Visualizzazione post con etichetta agosto. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta agosto. Mostra tutti i post

martedì 7 settembre 2021

Il mese di luglio si chiuse per la II^ Divisione con la perdita complessiva di 42 partigiani

Garessio (CN) - Fonte: Mapio.net

Verso la metà di luglio  1944 gran parte della I^ Brigata "Silvano Belgrano", per ordine del comando (in quel periodo comandante era ancora Nino Siccardi, "Curto", in seguito responsabile della I^ Zona Operativa Liguria) della II^ Divisione "Felice Cascione", si spostò nell'Alta Val Tanaro, nella zona di Garessio (CN), a causa di varie incomprensioni sorte tra i partigiani badogliani delle brigate "Mauri" ed i partigiani garibaldini colà operanti.
Dopo la  tensione iniziale si raggiunse tra i garibaldini, i socialisti della "Matteotti" ed i monarchici delle brigate autonome, una linea comune che funzionò, anche se non perfettamente, nelle azioni belliche dei giorni successivi.
Il 25 luglio, in particolare, i tedeschi attaccarono San Bernardo di Garessio e Pievetta e dopo aspri combattimenti risultarono vincitori aprendosi la strada per la conquista di Garessio, importante centro di collegamento col Piemonte e la costa ligure. Raggiunto tale obiettivo i tedeschi per le 72  ore successive condussero nella zona una cruenta azione di rastrellamento ai danni della popolazione e delle abitazioni: numerosi i civili trucidati o deportati nei lager,  15 i partigiani  di varie brigate caduti.
Definitivamente perduta  Garessio, i partigiani della I^ Brigata "S. Belgrano" fecero ritorno nella loro   zona d'origine, riuscendo, nonostante la dura lotta, a conservare quasi intatto il proprio potenziale bellico: il mese di luglio si chiuse per la II^ Divisione con la perdita complessiva di 42 partigiani.
Nei primi giorni di agosto, i nazisti, volendo assicurarsi il controllo completo della strada Ceva-Oneglia, sferrarono un attacco alla "Volantina" di "Mancen" che era ritornata ad Evigno dopo  i fatti  di Pievetta.
I tedeschi si applicarono meticolosamente in questo compito poichè, prevedendo per il 5 agosto 1944 uno sbarco anglo-americano in un punto della costa tra Albenga e Ventimiglia, intendevano assicurarsi una via di ripiegamento verso nord libera da ostacoli.
L'attacco al distaccamento di Mancen ebbe inizio alle 3 del mattino del 2 agosto e si protrasse per le 12 ore successive; "le numerose truppe tedesche giunte nella notte dalla Valle Impero, dalla Valle Andora, dalla Valle Steria, dal Passo della Colla, dal Monte Ceresa, dal Colle del Lago e delle Chiappe" [50] colsero quindi di sorpresa i partigiani, che, tuttavia, nonostante la perdita di alcuni uomini riuscirono a sfuggire all'attacco ed a riunirsi nuovamente qualche giorno dopo nella Valle Arroscia.
[50] Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 - 1999

Il Bollettino (clandestino) n° 9 del 15 settembre 1944 del CLN Alta Italia riportava - per il periodo 22 giugno/27 agosto - notizie riprese dai Bollettini della Divisione "Cascione"

