Sapranno del passaggio del nemico nella tarda mattinata, quando ritornerà indietro la guida borghese che aveva accompagnato la colonna sulla cresta della montagna. La colonna diretta a Bosco è accompagnata dalla oramai spia famosa “Carletto”.
Il Comando della “Bonfante” non ha alcuna possibilità di avvisare i garibaldini dislocati a Bosco. Oramai è tardi. Sperano che le sentinelle del luogo abbiano potuto avvistare il nemico che stava avvicinandosi. Si spera che anche questa azione sia una puntata isolata e non faccia parte di un momento del grande rastrellamento previsto.
Scrive Gino Glorio (Magnesia) nel suo diario: "Il Comando della Divisione “Bonfante” si sposta a Degna per esaminare la situazione più da vicino; quanti erano e come armati, con muli o senza, perché la guardia borghese non ha funzionato? In Val Lerrone la situazione si mantiene calma, ma che avviene di là? Se il nemico, come probabile, tornerà alla base per la carrozzabile della Valle Arroscia, sarà possibile agganciarlo? Sembra che al di là della cresta gli avvenimenti siano più gravi di quanto si temesse. Un borghese che si è spinto in cresta, riferisce che le colonne di fumo si levano da Degolla e da Costa Bacelega, segno che il nemico non si è limitato alla puntata su Bosco, lunghe raffiche di mitraglia indicano che la lotta è ancora in corso. Le ore passano lente, uguali, verso mezzogiorno giunge a Segua uno sbandato da Bosco. Aveva i pantaloni strappati e lo sguardo inquieto dell'animale braccato. Racconta che con i suoi era sveglio da qualche minuto, aveva rimesso al fuoco le castagne e si preparava a lavarsi, quando vede a breve distanza i Tedeschi che scendono tra gli ulivi. Urla “I Tedeschi”, e via senza voltarsi. Quelli sparano ma il fuggiasco non vede più niente, e non sa cosa sia successo agli altri. Erano quasi circondati e la resistenza si presentava impossibile. Dopo una corsa selvaggia tra i rovi e gli ulivi, si era trovato fuori tiro senza armi ma con l'asciugamano in mano. Da mezzogiorno fino a sera nessuna novità. A sera una colonna tedesca scende dalla cresta verso Degna. L'allarme è portato in paese dalla figlia di Bertumelin, contadino del luogo che aiutava molto i garibaldini. In pochi istanti borghesi e partigiani spariscono tra gli alberi, mentre i Tedeschi, preannunciati da una raffica di mitragliatrice, entra in paese. Dopo mezzora Degna è di nuovo libera, il nemico ha proseguito per Cesio. Si spera sia tutto finito. Il giorno 21 niente di nuovo in Val Lerrone. Il comandante Olivero e Gustavo Berio (Boris) lasciano la Divisione, vanno oltre la strada statale 28 in cerca del Comando I Zona Operativa Liguria, per appellarsi alla sua autorità, poiché non riescono più a controllare la situazione. La Divisione rimane così affidata al commissario Osvaldo Contestabile e al vicecomandante Luigi Massabò (Pantera). La sera del 21 il SIM, trasferitosi a Poggio Bottaro, annuncia che il rastrellamento è sospeso in seguito all'offensiva sovietica; non si capisce il collegamento tra i due eventi, ma la notizia è quella. Il 22 la situazione si chiarisce di colpo. La Valle Arroscia è presidiata dai Tedeschi e dai Cacciatori degli Appennini...".
Ma vediamo un poco più da vicino cosa è accaduto nei paesi attaccati il primo giorno di rastrellamento. All'alba del 20 un poderoso schieramento di forze irrompe nella zona della "Bonfante" col compito di rastrellare e distruggere definitivamente le formazioni partigiane ivi dislocate.
