lunedì 2 maggio 2022

Buon segno che i partigiani anelassero di nuovo ad incontrarsi col nemico

Alto (CN) - Fonte: Mapio.net

L'aspetto di Alto il 16 marzo [1945] era normale, nulla indicava che un lancio avesse luogo nelle vicinanze o che vi fossero concentramenti inconsueti di partigiani.
Che differenza con Garessio in luglio o Piaggia in ottobre. Allora una decina di partigiani riempiva un paese. Parevano migliaia e dopo un po' ti accorgevi cbe erano sempre le stesse facce. Ora invece pare che abbiano l'arte di scomparire.
Trovai Germano sulla piazza del paese; mi indicò la casa di Turbine, uno degli incaricati del lancio. «Sta con la moglie» mi disse. Infatti anche Turbine nei mesi scorsi si era sposato. Entrai: Basco [Carlo Giordano], Turbine, Trentadue [Angelo Antonini] e qualche altro [n.d.r.: tutti - sembra di capire dal racconto, della II^ Brigata "Nino Berio" della Divisione "Silvio Bonfante"] erano intorno a piatti di castagne e di latte.
«Sempre la solita cagnara - diceva Basco - chi si alza prima comanda. Nessuno di noi conosce il messaggio speciale, né i comandanti di brigata, né i capibanda ed è giusto. Poi ti trovi tra i piedi uno del S.I.M. [Servizio Informazioni Militare] che ascolta la radio con te e si mette a gridare: - Ecco il messaggio, stasera c'è di nuovo il lancio! - e tu ci fai la figura dello scemo. Il Comando ti garantisce che di lancio ne fanno uno solo perché la zona è pericolosa e così li fa perdere il secondo. Ma  perdere è poco, ti fa scannare a correre nel buio e tutto per niente. Poi ti fa aspettare tre giorni i signori della I Brigata ["Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante"] che vengano con comodo a ritirare la loro parte. Adesso la zona non è più rischiosa secondo il Comando...».
Ricordavo il Basco dello scorso luglio caposquadra della Matteotti: «Questa volta ci hanno fregato: siamo al buio in una zona che non conosciamo, ma domani non ci stiamo più».
Il capobanda del distaccamento «I. Rainis» aveva conservato lo spirito ribelle di allora. «Ci fanno i lanci adesso i signori inglesi. Sperano che diamo loro una mano quando verranno avanti. Quando avevamo bisogno di armi per difenderci,  per vivere, allora niente.
A Mauri [Enrico Martini] i lanci; noi che siamo comunisti, più moriamo meglio è. Ma i primi inglesi che vedo... ma siamo in pochi e finirebbe come in Grecia. Però sarebbe bello, fatti fuori i tedeschi, mandar via anche gli inglesi... Naturalmente i signori del Comando non la penseranno così. L'anno scorso quando speravano di scendere avevano abolito le stelle rosse, i fazzoletti, le bandiere, tutto quello che c'era di rosso, come se gli inglesi non ci conoscessero. Quei del  Comando stavano al centro a decidere e noi sui passi intorno a far la guardia, a difendere quelli che decidevano. Quando abbiamo capito che la nostra vita valeva la loro e abbiamo cercato un posto meno rischioso, il Comando è sparito, è diventato clandestino. Adesso che viene il buon tempo verranno di nuovo fuori, pianteranno gli uffici in un paese e diranno a noi delle bande di schierarci a difenderli, ma stavolta non ci riusciranno».
«Guardate Boris [Gustavo Berio, vice commissario della Divisione "Silvio Bonfante"]: non ha preso mai un rastrellamento. Che furbo! Prima era al S.I.M. e quando le notizie eran brutte cambiava aria. Adesso è commissario e fa i comodi suoi. A Nasino ha un rifugio che è impossibile trovarlo. I poveri   diavoli siamo noi che dobbiamo salvare gli uomini, il materiale e poi noi se avanza il tempo».
«L'altro giorno trova un contadino che ha un permesso del Comando tedesco sotto il nastro del cappello, lo interroga e poi ci dà l'ordine di fucilarlo. Come se la vita degli altri non contasse niente! Noi abbiamo detto di sì e poi lo abbiamo lasciato andare. È difficile giudicare uno ed è terribile condannarlo se non confessa. E' capitato a me con un S. Marco. Lo abbiamo interrogato per un giorno intero, ha sempre negato. Pure eravamo sicuri che era una spia. Dovevo essere io a giudicarlo e vi assicuro che non ho chiuso occhio quella notte. Il giorno dopo era scappato. L'abbiamo ripreso per un miracolo ed allora ha confessato: era venuto su per tradirci. Ma se non avesse parlato non avrei avuto forse il coraggio di ucciderlo, neanche dopo la fuga».
Il tempo passava intorno alla stufa, qualcuno entrava, altri uscivano. Lungo il muro i sacchi del lancio erano comodi sedili, nella stanza più interna Trentadue aveva dormito immerso nei paracadute. Basco raccontava del tempo in cui era  in Croazia come paracadutista: un giorno aveva aiutato i contadini a spegnere un incendio appiccato dagli alpini. Avevano avuto come compenso chili di miele. Un'altra volta avevano appostato una staffetta partigiana che passava di solito in uno stesso punto. L'avevano attesa a lungo, poi, appena avvistatala una raffica e la staffetta era caduta: «Ci avvicinammo cautamente, quando fummo a pochi metri lo slavo fece scoppiare una bomba a mano. Si uccise ma distrusse i  documenti che portava».
