prigionieri alleati che trasportammo in Francia. I 5 soldati erano 2 americani, 2 inglesi e un francese. Gli inglesi erano: Michael Ross, capitano del Welch Regiment; Cecil "George" Bell, tenente della Highland Light Infantry. Il francese era Fernand Guyot, pilota. Gli americani erano i piloti Erickson e Klemme: non ne so né il nome, né il reparto, né altri dettagli, solo che erano piloti [n.d.r.: da ricerche fatte compiere presso l'Istituto Storico dell'US Air Force, Giuseppe Mac Fiorucci (vedere infra) appurò che si trattava di Lauren Erickson, tenente pilota di P38 Lightnings, 1° Gruppo 270° Squadrone, e Ardell Klemme, tenente pilota di bombardieri B25, 340° gruppo, 489° Squadrone]. Dopo l'8 settembre 1943 erano fuggiti dai campi di prigionia e avevano vagato per l'Italia settentrionale alla ricerca di un passaggio per la Svizzera o per la Francia liberata. La Resistenza li nascose a Taggia (IM) per qualche tempo, sperando nell'arrivo di un sottomarino per metterli in salvo. Nel febbraio del 1945 il Comando decise di tentare da Vallecrosia [...] Renato Dorgia, "Plancia" *, in Gruppo Sbarchi Vallecrosia di Giuseppe Mac Fiorucci, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia - Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale "Il Ponte" di Vallecrosia (IM), 2007> * insignito di Croce al Merito di guerra per attività partigiana

Il 24 gennaio [1945] il dott. Marchesi precipitatosi in casa mia [Villa Llo di mare in zona Arziglia a Bordighera (IM)] comunicò che i tedeschi dovevan partire entro 2 giorni, prelevando tutti i designati ostaggi di cui io risultai capolista. Si impose una fuga generale; Marchesi collocò altrove cognata e nipote, noi ci rifugiammo nella villa di Kurt Hermann… nazista, naturalmente a sua insaputa: i 2 ufficiali inglesi, guidati da mio figlio pei monti, di notte, raggiunsero rifugi ignoti, mentre mio figlio scendeva la costa in attesa degli avvenimenti. La notizia dataci risultò imprecisa, chè la fuga tedesca tardò ancora 3 mesi. Ma i 2 inglesi dopo romanzesche avventure in montagna e sulla costa di Vallecrosia raggiunsero la Francia e si misero finalmente al sicuro. Oggi scrivono dall’Inghilterra […] I 2 ufficiali inglesi si chiamano: Michael Ross e George Bell. Altro aiuto avemmo nell’occultamento dei 2 inglesi dal compagno Luigi Negro, autista della villa Hermann alla Madonna della Ruota. Egli ospitò una notte i 2 alleati nella detta villa, nonostante la permanenza di scolte tedesche nelle adiacenze e la possibilità di sorprese da parte del padrone e dei suoi accoliti.
Giuseppe Porcheddu, manoscritto (copia anche presso il già citato Isrecim - Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia - )
edito in Francesco Mocci (con il contributo di Dario Canavese di Ventimiglia), Il capitano Gino Punzi, alpino e partigiano, Alzani Editore, Pinerolo (TO), 2019 

Klemme, caduto al confine con il Piemonte, fu dunque indirizzato verso il Monferrato e si ritrovò con Walker Harris. Entrambi, purtroppo, persero il volo del 19 novembre [1944]. Il giorno successivo, i tedeschi attaccarono il campo d’aviazione di Vesime, se ne impadronirono e dissestarono il terreno di volo arandolo ripetutamente. I partigiani sarebbero nuovamente riusciti a rimetterlo in funzione, ma non prima della primavera successiva. Sfumata questa possibilità, Augusto Bobbio decise di trasferire Harris e Klemme a Prea, nella zona di Cuneo.
I due aviatori, marciando sempre di notte, giunsero a Prea tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre del 1944. Furono presi in consegna dai partigiani di un’altra formazione autonoma, la Divisione Alpi di Pietro Cosa, che operava in collegamento con una Missione militare [
Flap] anch’essa britannica.
Di quest’ultima Missione aveva fatto parte, tra agosto e ottobre, un singolare personaggio, il capitano canadese Paul Morton. Morton era un giornalista ed era stato paracadutato con il compito di inviare corrispondenze di guerra al Toronto Star. Esibire un corrispondente dietro le linee nemiche era una mossa di forte impatto propagandistico, come ben sapevano le autorità britanniche, attente a questi dettagli. Morton era stato tra i primi a contribuire al passaggio in Francia di aviatori ed ex prigionieri attraverso un sentiero che si inerpicava sul Colle di Tenda. Dopo lo sbarco alleato in Provenza, infatti, le forze tedesche erano state respinte da un’ampia parte della Francia meridionale.
Nelle memorie scritte dopo la guerra, Morton ricorda <un pilota da caccia del Nebraska> che gli diede non pochi grattacapi: <mi annunciò che, poiché il suo addestramento era costato al suo governo più di centomila dollari, lui era l’uomo di maggior valore tra tutti noi, e perciò avrebbe dovuto andare in Francia per primo>. Morton diede una lunga occhiata alle vette innevate delle Alpi, quindi ribattè che, per parte sua, il pilota poteva andarsene in Francia anche subito [15]. Quel pilota era certamente Reginald Jacobson, nato, appunto, in Nebraska nel 1921 e abbattuto in settembre presso Saluzzo.
Quando Harris arrivò a Prea, Paul Morton era già stato richiamato. Il mutato clima politico-militare nei confronti della Resistenza aveva indotto le autorità britanniche a censurare i suoi articoli e a rispedirlo in Canada [16]. Intanto, era ancora a mordere il freno Reginald Jacobson, malgrado nel frattempo almeno due gruppi fossero passati in Francia.
Non vi fu tempo per organizzare la partenza di un nuovo gruppo. Il 2 dicembre le forze tedesche attaccarono le zone libere del Piemonte Meridionale. Gli aviatori vennero separati: Harris e Jacobson furono avviati in direzione Sud, verso la Liguria. L’estremo Ponente ligure, infatti, dopo l’arrivo delle forze alleate nella Costa Azzurra, era diventato un importante punto di partenza per chi volesse tentare di passare le linee.
Molti aviatori caduti in Piemonte o in Liguria venivano indirizzati verso l’Imperiese: tra di essi, anche Ian Smith, futuro presidente della Rhodesia, all’epoca pilota da caccia nella RAF [17]. La Resistenza italiana attivò addirittura un Gruppo Sbarchi: piccole imbarcazioni prendevano il largo dal litorale di Vallecrosia per poi sbarcare sulla Costa Azzurra [18].
Walker Harris fu aggregato al Battaglione Garibaldi Candido Queirolo, comandato da Domenico Simi Gori, che affiancò il Gruppo Sbarchi nell’organizzare il passaggio in Francia di ex prigionieri e aviatori alleati. Harris trascorse circa due mesi sui monti nell’entroterra di Taggia: era iniziato l’inverno, un inverno particolarmente aspro, che coincideva con una fase critica per la Resistenza. Successivamente fu nascosto in una cava nei pressi di Ceriana, in mezzo agli ulivi.
Qui lo vennero a stanare i soldati tedeschi, informati da una delazione. Harris venne pertanto incarcerato a Sanremo. Lo interrogò un ufficiale della Kriegsmarine, Georg Sessler, <che ci ha sempre trattati bene, nei limiti della sua autorità e delle circostanze>, ricorda l’aviatore. Di quei giorni, ad Harris rimase impresso anche il bombardamento navale [a febbraio 1945] subito dalla città: un incrociatore francese, infatti, il Jeanne D’Arc, periodicamente compariva al largo e cannoneggiava Sanremo [19]. In seguito, Harris venne tradotto a Genova e rinchiuso nel carcere di Marassi.
L’odissea del giovane aviatore durava ormai da mesi. La campagna d’Italia volgeva al termine e la Resistenza si preparava all’insurrezione finale. Il comando tedesco dispose di trasferire Harris e altri prigionieri in Germania, ma il veicolo su cui erano stati caricati fu bloccato dai partigiani e l’aviatore recuperò la libertà. Il 27 aprile le truppe americane entravano a Genova.
Harris si riunì ai suoi e rientrò negli Stati Uniti, dove ha vissuto sino al 3 giugno 2008, data della sua scomparsa. Negli anni della maturità era tornato più volte in Italia, ad incontrare ex partigiani e i loro discendenti, a ripercorrere i luoghi delle sue avventure di gioventù e a fare scorta di spumante. Nel 2003 è stato intervistato dalla Stampa, che lo ha promosso ufficiale pilota e messo ai comandi del suo B-25, e ha ringraziato gli italiani che lo avevano aiutato [20].
[15] Paul Morton, Missione Inside tra i partigiani del Nord Italia, Cuneo, L’Arciere, 1979, p. 91.
[16] In tempi recenti, un altro giornalista canadese, Dan North, ha svolto una ricerca storica per ricostruire la vicenda di Morton, venendo anche in Italia: Alberto Papuzzi, Sulle tracce di Paul Morton, il reporter partigiano che il Toronto Star censurò, “La Stampa”, 8 luglio 2008. Dalla ricerca è nato il libro Inappropriate conduct, pubblicato nel 2009.
[17] Ian Smith, ufficiale pilota di uno Spitfire, fu abbattuto il 22 giugno 1944 e precipitò in località Vallescura, nel Savonese: Bruno Chionetti-Riccardo Rosa-Gianluigi Usai, Aerei su Savona. Storie di piloti ed aerei caduti in provincia di Savona, Voghera, Marvia, 2010.
[18] Giuseppe Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, Imperia, ISREC, 2007.
[19] Secondo il diario di guerra di Giuseppe Biancheri, messo in rete nel sito www.cumpagniadiventemigliusi.it., l’incrociatore cannoneggiò Sanremo il 6 febbraio, il 2, il 20 e il 31 marzo, il 12 e il 15 aprile 1945.
[20] Così bombardai il ponte di Casale, “La Stampa”, edizione di Alessandria, 6 maggio 2003.