La Via Aurelia tra Santo Stefano al Mare (IM) e Cipressa

Dopo aver evidenziato gli episodi salienti del mese di agosto 1944, riassumiamo brevemente, in forma schematica, le numerose azioni effettuate dalle nostre formazioni nel territorio della I Zona Liguria.
- 1-8-1944 - Una squadra del distaccamento «G. Maccanò», al comando di Luigi Massabò (Pantera), tende un'imboscata ad una colonna nazista nei pressi di Garlenda; dopo un nutrito fuoco i Tedeschi abbandonano il combattimento riportando le seguenti perdite: quattro morti ed otto feriti.
Una squadra del distaccamento comandato da Renzo Merlino attacca il presidio di Pogli. Alcuni nemici rimangono uccisi e sei riportano ferite.
Il garibaldino «Trubeskoi» del 6° distaccamento «Libertas» uccide a colpi di pistola un tedesco nei pressi della Villa Fanny, alla periferia di Oneglia.
Un gruppo di garibaldini attacca i nazisti di stanza a Villa Romana, a tre chilometri da Cesio; un soldato germanico rimane ferito.
- 2-8-1944 - Una squadra del 2° battaglione della IV Brigata attacca un camion con otto Tedeschi. Di questi soltanto uno riesce a fuggire. Gli altri sono uccisi o feriti gravemente. I partigiani rientrano alla base al completo.
Tre garibaldini del distaccamento «Volante» uccidono tre Tedeschi spintisi tra la Statale n. 28 e la strada di Cosio d'Arroscia.
Alcuni garibaldini della V Brigata fanno saltare un tratto di strada ed un ponte nei pressi di Borgo San Dalmazzo.
Altri partigiani della stessa Brigata rendono inagibili tratti di carrozzabile presso Ceriana e tra Badalucco e Vignai.
- 4-8-1944 -Il distaccamento di Orano, guidato dal proprio Comandante, attacca i nazisti nella zona di Colle San Bartolomeo presso Cesio, infliggendo al nemico dure perdite: infatti i Tedeschi lasciano sul terreno alcuni morti.
Alle ore 24 alcuni garibaldini del 3° distaccamento della IV Brigata fanno saltare il secondo ponte della strada Taggia-Badalucco.
- 5-8-1944 - Il comandante «Cion» [Silvio Bonfante], con altri quattro uomini, attacca nuovamente nel pomeriggio i Tedeschi del presidio di Pogli che subiscono le seguenti perdite: due morti ed alcuni feriti.
Elementi del 9° distaccamento della IV Brigata fanno esplodere i fornelli da mina della strada Taggia-Badalucco ottenendo un'interruzione di circa dodici metri. Riescono pure a far saltare un ponte sulla strada militare che da Badalucco conduce a Baiardo.
Una pattuglia di garibaldini del 2° distaccamento «C. Repetto» della V Brigata alle ore 21 si porta sulla strada militare facendola saltare in località Carpi. Da monte Bignone una postazione tedesca apre il fuoco, ma la pattuglia rientra all'accampamento senza subire alcuna perdita.
- 6-8-1944 - Il comandante Merlino, con una squadra del suo distaccamento, attacca nuovamente una colonna tedesca tra Ponte Rotto e Pogli. Il nemico subisce alcune perdite ma apre il fuoco con i mortai costringendo i nostri a rientrare alla base.
- 7-8-1944 - Il 6° distaccamento «Sasso» della I Brigata, al comando di «Volpe», si porta lungo la linea ferroviaria ed intercetta un treno di Tedeschi diretto ad Ormea. Il distaccamento ritorna alla base senza riportare perdite mentre alcuni nemici rimangono feriti.
I garibaldini Enzo Squarcia (Marta) e Ludovico Fabbri (Pompiere), appartenenti al medesimo distaccamento, attaccano una decina di tedeschi intenti a piazzare un cannoncino, causando loro un morto e due feriti.
- 8-8-1944 - Quattro partigiani guidati dal comandante «Jacopo» uccidono due Tedeschi sulla via Aurelia nei pressi di Cipressa; non riescono però a ricuperare le armi perché rimaste su un carro trainato da due cavalli imbizzarriti dalla sparatoria.
In località Carcagnolo (Badalucco), un gruppo di partigiani con un attacco improvviso mette in fuga un plotone di Tedeschi.
- 9-8-1944 - Una pattuglia del 2° distaccamento «C. Repetto» della I^ Brigata, con la collaborazione di alcuni patrioti di Ceriana, si porta sulla strada Poggio-Baiardo e cattura due agenti dell'UPI.
- 10-8-1944 - Una squadra della «Volantina», guidata dal caposquadra «Cora», tende un'imboscata ai Tedeschi nei pressi di Pornassio ed infligge le seguenti perdite del nemico: tre morti e quattro feriti.
Quattro garibaldini del 6° distaccamento «Libertas», nelle prime ore del pomeriggio, si portano nei pressi di San Lorenzo al Mare (nei dintorni della regione Barbarossa), allo scopo di mitragliare le macchine in transito sulla via Aurelia. Verso le ore venti avvistano un drappello di militi del battaglione San Marco. I partigiani sparano alcune raffiche: cadono due militi, gli altri si disperdono.
I patrioti, a loro volta, vengono attaccati dai Tedeschi che si trovano nelle vicinanze, per cui ritornano al distaccamento.
Il garibaldino «Beppe», mentre assale una sentinella tedesca nella zona di Lenzari (Valle Arroscia), viene colpito a morte da un altro nemico accorso. È il primo caduto rimasto ignoto della I Brigata «S. Belgrano».
- 11-8-1944 - Il vice comandante Giorgio Olivero ed un nucleo di garibaldini della «Volante» entrano in Nava, presidiata dai Tedeschi. I partigiani devono però ritirarsi per la violenta sparatoria nemica.
Il garibaldino Giovanni Garbagnati (Gianni), in missione nella zona di Roncagli, viene catturato. Il giorno successivo verrà trucidato a Costa d'Oneglia.
Lungo la mulattiera del Torraggio, nella zona di Passo Muratone, il 5° distaccamento della V Brigata d'Assalto «L. Nuvoloni» impegna i Tedeschi, i quali rispondono con raffiche di mitragliatore; un partigiano rimane ferito; i Tedeschi contano alcuni morti.
Un distaccamento della V Brigata, comandato da Vittorio Guglielmo [Ivano, Vitò] e composto da soli trentadue uomini con due mitragliatori ed una mitragliatrice, con una brillante azione attacca circa duecento Tedeschi diretti in Francia dopo aver razziato il giorno precedente bestie e viveri ai pastori della zona di Marta. Dopo un breve combattimento i Tedeschi riescono a salvarsi con la fuga, abbandonando l'intero bottino. Il nostro distaccamento riesce così a recuperare 15 muli carichi di viveri e munizioni e 55 mucche che saranno restituite ai proprietari. Inoltre, si recuperano 50 fucili ta-pum, 25 mitra, 23 parabelli, 4 mitragliatori, 2 mitraglie ed armi varie.
.

