giovedì 22 aprile 2021

Nella notte una trentina di tedeschi partì per Diano Arentino

Diano Arentino (IM) - Fonte: Mapio.net

Era il giorno 20 gennaio 1945. Ci trovavamo al Comando della I^ brigata [Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante"] a Diano Arentino ed era un periodo di calma. Erano diversi giorni che le nostre sparute squadre non attaccavano né tedeschi né fascisti.
Anche perché in quel mese, attaccarli ed ucciderne qualcuno voleva dire provocare delle reazioni spaventose con rappresaglie contro le popolazioni innocenti dei paesi.
Siccome ciò ci creava dei problemi di credibilità, cercavamo di starcene tranquilli in attesa di tempi migliori.
Tanto più che nella nostra zona, durante il mese di gennaio, avevamo perso una novantina di compagni ed altrettante furono le vittime civili, causate dalle rappresaglie. E' chiaro che tutto ciò ci costringeva a non provocare altri eccidi. Comunque il 20 gennaio venimmo a sapere che sulla strada di Diano Gorleri vi era una squadra di una decina di operai della TODT, sorvegliati da due soldati tedeschi, che scavavano delle trincee ai lati della strada. Le trincee dovevano servire come ripari antipartigiani agli stessi tedeschi, quando questi si recavano nei paesi vicini a razziare fieno per i loro cavalli e altri generi agricoli.
L'intenzione nostra non era di uccidere i due tedeschi, ma di disarmarli, quindi mandarli via e bruciare tutti gli attrezzi che servivano per gli scavi. Insomma, con una dimostrazione, volevamo far sapere loro che c'eravamo ancora.
Una mezza dozzina di partigiani si recò sul luogo. Tra loro erano presenti: Giuseppe Saguato ("Pippo"), Germano, Roberto Amadeo ("Billy"), "Martello" ed altri.
Si avvicinarono guardinghi ai tedeschi, mentre due di loro si appostavano, pronti a sparare se il nemico avesse reagito. All'intimazione di mani in alto, uno dei due ubbidì, mentre l'altro, più giovane, riuscì a sparare un colpo con il suo fucile, senza però colpire i nostri. In conseguenza di ciò vi fu una reazione e il giovane tedesco rimase gravemente ferito. Impadronitisi dei fucili, i partigiani accatastarono gli attrezzi da lavoro e gli diedero fuoco.
Poi posarono il tedesco ferito sopra un biroccio avuto dalla popolazione locale e, insieme al tedesco illeso, lo avviarono verso Diano Marina. In località Ferretti, però, il ferito morì. Intanto la squadra partigiana ritornava alla base.
Iniziò la rappresaglia nemica: nella notte una trentina di tedeschi partì per Diano Arentino (probabilmente conoscevano l'ubicazione precisa del Comando partigiano) per compiere la rappresaglia. Erano le 22 quando sentimmo una raffica e grida in tedesco. Eravamo sistemati in cima al paese, vicino ad una chiesetta.
La pattuglia nemica, che aveva rafficato, provenendo da nord, andò a piazzarsi sulla strada che saliva da Diano Castello per impedire che fuggissimo verso il fondovalle. Altri seguirono i primi e circondarono il paese.
"Mancen" [Massimo Gismondi, comandante della I^ Brigata] era assente. Io, Federico [Federico Sibilla], Germano e gli altri tentammo di dileguarci per la campagna, approfittando della notte oscura, dopo aver svegliato il sedicenne "Peccenen", nostra staffetta, mettendogli però una mano sulla bocca perché non gridasse.
Raccogliemmo tutti i documenti del Comando. Per affrontare ogni drammatica sorpresa, presi l'arma automatica che "Mancen" mi aveva lasciato, e in un momento che ci parve di tregua scendemmo la scala, per percorrere poi una stradina onde raggiungere, veloci, un rifugio in casa del maestro locale, dove pensavamo di trovarci al sicuro.
Giunti in fondo alla scala, sentimmo che stavano giungendo altri tedeschi. Ci fu tra noi un attimo di esitazione, poi Germano e "Peccenen", che avevamo davanti, con un balzo girarono l'angolo della casa del Comando, se pur seguiti da una raffica di mitra. Invece io e Federico risalimmo nel luogo da dove eravamo partiti. Sentivamo i tedeschi bussare alle porte, entrare nelle case ove cercarci.