Alberto Magnani, I sentieri della salvezza. Aviatori americani e resistenza italiana tra Piemonte e Liguria, in Gruppo Ricercatori Aerei Caduti Piacenza (Grac) 

Walker Harris con la moglie, durante una visita nel 2000 alla casupola dove era situata la base della Missione Flap. In mezzo, Pietro Cosa, il figlio di Piero Cosa, comandante della Divisione Autonoma "Alpi" - Fonte: Grac

Da informazioni non controllate o da semplici supposizioni popolari sembra invece che Dell Klemme si sia salvato […] passare e ripassare più volte a volo radente su Pecetto un aereo il quale, raggiunta l'altezza del Castello, avrebbe effettuato alcune scivolate d'ala per trasmettere l'ultimo saluto ai suoi amici di un tempo. Il pilota di quell'aereo sarebbe stato Dell Klemme. Osvaldo Mussio, Tra lo Scrivia e il Po. Uomini e episodi della Resistenza, Edizioni dell'Orso, 1982

[ n.d.r.: Ross, Michael Ross, nel suo From Liguria with love. Capture, imprisonment and escape in wartime Italy, Minerva Press, London, 1997 (aggiornato di recente dal figlio, David Ross, The British Partisan, Pen & Sword, London, 2019), raccontò in modo dettagliato anche la permanenza sua e di Bell tra i partigiani imperiesi. Dei patrioti non fece mai nomi veri o di battaglia, ad eccezione del sopra citato Giuseppe Porcheddu e della sua famiglia, presso i quali idue ufficiali britannici trovarono ospitalità clandestina per circa un anno, di Renato Brunati, martire della Resistenza, e Lina Meiffret, tornata salva dalla deportazione in Germania, ma tormentata, a dir poco, nello spirito, i quali per primi sul finire del 1943 diedero loro rifugio ai due ufficiali in Baiardo, di Vito - Vitò, Ivano, Giuseppe Vittorio Guglielmo, comandante della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione" - di Achille - identificabile in Achille "Andrea" Lamberti del Gruppo Sbarchi Vallecrosia - e di Giuseppe Porcheddu, colui che li tenne nascosti per circa un anno e che tentò di aiutarli in varie maniere. Di questo libro qui si vogliono citare solo alcuni fatti immediatamente antecedenti la fuga finale. Che per tre volte,  a seguito delle comunicazioni via radio fatte dal telegrafista dell'ufficiale di collegamento alleato, il capitano del SOE britannico Robert Bentley, un sommergibile inglese si avvicinò alla costa vicino a Taggia - forse alla Curva del Don di Riva Ligure, già altre volte pensata per simili missioni; che che per due volte la scorta dei partigiani ed il gruppetto degli alleati - tra i quali i sopra menzionati Erickson e Klemme - che dovevano imbarcarsi dovettero fuggire perché trovarono i tedeschi che li mitragliarono con l'ausilio di bengala; che all'ultimo appuntamento con il natante i nazisti attesero invano, perché nel frattempo i garibaldini avevano individuato la spia che aveva messo in allarme il nemico, una giovane donna, di probabile origine iugoslava, prontamente giustiziata. Che risultarono dispersi, poco prima della loro partenza, due partigiani e due americani, indicati come Ricky e Reg. E che alla fine si compose la squadra che, come già detto qui all'inizio, marciò verso Vallecrosia ]

Giorni dopo recuperammo altre due barche dal solito deposito […] finalmente portammo i battelli al mare e i 7 passeggeri (i 5 alleati e i 2 "passeur"). Prima di partire uno dei "passeur" volle collaudare le barche per verificare che tenesso il mare. Imbarcati tutti, partirono in 9 guidati da Achille e un altro, non ricordo se "Gireu" [Pietro Gerolamo Marcenaro] o Renzo Rossi o altri. Credo Renzo Rossi, che era il capo di tutta l’organizzazione sbarchi. Arrivarono sani e salvi e questa operazione accrebbe non poco la considerazione degli alleati per la Sezione Sbarchi di Vallecrosia.
Renato Dorgia in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit. 

lunedì 26 ottobre 2020

Il fallimento della missione alleata Zucca in provincia di Imperia


Il 12 andante la guardia di finanza di Riva S. Stefano procedeva all'arrivo del treno antimeridiano proveniente da Genova al fermo di un individuo che subito dopo riusciva a liberarsi ed a darsi alla fuga, senza essere raggiunto, nonostante l'inseguimento e l'esplosione di alcuni colpi.
L'individuo abbandonava una valigetta contenente un apparecchio radio trasmittente e ricevente di fabbricazione straniera, una pistola "Beretta" con caricatore carico e pallottola in canna e due lettere, una delle quali a firma MONTESI Aldo.
Sono in corso accurati accertamenti ed attive ricerche per l'identificazione ed arresto del responsabile.
L'apparecchio è stato consegnato al locale Comando Militare Germanico, a sua richiesta.
Null'altro da segnalare per il territorio di questa Provincia, ove non si sono verificati altri avvenimenti degni di particolare rilievo [...]
Ermanno Durante, Questore di Imperia, Relazione settimanale sulla situazione economica e politica della Provincia di Imperia, Al Capo della Polizia - Maderno, 29 febbraio 1944
 
Ermanno Durante, ex-Questore d’Imperia, torturatore di partigiani nel Campo di Fossoli
Daniel Degli Esposti, Episodio del Poligono del Cibeno, Fossoli, Carpi, 12.07.1944, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia
 
