domenica 13 febbraio 2022

Attraverso Ormea, che i tedeschi non presidiavano stabilmente, riuscimmo intanto a stabilire un contatto abbastanza frequente con le bande rimaste in Liguria

Fontane, Frazione di Frabosa Soprana (CN): un momento della manifestazione in data 20 ottobre 2013 in ricordo dell'ospitalità data dal paese ai partigiani imperiesi nell'ottobre 1944

«Aldo» fece caricare sui muli venti quintali di grano a Pamparato; altra merce e vettovaglie erano state depositate in pianura per non subire la distruzione a causa di un previsto attacco nemico da val Casotto.
Un probabile trasporto di merci ad Ormea e Garessio con automezzi fu scartato per il transito di numerosi nemici verso Ceva.
Il mattino del 30 di novembre 1944 una colonna di muli carichi di pasta, farina e tabacco partiva per la Liguria.
Un sostanziale aiuto veniva dato anche dall'Ufficio Annonario di Imperia che forniva clandestinamente farina ai fornari Ramone, Tomatis e Semeria di Montegrazie, Guasco di Moltedo, Castino di Torrazza, Trucchi di Piani, Lupi di Caramagna, che panificavano per conto della IV brigata.
Dopo quattro giorni di trattative con l'annonaria di Savigliano e con i Comandi tedeschi di Nava, l'8 di dicembre il garibaldino «Enzo» riusciva a far giungere a Cosio due carri carichi di grano tirati da buoi, passando per Ormea-Ponti di Nava-Case di Nava. Da Cosio portato a Mendatica a dorso di mulo, il grano venne macinato e gradatamente prelevato dagli intendenti della IV e V brigata.
Diciotto quintali dello stesso carico erano già stati ritirati a Cantarana dalla I brigata insieme con un certo quantitativo di sale e di tabacco. Convinto che il grano servisse per il fabbisogno della popolazione di Mendatica, il Comando tedesco lo lasciò transitare preavvisando, però, che prima di quindici giorni non avrebbe concesso un secondo permesso, richiesto per il transito di un ulteriore carico di quaranta quintali.
Il trasporto dei viveri dal Piemonte fu un problema difficile da risolvere. Sovente situazioni impreviste e gravissime causarono il fallimento dell'impresa.
A titolo di cronaca, riportiamo la testimonianza della garibaldina Ada Pilastri (Sascia), protagonista di uno di questi viaggi [...]
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977

Documentazione riguardante le funzioni di intendente partigiano di Gino Glorio (Magnesia ) - Fonte: Gino Glorio, Op. cit. infra