Pensammo che forse l'unica via di salvezza sarebbe stata quella di salire sul tetto attraverso una piccola finestra: iniziativa che attuammo immediatamente. Purtroppo c'era la luna piena per cui dovemmo nasconderci dietro un fumaiolo perché i tedeschi, che più a monte ci sovrastavano, avrebbero potuto vederci. Mi portai sulla gronda del tetto per constatare se potevamo saltare nella viuzza sottostante già percorsa da Germano e "Peccenen".
Ma il salto da compiere ci sembrò troppo alto.
Vidi, però, a circa due metri di distanza un terrazzino e la viuzza che vi passava appresso. Pensammo di saltare sul terrazzino e da lì nella viuzza. Così facemmo, ma quando fummo sul terrazzino che aveva il muretto di riparo rotto in alcuni punti, per non farci vedere dovemmo appiattirci sul pavimento.
Intanto scorgemmo che a pochi metri di distanza vi era la porta della casa del maestro (dentro la quale si trovava il rifugio) e alcuni tedeschi che si accingevano ad  entrarci. Essi bussarono alla porta e dopo qualche istante il maestro aprì; gli domandarono se nella casa vi erano dei banditi. Al tempo stesso, non attendendo nemmeno la risposta, alcuni di loro, su ordine del graduato che li comandava, entrarono per perquisirla.
Il graduato si soffermò nell'ingresso osservando alcuni quadri, ma, quando vide il diploma di maestro del nostro amico, disse: «Anch'io insegnante, siamo colleghi». Iniziò così una conversazione.
Ogni tanto giungevano dei soldati che gli riferivano sull'andamento delle ispezioni effettuate nelle case. Intanto noi, esaminando bene la drammatica situazione nella quale ci eravamo venuti a trovare, ci accorgemmo che i soldati avrebbero potuto vederci benissimo; non ci rimaneva che strisciare sul pavimento per raggiungere un piccolo e cadente gabinetto situato in un angolo del terrazzino per essere meno visibili. Tenevo la pistola puntata alla tempia, pronto ad uccidermi se ci avessero scorto.
Federico mi diceva: «Guarda che non ti parta un colpo». Ma io ero talmente calmo che gli risposi: «Perché il colpo parta, prima debbo alzare il cane e poi premere il grilletto». Dopo una decina di minuti il gruppo di tedeschi se ne andò via e fu allora che scorgemmo una porticina che ci doveva permettere di uscire dal terrazzino per raggiungere la stalla della casa, la stessa nella quale ci eravamo sistemati.
Quando spingemmo la porticina, ci accorgemmo che dall'interno era bloccata da balle di fieno per cui bisognava spostarle. Ci eravamo messi appena all'opera quando un gruppo di tedeschi entrò nella stalla con delle pile a batteria, per ispezionarla. La stalla era vuota, vi erano solo le balle di fieno, i tedeschi non fecero caso ad esse e che cosa potessero nascondere.
Lì sentimmo esclamare: «Nein partisan, raus» (Niente partigiani, andiamo via). Anche questa volta fummo veramente fortunati. Dopo qualche tempo i soldati si concentrarono in fondo al paese per andare via.
Fu in quel momento che venne a chiamarci sottovoce Davide Gaggero ("Daviden"), un comandante della SAP locale. Usciti fuori con qualche difficoltà, fummo condotti nel sicuro rifugio del maestro dove trovammo il "Peccenen".
Germano ci raggiunse all'alba.
Purtroppo i tedeschi catturarono tre giovani del paese (Silvio Arancio, Giuseppe D'Andrea e Gerardo Cavalieri) che fucilarono presso l'oratorio di San Sebastiano, sulla strada che porta a Diano Castello.
Anche se ritenemmo che non fosse colpa nostra, poiché eravamo coinvolti in una brutta guerra di cui non eravamo responsabili, e per causa della quale sovente pagavano degli innocenti, tuttavia ci sentimmo molto male e a disagio con i parenti dei caduti e con gli abitanti del paese.
Il caro Davide Gaggero, fervente nostro collaboratore, rimarrà ucciso nella Stazione ferroviaria di Diano Marina il 24 aprile, nel tentativo di disarmare alcuni tedeschi del treno armato che ivi stazionava. Fu un vero eroe, ma non gli fu concessa alcuna onorificenza: se la sarebbe veramente meritata. La gente di Diano Marina gli fu generosa intitolandogli una strada della città.
Sandro Badellino, Mia memoria partigiana. Esperienze di vita e vicende di lotta per la libertà di un garibaldino imperiese (1944-1945), edizioni Amadeo, Imperia, 1998