Santo Stefano al Mare (IM): una vista, nell'ordine, fino a Riva Ligure, Arma di Taggia, costa orientale di Sanremo

[…] il caso della missione Zucca del 2677° reggimento O.S.S.-U.S. Army. Ne era a capo il tenente di artiglieria Piero Ziccardi, Zucca, Bruno, che, da Roma, fu inviato a Genova per attuare un collegamento fra il Comando Supremo e la città, con l’aiuto degli americani. Egli iniziò a tessere una rete informativa che ebbe un duro colpo la notte del 22 febbraio [1944] a Riva Santo Stefano [n.d.r.: oggi due distinti comuni della parte centrale della provincia di Imperia], quando la polizia sorprese alcuni appartenenti all’organizzazione che attendevano un sommergibile alleato che doveva sbarcare materiale. Vi fu uno scontro a fuoco, una radio fu sequestrata e fu perduta una borsa piena di documenti [...] 
Giuliano Manzari, La partecipazione della Marina alla guerra di liberazione (1943-1945) in Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Periodico trimestrale - Anno XXIX - 2015, Editore Ministero della Difesa
 
Il sommergibile citato era atteso davanti al margine occidentale di Riva Ligure e lo scontro con la polizia fascista dovrebbe essere accaduto secondo Peter Tompkins, citato qui infra, a Sanremo, ma la versione preferita dalla maggior parte degli autori che si sono occupati dell'episodio è similare a quella del Manzari, anche perché - vedere sia sopra che infra - esiste precisa documentazione di fonte repubblichina che avvalora tale circostanza; in ogni caso sulla dinamica dei fatti tutti gli autori si trovano sostanzialmente d'accordo.
Adriano Maini
 
Poco dopo la liberazione di Napoli, Stimolo [n.d.r.: già eroe delle Quattro Giornate di Napoli] era stato inviato da Bourgoin assieme ad altri a Roma per prendere contatti con i gruppi partigiani locali, tornando alla base di Pozzuoli alla fine del mese di novembre 1943. Successivamente era stato imbarcato nel sommergibile Axum che, nella notte tra il 4 e il 5 dicembre 1943 aveva sbarcato sulle rive tra Pesaro e Gabicce, al di sotto del Colle San Bartolo, numerosi agenti inviati da Bourgoin, destinati a varie distinte missioni nel Nord Italia. Tra di essi vi era Stimolo (Corvo), con l'obiettivo di raggiungere a Roma il fratello Luigi (Civetta) e con lui ed il radioperatore Aldo Montesi (Maria Giovanna), ricongiungersi con gli uomini della missione Zucca operativi a Genova per supportarli nel portare a termine l'incarico affidato.
 
L’OSS, nata nel 1942, diede un forte contributo per organizzare lo sbarco degli alleati in Sicilia e Corvo [Max Corvo] era alla testa del S.I. (Service Intelligency). L’OSS si frantumò in varie Sezioni ma Max [Corvo] rimase a capo del S.I. fino a fine guerra; a questa apparteneva anche l’ORI (Organizzazione Resistenza Italiana), composta da circa 45 agenti, costituita a Napoli nel novembre del 1943, al cui comando era Raimondo Craveri, sorretto dal suocero Benedetto Croce. La maggior parte dei 45 antifascisti proveniva dal nord Italia, e diede un importante contributo alla lotta partigiana [...] fu costituita una Sezione OSS-SIM presso il Governo Badoglio con a capo il Maggiore [André] Bourgoin, un americano di origine francese che odiava gli italiani.
Ennio Tassinari su Patria Indipendente,  18 febbraio 2007 

Uno scorcio dell'ex stazione ferroviaria di Riva - Santo Stefano

La quinta missione speciale condotta da una delle squadre a bordo del sottomarino Axum e denominata "Maria Giovanna", fu compiuta in Liguria. Il 5 dicembre 1943, Enzo Stimolo, nome in codice “Corvo”, che aveva già preso parte alla citata prima squadra a Roma, sbarcò, insieme con il radiotelegrafista Aldo Montesi, “Maria Giovanna”. Bourgoin ordinò a “Corvo” di andare a prendere suo fratello Luigi, “Civetta”, che era a Roma e di procedere immediatamente verso Genova per stabilire ivi il suo Quartier Generale e costituire una rete di agenti nella regione Liguria. Stimolo arrivò sano e salvo a Genova e stabilì immediatamente il collegamento con il Quartier Generale. Nello stesso tempo, intorno alla metà di febbraio, Bourgoin, che aveva pianificato due missioni denominate Richmond IV e V, decise di far atterrare sulla costa ligure, vicino a Sanremo, gli agenti che componevano le squadre incaricate delle predette missioni. A Stimolo “Corvo” fu ordinato di posizionarsi sulla spiaggia con la sua attrezzatura radio, in maniera tale da poter assicurare un costante collegamento diretto con le due spedizioni, prima del programmato atterraggio. Nel frattempo, Bourgoin e le due squadre sorvolavano la Corsica, con tutti gli uomini e l’equipaggio, in attesa di ricevere segnali da “Corvo”. Sfortunatamente, anche la missione di Stimolo e compagni non ebbe successo. L’epilogo fu così delineato dallo stesso capitano Bourgoin: “Sfortunatamente, al loro arrivo presso la stazione ferroviaria (di Sanremo, nda) la guardia doganale volle ispezionare la valigia nella quale era custodita l’attrezzatura radio. Stimolo tolse la valigia dalle mani del suo radio operatore e gli disse di scappare; repentinamente, si voltò indietro e sparò al doganiere un colpo di pistola; saltò sopra la barriera e sparì in mezzo alla folla. La radio andò perduta e Stimolo contattò immediatamente il Dottor Beltramini per avvertirlo di cancellare l’operazione in quanto non era più in tempo”.
L’episodio fu riportato in una versione parzialmente differente dal radio operatore Aldo Montesi, il quale, a differenza di quanto testimoniato da Bourgoin, non menzionò l’uccisione del doganiere, riferendo, al contrario, che “Corvo” era scappato, mentre l’altro lo aveva inseguito sparando. Infine, Montesi raccontò di essere restato immobile e, quindi, arrestato anche se poi, avendo risposto in modo non sospetto, fu solo perquisito e finalmente rilasciato: “Non trovarono niente di incriminante e io offrii a ciascuno un pacchetto di sigarette che accettarono […] Entrai in un ristorante per distruggere il piano di trasmissione e il cifrario che avevo in tasca […] Presi il treno per Genova”. <68.
Successivamente, il capitano Bourgoin paracadutò a Stimolo un’altra apparecchiatura radio sulle Alpi e quest’ultimo la trasportò a Genova. L’agente iniziò così a svolgere un lavoro molto interessante grazie al quale furono ottenute informazioni militari di grande valore.
68 Il rapporto Montesi (NARA RG 226, E. 124, B. 30), è citato da P. Tompkins che, a tal proposito, riportava anche la testimonianza di tale Tristano Luise “Dattilo” che avrebbe preso parte alla missione con “Corvo”, “Civetta” e Montesi, di cui invece Bourgoin non faceva menzione. P. Tompkins, L’altra Resistenza cit., pp. 400 e 401.
Michaela Sapio, Servizi e segreti in Italia (1943-1945). Lo spionaggio americano dalla caduta di Mussolini alla liberazione, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, 2012
 
Una vista del tratto di costa, compreso tra il levante di Sanremo e Santo Stefano al Mare (IM)

