A fine marzo 1945 la I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" con la costituzione del Distaccamento "Marco Agnese", comprensivo di 21 garibaldini, e del Distaccamento "Franco Piacentini" (15 partigiani) portava a cinque il numero dei suoi Distaccamenti. In quel periodo il Distaccamento "Francesco Agnese" [comandante "Buffalo Bill"/"Bill"/"Pippo", Giuseppe Saguato] aveva in organico 36 uomini, il Distaccamento "Giovanni Garbagnati" [comandante "Stalin", Franco Bianchi] 37 ed il Distaccamento "Angiolino Viani" [comandante "Russo", Tarquinio Garattini] 29.
Il 28 marzo ad Alassio venne momentaneamente smarrito un elenco di garibaldini, subito recuperato, di modo che venne evitata per un soffio una strage di partigiani, come quella purtroppo avvenuta proprio quel giorno a Latte, Frazione di Ventimiglia.
Il 30 marzo il capo di Stato Maggiore ["Cis", Giorgio Alpron] della I^ Brigata "Silvano Belgrano" faceva saltare gli aghi di scambio nella stazione ferroviaria di Andora. In effetti dal resoconto delle azioni compiute dalla Brigata nel mese di marzo 1945, inviato in data 3 aprile 1945 al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", si legge: "il Capo di Stato Maggiore 'Cis", recatosi da solo nella stazione ferroviaria di Andora, faceva saltare con l'uso di plastico gli aghi di scambio e più di 20 metri di binario, lato Genova. Il treno che doveva transitare quella notte rimase fermo a Laigueglia fino alle ore 10 del mattino seguente".
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) -Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
Il 28 marzo ad Alassio venne momentaneamente smarrito un elenco di garibaldini, subito recuperato, di modo che venne evitata per un soffio una strage di partigiani, come quella purtroppo avvenuta proprio quel giorno a Latte, Frazione di Ventimiglia.
Il 30 marzo il capo di Stato Maggiore ["Cis", Giorgio Alpron] della I^ Brigata "Silvano Belgrano" faceva saltare gli aghi di scambio nella stazione ferroviaria di Andora. In effetti dal resoconto delle azioni compiute dalla Brigata nel mese di marzo 1945, inviato in data 3 aprile 1945 al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", si legge: "il Capo di Stato Maggiore 'Cis", recatosi da solo nella stazione ferroviaria di Andora, faceva saltare con l'uso di plastico gli aghi di scambio e più di 20 metri di binario, lato Genova. Il treno che doveva transitare quella notte rimase fermo a Laigueglia fino alle ore 10 del mattino seguente".
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) -Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
Il 29 [marzo 1945] Giorgio [Giorgio Olivero, comandante della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] aveva invitato al Comando Stalin per esaminare la possibilità di creare uno schieramento organico a protezione della Val d'Andora. Ritirate le bande che operavano in Val di Cervo e di Diano, spostato il Comando da Diano Arentino a S. Gregorio la I Brigata doveva schierare il distaccamento «A. Viani» a Villarelli controllando l'accesso da Villa Faraldi-Cona e la carrozzabile da Andora. Il «Piacentini» doveva controllare il passo del Merlo ed il passo dei Pali, bloccando così i varchi dalla valle di Cervo e da quella di Diano; il « F. Agnese» sorvegliava la mulattiera che saliva dalla «28» al passo S. Giacomo, il «Marco Agnese» accampato a S. Damiano avrebbe bloccato la carrozzabile che saliva da Alassio. Infine il cerchio avrebbe dovuto essere chiuso dal «G. Garbagnati» che, presidiando Tèstico, avrebbe controllato l'accesso dalla Val Lerrone da Cesio. Il Garbagnati rifiutò di occupare la posizione.
Il colloquio tra Giorgio e Stalin, che fece fallire il progetto di una difesa organica della Val d'Andora, è indice del morale e della autonomia esistenti alla fine di marzo nelle bande della I Brigata.
Innanzitutto a Tèstico non c'era mai stato nessun presidio, nemmeno gli alpini fascisti in gennaio avevano osato sostarvi. Situato all'incrocio della carrozzabile Alassio-Cesio e delle mulattiere che da Stellanello in Val d'Andora portano a Poggiobottaro ed in Val Lerrone, Téstico poteva essere attaccato evidentemente da molte direzioni, offrendo però anche molte vie di ritirata.
