Montegrazie, Frazione di Imperia - Fonte: imperiadavedere.it |
Nel
dicembre 1943 si combatté per due giorni, il 13 ed il 14, la prima
battaglia partigiana intorno a Montegrazie, Frazione di Imperia, scontro noto anche come battaglia di Colla Bassa, dal nome di un rilievo a monte del paese "... dove vi erano" si apprende leggendo Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria Savona, 1976, ristampa 2003 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia "dei partigiani non dipendenti dalla banda “Cascione”, con i quali un fascista del posto aveva avuto un alterco...".
Due corriere di fascisti, provenienti da Imperia, si diressero appunto il 13 dicembre 1943 a Montegrazie per una rappresaglia. Quei partigiani, "coadiuvati dalla popolazione, si accinsero alla difesa ed accolsero a fucilate le corriere dei fascisti; alcuni di questi risalirono e fuggirono precipitosamente, altri, invece, si sparpagliarono per i casoni, dopo aver preso in ostaggio alcune persone del luogo".
Il giorno seguente, 14 dicembre, giunsero da Sanremo circa 100 fascisti delle brigate giovanili, i quali si unirono a quelli rimasti in zona, che appartenevano alla 33^ legione fascista di stanza ad imperia e "iniziarono una perlustrazione sfondando le porte dei casoni e lanciando bombe all'interno". I fascisti in fuga presero come ostaggi due ragazze che tentarono di fare salire su una corriera, ma il fratello di una di queste, Aldo Pellegrino, incominciò a sparare. "Così ha inizio il combattimento... la sparatoria dura fino alla sera".
Due corriere di fascisti, provenienti da Imperia, si diressero appunto il 13 dicembre 1943 a Montegrazie per una rappresaglia. Quei partigiani, "coadiuvati dalla popolazione, si accinsero alla difesa ed accolsero a fucilate le corriere dei fascisti; alcuni di questi risalirono e fuggirono precipitosamente, altri, invece, si sparpagliarono per i casoni, dopo aver preso in ostaggio alcune persone del luogo".
Il giorno seguente, 14 dicembre, giunsero da Sanremo circa 100 fascisti delle brigate giovanili, i quali si unirono a quelli rimasti in zona, che appartenevano alla 33^ legione fascista di stanza ad imperia e "iniziarono una perlustrazione sfondando le porte dei casoni e lanciando bombe all'interno". I fascisti in fuga presero come ostaggi due ragazze che tentarono di fare salire su una corriera, ma il fratello di una di queste, Aldo Pellegrino, incominciò a sparare. "Così ha inizio il combattimento... la sparatoria dura fino alla sera".
Il
14 dicembre 1943 arrivarono altre due corriere con diversi fascisti del
presidio di Pontedassio (IM). Alcuni partigiani della banda Cascione
avevano nel frattempo deciso di intervenire. Mentre si recavano a
Montegrazie vari volontari si unirono a loro.
Da una relazione dell'epoca si apprendono alcuni dettagli: "Intanto alcuni uomini di Cascione, che si trovano a Magaietto, sono informati del combattimento. Sono Gustavo Berio (Boris), Rinaldo Risso (Tito), Bruno Semeria (Battaglia), Bruno Nello (Merlo), Giobatta Gustavino (Bacistrasse), Battista Michelini (Gibili), Alfredo Semeria (Clark), Calogero Madonia (Carlo Siciliano) e Alfredo Giovagnoli (Alfredo il Toscano).
Decidono di accorrere. Passando per Costa d'Oneglia reclutano nuovi uomini; giunti alla statale 28'un partigiano spara su di un camion di tedeschi, che transitavano senza accorgersi dei ribelli.
L'automezzo prosegue, senza fermarsi, e mette in allarme il vicino presidio di Pontedassio, sicchè quando Cascione, anch'esso avvertito, si sposterà dalla zona di Evigno per portarsi a Montegrazie, troverà tutti i passi occupati, e si dovrà ritirare, con grave disappunto, sulle basi di partenza. Ma il primo nucleo di uomini, quelli partiti da Magaietto, aumentato degli elementi raccolti cammin facendo, era riuscito a passare, e intorno alle ore 15 del giorno 14 giungerà sulla cresta della collina sovrastante al paese. Sono circa una ventina, armati di bombe a mano e di moschetti; hanno anche un mitragliatore. I ribelli, giunti sulle alture di Montegrazie, e visti sotto di sè i nemici, sparsi qua e là tra un “casone” e l'altro, che a quanto pare, si divertono a sparare e a lanciare bombe a mano, sparano una prima raffica a vuoto. I fascisti, pensando di avere a che fare con "camerati" i quali abbiano per sbaglio fatto fuoco, si limitano ad innalzare le loro bustine sulle canne dei moschetti, in segno di riconoscimento, e a gridare: "Non sparate! Siamo fascisti!".