Nel frattempo Ziccardi, che aveva assunto il nome di copertura di "Zucca", doveva cercare un posto sicuro sulla costa Ligure dove poter sbarcare uomini ed equipaggiamento. Ziccardi-Zucca tornò a Genova dove, assieme al suo vecchio amico Tristano Luise, "Dattilo", collaborò con la missione di Enzo Stimolo (Corvo), sbarcato il 5 dicembre [1943] dal sottomarino Axum sulla costa adriatica con gli altri agenti di Bourgoin [...] Lo scopo di Bourgoin era di adoperare i due Stimolo, ex membri del SIM, per tenere sotto controllo Zucca e i suoi subagenti, arruolati tra i suoi studenti. Arrivati a Genova, i fratelli Stimolo, che non conoscevano nessuno da quelle parti, aggregandosi a Zucca e Dattilo informarono Bourgoin che avevano trovato un posto di sbarco su una spiaggia deserta cinque chilometri a sud [piuttosto, a levante] di San Remo, alle foci della fiumara di Taggia, poco prima di Santo Stefano al Mare [come per altre successive missioni alleate ipotizzate o fallite verso i partigiani imperiesi si trattava di una zona coincidente o abbastanza prossima al Giro del Don nell'attuale comune di Riva Ligure]. Per sbarcare in quel punto uomini ed equipaggiamento Bourgoin partì in volo per Bastia dopo aver ordinato a Stimolo di aspettarlo sulla spiaggia con la sua radio in modo da restare in contatto costante con lui, mentre, con gli uomini da sbarcare, si sarebbe avvicinato via mare. Il 22 febbraio Corvo, Dattilo e il radiooperatore Montesi presero il treno per San Remo. Zucca non poté partecipare perché quel giorno doveva essere a Milano per fare lezione all'università. I cospiratori, scesi alla stazione di San Remo, furono fermati all'uscita da una guardia doganale che insisteva nel voler ispezionare la valigetta in cui c'era la radio. Nel resoconto drammatizzato di Bourgoin: "Stimolo prese in mano la valigetta dall'RT [radiotelegrafista] e girandosi verso il doganiere gli sparò un colpo di pistola, uccidendolo. Saltò il cancello e si perse nella folla". Il racconto più sobrio di Dattilo, testimone della scena, non fa menzione di questa uccisione. Riferisce che Stimolo riuscì a scappare schivando una raffica sparatagli dietro. Questa testimonianza è convalidata dal radiooperatore Montesi con maggiori dettagli: "Corvo portava la radio e io una borsa con cose personali. Al primo posto di controllo egli riuscì ad evitare una perquisizione da parte di due guardie repubblicane, dicendo che la valigia conteneva strumenti chirurgici e che aveva premura perché vi era una persona in pericolo di vita. Le guardie gli credettero e lo lasciarono passare. Ma un po' più in là fu fermato da una persona in borghese che insisteva nel vedere dentro la valigia. Corvo gli ripeté la storia di prima, ma non fu creduto. Vedendo che l'uomo tirava fuori la rivoltella, Corvo pose la valigia su un muretto e scappò, mentre l'altro lo inseguì sparando". Montesi continua la sua descrizione: "Decisi di non muovermi e di mantenere la calma, pensando che se avessi cercato di scappare sarei stato inseguito... Le due guardie repubblicane mi arrestarono. Con calma chiesi loro perché. Che colpa avevo io se uno scappava con roba da borsa nera... A tutte le loro domande risposi in modo naturale e fortunatamente fui creduto. Frugarono nella mia borsa, nella quale avevo dichiarato esserci effetti personali e dodici pacchetti di sigarette. Non trovarono niente di incriminante e io offrii a ciascuno un pacchetto di sigarette, che accettarono volentieri... Entrai in un ristorante per distruggere il piano di trasmissione e il cifrario che avevo in tasca... Presi il treno per Genova". Dattilo, che portava una borsa di documenti da imbarcare, piena di informazioni che avrebbero potuto incriminarli tutti, riuscì a nasconderla in una casa diroccata sulla strada per Santo Stefano al Mare, evitando la polizia sopraggiunta su varie macchine. Dalla stazione di San Remo Dattilo partì per Milano e comunicò alla base attraverso la radio di Como che bisognava cancellare l'operazione. Per due giorni Corvo si nascose in montagna, inseguito dalla polizia, per poi tornare tranquillamente a Genova. Il 26 febbraio Alberto Blandi, "Falco", una giovane recluta di Zucca, tornò a Santo Stefano al Mare per cercare la borsa lasciata da Dattilo nella casa diroccata. Avendo indicazioni precise, quando non trovò la borsa capì che qualcuno l'aveva portata via, esponendo tutti loro a grave pericolo se fosse caduta in mano alle SS. Ma la Gestapo era già sulle loro tracce per via di un altro giovane reclutato da Zucca, "Conte". Questi si era messo a frequentare un interprete della Gestapo per ottenere informazioni ed era stato pedinato. Arrestato, "Conte" fu torturato brutalmente finché dopo dieci giorni fece il nome di Zucca [...] Zucca riuscì a scappare e si rifugiò a Milano, dove si aggregò alla rete di Como grazie alla moglie Wanda, lasciando a Dattilo l'organizzazione a Genova. Dattilo durò poco. Nella missione di Corvo a Genova si verificarono una serie di fatti ancora più gravi. Il debole di Bourgoin per il doppio gioco e per le trattative con i doppiogiochisti avrebbero avuto conseguenze disastrose [...]
Peter Tompkins, L'altra Resistenza. Servizi segreti, partigiani e guerra di liberazione nel racconto di un protagonista, Il Saggiatore, 2009
 
Il torrente Caravello a Riva Ligure

Il 22 febbraio 1944 Stimolo, Luise e Montesi, scesi alla stazione ferroviaria di Sanremo, furono bloccati da militi della RSI che chiedevano di ispezionare la loro valigetta, in cui era contenuta la radiotrasmittente. Stimolo, riuscito ad evitare la perquisizione con una scusa credibile, venne subito dopo bloccato da un individuo in borghese che richiese nuovamente di ispezionare la valigetta e che, alle risposte evasive dei cospiratori, fece l'atto di tirare fuori una rivoltella. A quel punto Stimolo abbandonò la valigia e si diede alla fuga, inseguito dai colpi di pistola, mentre i suoi compagni furono arrestati ma successivamente rilasciati, riuscendo abilmente a liberarsi dei documenti compromettenti che avevano addosso. Stimolo, dopo alcuni giorni di fuga, braccato dalla polizia, ritornò a Genova, continuando ad operare clandestinamente. 
 
Di questo periodo è pure da ricordarsi un fatto riguardante la missione Zucca, avvenuto nel territorio della provincia di Imperia. La missione "Zucca", centro di informazioni così denominato, aveva sede in Genova ed operava in collegamenti con esponenti di primo piano delle forze resistenziali della stessa città, con lo scopo di tenere contatti con gli Alleati [...] Nella notte del 22 febbraio 1944 alcuni componenti di detta missione, portatisi a Riva Santo Stefano in vicinanza di Arma di Taggia, erano in attesa di un sottomarino alleato, per "sbarcare e imbarcare materiale", quando furono scoperti dalla polizia dei nazifascisti. Vi fu uno scontro, durante il quale i nazifascisti perdettero un uomo; la missione "Zucca", da parte sua, perdette una radio trasmittente ed una borsa piena di documenti, la cattura della quale paralizzò per molto tempo l'attività della missione stessa. L'operazione progettata non si potè effettuare.
Giovanni Strato, Storia della Resistenza imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Sabatelli Editore, Savona, 1976
 
Pagina 34 del Notiziario GNR del 3 marzo 1944 cit. infra - Fonte: Fondazione Luigi Micheletti

dalla LIGURIA
Imperia
Il 22 febbraio u.s., verso le ore 11,30, presso lo scalo ferroviario di Riva S. Stefano, una pattuglia annonaria della Guardia di Finanza fermò uno sconosciuto recante una pesante valigia. Costui abbandonò la valigia dandosi alla fuga, invano inseguito e fatto segno a colpi d'arma da fuoco. Nella valigia venne rinvenuto un apparecchio radio trasmittente e ricevente di marca inglese, una pistola automatica, una bussola e un foglio con codice convenzionale per trasmissioni. Il tutto fu consegnato al comando provinciale germanico.
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del giorno 3 marzo 1944, p. 34,  Fondazione Luigi Micheletti  
 