Di esse la migliore sarebbe stata quella di Stellanello perché protetta dagli alberi. Un accerchiamento nemico, assai difficile per le asperità del terreno, avrebbe dovuto esser condotto con quattro colonne simultanee, il che lo rendeva problematico. Le viuzze strette e le case antiche avrebbero consentito una lunga difesa.
Questa la posizione di Tèstico: in teoria lo schieramento delle altre bande avrebbe dovuto garantire il presidio di Tèstico dalle minacce da Alassio e da Stellanello; rimaneva scoperta la più grave minaccia da Cesio, si poteva ovviarvi presidiando in permanenza con una squadra la cresta di Ginestro; ciò avrebbe dato tempo al presidio di contrattaccare o di sganciarsi al coperto del bosco. Come si vede la Matteotti in luglio a S. Bernardo di Garessio e molte altre bande intorno a Rezzo ed a Piaggia avevano presidiato posizioni ben più rischiose con armamento inferiore. Il Garbagnati stesso, in gennaio a Ginestro, aveva combattuto in una posizione tatticamente peggiore attestato su un pendio semiscoperto, battibile facilmente dal versante di fronte e ne era uscito brillantemente. C'era però allora l'illusione di non essere attaccati essendo lontani dalle principali mulattiere, mentre ora si trattava di controllare una carrozzabile per dove più volte era passato il nemico. In verità nel marzo 1945 non c'era ancora nessuna banda accampata su una carrozzabile od un nodo stradale. Se ora volevamo riprenderci era necessario tornare ai vecchi sistemi e se qualcuno doveva cominciare doveva essere il Garbagnati che a ragione era ritenuto il miglior distaccamento della Bonfante. Qual era l'armamento della banda di Stalin? Per il comando divisionale era una incognita. Sapevamo che avevano due lanciagranate, mitra e mitraglie pesanti, ma si sospettava che il numero dichiarato fosse inferiore al vero. Improvvisi sopralluoghi non riuscirono mai a risolvere il problema.
Il rifiuto di Stalin di occupare Tèstico fu abbastanza netto: capiva i vantaggi del controllo della Val d'Andora, non aveva però fiducia di essere appoggiato dalle altre bande. «Non posso garantire che arrestino il nemico, si può però contare che diano l'allarme. Esser garantiti da una sorpresa può essere sufficiente» affermava Giorgio.
«Se non fosse rischioso vorrei provare questa notte ad attaccare quelli di Pippo: vedresti che scappano tutti senza sparare» replicava Stalin scuotendo il capo. «Se vuoi che venga a Tèstico non rispondo delle conseguenze: può darsi che i miei uomini si rifiutino di obbedire e non posso dar loro torto. Se veniamo attaccati uno sbandamento è sicuro e francamente mi dispiacerebbe perdere uomini e materiali che ho salvato per tanti mesi».
«Non si pretende da voi una difesa impossibile: sappiamo che i tedeschi possono strisciare fin sotto ad una nostra posizione e farla fuori a colpi di bombe a mano. Era solo il primo tentativo di riprendere il controllo di una zona per poter attaccare un nemico non molto forte che si infiltrasse nel nostro schieramento ed evitare sorprese in caso di rastrellamento. II cerchio sarebbe stato chiuso: quelli di Marco hanno accettato di controllare lo stradone a S. Damiano e si sono impegnati, in caso di attacco soverchiante, di ripiegare su Tèstico per appoggiarti. Se non vuoi stai pure a Pian Bellotto. Troveremo un'altra banda che accetterà l'incarico, per ora diremo a Pippo di mandar una pattuglia» concluse Giorgio.
Ricordavo un altro colloquio di mesi prima tra Giorgio e Stalin: un partigiano di guardia ad una mitraglia aveva avvistato una pattuglia tedesca che si avvicinava. Appena aveva iniziato il fuoco il compagno che portava le munizioni era fuggito lasciando il mitragliatore col solo caricatore infilato nell'arma. Sparando un colpo alla volta questi era riuscito a tenere a bada il nemico obbligandolo poi a ripiegare. Stalin era allora dell'opinione di fucilare il fuggiasco: «Quando si ha un compito bisogna adempierlo fino in fondo, non si può tollerare che uno scappi lasciando gli altri nei guai per colpa sua».
«Ha avuto paura» - sosteneva Giorgio. «Se fuciliamo lui dovremmo fucilare anche tutti quelli che stanno a casa percbé hanno meno coraggio di lui. Lui per lo meno ha una fede; è più facile fare il partigiano avendo paura, che, essendo coraggioso».