Prima pagina del citato Bollettino CLNAI


Notizie - sempre dal citato Bollettino - afferenti azioni della Divisione "Cascione", compiute il 7 e l'8 agosto 1944

Carlo Rubaudo
Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992

lunedì 4 gennaio 2021

Chiappa: eliminazione delle postazioni "San Marco"

Pairola, Frazione del Comune di San Bartolomeo al Mare (IM). Fonte: Mapio.net

Prima di descrivere la brillante operazione dei partigiani che, attraverso varie e fulminee fasi, ha inferto un grave colpo al nemico, è utile fare una premessa che permetterà una più precisa comprensione del fatto e delle sue cause.
Il mese di agosto [1944] rappresenta il culmine della forza partigiana.
Già in precedenza sono state ricordate le modifiche in atto nelle fila della Resistenza, il progressivo potenziamento che, timidamente iniziato nel mese di marzo con l'afflusso di giovani alle formazioni partigiane, si è molto accentuato negli ultimi mesi primaverili e nell'estate.
L'esercito nazista è incalzato in ogni luogo, pressato ed in ritirata da tutti i fronti di guerra, è quotidianamente attaccato e colpito all'interno dei territori occupati dalla crescente forza ed aggressività dei partigiani e dalla resistenza delle popolazioni oppresse. Gli ordini impartiti in forme sempre più decise e minacciose dai Comandi militari e delle SS non ottengono ormai più che scarsi effetti (1).
Vero è che, giornalmente, patrioti o semplici cittadini subiscono infamie e torture a non finire; è pure vero che s'intensifica l'attività delle organizzazioni spionistiche tedesche e fasciste che sarà fatale per tanta gente e che le carceri ed i concentramenti sono pieni zeppi di prigionieri destinati alla morte. Ma la situazione è quella che è: un crollo può avvenire da un momento all'altro e molti militanti nelle fila della Repubblica di Salò, inquadrati in vari reparti ben distinti da quelli famigerati delle Brigate Nere, sono ormai stanchi di restare passivi di fronte agli avvenimenti, d'attendere la fine della guerra con una divisa che sanno indegna e che hanno indossato a seguito di situazioni in cui non avevano chiari i concetti di onore e di patria. Pian piano schiudono gli occhi alla realtà. Una parte di questi giovani vorrebbe disertare, nascondersi e raggiungere la propria casa; un'altra parte, invece, intenderebbe disertare e passare nelle fila della Resistenza. Conseguentemente gli esodi diventano sempre più frequenti, onde fughe e segreti accordi con i partigiani per organizzare prelevamenti di reparti ed il loro trasferimento ai distaccamenti.
Naturalmente, queste azioni non sono facili e comportano dei rischi. C'è sempre, nel numero dei militari, chi la pensa diversamente; ci sono degli ufficiali e, insieme a loro, quasi sempre dei Tedeschi. È possibile incontrare una reazione, subire delle perdite, fallire lo scopo.
Ma l'azione del 28 agosto riesce a perfezione. È condotta da garibaldini coraggiosi, esperti e collaudati ai rischi.
Il 24 agosto dalla base di Valcona partono il Comandante «Cion» [Silvio Bonfante] con il vice commissario Ivar Oddone (Kimi), i garibaldini «Fiume», Ettore Bacigalupo, Agostino Calvo (Il Rosso), «Vittorio il Biondo» ed un nucleo d'assalto con «Mancen» [Massimo Gismondi].
La meta è Chiappa [Frazione del Comune di San Bartolomeo al Mare], in Val Steria, dove vi sono forti e munitissime postazioni della divisione «San Marco» (2), che rappresentano un notevole intralcio alle azioni volanti delle squadre partigiane operanti nella zona. Il fine consiste nell'eliminazione delle postazioni stesse.
I partigiani giungono sul luogo stabilito. Sono poco più di una decina e sanno, da informazioni, che la loro impresa si presenta di non facile attuazione. Ma «Cion» non è un comandante da intimorirsi, coraggioso com'è fino alla temerarietà, ed insiste verso gli altri affinché non deflettano dallo scopo. Infine, decisi, s'avviano verso il caposaldo dopo essersi uniti ad un'altra decina di garibaldini in missione nella zona.
La formazione si scinde e dà origine a due gruppi: il primo, guidao da «Cion» e da «Mancen», scende verso il paese percorrendo la via centrale; il secondo, al comando di «Kimi», prende la strada che fiancheggia l'abitato dalla parte destra. I due nuclei giungono alla prima posta quasi contemporaneamente al tramonto del sole verso le 19.
L'assalto è rapido ed i ventidue della «San Marco», sorpresi, neppure osano opporre resistenza.
L'altra postazione è ad un chilometro di distanza e consta di ventiquattro uomini.
«Kimi», «Mancen», «Ettore», «Grillo», «Totò», «Il Rosso» s'avviano veloci e, in breve tempo, saltando di fascia in fascia raggiungono il luogo.