Sempre nella provincia di Imperia si svolse il 22 febbraio 1944 un'azione della cosidetta "Missione Zucca". Si trattava di un centro di informazioni con sede in Genova che svolgeva anche attività operativa sul territorio ligure e che organizzò, nella zona di Arma di Taggia, una missione al fine di sbarcare materiale da un sottomarino alleato. La missione fallì in quanto fu scoperta dalla polizia nazifascista e conseguenza di tale fallimento fu l'arresto, la deportazione e la fucilazione di alcuni dei suoi membri.
Paolo Revelli, La seconda guerra mondiale nell'estremo ponente ligure, Atene Edizioni, Arma di Taggia (IM), 2012
 
Nei mesi successivi, a causa della delazione di un membro nell'organizzazione che faceva il doppio gioco, vennero scoperti e, nell'estate del 1944, arrestati numerosi membri della missione, tra cui gli stessi Dattilo e Zucca, compromettendone definitivamente l'esito. 
 

venerdì 22 maggio 2020

Gli aerei alleati hanno centrato il ponte di Nava


Il Pizzo d'Ormea (2476 m.) visto da Nava (IM) - Foto: Michela Biancheri
 
4 febbraio 1945 - Giornata di relativa calma. Solo nel pomeriggio si è sparsa la voce che ieri verso le tre pomeridiane una formazione di aerei hanno mitragliato la strada tra Ponte di Nava ed Ormea, ove erano in transito molte salmerie di tedeschi e repubblichini.
5 febbraio 1945 - Stamane i tedesci hanno fatto operazioni di rastrellamento e di controllo nella Alta Arroscia [...] Un fatto indubbiamente serio è stato il bombardamento della Cartiera di Ormea che ha subito danni assai gravi. Uno degli apparecchi si è incendiato ed è caduto verso il Castello di Ardea. Il pilota si è lanciato col paracadute ed è caduto in regione Castelletto [comune di Ormea (CN)]. Nel bombardamento di sabato è rimasta uccisa una donna che transitava sulla Nazionale.
Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, tip. Dominici Imperia, 1994

13 febbraio 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 287/SIM, alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Chiedeva di comunicare al capitano Roberta [capitano dello SOE britannico Robert Bentley, ufficiale di collegamento degli alleati con il comando della I^ Zona Operativa Liguria] il bombardamento alleato di Sanremo, avvenuto il giorno prima.
15 febbraio  1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria [comandante Curto Nino Siccardi] al comando della Divisione “Silvio Bonfante” ["Giorgio" Giorgio Olivero, comandante] - Trasmetteva i ringraziamenti del capitano Roberta [capitano Robert Bentley] per la prontezza con cui era stato realizzato il collegamento con il colonnello Stevens e assicurava che il medesimo avrebbe preso in considerazione l’ipotesi di fare bombardare Ormea (CN), come suggerito dal comando in parola.
25 febbraio 1945 - Dal comando della V^ Brigata [comandante Fragola Doria Armando Izzo] al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Avvisava che "nei giorni scorsi salivano da Pigna, provenienti da Isolabona, 17 soldati della RSI, di cui 6 tra tedeschi e russi, per rinforzare il presidio di Molini; inoltre, giunsero altri 15 militari della RSI provenienti da San Bernardo di Conio. A Pigna il presidio è di 40 uomini; a Isolabona vi sono 3 batterie antiaeree che sono bersaglio dei bombardamenti alleati... Dal fronte a Savona le truppe tedesche ammontano a circa 4000 uomini, tutti appartenenti alla 34^ Divisione".
25 febbraio 1945 - Da "Corrado" al comando della Divisione “Silvio Bonfante” - Informava che "200 tedeschi provenienti da San Remo e zone limitrofe hanno avuto l'ordine, a causa dei bombardamenti alleati, di spostarsi a Pieve di Teco, dove è giunto il maresciallo Grot, già responsabile del massacro avvenuto in quella località...".
da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999

A margine del documento stilato in occasione del suo interrogatorio i partigiani scrivevano: "risultano le seguenti informazioni di carattere generale sull'esercito tedesco: la 34ª divisione […] é un organismo militare dislocato nella Liguria e di esse fanno parte delle più svariate nazionalità in proporzione del 20/100 di Tedeschi e tutto il resto ossia l'80/100 di polacchi, russi, francesi, cecoslovacchi ecc. Riguardo al resto nessuna informazione si è potuta sapere data la loro condizione speciale che li faceva considerare da parte dei tedeschi quasi come prigionieri di guerra senza possibilità di venire a contatto con la popolazione civile e di essere al corrente della situazione politica e militare dell'Europa" (488).
Francesco Corniani, "Sarete accolti con il massimo rispetto": disertori dell'esercito tedesco in Italia (1943-1945), XXX° CICLO DEL DOTTORATO DI RICERCA IN Storia delle società, delle istituzioni e del pensiero. Dal medioevo all'età contemporanea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2016-2017
(488) Verbale dell'interrogatorio fatto il sabato 28 ottobre 1944 a due prigionieri catturati a Beinette, ivi.

25 febbraio 1945 - È giunta da Imperia una colonna tedesca di circa 300 uomini, con relative salmerie. Da mezzogiorno alle quattro pomeridiane si verifica un ininterrotto transito di formazioni aeree. Il terribile maresciallo Grot, che se ne era andato, è ritornato a Pieve da quattro giorni e stamattina con una cinquantina di uomini è partito per un'operazione di rastrellamento verso Mendatica.
10 marzo 1945 - Sono le 9 e quattro ricognitori provenienti dal mare hanno sorvolato la zona di Pieve scendendo a quota bassissima e avendo come apparente obbiettivo i ponti. Si crede abbiano preso fotografie. La popolazione si è spaventata anche perché è stata la prima volta che si udiva il segnale di allarme dato dalle campane suonate a martello.
15 marzo 1945 - Ore 9 due aerei scendono dal vallone di Armo e si precipitano in picchiata sulla Pieve, emettendo un acutissimo sibilo. Lo sorvolano fino all'Ammazzatoio, ove deviano a bassissima quota verso Muzio e si disperdono nella valle. Intanto le campane suonano a martello in segno d'allarme e la gente spaventata si raccoglie dove si crede meglio protetta. Passano parecchi minuti e la scena si ripete sempre con maggiore fragore. Gli operai e i tedeschi, che lavorano al ponte nuovo, fuggono e si accovacciano negli uliveti circostanti. È stata una mattinata piena di emozione e di spavento.
Nino Barli, Op. cit. 
 