Un altro caso che dovetti risolvere fu quello della legna. I contadini avevano fatto la provvista per l'inverno ammucchiando le cataste di legna tagliata sotto tettoie, nei pagliai, all'aperto. Per i partigiani erano una tentazione e  presto piovvero le proteste al comando. Ci offrimmo di pagare, di comprare la legna con i primi fondi che il C.L.N. ci avrebbe mandato ma i contadini non  volevano soldi, rivolevano la loro legna: «Non facciamo i boscaioli di mestiere» ci dicevano, «qui nessuno ne vende, dovremmo o tagliarla di nuovo od andare lontano a comprarla. Ridateci la legna come l'avete trovata». Potevamo dar l'ordine ai partigiani di andare a far legna nei boschi, ma sarebbe stata legna bagnata e forse non saremmo stati ubbiditi. C'era una catasta di legna enorme presso Bossea. «Di chi è?» chiesi, « Del Genio Civile» mi disse Pantera. «Allora l'affare è risolto», dissi ai contadini: «Ecco qui una autorizzazione del Comando della I Brigata per prelevare legna dalla catasta presso Bossea rilasciata al Signor. ..., e qui mettiamo il vostro nome per un totale di kg. .... e mettiamo l'equivalente del buono che vi ha rilasciato la banda».  
I contadini partivano contenti. Più tardi mi dissero che la catasta non era del Genio ma di un privato. Non si fece vivo, peccato, gli avrei rilasciato un certificato di benemerenza per aver contribuito alla lotta di liberazione.
Un giorno venne un contadino con un buono speciale. «È un buono dello scorso agosto, firmato da Turbine». Lo esaminai, era vero, era un buono della Matteotti che era passata da Fontane dopo il rastrellamento del 10 agosto.
«Vede, è un caso particolare - spiegava il contadino - i partigiani hanno preso proprio il toro della mandria. Ho perso così una ventina di vitelli che avrebbero potuto nascere». « Già, ma noi non possiamo pagare venti vitelli che non  abbiamo avuto. Discussi mezz'ora, poi  pagai il toro a lire 40 al Kg., più che se fosse stato un vitello». «Possibile, Turbine, esser così bestie da mangiarsi l'unico toro della zona?» chiesi all'ex commissario della Matteotti qualche  tempo dopo. «Cosa vuoi farci, era la bestia che pareva più grassa e ci siamo accorti di quello che era dopo che era morto».
La vita dell'amministratore non mi dispiaceva e poteva dare dei vantaggi. Solo in caso di sbandamento sarebbe stata una responsabilità dovendo rispondere al comando di somme qualche volta ingenti. Ciò avrebbe comportata la necessità di ripresentarsi al più presto. Jacopo aveva lasciata la carica per motivi di salute; io supposi che alla prima occasione avesse intenzione di lasciarci e, da galantuomo, l'avrebbe fatto senza la cassa. D'altra parte non avrei avuto altre cariche da scegliere perché l'ufficio operazioni era stato sciolto.
In complesso in quei giorni i servizi non lavoravano molto. I più occupati erano i cuochi, gli intendenti, gli infermieri ed i dottori.
Il servizio sanitario era in mano a Caduceo, Serpente, Cobra ed Aspiride: provenivano tutti dalla S. Marco come il veterinario ed il dottore della V Brigata. Gli altri uffici vivacchiavano appena, attendevano la decisione se andare o restare, se tornare in Liguria o cambiare zona in Piemonte. Era chiaro a tutti che la sosta a Fontane era una soluzione transitoria.
Giunti in Val Corsaglia in seguito a rastrellamento eravamo considerati come ospiti dai Badogliani e come tali non disponevamo di completa libertà di azione. Una missione offensiva su Villanova, eseguita dal Garbagnati, aveva dovuto attraversare la zona controllata dai badogliani e questi ci avevano pregato di non insistere in azioni che potevano provocare un rastrellamento. Al comando garibaldino seccava trattenere gli uomini che desiderassero ancora combattere. Oltre alla limitata autonomia rimaneva da decidere il destino delle varie bande della I Brigata, circa un terzo, rimaste in Liguria verso la costa. Era bene ritirarle in Piemonte od era meglio tornare noi di là? Il problema era arduo. Quale era intanto la esatta situazione della zona che avevamo abbandonato?
[...] Chiedemmo anche alla Divisione Bevilacqua, che operava sopra Savona, se avremmo potuto mandare qualche banda nel suo territorio. Era però evidente che, passando in altra zona, avremmo avuto un clima più duro, un terreno sconosciuto ed in più l'influenza di un altro comando.
Il Comando restò indeciso. Per il momento saremmo rimasti in Val Corsaglia ad equipaggiare gli uomini, poi qualche fatto nuovo avrebbe potuto risolvere il problema per noi. Attraverso Ormea, che i tedeschi non presidiavano stabilmente, riuscimmo intanto a stabilire un contatto abbastanza frequente con le bande rimaste in Liguria inviando loro viveri e vestiario.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980

25 ottobre 1944 - Sono le 11,30 e, sotto una pioggia dirotta, una colonna d'un centinaio di tedeschi parte per Triora. Hanno insieme tre muli ed un gruppo di ostaggi che avevano già accompagnato gli stessi tedeschi da Triora a Pornassio. Sembravano proprio soldati di un esercito sconfitto e in ritirata.
26 ottobre 1944 - Altri Tedeschi, giunti in mattinata, sono entrati nella sede della Croce Rossa [n.d.r.: di Pieve di Teco] dove hanno preteso medicinali per disinfezione e cotone idrofilo. Si sono anche impossessati di alcune bottiglie di liquore ivi esistenti senza verun riguardo al custode, mutilato di guerra. Anche questi son partiti alla volta di Triora.
27 ottobre 1944 - Giunge da Genova il genero di Giuvanolo Ferrari, soprannominato l'Orso, il quale racconta che lungo tutto la fascia costiera vi è un intenso movimento di tedeschi e con numerose salmerie e che ovunque vi è fervore di lavoro da parte dei tedeschi e borghesi; costruiscono speciali fortilizi e muraglioni in cemento - Scavano ovunque e, nella zona di Borghetto S. Spirito, proprio nelle rocce di sostegno della proprietà del senatore Borelli, con mine assordanti praticano degli antri all'interno. Non si può conoscere a cosa serviranno questi scavi.
28 ottobre 1944 - Alcune donne di Ponte di Nava mi assicurano che in Ormea non vi è più nessuno e che solo in Ponte di Nava vi è un presidio tedesco, ivi lasciato di guardia al ponte.
29 ottobre 1944 - Stamane un gruppo di Pievesi mi si è presentato pregandomi di assumere l'amministrazione del Comune. Dato il mio stato di deperimento li ho ringraziati, disimpegnandomi da un simile peso.
Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, tip. Dominici Imperia, 1994 

Fonte: Rete Parri

[ n.d.r.: anche "Il Combattente - giornale dei volontari della libertà - edizione piemontese - numero 17 del dicembre 1944 - dava notizia, nell'articolo di fondo, delle eroiche prove sostenute dalla Divisione partigiana "Cascione" in provincia di Imperia ]