Due sentinelle, atterrite dall'improvvisa comparsa dei Partigiani, si arrendono.
Nel frattempo, ignaro della presenza dei garibaldini, giunge un militare che è subito accerchiato e disarmato. Trattasi di Silvio Paloni il quale fornisce tutte le informazioni necessarie: precisa che la batteria è alla Rocca, che gli uomini sono ventiquattro e che alcuni Tedeschi alloggiano in due case, in posizione ben difendibile.
I partigiani si dividono in due gruppi di tre uomini ciascuno ed avanzano fino al luogo indicato. Si appostano e vedono i nemici intenti al rancio serale.
Paloni, poiché considera impossibile un attacco diretto, consiglia di parlamentare e si offre di fare da intermediario. Parte e ritorna con alcuni militi e con il sergente Facta, il quale chiede di quanta forza dispongano i garibaldini. Gli è risposto che all'esterno, ben appostati, stazionano molti partigiani!
Il sergente si avvia verso i suoi che si riuniscono in fretta nelle stanze inferiori, mentre alcuni aprono il fuoco nella direzione del gruppo di «Mancen».
I patrioti rispondono con raffiche di mitragliatore ed i sanmarchini cominciano a raccogliere le loro cose ed a fuggire. Alcuni abbandonano anche il fucile.
I garibaldini li inseguono e li catturano quasi al completo, senza subire alcuna perdita. Poi si dirigono verso la batteria e rendono inservibili i due cannoncini, privandoli dei pezzi necessari al funzionamento.
I tedeschi ed il tenente riescono a dileguarsi.
Sei partigiani hanno catturato una ventina di militari! Quindi si dirigono verso il gruppo comandato da «Cion » e tutti manifestano entusiasmo.
Ma non basta. A Pairola [Frazione del comune di San Bartolomeo al Mare], con lo stesso sbrigativo metodo, fanno venti prigionieri, si impadroniscono di due mortai e requisiscono alcun muli per il trasporto.
Il giorno dopo partono tutti per San Bernardo di Conio. La colonna è imponente: i garibaldini procedono con oltre sessanta prigionieri e con i muli carichi di armi, viveri, munizioni nonché di due mortai (4).
Quei due mortai, azionati dagli stessi uomini della «San Marco» con abilità eccezionale, alcuni giorni dopo, ed esattamente il 5 di settembre, contribuiranno in modo determinante alla vittoria garibaldina nella battaglia di Montegrande.
(1) Nel mese di agosto, da parte del Comando Tedesco viene affisso nella Provincia di Imperia il seguente manifesto:
«Italiani,
è volontà delle forze armate germaniche di portare la pace nel paese: tranquillità e ordine devono tornare ovunque. A questo scopo è stabilito che tutte le persone tornino entro il 1° settembre alle loro residenze abituali. In caso di disobbedienza a questa ordinanza le forze armate germaniche prenderanno le misure adatte contro le case e gli averi dei non ottemperanti.
Attraverso Badoglio che ha sospinto gli Italiani al fratricidio, un piccolo gruppo di senza onore, si è fatto spingere ad uccidere alle spalle portando nel popolo italiano la vergogna del banditismo di pretta marca slavo-comunista. Contro questi ribelli e contro tutti i sovversivi le forze armate germaniche attueranno i mezzi più repressivi e più duri. Chiunque sia in possesso di armi senza permesso sarà  fucilato sul posto. Consegnate le armi nascoste, segnalate i possessori di armi e i nascondigli nei quali esse sono occultate. Chiunque aiuti i banditi, chiunque lavori per i ribelli, li provveda di viveri, vestiti e alloggio, sarà fucilato sul posto.
Tutti gli italiani devono riprendere immediatamente il lavoro.
L'armata germanica ha dimostrato di aver mantenuto la promessa data agli italiani alleati di combattere a fianco di essi, per assicurare con questa lotta l'amicizia del popolo italiano e germanico.
Collaborate con essa per il bene della vostra Italia.
Agosto 1944                                                                                Il Comandante Germanico
(2) La Divisione fascista «San Marco», addestrata in Germania, prima al comando del generale Princivalle e poi del generale Amilcare Farina, collegata alla 341 Divisione germanica del generale Won Lieb che operava nell'imperiese, era stata dislocata fra Genova e Ventimiglia ai primi di agosto 1944. Alcuni suoi reparti erano giunti nel dianese il giorno 7 (vedasi F. Biga, Diano e Cervo nella Resistenza, pag. 118).
(3) Silvio Paloni entrerà nelle fila della Resistenza con lo pseudonimo di «Romano» e morirà a Ginestro il 27 gennaio 1945.
(4) Dalla relazione stilata dal comandante «Cion» alcuni giorni dopo l'azione risulta il seguente bottino: due mortai da 81 mm con un centinaio di granate, ottanta fucili ta-pum, moschetti e trenta pistole di calibro vario. Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992, pp. 366-369