«Nessuno lo aveva pregato di esser dei nostri» - ribatteva Stalin. «Siamo volontari e se uno accetta un compito devo esser sicuro che lo adempia, altrimenti dica chiaro che non se la sente».
Stalin infatti aveva detto chiaro che non se la sentiva di venire a Tèstico.
Quando uscì chiesi a Giorgio se era sicuro di trovare un'altra banda da piazzare al posto di quella di Stalin. «Appunto perché sono i più forti quelli di Stalin hanno più spiccata degli altri l'indisciplina caratteristica delle bande partigiane: per stare a Tèstico non occorrono degli eroi, basta un po' di senso del dovere. Lo diremo al Catter, vedrai che Fernandel [Mario Gennari, a quella data ancora vice comandante della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo"] accetterà».
L'atteggiamento di Giorgio può forse meravigliare, ma date le circostanze era il migliore. Dimostrava che l'esperienza degli eventi passati non era stata del tutto inutile. Anziché tentare di imporre la propria volontà provocando forse un dissidio, se non un nuovo urto anche col comando della I Brigata, Giorgio preferì mostrarsi tollerante, accettare l'autonomia della I Brigata riservandosi in pratica solo funzioni di controllo. Era la soluzione migliore. Giorgio ebbe fiducia nelle capacità organizzative del Comando brigata: osservammo così con gioia sincera il giovane virgulto della Bonfante che si sviluppava e si irrobustiva. Vedemmo le prime disposizioni date dal Comando brigata alle bande, i collegamenti tra i distaccamenti potenziati, la creazione del S.I.M. di brigata, lo sviluppo dell'intendenza, il risorgere del morale offensivo negli uomini, il Comando brigata che operava alla luce del sole. Tutto ciò era necessario perché con l'aumento degli effettivi la Bonfante si avviava ad essere una Divisione anche di fatto, come la scorsa estate lo era stata la Cascione. L'autonomia che avevano goduto lo scorso anno le Brigate V, IV e I doveva essere lasciata alle Brigate ora nascenti.
Solo così potrà stabilirsi una reciproca stima e collaborazione tra gli uomini d'azione ed i tecnici, tra i proletari ed i borghesi. Vi era una spiccata differenza di stile, di mentalità, di abitudini tra Giorgio, Boris [Gustavo Berio, vice commissario della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"], Pantera [Luigi Massabò, vice comandante della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] da un lato e Mancen [Massimo Gismondi, comandante della I^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"], Federico [Federico Sibilla, vice comandante della I^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Silvano Belgrano"], Stalin. Pantera non era comunista, per Giorgio e Boris il comunismo pareva più una condiscendenza ad una moda che una vera fede. Lo stesso non si poteva invece dire del comando della I Brigata che sentivamo come l'ambiente più rosso della Divisione. Anche fisicamente Stalin, con capelli lunghi fino alle spalle, pareva l'incarnazione dello spirito ribelle ad ogni disciplina e consuetudine. Con lui erano alcri capibanda eredi di una tradizione di lotta e di autonomia.
Già altre volte la volontà di Stalin si era scontrata con quella del Comando divisione. Il soldato tedesco Jahob Unkelbach il 18 febbraio si era presentato al Garbagnati. Il Comando aveva consigliato la sua eliminazione, ma Stalin si era rifiutato: il disertore tedesco era uno studente di medicina e poteva essergli utile. Gli aveva dato il nome di battaglia «Antonio» e lo aveva messo alle dipendenze di Esculapio, medico della I Brigata, che si servì di lui per tutto marzo per curare feriti e malati. Purtroppo si vedranno più tardi le conseguenze dei due rifiuti di obbedienza ed anche il Comando della I Brigata dovrà trarne le conseguenze. Si cambierà allora il commissario del Garbagnati promuovendo Athos a commissario della II Brigata ponendo accanto a Stalin un commissario nuovo, ligio ai comandi superiori. La scelta non sarà felice e l'autorità di Stalin non verrà per questo ad essere diminuita. Così finiva il mese di marzo: un alternarsi di duri colpi e di successi, una ripresa sicura per quanto lenta, sintomi del crollo nemico sempre più chiari.
In marzo avvenne il nostro primo sabotaggio ferroviario riuscito sulla Albenga-Imperia. Un treno venne fatto deragliare bloccando la linea per qualche tempo.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 225-228
Il colloquio tra Giorgio e Stalin, che fece fallire il progetto di una difesa organica della Val d'Andora, è indice del morale e della autonomia esistenti alla fine di marzo nelle bande della I Brigata.