Francesco Biga (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), Vol. IV. La Resistenza nella provincia di Imperia dal Primo Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 2005, pp. 35-37
Il 21 gennaio 1945 il comandante Giorgio Giorgio Olivero ed il vice commissario Gustavo Boris Berio lasciarono la sede della Divisione "Silvio Bonfante", per provare a fare il punto della tragica situazione al comando di Zona, lasciando la formazione affidata al vicecomandante Luigi Pantera Massabò. Il 21 gennaio la divisione repubblichina Monte Rosa occupava Casanova Lerrone (SV), Marmoreo, Frazione di Casanova Lerrone (SV), Garlenda (SV), Testico (SV), San Damiano, Frazione di Stellanello (SV), Degna, Frazione di Casanova Lerrone (SV), e Vellego, Frazione di Casanova Lerrone (SV), dopo avere già occupato il giorno prima Alto (CN), Borgo di Ranzo (sede comunale di Ranzo), Borghetto d'Arroscia (IM), Ubaga e Ubaghetta, Frazioni di Borghetto d'Arroscia (IM). A Marmoreo il nemico uccise il civile Settimio Testa.Nei tre giorni successivi le formazioni della Divisione "Silvio Bonfante" sfuggirono ai rastrellamenti nemici di San Damiano, Rossi, Frazione di Stellanello (SV) e Marmoreo, Frazione di Casanova Lerrone (SV). Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
Nelle prime ore di sabato 20 gennaio tre colonne naziste e alcune compagnie di Cacciatori degli Appennini giungono in zona provenienti da Borghetto d’Arroscia, Casanova Lerrone e Pieve di Teco. La pattuglia garibaldina avvista il nemico e apre il fuoco (dal diario militare di Luigi 'Pantera' Massabò). Al rientro dalla zona di Marmoreo dove ha portato viveri, il ventitreenne addetto all’Intendenza Mario Miscioscia avvista una delle tre colonne nazifasciste che si sta dirigendo verso Ubaghetta. Impossibilitato a sorpassarla senza farsi notare e trovandosi in una posizione che gli rende difficile la fuga, per dar l’allarme ai compagni Mario lancia contro la colonna una bomba a mano e s’avvicina ulteriormente per scaricarle contro la pistola: il colpo di mano nemico viene così scongiurato. Una raffica però colpisce mortalmente Mario: all’ufficiale fascista che gli offre di darsi prigioniero in cambio delle cure che gli avrebbe fatto prodigare, risponde: “Preferisco la morte al disonore di venire con voi”, frase riferita dallo stesso ufficiale a persone di Borgo di Ranzo. I nazifascisti trovano Ubaghetta deserta: i partigiani dislocati nei dintorni si sono allontanati e anche i contadini hanno abbandonato le loro case. Tuttavia, nel tentativo di sottrarsi al rastrellamento, sabato 20 gennaio 1945 il ventenne Germano [Cardoletti (Redaval)] resta ferito gravemente a una gamba con frattura dell’osso. In qualche modo riesce a nascondersi ma verso sera viene scoperto e catturato dai nazifascisti: portato su una scala a Borghetto d’Arroscia gli viene praticata una medicazione superficiale e viene adagiato su un dito di paglia con una sola coperta. Il maggiore comandante del battaglione dice che Germano sarà portato all’ospedale di Pieve di Teco. Eppure per tre giorni Germano resta privo di ogni cura: dei circa 60 uomini della compagnia presente a Borghetto solo un sergente maggiore mostra attenzione verso di lui. Probabilmente Germano viene interrogato, forse con percosse e torture, ma nessuna informazione ottengono i fascisti sulle posizioni dei distaccamenti in zona. Alla sera di lunedì 22 gennaio un tenente coi capelli grigi annuncia che il tribunale militare (pare composto solo da lui e da un altro soldato) s’è adunato e ha condannato Germano a morte. Nel tentativo di salvargli almeno provvisoriamente la vita, il locale sacerdote don Casa si offre invano con altri per portarlo all’ospedale. Al sacerdote che dalle ore 5.30 di martedì 23 gennaio 1945 è in attesa dell’ultimo colloquio, neppure viene concesso di parlare a Germano se non cinque minuti prima dell’esecuzione. A quel punto la voce di Germano è talmente debole che il sacerdote non è certo d’aver compreso il nome del padre Cesare e quello della madre Erminia. Alle ore 7 lo sfinito Germano viene fucilato a vent’anni dal plotone fascista d’esecuzione sulla piazzetta del municipio di Borghetto d'Arroscia in provincia di Imperia.
Redazione, Scheda biografica di Germano "Redaval" Cardoletti, Centro Documentazione Resistenza ANPI Voghera