Altura vicina a Chiappa, Frazione del Comune di San Bartolomeo al Mare (IM). Fonte: Mapio.net

Kimi
(Ivar Oddone) racconta:
Nella zona di Chiappa sopra Pairola stazionava un fortissimo gruppo del battaglione San Marco che vi aveva preso posizione ed aveva creato un munitissimo caposaldo.
Io e Cion ci trovavamo nella zona con una decina di uomini: era stato sempre nostro desiderio eliminare la postazione nemica che costituiva per le nostre squadre volanti una minaccia permanente, ma sapevamo, anche attraverso il rapporto  di due sanmarchini che avevano disertato unendosi a noi, che l'impresa non era di facile attuazione.
Ma Cion, sempre fiducioso nella sua buona stella e coraggioso fino alla temerarietà, insisteva nel tentare il colpo. Ci convinse alla fine: incorporammo nella nostra formazione altri dieci garibaldini che si trovavano in missione nella zona e si partì decisi a raggiungere il nostro scopo.
A poca distanza dal paese ci dividemmo. Cion, Mancen e alcuni altri scesero verso il paese per la strada di mezzo ed io col resto ci portammo alla destra dell'abitato. Giungemmo quasi contemporaneamente sulla prima postazione nemica. Erano le 7,30 pomeridiane ed il sole tramontava. Nella luce dorata balzammo sugli uomini, 22 in tutto, e li costringemmo alla resa senza che osassero opporre resistenza.
A un Km. circa di distanza vi era una seconda postazione con 24 uomini. Io, Mancen, Ettore Bacigalupo, Grillo, Totò e Rosso si partì di corsa. In pochi minuti, balzando di fascia in fascia, giungemmo sul posto. Due sentinelle ci videro sbucare come demoni dagli alberi al di sopra della postazione, che non avevamo ancora individuato, e, annichiliti, si arresero.
Nello stesso istanie scorgemmo un uomo venir verso di noi ignaro di ciò che stava accadendo. Lo circondammo e lo disarmammo. Era Romano un milite della Sanmarco che passò nelle nostre file e cadde da eroe l'inverno successivo.
Romano si unì a noi e ci informò che la batteria era a Roccà e gli uomini, 24 militi e alcuni tedeschi, alloggiavano in due case in posizione molto forte. Ci dividemmo in due piccoli gruppi di tre uomini ciascuno ed avanzammo.
Giunti sul posto ci appostammo fra le fasce: vedevamo le teste dei nemici affaccendati intorno al loro rancio serale. Romano ci consigliò di parlamentare: tentare un attacco gli pareva impossibile. Acconsentimmo. Egli discese e ritornò poco dopo col sergente Facta e due uomini. Cominciarono le trattative. Il sergente ci chiese qual'era la nostra forza: risposi, con una faccia tosta invidiabile, che si era 250, ben armati ed in ottima posizione. Il sergente ritornò alla postazione e subito dopo scorgemmo gli uomini raccogliersi in fretta sulle fasce basse mentre alcuni tiravano nella nostra direzione. Rispondemmo: poche scariche e poi i Sanmarchini cominciarono a far fagotto ed a fuggire, taluni abbandonando anche il fucile. Noi uscimmo dai nostri rifugi e li inseguimmo per poco lungo le fasce e li catturammo quasi tutti senza subire alcuna perdita. Solo i pochi tedeschi ed il tenente riuscirono a dileguarsi.
Coi nostri prigionieri ritornammo alla postazione e catturammo i due cannoncini della batteria che smontammo e rendemmo inservibili.
In sei avevamo catturato quasi venti uomini che uniti agli altri presi in precedenza costituivano un gruppo di oltre 40 prigionieri, il doppio della nostra forza complessiva.
Ci riunimmo a Cion e, entusiasmati dal successo, decidemmo di portarci a Pairola dove con lo stesso metodo sbrigativo catturammo quella postazione impadronendoci di un mortaio e di altri 20 prigionieri.
Requisimmo alcuni muli, li caricammo delle armi, munizioni e viveri catturati, inquadrammo i prigionieri e ci avviammo verso Stellanello.
Intanto Cion con un gruppo di pochi uomini decise di tentare un altro colpo per completare la vittoria.
Era una notte soffocante di agosto, senza luna: si marciava a fatica sui sentieri tortuosi e bui: impiegammo un tempo interminabile per raggiungere Stellanello: qui ci raggiunse Cion con due mortai e altri 18 decimini catturati.
L'indomani raccogliemmo sul posto numerose squadre di garibaldini e partimmo verso la base.
Formavamo una colonna imponente: 130 garibaldini, 80 prigionieri, 2 mortai e numerosi muli carichi.
Sfilavamo lungo le creste montane cantando: era in noi il presagio della vittoria e su di noi vegliava lo spirito glorioso dei nostri morti.
Mario Mascia, L'epopea dell'esercito scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, pp. 167,168 
 