Il 12 marzo 1945 Ormea fu bombardata da un feroce mitragliamento. Il municipio, le case furono crivellate di proiettili, e per un caso del tutto straordinario le ville Pittavino e Bianchi, sedi del comando tedesco, colpite in pieno; non si potè mai sapere il numero delle vittime perchè asportate nottetempo; tra queste risultava un ufficiale [...] Il 15 marzo alcuni apparecchi in picchiata lanciano centinaia di manifestini sulla cartiera in lingua tedesca. Intanto continuano gli spari di molestia da parte dei partigiani.
Guida di Ormea, a cura delle "Campane di San Martino", 1986

17 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM della Divisione “Silvio Bonfante” ["Livio", Ugo Vitali, responsabile], prot. n° 1/96, al comando della Divisione - Riportava le notizie ricevute il 12 marzo da un informatore ed aggiungeva che il maresciallo Grot, addetto al controspionaggio tedesco, era stato trasferito da Pieve di Teco a Pontedassio e, ancora, che sempre il 12 marzo il comando della II^ Brigata "Nino Berio" aveva condannato e fatto giustiziare il commissario di P.S. Santo Miglietta e l'agente Attilio Sorbara, che erano stati catturati armati di mitra nella zona di Diano Marina.
17 marzo 1945 - Dal comando della Divisione “Silvio Bonfante”, prot. n° 204, al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Informava che era stato in visita il commissario della I^ Zona Operativa Liguria "Sumi" [Lorenzo Musso], che doveva poi fermarsi a Viozene [Frazione del comune di Ormea, Alta Val Tanaro, provincia di Cuneo] per discutere di alcune questioni con "Martinengo" [Eraldo Hanau, comandante di una delle formazioni badogliane]...
17 marzo 1945 - Dal comando della Divisione “Silvio Bonfante” al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Sottolineava l'importanza di un documento ritrovato ad Ormea (CN), che meritava una corretta traduzione perché "potrebbe trattarsi di una richiesta di rimpatrio per le truppe tedesche". Chiedeva altro materiale bellico attraverso gli avio-lanci alleati "per poter incalzare ancora di più il nemico", in particolare un lancio nel periodo compreso tra il 23 ed il 27 marzo "verso le ore 21,30, in quanto sarà un periodo favorito dalla posizione della luna". Aggiungeva che continuava l'affluenza di volontari nelle fila partigiane, ma che venivano accolti solo uomini conosciuti o già appartenenti a bande locali.
17 marzo 1945 - Dal comando della Divisione “Silvio Bonfante” al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Svolgeva una lunga relazione soprattutto sul tema degli aviolanci alleati, di cui si riportano qui di seguito significativi stralci: "... il giorno 13 u.s. si è effettuata l'operazione lancio nella località convenuta [Piano dell'Armetta nei pressi di Alto (CN)]; sono stati lanciati 33 colli di cui 28 recuperati nella serata ed i restanti 5 nella successiva mattinata. Non è stato possibile per il disturbo alle stazioni radio ricevere il messaggio per il lancio del giorno successivo. Tutte le tracce del lancio sono state cancellate anche grazie alla popolazione, di modo che i tedeschi non hanno trovato nulla. Data l'esperienza si consiglia di potenziare l'ascolto messaggi mediante l'aumento delle apparecchiature sulle 3 linee, visto che si è ordinata la revisione dell'impianto di Nasino. È da evitare inoltre il lancio in giorni consecutivi, poiché vi è un'unica via di deflusso rappresentata da una mulattiera ed è, quindi, impossibile creare una colonna eccessivamente grande di muli, perché desterebbe sospetti ed in quanto l'occultamento del materiale va eseguito a spalla. Il luogo si è mostrato idoneo allo scopo, per cui per il prossimo lancio si richiedono 150-180 colli. Non servono fucili, ma armi automatiche, mortati leggeri, bombe anti-carro. Il collo indirizzato a 'Roberta' [capitano Robert Bentley] contiene 2 R.T. [radiotrasmittenti]: si prega di inviare degli uomini a prelevarle. Il giorno 11 u.s. è stata bombardata Ormea ed è stata colpita la sede del generale. Alcuni garibaldini hanno requisito in detto comando vario materiale, tra cui una lettera, di cui si invia la traduzione, circa gli spostamenti delle truppe tedesche. Sopra Ormea i tedeschi accendono fuochi per ingannare gli aerei alleati".
30 marzo 1945 - Da "Pantera" [Luigi Massabò, vice comandante della VI^ Divisione “Silvio Bonfante”] al SIM della VI^ Divisione - Avvertiva che "... Ad Ormea si trovano 20 tedeschi. Gli aerei alleati hanno centrato il ponte di Nava..."
da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit.
 

sabato 25 aprile 2020

Siamo francesi! Arrendetevi!

Sanremo (IM) - una vista

[...] Verso le 16 del pomeriggio di quel 24 aprile [1945], il Cap. Lamb del SOE venne a prelevare [entrambi del Gruppo Sbarchi Vallecrosia] il sottoscritto [Renzo Rossi] e Marcenaro [Pietro Gerolamo Gireu Marcenaro] al Petit Rocher per condurci al Q.G. Interalleato di Nizza "LA LIAISON". 
Durante il viaggio ci comunicò che sul greto del fiume Roia a Ventimiglia, all'altezza di Roverino, il pilota (lì costretto ad atterraggio di fortuna con l'aereo mentre era in volo di ricognizione) aveva comunicato con la radio di bordo che i tedeschi avevano evacuato Ventimiglia.
Ci disse che si dovevano prendere delle gravi decisioni e che la nostra presenza sarebbe stata determinante. 
Premetto che all'epoca avevo appena compiuto 21 anni e Marcenaro 25 ed il fatto di essere stati convocati in sì alto loco ci lasciava molto perplessi anche perchè il Cap. Lamb non ci disse che cosa si attendevano da noi personaggi così importanti [...]

Erano ormai le 19 e dal fronte nessuna novità.
Il generale francese insistette, voleva sapere esattamente che cosa facevano i tedeschi prima di prendere una decisione tanto grave. Ben sapeva che nessuno voleva morire proprio all'ultimo giorno di guerra. 
Fece quindi la proposta di inviare immediatamente una missione di ricognizione oltre Capo Nero [tra Ospedaletti e Sanremo] e che questa operazione dovevamo farla noi italiani.
Rispondemmo che eravamo ben disposti a sbarcare a Vallecrosia, dove avevamo la nostra base e metterci al seguito dei tedeschi per segnalarne i movimenti. Ci rispose di no, che uno sbarco a Vallecrosia avrebbe richiesto troppo tempo, che non c'era un radiotelegrafista disponibile e che l'unico mezzo di comunicazione erano i piccioni viaggiatori. 
Insistette che gli occorreva una risposta prima dell'alba, perché doveva dare l'ordine di avanzata alle truppe di terra e chiedere l'intervento della marina e dell'aviazione.
Ci disse che si rendeva ben conto che si trattava di una missione suicida anche e soprattutto a causa dei campi minati che noi non conoscevamo e che saremmo andati allo sbaraglio senza alcun collegamento a terra [...]

Il Cap. Lamb ci riportò alla base di Villefranche. Un corteo di vetture piene di ufficiali alleati ci seguiva. Al Petit Rocher tutti continuarono a commentare la decisione del generale; poi arrivò il kajak e la gabbia con i due piccioni viaggiatori.
Arrivò una telefonata al Q.G. dal fronte: nessuna notizia. BISOGNAVA PARTIRE.
Partimmo immediatamente su di un velocissimo motoscafo RIVA.
Mare calmo come un olio. Luna piena. Un incrociatore ed un cacciatorpediniere (gli stessi che avevano bombardato il deposito tedesco di Piazza Colombo a San Remo) si misero sulla nostra scia.
Tutto il dispositivo militare francese era sul pronti a muovere. L'equipaggio del motoscafo era composto da: Cap. La Barrière del D.G.E.R. (una colomba), Cap. Muller della Surete Militare (un falco), il pilota Caesar (francese non meglio conosciuto) e Pedretti [Corsaro/Caronte] Giulio di Ventimiglia. E gli sbarcandi, [vale a dire] il volontario francese, Marcenaro, il sottoscritto, una gabbia con due piccioni viaggiatori ed un kajak.
Arrivati al largo di San Remo ci fermammo per decidere. Il Cap. Muller sosteneva che la città era ancora occupata dai tedeschi. Nessuna finestra era illuminata, nessun falò era stato acceso sulle spiagge e sul molo per segnalare che la città era libera. Fece osservare che quando una città è libera le campane suonano continuamente a distesa.
SAN REMO ERA NEL SILENZIO PIU' ASSOLUTO!
Secondo lui non valeva la pena rischiare la vita di tre persone. Bisognava mandare subito i colombi con il messaggio che la città era ancora in mano ai tedeschi [...]
Alla fine per tagliar corto a questa discussione poco piacevole fatta sulla nostra pelle, io e Marcenaro mettemmo il kajak in mare: io salii davanti, il francese in mezzo con la gabbia dei colombi e Marcenaro dietro.
Il motoscafo rientrò immediatamente a Villefranche e ci lasciò al nostro destino [...]