Innanzitutto a Tèstico non c'era mai stato nessun presidio, nemmeno gli alpini fascisti in gennaio avevano osato sostarvi. Situato all'incrocio della carrozzabile Alassio-Cesio e delle mulattiere che da Stellanello in Val d'Andora portano a Poggiobottaro ed in Val Lerrone, Téstico poteva essere attaccato evidentemente da molte direzioni, offrendo però anche molte vie di ritirata.
Di esse la migliore sarebbe stata quella di Stellanello perché protetta dagli alberi. Un accerchiamento nemico, assai difficile per le asperità del terreno, avrebbe dovuto esser condotto con quattro colonne simultanee, il che lo rendeva problematico. Le viuzze strette e le case antiche avrebbero consentito una lunga difesa.
Questa la posizione di Tèstico: in teoria lo schieramento delle altre bande avrebbe dovuto garantire il presidio di Tèstico dalle minacce da Alassio e da Stellanello; rimaneva scoperta la più grave minaccia da Cesio, si poteva ovviarvi presidiando in permanenza con una squadra la cresta di Ginestro; ciò avrebbe dato tempo al presidio di contrattaccare o di sganciarsi al coperto del bosco. Come si vede la Matteotti in luglio a S. Bernardo di Garessio e molte altre bande intorno a Rezzo ed a Piaggia avevano presidiato posizioni ben più rischiose con armamento inferiore. Il Garbagnati stesso, in gennaio a Ginestro, aveva combattuto in una posizione tatticamente peggiore attestato su un pendio semiscoperto, battibile facilmente dal versante di fronte e ne era uscito brillantemente. C'era però allora l'illusione di non essere attaccati essendo lontani dalle principali mulattiere, mentre ora si trattava di controllare una carrozzabile per dove più volte era passato il nemico. In verità nel marzo 1945 non c'era ancora nessuna banda accampata su una carrozzabile od un nodo stradale. Se ora volevamo riprenderci era necessario tornare ai vecchi sistemi e se qualcuno doveva cominciare doveva essere il Garbagnati che a ragione era ritenuto il miglior distaccamento della Bonfante. Qual era l'armamento della banda di Stalin? Per il comando divisionale era una incognita. Sapevamo che avevano due lanciagranate, mitra e mitraglie pesanti, ma si sospettava che il numero dichiarato fosse inferiore al vero. Improvvisi sopralluoghi non riuscirono mai a risolvere il problema.
Il rifiuto di Stalin di occupare Tèstico fu abbastanza netto: capiva i vantaggi del controllo della Val d'Andora, non aveva però fiducia di essere appoggiato dalle altre bande. «Non posso garantire che arrestino il nemico, si può però contare che diano l'allarme. Esser garantiti da una sorpresa può essere sufficiente» affermava Giorgio.
«Se non fosse rischioso vorrei provare questa notte ad attaccare quelli di Pippo: vedresti che scappano tutti senza sparare» replicava Stalin scuotendo il capo. «Se vuoi che venga a Tèstico non rispondo delle conseguenze: può darsi che i miei uomini si rifiutino di obbedire e non posso dar loro torto. Se veniamo attaccati uno sbandamento è sicuro e francamente mi dispiacerebbe perdere uomini e materiali che ho salvato per tanti mesi».
«Non si pretende da voi una difesa impossibile: sappiamo che i tedeschi possono strisciare fin sotto ad una nostra posizione e farla fuori a colpi di bombe a mano. Era solo il primo tentativo di riprendere il controllo di una zona per poter attaccare un nemico non molto forte che si infiltrasse nel nostro schieramento ed evitare sorprese in caso di rastrellamento. II cerchio sarebbe stato chiuso: quelli di Marco hanno accettato di controllare lo stradone a S. Damiano e si sono impegnati, in caso di attacco soverchiante, di ripiegare su Tèstico per appoggiarti. Se non vuoi stai pure a Pian Bellotto. Troveremo un'altra banda che accetterà l'incarico, per ora diremo a Pippo di mandar una pattuglia» concluse Giorgio.
Ricordavo un altro colloquio di mesi prima tra Giorgio e Stalin: un partigiano di guardia ad una mitraglia aveva avvistato una pattuglia tedesca che si avvicinava. Appena aveva iniziato il fuoco il compagno che portava le munizioni era fuggito lasciando il mitragliatore col solo caricatore infilato nell'arma. Sparando un colpo alla volta questi era riuscito a tenere a bada il nemico obbligandolo poi a ripiegare. Stalin era allora dell'opinione di fucilare il fuggiasco: «Quando si ha un compito bisogna adempierlo fino in fondo, non si può tollerare che uno scappi lasciando gli altri nei guai per colpa sua».