Il 24 agosto 1944 dalla base di Valcona partirono il Comandante “Cion” con il vice commissario, alcuni garibaldini, tra cui Ettore Bacigalupo, ed un nucleo d’assalto di “Mancen” alla volta di Chiappa in Val Steria con l’intento di eliminare le postazioni della San Marco che erano di notevole intralcio alle azioni delle squadre partigiane operanti in zona. I partigiani, dopo essersi uniti ad un’altra decina di garibaldini in missione in zona, si avviarono verso il caposaldo. La formazione si divise in due gruppi e, percorrendo strade diverse, raggiunsero la postazione quasi contemporaneamente intorno alle 19. L’assalto fu talmente rapido che i ventidue sanmarco non riuscirono ad opporre resistenza.
Capitanati da “Mancen” cinque partigiani si avviarono verso l’altra postazione distante circa un chilometro; anche in questo frangente le sentinelle, colte di sorpresa, si arresero. Nel frattempo, ignaro della presenza dei partigiani, giunse il militare Silvio Paloni: venne disarmato e fornì le informazioni necessarie. Poiché ritenne impossibile un attacco diretto, consigliò di parlamentare e si offrì di fare da intermediario. Partì e ritornò con due militi e un sergente il quale si informò sulla forza numerica dei garibaldini. Gli venne risposto che, bene appostati, stazionavano 250 partigiani. Il sergente si avviò verso i suoi che si riunirono nelle fasce e aprirono il fuoco in direzione del gruppo di “Mancen” il quale rispose con raffiche di mitragliatore. I sanmarchini si dettero alla fuga; i garibaldini li inseguirono, li catturarono quasi al completo, senza subire alcuna perdita; inoltre resero inservibili due cannoncini sottraendone alcuni pezzi. (Sei partigiani catturarono una ventina di militari). A Pairola, applicando lo stesso metodo, i partigiani fecero venti prigionieri e si impadronirono di due mortai. Il giorno dopo partirono tutti per San Bernardo di Conio con sessanta prigionieri, armi, viveri, munizioni e due mortai che, azionati dagli stessi uomini della San Marco, alcuni giorni dopo contribuirono in maniera determinante alla vittoria garibaldina nella battaglia di Montegrande.
Redazione, Arrivano i Partigiani. Inserto 2. "Le formazioni di montagna della I^ e della VI^ Zona Operativa Ligure che operavano nella provincia di Savona", I Resistenti, ANPI Savona, numero speciale, 2011

giovedì 22 ottobre 2020

Il giornalino partigiano stampato nella tipografia del parroco di Realdo

Fonte: Rete Parri

L'organizzazione partigiana era ormai efficiente; i collegamenti fra i vari gruppi erano armoniosi ed efficaci. I vari attacchi ai gruppi dei nazifascisti avevano reso la zona dell'Alta Valle Argentina sufficientemente sicura. Era anche possibile, con discreta facilità, raggiungere la zona delle formazioni di Imperia. Il numero dei partigiani era aumentato e l'armamento quasi completo. Mancava un giornalino di propaganda.
Dice Vitò [Giuseppe Vittorio Guglielmo]: «Dal Comando di Divisione era venuto l'invito di trovare un mezzo per organizzare un giornalino. Non c'era possibile andare in città per cercare una tipografia accondiscendente. Eravamo troppo distanti e bisognava attraversare alcuni territori tenuti dai nazifascisti. Sapevo che a Realdo [Frazione di Triora (IM), Alta Valle Argentina] vi era un parroco che aveva macchine per stampare. Anche se il macchinario era un po' antiquato, poteva benissimo servire per stampare il nostro giornalino, che prima che nascesse l'avevamo già battezzato "Garibaldino". Ma ero veramente preoccupato sul come presentarmi a quel sacerdote. Se andavo io, un comunista, avrei potuto far fallire l'impresa. Era con noi Don Armando Micheletto (Domino nero) e fu questa una combinazione favorevole e risolutiva. Pregai lui di prendere contatti con Don Peitavino e gli raccomandai di riuscire anche mediante accordi. Fragola-Doria [Armando Izzo] si associò a Domino nero e partirono per la missione. Fu presto vinta la resistenza del parroco con argomentazioni che trovavano una base di serietà sulla richiesta che veniva a lui da un suo confratello sacerdote, che viveva in mezzo ai partigiani. Un altro fattore che contribuì a rassodare la richiesta fu la presentazione a Don Peitavino, di un suo nipote partigiano, del suo stesso paese natio, Isolabona, che avrebbe preso la direzione della redazione del giornalino».
Don Armando e Fragola-Doria comunicarono a Vitò le promesse fatte al parroco che concedeva la tipografia. Un certo aiuto economico a lui che era poverissimo tra i poveri ed il rispetto per la sua casa e per i suoi macchinari.
Accettate le condizioni, Vitò fu generoso come sempre e come con tutti, tanto da suscitare nel parroco entusiasmo per il lavoro di tipografia. Lui stesso rifornì carta, inchiostro, lavoro. Passava alcune notti a lavorare coi giovani chiamati a collaborare; insegnava l'arte della stampa.
Fragola-Doria e Peitavino (Silla) furono i primi compilatori del giornalino, dalla testata che era un programma ed una bandiera: «Il Garibaldino».
Ora Silla è preside nel liceo di Cavour in Piemonte. A lui domandate come faceva a bere il vino della S. Messa dello zio prete e come sapeva sottrarre le formaggette tenute in gran conto.
Vitò era soddisfatto della riuscita e desiderava che il giornalino si propagandasse ovunque. Anche nell'intervista a distanza di tanti anni mi confidava: «Così potemmo dimostrare che tutte le forze vive erano state chiamate all'intervento e che si davano da fare per ottenere quanto il Comando di Divisione voleva. Quel prete, nonostante le marachelle che gli combinavano i nostri partigiani, capitanati da Silla, era felice di averci aiutato e di essere aiutato da noi. Era tremendamente povero ed isolato anche dalla popolazione. Lui faceva da maestro nella stamperia. Il primo numero uscì nella prima quindicina di settembre».
Fragola-Doria era il moderatore delle marachelle dei partigiani della stamperia e quando Don Peitavino aveva qualche lamento da fare, si rivolgeva a lui. Gli si era talmente affezionato che quando seppe che era stato colpito a Pigna e lo credeva morto, aveva celebrato delle messe per lui. Ma non era morto e lo andò a trovare per confermargli la sua riconoscenza: «Mio caro, ti credevo morto, ed ho celebrato messe in suffragio per l'anima tua».
«Grazie, reverendo, le messe fanno bene anche ai vivi».
Vi era una simpatia fra i due per vicendevoli servizi resi e Don Peitavino lo stimava e lo rispettava. Per lui e per le affettuose cure avute dai partigiani della tipografia, era un convinto assertore della bontà della lotta dei partigiani contro tedeschi.
don Ermando Micheletto * La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di Domino nero Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1973, pp. 110, 111
* ... Don Micheletto per tutta la guerra si adoperò per i partigiani, generalmente in contatto con i gruppi di Vitò, che accompagnò spesso nei loro spostamenti. Esplicherà la sua attività specialmente nell'assistenza e per captare messaggi radio. Giovanni  Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia
 