Remando con le pagaie, ci avvicinammo all'imboccatura del porto, costeggiando il mercantile affondato: sul molo non c'era nessuno.
Ci spostammo davanti al Morgana, ma ci venne il dubbio che la spiaggia fosse minata ed era vero.
Lentamente ci dirigemmo verso San Martino, ma pur essendo vicinissimi alla costa con una luna che sembrava il sole di mezzogiorno, non scorgemmo anima viva. Il francese cominciava a perdere la calma: "Nom de Dieu, où allons nous?" continuava a sussurrare. Marcenaro mi chiedeva "Renzu ti ghe cunusci, duve semu?" ed io rispondevo " nu ghe capisciu in b…"
A questo punto devo chiarire che in occasione della precedente discussione al Q.G., Marcenaro mi aveva chiesto se sapevo dove andare: al che avevo risposto di sì (infatti conoscevo l'indirizzo del Prof. Mascia Mario, segretario del C.L.N. di San Remo), ma il mio compagno intendeva l'ubicazione dei campi minati, che io purtroppo non conoscevo. Chiarito l'equivoco dopo tanti tentennamenti, nella speranza di vedere qualcuno, decidemmo di andare verso una casupola bianca: era il bunker tedesco sito sulla spiaggia proprio davanti al campo sportivo di San Martino.
Decidemmo di sbarcare sul viottolo che collegava il fortino al bagnasciuga. 
Prima di mettere piede a terra, gridai in tedesco e in italiano "Siamo francesi! Arrendetevi!". Nessuna risposta. 
Sbarcammo e seguimmo il sentiero con la massima prudenza (avevamo paura delle mine a strappo). Il bunker era vuoto, arrivammo alla ferrovia. Volgendo lo sguardo indietro vidi quei tristi cartelli che gli anziani ben ricordano "ACHTUNG MINEN". Ci era andata bene!
Attraversammo la via Aurelia e ci infilammo in una stradina che costeggiava ad est il campo sportivo.
Alla prima casa bussammo, un uomo si affacciò alla finestra, gli parlammo in dialetto. Si rassicurò e ci aprì la porta facendoci entrare in casa. Era il Sig. Zauli, figlio dell'ex Preside della Scuola di Avviamento di San Remo. Ci disse che gli ultimi tedeschi erano passati in serata e che a San Martino davanti al bar Bordin c'era già un posto di blocco partigiano. Con la moglie ci disse che avevano avuto paura che fossimo una retroguardia di fascisti. Mentre la signora ci preparava un surrogato, noi inviammo subito i colombi con i messaggi.
ERANO CIRCA LE TRE DEL MATTINO.
Scendemmo sull'Aurelia, ed avvicinandoci al posto di blocco partigiano fummo fatti segno ad una raffica di mitra per fortuna sparata in alto.
Quando si accorsero che eravamo alleati, ci furono scene di gioia da parte di tutti. Mi recai immediatamente  a casa del Prof. Mascia (che allora abitava a San Martino).
I piccioni viaggiatori fecero il loro dovere, l'offensiva fu sospesa, i GUMIERS non si mossero, le navi e gli aerei non bombardarono, la guerra era finita.
Ci mettemmo in marcia per Ventimiglia; arrivati in Piazza Colombo (erano ormai le nove del mattino) fummo portati in trionfo dai sanremesi che probabilmente furono un po' delusi quando si accorsero che io e Marcenaro eravamo della zona e parlavamo come loro. Speravano che fossimo dei veri inglesi [...]

Renzo "Stienca" Rossi, in Giuseppe Mac FiorucciGruppo Sbarchi Vallecrosia <ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia - Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale "Il Ponte" di Vallecrosia (IM) >, 2007


Il 25 aprile Renzo [Renzo "Stienca" Rossi] con alcuni dei suoi uomini si trovava alla base di partenza della spedizione in Francia, in una Villa della baia di Villafranca, in attesa di partire con un'altra spedizione di armi, quando giunse la notizia dello sganciamento tedesco. Nella notte egli parte accompagnato da Giraud [Pietro Gerolamo Gireu Marcenaro] e da due ufficiali francesi per riconoscere i movimenti delle truppe nemiche. La mattina del 26 approda alla Brezza ed entra in Sanremo già liberata prendendo contatto col C.L.N. della città. Fu questa l'ultima spedizione eseguita, l'ultima di una serie di imprese che fecero dichiarare al capo del controspionaggio tedesco in Liguria che "Vallecrosia ha costituito il perno della piccola Italia".
Mario Mascia, L'epopea dell'esercito scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia

Il 24 aprile 1945 con il suo reparto il sergente Bertelli rifiutò l'ordine di ripiegare e raggiunse i partigiani, con i quali tentò di sopraffare i militari tedeschi incaricati di far saltare il ponte sul Nervia [nell'omonima zona di levante di Ventimiglia].
Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

24 aprile 1945 - Dal comando [comandante Fragola Doria, Armando Izzo] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 229, al comando [comandante Vittò/Ivano Giuseppe Vittorio Guglielmo] della II^ Divisione - Comunicava che "dalle ore 23 del 23 u.s. Baiardo è in nostra mano ed i repubblicani hanno abbandonato precipitosamente il paese, lasciando anche del materiale. Anche Ceriana è completamente sgombra da truppe nemiche... Il I° Battaglione ["Mario Bini"] ha occupato Ceriana...".
24 aprile 1945 - Dal vice comandante [Luigi Gino Napolitano] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della V^ Brigata [Fragola Doria Armando Izzo, comandante] - Riferiva che "... nella serata del giorno in corso è sceso a Poggio di San Remo il I° Distaccamento ["Vitali", comandante Sergio Guido Lanteri] che attaccherà sulla Via Aurelia eventuali fuggiaschi. Domani scenderà da Borello per liberare San Remo in collaborazione con altri 2 Distaccamenti del I° Battaglione i quali scenderanno da Poggio".
24 aprile 1945 - Dal C.L.N. di Perinaldo al comando della II^ Divisione [Vittò/Ivano Giuseppe Vittorio Guglielmo, comandante] - Scriveva: "Comunichiamo che una nostra staffetta ha preso oggi contatto con un piccolo nucleo di degollisti dentro Ventimiglia. Tutta questa zona è tranquilla".
25 aprile 1945 - Dal comando della V^ Brigata al comando del II° Battaglione "Marco Dino Rossi" [Moscone Basilio Mosconi, comandante] - Direttiva di portarsi su Bordighera.
25 aprile 1945 - Dal comando della V^ Brigata al comando del I° Battaglione "Mario Bini" [Figaro Vincenzo Orengo, comandante] - Direttiva di portarsi verso Sanremo.
25 aprile 1945 - Dal comando della II^ Divisione "Felice Cascione" [comandante Vittò/Ivano Giuseppe Vittorio Guglielmo] al comando della I^ Zona Operativa Liguria [comandante Nino Curto Siccardi] - Comunicava che "Imperia-Oneglia è completamente sgombra"...
senza data - Dal C.L.N. [da Mario Mascia, Op. cit., si desume che i componenti erano: Gaetano Giorgio Ughes (PCI), segretario; Carlo Folco (DC); Ernesto Valcado (PSI); Carlo Lungo Aliprandi (PCI), addetto militare; Amilcare Milcoz Ciccione (DC), addetto militare; Ugo Frontero (PSI), addetto militare] della provincia di Imperia al CLN Regionale - "il 24 u.s. alla notizia che i nazifascisti si preparavano ad abbandonare la provincia radunai immediatamente questo CLNP. Si presero contatti con il comando delle SAP per il mantenimento dell'ordine pubblico. La sera del 24 il prefetto ed il questore unitamente al federale fascista abbandonavano Imperia. Fu nominato un Capo della polizia provvisorio scelto tra i garibaldini. Nella notte tra il 24 ed il 25 il servizio di pattuglia e d'ordine venne eseguito da squadre miste di SAP e di P.S. Il giorno 25 alle ore 14 l'ultima colonna di tedeschi in ritirata ha lasciato Imperia ed alle ore 16.30 del giorno stesso i nostri gloriosi garibaldini facevano il loro trionfale ingresso in città. La mattina del 26 aprile alle ore 8 si prendeva possesso della prefettura e si iniziava l'attività del governo provvisorio della provincia in rappresentanza del governo nazionale. Il prefetto, avvocato Ambrogio Viale, prendeva possesso del suo ufficio, così come il presidente della deputazione provinciale Filippo Gazzano ed il sindaco della città Goffredo Alterisio coadiuvato dalla giunta... venivano nominati i commissari per tutti gli enti fascisti e per gli altri enti di pubblica utilità. la sera del 25 il CLNP chiamava un dirigente tecnico dell'Ente Ricostruzione Provinciale di Imperia affinché provvedesse alla riattivazione delle principali strade: in tal modo il 2 maggio si poteva liberamente transitare sulle due principali arterie della nostra provincia. Il problema alimentare fu in parte sopperito dai partigiani che riuscirono a bloccare nella galleria di Capo Berta circa 1.000 quintali di farina che i tedeschi cercavano di portare via. Quando il CLNP era nel pieno sviluppo del suo lavoro, è giunto, purtroppo, il governo alleato a far cessare ogni nostra attività di governo. Lo stesso con suo manifesto ha dichiarato che il CLNP non è più organo deliberatorio, ma solo organo consultivo. L'Ente Ricostruzione Provinciale, le cui basi erano state studiate nel periodo cospirativo, si propone fini collettivi e perciò dovrebbe avere tutto l'appoggio possibile".
da documenti Isrecim in Rocco Fava di Sanremo (IM), "La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945)" - Tomo II - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999 
 
