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giovedì 7 marzo 2024

Dopo circa 5 ore di attesa venne avvistato un camion pieno di soldati tedeschi e fascisti

Uno scorcio di Castelvecchio di Imperia

[Durante la battaglia di Carpenosa del 30 giugno 1944] iniziò una serie di attacchi [nemici] più volte respinti e rinnovati che portarono gli uomini [32 garibaldini del 4° distaccamento] di Gino [Napolitano] ad esaurire in breve tempo le munizioni.
Per loro fortuna le sorti del combattimento furono modificate proprio quando sembravano decise a favore del nemico - dalle mitragliatrici pesanti e dal mortaio da 81 tempestivamente impiegati dagli uomini del 5° distaccamento guidato da Ivano [Giuseppe Vittorio Guglielmo] e da Erven [Bruno Luppi] che - avvertiti da una staffetta inviata a Cima Marta all'inizio degli scontri - giunsero alle 18 sorprendendo i tedeschi e costringendoli a ritirarsi.
Inseguiti dal reparto di Nettu [Ernesto Corradi] -  unitosi nel frattempo alla lotta - i tedeschi riuscirono a risalire sugli automezzi dopo aver fatto saltare un tratto di strada alle loro spalle: entrati in Carpenosa verso le 21 i partigiani calcolarono le perdite nemiche in circa 80 tra morti e feriti, su 600 attaccanti.
I positivi risultati ottenuti anche in questi scontri frontali non modificarono tuttavia la linea generale dell'offensiva partigiana che giustamente continuò a considerare come elemento principale della propria condotta di guerra l'azione di sorpresa, effettuata da piccoli nuclei ben armati in grado di spingersi all'interno dello schieramento nemico e di disimpegnarsi rapidamente dopo aver colpito gli obbiettivi.
Un esempio classico di questa tattica (comune a tutte le formazioni liguri) ci viene offerto dalla imboscata tesa il 28 giugno sulla statale 28 - a 3 Km. dal mare - da una squadra di 5 uomini del 10° distaccamento, comandati da Folgore [Umberto Cremonini] e da Nando [Fernando Bergonzo].
L'obbiettivo era stato segnalato da informatori di fondovalle i quali avevano recato a1 distaccamento la notizia che ogni giorno il generale tedesco comandante delle forze di presidio nella zona percorreva in auto la 28 per ispezionare i reparti dislocati nella vallata.
L'appostamento venne fissato in prossimità di Sgureo [Sgorreto], tra Castelvecchio e Pontedassio, su una ripida parete a strapiombo sulla strada; la marcia di avvicinamento - effettuata con molta circospezione - consentì di eludere i presidi ed i blocchi nemici che si frapponevano all'obbiettivo. Sul posto, gli uomini vennero disposti in punti ben occultati da cui fosse facile attendere senza scoprirsi e dominare un lungo tratto della carrozzabile.
Dopo circa 5 ore di attesa venne avvistato un camion pieno di soldati tedeschi e fascisti, che non ubbidendo all'intimazione dei partigiani tentò di accelerare l'andatura per portarsi fuori tiro: un nutrito lancio di bombe a mano lo centrò in pieno provocandone l'arresto e colpendo numerosi soldati nemici.
Gli uomini di Nando e Folgore ebbero appena il tempo di scendere la ripida scarpata per impadronirsi delle armi automatiche nemiche e sparare su alcuni fuggiaschi, quando sopravvenne l'automezzo del generale costringendoli a risalire rapidamente il pendio.
Per vendicare la morte di 7 soldati germanici caduti in quella azione l'alto ufficiale dispose subiro la mobilitazione di una colonna con autoblinde e mortai che invano aprì il fuoco contro la squadra partigiana in ritirata.
La rappresaglia infierì allora contro il paese di cui vennero incendiate le case e prelevati 20 ostaggi tra la popolazione. <21
A fine giugno - malgrado l'intensificarsi delle puntate offensive germaniche e fasciste - la pressione partigiana era diventata notevole: la IX Brigata occupava Triora, Molini di Triora e Badalucco liberando una vasta zona della Valle Argentina da cui i nemici si erano ritirati dopo aver fatto saltare due ponti presso Taggia e distrutto la Chiesa degli Angeli in Badalucco già adibita a deposito di armi e munizioni.
21 Unico aspetto negativo di questa operazione: la scelta della località per l'imboscata; i partigiani ignorarono - o non ne tennero conto - le precise direttive del Comando Generale: «si devono evitare i combattimenti e le imboscate nei villaggi per evitare nei limiti del possibile le rappresalie» (testuale, orig. dep.).
Giorgio Gimelli, Cronache militari della Resistenza in Liguria - Volume II, Istituto Storico della Resistenza in Liguria, 1969, pp. 255,256