«Ha avuto paura» - sosteneva Giorgio. «Se fuciliamo lui dovremmo fucilare anche tutti quelli che stanno a casa percbé hanno meno coraggio di lui. Lui per lo meno ha una fede; è più facile fare il partigiano avendo paura, che, essendo coraggioso».
«Nessuno lo aveva pregato di esser dei nostri» - ribatteva Stalin. «Siamo volontari e se uno accetta un compito devo esser sicuro che lo adempia, altrimenti dica chiaro che non se la sente».
Stalin infatti aveva detto chiaro che non se la sentiva di venire a Tèstico.
Quando uscì chiesi a Giorgio se era sicuro di trovare un'altra banda da piazzare al posto di quella di Stalin. «Appunto perché sono i più forti quelli di Stalin hanno più spiccata degli altri l'indisciplina caratteristica delle bande partigiane: per stare a Tèstico non occorrono degli eroi, basta un po' di senso del dovere. Lo diremo al Catter, vedrai che Fernandel [Mario Gennari, a quella data ancora vice comandante della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo"] accetterà».
L'atteggiamento di Giorgio può forse meravigliare, ma date le circostanze era il migliore. Dimostrava che l'esperienza degli eventi passati non era stata del tutto inutile. Anziché tentare di imporre la propria volontà provocando forse un dissidio, se non un nuovo urto anche col comando della I Brigata, Giorgio preferì mostrarsi tollerante, accettare l'autonomia della I Brigata riservandosi in pratica solo funzioni di controllo. Era la soluzione migliore. Giorgio ebbe fiducia nelle capacità organizzative del Comando brigata: osservammo così con gioia sincera il giovane virgulto della Bonfante che si sviluppava e si irrobustiva. Vedemmo le prime disposizioni date dal Comando brigata alle bande, i collegamenti tra i distaccamenti potenziati, la creazione del S.I.M. di brigata, lo sviluppo dell'intendenza, il risorgere del morale offensivo negli uomini, il Comando brigata che operava alla luce del sole. Tutto ciò era necessario perché con l'aumento degli effettivi la Bonfante si avviava ad essere una Divisione anche di fatto, come la scorsa estate lo era stata la Cascione. L'autonomia che avevano goduto lo scorso anno le Brigate V, IV e I doveva essere lasciata alle Brigate ora nascenti.
Solo così potrà stabilirsi una reciproca stima e collaborazione tra gli uomini d'azione ed i tecnici, tra i proletari ed i borghesi. Vi era una spiccata differenza di stile, di mentalità, di abitudini tra Giorgio, Boris [Gustavo Berio, vice commissario della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"], Pantera [Luigi Massabò, vice comandante della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] da un lato e Mancen [Massimo Gismondi, comandante della I^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"], Federico [Federico Sibilla, vice comandante della I^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Silvano Belgrano"], Stalin. Pantera non era comunista, per Giorgio e Boris il comunismo pareva più una condiscendenza ad una moda che una vera fede. Lo stesso non si poteva invece dire del comando della I Brigata che sentivamo come l'ambiente più rosso della Divisione. Anche fisicamente Stalin, con capelli lunghi fino alle spalle, pareva l'incarnazione dello spirito ribelle ad ogni disciplina e consuetudine. Con lui erano alcri capibanda eredi di una tradizione di lotta e di autonomia.
Già altre volte la volontà di Stalin si era scontrata con quella del Comando divisione. Il soldato tedesco Jahob Unkelbach il 18 febbraio si era presentato al Garbagnati. Il Comando aveva consigliato la sua eliminazione, ma Stalin si era rifiutato: il disertore tedesco era uno studente di medicina e poteva essergli utile. Gli aveva dato il nome di battaglia «Antonio» e lo aveva messo alle dipendenze di Esculapio, medico della I Brigata, che si servì di lui per tutto marzo per curare feriti e malati. Purtroppo si vedranno più tardi le conseguenze dei due rifiuti di obbedienza ed anche il Comando della I Brigata dovrà trarne le conseguenze. Si cambierà allora il commissario del Garbagnati promuovendo Athos a commissario della II Brigata ponendo accanto a Stalin un commissario nuovo, ligio ai comandi superiori. La scelta non sarà felice e l'autorità di Stalin non verrà per questo ad essere diminuita. Così finiva il mese di marzo: un alternarsi di duri colpi e di successi, una ripresa sicura per quanto lenta, sintomi del crollo nemico sempre più chiari.