[...] mentre poderose forze nemiche stanno per attaccare la Divisione Bonfante sul suo territorio, nel Dianese avvengono gravi fatti di sangue. Nel pomeriggio del 20 gennaio 1945 una squadra del Distaccamento “F. Agnese”, al comando di “Gordon”, vice comandante di Brigata, si scontra con il nemico nella zona di Diano Gorleri. Per le gravi ferite riportate muore un soldato tedesco ed è recuperato un fucile Mauser. A causa del forte pattugliamento nemico, la squadra si ritira. Appena fattosi notte, una squadra tedesca appiedata e una squadra di brigatisti neri s'inoltrano nella valle di Diano per compiervi rappresaglie. Catturano i civili Silvio Arancio, Giuseppe D'Andrea, Gerardo Cavalleri, cittadini di Diano Arentino e li fucilano nei pressi dell'Oratorio di San Sebastiano, poi circondano il suddetto paese con l'intento di catturare il Comando della I Brigata, che aveva il centro recapito staffette a Diano Roncagli. A stento il Comando riesce a sfuggire alla cattura, dopo che i partigiani Federico Sibilla e Sandro Badellino erano quasi rimasti imbottigliati sopra un terrazzo; anche il partigiano Germano Belgrano si mette in salvo. Proseguendo il cammino i Tedeschi scendono sulla strada di Diano San Pietro e nei pressi delle frazioni Ciapai e Camporondo catturano Adelmo Ardissone, Silvio Bottino, Damiano Abbo, Alfonso Messiga e Ardito Risso. Sulla carrozzabile, nei pressi della frazione Trinità, sparano loro alla schiena, dopo averli spinti in avanti di qualche passo. Si salvano per caso fuggendo il Risso e il Messiga che, lanciatisi negli oliveti sottostanti, benché sotto le raffiche, riescono a salvarsi dileguandosi nella notte. Sulla mulattiera tra Diano Castello e Diano San Pietro i tedeschi uccidono pure il civile Antonio Ugo.
Due giorni dopo la rappresaglia il Comando Tedesco di Diano Marina annuncia che sarebbero stati fucilati dieci ostaggi e distrutto paesi per ogni tedesco ucciso. Contemporaneamente chiede un compromesso di tregua che viene rifiutato. Il Comando partigiano già da tempo tempo aveva dichiarato che la guerra era totale e così si doveva condurre, a prescindere da ogni rappresaglia, contro un nemico barbaro e crudele in onore a tutti i caduti e per non tradire la causa per la quale avevano immolato le loro giovani vite. I tedeschi reagiscono puntando su Diano Castello il giorno 22.01.1945 [...]
Francesco  Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV: Dal Primo Gennaio 1945 alla Liberazione, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005, pp. 28,29

 

20 gennaio 1945 - Dal comando della I^ Brigata al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Riportava la richiesta della SAP "Walter Berio" di Imperia di procedere al rapimento di soldati tedeschi come rappresaglia per l'arresto dei partigiani Delle Piane e Stenca.

20 gennaio 1945 - Dal comando della III^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Libero Briganti" della I^ Divisione "Gin Bevilacqua" [II^ Zona Operativa Liguria, Savonese] al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che il collegamento tra le due formazioni sarebbe stato effettuato dal Distaccamento "S. Torcello", il più vicino alla I^ Brigata.

21 gennaio 1945 - Da "Gianni" del P.C.I. a Mancen e Federico - Informava che un uomo a Deglio voleva uccidere il segretario comunale in nome dei partigian, sottolineando:  "Vi ordino di fermare quel tizio dal commettere delitti. Noi patrioti non siamo assassini, ma vogliamo solo la liberazione dell'Italia".

21 gennaio 1945 - Dal Comando Operativo della I^ Zona Liguria al comando della II^ Divisione ed al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Si ordinava di rendere difficoltoso il transito ai nemici sia per strada che per ferrovia e veniva espressa perplessità sulla circostanza della ripresa di rastrellamenti tedeschi dopo che i nazisti avevano già fatto preparativi per l'evacuazione.

da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945), Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia, Anno Accademico 1998-1999