martedì 10 novembre 2020

Agguato garibaldino in Località Sgorreto

Ponti sul torrente Impero all'altezza di Castelvecchio di Imperia

Non è molto ridente la località che porta il nome, acquisito dall'omonimo rio che la percorre, di Sgorreto [nel comune di Imperia]. È posta sulla strada statale n. 28, fra Pontedassio e Castelvecchio, un pò più vicina a questo che a quello.
A sinistra di chi procede per Pontedassio, la strada è limitata dal torrente Impero, non ben delineato per il greto irregolare in cui s'alternano, o si fanno compagnia, zone di ghiaia, canneti, tratti sassosi, ciuffi erbosi e, tra essi, con percorso a zig-zag, scende l'acqua cupa, color marrone, indice della presenza di frantoi più a nord.
Lo stesso torrente, che nel suo percorso verso il mare poco prima è decisamente rivolto a sud-ovest, improvvisamente, per una delle sue bizzarrie, come di chi muta sovente parere, s'impenna a sinistra e ci mostra, slargato, quel letto descritto. Quindi, sarà un'altra ansa, e così via fino al mare.
D'intorno i colli, a catena o solitari, simulano il gioco del rimpiattino, disposti come sono e quasi divertiti d'interrompersi l'un l'altro. Sullo sfondo, a nord, si staglia, per breve tratto, la salita del colle San Bartolomeo.
Qualche casa sparsa, piccola e modesta, e basta. Ormai, la zona è stata ritoccata da lavori e costruzioni che hanno mutato l'aspetto primitivo.
Al lato destro, una parete strapiomba sulla strada; è alta quattro o cinque metri, tutta sassi, sterpi, pianticelle selvatiche ed arse, salvo una ridente macchia di mandorli, e, tra il tutto, qualche punto in cui poter poggiare il piede di chi intenda scalarla, ma più adatto alle zampe delle capre che al piede dell'uomo. La parete accompagna la strada a rettilineo per un buon tratto.

Il giorno 28 giugno 1944, cinque garibaldini del 10° distaccamento della IX Brigata, guidati dal comandante Umberto Cremonini (Folgore) (1) e dal commissario Fernando Bergonzo (Nando), sono appostati presso il rio Sgorreto. Hanno avuto notizia che il Generale tedesco, comandante del presidio, passa giornalmente in macchina. È intenzione dei partigiani di catturarlo. Da cinque ore attendono, l'attesa è snervante. Hanno fucili e bombe a mano preparate a grappolo in modo da scoppia temporaneamente dopo il disinnesco di una sola sicurezza.
Finalmente è in vista un camion: «Nando» scruta col binocolo; sono Tedeschi e fascisti. Tutti pronti. Il camion, che non è però quello del Generale, avanza finchè giunge nei pressi: i partigiani ordinano l'alt, ma l'autista accelera ed accosta l'automezzo ancora più a destra della stra da per ostacolare la visuale dall'alto e rendere impossibile il tiro.
Ma le bombe precipitano e, con incredibile precisione, centrano il veicolo. Uno spianto! All'intorno morti e moribondi. I superstiti fuggono all'impazzata e i garibaldini, svelti come le capre, scendono lungo la parete.
«Folgore» spara con la pistola a due Tedeschi che corrono a saltelloni nel greto dell'Impero; «Nando» afferra una machinen-pistole abbandonata a terra da un nemico e raffica quelli che fuggono, sempre nel greto verso sud.
I garibaldini raccolgono le armi e si ritirano per il sopraggiungere della macchina del Generale il quale, alla presenza di quello spettacolo, s'infuria ed intende vendicare i suoi soldati morti. Mobilita ingenti forze che, in breve, giungono con autoblinde e mortai, e sparano in direzione dei garibaldini ormai in marcia verso le zone dell'interno.

Contemporaneamente, i nazisti bruciano tutte le case all'intorno e catturano una ventina d'ostaggi, terrorizzando la gente del luogo.
I partigiani, intanto, giungono in salvo a Pian Bellotto, nella zona di Pizzo d'Evigno, presso il distaccamento «Volante» di «Cion» [Silvio Bonfante]; poi raggiungono la loro formazione.
Notiamo: la coraggiosa azione è stata compiuta da cinque uomini a quattro chilometri dal mare! (2).

(1) Quel «Folgore» che, nel precedente mese di maggio, militando nelle fila del distaccamento del comandante Vittorio Guglielmo (Ivano o Vittò) e del commissario Bruno Luppi (Erven) aveva da solo disarmato una postazione della RSI a Santa Brigida (Andagna) e catturato dieci soldati del presidio (G. Gimelli, Cronache militari della Resistenza in Liguria, vol. 2°, pag. 240).
(2) Testimonianza orale di Fernando Bergonzo, commissario di distaccamento

Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992