A sinistra, in basso, la vallata di Apricale (IM); in alto, a destra, Baiardo (IM) |
La V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" venne fatta oggetto nei primi giorni di settembre 1944, nella zona di Baiardo (IM), di un mal riuscito tentativo di rastrellamento da parte nazi-fascista.
Il
4 settembre 1944 nei pressi del cimitero del paese le sentinelle garibaldine
avvistarono un gruppo di nemici che si avvicinavano e, aperto il fuoco,
causarono otto morti ed un ferito. "Il caso volle che il prigioniero
ferito fosse un polacco, il quale informò i partigiani che il sergente
tedesco comandante della pattuglia, roso dall'ira per la sconfitta
subita, aveva svelato il piano nemico: l'indomani cinquanta tedeschi
sarebbero giunti a Baiardo per sloggiare i banditi" (Francesco Biga, Storia della Resistenza imperiese, Vol. III: Da agosto a dicembre 1944, a cura Amministrazione Provinciale di Imperia e con patrocinio IsrecIm, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977).
Questa
preziosa informazione eliminò il fattore sorpresa a vantaggio degli
attaccanti, in quanto i garibaldini poterono organizzare la difesa del
paese sotto gli ordini di "Vitò" ["Ivano", Giuseppe Vittorio Guglielmo, da luglio 1944 comandante della V^ Brigata Garibaldi "Luigi Nuvoloni" e dal 19 Dicembre 1944 comandante della II^ Divisione "Felice Cascione"] e di "Gino".
Alle 6 del mattino i tedeschi attaccarono da tre direttrici: "la prima proveniente da Badalucco-Ceriana, la seconda da San Romolo-Monte Bignone, la terza da Isolabona-Apricale" (Francesco Biga, Op. cit.).
I partigiani con il loro ampio raggio di fuoco impedirono l'avanzata dei tedeschi e successivamente si sganciarono verso Monte Ceppo in modo da essere fuori dalla portata del tiro dei mortai nemici.
Contemporaneamente i garibaldini di Pigna (IM) puntarono la loro mitragliatrice pesante in direzione del trivio di accesso a Baiardo e bloccarono in questo modo i nazisti.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945). Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
I partigiani con il loro ampio raggio di fuoco impedirono l'avanzata dei tedeschi e successivamente si sganciarono verso Monte Ceppo in modo da essere fuori dalla portata del tiro dei mortai nemici.
Contemporaneamente i garibaldini di Pigna (IM) puntarono la loro mitragliatrice pesante in direzione del trivio di accesso a Baiardo e bloccarono in questo modo i nazisti.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945). Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
[...] sentinelle che avevano udito raffiche di mitra provenienti da Bajardo. Segno di un conflitto del quale il comandante Ivano [n.d.r.: detto anche Vittò, Giuseppe Vittorio Guglielmo] venne avvisato da una staffetta. Vittò, trovandosi in zona, raduna una squadra e parte immediatamente alla volta di Bajardo, paese occupato il 2 settembre dal I° Battaglione di Gino Napolitano (Gino). La situazione, infatti, stava per precipitare. Le raffiche di mitra udite in precedenza segnalavano uno scontro tra alcuni uomini del II Distaccamento e un'avanguardia di tedeschi. Questi ultimi, nel pomeriggio, al termine di un conflitto a fuoco lasciarono sul posto morti e feriti. Tra coloro ai quali i partigiani prestarono cure c'era un polacco che, sentitosi in debito con i propri soccorritori, rivelò il piano nemico; il giorno successivo circa 500 tedeschi sarebbero saliti a Bajardo per cacciare i partigiani.
Alle 3 del mattino del 5 settembre, la gran parte delle forze appartenenti alla V Brigata aveva raggiunto le postazioni per contrastare l'avanzata dei nazifascisti, i quali, mentre avanzavano divisi in tre colonne provenienti da Ceriana, San Romolo e Apricale, vennero contrastati efficamente dai partigiani. Dopo i primi attacchi ci fu un periodo di relativa tranquillità ma, quando i tedeschi e i repubblichini del Battaglione San Marco misero in campo le armi pesanti (mortai e cannoni), i partigiani compresero che era giunto il momento di ritirarsi.