In marzo avvenne il nostro primo sabotaggio ferroviario riuscito sulla Albenga-Imperia. Un treno venne fatto deragliare bloccando la linea per qualche tempo.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 225-228
1 aprile 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 123, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed al comando della VI^ Divisione - Segnalava, rispetto al corso, di cui aveva già fatto cenno in un precedente rapporto, per la preparazione delle spie, istituito dalla Gestapo, che il medesimo era iniziato a metà marzo 1945, diretto dal capitano Maranzano; che partecipavano al corso Antonio Bracco, Gennaro Iacobone e Marchetti; che gli idonei al corso si sarebbero, poi, dovuti infiltrare nell'esercito alleato e prendere collegamenti con i tedeschi già insinuatisi in quelle file. Comunicava, inoltre, che [...] ad Andora (SV) l'Orstkommandatur aveva ceduto il posto a 30 repubblichini.
1 aprile 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 123 bis, al comando della VI^ Divisione ed al CLN di Alassio (SV) - Segnalava che il comando del Fascio Repubblicano era in possesso di un elenco di partigiani, consegnato dal maresciallo Gargano alle autorità repubblichine di P.S. e poi al Fascio e forniva i 29 nomi dei mentovati partigiani perché il CLN potesse avvertirli.
2 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 266, ai comandi del Battaglione "Ugo Calderoni", del Distaccamento "Filippo Airaldi", del Distaccamento "Giannino Bortolotti", del Distaccamento "Giovanni Garbagnati", del Distaccamento "Angiolino Viani", del Distaccamento "Marco Agnese" - Disponeva che per sicurezza della zona occupata dalle formazioni in indirizzo queste dovevano collocare ad una distanza di circa 25 metri delle bombe a mano a sbarramento dei sentieri e dei terreni circostanti; che nelle ore notturne doveva essere fatto "rispettare il coprifuoco per evitare incidenti alla popolazione civile"; che solo le persone dotate di permessi scritti a macchina, rilasciati da membri del Comando Operativo di Zona o del comando divisionale, potevano lasciare la mentovata zona; che nessun garibaldino poteva scendere a Viozene; che per qualsiasi necessità "essendo proibito comprare dai privati" i partigiani dovevano rivolgersi alla propria intendenza.
2 aprile 1945 - Da "Gigino" [Umberto Capelli] e "Germano" [forse Germano Tronville] al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che il 3 aprile ci sarebbe stata a Mondovì (CN) una riunione, presenti elementi comunisti ed il locale CLN, per formare una squadra di garibaldini e che venivano inviate 55.000 lire come ricavato dalla vendita di un mulo.
da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II
1 aprile 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 123 bis, al comando della VI^ Divisione ed al CLN di Alassio (SV) - Segnalava che il comando del Fascio Repubblicano era in possesso di un elenco di partigiani, consegnato dal maresciallo Gargano alle autorità repubblichine di P.S. e poi al Fascio e forniva i 29 nomi dei mentovati partigiani perché il CLN potesse avvertirli.
2 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 266, ai comandi del Battaglione "Ugo Calderoni", del Distaccamento "Filippo Airaldi", del Distaccamento "Giannino Bortolotti", del Distaccamento "Giovanni Garbagnati", del Distaccamento "Angiolino Viani", del Distaccamento "Marco Agnese" - Disponeva che per sicurezza della zona occupata dalle formazioni in indirizzo queste dovevano collocare ad una distanza di circa 25 metri delle bombe a mano a sbarramento dei sentieri e dei terreni circostanti; che nelle ore notturne doveva essere fatto "rispettare il coprifuoco per evitare incidenti alla popolazione civile"; che solo le persone dotate di permessi scritti a macchina, rilasciati da membri del Comando Operativo di Zona o del comando divisionale, potevano lasciare la mentovata zona; che nessun garibaldino poteva scendere a Viozene; che per qualsiasi necessità "essendo proibito comprare dai privati" i partigiani dovevano rivolgersi alla propria intendenza.
2 aprile 1945 - Da "Gigino" [Umberto Capelli] e "Germano" [forse Germano Tronville] al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che il 3 aprile ci sarebbe stata a Mondovì (CN) una riunione, presenti elementi comunisti ed il locale CLN, per formare una squadra di garibaldini e che venivano inviate 55.000 lire come ricavato dalla vendita di un mulo.
da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II