Episodi ed episodi, raccontati con naturalezza ed indifferenza. Ora si combatte da una parte, allora dall'altra. Ora si è rastrellati, allora si rastrellava. Si era mai chiesto Basco se vi era contraddizione fra le due guerre, se allora o ora si era nel giusto? Allora il governo comandava di fare quello ed era naturale farlo, nessuno pensava a disubbidire apertamente. Ora i tedeschi non sono più sulle ali della vittoria, l'opinione pubblica è contro di loro e così è naturale esser partigiani. Cosa ha sostenuto questi giovani nel duro inverno? Il gusto dell'avventura? Il rancore per gli anni di guerra passati e subiti? Chissà...!
Molti erano come Basco, tutti anzi vivevano giorno per giorno senza chiedersi più se quello che facevano era bene o male o perché lo facevano. Avevano deciso una volta, quando erano venuti sui monti. Avevano meditato ancora sul da farsi quando la situazione era mutata, seguendo un impulso interno dettato più dai sentimenti che da ragionamento. Continuavano la lotta perché era ormai una seconda natura. Quali erano i sentimenti inespressi che covavano nell'inconscio di  quei giovani che li avevano sostenuti, nei momenti di scoramento, quando l'abitudine non bastava più? Alcuni avevano sentito la necessità di riscattare il passato dell'Italia, di riconquistarle la libertà dall'oppressione con la forza  non attendendola come un dono del più forte. Per i comunisti era la speranza di fondare un mondo nuovo, di gettare le basi per una società più giusta. E per gli altri? E' difficile dirlo perché ne parlavamo poco. Forse erano stati sufficienti i sentimenti che covavano in tutti: l'astio per il nemico, il desiderio di vendicare i compagni morti, i paesi bruciati, gli ostaggi fucilati, anche a costo di nuovi lutti; la speranza di prendersi una sanguinosa rivincita  per tutto quello che avevamo sofferto; l'orgoglio di non piegarsi, di poter scendere alla costa a testa alta, il desiderio di non confondersi con la massa dei deboli, di quelli che sono vissuti nel terrore del nemico; la coscienza magari indistinta di essere tra gli attori del grande dramma, di una pagina di storia, di aver afferrato da forti una occasione unica che basterà a riempire di ricordi o di orgoglio tutta una vita per aver sfidato il nemico temuto da tutti e per non aver piegato quando i più l'avevano fatto.
[...] Il discorso fu interrotto dall'entrata di un partigiano: «C'è gente in cresta dalla parte di Aquila». Uscimmo in due o tre: sulla mulattiera che scendeva dalla cappella di S. Cosimo scendeva una ventina di armati. «Forse son quelli della I che vengono per le armi. Fra poco li vedremo meglio».
Era Stalin [Franco Bianchi, comandante del Distaccamento "Giovanni Garbagnati" della I^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante"] con i suoi e quando giunsero il paese si animò d'improvviso.
Pranzammo e poi dividemmo le armi. C'era anche Giorgio [Giorgio Olivero, comandante della Divisione "Silvio Bonfante"] con Boris, c'era un capobanda della Divisione di Savona cacciato in Val Pennavaira da un attacco tedesco. Anche sopra Savona avevano avuto un lancio, ci promise munizioni per mitraglie che avevano ricevuto in abbondanza mentre a noi mancavano ancora.
«Da oggi ha inizio la campagna di primavera», disse Giorgio mentre gli uomini riempivano i caricatori dei mitra con i colpi per gli Sten. «Si riprendono gli attacchi, si abbandona la tattica cospirativa: piena libertà di azione per ogni banda, attaccate come e quando volete, non occorre più l'autorizzazione del Comando. Ragazzi, distruggete le scatole delle munizioni, in paese non deve restare traccia del lancio...».
L'armamento della Divisione era finalmente aumentato, venne esaminata la situazione di ogni banda sotto l'aspetto delle armi automatiche in dotazione: col nuovo materiale era possibile creare un maggiore equilibrio. L'esplosivo, la miccia, tutto il materiale da sabotaggio che ci era piovuto dal cielo venne consegnato direttamente ai comandi brigata: sarebbe finalmente finita la ricerca snervante nei campi minati. In quelle ore giunse notizia che una colonna nemica  scendeva su Caprauna, l'annuncio sollevò l'entusiasmo: finalmente avremmo affrontato il nemico ad anni pari. La notizia era errata e l'eccitazione si spense, era però buon segno che i partigiani anelassero di nuovo ad incontrarsi col  nemico.
La banda di Stalin col Comando divisionale lasciò la valle di Alto, lo schieramento protettivo venne sciolto, la situazione tornò normale. L'operazione L 1 si era conclusa con un successo.

Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980

17 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Svolgeva una lunga relazione soprattutto sul tema degli aviolanci alleati, di cui si riportano qui di seguito significativi stralci: "... il giorno 13 u.s. si è effettuata l'operazione lancio nella località convenuta [Piano dell'Armetta nei pressi di Alto (CN)]; sono stati lanciati 33 colli di cui 28 recuperati nella serata ed i restanti 5 nella successiva mattinata. Non è stato possibile per il disturbo alle stazioni radio ricevere il messaggio per il lancio del giorno successivo. Tutte le tracce del lancio sono state cancellate anche grazie alla popolazione, di modo che i tedeschi non hanno trovato nulla. Data l'esperienza si consiglia di potenziare l'ascolto messaggi mediante l'aumento delle apparecchiature sulle 3 linee, visto che si è ordinata la revisione dell'impianto di Nasino. È da evitare inoltre il lancio in giorni consecutivi, poiché vi è un'unica via di deflusso rappresentata da una mulattiera ed è, quindi, impossibile creare una colonna eccessivamente grande di muli, perché desterebbe sospetti ed in quanto l'occultamento del materiale va eseguito a spalla. Il luogo si è mostrato idoneo allo scopo, per cui per il prossimo lancio si richiedono 150-180 colli. Non servono fucili, ma armi automatiche, mortati leggeri, bombe anti-carro. Il collo indirizzato a 'Roberta' [capitano del SOE britannico Robert Bentley, ufficiale di collegamento degli alleati con il comando della I^ Zona Operativa Liguria] contiene 2 R.T. [radiotrasmittenti]: si prega di inviare degli uomini a prelevarle. Il giorno 11 u.s. è stata bombardata Ormea ed è stata colpita la sede del generale. Alcuni garibaldini hanno requisito in detto comando vario materiale, tra cui una lettera di cui si invia traduzione circa gli spostamenti delle truppe tedesche. Sopra Ormea i tedeschi accendono fuochi per ingannare gli aerei alleati".

17 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Sottolineava l'importanza del documento ritrovato ad Ormea che meritava una corretta traduzione perché "potrebbe trattarsi di una richiesta di rimpatrio per le truppe tedesche". Chiedeva altro materiale bellico attraverso gli avio-lanci alleati "per poter incalzare ancora di più il nemico", in particolare uno nel periodo compreso tra il 23 ed il 27 successivi "verso le ore 21,30 in quanto sarà un periodo favorito dalla posizione della luna". Aggiungeva che continuava l'affluenza di di volontari nelle fila partigiane, per quel periodo limitata a uomini conosciuti o già appartenenti a bande locali.

18 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 205, al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Presentava il quadro delle operazioni compiute dalla Divisione nel mese di febbraio 1945: "il 1° febbraio la I^ Brigata ed i suoi Distaccamenti si trovavano nelle valli di Diano, Andora e Lerrone, la II^ nelle valli Arroscia e Pennavaira, la III^ nelle valli Pennavaira, Pieve di Teco ed Arroscia mentre il Distaccamento divisionale "M. Longhi" era dislocato in Val Tanaro. Il girno 3 il capo di Stato Maggiore 'Ramon' con un garibaldino mitraglia 2 carri tedeschi uccidendo ed in parte ferendo i nemici. Il 6 'Russo' comandante del Distaccamento "Viani" uccideva 2 uomini della San Marco. Il 18 una squadra del Distaccamento "E. Castellari" sminava un campo ad Ortovero. Il 25 'Ramon' con un garibaldino uccideva nei pressi di Pieve di Teco 2 tedeschi ed il 28 distruggeva il ponte di Pogli appena ricostruito dai tedeschi".