Il foglio "Il Garibaldino" nasce ad opera della sezione “agitazione e propaganda” della IX^ Brigata “Felice Cascione” - poi divenuta nel luglio 1944 la II^ Divisione d’Assalto Garibaldi “Felice Cascione” - con l’intento di essere la voce dei Garibaldini della provincia di Imperia.
Gli articoli affrontano vari argomenti, tra i quali si segnalano: l’andamento della situazione politica e militare; i commenti delle azioni compiute dai vari distaccamenti; gli atti di eroismo individuali; le informazioni sulla vita interna dei distaccamenti, con particolare risalto al morale e alla disciplina dei partigiani; l’incentivazione dello spirito di emulazione fra i singoli combattenti.
Detti contenuti sono indicati dall’Ispettore di Zona Carlo Farini, “Simon”, in una sua lettera circolare del 14 giugno 1944.
Gli articoli essenzialmente politici sono scritti dal Commissario politico della divisione Libero Briganti, “Giulio”, e da Agostino Bramé, “Orsini”.
I primi due numeri del 14 luglio e del 6 agosto 1944, sono tirati in 400 copie ciascuno e sono stampati presso la tipografia di Villatalla, situata nel comune di Prelà. Responsabili della stamperia sono Giovanni Acquarone, “Barba”, e Riccardo Parodi, “Ramingo”.
 

Fonte: Rete Parri

Il primo numero è distribuito nella provincia di Imperia e parte del basso Piemonte, mentre il secondo circola prevalentemente tra i distaccamenti della brigata.
Il terzo numero esce invece il 20 settembre 1944, come primo di una nuova serie promossa dalla II^ Divisione d’Assalto “Felice Cascione”, con cadenza periodica - almeno nelle intenzioni -, in 8 facciate. 

Fonte: Rete Parri

È stampato presso la tipografia di Realdo, frazione del comune Triora in Valle Argentina. La costituzione di tipografia è stata promossa da: Armando Izzo, “Doria Fragola”, Commissario di divisione; Vittorio Guglielmo, “Vittò”; Comandante del gruppo divisionale; Ferdinando Peitavino, “Silla”, nipote del parroco Don Luigi Peitavino, il quale ha messo a disposizione i macchinari tipografici installati nella canonica del paese.
L’idea è di stampare il periodico con cadenza quindicinale, ma per varie vicissitudini “Il Garibaldino” non sarà più pubblicato se non dopo la Liberazione, con l’uscita di alcuni numeri dedicati soprattutto alla commemorazione dei caduti.
Istituto Nazionale "Ferruccio Parri"
 
