In particolare: il comandante Cion [Silvio Bonfante], informato dal capostazione di Andora della presenza in linea di un treno tedesco, fermo nella stazione perché impossibilitato a muoversi a causa della ferrovia interrotta da bombardamenti aerei, decide di impossessarsi delle derrate stivate nei vagoni.
Su consiglio del comandante [n.d.r.: della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione"]“Nino Siccardi” (Curto) si decide un sopralluogo per coordinare l’azione: Cion, Mancen e Germano, con alcuni uomini, circondano la stazione ferroviaria e sequestrato il personale ed il capostazione, i partigiani si vestono da ferrovieri.
Alle ore ventidue giunge un treno passeggeri, dalla parte della linea non interrotta, da cui scendono repubblichini, Tedeschi e molta gente.
Tutto si svolge regolarmente e ritornata la calma, vengono fatti affluire alla stazione alcuni carri per asportare le derrate.
Una parte di esse è trasferita a Stellanello e poi in Cian di Bellotto; l'altra è messa a disposizione della popolazione che se ne impossessa ed in poco tempo la fa sparire.
Il giorno successivo, il comando tedesco fa prelevare il Podestà di Andora...
Ma in me, anche se il comportamento degli altri partigiani nei miei confronti era migliorato (come ho già accennato), aumentava il desiderio di trasferirmi nella vallata di Stellanello dove si trovavano i miei amici d'infanzia.
Ne parlai con "Merlo" [Bruno Nello] che dichiarò di capirmi, anche se si dimostrava dispiaciuto, perché pensava di perdere un bravo ragazzo ed un buon partigiano.
Mi autorizzò a partire insieme a "Tenni", cosa che feci il giorno dopo.
Ci incamminammo verso Lucinasco e, attraversato il torrente Impero, raggiungemmo Torria dove facemmo sosta grazie ad una signora che mi conosceva, mangiammo qualche cosa che lei ci offrì, quindi trovammo la possibilità di riposarci in una stalla.
Il mattino seguente ci mettemmo in marcia verso il Pizzo d'Evigno, dove incontrammo una pattuglia di partigiani di guardia.
Tra questi c'era l'amico "Norsa" che ci fece festa.
La pattuglia ci indicò il luogo dove era dislocato il distaccamento detto "Volantina", che era comandato da "Mancen".
Trovammo il distaccamento accampato a monte di Evigno, in località Fussai.
Ricevemmo una calorosa accoglienza da tanti amici, non perché io ero l'autore dell'azione alla caserma Siffredi (forse non ne sapevano ancora niente), ma perché ero Sandro, il loro amico fraterno di tante avventure, magari stupide, infantili, amorose o illusorie.
Quella notte dormii saporitamente tanta era la contentezza: mi sembrava di essere a casa mia.
un ex partigiano
Daniele La Corte, Storie di uomini e di donne. Gli anni difficili della Resistenza, Calvo Editore, 1995
[...] i partigiani Lino Viale e Nino Agnese (Marco) e il presidente del
C.L.N. Dottor Renato Negri (Renato II) erano venuti a conoscenza di un
treno fermo alla stazione di Andora con un carico di viveri e generi
diversi, destinato ai tedeschi in Francia.
La sosta era dovuta
all'interruzione della linea conseguente al bombardamento del ponte
ferroviario di Cervo. Un sopralluogo era effettuato da Massimo Gismondi
(Mancen), insieme a Silvio Bonfante (Cion) - allora a Cian de Bellottu
con Nino Siccardi (Curto) - e al podestà Giuseppe Vattarone, che,
sebbene segretario del Fascio locale non disdegnava di dare sottomano
aiuto ai partigiani e agli andoresi in genere, duramente provati dalla
fame e dalla penuria imperante. Dopo alcuni giorni Cion, Mancen,
Germano, Marco, Sandro ed altri, affluiti con alcuni carri per
trasportare il vettovagliamento, presidiavano le vicinanze mentre un
commando occupava la stazione. L'ora, circa le otto di sera, di per sé
era propizia, perché l'ultimo treno arrivava alle sette e mezza, ma
quella sera purtroppo il convoglio aveva due ore di ritardo. Annullare
l'operazione era comunque improponibile per la mobilitazione effettuata,
sicchè si procedeva all'occupazione della stazione: atrio,
biglietteria e stanza del manovratore e del controllore. I ribelli,
indossate divise da ferrovieri, si sostituivano al capo stazione Rendone
e agli altri addetti, attendendo l'arrivo del treno. Nessuno dei
passeggeri scesi dai vagoni, tra cui si trovavano sia tedeschi che
fascisti, dava segno di accorgersi della presenza partigiana.
Allontanatisi tutti i viaggiatori, i partigiani svuotavano diversi
vagoni del treno merci in sosta forzata. Per quanto rimaneva sugli altri
vagoni, provvedeva il podestà ad avvisare la gente in paese, che
avrebbe terminato l'opera nottetempo. L'indomani i tedeschi, accortisi
del clamoroso scacco, arrestavano il podestà Vattarone e intimavano agli
andoresi la restituzione della refurtiva, ma essendo il maltolto già
ben lontano o ben nascosto la richiesta rimaneva inevasa e tutto finì
lì.
Francesco Biga in Francesco Biga e Ferruccio Iebole (a cura di Vittorio Detassis), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria) - vol. V, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016