18 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 207, al comando della II^ Brigata ed al capo di Stato Maggiore della Divisione - Scriveva che "si consiglia di ultimare al più presto i preparativi per il lancio del giorno x: lo schieramento militare dovrà essere uguale a quello del primo lancio. Poche ore prima dovrà essere requisito il maggior numero possibile di muli. Al mattino del giorno prescelto occorre minare le zone di accesso al campo. Le mine devono essere preparate con tubetto di plastica con detonatore unito. Chiunque abbandonerà il proprio posto o non eseguirà gli ordini ricevuti, dopo un processo, se riconosciuto colpevole, sarà fucilato".

18 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 208, al comando della III^ Brigata - Prescriveva che "durante il secondo lancio la Brigata manterrà un Distaccamento in postazione come per il lancio precedente, mentre gli altri due Distaccamenti saranno adibiti al servizio recupero. Appena raccolti, i colli del lancio dovranno essere distribuiti in parte tra i garibaldini ed in parte nascosti in luogo sicuro. Per quanto riguarda il reclutamento dei muli, questo dovrà essere concoradto con il comando di Brigata. I documenti con prot. n° 207 e n° 208 devono essere conosciuti da pochi elementi tutti fidati che, fino al momento del lancio, affermeranno che lo stesso avverrà in luogo diverso da quello indicato".

18 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 209, segreto, al comando della I^ Brigata, al capo di Stato Maggiore della Divisione ed al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Comunicava che "per l'operazione II° lancio la I^ Brigata dovrà inviare un contingente di 50 uomini. Dovranno essere portati muli in quantità sufficiente per il trasporto del materiale. Si conta di ricevere tra i 30 ed i 40 q.li di armamento bellico".

18 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 210, al comando del Distaccamento "Longhi", al comando della II^ Brigata "Nino Berio" ed al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Scriveva che "si ribadisce che il Distaccamento "Longhi" è un Distaccamento divisionale e dipende, quindi, direttamente dal comando di Divisione. Il Distaccamento opera nell'alta Val Tanaro e per il finanziamento e la corrispondenza farà riferimento al comando di Divisione tramite la II^ Brigata".

22 marzo 1945 - Dal comando della II^ Brigata "Nino Berio" [comandante "Gino" Giovanni Fossati] della Divisione "Silvio Bonfante" al capo di Stato Maggiore ["Ramon", Raymond Rosso] della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che, visto il documento del comando di Divisione prot. n° 207, concernte gli aviolanci alleati, "Gigi" [Giuseppe Alberti, commissario della Brigata] era stato "incaricato di stilare l'elenco dei muli ad Aquila d'Arroscia"; che per la preparazione delle mine si erano incaricati i Distaccamenti dipendenti e la III^ Brigata "Ettore Bacigalupo"; che si stava per predisporre l'uso di una radio ad Aquila da dove il comandante "Gino" [Giovanni Fossati], appena udito il messaggio, si sarebbe recato ad Alto dove si sarebbe trovato un altro punto di ascolto; che per i fuochi di segnalazione per i mentovati lanci la legna era pronta mentre, essendo introvabile il combustibile, si sarebbe sopperito con abbondante paglia.

22 marzo 1945 - Da "Boris" [Gustavo Berio, vice commissario] al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Riferiva che... per i lanci si era in attesa dell'ascolto dell'ora x;...

24 marzo 1945 - Dal comando della II^ Brigata "Nino Berio" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Informava che il Distaccamento "Igino Rainis" era stato avvertito dalla popolazione di Caprauna circa la presenza di un paracadute ad oltre 2.000 metri dal campo di lancio e che il paracadute recuperato aveva portato munizioni e divise.

25 marzo 1945 - Da "Boris" [Gustavo Berio, vice commissario della Divisione "Silvio Bonfante"] a "Mario" [Carlo De Lucis, commissario della Divisione "Silvio Bonfante"] ed a "Giorgio" [Giorgio Olivero, comandante della Divisione "Silvio Bonfante"] - Comunicava che rispetto a quando "Giorgio" era stato in visita in Val Pennavaira il morale della popolazione era mutato perché il rastrellamento del 3 marzo, nonostante la buona notizia del riuscito primo aviolancio alleato, l'aveva gettata nello sconforto; che dal citato lancio i partigiani si aspettavano almeno uno Sten...

25 marzo 1945 - Dal comando della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che erano 15 i rifugi segreti in cui erano stati celati i materiali ricevuti a Pian Rosso [Località di Viozene, Frazione di Ormea (CN)] con l'aviolancio alleato del giorno prima.

da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945). Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste,  Anno Accademico 1998-1999