Allora i partigiani, capito l'errore, fanno cenno di salire; i fascisti incominciano ad avvicinarsi; poi si insospettiscono e si fermano; visto questo, i partigiani iniziano a sparatoria, e costrigono i fascisti a sbandarsi e a rifugiarsi in un canneto, contro il quale sparano ancora qualche raffica con il mitragliatore.
Poi il mitragliatore si inceppa, ma dai lamenti e dalle grida si capisce che qualche fascista è stato colpito; in seguito, da voci del popolo si apprenderà che alcuni di essi sono rimasti uccisi."
Giunsero sulla cresta della collina sovrastante il teatro della prima battaglia "alle ore 15 del giorno 14, sono circa una ventina, armati di bombe a mano e di moschetti: hanno anche un mitragliatore". Il combattimento, che si protrasse sino a tardi, sancì in questo primo scontro la prima vittoria partigiana. Il bilancio per i patrioti fu di un ferito, Bruno Nello, ferito ad una mano da una pallottola "disgraziatamente scoppiata nel suo stesso moschetto" [Bruno Nello Merlo, il futuro quadro della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione", destinato tragicamente a suicidarsi, come dovette fare in quel drammatico frangente un altro quadro della Resistenza, Vittorio Aliprandi, per non cadere vivo nelle mani del nemico, il 25 gennaio 1945 durante il rastrellamento di Tavole, Frazione di Prelà (IM): in proposito vedere anche Gino Gerini "Come morirono Dimitri e Merlo" in "L'Epopea dell'Esercito Scalzo" di Mario Mascia, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975]. Tra i fascisti si contarono alcuni morti. Lasciarono anche due prigionieri, il tenente Luciano Di Paola ed il milite Michele Dogliotti. Cessata la battaglia, i partigiani si ritirarono, "tornando alle loro case ed in parte alla banda, portando con loro i due prigionieri. Di Paola e Dogliotti "vennero trattati nel migliore dei modi; Cascione non vuole che siano uccisi" ed anzi egli che era un medico chirurgo cura "uno di essi che è leggermente ferito (Di Paola) e li lascia relativamente liberi sulla parola. In seguito... il milite Michele Dogliotti fuggirà e sarà causa della morte di Cascione e di altri partigiani".
Da una relazione dell'epoca si apprendono alcuni dettagli: "Intanto alcuni uomini di Cascione, che si trovano a Magaietto, sono informati del combattimento. Sono Gustavo Berio (Boris), Rinaldo Risso (Tito), Bruno Semeria (Battaglia), Bruno Nello (Merlo), Giobatta Gustavino (Bacistrasse), Battista Michelini (Gibili), Alfredo Semeria (Clark), Calogero Madonia (Carlo Siciliano) e Alfredo Giovagnoli (Alfredo il Toscano).
Decidono di accorrere. Passando per Costa d'Oneglia reclutano nuovi uomini; giunti alla statale 28'un partigiano spara su di un camion di tedeschi, che transitavano senza accorgersi dei ribelli.
L'automezzo prosegue, senza fermarsi, e mette in allarme il vicino presidio di Pontedassio, sicchè quando Cascione, anch'esso avvertito, si sposterà dalla zona di Evigno per portarsi a Montegrazie, troverà tutti i passi occupati, e si dovrà ritirare, con grave disappunto, sulle basi di partenza. Ma il primo nucleo di uomini, quelli partiti da Magaietto, aumentato degli elementi raccolti cammin facendo, era riuscito a passare, e intorno alle ore 15 del giorno 14 giungerà sulla cresta della collina sovrastante al paese. Sono circa una ventina, armati di bombe a mano e di moschetti; hanno anche un mitragliatore. I ribelli, giunti sulle alture di Montegrazie, e visti sotto di sè i nemici, sparsi qua e là tra un “casone” e l'altro, che a quanto pare, si divertono a sparare e a lanciare bombe a mano, sparano una prima raffica a vuoto. I fascisti, pensando di avere a che fare con "camerati" i quali abbiano per sbaglio fatto fuoco, si limitano ad innalzare le loro bustine sulle canne dei moschetti, in segno di riconoscimento, e a gridare: "Non sparate! Siamo fascisti!".