Tornato dalla ricognizione a Cima Marta e dalle zone su Briga non trovai più nessuno. 
Erano tutti scesi verso la costa. 
La strada da Carmo Langan rigurgitava di colonne tedesche in discesa verso Molini di Triora per andare ad imboccare poi la strada verso Rezzo (IM).
Io mi mordevo le mani perché ero nell'impossibilità di fare qualcosa. 
Avevo racimolato qualche uomo da Realdo, da Creppo, da Bregalla. 
In un momento di interruzione del transito dei nemici attraversammo un tornante di quella strada dirigendoci verso Colle Bracca. 
Di lì vidi uno spettacolo impressionante. Lunghe colonne di tedeschi erano in marcia sulla strada di Rezzo. Sarebbero bastati pochi uomini, dotati di armi automatiche, per fermare tutta la fila di tedeschi, senza possibilità di scampo: il passaggio dalle rocche di Drego, distrutto e rifatto male, comportava un passaggio lentissimo.
Sulla via Molini di Triora-Taggia i ponti erano stati fatti saltare.
Impossibilitato a fare qualcosa per mancanza di uomini ben armati, mi diressi verso San Faustino, dove recuperai altri partigiani.
Pensando che il grosso delle nostre forze fosse già a Sanremo, condussi i miei uomini verso Ceriana, Monte Bignone, San Romolo.
Nel tragitto il mio gruppetto aumentava di unità in continuazione. Erano però quasi tutti patrioti disarmati, ragazzi lasciati indietro perché semiinvalidi o per adempiere ad altre incombenze, una specie di informatori di retroguardia.
Giunti a Sanremo la trovammo tutta imbandierata...
Pagasempre, Arnolfo Ravetti, Capo di Stato Maggiore della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" in don Ermando Micheletto, La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di “Domino nero” - Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975 
 
[...] Raimondo Ricci "[...] Il mattino del 25 aprile i comandi di zona possono infatti informare gli Alleati che la via Aurelia è sgombra sino a Genova.
Analogamente, nell’altra riviera, le formazioni dell’Imperiese (prima zona operativa) si schierano per contrastare la ritirata. Il rapporto di forze è tuttavia sfavorevole: è impossibile tenere a lungo i blocchi delle strade, ma si possono sottoporre a continue incursioni le colonne in transito. Gli scontri più duri avvengono nelle zone della Val Arroscia e della Val Tanaro, sulle statali 20 (tra Ventimiglia e Albenga) e 28 (tra Imperia e il colle di Nava), sull’Aurelia e sull’Albenga-Garessio, dove i reparti partigiani sono pesantemente sottoposti al tiro delle artiglierie che proteggono il ripiegamento.
Molti reparti tedeschi si sbandano, al punto che, dopo la liberazione, i comandi partigiani devono disporre rastrellamenti dei boschi dell’entroterra.
Nel capoluogo e nelle città della costa le SAP ed i reparti delle divisioni di montagna operano a difesa degli impianti, impiegando prigionieri tedeschi per rimuovere le mine che minacciano le banchine e gli accessi dei porti.
Momenti di tensione si vivono a Bordighera tra i partigiani e le truppe britanniche, con cui dai fortini di confine sono avanzati anche contingenti francesi (Chasseurs des Alpes e truppe senegalesi) che pretendono di occupare tutto il settore occidentale della Riviera dei fiori, sino a Sanremo (tensioni analoghe si innescano nello stesso periodo al confine valdostano, certo in relazione con i rancori sedimentati dall’aggressione fascista alla Francia nel giugno 1940). La mediazione statunitense consente di superare questi difficili momenti, mentre il contributo della Resistenza italiana all’abbattimento del regime e la collaborazione nell’area ligure-piemontese con il movimento clandestino francese al momento della definizione dei confini giocano un ruolo importante [...]
".
Speciale Liberazione, Patria Indipendente, a cura di Lucio Cecchini, 31 marzo 2002
 
Completiamo la traduzione della Parte IV del Report on N. 1 Special Force Activities, during April 1945 iniziata nel fascicolo n. 3 1949 della Rassegna, e riportiamo integralmente la traduzione delle Parti V, VII e X e parzialmente, per ciò che pare interessare più direttamente la Resistenza Italiana, la Parte VIII. Rimandiamo, per le informazioni sul documento, alla Nota introduttiva pubblicata sul precedente fascicolo.
Tutti i rapporti rivelano che l’evacuazione della Liguria occidentale fu così rapida che le le unità partigiane ancora sui monti non furono in grado di entrare in azione così prontamente da effettuare quelle operazioni su vasta scala che erano nelle loro intenzioni; tuttavia in numerose località si ebbero dei combattimenti. I reparti S.A.P. delle città portarono a termine i loro compiti contro sabotaggio e ben poche distruzioni vennero compiute dal nemico [...]
Il 25 aprile i partigiani, con le nostre Missioni, occuparono Ventimiglia e Savona quasi senza resistenza; Imperia venne occupata il pomeriggio dello stesso giorno dopo un combattimento con il nemico in ritirata [...]
Nel periodo 26-29 aprile reparti francesi provenienti dalla frontiera francese occuparono la zona fino a Imperia. Il primo reparto alleato giunse a Savona il 30 aprile e i rappresentanti dell'A.M.G. giunsero a Imperia il 3 maggio.
25 aprile [...] Ventimiglia e San Remo conquistate dai partigiani e dal B.L.O.
Imperia, Savona e Albenga intatte liberate dai partigiani e dai B.L.O.
Redazione, Il contributo della Resistenza italiana in un documento alleato: relazione sull’attività del N. 1 Special Force in Italia contemporanea (già Il Movimento di liberazione in Italia dal 1949 al 1973), n. 4, 1950,  Rete Parri