Come afferma il garibaldino Gino Glorio (Magnesia) amministratore della brigata, la prima copia de Il Garibaldino fu stampata il 14.7.1944 e distribuita a San Bernardo di Garessio, nell'alta val Tanaro e nella parte orientale della Provincia, dal Comando della I brigata con sede a Lovegno. La stessa cosa si ripeté nella parte occidentale.
Il giornale era formato  da  due pagine stampate in modo primitivo; vi si parlava del rastrellamento di Stellanello (battaglia di Pizzo d'Evigno del 19.6.1944) e si citavano le azioni principali delle varie brigate. Un articolo commentava in modo ottimistico le operazioni alleate, un altro esaminava la nuova situazione creatasi in seguito all'occupazione garibaldina dell'interno (Pieve, Ormea, Garessio): raccomandava il comportamento corretto, cordiale dei partigiani con la popolazione dei grossi centri perché in essi doveva vedere i suoi figli, la propria difesa. Solo in questo modo sarebbero stati degni di liberare le città della costa. Inoltre si deplorava la leggerezza con cui alcuni  partigiani raccontavano le azioni eseguite o progettate. Concludeva ricordando che il silenzio e la sorpresa erano le migliori garanzie per il successo. Il 6 agosto 1944 fu distribuito tra i distaccamenti delle brigate il secondo numero de Il  Garibaldino. Come il precedente, conteneva un commento sulla situazione militare, le principali azioni del mese di luglio, accennava ad un distintivo che sarebbe stato consegnato a  tutti i partigiani: la stella rossa con l'effige di Garibaldi. In agosto Libero Briganti (Giulio) commissario della II^ divisione F. Cascione, non solo faceva produrre materiale vario di propaganda stampato dalla tipografia di Villa Talla, ma anche dal suo commissariato con la macchina da scrivere per cui, durante il mese, vennero lanciati i seguenti dattiloscritti intitolati come segue:
Direttive per l'insurrezione nazionale e per l'organizzazione di organi di potere popolare (7 fogli, del 6.8.1944), Sulla via dell'insurrezione (8 fogli, del 10.8.1944), La disciplina che vuole il soldato del popolo (3 fogli, del 19.8.1944), Difendiamoci dal nemico (2 fogli, del 22.8.1944), Chi siamo, cosa vogliamo (2 fogli, del 24.8.1944), Garibaldini e popolo (2 fogli, del 28.8.1944.
Il presidente del C.L.N. provinciale Gaetano Ughes (Giorgio), in una sua relazione scriveva che il servizio stampa e  propaganda del C.L.N. era stato affidato all'organizzazione comunista, la più preparata ed organizzata, che già funzionava a pieno ritmo da molti anni. Essa fu diretta da numerosi compagni e particolarmente da Ernesto Baldini (Leandro, poi Serra), segretario della Federazione comunista d'Imperia, inviato da Genova e che restò alla Federazione dalla fine di agosto 1944 al marzo 1945.
Le squadre S.A.P. della divisione G.M. Serrati alle dirette dipendenze della Delegazione Militare provvedevano all'affissione notturna e diurna ed alla distribuzione in città e nel circondario del materiale propagandistico. Altro materiale di propaganda veniva inviato dal C.L.N. di San Remo (dirigenti: Rovelli e Mascia),  che ne curava la distribuzione nei diversi piccoli e grandi centri abitati.
A proposito, Mario Mascia ci ricorda che il C.L.N. di San Remo spese circa 150.000 lire per la stampa e propaganda; organizzò il servizio stampa e propaganda nella parte occidentale della Provincia con l'aiuto del P.C.I. che mise a disposizione tutti i suoi mezzi;  pose mano alla pubblicazione di manifesti di propaganda di varie dimensioni, lanciandone circa 30 tipi per un numero complessivo di circa 25.000 copie.
Il C.L.N. provinciale provvide a far stampare 40 tipi differenti di manifestini (nella tipografia di Villa Talla) per complessive 50.000 copie e ne curò l'affissione e la distribuzione.
Altre 20.000 copie di volantini diversi giunsero da Savona e da Genova. Furono diffuse parecchie migliaia di opuscoli di propaganda; stampigliate sui muri della città varie scritte antifasciste ed antitedesche.
A metà settembre 1944 il Comando della divisione Cascione, dislocato a Piaggia, trasferì il tipografo Enrico Amoretti dalla tipografia di Villa Talla a quella di Realdo in valle Argentina, piccola tipografia parrocchiale installata nella canonica del paese, dove si stampavano foglietti a carattere religioso.
Per convincere il parroco don Peitavino a mettere a disposizione della Resistenza la tipografia, il comandante della V brigata Vittò aveva mandato don Micheletto (Domino Nero), parroco di Cetta [in effetti, prima di entrare in clandestinità, Don Micheletto era a Camporosso], a parlamentare con lui.
Il parroco di Realdo mise a disposizione il macchinario al quale s'impegnò personalmente, coadiuvando nel lavoro di stampa Ferdinando Peitavino (Silla) di San Remo [in effetti di Isolabona, in Val Nervia], Lorenzo Musso (Sumi) e l'Enrico Amoretti, il dottor Millo e un compagno di Pigna. Così il 20 di settembre, come periodico della II^ divisione Cascione, uscivano il primo numero del giornaletto Il Garibaldino  (3° della serie), su otto facciate, ed il primo quantitativo di tesserini di riconoscimento da distribuire ai garibaldini.
Il 26 ed il 27 del mese stesso i responsabili dei settori A, B, C (San Remo, Imperia, Albenga), informavano la Federazione del P.C.I. d'Imperia ed il Comando della Cascione di aver ricevuto i plichi contenenti i giornaletti Il Garibaldino, l'Unità del 19.9.1944 (edizione imperiese) e il volantino Ordine di mobilitazione volontaria con l'invito di rientro a tutti i partigiani che si erano allontanati. Gli addetti dei tre settori provvedevano subito a distribuire il materiale di propaganda.
Durante il grande rastrellamento di Pigna-Upega dell'8-22 ottobre 1944, il tipografo Enrico Amoretti, che aveva seguito il Comando della divisione garibadina, fu catturato ad Upega dai Tedeschi, ma dopo due giorni, liberato, ritornò alla tipografia di Realdo dove trovò le SS tedesche che stavano confrontando i caratteri tipografici con quelli dei giornaletti; però, siccome quelli usati per la stampa clandestina erano tenuti nascosti, non scoprirono il corpo del reato [...]
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura Amministrazione Provinciale di Imperia e con patrocinio Isrecim, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977