"Nonostante dovessimo ritirarci" - ha raccontato Vittò "eravamo soddisfatti di aver dimostrato la nostra presenza efficace. Erano in gran numero e compresi che la roccaforte di Bajardo era per noi in quel momento inattaccabile. Insegnai ai miei uomini la tattica del ripiegamento adatta a far consumare al nemico tante munizioni senza risultato. I miei suggerimenti furono accettati ed i miei insegnamenti sfruttati. Diventavano regola per le prossime circostanze. Avremmo potuto resistere di più ma io non dimenticavo che la nostra era una guerriglia. Dovevamo attirare le pattuglie nemiche a cercarci e far sì che, sparpagliandosi, dovessero diminuire di numero; così le potevamo attaccare in superiorità per le nostre cercate posizioni strategiche. Diminuendo il numero degli uomini delle pattuglie, esse dovevano avanzare prive di armi pesanti e così erano da noi battute. Quando arrivava la forza grossa, la massa, noi avevamo cambiato posizioni e li costringevamo nuovamente, per cercarci, a riformare piccole pattuglie. La battaglia, in queste condizioni, era favorevole a noi. Ci siamo ritirati tutti a Carmo Langan e non ci inseguirono. Ogni distaccamento tornò alla sua sede". <44
44 don Armando Micheletto, La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di “Domino nero” - Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975, pagg, 117-118
Romano Lupi, VITTO'. Vita del comandante partigiano Vittorio Guglielmo, Quaderni sanremesi, Sanremo, 2011
Alle 3 del mattino del 5 settembre, la gran parte delle forze appartenenti alla V Brigata aveva raggiunto le postazioni per contrastare l'avanzata dei nazifascisti, i quali, mentre avanzavano divisi in tre colonne provenienti da Ceriana, San Romolo e Apricale, vennero contrastati efficamente dai partigiani. Dopo i primi attacchi ci fu un periodo di relativa tranquillità ma, quando i tedeschi e i repubblichini del Battaglione San Marco misero in campo le armi pesanti (mortai e cannoni), i partigiani compresero che era giunto il momento di ritirarsi.
"Nonostante dovessimo ritirarci" - ha raccontato Vittò "eravamo soddisfatti di aver dimostrato la nostra presenza efficace. Erano in gran numero e compresi che la roccaforte di Bajardo era per noi in quel momento inattaccabile. Insegnai ai miei uomini la tattica del ripiegamento adatta a far consumare al nemico tante munizioni senza risultato. I miei suggerimenti furono accettati ed i miei insegnamenti sfruttati. Diventavano regola per le prossime circostanze. Avremmo potuto resistere di più ma io non dimenticavo che la nostra era una guerriglia. Dovevamo attirare le pattuglie nemiche a cercarci e far sì che, sparpagliandosi, dovessero diminuire di numero; così le potevamo attaccare in superiorità per le nostre cercate posizioni strategiche. Diminuendo il numero degli uomini delle pattuglie, esse dovevano avanzare prive di armi pesanti e così erano da noi battute. Quando arrivava la forza grossa, la massa, noi avevamo cambiato posizioni e li costringevamo nuovamente, per cercarci, a riformare piccole pattuglie. La battaglia, in queste condizioni, era favorevole a noi. Ci siamo ritirati tutti a Carmo Langan e non ci inseguirono. Ogni distaccamento tornò alla sua sede". <44
44 don Armando Micheletto, La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di “Domino nero” - Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975, pagg, 117-118
Romano Lupi, VITTO'. Vita del comandante partigiano Vittorio Guglielmo, Quaderni sanremesi, Sanremo, 2011
Le ferrovie sono purtroppo nello stato che Tu ben conosci: la Savona Ventimiglia non funziona, qualche tratto riparato con mezzi di fortuna viene utlizzato con l'unico carrello ferroviario esistente che - destino fatale - è azionato a benzina. Ottenere da parte del Ministero almeno due autotreni con rimorchio significherebbe rimediare in parte alla grave situazione in cui si dibatte la provincia, situazione che ci rende sempre più invisi alla popolazione.
I famigliari dell'ex Ministro Grandi, sentito il parere del Capo della Provincia ho provveduto a farli consegnare al Questore di Pavia per evitare l'eventuale caduta nelle mani inglesi.
Imperia, 12 settembre 1944
Giovanni Sergiacomi, Questore di Imperia, Al capo della Polizia
I famigliari dell'ex Ministro Grandi, sentito il parere del Capo della Provincia ho provveduto a farli consegnare al Questore di Pavia per evitare l'eventuale caduta nelle mani inglesi.
Imperia, 12 settembre 1944
Giovanni Sergiacomi, Questore di Imperia, Al capo della Polizia