Allora i partigiani, capito l'errore, fanno cenno di salire; i fascisti incominciano ad avvicinarsi; poi si insospettiscono e si fermano; visto questo, i partigiani iniziano a sparatoria, e costrigono i fascisti a sbandarsi e a rifugiarsi in un canneto, contro il quale sparano ancora qualche raffica con il mitragliatore.
Poi il mitragliatore si inceppa, ma dai lamenti e dalle grida si capisce che qualche fascista è stato colpito; in seguito, da voci del popolo si apprenderà che alcuni di essi sono rimasti uccisi."
Giunsero sulla cresta della collina sovrastante il teatro della prima battaglia "alle ore 15 del giorno 14, sono circa una ventina, armati di bombe a mano e di moschetti: hanno anche un mitragliatore". Il combattimento, che si protrasse sino a tardi, sancì in questo primo scontro la prima vittoria partigiana. Il bilancio per i patrioti fu di un ferito, Bruno Nello, ferito ad una mano da una pallottola "disgraziatamente scoppiata nel suo stesso moschetto" [Bruno Nello Merlo, il futuro quadro della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione", destinato tragicamente a suicidarsi, come dovette fare in quel drammatico frangente un altro quadro della Resistenza, Vittorio Aliprandi, per non cadere vivo nelle mani del nemico, il 25 gennaio 1945 durante il rastrellamento di Tavole, Frazione di Prelà (IM): in proposito vedere anche Gino Gerini "Come morirono Dimitri e Merlo" in "L'Epopea dell'Esercito Scalzo" di Mario Mascia, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975]. Tra i fascisti si contarono alcuni morti. Lasciarono anche due prigionieri, il tenente Luciano Di Paola ed il milite Michele Dogliotti. Cessata la battaglia, i partigiani si ritirarono, "tornando alle loro case ed in parte alla banda, portando con loro i due prigionieri. Di Paola e Dogliotti "vennero trattati nel migliore dei modi; Cascione non vuole che siano uccisi" ed anzi egli che era un medico chirurgo cura "uno di essi che è leggermente ferito (Di Paola) e li lascia relativamente liberi sulla parola. In seguito... il milite Michele Dogliotti fuggirà e sarà causa della morte di Cascione e di altri partigiani".
Relazione di Giancarlo Luca Pajetta, del 25 dicembre 1943, sui fatti di Montegrazie - Fonte: Fondazione Gramsci |
Appunti sulla situazione militare della zona di Imperia e di Albenga (SV) per l'Unità clandestina, stesi a fine dicembre 1943 da Giancarlo Luca Pajetta - Fonte: Fondazione Gramsci |
Un'altra fonte riporta lo scontro in questo modo: < Il 14 dicembre 1943
parte della banda di Felice Cascione venne chiamata a partecipare,
soccorrendo altri gruppi locali, al primo scontro armato di un certo
rilievo, noto come la “battaglia di Colla Bassa” a monte del paese di
Montegrazie nell’entroterra di Porto Maurizio Imperia per rintuzzare
la minaccia di una rappresaglia nazifascista. La battaglia, che
impegnò un centinaio di uomini tra tedeschi e fascisti, si risolse
per questi in un pesante rovescio e diede un primo segnale
dell'effettiva
consistenza, anche militare, della nascente Resistenza imperiese. Nel
corso dell’azione caddero tra l’altro prigionieri dei partigiani un
tenente ed il milite delle brigate nere Michele Dogliotti che, condotti
presso il comando della banda al Passu du Beu, evitarono la fucilazione
grazie all’energico intervento di Cascione: "ho studiato tanti anni per
salvare vite umane, ora non mi sento di sopprimerli. Teniamoli con noi e
cerchiamo di fargli capire le nostre ragioni". Queste, più o meno le
parole che adoperò e che furono riportate dai suoi compagni. Da quel
momento i due seguirono gli spostamenti della formazione godendo anche
di una certa libertà. La cosa si rivelò in seguito fatale per le sorti
della banda e dello stesso Comandante >.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La
Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della
documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945). Tomo
I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico
1998-1999